ISSN 1725-2466

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 325

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

49o anno
30 dicembre 2006


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

II   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

431a Sessione plenaria del 13 e 14 dicembre 2006

2006/C 325/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento xxx/2006 relativo ai medicinali utilizzati in pediatria, il regolamento (CEE) n. 1768/92, la direttiva 2001/20/CE, la direttiva 2001/83/CE ed il regolamento (CE) n. 726/2004 COM(2006) 640 def. — 2006/0207 (COD)

1

2006/C 325/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2002/38/CE del Consiglio relativamente al periodo di applicazione del regime di imposta sul valore aggiunto applicabile ai servizi di radiodiffusione e di televisione e a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici COM(2006) 739 def. — 2006/0245 (CNS)

2

2006/C 325/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Prassi e collegamenti tra amministrazione dell'UE e amministrazioni nazionali

3

2006/C 325/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione — Rinnovare la politica comunitaria per il turismo: una partnership più forte per il turismo europeo COM(2006) 134 def.

11

2006/C 325/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Sfruttare e sviluppare il potenziale dell'Europa nel campo della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione

16

2006/C 325/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'identificazione di comandi, spie e indicatori dei veicoli a motore a due o tre ruote COM(2006) 556 def. — 2006/0175 (COD)

28

2006/C 325/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Verso un settore vitivinicolo europeo sostenibile COM(2006) 319 def.

29

2006/C 325/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1698/2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) COM(2006) 237 def. — 2006/0082 (CNS)

35

2006/C 325/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. …/… relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari COM(2006) 607 def. — 2006/0195 (COD)

37

2006/C 325/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento CE n. …/… concernente l'aggiunta di vitamine e minerali nonché di alcune altre sostanze agli alimenti COM(2006) 606 def. — 2006/0193 (COD)

40

2006/C 325/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che modifica i regolamenti (CEE) n. 404/93, (CE) n. 1782/2003 e (CE) n. 247/2006 in ordine al settore delle banane COM(2006) 489 def. — 2006/0173 (CNS)

41

2006/C 325/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità e il regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 COM(2005) 676 def. — 2005/0258 (COD)

43

2006/C 325/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le attività di volontariato, il loro ruolo nella società europea e il loro impatto

46

2006/C 325/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Il partenariato per la crescita e l'occupazione: fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese COM(2006) 136 def.

53

2006/C 325/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema I minori in quanto vittime indirette della violenza domestica

60

2006/C 325/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Comunicazione della Commissione — Verso una strategia dell'UE sui diritti dei minori COM(2006) 367 def.

65

2006/C 325/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 2201/2003 limitatamente alla competenza giurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabile in materia matrimoniale COM(2006) 399 def.

71

2006/C 325/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul rafforzamento della sicurezza della catena logistica COM(2006) 79 def. — 2006/0025 (COD)

73

2006/C 325/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il piano d'azione eGovernment per l'iniziativa i2010: accelerare l'eGovernment in Europa a vantaggio di tutti COM(2006) 173 def.

78

2006/C 325/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2006/…/CE che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna COM(2006) 646 def. — 2006/0210 (COD)

82

2006/C 325/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio concernente l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell'aviazione civile COM(2006) 645 def. — 2006/0209 (COD)

83

IT

 


II Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

431a Sessione plenaria del 13 e 14 dicembre 2006

30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento xxx/2006 relativo ai medicinali utilizzati in pediatria, il regolamento (CEE) n. 1768/92, la direttiva 2001/20/CE, la direttiva 2001/83/CE ed il regolamento (CE) n. 726/2004

COM(2006) 640 def. — 2006/0207 (COD)

(2006/C 325/01)

Il Consiglio, in data 9 novembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla: proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo ha incaricato la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha nominato HEINISCH relatrice generale e ha adottato il seguente parere con 125 voti favorevoli e 1 astensione.

1.   Conclusioni

1.1

La decisione 2006/512/CE del Consiglio, del 17 luglio 2006, che modifica la decisione 1999/468/CE del Consiglio, si basa sull'articolo 202 del Trattato CE e introduce una nuova modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione, ossia la procedura di regolamentazione con controllo.

1.2

Tutti gli atti di base già adottati secondo la procedura di codecisione di cui all'articolo 251 del Trattato CE ma non ancora pubblicati che, dopo l'entrata in vigore della decisione di comitatologia 2006/512/CE, prevedono misure di esecuzione da adottare secondo la procedura di regolamentazione con controllo devono essere modificati di conseguenza. È il caso del regolamento xxx/2006 relativo ai medicinali utilizzati in pediatria, che è stato sì adottato formalmente il 23 ottobre 2006, ma non è ancora stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea e quindi non è ancora entrato in vigore.

1.3

La proposta in esame mira a modificare il suddetto regolamento al fine di prevedere che le due competenze di esecuzione di cui agli articoli 20, paragrafo 2, e 49, paragrafo 3, del regolamento siano esercitate secondo la nuova procedura di regolamentazione con controllo, dato che esse mirano a completare tale atto di base con l'aggiunta di nuovi elementi non essenziali. Più in particolare, le predette competenze di esecuzione sono previste:

dall'articolo 20, paragrafo 2, al fine di precisare la definizione dei motivi di concessione di deroghe, e

dall'articolo 49, paragrafo 3, per quanto riguarda gli importi massimi nonché le condizioni e le modalità di riscossione delle sanzioni pecuniarie.

2.   Raccomandazioni

2.1

La proposta in esame corrisponde in pieno alle procedure con cui vengono conferite le competenze di esecuzione alla Commissione e alle relative norme. Il CESE sostiene quindi senza riserve la proposta della Commissione.

Bruxelles, 13 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

IT

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C 325/2


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2002/38/CE del Consiglio relativamente al periodo di applicazione del regime di imposta sul valore aggiunto applicabile ai servizi di radiodiffusione e di televisione e a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici

COM(2006) 739 def. — 2006/0245 (CNS)

(2006/C 325/02)

Il Consiglio, in data 30 novembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo ha incaricato la sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha nominato relatore generale BURANI e ha adottato il seguente parere con 102 voti favorevoli, nessun voto contrario e 4 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

Il 7 maggio 2002 il Consiglio ha approvato la direttiva 2002/38/CE che modifica la direttiva «di base» 77/388/CE, istitutiva del regime IVA. La modifica riguardava l'IVA applicabile ai servizi di radiodiffusione e di televisione nonché a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici e conteneva una serie di disposizioni la cui validità sarebbe venuta a scadere — salvo proroga — il 30 giugno 2006.

1.2

Al momento di adottare la direttiva, il Consiglio aveva previsto che le disposizioni relative al luogo di prestazione dei servizi, nonché alcune altre riguardanti le facilitazioni applicabili alle imprese di paesi terzi, sarebbero state riesaminate entro il termine di tre anni, e cioè prima della scadenza della direttiva stessa. Il 25 maggio 2006 la Commissione ha presentato una relazione in cui sosteneva la validità delle misure in vigore e ne proponeva la proroga fino al 31 dicembre 2008. Il Consiglio ha invece deciso di limitare la proroga della direttiva al 31 dicembre 2006.

1.3

La Commissione fa presente che un lasciare scadere le misure oggetto della direttiva avrebbe «conseguenze indesiderabili», un eufemismo per dire che in mancanza di nuove proposte la materia cadrebbe in un vuoto legislativo. D'altra parte, osserva sempre la Commissione, la lentezza delle procedure legislative in materia fiscale non consente di predisporre nuove misure sostitutive entro la fine del 2006; essa ritorna quindi a proporre di prorogare la scadenza della direttiva al 31 dicembre 2008.

2.   Parere del Comitato

2.1

Il Comitato prende atto delle motivazioni addotte dalla Commissione, e ritiene che per il momento non sia il caso di addentrarsi nel merito delle disposizioni contenute nella direttiva. Vista l'urgenza di disporre comunque di norme legislative applicabili al settore, e confidando nella fondatezza delle affermazioni della Commissione circa la buona prova che quelle attualmente in vigore hanno dato, il CESE non può che approvare la proposta di una proroga. Tenuto conto della lunghezza delle procedure legislative in materia fiscale, ritiene inoltre che un termine di due anni, e cioè sino al 31 dicembre 2008, sia appena sufficiente, se non addirittura troppo breve, per consentire la redazione di nuove proposte in materia.

Bruxelles, 13 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

IT

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C 325/3


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Prassi e collegamenti tra amministrazione dell'UE e amministrazioni nazionali

(2006/C 325/03)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema: Prassi e collegamenti tra amministrazione dell'UE e amministrazioni nazionali

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 14 novembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore van IERSEL.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 102 voti favorevoli, 5 voti contrari e 48 astensioni:

1.   Sintesi

1.1

Sebbene il Consiglio dei ministri sia determinante nell'ambito del processo decisionale dell'UE, i temi del coordinamento e della formulazione delle politiche a livello nazionale non sono mai stati discussi in profondità a livello comunitario. Essendo un caso unico per quanto riguarda la condivisione della sovranità, l'UE richiede una governance a più livelli trasparente in un ampio ventaglio di settori. Il CESE è del parere che procedure politico-amministrative nazionali ben definite ed efficaci siano parte integrante di una buona governance europea, insieme al miglioramento della legiferazione e dell'attuazione e applicazione delle normative. Esse, inoltre, accresceranno la trasparenza e chiariranno l'impatto delle normative e delle politiche europee sulla società nel suo complesso. L'analisi delle prassi nazionali rivela sostanziali differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda la gestione politica e amministrativa delle questioni europee. Tale analisi dovrebbe stimolare un dibattito sulle procedure di governo, politiche e amministrative, attinenti all'UE, nell'ambito del quale si potrebbero sottolineare le prassi migliori e più interessanti. Un dibattito aperto in tutta Europa sul modo migliore di trattare le questioni europee a livello nazionale sarà di beneficio anche al dibattito sul miglioramento della legiferazione e dell'attuazione e applicazione delle normative. Il CESE si dichiara favorevole a uno studio volto a monitorare in modo permanente le prassi e le procedure amministrative nazionali.

2.   Introduzione

2.1

Due pareri adottati dal CESE nel 2005, uno intitolato Legiferare meglio e l'altro Migliorare l'applicazione e l'attuazione del diritto comunitario, partono dal presupposto che in uno Stato di diritto una buona legislazione è una legislazione applicabile e applicata (1). La legislazione comunitaria, quindi, deve essere adottata con un procedimento trasparente, democratico e accessibile che, oltre a rafforzare la legittimità dell'UE, incorpori anche le prassi interne dei singoli governi.

2.2

Il CESE constata con rammarico che, dopo tanti anni di integrazione europea, diversi Stati membri, proprio negli ambiti in cui si sono impegnati a seguire politiche comuni e ad attuare le decisioni scaturite da un processo decisionale comune, non hanno ancora sufficientemente integrato le normative e le politiche dell'UE, in quanto livello politico e amministrativo, nell'elaborazione delle proprie politiche interne.

2.3

Gli Stati membri svolgono un ruolo determinante nelle varie fasi del procedimento, vale a dire nell'elaborazione, nel recepimento e nell'applicazione della legislazione. Il modo in cui gestiscono queste diverse tappe è anch'esso essenziale, dal momento che il risultato finale per l'UE, nell'interesse degli Stati membri e per la società in generale, dipende dal loro corretto svolgimento.

2.4

Considerato che i 25 Stati membri, ognuno contraddistinto da tradizioni, culture e procedure amministrative diverse, sono tenuti a rispettare lo stesso acquis comunitario, che comporta, a sua volta, requisiti analoghi in termini di elaborazione, recepimento, attuazione e applicazione della legislazione comunitaria, è indispensabile che in tutta l'Unione europea le questioni europee siano trattate con efficacia e trasparenza a livello nazionale.

2.5

A livello europeo non ci si è mai veramente preoccupati del coordinamento e dell'elaborazione delle politiche sul piano nazionale, a causa, in parte, del principio di sussidiarietà e, in parte, della mancanza di un effettivo interesse da parte degli organi decisionali, sia a Bruxelles che nelle capitali. Stranamente anche il mondo accademico, salvo eccezioni, finora non ha prestato molta attenzione a questi aspetti. Ciononostante, è chiaro che il modo in cui sono organizzati e funzionano il coordinamento e l'elaborazione delle politiche sul piano nazionale può incidere notevolmente in un primo tempo sul processo decisionale a Bruxelles, e poi sul recepimento e sull'attuazione della legislazione comunitaria. Nell'esaminare le possibilità per migliorare la legislazione e la rispettiva applicazione, perciò, occorre tenere conto anche di questo aspetto.

2.6

Si tratta di una questione che non è meramente tecnica, bensì politica. Occorre infatti riflettere sul miglioramento dell'organizzazione e delle procedure interne in vigore negli Stati membri e sull'eventuale ridefinizione delle responsabilità reciproche degli Stati membri e della Commissione. Parallelamente, per migliorare la comunicazione tra l'Unione europea e la società da un lato, e per dissipare la confusione e i sospetti tra i cittadini dall'altro, è inoltre necessario che negli Stati membri le procedure garantiscano la massima trasparenza e accessibilità.

2.7

Per ovvi motivi la Commissione è stata estremamente restia ad esaminare le procedure nazionali. Eppure, nel 2001 ha osservato giustamente quanto segue (2): «Si deve ormai riconoscere che l'Unione non è più un processo diplomatico, ma un processo democratico che incide in profondità nella realtà nazionale e nella vita quotidiana. Il Consiglio deve rafforzare la sua capacità di coordinare tutti gli aspetti dell'azione dell'Unione, al suo interno e negli Stati membri».

2.8

Per quanto riguarda il recepimento della legislazione comunitaria, con una raccomandazione del 2004 la Commissione ha rivolto direttamente agli Stati membri delle proposte concrete volte a promuovere un'attuazione e un'applicazione efficaci della legislazione comunitaria in vigore (3). In diversi casi queste proposte possono rivelarsi estremamente utili anche per migliorare i meccanismi nazionali di coordinamento e di elaborazione delle politiche nel quadro della preparazione della legislazione europea e della concretizzazione degli obiettivi strategici comuni.

2.9

È innegabile che la necessità di semplificare le procedure nazionali, siano esse politiche o amministrative, si è fatta più impellente da quando:

sono stati introdotti «quadri di valutazione» relativi allo stato del recepimento della legislazione UE,

l'UE ha iniziato ad intervenire in un numero crescente di settori,

è stato negoziato il Trattato costituzionale,

è stato realizzato l'ultimo allargamento dell'Unione e sono state decise nuove e imminenti adesioni.

Per conseguire gli obiettivi stabiliti, tuttavia, vi è ancora molto da fare.

3.   Contesto generale

3.1

L'UE non è uno Stato né tantomeno è in procinto di diventarlo. La Commissione è l'istituzione centrale del sistema e dispone del diritto di iniziativa in ambiti ben definiti, mentre il Consiglio svolge un ruolo preminente nel processo decisionale in materia di legislazione e bilancio, con interventi spesso determinanti da parte del PE in qualità di co-legislatore, e della Corte di giustizia in veste di custode della normativa comunitaria. Nessuna istituzione prevale sulle altre. Piuttosto, l'UE può essere definita come una realtà estremamente complessa fatta di interdipendenze tra numerosi attori e costituisce un esempio unico di rete di competenze nazionali e federali.

3.2

L'UE è unica nel suo genere anche rispetto alla condivisione della sovranità. Essa presuppone pertanto una governance trasparente a vari livelli in un'ampia gamma di ambiti, la qual cosa determina tuttavia conseguenze che sono lungi dall'essere chiare per i dirigenti e gli amministratori dei suoi elementi costitutivi, vale a dire gli Stati membri (4). È il caso non solo degli ambiti che prevedono una condivisione di competenze tra Stati membri e Bruxelles, ma anche di quelli in cui le competenze incombono esclusivamente agli Stati membri, come l'attuazione della strategia di Lisbona.

3.3

Negli ultimi decenni l'impegno dell'UE si è esteso a un numero crescente di ambiti, in un processo dinamico che coinvolge le capitali nazionali e, in maniera sempre più consistente, le entità regionali, gli attori socioeconomici e la società civile. Di recente si è dato il via all'attuazione di disposizioni del «terzo pilastro», vale a dire quello relativo alla giustizia e agli affari interni. In questi ambiti, tuttavia, per ora la Commissione non ha facoltà di avviare procedure di infrazione contro gli Stati membri per supplire a carenze constatate nell'attuazione a livello nazionale (5).

3.4

A dispetto delle conseguenze spesso dirette della legislazione UE e del processo decisionale comunitario per i singoli cittadini, le società e le organizzazioni, in molti Stati membri l'UE è ancora vista essenzialmente come un organismo internazionale che esula dalla struttura dello Stato nazionale, e in alcuni addirittura esclusivamente come soggetto di politica estera. Ciò causa una certa confusione, oltre a creare una distanza controproducente tra il livello nazionale e quello europeo. I problemi che l'Unione si trova ad affrontare nel contesto politico e amministrativo degli Stati membri sono fondamentalmente dovuti a questa percezione.

3.4.1

Nel contesto politico sono fondamentali la posizione e il ruolo dei parlamenti nazionali. Spesso sussiste ancora un certo divario tra il loro grado di informazione e impegno ed il processo decisionale comunitario, e anche questo costituisce un fattore che va ad accrescere la distanza tra l'UE e la società.

3.4.2

Un secondo fattore da considerare in questo contesto è il modo estremamente diverso in cui i politici, i funzionari nazionali e i privati cittadini interessati percepiscono l'UE e vi si impegnano.

3.4.3

In terzo luogo, la mancanza di trasparenza nell'elaborazione delle politiche può determinare una certa ambiguità circa il modo e il momento chiave in cui definire e negoziare le posizioni nazionali, tanto sul piano interno che su quello comunitario. Ciò è esemplificato dalla presenza, in seno ai diversi ministeri, di servizi responsabili delle questioni europee che, anche se si occupano di questioni di fondo e non solo di coordinamento, sono più o meno distinti da quelli incaricati di seguire le politiche nazionali. Questa distinzione rischia di non contribuire a sensibilizzare o ad interessare questi ultimi alle problematiche europee. Esistono altresì problemi analoghi sul piano del coordinamento tra le commissioni permanenti all'interno dei parlamenti nazionali.

3.4.4

In quarto luogo, il processo decisionale nazionale riguardante le questioni europee, oltre ad essere troppo distaccato dalle entità regionali e locali, coinvolge troppo raramente le direzioni o agenzie esecutive.

3.5

È evidente che gli Stati membri sono estremamente restii ad adeguare le loro procedure amministrative e politiche. Se, tuttavia, non dovessero tenere conto della crescente complessità e importanza dell'UE, potrebbero crearsi continuamente contrasti a diversi livelli del processo decisionale.

3.6

Generalmente, inoltre, entrano in gioco interessi, tradizioni e retoriche particolari, di tipo sia nazionale che partitico, che sono spesso all'origine di un divario artificiale tra le decisioni prese a livello comunitario e la percezione degli interessi e delle procedure nazionali.

3.7

Questa situazione è alla base del curioso paradosso per cui, in sede di riunione «a Bruxelles», i governi concordano obiettivi strategici e normative europee che spesso respingono non appena vengono esaminati nel contesto politico nazionale.

3.8

Questa dicotomia può rivelarsi estremamente sconcertante per le parti interessate e l'opinione pubblica in generale. Essa va indubbiamente ad aggravare la già profonda crisi di legittimità in cui versa l'Unione europea, dal momento che esiste un rapporto diretto tra, da un lato, la qualità e l'affidabilità della gestione degli obiettivi delle politiche europee a livello nazionale e, dall'altro, la reazione e le aspettative dell'opinione pubblica.

3.8.1

Il CESE aggiunge comunque a questo riguardo che un'eventuale crisi di legittimità dell'UE non andrebbe ascritta in primo luogo a problemi di comunicazione. L'approccio primario per riguadagnare la fiducia dei cittadini nell'UE deve consistere ancora una volta nel risolvere i problemi urgenti dell'Unione.

3.9

A questo proposito va comunque osservato che, nel trattare le questioni europee e quelle interne, l'atteggiamento di numerose organizzazioni delle parti sociali e della società civile in genere non si discosta di molto da tale schema.

3.10

La reputazione dell'Unione europea rischia di risentire del fatto che le critiche espresse a livello nazionale vanno per lo più a colpire «Bruxelles» e la Commissione ma raramente gli Stati membri stessi, che rappresentano i principali artefici dell'integrazione.

3.11

I gruppi di pressione nazionali tendono a reagire in maniera analoga quando si tratta del recepimento e dell'applicazione della legislazione. Talvolta il loro atteggiamento è frutto delle opportunità offerte da compromessi precari raggiunti in seno al Consiglio, che lasciano agli Stati membri un certo margine di autonomia decisionale. In altre occasioni i gruppi di pressione non fanno altro che cogliere opportunità ingiustamente create dai legislatori nazionali, che tendono a selezionare alcune disposizioni da adottare (cherry picking) o ad aggiungerne inutilmente di nuove a livello interno (gold-plating).

3.12

Anche la tendenza a ricorrere a strumenti meno vincolanti, ad esempio il metodo aperto di coordinamento, e non a rigorosi strumenti legislativi può incoraggiare a prediligere le realtà nazionali nella gestione delle questioni europee. Quanto più è ampio il margine lasciato all'interpretazione degli Stati membri, tanto più marcate saranno le differenze tra di loro.

4.   Coordinamento a livello nazionale

4.1

Sembra che fino a poco tempo fa gran parte degli Stati membri risolvessero la questione della razionalizzazione dei processi e delle procedure nazionali ricorrendo essenzialmente a soluzioni ad hoc in seno ai ministeri e tra di essi, senza cercare di adottare un approccio strutturato. Benché tutti gli Stati membri stiano mettendo a punto modalità di coordinamento più o meno strutturate (e anche gli organi corrispondenti), queste si applicano quasi esclusivamente allo stadio finale del processo decisionale. Le tappe precedenti tendono ad essere meno organizzate.

4.2

Questo quadro riflette un complesso modello di cooperazione intergovernativa invece del processo legislativo europeo, più dinamico e accompagnato da complesse contrattazioni politiche. In realtà, l'integrazione europea ha favorito l'instaurarsi di contatti estremamente ampi e intensi e di innumerevoli relazioni tra l'insieme degli attori pubblici e privati coinvolti negli iter legislativi e nelle trattative e procedure amministrative in Europa. L'elaborazione della legislazione comunitaria crea numerose opportunità di contatto, quali la consultazione degli esperti e delle parti interessate in fase di negoziazione di nuovi atti legislativi, recepimento, attuazione e applicazione della legislazione adottata, controllo dell'applicazione della legislazione europea da parte delle autorità giudiziarie nazionali e della Corte di giustizia delle Comunità europee e, infine, di esame dell'esperienza nazionale in materia di legislazione europea assieme al legislatore europeo. Ciò richiede anche un elevato grado di professionalità nell'organizzazione globale delle amministrazioni nazionali.

4.3

Alla luce dei legami relativamente stretti e complessi tra gli obiettivi delle politiche dell'UE e il suo processo decisionale da un lato e gli obiettivi delle politiche nazionali dall'altro, è sempre più urgente garantire, sul piano nazionale, una gestione e un cordinamento adeguati, nonché mettere a punto delle reti transnazionali efficaci, come viene del resto efficacemente illustrato dalla strategia di Lisbona. Questo programma è stato in effetti definito su scala europea, ma il processo decisionale comunitario interessa solo un numero limitato di aspetti della strategia. La responsabilità per i principali capitoli, infatti, spetta tuttora agli Stati membri. L'esito della strategia è però incerto nel momento in cui gli Stati membri non mettono in pratica gli obiettivi stabiliti, o lo fanno solo in parte, a causa dell'assenza di procedure interattive vincolanti tra le politiche nazionali e quelle europee.

4.4

L'organizzazione politica e amministrativa degli Stati membri dovrebbe riflettere l'intensificarsi dell'integrazione europea, ufficialmente sancito in occasione di vertici europei e riunioni del Consiglio e realizzato in stretta collaborazione con la Commissione europea. A tale proposito si registrano però delle differenze di fondo tra gli Stati membri (6), differenze dovute agli sviluppi storici di ogni paese e che riguardano quasi tutti gli aspetti della vita politica e del funzionamento dell'esecutivo.

4.5

Queste differenze riguardano, tra l'altro, le procedure e i principi che stanno alla base del concetto di governo, la gerarchia tra i ministeri, le loro caratteristiche e la distinzione tra i sistemi centralizzati e quelli decentrati.

4.6

Per quanto riguarda in particolare i rapporti con l'UE, tra gli Stati membri si registrano notevoli differenze di carattere politico nei seguenti ambiti:

status e competenze del primo ministro o del capo del governo,

ruolo e funzioni dei principali ministri,

rapporti tra il primo ministro e il ministro degli esteri e/o il ministro responsabile degli affari europei,

governi di coalizione o di maggioranza e rispettive priorità,

rapporti governo-parlamento e ruolo dei parlamenti nazionali nel processo di integrazione europea,

importanza attribuita al miglioramento e all'attuazione della legislazione europea.

4.7

Esistono differenze analoghe per quanto riguarda l'autorità e i metodi di lavoro seguiti in seno ai vari ministeri e tra di essi:

l'organizzazione della carica di primo ministro/capo del governo e la sua posizione istituzionale,

l'eventuale compartimentazione all'interno dei ministeri tra i servizi responsabili delle questioni europee e gli altri servizi,

il momento in cui i ministeri iniziano ad interessarsi effettivamente a una data proposta,

il grado e il livello di coordinamento con «Bruxelles»,

il momento in cui tale coordinamento ha inizio con riferimento a una data proposta,

il ruolo del ministero degli Affari esteri e, di conseguenza, il grado di indipendenza degli altri ministeri,

la formazione (permanente) dei funzionari pubblici,

il modo in cui le componenti della società vengono consultate nel corso dei negoziati e nella fase di attuazione,

le modalità di attuazione delle direttive, per via legislativa oppure, in forma più leggera, attraverso regolamenti.

4.8

La suddivisione delle competenze tra i ministeri nazionali può anch'essa pregiudicare seriamente l'attività del Consiglio. Citiamo a tale proposito l'esempio del Consiglio «Competitività», al quale partecipano talvolta fino a quattro o cinque ministeri per paese. Oltre a contribuire alla frammentazione politica, ciò non permette di stabilire una strategia a lungo termine né di far emergere una leadership chiara.

4.9

La situazione si complica notevolmente quando le competenze sono anche suddivise tra il livello nazionale e quello regionale, come avviene nei sistemi federali. La complessità e, talvolta, la scarsa trasparenza dei rapporti tra i due livelli possono essere all'origine di ulteriori ambiguità.

4.10

Il buon funzionamento del processo decisionale negli Stati membri è impedito anche da alcune pratiche improprie della Commissione e del segretariato del Consiglio dell'UE: per esempio, la trasmissione delle ultime versioni dei progetti di documenti da esaminare in Consiglio solo poco prima dello svolgimento della riunione rende impossibile l'applicazione delle procedure decisionali nazionali, anche delle più efficaci.

4.11

La ripartizione dei compiti tra ministri e tra dicasteri negli Stati membri spesso ostacola la realizzazione di un'efficace attività in rete tra i diversi paesi coinvolti o la creazione di rapporti personali solidi tra gli amministratori competenti in tutta Europa.

4.12

Si osserva ancora con frequenza che buona parte dei giuristi in generale e dei magistrati nazionali incaricati di dare piena attuazione alla legislazione europea raramente dispone della preparazione necessaria. Le amministrazioni degli Stati membri, pertanto, non sono stimolate ad accettare spontaneamente che l'Unione europea, in quanto livello politico e amministrativo, si sovrapponga ai meccanismi nazionali di decisione politica.

5.   Sviluppi attuali

5.1

Una serie ininterrotta di procedure d'infrazione, funzione cruciale della Commissione destinata a supplire alle carenze nell'attuazione nazionale della legislazione europea, e l'estensione dell'esperienza positiva dei quadri «di valutazione» comunitari, relativi al recepimento della legislazione dell'UE nel diritto nazionale, hanno contribuito a far capire che è necessario adeguare le procedure nazionali alle esigenze dell'Unione europea.

5.2

Il processo di introduzione dell'acquis comunitario in dieci nuovi Stati membri entro il 2003 ha anch'esso riportato l'attenzione sulla medesima questione.

5.3

Il progetto di Trattato costituzionale prevedeva tra l'altro di coinvolgere il livello nazionale nell'elaborazione della legislazione comunitaria, ad esempio facendo partecipare i parlamenti nazionali ai processi comunitari sin dalla fase iniziale.

5.4

Malgrado gli sporadici miglioramenti apportati alle procedure di coordinamento, bisogna ammettere che gran parte delle amministrazioni nazionali sono sistematicamente riluttanti a modificare le loro procedure amministrative interne, e ancor più a discuterne tra loro o a livello comunitario. Tutto ciò in nome del principio di sussidiarietà.

5.5

Sussidiarietà a parte, è ovvio che il processo decisionale europeo segua generalmente un ciclo diverso rispetto alle politiche nazionali, complicando spesso i rapporti tra l'UE e gli Stati membri.

5.6

Benché gli Stati membri (7) stiano esaminando eventuali modifiche da apportare alle procedure di coordinamento, tra di loro persistono differenze in termini sia di impostazione da adottare che di pratiche da seguire.

5.6.1

In Danimarca, ad esempio, il parlamento partecipa all'elaborazione della legislazione e delle politiche comunitarie fin dalle prime fasi del processo, contribuendo così alla visibilità e alla trasparenza degli sviluppi sul piano comunitario. Va comunque osservato che in questo paese si è iniziato a modificare le procedure amministrative e a incoraggiare l'interazione tra la legislazione UE e quella nazionale già molti anni fa.

5.6.2

Nel Regno Unito, invece, si sono adottate delle procedure amministrative atte a tenere maggiormente conto delle questioni europee nell'elaborazione delle politiche nazionali, in particolare creando un efficace meccanismo di coordinamento tra i ministeri e assegnando al Cabinet Office ampie competenze in materia di legislazione comunitaria.

5.6.3

In Francia e Spagna, per contro, il parlamento viene generalmente coinvolto in una fase tardiva del processo, pregiudicando pertanto la posizione dell'UE nel dibattito pubblico. La legislazione europea e le politiche dell'UE sono essenzialmente di competenza dell'amministrazione statale e della leadership politica. A dimostrazione della crescente importanza dell'UE in Francia, va osservato che la sede dell'Ecole nationale d'administration (ENA) è stata trasferita da Parigi a Strasburgo.

5.6.4

Nei Paesi Bassi alcune esperienze negative nell'attuazione della normativa comunitaria hanno destato un crescente interesse per la gestione e le procedure in materia di questioni comunitarie. Nell'ambito dei ministeri è inoltre in corso una riorganizzazione delle procedure interne intesa a coordinare ambiti di interesse 'nazionale' e 'europeo', un'operazione che nella pratica si rivela difficile. Analogamente, si è intervenuti per tentare di coinvolgere in maniera più efficace e tempestiva i parlamenti nelle questioni comunitarie. In Lussemburgo le procedure parlamentari sono state adeguate con esito positivo.

5.6.5

Nei nuovi Stati membri le procedure che sono state introdotte o modificate in vista dell'adesione all'UE, al momento dell'integrazione dell'acquis nella legislazione nazionale, stanno dando i loro frutti laddove sono rimaste immutate. Il lancio di un importante progetto di gemellaggio tra esperti di Stati membri 'vecchi' e «nuovi» accresce la capacità di questi ultimi di adottare le migliori prassi per l'attuazione della legislazione comunitaria. Ciò potrebbe stimolare i tentativi di tenere conto delle questioni europee sin dalle fasi iniziali del processo decisionale.

5.6.6

Negli Stati federali, quali la Germania e la Spagna, non è semplice colmare il divario tra l'Europa e le «regioni», ovvero i Länder e le comunità autonome. Talvolta sorgono gravi problemi, specialmente se, come avviene perlomeno in Germania, la competenza per l'attuazione della legislazione europea spetta esclusivamente alle regioni. Tutti i Länder hanno creato una rappresentanza a Bruxelles per agevolare una partecipazione più diretta alle questioni europee che li riguardano da vicino.

5.7

L'introduzione e l'ampio ricorso al sistema degli «esperti nazionali», che costituisce un processo di interazione permanente tra le amministrazioni nazionali e la Commissione, potrebbe contribuire a promuovere una collaborazione proficua tra il livello nazionale e Bruxelles.

5.8

La Commissione europea sostiene una serie di valide reti di cooperazione sia tra le amministrazioni degli Stati membri, sia tra queste ultime e la Commissione europea (per es. SOLVIT, reti di consumatori ecc.). La Commissione sta inoltre sviluppando un sistema informativo sul mercato interno (IMI, Internal Market Information) destinato ad agevolare le amministrazioni degli Stati membri nell'applicazione delle sue regole.

5.9

Il sistema delle «autorità nazionali di regolazione», messo a punto in diversi ambiti tra cui la concorrenza, le telecomunicazioni e l'energia, contribuisce a ravvicinare l'attuazione negli Stati membri delle politiche adottate a livello comunitario.

5.10

In linea di massima, permangono differenze di impostazione tra, da un lato, i paesi che hanno messo a punto nuove strutture per migliorare l'interazione tra l'UE e gli organi che gestiscono le questioni comunitarie a livello nazionale e, dall'altro, i paesi che finora si sono astenuti dal ripensare l'organizzazione e le procedure in vigore. Il fattore determinante in questo contesto è la volontà politica.

6.   Conclusioni e raccomandazioni

6.1   Conclusioni

6.1.1

La forma assunta dall'organizzazione delle amministrazioni nazionali dipende dall'evoluzione storica dei singoli paesi, motivo per cui si ritrovano differenze nazionali in quasi tutti gli aspetti della vita politica e pubblica. In linea di massima, in futuro non vi sono prospettive di cambiamento. Queste differenze, tuttavia, non devono necessariamente ostacolare l'adattamento o addirittura la convergenza delle procedure e dei metodi di lavoro adottati nell'elaborazione e nell'attuazione delle normative e delle politiche europee.

6.1.2

Il CESE è del parere che procedure politico-amministrative nazionali ben definite ed efficaci siano parte integrante di una buona governance europea, insieme al miglioramento della legiferazione e dell'attuazione e applicazione delle normative.

6.1.3

Sarebbe quindi vivamente auspicabile che l'adattamento e il miglioramento delle procedure nazionali fossero valutati in rapporto alle procedure a livello europeo e alle priorità europee di una migliore legiferazione e di una migliore attuazione ed applicazione della legislazione europea, poiché questi obiettivi dipendono in larga misura da un approccio nazionale soddisfacente in tutti gli Stati membri.

6.1.4

L'organizzazione delle questioni comunitarie a livello nazionale è di esclusiva competenza degli Stati membri. Tuttavia, si farebbero dei progressi considerevoli se le forze politiche e le amministrazioni nazionali considerassero le questioni europee parte integrante delle politiche interne, riconoscessero pubblicamente che «l'UE sono loro» e agissero di conseguenza. Una volontà politica in questo senso è l'elemento determinante.

6.1.5

Questa evoluzione sarebbe pienamente in sintonia con le peculiarità del rapporto tra le politiche comunitarie e quelle nazionali e le relative conseguenze, che oltre ad essere correlate sono anche sempre più interdipendenti. Anche il fatto di riconoscere l'UE come livello politico e amministrativo nel processo decisionale interno contribuirebbe a migliorare la legiferazione europea.

6.1.6

In alcuni Stati membri, in particolare la Danimarca e — da qualche tempo — il Lussemburgo, le proposte della Commissione sono iscritte per tempo nell'agenda politica, il che comporta il sistematico coinvolgimento del Parlamento danese. In altri Stati membri si stanno proponendo adattamenti analoghi. Si può comunque tranquillamente affermare che la maggior parte dei parlamenti nazionali non accetta di buon grado questo impegno ad attuare uniformemente le politiche europee.

6.1.7

Il progetto di Trattato costituzionale era inteso, tra l'altro, a coinvolgere per tempo i parlamenti nazionali nei processi europei. In linea con questo orientamento, ultimamente la Commissione ha inviato direttamente ai parlamenti alcune proposte di politiche e normative europee (8). Nella maggior parte degli Stati membri questi cambiamenti procedurali sono destinati ad avviare a uno stadio più precoce il dibattito nazionale sulle politiche e sulle normative europee e sulle relative implicazioni.

6.1.8

Mettendo maggiormente l'accento su discussioni e consultazioni politiche interne nella fase iniziale, si possono stimolare i governi ad impegnarsi su questioni concrete nell'ambito dei negoziati.

6.1.9

La società nel suo insieme esige una maggiore trasparenza, che a sua volta può favorire la fiducia e la legittimità. Sarebbe pertanto auspicabile che le procedure amministrative e politiche adottate negli Stati membri per gestire le questioni comunitarie tenessero conto di tale rivendicazione. Procedure efficienti e trasparenti favorirebbero non solo lo Stato di diritto, ma anche una migliore comunicazione tra l'UE, il mondo imprenditoriale, le parti sociali e la società civile, consentendo una migliore comprensione e, a lungo andare, una maggiore partecipazione e un maggior impegno (9).

6.1.10

La trasparenza e la comunicazione sono pertanto dei fattori essenziali anche per i meccanismi di consultazione — consolidati o di recente introduzione — dei privati interessati negli Stati membri, meccanismi che talvolta sono sottovalutati.

6.1.11

Il miglioramento del contesto normativo costituisce una priorità per tutte le istituzioni, come pure la coerenza del mercato interno e, dal 2000, l'attuazione della strategia di Lisbona. Un effettivo collegamento tra i processi decisionali nazionali e comunitari agevolerà il conseguimento di tutti questi obiettivi.

6.1.12

Benché il principio della sussidiarietà sia profondamente radicato nel pensiero e nelle pratiche comunitarie, occorre sempre tenere presente che spesso la gestione e l'attuazione del diritto comunitario, e degli obblighi che ne derivano, negli Stati membri incidono direttamente su altri paesi e società dell'Unione. È pertanto interesse dei partner pubblici e privati seguire le modalità di interazione tra i singoli Stati membri e l'UE. In altre parole, l'organizzazione e i metodi di lavoro delle amministrazioni nazionali rientrano nella gestione dell'UE nel suo insieme.

6.1.13

La messa a punto di procedure adeguate e di un monitoraggio efficace delle questioni europee da parte degli Stati membri potrebbe altresì agevolare sensibilmente le attività della Commissione, migliorando la qualità del suo operato.

6.2   Raccomandazioni

6.2.1

Oltre a ribadire le proposte formulate nel parere Migliorare l'applicazione e l'attuazione del diritto comunitario  (10), il CESE raccomanda di effettuare analisi incisive delle procedure e delle prassi nazionali e regionali degli Stati membri concernenti le questioni comunitarie, al fine di avere un quadro chiaro della situazione.

6.2.2

Meritano un'attenzione particolare tutti gli aspetti legati alle modalità di coinvolgimento dei decisori politico-amministrativi nazionali, esposte nel capitolo 4 «Coordinamento a livello nazionale». Oltre alle sue crescenti attività in materia di miglioramento della legiferazione e dell'attuazione e applicazione della legislazione comunitaria, in questo settore la Commissione può svolgere un ruolo di iniziativa e di sostegno.

6.2.3

Le suddette analisi rappresenteranno un valido punto di partenza per un dibattito sull'efficacia delle procedure politico-amministrative dei governi nella gestione delle questioni comunitarie, delineando un quadro globale idoneo a mettere in luce le migliori prassi da seguire. Quest'ultimo deve dare una solida base a un dibattito aperto in tutta Europa su come si debbano gestire in modo ottimale gli affari europei a livello nazionale. Ciò andrà inoltre ad arricchire il dibattito su una migliore legiferazione e sul miglioramento dell'applicazione e dell'attuazione legislativa.

6.2.4

Svolgere un'analisi globale e trarne conclusioni operative sarebbe complesso. Gli organi nazionali e regionali, inoltre, esprimono un bisogno sempre maggiore di uno scambio di vedute e di conoscenze finalizzato a un'idonea gestione degli affari europei. Il CESE si dichiara favorevole a uno studio permanente sulle consuetudini e sulle procedure amministrative nazionali. Si potrebbe inoltre incoraggiare lo scambio bilaterale di opinioni tra organi nazionali, come avviene per esempio nei casi del centro di competenza IMPEL (11) e della rete Solvit.

6.2.5

Bisogna inoltre tenere conto sistematicamente delle osservazioni provenienti dal mondo imprenditoriale, dalle parti sociali e dalla società civile. Tutti questi soggetti sono fortemente interessati al processo di miglioramento della legiferazione e dell'attuazione e applicazione delle normative, che richiede anche trasparenza e consultazioni nazionali efficaci fin dall'inizio.

6.2.6

Il sistema IMI (Internal Market Information), rivolto ad agevolare lo scambio di informazioni tra le amministrazioni degli Stati membri per migliorare l'applicazione delle regole del mercato interno, dovrebbe essere ulteriormente sviluppato e maggiormente applicato.

6.2.7

Sarebbe utile, infine, redigere un vademecum europeo delle procedure e prassi nazionali. Tale vademecum, che terrebbe conto dei risultati ottenuti dal polo di conoscenza, potrebbe servire da quadro di riferimento per l'intero processo di introduzione di procedure nazionali funzionanti, miglioramento della legiferazione e miglioramento dell'attuazione e applicazione delle normative.

Bruxelles, 14 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  GU C 24 del 31.1.2006.

(2)  La governance europea — Un libro bianco, COM(2001) 428 def.

(3)  Raccomandazione della Commissione, del 12 luglio 2004, riguardante il recepimento nel diritto nazionale delle direttive che incidono sul mercato interno (2005/309/CE).

(4)  «Coordinating European Union Affairs: How do different actors manage multilevel complexity?» (Coordinare le questioni europee: la gestione della complessità a più livelli da parte dei diversi attori coinvolti), Adriaan Schout e Andrew Jordan, 29 maggio 2006. Questo studio analizza le pratiche di coordinamento adottate dalla Commissione, in Germania, nel Regno Unito e nei Paesi Bassi, rinviando ad un'ampia letteratura sugli aspetti settoriali della probelmatica e mettendo nel contempo in evidenza l'assenza di un'analisi globale delle pratiche sul piano dei 25 Stati membri.

(5)  Cfr. la riunione informale dei ministri responsabili per la giustizia e gli affari interni, svoltasi a Tampere dal 20 al 22 settembre 2006 e incentrata sulla questione del miglioramento del processo decisionale in materia.

(6)  De Omzetting van Europese richtlijnen: Instrumenten, technieken en processen in zes lidstaten vergeleken (Il recepimento delle direttive europee: studio comparato di strumenti, tecniche e processi in sei Stati membri) Prof. Dr. B. Steunenberg e Prof. Dr. W. Voermans, Università di Leyden, Paesi Bassi, 2006. Lo studio comparato, oltre a presentare un'analisi approfondita della situazione nei Paesi Bassi e una serie di raccomandazioni al proposito, esamina la situazione in Danimarca, Francia, Germania, Italia, Spagna e nel Regno Unito.

(7)  Ibid.

(8)  Cfr. conclusioni del Consiglio europeo del giugno 2006.

(9)  Va ricordato che la prima reazione dell'opinione pubblica danese al Trattato costituzionale era stata abbastanza favorevole, per il semplice fatto che questo prevedeva delle procedure più democratiche e trasparenti. Per contro in Francia, il Comité de dialogue, la piattaforma istituita dal governo assieme alle parti sociali per esaminare le questioni europee, non ha più alcuna valenza pratica.

(10)  GU C 24 del 31.1.2006. In questo parere il CESE sostiene che «gli Stati membri dovrebbero poter continuare a godere di un margine di discrezionalità nello stabilire i propri metodi e le proprie procedure di applicazione» ma che «il passo successivo nella cooperazione tra le istituzioni dell'UE e le autorità nazionali nell'applicazione della legislazione e delle politiche comunitarie» deve essere «il potenziamento o la razionalizzazione delle strutture amministrative nazionali incaricate dell'attuazione delle politiche» (punti 4.2.1. e 4.2.4). Nel capitolo 4 formula proposte a tale riguardo.

(11)  La Rete per l'attuazione e l'esecuzione della legislazione ambientale (IMPEL), istituita nel 1992, è una rete informale di autorità europee di regolazione impegnate nell'attuazione e nell'esecuzione della legislazione ambientale. Oggi ne fanno parte trenta paesi: tutti gli Stati membri dell'Unione, i due paesi in via di adesione Bulgaria e Romania, i due paesi candidati Croazia e Turchia e infine la Norvegia.


ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale europeo

Il seguente brano del parere della sezione è stato respinto a favore di altri emendamenti adottati dall'assemblea, ma ha ottenuto almeno un quarto dei voti espressi:

1.1

Sebbene il Consiglio dei ministri sia determinante nell'ambito del processo decisionale dell'UE, i temi del coordinamento e della formulazione delle politiche a livello nazionale non sono mai stati discussi in profondità a livello comunitario. Essendo un caso unico per quanto riguarda la condivisione della sovranità, l'UE richiede una governance a più livelli trasparente in un ampio ventaglio di settori. Il CESE è del parere che procedure politico-amministrative nazionali ben definite ed efficaci siano parte integrante di una buona governance europea, insieme al miglioramento della legiferazione e dell'attuazione e applicazione delle normative. Esse, inoltre, accresceranno la trasparenza e chiariranno l'impatto delle normative e delle politiche europee sulla società nel suo complesso. L'analisi delle prassi nazionali rivela sostanziali differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda la gestione politica e amministrativa delle questioni europee. Tale analisi dovrebbe stimolare un dibattito sulle procedure di governo, politiche e amministrative, attinenti all'UE, nell'ambito del quale si potrebbero sottolineare le prassi migliori e più interessanti. Un dibattito aperto in tutta Europa sul modo migliore di trattare le questioni europee a livello nazionale sarà di beneficio anche al dibattito sul miglioramento della legiferazione e dell'attuazione e applicazione delle normative. Il CESE si dichiara favorevole a uno studio volto a monitorare in modo permanente le prassi e le procedure amministrative nazionali, vale a dire un polo di conoscenza virtuale che benefici di finanziamenti pubblici in cui esponenti della classe politica, delle amministrazioni nazionali, della Commissione e del mondo accademico raccolgano dati sulle procedure nazionali, promuovano uno scambio di opinioni e diano vita a un dibattito in materia. Andrebbero inoltre presi in considerazione i commenti e i punti di vista espressi dalle imprese, dalle parti sociali e dalla società civile.

Esito della votazione: Voti favorevoli alla modifica del punto: 74 Voti contrari: 59 Astensioni: 16


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/11


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione — Rinnovare la politica comunitaria per il turismo: una partnership più forte per il turismo europeo

COM(2006) 134 def.

(2006/C 325/04)

La Commissione europea, in data 17 marzo 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 14 novembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore MENDOZA (correlatore: BARROS VALE).

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 75 voti favorevoli, 6 voti contrari e 14 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo accoglie favorevolmente e valuta in modo positivo la comunicazione della Commissione Rinnovare la politica comunitaria per il turismo: una partnership più forte per il turismo europeo e condivide l'impegno della Commissione a potenziare in modo decisivo la strategia e la politica turistica dei prossimi anni.

1.2

Il Comitato riconosce lo sforzo che la Commissione ha fatto per sintetizzare un grande numero di documenti, pareri e dibattiti. Visto il risultato, si può affermare che l'obiettivo di illustrare in maniera chiara alla società la nuova politica turistica è stato egregiamente raggiunto.

1.3

Il CESE giudica corretti sia l'idea di fondare questa nuova politica sulla strategia di Lisbona rinnovata sia gli obiettivi previsti di miglioramento della competitività e della sostenibilità.

1.4

Il Comitato considera giuste tanto le sfide identificate dalla Commissione nella comunicazione in esame quanto la maniera proposta per affrontarle. La Commissione suggerisce in particolare la partecipazione di tutti gli operatori in base a diverse forme di partnership e di «collaborazione competitiva»; tale partecipazione deve essere considerata l'asse portante della nuova politica turistica.

1.5

È giusto che la Commissione si impegni a portare avanti questa nuova politica attraverso la cooperazione, l'adozione di misure di sostegno e il coordinamento tra gli operatori. Il CESE ritiene tuttavia necessario sviluppare maggiormente sia la metodologia concreta che gli strumenti di azione. La DG Impresa deve svolgere un ruolo più attivo e deve guidare l'attuazione di numerose iniziative di ambito europeo.

1.6

Per sviluppare tale politica di cooperazione, il CESE propone e raccomanda ancora una volta di istituire un Consiglio consultivo europeo del turismo e di valutare le condizioni per la creazione di una Agenzia europea del turismo.

1.7

La volontà mostrata dalla Commissione di migliorare l'uso degli strumenti finanziari a disposizione è senz'altro positiva, ma manca la proposta di un programma volto a far concretamente fronte alle sfide del turismo, già perfettamente individuate. Più precisamente, nell'ambito del turismo sociale il momento è opportuno per avviare, sotto forma di progetto pilota, alcune esperienze di carattere transnazionale.

1.8

Il CESE attende con grande speranza e fiducia il termine dei lavori, attualmente in corso, dell'Agenda 21 per il turismo, e si dichiara certo del fatto che questa iniziativa completerà e attuerà la politica generale di sostenibilità del turismo europeo. Anche la creazione di banche dati relative alle buone pratiche in materia di sostenibilità e di altri aspetti collegati alla qualità, alla creatività e alla competitività del turismo, è ritenuta uno strumento adeguato, che la Commissione dovrebbe promuovere.

1.9

In ambito statistico, il CESE propone di creare una rete di Osservatori del turismo che da un lato consentano di tener conto dei dati relativi al settore e dall'altro siano in grado di fornire una visione strategia e prospettica, anticipando azioni future.

1.10

Il CESE si offre di continuare ad operare nel settore del turismo seguendo gli orientamenti definiti nella comunicazione della Commissione e invita le altre istituzioni europee, gli Stati membri, le regioni e gli enti locali, gli operatori del settore, gli imprenditori, i sindacati e tutti i cittadini a collaborare per far conoscere e sostenere il turismo come un diritto universale e come un'attività economica d'importanza strategica per il futuro dell'Europa.

2.   La comunicazione della Commissione

Si sintetizzano qui di seguito il testo della comunicazione e i suoi principali contributi per meglio comprendere quanto la Commissione intende comunicare a tutti gli operatori e alle istituzioni europee.

2.1   Il turismo e la strategia di Lisbona rinnovata

2.1.1

La sfida della crescita e dell'occupazione. All'inizio della comunicazione, la Commissione collega la nuova politica comunitaria in materia di turismo alla necessità di portare a termine la strategia di Lisbona rinnovata. La Commissione riconosce pertanto espressamente il ruolo importante che svolge attualmente il turismo per il mantenimento e la creazione di posti di lavoro e conta giustamente su questo settore in quanto attività economica il cui contributo alla piena occupazione è costante o addirittura in aumento. Nella comunicazione, la Commissione analizza la composizione del settore e sottolinea la grande diversità dei servizi e delle professioni coinvolte nel suo sviluppo. Mette altresì in risalto la notevole partecipazione delle piccolissime, piccole e medie imprese al turismo nel suo complesso. La comunicazione, pur osservando che le caratteristiche specifiche del settore lo rendono particolarmente adatto a forme di flessibilità del lavoro, non trascura di menzionare la necessità di adottare misure compensative che garantiscano la sicurezza e la qualità dell'occupazione nel settore turistico.

Come indica la Commissione, il turismo svolge un ruolo importante nello sviluppo delle regioni europee e se sostenibile ha effetti positivi in diversi ambiti economici e sociali. In tale contesto, l'iniziativa attualmente elaborata dalla Commissione sotto il nome di «Agenda 21 per il turismo», sarà indubbiamente una guida e uno strumento idoneo per garantire lo sviluppo sostenibile del turismo.

Un altro fattore da considerare ai fini del contributo del turismo alla strategia di Lisbona è l'allargamento dell'Unione europea e l'impatto positivo che esso rappresenta per lo sviluppo e la creazione di posti di lavoro.

Ma perché tutto questo si realizzi, è necessaria la partecipazione e la collaborazione di tutti gli operatori pubblici e privati a qualsiasi livello. È su queste basi che poggia la nuova politica europea del turismo proposta dalla Commissione.

2.1.2

Le sfide del turismo. La comunicazione della Commissione individua per il turismo europeo una seria di sfide globali, determinate dai cambiamenti profondi nella società europea e mondiale.

La prima sfida proviene dalla struttura demografica. Le profonde trasformazioni in atto fanno supporre che aumenterà il numero dei viaggiatori, in particolare degli ultracinquantenni. Il turismo dovrà adattarsi alle nuove esigenze di questo settore.

Un'altra sfida importante è data dall'emergere di nuove destinazioni a livello mondiale, che impongono di adeguare i prodotti e i servizi a questa nuova realtà del mercato.

L'ultima sfida è la necessità di sviluppare il turismo in condizioni di sostenibilità economica, sociale, ambientale e culturale.

Nella comunicazione, la Commissione afferma che il miglioramento della competitività è il modo più adeguato per far fronte a queste sfide e contribuire al successo della strategia di Lisbona.

2.1.3

Dialogo e partnership. Per realizzare l'obiettivo di un miglioramento della competitività, la Commissione invoca il dialogo e la partnership tra tutti gli operatori. Tutte le partnership, a qualsiasi livello, sono necessarie e costituiscono un elemento centrale dell'attività in ambito turistico.

2.2

Rinnovare la politica europea per il turismo. La comunicazione propone di adottare una politica europea del turismo rinnovata, il cui obiettivo principale sia quello di migliorare la competitività e di creare più posti di lavoro e di qualità migliore in condizioni di sostenibilità, a livello europeo e mondiale. A tal fine raccomanda un dialogo, un coordinamento e una partnership a tutti i livelli.

2.2.1

Misure di integrazione relative al turismo. Nella comunicazione, la Commissione definisce tre gruppi di misure:

misure relative ad una migliore regolamentazione, attraverso un più ampio uso della valutazione dell'impatto, un'analisi delle proposte legislative e la semplificazione della legislazione esistente,

misure per il coordinamento di tutte le politiche comunitarie collegate al turismo attraverso il dialogo e la consultazione interattiva di tutte le parti interessate,

misure per un uso più adeguato degli strumenti finanziari europei disponibili: FESR, Fondo di coesione, FSE, Fondo europeo agricolo e altri fondi in grado di contribuire allo sviluppo sostenibile del turismo.

La Commissione intende affidare ai propri servizi dei compiti fondamentali concernenti il coordinamento di iniziative prese a livello sia pubblico sia privato. In modo particolare, si raccomanda a tali servizi di mantenere aggiornata l'informazione interattiva del settore ed ottenere la piena collaborazione di tutte le parti affinché il turismo possa beneficiare dell'intera gamma degli strumenti finanziari della Comunità.

2.3

Promuovere la sostenibilità del turismo. L'elemento fondamentale della definizione di una nuova politica europea in materia di turismo è, per la Commissione, l'elaborazione di una Agenda 21 europea per il turismo, i cui lavori sono attualmente in corso e dovrebbero venir completati nel 2007.

In attesa di portare a termine questi lavori di carattere strategico, la Commissione prevede una serie di azioni specifiche immediate, tra le quali merita di essere sottolineata — in quanto oggetto di almeno sette pareri d'iniziativa del CESE — la promozione dello scambio di buone pratiche nell'ambito del turismo in relazione ad argomenti quali: l'accessibilità e la sostenibilità, lo sport, la cultura, la ripresa economica, l'ampliamento dell'UE, il partenariato pubblico-privato e il turismo sociale in Europa.

2.4

Migliorare la comprensione e la visibilità del turismo. La comunicazione definisce una serie di misure fondamentali per migliorare l'importanza strategica del turismo nella politica europea in generale. Tra esse figurano:

una migliore messa a disposizione delle statistiche nel settore del turismo, tra le quali occorre citare i Conti satellite del turismo (CST),

un sostegno alla promozione delle destinazioni turistiche europee, tra l'altro attraverso il portale Internet creato ad hoc dalla Commissione: in futuro quest'ultimo costituirà indubbiamente un potente strumento per la promozione di prodotti turistici, eventi culturali, o manifestazioni sportive e presenterà una vasta gamma di opportunità promozionali,

una maggiore visibilità del turismo. Si tratta di un obiettivo comune, che dovrà essere realizzato mediante una serie di azioni congiunte con gli Stati membri tra le quali l'organizzazione del Forum annuale del turismo europeo, una pratica consolidata dal 2002. La Commissione ha espresso chiaramente la sua volontà di continuare ad operare per la diffusione delle sue proposte e delle sue conclusioni, o semplicemente per alimentare il dibattito sugli argomenti d'interesse per il settore. Allo stesso modo, bisogna sottolineare che in occasione di ciascuna presidenza del Consiglio sono state realizzate attività dirette ad incrementare la visibilità e la presenza del turismo in Europa.

2.5   Conclusione della comunicazione

La Commissione conclude la comunicazione constatando la necessità di una collaborazione completa di tutti gli operatori pubblici e privati nell'adozione e nella realizzazione pratica delle politiche turistiche. La Commissione raccomanda ancora una volta la creazione di partnership a tutti i livelli come condizione per migliorare la competitività e assicurare un turismo europeo sostenibile a lungo termine. L'obiettivo della comunicazione emerge pertanto con la massima evidenza.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il turismo è giustamente presente in molti documenti, sia strategici che operativi, elaborati da tutte le istituzioni europee; tale presenza tuttavia non riflette in modo adeguato l'importanza di questa attività sul piano economico e il suo potenziale futuro nell'ambito europeo. Tale importanza inoltre esula dall'aspetto puramente economico e riguarda anche precisi elementi di carattere sociale, culturale e patrimoniale nonché aspetti relativi all'integrazione della cittadinanza europea. Il turismo finisce così per essere un'attività trasversale collegata a numerose strategie, politiche e azioni comunitarie.

3.2

È importante sottolineare che anche in mancanza di una politica comunitaria in materia di turismo, diverse istituzioni europee definiscono azioni e misure che hanno ripercussioni sul turismo o si basano su quest'ultimo per raggiungere alcuni degli obiettivi principali dell'UE. Il nuovo Trattato costituzionale, attualmente ancora in attesa di essere adottato, fa un passo avanti in quanto riconosce al turismo un ruolo di complemento e coordinamento delle politiche nazionali a favore della competitività delle imprese e stabilisce la dimensione economica di questo settore.

3.3

Il turismo forma oggetto di dibattito in diversi ambiti istituzionali europei:

Nel Parlamento europeo, il quale ha in varie occasioni adottato risoluzioni sulle diverse forme del turismo e sul suo impatto sull'occupazione e l'economia. Basti citare le risoluzioni su «Turismo e sviluppo» e su «Nuove prospettive e nuove sfide per un turismo europeo sostenibile».

Nel Consiglio dell'Unione europea, il quale si è spesso occupato del turismo nelle sue conclusioni e nei suoi programmi d'azione, sostanzialmente per sottolineare l'esigenza che esso si conformi ai principi di sostenibilità, competitività e capacità di creare posti di lavoro. Merita ricordare in particolare le conclusioni del Consiglio del 7 luglio 2006, che accolgono favorevolmente la comunicazione in esame ed invitano la Commissione a svolgere un ruolo attivo di coordinamento delle diverse politiche.

Nella Commissione europea, attraverso le sue diverse comunicazioni, attraverso la creazione, il potenziamento e la gestione dei Forum europei del turismo, attraverso l'organizzazione di convegni su argomenti diversi quali il turismo sociale o l'Agenda 21 per il turismo e infine attraverso tantissime altre attività.

Nel Comitato delle regioni, che ha elaborato inter alia dei pareri in merito alle comunicazioni della Commissione Un approccio di cooperazione per il futuro del turismo europeo e Orientamenti di base per la sostenibilità del turismo europeo

Nel Comitato economico e sociale europeo, che ha sempre nutrito e continua a nutrire un particolare interesse nei confronti del turismo, come dimostrano gli oltre 11 pareri adottati dal 1999 ad oggi, il pieno coinvolgimento nei diversi Forum europei del turismo organizzati dalla Commissione, e infine la partecipazione alle diverse giornate promosse per discutere i vari aspetti del turismo, ad esempio la Giornata mondiale del turismo svoltasi a Bruxelles nel 2005 ed a Leon (Spagna) nel 2006. Particolarmente importante è la collaborazione tra il CESE e le altre istituzioni comunitarie per quanto concerne le iniziative via via intraprese nell'ambito del turismo.

3.4

Il presente parere non intende solamente valutare in maniera più o meno critica la comunicazione della Commissione e illustrare le raccomandazioni che potrebbero emergere da un successivo dibattito in merito, ma anche analizzare le iniziative già esistenti ed avanzare chiare proposte. In questo senso, il Comitato valuta positivamente la comunicazione della Commissione ma coglie anche l'occasione per proporre di concentrarsi su un certo numero di azioni specifiche che, prese nel loro complesso, configurano una politica del turismo. Nella politica europea attuale vi sono determinati elementi che pur non potendo essere considerati turistici in senso stretto hanno tuttavia ripercussioni vitali sullo sviluppo di questo settore: la libera circolazione di persone, servizi e merci, i trasporti, l'ambiente, e così via. Una politica del turismo competitiva e sostenibile deve basarsi su tutti questi fattori.

3.5

In linea di massima, con il presente parere il CESE intende affermare e sottolineare quanto segue:

il turismo è un diritto di tutti i cittadini, come si afferma nel Codice etico mondiale per il turismo, e ciò comporta una serie di obblighi in termini di buone pratiche,

tale diritto produce inoltre ricchezza e redditività diretta e indiretta in particolare tra le micro, piccole e medie imprese, configurando per l'Europa una industria strategica che ha dimostrato la sua stabilità,

la qualità delle prestazioni degli agenti del turismo e la responsabilità dei consumatori nei confronti degli enti locali sono valori da preservare per garantire la sopravvivenza del settore,

a livello locale e regionale il turismo ha, o comunque deve avere, un impatto positivo sul piano economico, sociale, culturale e ambientale. In tal senso, esso si rivela uno strumento per conoscere altre culture e modi diversi di essere e di agire e di cooperare a livello interregionale,

il turismo è un settore dinamico in grado di creare, sia nell'immediato che in futuro, posti di lavoro di qualità e stabili, nel rispetto dei diritti,

il turismo non è esente da problemi, ad esempio la massificazione ed il carattere stagionale, i quali possono provocare una perdita di competitività,

è necessario elaborare un'Agenda 21 per il turismo europeo con una visione chiara e obiettivi ambiziosi,

il modello turistico europeo è una necessità per l'Europa e può essere un riferimento a livello mondiale, se verrà basato non su un numero maggiore di disposizioni normative, bensì sui valori della qualità, della sostenibilità, dell'accessibilità e così via, fatti propri su base volontaria dalle destinazioni turistiche e da tutti gli operatori del settore,

il modello turistico europeo si alimenta e poggia sulla varietà delle sue destinazioni, sulla gamma delle concezioni esistenti al proposito e sulla diversità delle sue forme di espressione,

il modello turistico europeo può rappresentare uno strumento efficace a favore della pace e della comprensione tra i popoli.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Nella comunicazione, la Commissione illustra nelle grandi linee le basi, le sfide, le politiche, le azioni principali e la metodologia generale di una nuova politica turistica per l'Europa. Inserire tutti questi elementi in una comunicazione non eccessivamente lunga ha indubbiamente comportato un grande sforzo di sintesi nonché il ricorso al contributo analitico di numerosi documenti, pareri e dibattiti. Considerando il risultato si può affermare che la Commissione è riuscita a comunicare chiaramente alla società le sue opinioni fondamentali rispetto al turismo, illustrando le azioni da compiere in questo settore complesso.

4.2

La Commissione sembra aver ragione nel basare la nuova politica in materia di turismo sulla strategia di Lisbona rinnovata e sulle due sue grandi componenti: la crescita e l'occupazione. Dato che la strategia comunitaria si fonda essenzialmente sul raggiungimento di questi due obiettivi, definire il contributo del turismo a detta strategia significa senza dubbio potenziare il suo ruolo e gettare le basi corrette per il suo sviluppo.

4.3

Forse la Commissione avrebbe però dovuto analizzare nel suo testo anche il posto occupato dal turismo nelle grandi dichiarazioni della Comunità e nella Costituzione europea, per cercare di capire in che modo si articoli l'attuale politica europea del turismo e come venga configurata quella futura. Non bisogna dimenticare che le regioni e gli Stati hanno in diverse occasioni affermato la volontà di mantenere le loro competenze in questo campo, senza che ciò significhi che l'Unione europea debba rinunciare a promuovere alcuni aspetti comuni che possono migliorare la competitività del turismo europeo. La creazione e il mantenimento di un portale europeo per la promozione del nostro continente come destinazione turistica è, ad esempio, una risposta ad una antica richiesta e un passo in avanti. In un'epoca in cui le frontiere interne diventano sempre meno rigide, si fa sentire l'esigenza di azioni comuni.

4.4

La Commissione illustra le principali sfide alle quali il turismo dovrà far fronte nei prossimi decenni. Forse l'elenco potrebbe essere ampliato, però la sfida fondamentale, e cioè quella di migliorare la competitività, è senz'altro sufficientemente ampia per comprenderne altre importanti, come ad esempio il miglioramento della qualità, la problematica del carattere stagionale o la necessità di una maggiore professionalità degli addetti. La formazione professionale e l'innalzamento delle qualificazioni degli addetti del settore turistico nel quadro del programma d'azione integrato per l'apprendimento permanente sono particolarmente importanti, poiché consentiranno di rafforzare la competitività del settore e di garantire l'elevata qualità dei servizi forniti.

4.5

Nella comunicazione, la Commissione fa continui richiami alla partnership dato che, come indica lo stesso titolo, il suo potenziamento rappresenta l'asse portante e identificatore della nuova politica turistica. È importante in particolare sottolineare il ruolo delle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro, le quali devono essere incluse nel processo di partnership, intervenire a tutti i dibattiti e forum e partecipare all'attuazione delle misure generali per il miglioramento del settore. Sarebbe inoltre interessante creare una banca dati relativa alle buone pratiche nell'attività turistica che possa servire per lo scambio delle esperienze positive nell'ambito della partnership tra tutti gli operatori. Sarebbe anche opportuno potenziare le reti delle città e delle destinazioni turistiche già consolidate, create con la volontà comune di migliorare la competitività. Il Comitato accoglie favorevolmente il concetto di Destinazione turistica eccellente e insiste sulla necessità che ciò includa una corretta gestione delle relazioni di lavoro e la partecipazione delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali alla scelta delle destinazioni.

4.6

La Commissione si impegna a portare avanti questa nuova politica attraverso la cooperazione, il lancio di azioni specifiche di sostegno e il coordinamento tra gli operatori: forse però sarebbe necessario precisare ulteriormente le forme concrete in cui si realizzerà ciascuna di queste tre metodologie di azione. A parere del CESE, la DG Impresa svolge un ruolo fondamentale in questa azione di coordinamento di tutte le politiche europee che riguardano il turismo in maniera più o meno diretta: ovviamente però spetta alla Commissione determinare quale debba essere l'organo responsabile di tale funzione. Inoltre, la Commissione dovrebbe intervenire più attivamente nella realizzazione delle iniziative di livello europeo. Merita ricordare che il CESE ha varie volte proposto l'eventuale creazione di un Consiglio consultivo europeo del turismo e raccomandato di analizzare le condizioni per l'istituzione di una Agenzia europea del turismo.

4.7

La comunicazione afferma molto chiaramente che l'obiettivo da raggiungere è l'incremento della competitività del settore turistico europeo. La crescente concorrenza a livello mondiale erode la redditività degli operatori europei. Per tale motivo, al fine di mantenere la leadership mondiale dell'Europa in ambito turistico, in futuro sarà necessario intraprendere ingenti sforzi per innovare, promuovere la qualità e la creatività e migliorare la produttività di tutti i fattori e di tutti gli operatori.

4.8

A parere del Comitato, nella comunicazione la Commissione non attribuisce un'attenzione sufficiente al ruolo delle Tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) all'interno del nuovo scenario turistico, dal punto di vista dei consumatori, delle imprese e degli agenti del settore. Gli sforzi nel campo della ricerca e sviluppo, volti a migliorare l'utilizzo di dette tecnologie in ambito turistico, dovranno essere una priorità per gli anni a venire.

4.9

Il CESE accoglie favorevolmente la proposta dalla Commissione di garantire «una migliore regolamentazione» ma raccomanda di tener conto del fatto che un numero minore di norme non sempre significa norme migliori. Per adeguare la normativa e regolamentare il settore sul piano occupazionale è necessario potenziare la negoziazione collettiva nei settori stabiliti dalle parti sociali.

4.10

È importante il fatto che la Commissione abbia espresso la volontà di adottare misure concrete e, soprattutto, di utilizzare meglio gli strumenti finanziari europei disponibili. Ma è necessario dar prova di maggiore concretezza proponendo un programma specifico volto a realizzare le sfide importanti del turismo europeo, sfide che la Commissione individua perfettamente nella comunicazione. È pertanto necessario che i fondi destinati al turismo conseguano i propri obiettivi in maniera efficace ed efficiente.

4.11

La Commissione assegna un ruolo rilevante alla cosiddetta Agenda 21 per il turismo europeo, documento destinato a dare un quadro alle strategie, ai programmi e alle azioni nell'ambito dello sviluppo sostenibile del settore turistico. È lecito attendersi un documento importante, in grado di gettare luce su diverse questioni e diversi equilibri economici, sociali e ambientali. Il documento dovrebbe esaminare con attenzione temi importanti quali i limiti della crescita, il ritmo sostenibile della crescita delle destinazioni turistiche, o la protezione delle coste e di altri spazi naturali sensibili — allo scopo di formulare proposte praticabili e sostenibili.

4.12

La Commissione assegna alle statistiche turistiche un ruolo di grande rilievo: tali statistiche tuttavia dovrebbero essere affiancate da studi aventi una chiara visione strategica e prospettica, in grado di definire tendenze, ricavare risultati e prevedere azioni future. La concezione di uno o più Osservatori del turismo di ambito europeo — organizzati in rete — potrebbe essere un valido contributo a questa esigenza. È altresì necessario che le statistiche nel campo del turismo attribuiscano maggiore importanza alle variabili concernenti l'occupazione.

4.13

Nella comunicazione, la Commissione illustra con estrema chiarezza la necessità di migliorare la visibilità, la comprensione e l'accettazione del turismo nella società europea. Come sottolineato dal CESE nei suoi pareri Dichiarazione di Katowice e Turismo e cultura: due forze al servizio della crescita e in altri documenti, risultano necessarie anche opportune campagne d'informazione e motivazione destinate a tutti i cittadini europei, ma in particolar modo ai giovani.

Bruxelles, 14 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/16


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Sfruttare e sviluppare il potenziale dell'Europa nel campo della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione

(2006/C 325/05)

Con lettera del 9 agosto 2006 il ministro federale tedesco per la Pubblica istruzione e la ricerca Annette SCHAVAN, a nome della futura presidenza tedesca del Consiglio dell'UE, ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo di elaborare un parere sul tema: Sfruttare e sviluppare il potenziale dell'Europa nel campo della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione

Il Comitato ha deciso di incaricare la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha nominato relatore generale WOLF e ha adottato il seguente parere con 125 voti favorevoli, un voto contrario e 2 astensioni:

Indice

1.

Sintesi e raccomandazioni

2.

Osservazioni di carattere generale

3.

Questioni e procedure finanziarie

4.

Aspetti strutturali e condizioni generali

5.

Il fattore umano — Capitale umano — Ricercatori e ingegneri

1.   Sintesi e raccomandazioni

1.1

Il Comitato accoglie con favore la richiesta di elaborare un parere esplorativo sul tema Sfruttare e sviluppare il potenziale dell'Europa nel campo della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione, formulata dal ministro federale tedesco per la Pubblica istruzione e la ricerca in preparazione della presidenza tedesca del Consiglio. Il Comitato, in quanto ponte verso la società civile organizzata, ritiene importante e utile contribuire tempestivamente alla futura definizione della politica europea in materia di istruzione, ricerca e innovazione tramite il proprio parere su questo tema molto ampio e complesso.

1.2

Tenuto conto della recente pubblicazione di due comunicazioni (1) della Commissione riguardanti l'«innovazione» in tutti i suoi aspetti, nonché dell'eccellente rapporto Aho (2), il presente parere è incentrato piuttosto sui temi della ricerca e sullo sviluppo in quanto condizioni imprescindibili per ogni capacità di innovazione a lungo termine, come pure sulla formazione necessaria in tale ambito. In questo modo si dovrebbero anche evitare eccessive sovrapposizioni con le suddette pubblicazioni.

1.3

Per garantire il nostro futuro (ad esempio riguardo alle questioni dell'energia e del clima), per conservare e migliorare la nostra attuale posizione nel contesto globale, come pure per non danneggiare bensì rafforzare il modello sociale europeo è assolutamente necessario ottenere risultati tecnico-scientifici di eccellenza e trasformarli in potenziale economico competitivo.

1.4

È quindi giunto il momento per l'Europa di prendere coscienza della sua tradizione di spazio leader della ricerca e dell'innovazione e di infonderle nuova vita. A tal fine bisogna promuovere maggiormente le necessarie competenze dei cittadini in questo settore, investire in misura nettamente maggiore nella ricerca e nello sviluppo e aumentarne l'efficienza, rafforzare la disponibilità e la capacità di innovare dell'industria, ed eliminare gli ostacoli che vi si oppongono.

1.5

Il presupposto fondamentale è l'esistenza di un clima sociale aperto al progresso in cui questo approccio risulti pienamente efficace, affinché a tutti i livelli politici vengano create le necessarie condizioni quadro e vengano compiute le relative scelte determinanti per il futuro, ma anche affinché vengano creati posti di lavoro e l'industria sviluppi fiducia e ottimismo in misura sufficiente per i necessari investimenti.

1.6

In questo contesto occorre familiarizzare maggiormente i cittadini con la scienza e la tecnica, nonché sfruttare e incentivare maggiormente il potenziale di talenti disponibili. A tal fine, già nei programmi delle scuole elementari e ancora di più in quelli dei cicli successivi, si deve accordare un'importanza molto maggiore alle materie scientifiche e tecniche.

1.7

Gradualmente e mediante esempi chiari ed esperienze pratiche, i bambini e i giovani devono essere iniziati ai vantaggi della scienza e della tecnica nonché ai concetti e ai principi fondamentali di queste materie. Le persone che hanno un'attitudine particolare verso queste materie vanno incoraggiate a scegliere una professione in questo settore e ad intraprendere un ciclo di studi notoriamente difficile, e vanno dotate di una solida formazione di base.

1.8

Bisogna anche garantire che la formazione specialistica del ramo tecnico-scientifico impartita dalle università e dai politecnici sia di livello almeno pari ai più elevati standard internazionali: il capitale più importante per la ricerca e l'innovazione è infatti costituito da ricercatori ed ingegneri, di entrambi i sessi, motivati e ottimamente qualificati che, attraverso la formazione permanente, conservino e accrescano le loro competenze specifiche per tutta la vita lavorativa.

1.9

Occorre inoltre che la Comunità, gli Stati membri e l'economia offrano a questi ricercatori ed ingegneri opportunità professionali interessanti, incentivi lavorativi, prospettive di carriera e adeguate garanzie per il futuro. Tali misure devono essere commisurate sia all'investimento della società nella formazione di queste persone che al loro cospicuo investimento personale in un ramo di studi particolarmente difficile e impegnativo. Soltanto in questo modo si riuscirà ad ottenere, invece dell'attuale, più volte deplorata, «fuga di cervelli», un'inversione — a vantaggio dell'Europa — della mobilità globale dei ricercatori più validi.

1.10

Questo comporta anche la creazione di adeguate condizioni quadro giuridiche, amministrative e finanziarie che stimolino la spinta all'innovazione dell'industria e la sua propensione ad investire nella ricerca e nello sviluppo e rendano queste attività più interessanti e vantaggiose, in particolare per le piccole e medie imprese.

1.11

Merita un'attenzione particolare l'obiettivo di accelerare l'applicazione a nuovi prodotti o processi delle nuove conoscenze ottenute con la ricerca di base, la ricerca applicata e lo sviluppo. A questo fine le imprese, attraverso la politica del personale, devono fare in modo di dotarsi di competenze tecnico-scientifiche che consentano loro di partecipare al processo di innovazione o almeno di valutare le nuove idee o possibilità ed essere pronte ad adeguarsi.

1.12

Perciò, accanto a misure finanziarie, fiscali e inerenti alla responsabilità civile, bisognerebbe porre l'accento, in particolare, sulla reciproca mobilità tra il mondo accademico e l'economia. A questo fine sarebbe particolarmente opportuno introdurre un sistema di mobilità e/o di borse di studio nuovo e attraente, finalizzato al trasferimento delle conoscenze nonché alla formazione e al perfezionamento e che coinvolga allo stesso modo il settore accademico e quello industriale.

1.13

Analogamente all'anno sabbatico in ambito accademico, tale sistema dovrebbe consentire ai ricercatori e ingegneri più qualificati di passare temporaneamente all'industria (e viceversa) con piena garanzia di reinserimento nella precedente carriera. In questo modo si creerebbero legami personali idonei a favorire una reciproca compenetrazione tra cultura accademica ed economia e si promuoverebbe nel modo migliore il necessario trasferimento di conoscenze.

1.14

Seguono alcuni esempi di ulteriori raccomandazioni concrete e constatazioni.

1.14.1

L'obiettivo di Barcellona, formulato nel quadro dell'attuazione della strategia di Lisbona, deve essere preso molto sul serio da tutti i soggetti interessati, per non restare ultimi nella corsa globale a chi investe di più nella ricerca e nello sviluppo. L'obiettivo prevede che la spesa complessiva per la R&S nell'Unione venga aumentata fino a raggiungere, nel 2010, un livello pari quasi al 3 % del PIL e che fino a due terzi degli investimenti necessari provengano dal settore privato.

1.14.2

Nel quadro delle attuali prospettive finanziarie dell'UE per il periodo 2007-2013, con il 7o programma quadro di R&S (7PQ) la Comunità intende contribuire con una percentuale pari solo al 2 % circa degli investimenti complessivi previsti dell'obiettivo di Barcellona per la ricerca e sviluppo. Secondo il Comitato tale dotazione non è sufficiente perché gli aiuti comunitari esercitino appieno il loro notevole effetto leva e la loro spinta all'integrazione sul sostegno alla ricerca fornito dagli Stati membri e sulla necessaria disponibilità all'investimento da parte dell'industria, e non è nemmeno sufficiente per innescare la notevole crescita che è richiesta in questi settori.

1.14.3

Pertanto tale quota del sostegno comunitario nella futura revisione del bilancio UE del 2008 dovrebbe essere aumentata al 3 % circa in una prima fase. Si tratterrebbe, da parte della Comunità, di una misura particolarmente efficace per conseguire più rapidamente di quanto si possa immaginare attualmente l'obiettivo di Lisbona e quello di Barcellona, la cui importanza resta immutata. Il conseguimento di quest'ultimo obiettivo è indispensabile anche perché è in rapido aumento lo sforzo di ricerca, ad esempio, degli Stati Uniti o della Cina.

1.14.4

Le norme comunitarie in materia di aiuti di Stato dovrebbero essere concepite in modo tale da incoraggiare gli Stati membri e concedere loro il margine di manovra necessario per sostenere in misura maggiore e più efficace di quanto avvenuto finora, e in modo meno burocratico, i progetti di R&S delle università, degli organismi di ricerca e dell'industria nonché il necessario collegamento in rete tra questi enti.

1.14.5

Nel quadro della promozione di misure di R&S le norme di bilancio degli Stati membri dovrebbero consentire un flusso di fondi più flessibile e adeguato al ciclo del singolo progetto, ad esempio dando la possibilità di riportare al successivo anno civile o esercizio finanziario parte degli stanziamenti già assegnati.

1.14.6

Gli sforzi volti a creare un brevetto comunitario andrebbero finalmente portati a buon fine; in questo contesto la questione linguistica dovrebbe essere risolta conformandosi alle consuetudini di lungo corso della comunità scientifica internazionale.

1.14.7

L'innovazione e il progresso sono basati sull'interazione tra la ricerca di base, la ricerca applicata e lo sviluppo orientato al prodotto, ma le linee di demarcazione che separano tali categorie non sono nette.

1.14.8

Per questa ragione, c'è bisogno, da un lato, di un'interconnessione ancora più stretta tra i pilastri costituiti dalla formazione, dalla ricerca e dall'applicazione industriale. Il Comitato accoglie perciò con favore il progetto di creare un Istituto europeo di tecnologia che dovrebbe contribuire a sviluppare ulteriormente la capacità di innovazione della Comunità e degli Stati membri collegando le attività di formazione, ricerca e innovazione al livello più elevato.

1.14.9

Dall'altro lato, però, per questo stesso motivo, è necessario anche un sostegno comunitario sufficiente alla ricerca di base (in tal senso il programma specifico IDEE del 7PQ costituisce un approccio valido).

1.14.10

Il progresso e l'innovazione permanente non si fondano tuttavia soltanto sulla scienza e tecnologia, ma anche sulla motivazione di tutti i soggetti interessati, su nuovi modelli commerciali e su metodi di gestione appropriati.

1.14.11

Occorre offrire alle persone le migliori opportunità possibili di realizzarsi e di prendere iniziative autonome in linea con le loro attitudini, capacità e creatività. Quindi bisogna anche garantire che tutti i collaboratori di un'impresa o di un istituto abbiano l'opportunità di contribuire con le proprie idee e proposte e di ottenere per questo un giusto compenso. Questi sono temi cruciali della ricerca sociale, dell'economia aziendale e in generale della cultura del management.

1.14.12

Per promuovere nuovi approcci di ricerca, tecnologie, metodi gestionali oppure modelli commerciali innovativi, bisogna accettare un certo rischio di insuccesso: progresso e rischio sono due facce della stessa medaglia.

1.14.13

Norme troppo rigide di armonizzazione delle forme organizzative, dei programmi di ricerca e dei metodi di lavoro possono impedire di giungere a nuovi risultati e di creare innovazione. Il presupposto fondamentale di una scienza creativa e di nuove scoperte è la libertà di ricerca entro i limiti fissati dalla regolamentazione giuridica delle questioni di carattere etico e dall'impiego appropriato degli stanziamenti assegnati.

1.14.14

Le procedure amministrative per la promozione della ricerca e dello sviluppo vanno semplificate, anche per limitare la proliferazione, e addirittura spesso la sovrapposizione, delle molteplici operazioni necessarie per la richiesta, la verifica, il monitoraggio e il controllo e per riportarle entro limiti ragionevoli.

1.14.15

Per il resto si rimanda al testo completo del parere, in cui si motivano le raccomandazioni, vengono esaminati altri punti di vista, anche molto concreti, e si fanno ulteriori raccomandazioni.

2.   Osservazioni di carattere generale

2.1

Tenuto conto delle due recenti comunicazioni (3) della Commissione sul tema «innovazione» in tutti i suoi aspetti (cfr. anche punto 4.12.1), nonché dell'eccellente rapporto Aho (4), il presente parere è piuttosto incentrato sui temi della ricerca e sullo sviluppo in quanto condizioni imprescindibili per ogni capacità di innovazione a lungo termine, come pure sulla formazione necessaria in tale ambito. In questo modo si dovrebbero anche evitare eccessive sovrapposizioni con le suddette pubblicazioni.

2.2

L'Europa è la culla della scienza e della ricerca moderne (5). La scienza e la ricerca, la loro metodologia e il modo di pensare che le caratterizza hanno svolto un ruolo decisivo per lo sviluppo dell'odierna società europea e dei suoi valori, nonché del suo stile e livello di vita, e sono stati un segno distintivo dell'area culturale europea (6). La ricetta del successo delle conquiste che ne sono derivate è stato il libero gioco dello spirito creativo e imprenditoriale pratico con la metodologia e la sistematicità scientifiche.

2.3

Quasi di pari passo con il progresso tecnico-scientifico si sono prodotti sviluppi decisivi sul piano sociopolitico che hanno condotto alla nascita dello Stato moderno, con la divisione dei poteri, la democrazia, i diritti fondamentali e le leggi sociali.

2.4

Questo processo comune ha portato ad una trasformazione e a un miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini negli Stati e regioni interessati la cui portata non ha precedenti nella storia dell'umanità.

2.5

Negli ultimi 135 anni l'aspettativa media di vita della popolazione (7) è più che raddoppiata (8). Negli ultimi 50 anni la resa per ettaro di superficie agricola coltivata è quasi triplicata. Nei paesi industrializzati ricchi si discute dell'obesità e non della malnutrizione, dell'eccesso — e non della mancanza — di informazioni, dell'invecchiamento demografico e non della mortalità infantile.

2.6

Le capacità e i risultati della moderna e dinamica società industriale ottenuti grazie alla ricerca, allo sviluppo e all'innovazione coprono tutti gli aspetti dello sviluppo umano e della qualità della vita.

2.7

Mentre il compito precipuo delle attività di ricerca e sviluppo consiste nella ricerca di conoscenze nuove e approfondite, ossia nell'esplorazione dell'ignoto e nella conferma delle ipotesi e delle conoscenze, nonché nello sviluppo di nuove capacità, i risultati di questo sforzo hanno contribuito al benessere dell'umanità in misura notevole e inimmaginabile in precedenza. In questo senso più ampio, le attività di ricerca e sviluppo devono anche servire il benessere dell'umanità.

2.8

Un altro fattore decisivo per la realizzazione di tali progressi è stato lo sviluppo e l'utilizzo intensivo di processi e macchinari industriali che consumano energia: l'energia ha liberato uomini e donne dal peso dei lavori fisici più pesanti ed è stato l'«alimento» dell'economia moderna.

2.9

Da quanto precede emerge una prima importante raccomandazione del Comitato: la società deve essere in grado di cogliere il ruolo decisivo di queste conquiste per il nostro modo di vita odierno, dei presupposti necessari perché si producessero e dei risultati tecnico-scientifici e culturali ad esse collegati e apprezzarle per la loro importanza fondamentale — questa comprensione deve essere un elemento del livello generale d'istruzione. Per poter apprezzare il nostro livello di vita, che diamo ormai per scontato, e i suoi presupposti bisogna richiamare alla mente che la qualità di vita, ancora molto inferiore alla nostra, e l'indigenza che si riscontrano oggi in alcune regioni del terzo mondo si registravano in passato, prima delle summenzionate conquiste, anche negli attuali paesi industrializzati.

2.9.1

Di conseguenza, i piani di offerta formativa e le ore di lezione previste dai programmi nelle scuole di ogni ordine e grado devono essere concepiti in modo da introdurre gradualmente i bambini e i giovani, con contenuti didattici e spiegazioni chiare e interessanti, al modo di pensare scientifico e tecnico e al patrimonio di conoscenze disponibile (9) e renderli consapevoli dell'importanza decisiva dell'attività scientifica e dello sviluppo tecnologico per la nostra vita quotidiana. Si tratta di riuscire a convincere i giovani, di ambo i sessi, che hanno un'attitudine particolare in questo campo a intraprendere studi tecnico-scientifici, offrendo però loro anche la migliore formazione specialistica possibile nel ramo tecnico-scientifico presso le università e gli istituti di istruzione superiore, e prevedendo un successivo perfezionamento professionale mediante programmi di formazione lungo tutto l'arco della vita. I risultati ottenuti sono la base per i futuri progressi.

2.10

Una grandissima parte di quanto si è detto finora non riguarda solo l'Europa, anche se a livello mondiale, purtroppo, le conquiste ottenute non sono ancora ugualmente e sufficientemente accessibili a tutte le persone, gruppi e popoli.

2.10.1

In questo contesto va evidenziata un'importante caratteristica della moderna società della conoscenza: diversamente da quanto avveniva in passato, quando ad esempio l'arte della fabbricazione della seta in Cina era un segreto gelosamente custodito, le conoscenze ottenute, che sono il nostro bene più prezioso, vengono presentate, in pratica gratuitamente (10) agli studenti di tutto il mondo (persino sotto forma di borse di studio) ad esempio nelle università e nei politecnici, ma anche in manuali, pubblicazioni, nella documentazione relativa ai brevetti, in congressi, in pubblicazioni su Internet, in riviste specializzate, ecc.

2.10.2

La comunicazione pubblica delle conoscenze acquisite contribuisce da un lato allo scambio globale delle conoscenze, propizio al progresso scientifico, e dall'altro costituisce una forma straordinaria e particolarmente efficace di aiuto allo sviluppo; per esempio già nel XIX secolo essa ha contribuito alla profonda trasformazione di un paese come il Giappone, che, partendo da un tipo di vita e da una struttura sociale di tipo medievale, è riuscito con i propri sforzi a raggiungere in tempi brevissimi un livello di vita analogo a quello dell'Europa.

2.10.3

La libera disponibilità delle conoscenze e delle capacità acquisite deve tuttavia trovare un limite nella necessità di recuperare gli investimenti già effettuati nella ricerca e nello sviluppo mediante il successivo sfruttamento economico dei risultati ottenuti, rafforzando così al medesimo tempo la competitività delle relative economie attraverso l'acquisizione del necessario vantaggio nel mercato.

2.10.4

A tal fine la maggior parte dei paesi industrializzati ha sviluppato un sistema giuridico equilibrato per la protezione temporanea della proprietà intellettuale, che ha il suo apice nel diritto dei brevetti. Il Comitato si è già pronunciato più volte su questo argomento (11), sollecitando ripetutamente l'introduzione di un brevetto comunitario, nonché una maggiore consapevolezza dell'importanza economica e culturale della proprietà intellettuale. Dopotutto, il fatto che la proprietà intellettuale sia riconosciuta e tutelata è uno stimolo e una giusta ricompensa per chi ha inventato nuove tecniche e ha creato nuove opere.

2.11

Ci si deve però chiedere che conseguenze abbia tutto questo per la politica comunitaria. Si tratta anzitutto dell'importante e molto concreta questione di sapere quale percentuale del prodotto interno lordo (PIL) vada investita nella ricerca e nello sviluppo nel quadro di una politica generale equilibrata.

2.11.1

La risposta si trova nella posizione dell'Europa nella concorrenza globale, vale a dire nella tanto citata strategia di Lisbona (12).

2.11.2

A tale proposito già il Consiglio europeo di Barcellona (13) del marzo 2002 aveva adottato decisioni guida (14), fissando l'ormai ben noto obiettivo del 3 % secondo cui gli stanziamenti globali in materia di R&S nell'Unione dovevano essere aumentati, con l'obiettivo di avvicinarli al 3 % del PIL entro il 2010; due terzi di questo necessario investimento sarebbero dovuti provenire dal settore privato (punto 47 delle conclusioni della presidenza). Oltre a un forte aumento degli investimenti comunitari nella R&S, si tratta quindi soprattutto di creare incentivi per favorire maggiori investimenti di R&S da parte degli Stati membri e soprattutto dell'industria. In numerosi pareri il Comitato ha appoggiato caldamente questo obiettivo (15), ma purtroppo, ad eccezione di pochi Stati membri, sembra che esso non sarà raggiunto. Questo fatto è preoccupante.

2.11.3

Inoltre, nella Stern Review (16) The Economics of Climate Change pubblicata alla fine di ottobre 2006, si afferma che soltanto per ridurre il riscaldamento globale prodotto dai gas ad effetto serra sarà necessaria una spesa pari a circa l'1 % del PIL, la quale comprende anche altre attività di R&S necessarie a tal fine.

2.11.4

I cambiamenti climatici e il loro rapporto con il problema generale dell'energia, del suo consumo e del suo approvvigionamento sostenibile non costituiscono l'unico problema. Anche la lotta contro le malattie fisiche e psichiche, lo sforzo di migliorare le condizioni di vita dei disabili, l'impatto dell'evoluzione demografica nel quadro della gerontologia, la tutela dell'ambiente come pure la salvaguardia generale dei fondamenti del nostro stile di vita e del nostro sistema di valori europeo sono esempi di temi di ricerca importanti, in merito ai quali il Comitato ha espresso raccomandazioni dettagliate in pareri precedenti, per esempio quelli sul settimo programma quadro e sui relativi programmi specifici.

2.12

È noto che la Comunità europea deve far fronte alla sfida molto seria di una concorrenza globale sempre più agguerrita, e in questa situazione gli sforzi vanno diretti in particolare a salvaguardare i posti di lavoro, i livelli di reddito e le norme sociali e ambientali europee. Questo è importante non soltanto di fronte alla potenza economica degli Stati Uniti e del Giappone ma soprattutto rispetto ai risultati notevoli e sempre più significativi ottenuti nel settore industriale e della ricerca da paesi come la Cina (che entro il 2050 vuole prendere il posto degli Stati Uniti come paese leader mondiale nella tecnologia! (17)), l'India e il Brasile e in considerazione anche del livello decisamente inferiore delle retribuzioni e delle norme sociali e ambientali in tali paesi.

2.13

Proprio in questo scenario caratterizzato da una concorrenza globale e dalla collegata corsa globale a chi investe di più nella ricerca e nello sviluppo, oltre che dalla competizione globale per accaparrarsi i migliori ricercatori ed ingegneri, la Comunità europea deve sfruttare meglio e rafforzare ulteriormente il proprio potenziale di ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione. In questo contesto il punto centrale è la concorrenza a livello mondiale e non quella fra i paesi europei!

2.14

L'Europa, quindi, può restare competitiva solo mantenendo anche in futuro il suo vantaggio (18) nel campo della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dell'innovazione, in un contesto sociale e culturale caratterizzato dalla democrazia, dallo Stato di diritto, dalla libertà d'impresa, dalla garanzia di poter pianificare il futuro, dalla volontà di riuscire e dal riconoscimento dei risultati. È necessario rafforzare ed estendere lo Spazio europeo della ricerca (SER). Si tratta di una nozione comunemente riconosciuta in tutte le dichiarazioni politiche di intenti ma all'atto pratico e a livello dell'attuazione sotto forma di priorità effettive (ad esempio il bilancio per la ricerca) e di disposizioni regolamentari (si pensi alla struttura retributiva (19) e al diritto fiscale) sussistono purtroppo ancora notevoli carenze, a livello comunitario come pure nella maggior parte degli Stati membri.

2.15

Altri paesi che si trovano ad affrontare questioni simili, come per esempio gli Stati Uniti o il Giappone, ma anche la Svizzera, compiono con successo uno sforzo non solo decisamente maggiore, ma anche più efficace nel campo della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dell'innovazione. Lo dimostra anche la forza d'attrazione che gli Stati Uniti esercitano sui ricercatori e gli ingegneri europei e che, nel quadro della mobilità nei due sensi auspicata in linea di principio, continua a tradursi in un flusso ben più consistente di esperti e di talenti che si trasferiscono negli USA («fuga di cervelli»).

2.16

Proprio per quanto riguarda gli Stati Uniti, tale situazione di fatto non solo è indice dell'efficienza finanziaria di un sistema di ricerca superiore al nostro, ma indebolisce anche l'Europa e rafforza gli Stati Uniti. Inoltre la politica di R&S degli Stati Uniti è caratterizzata indubbiamente da un atteggiamento più aperto e più coraggioso nei confronti di nuove idee e nuovi approcci, ma anche, nel complesso, da una maggiore disponibilità al rischio. Essa si fonda non solo sulla competitività economica, ma in ugual misura anche su una strategia coerente di sicurezza nazionale (20) e sugli elevati investimenti in R&S ad essa collegati, e ciò porta a una fecondazione reciproca.

2.17

Dunque, per ravvivare la sua tradizione di spazio leader della ricerca e dell'innovazione, è tempo per l'Europa di investire considerevolmente di più nella ricerca e nello sviluppo, di promuovere le competenze dei suoi cittadini in questo settore, di ricompensarli per i risultati che conseguono e di ridurre gli ostacoli che incontrano.

2.18

Il presupposto fondamentale è l'esistenza di un clima sociale aperto al progresso in cui questo approccio risulti pienamente efficace, affinché a tutti i livelli politici vengano create le necessarie condizioni quadro e vengano fatte le relative scelte determinanti per il futuro. Soltanto in questo modo le scuole e le università potranno svolgere il loro compito nella concorrenza globale, ed un numero sufficiente di giovani si impegnerà nello studio della scienza e della tecnica. Soltanto in questo modo, inoltre, l'industria svilupperà fiducia e ottimismo in misura sufficiente per i necessari investimenti.

3.   Questioni e procedure finanziarie

3.1

Fonti d'investimento. La ricerca e l'innovazione — accanto a una formazione efficace e qualificata delle persone dotate in questo campo — sono il presupposto per il futuro benessere della società. Quest'ultima deve quindi prevedere gli investimenti necessari. Nell'UE i finanziamenti provengono dalla Comunità, dagli Stati membri, dall'economia e, in misura modesta, da fondazioni private.

3.2   Finanziamenti comunitari

3.2.1

Settimo programma quadro di RST. Il principale contributo (21) della Comunità europea verrà dal Settimo programma quadro di RST, la cui dotazione finanziaria per il periodo 2007-2013 dovrebbe elevarsi (22) a circa 50 miliardi di euro (23), ossia circa il 5,8 % del bilancio complessivo della Comunità per tale periodo.

3.2.2

Tale importo è pari circa allo 0,06 % del prodotto interno lordo della Comunità, e costituisce quindi solo il 2 % circa dell'obiettivo fissato a Barcellona (vedi allegato). Secondo il Comitato ciò non è sufficiente perché il sostegno comunitario eserciti appieno il suo notevole effetto leva e la sua spinta all'integrazione sulla politica di incentivo alla ricerca degli Stati membri e sulla disponibilità all'investimento richiesta all'industria e inneschi la notevole crescita necessaria in questi settori.

3.2.3

Il Comitato deplora profondamente, quindi, che non si sia dato seguito alla sua raccomandazione (24) di aumentare la quota del bilancio disponibile per il 7o programma quadro di R&S.

Esorta pertanto il Consiglio europeo e il Parlamento europeo a compiere ulteriori progressi tangibili nel quadro della revisione del bilancio dell'UE in programma per il 2008 e ad aumentare il volume degli aiuti stanziati per il 7o programma quadro di R&S al 3 %, cioè al valore stabilito a Barcellona.

3.2.4

Banca europea per gli investimenti. Il Comitato fa notare inoltre che anche i fondi della Banca europea per gli investimenti vanno impiegati maggiormente a sostegno della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione (25), e in particolare per quelle misure intese alla creazione delle necessarie infrastrutture e al trasferimento delle conoscenze per l'applicazione industriale.

3.2.5

Fondi strutturali europei. Lo stesso vale, in misura ancora maggiore, per l'impiego dei fondi strutturali europei. A questo proposito, in particolare nei nuovi Stati membri, esistono profonde lacune da colmare per quanto riguarda la creazione delle necessarie infrastrutture di ricerca e il loro collegamento con l'insediamento di moderne imprese high-tech.

3.3   Finanziamenti da parte degli Stati membri e dell'economia; misure di sostegno da parte della Comunità

3.3.1

Maggiori investimenti. In considerazione della quota strutturalmente modesta di sostegno comunitario, è di fondamentale importanza che sia gli Stati membri che l'economia europea (26), a loro volta, investano in misura sufficiente (cioè molto più di quanto avvenuto finora) nella ricerca, nello sviluppo e nella relativa formazione, al fine di liberare e rafforzare il potenziale dell'Europa nel campo della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione, sfruttare lo Spazio europeo della ricerca e potersi almeno avvicinare all'obiettivo di Barcellona. Sotto questo profilo la maggior parte degli Stati membri è rimasta molto indietro e ha un estremo bisogno di riguadagnare terreno.

3.3.2

Condizioni generali adeguate e affidabili. Oltre a compiere maggiori sforzi sul piano finanziario è necessario anche esaminare tutte le altre condizioni generali in modo da ottenere i migliori risultati possibili con i mezzi impiegati. Occorre in particolare valutare i vantaggi e gli svantaggi di vari aspetti e disposizioni che non riguardano direttamente la ricerca, nonché garantire il maggior grado possibile di sicurezza di pianificazione e di affidabilità delle disposizioni nazionali.

3.3.3

Misure comunitarie di sostegno. A questo proposito, tuttavia, anche la Comunità europea attraverso la sua politica può e deve accordare un sostegno vigoroso, in particolare mediante adeguati regolamenti o direttive, condizioni generali ottimali e attraverso un impiego intelligente dell'effetto leva esercitato dal sostegno comunitario nell'ambito del 7o programma quadro.

3.3.4

Norme comunitarie in materia di aiuti di Stato. La legislazione comunitaria in materia di aiuti di Stato disciplina, alla luce degli articoli 87 e 88 del Trattato CE, la tipologia, l'entità e le procedure amministrative degli aiuti di Stato che gli Stati membri possono erogare (27) a sostegno delle attività di R&S. La definizione delle norme europee sugli aiuti di Stato è quindi un ulteriore strumento decisivo per esercitare un influsso sulla promozione della ricerca da parte degli Stati membri, ma anche per impiegare in modo ottimale gli aiuti erogati a titolo del Settimo programma quadro di R&S. Le norme comunitarie in materia devono perciò essere strutturate (28) in modo da incoraggiare gli Stati membri e agevolarli nel loro compito di promuovere in misura maggiore di quanto avvenuto finora e nel modo più efficace e meno burocratico possibile i progetti di R&S delle università, degli organismi di ricerca e dell'industria e la cooperazione fra tali enti.

3.3.5

Priorità della competitività globale. Bisogna evitare soprattutto che limitazioni troppo minuziose del sostegno da parte degli Stati alla ricerca e sviluppo, che comportano elevati oneri burocratici e tengono conto solo della situazione concorrenziale dei paesi europei, danneggino la competitività dell'UE a livello globale. Al contrario, proprio in considerazione del contributo relativo molto esiguo del sostegno comunitario (29), gli Stati membri devono, per parte loro, poter promuovere ampiamente e senza ostacoli burocratici il necessario collegamento nel SER tra università, istituti di ricerca e industria.

3.3.6

PMI e imprese start-up . È altresì necessario rafforzare ulteriormente il potenziale innovativo delle PMI — in particolare delle imprese start-up — e, in generale, creare maggiori incentivi affinché l'industria investa maggiormente in questo settore. Il Comitato rimanda inoltre alle proprie raccomandazioni (30) riguardanti il programma UE Programma pluriennale a favore dell'impresa e dell'imprenditorialità, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI) (2001-2005) e al sostegno, particolarmente importante in questo contesto, del settore dell'economia basata sulla conoscenza. Se si considera che il 98 % di tutte le imprese dell'UE è costituito da PMI, si comprende chiaramente l'importanza di rafforzare la capacità di innovazione di questa categoria di imprese.

3.3.7

L'esempio degli USA. Si dovrebbe prendere come punto di riferimento la politica di sostegno praticata in questo campo dai concorrenti dell'Europa a livello mondiale, e in particolare dagli Stati Uniti.

3.4

Norme di bilancio nazionali. In materia di finanziamento, è anche fondamentale verificare se le norme di bilancio dei singoli Stati membri favoriscano un impiego efficace delle risorse. In caso contrario la Comunità dovrebbe adoperarsi affinché esse soddisfino le esigenze della ricerca e dello sviluppo più di quanto non sia avvenuto finora.

3.4.1

Piani più flessibili per l'erogazione dei fondi e norme di bilancio. Soprattutto per i progetti di sviluppo di più ampia portata, e in generale per tutti gli investimenti che riguardano la ricerca e lo sviluppo, si dovrebbe evitare che piani statali di erogazione dei fondi definiti in modo non pertinente (come per esempio nel caso della contabilità pubblica) conducano a decisioni inadeguate ai progetti. Dato che per i progetti che si inoltrano in nuovi campi tecnici i costi totali, in particolare, quindi, anche il flusso di fondi in un anno civile, non sono sempre pianificabili con sufficiente precisione, i fondi stanziati per i progetti mediante piani statali di erogazione dei fondi basati sull'anno civile possono risultare inutilizzabili. Questo porta all'adozione di procedure di ottimizzazione poco pertinenti e provoca una mancanza di efficacia; per questa ragione andrebbero trovate soluzioni migliori, che ad esempio consentano di riportare all'anno o all'esercizio finanziario successivo una parte degli stanziamenti già assegnati e che andrebbero ancorate alle norme di bilancio degli Stati membri.

3.5

Norme fiscali e inerenti alla responsabilità civile degli Stati membri. La Comunità dovrebbe altresì adoperarsi affinché anche le norme fiscali e quelle sulla responsabilità civile vigenti negli Stati membri rispondano meglio agli obiettivi di creare incentivi all'industria per aumentare gli investimenti nella R&S e di mantenere circoscritti i rischi finanziari legati all'introduzione di tecniche o prodotti innovativi.

3.6

Finanziamenti di base sufficienti da parte degli Stati membri. Gli Stati membri, inoltre, dovrebbero fare in modo che i loro istituti di ricerca dispongano di un finanziamento di base sufficiente per poter sfruttare la possibilità di un cofinanziamento a titolo del 7o programma quadro di RST.

3.7

Contabilità, rilevazione dei costi e valutazione. La contabilità, la rilevazione dei costi e la valutazione degli oneri sostenuti dai beneficiari di aiuti di Stato (vale a dire dai vari organismi di ricerca) andrebbero esaminate per stabilire se siano davvero in linea con le caratteristiche peculiari della ricerca e dello sviluppo. In particolare, occorre valutare se i parametri economici messi a punto per il settore della produzione siano applicabili automaticamente a organismi che producono «conoscenze» e se possano causare distorsioni in termini di oneri, presentazione e valutazione.

3.8

Priorità politiche e sociali. In generale si deve fare in modo che a livello politico (e nei mass media in quanto amplificatori delle opinioni) si crei una consapevolezza del fatto che un'attività di R&S sufficiente ed efficace è la base del benessere futuro e quindi anche dei posti di lavoro, delle prestazioni sociali e della competitività, e si agisca poi di conseguenza. Questo riguarda sia le decisioni di bilancio necessarie per poter effettuare gli investimenti richiesti, sia l'intero quadro generale relativo alla formazione, al diritto del lavoro e alle condizioni di lavoro, alle norme fiscali, al diritto salariale ecc. Riguarda però anche l'atteggiamento fondamentale della società nel suo complesso nei confronti del progresso tecnico-scientifico, che offre grandi opportunità, ma che, anche con tutte le precauzioni, comporta inevitabilmente un certo rischio residuo. Un'eccessiva avversione al rischio porta alla stagnazione e, alla fine, anche a una perdita di competenze specialistiche e al regresso.

4.   Aspetti strutturali e condizioni generali

4.1

Aspetti generali  (31). Alla luce di quanto affermato, risulta di primaria importanza avere un contesto economico, politico, sociale e culturale nel quale la creatività e l'inventiva possano dispiegarsi nel modo migliore (32) e che permetta al tempo stesso di attirare e mantenere nello spazio europeo della ricerca i migliori ricercatori e ingegneri. Ciò comprende in particolare anche le misure necessarie al mantenimento o alla creazione del quadro operativo migliore possibile per una valida attività scientifica e di ricerca.

4.2

Sperimentazione di nuove idee e strategie. La scienza e la ricerca cercano di arrivare alle idee, alle procedure e ai risultati migliori e più innovativi. Di questo fa parte anche la riproduzione (o confutazione) — vale a dire la «convalida» — delle nuove conoscenze da parte di soggetti indipendenti, nonché la loro diffusione, estensione e approfondimento. L'obiettivo principale deve essere quello di addentrarsi gradatamente in campi nuovi. È quindi necessario consentire e promuovere il pluralismo (33) e l'interdisciplinarità a livello degli approcci di ricerca, delle procedure di valutazione e delle strutture di ricerca, al fine di stimolare e sfruttare il processo evolutivo (34) che porta alle migliori idee e ai migliori risultati, nonché alle migliori forme organizzative.

4.3

Criteri di valutazione e margini di manovra. Così, i criteri di valutazione devono promuovere anche la novità, accettando al medesimo tempo il rischio del fallimento poiché il successo non può essere garantito a priori. Occorre inoltre evitare norme o quadri regolamentari troppo rigidi imposti dall'alto per armonizzare le forme organizzative, i programmi di ricerca e i metodi di lavoro: essi infatti possono ostacolare il cammino verso il nuovo, verso l'innovazione. L'innovazione necessita di un sufficiente margine di manovra per le imprese, onde evitare che le nuove idee siano schiacciate subito dall'eccesso di norme restrittive. La libertà di ricerca — e anche la libertà nei confronti di obiettivi non pertinenti, restrittivi o addirittura ideologici (35) — è una premessa fondamentale per una scienza creativa e per nuove scoperte, entro i limiti fissati dalla legislazione sulle questioni di carattere etico e da un impiego corretto degli stanziamenti assegnati.

4.3.1

Approccio dal basso verso l'alto. Per questo motivo un principio alla base di ogni politica della ricerca dovrebbe essere quello di adottare un approccio «dal basso» nella misura del possibile e un approccio «dall'alto» nella misura del necessario. Occorre garantire quanto più decentramento possibile e l'accentramento indispensabile. In definitiva si tratta di creare un equilibrio tra, da un lato, la ricchezza di idee e la creatività individuale e, dall'altro, la necessaria pianificazione, armonizzazione e gestione nel quadro dell'integrazione delle risorse, per poter realizzare progetti più vasti e basati sulla divisione dei compiti.

4.3.2

Progetti di cooperazione. In fin dei conti, proprio i progetti di R&S particolarmente ambiziosi e quelli ad alta tecnologia richiedono spesso una cooperazione transfrontaliera tra diversi organismi di ricerca, imprese, ecc., nonché un finanziamento da parte di diverse fonti. Tuttavia, se le strutture organizzative interne, i sistemi di valutazione, la politica del personale, le norme di bilancio (36), ecc. presentano grandi differenze, si rischia di ostacolare notevolmente l'auspicato successo di questa cooperazione. Si tratta di fare in modo che tutti gli attori coinvolti siano disposti a tener conto delle esigenze delle altre parti, convengano regole comuni per ogni progetto specifico, discostandosi, se necessario, dalle proprie consuetudini, rinuncino a far valere particolari diritti di priorità e giungano ad accordi adeguati.

4.3.3

Metodo aperto di coordinamento. Se da un lato, quindi, al punto «Sperimentazione di nuove idee e strategie» si raccomanda di garantire il pluralismo e vengono illustrati gli svantaggi di un'eccessiva uniformazione per il progresso evolutivo, dall'altro per i progetti di cooperazione e, in generale, per la cooperazione intraeuropea, è necessario un minimo grado di uniformità delle norme e dei criteri applicabili. Si tratta di utilizzare con accortezza lo strumento del coordinamento aperto per garantire il necessario equilibrio tra questi approcci contrastanti.

4.4

Semplificare  (37) e ridurre le procedure amministrative, evitare organismi paralleli e sovrapposizioni  (38). Le attività di ricerca e sviluppo comportano necessariamente anche compiti di pianificazione, nonché compiti di tipo imprenditoriale, amministrativo e di expertise che devono essere svolti da ricercatori e ingegneri esperti e qualificati. Tuttavia le procedure amministrative necessarie si sono moltiplicate e appesantite al punto tale che gli oneri che esse comportano sottraggono notevoli energie all'attività di ricerca vera e propria. In particolare, si assiste a un proliferare di domande, expertise e processi di monitoraggio e di verifica che determina un'attività improduttiva e sottrae energie all'attività di ricerca vera e propria (39). Inoltre, la carenza di investimenti nella formazione, ricerca e sviluppo non si può compensare neanche attraverso un aumento delle procedure di valutazione.

4.4.1

Il Comitato ribadisce pertanto la sua urgente richiesta (40), rivolta sia alla Commissione che agli Stati membri, di affrontare energicamente questo problema e di favorire l'adozione di procedure più efficienti e meglio coordinate (soprattutto con e tra gli organismi nazionali coinvolti). Raccomanda soprattutto di ridurre il numero di organismi (e procedure) verticali (e anche orizzontali/paralleli) che, a livello dell'approvazione, della direzione e del controllo, agiscono in modo indipendente gli uni dagli altri.

4.5

Promozione dell'eccellenza e concorrenza. Il Comitato accoglie con favore gli sforzi della Commissione, degli Stati membri e degli organismi di ricerca intesi a dare un particolare sostegno alle prestazioni di alto livello o alle proposte di programmi di eccellenza. Ciò contribuisce in generale all'obiettivo di ottenere risultati eccezionali nel campo della ricerca e sviluppo, ma anche allo sforzo di trattenere o attirare in Europa i ricercatori più capaci. Tuttavia ciò comporta un ulteriore aumento degli oneri burocratici. A maggior ragione, quindi, è assolutamente prioritario ridurre considerevolmente il volume di tutte queste procedure, razionalizzandole e semplificandole. Il motto «Meno è meglio» è in questo caso particolarmente appropriato.

4.6

Demarcazione meno netta tra le categorie della ricerca. Non esiste una demarcazione netta tra le categorie «ricerca di base», «ricerca applicata» e «sviluppo»; vi sono piuttosto collegamenti e interazioni che producono risultati positivi. Pertanto, se nei dispositivi regolamentari si mantiene una distinzione tra queste categorie, gli organismi interessati devono disporre di un margine sufficiente di valutazione e di potere decisionale nella definizione delle singole quote. Indipendentemente da questo, resta il fatto che i risultati della ricerca di base sono difficilmente prevedibili o pianificabili, mentre una procedura orientata ai risultati e interamente pianificata può essere avviata solo quando se ne possa definire l'obiettivo e quando il percorso sia sufficientemente chiaro.

4.7

Dalla conoscenza della natura a prodotti, processi e servizi innovativi. L'obiettivo di accelerare l'applicazione delle nuove conoscenze ottenute con la ricerca di base, la ricerca applicata e lo sviluppo a nuovi prodotti, processi o servizi merita uno sforzo particolare. Pur trattandosi di uno dei problemi fondamentali, purtroppo non esiste ancora una soluzione universalmente valida. È però possibile stabilire alcuni principi e proporre delle misure.

4.7.1

La misura più importante deve consistere nel migliorare la mobilità del personale tra il mondo accademico e l'industria (a questo proposito cfr. il punto 5.5 segg.), ma anche nel promuovere in generale la comprensione reciproca e la reciproca compenetrazione di queste due «culture» (41).

4.7.2

A questo proposito, tuttavia, anche il settore privato dell'economia ha l'obbligo di sviluppare un'adeguata cultura imprenditoriale, di impegnarsi maggiormente per ottenere dei risultati mediante la ricerca e lo sviluppo, di avere più coraggio nel creare prodotti innovativi (cfr. anche il punto 4.9). La politica del personale delle imprese deve consentire loro di possedere o costituire delle competenze tecnico-scientifiche sufficienti per poter valutare le nuove idee o possibilità ed essere pronte ad adeguarsi. Le imprese devono inoltre impegnarsi a creare un clima favorevole all'innovazione per promuovere e sfruttare le potenzialità dei loro collaboratori. Il know-how può essere trasferito o acquistato solo quando è disponibile, conosciuto e compreso (42).

4.7.3

A questo fine potrebbero essere utili migliori sistemi di informazione pubblicamente accessibili su Internet, che consentano ai potenziali interessati di risalire, a partire dalla ricerca generale di parole chiave, ai risultati della ricerca europea come pure alle pubblicazioni originali e ai loro autori, e di trovare i necessari contatti. Ciò viene in parte già tentato da Cordis (43). Questi sistemi di informazione dovrebbero essere accessibili nel modo migliore anche da parte di persone con disabilità (44) e tenere conto dell'invecchiamento della società.

4.7.4

Tuttavia, è almeno di pari importanza la necessaria cooperazione tra gli istituti di ricerca e le imprese attive in settori affini. Tale cooperazione è favorita dalla diretta vicinanza geografica (45); da questa stretta contiguità ( cluster ) derivano infatti incontri e partenariati in parte inevitabili in parte cercati. È necessario promuovere ulteriormente la creazione di cluster mediante programmi adeguati. Vanno però riconosciuti e incoraggiati anche tutti i tentativi condotti a livello locale e regionale per favorire il trasferimento di conoscenze e creare dei collegamenti; ad esempio andrebbero menzionate le iniziative delle «Science-cities (46)».

4.7.5

Il Comitato accoglie perciò con particolare favore l'attuale progetto (47) di fondare un Istituto europeo di tecnologia (IET), che dovrà contribuire all'ulteriore sviluppo della capacità di innovazione della Comunità e degli Stati membri collegando le attività di formazione, ricerca e innovazione al più alto livello. L'istituto dovrebbe svolgere le proprie attività essenzialmente attraverso comunità della conoscenza e dell'innovazione associate nell'ambito di un partenariato. Il Comitato raccomanda tuttavia di incoraggiare, promuovere e privilegiare, anche in questo ambito, le iniziative e i processi dal basso verso l'alto.

4.7.6

Infine, anche gli Stati membri dovrebbero adottare misure di promozione più incisive, incentrate sia sulle già menzionate imprese start-up sia sulla cooperazione (48) tra gli istituti di ricerca e le imprese già avviate.

4.8

Importanza della ricerca di base. I programmi di sostegno non devono andare a scapito della ricerca di base. Il Comitato conferma pertanto il suo appoggio all'importantissimo programma IDEE del 7PQ e al Consiglio europeo della ricerca istituito a tal fine. Un'unica idea innovativa può dar luogo ad una spinta innovativa a valanga e ripercuotersi in numerosi settori tecnici (49). Anche l'industria riconosce l'importanza della ricerca di base e ne promuove il sostegno (50).

4.8.1

Tale atteggiamento è in linea con le ripetute raccomandazioni del Comitato, che ha chiesto di dare il dovuto peso, attraverso un sufficiente sostegno anche alla ricerca di base, a tutti e tre i pilastri indispensabili del triangolo dell'innovazione: la ricerca di base, quella applicata e lo sviluppo (dei prodotti e dei processi).

4.9

I prodotti innovativi. Anche se venisse dato seguito a tutte queste raccomandazioni, resta compito del settore privato creare, sfruttare (o produrre) e commercializzare prodotti, processi e servizi innovativi basandosi sulle conoscenze e competenze ottenute mediante la R&S. Ciò richiede notevoli investimenti a monte e un tempo sufficiente, oltre a comportare evidenti rischi economici legati al mercato, in particolare per le PMI. Anche su questo punto, però, la Comunità e gli Stati membri, attraverso una politica complessivamente affidabile, possono fornire un contributo decisivo riducendo gli ostacoli amministrativi, creando incentivi economici e soprattutto fiscali, mettendo a disposizione capitali di rischio sufficienti, avviando programmi di sostegno intelligenti, efficaci e poco burocratici, nonché, in particolare, impegnandosi in modo costante a creare un contesto sociale favorevole alla tecnica e all'innovazione.

4.9.1

Un contributo all'immissione sul mercato di prodotti innovativi (tecniche, servizi, ecc.) potrebbe venire anche dagli appalti pubblici, che in questo modo avrebbero l'opportunità di dare un impulso alla modernizzazione delle strutture pubbliche (51).

4.10

Proprietà intellettuale e brevetto comunitario. Uno dei punti deboli dell'UE consiste nella mancanza di un brevetto comunitario. Questa lacuna si traduce in costi nettamente maggiori e in altri ostacoli alla tutela della proprietà intellettuale, e crea al contempo due importanti svantaggi: da un lato costi più elevati per le procedure di rilascio dei brevetti e per la loro protezione, dall'altro addirittura l'impossibilità di godere di un'eventuale protezione a causa di ritardi e della demotivazione.

4.10.1

Problema linguistico. Uno degli ostacoli che impediscono all'UE di raggiungere un accordo sull'introduzione di un brevetto comunitario è dato dal regime linguistico. Perciò il Comitato raccomanda di risolvere il problema conformandosi alle consuetudini di lungo corso della comunità scientifica internazionale. Tale raccomandazione non deve però in alcun modo essere utilizzata o interpretata come un tentativo, in generale, di ostacolare o limitare il multilinguismo in Europa, segno distintivo della ricchezza culturale dell'Europa che il Comitato giudica di grande valore e sostiene (52).

4.10.2

Periodo di grazia non penalizzante per le innovazioni. Il Comitato esorta nuovamente a prevedere un periodo di grazia non penalizzante per le innovazioni (53) per risolvere il conflitto tra la necessità del ricercatore di pubblicare rapidamente i propri risultati e la limitazione in base alla quale è possibile brevettare solo invenzioni nuove non ancora note.

4.11

Situazione particolare dei nuovi Stati membri. Se da un lato i nuovi Stati membri, in generale, godono di un vantaggio competitivo in quanto hanno salari più bassi — vantaggio che però, ovviamente, è legato allo svantaggio di uno standard di vita inferiore per la maggior parte della popolazione — dall'altro essi sono penalizzati da una carenza: finora la necessaria infrastruttura di R&S è meno sviluppata.

4.11.1

Il Comitato, pertanto, ha raccomandato ripetutamente (54) di utilizzare una parte notevolmente più cospicua degli stanziamenti erogati a titolo dei fondi strutturali comunitari per il potenziamento dell'infrastruttura di ricerca. A tal fine potrebbe essere molto utile anche impiegare i fondi della Banca europea per gli investimenti.

4.11.2

Tuttavia, anche i nuovi Stati membri, dal canto loro, dovrebbero fare tutto il possibile per colmare quanto prima la summenzionata lacuna e raggiungere poi gradualmente l'obiettivo del 3 %. In generale, un obiettivo prioritario dell'UE deve consistere nell'aiutare con decisione i nuovi Stati membri a potenziare il loro sistema di ricerca e a promuovere la formazione di nuove generazioni di scienziati.

4.12

Innovazione  (55) in generale. Mentre nelle osservazioni e raccomandazioni formulate finora si è parlato dell'innovazione principalmente come di una conseguenza delle attività e delle iniziative tecnico-scientifiche, si fa qui esplicito riferimento anche agli aspetti e alle possibilità imprenditoriali, commerciali e sociali (56) delle idee e procedure innovative. Indubbiamente questi elementi sono complementari all'aspetto tecnico-scientifico e hanno altrettanta importanza per il benessere, la competitività e la strategia di Lisbona. Ai fini del parere esplorativo richiesto, tuttavia, tali aspetti riguardano prevalentemente questioni di politica economica e sociale, che verranno affrontate più specificamente in un futuro parere del Comitato sulla strategia di Lisbona (cfr. anche il prossimo capitolo).

4.12.1

A questo proposito il Comitato accoglie con favore le comunicazioni della Commissione  (57) (cfr. anche punto 1.2) del 13 settembre 2006Mettere in pratica la conoscenza: un'ampia strategia dell'innovazione per l'UE e del 12 ottobre 2006Un'Europa moderna e favorevole all'innovazione, di cui condivide pienamente l'orientamento, che precisa ulteriormente in alcuni punti attraverso il presente parere (la prima delle comunicazioni fa riferimento all'altrettanto condivisibile rapporto Aho (58)). Il Comitato rimanda anche alle proprie proposte (59) per una politica innovativa in materia di occupazione.

5.   Il fattore umanoCapitale umanoRicercatori e ingegneri  (60)

5.1

Aspetti personalimotivazione. A questo proposito il Comitato rimanda al proprio parere dedicato specificatamente a questo tema (61), ribadendone e sottolineandone le affermazioni. Nel parere, come già in precedenza, aveva indicato che il capitale umano è la risorsa più critica e preziosa per la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione. Il compito più importante è perciò quello di motivare i giovani di talento a scegliere studi scientifici o tecnici e di offrire poi loro la migliore formazione possibile.

5.2

Università e politecnici. Un presupposto indispensabile per soddisfare il fabbisogno di ricercatori ed ingegneri validi è pertanto quello di disporre degli istituti di insegnamento necessari. Occorre quindi creare e mantenere un numero sufficiente di università e soprattutto di politecnici attrezzati in modo adeguato, attraenti, di qualità eccellente e con ottimi docenti, nei quali la ricerca e l'insegnamento siano collegati (62). Tali atenei devono poter sostenere la concorrenza con le migliori università statunitensi o di altri paesi extraeuropei. Devono quindi anche possedere una sufficiente capacità di attrazione per i migliori studenti extracomunitari. Anche a questo proposito l'IET potrebbe svolgere un ruolo utile.

5.3

Mobilità. Dato che oggigiorno la mobilità post-universitaria dei giovani ricercatori e ingegneri a livello europeo ed extraeuropeo va ormai considerata quasi un elemento indispensabile del necessario perfezionamento professionale, occorre soddisfare due ulteriori esigenze, indicate in appresso.

5.3.1

La mobilità va ricompensata e non dev'essere penalizzante. Purtroppo, però, ci sono ancora molte (e anche nuove (63)) disposizioni salariali, norme fiscali, assicurative e previdenziali che hanno esattamente l'effetto opposto. A questo proposito è necessario un controllo sistematico di tutti gli aspetti rilevanti e il superamento degli ostacoli. Bisogna inoltre tener presente che, per mantenere la necessaria coesione familiare, va considerato l'intero nucleo familiare del ricercatore.

5.3.2

La mobilità non dev'essere una strada a senso unico per favorire la fuga di cervelli. È necessario quindi che le possibilità di successo offerte dalle attrezzature e dall'ambiente di lavoro, nonché il livello di reddito e le opportunità di carriera dei ricercatori e degli ingegneri in Europa siano analoghi a quelli offerti nei principali paesi extraeuropei concorrenti.

5.4

Carriera. Tenuto conto degli investimenti effettuati sia dalla società che dai singoli ricercatori per acquisire le vaste e complesse nozioni di base e le profonde conoscenze specialistiche auspicate, la società (rappresentata dalla politica) si assume la responsabilità di usare tali investimenti nel miglior modo possibile. Tale responsabilità deve manifestarsi anche nella preoccupazione di offrire a chi ha seguito una formazione di ricercatore un percorso professionale adeguato, con possibilità interessanti di nuove strade, che non comportino rischi di esclusione sul piano professionale. La disoccupazione o l'occupazione inadeguata di scienziati e ingegneri qualificati è uno spreco di investimenti economici e costituisce un deterrente per le elite delle nuove generazioni, inducendole a scegliere professioni non tecniche o scientifiche oppure a lasciare l'Europa.

5.4.1

Dottorandi. Considerato il tempo necessario per portare a termine una formazione completa di tipo tecnico-scientifico e il successivo dottorato, e tenuto conto del fatto che una tesi di dottorato nelle discipline scientifiche e tecniche richiede la capacità di lavorare autonomamente e un impegno professionale esclusivo, questo impegno va anche riconosciuto e remunerato in quanto tale (cosa che talvolta avviene nel caso degli ingegneri). Sotto diversi punti di vista è deleterio che proprio ai giovani ricercatori di maggior talento, durante il dottorato, sia preclusa per troppo tempo la possibilità di essere economicamente indipendenti a causa di una retribuzione insufficiente (64). Ingegneri e ricercatori che hanno una formazione accademica completa non vanno considerati alla stregua di tirocinanti o praticanti.

5.4.2

Per il successivo percorso professionale è importante sviluppare modelli di titolarizzazione interessanti ( tenure-track ) e offrire sbocchi professionali alternativi. A questo proposito vale ancora di più quanto affermato da ultimo nel punto precedente.

5.4.3

Offrire alle persone le giuste opportunità. Il progresso e l'innovazione permanente si fondano anche sulla motivazione di tutti i soggetti interessati, su nuovi modelli commerciali e su metodi appropriati di management. Occorre offrire alle persone, e quindi anche a tutti coloro che lavorano nelle imprese e negli istituti di ricerca, le migliori opportunità possibili di realizzare le loro potenzialità e di prendere iniziative autonome in funzione delle loro attitudini, capacità e creatività, nonché creare un ambiente sociale che favorisca e promuova la capacità creativa. Sono questioni cruciali della politica e della ricerca sociale, della politica familiare, dell'economia aziendale e in generale della cultura del management. A tale proposito, nel frattempo, è stata anche riconosciuta l'importanza che riveste, per la creatività e la produttività, un giusto equilibrio tra il lavoro e la vita privata (Work-Life-Balance) (65).

5.5

Passerelle tra il mondo accademico e l'industria. Il migliore veicolo per il trasferimento delle conoscenze e lo scambio di esperienze sono gli stessi specialisti delle singole discipline. Da tempo ci si impegna a promuovere gli scambi di personale tra le università e gli istituti di ricerca da un lato e l'industria dall'altro. Nonostante le difficoltà e gli ostacoli esistenti, tali sforzi dovrebbero essere assolutamente intensificati.

5.5.1

Purtroppo finora non si è praticamente ancora riusciti (66) a superare i molti ostacoli come le norme salariali, le modalità di nomina, i criteri alla base dell'evoluzione della carriera ecc. In questo contesto, alla luce dei problemi già noti nella sostanza, si dovrebbe cercare nuovamente di intervenire sulle procedure e di modificarle, nonché di superare gli ostacoli salariali. Non è però solo una questione di retribuzione e di grandi disparità tra i livelli di reddito, ma anche di differenze tra la cultura imprenditoriale nell'industria e nel mondo accademico. Anche se alcune di queste differenze probabilmente sono naturali, è comunque importante raggiungere livelli nettamente maggiori di cooperazione e di permeabilità fra questi due settori. Il Comitato raccomanda di riflettere nuovamente su questo punto per riuscire ad ottenere comunque dei risultati positivi su questo aspetto importante.

5.5.2

Accanto a misure finanziarie, fiscali e inerenti alla responsabilità civile, bisognerebbe porre l'accento, in particolare, sulla reciproca mobilità tra il mondo accademico e l'economia. Il Comitato ribadisce dunque la sua raccomandazione di creare un sistema di borse di studio e di aiuti che offra incentivi per una mobilità reciproca (con garanzia di reinserimento nella precedente carriera) limitata nel tempo (p. es. da uno a tre anni) tra industria e istituti scientifici, sulla falsariga dell'anno sabbatico in ambito accademico. Tale sistema non solo consentirebbe di conoscere e comprendere meglio la situazione altrui e di effettuare un trasferimento di conoscenze ma, ovviamente, offrirebbe poi anche l'opportunità di un cambiamento a più lungo termine. Pur consapevole del fatto che tali processi di reinserimento possono creare problemi ad ambo le parti (67), il Comitato ritiene che i vantaggi offerti da borse di studio di questo tipo dovrebbero consentire di superare le difficoltà, tanto più che in questo modo potrebbero aprirsi nuove opportunità di carriera.

Bruxelles, 13 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  COM(2006) 502 def. del 13.9.2006Mettere in pratica la conoscenza: un'ampia strategia dell'innovazione per l'UE e COM(2006) 589 def. del 12.10.2006Un'Europa moderna e favorevole all'innovazione.

(2)  EUR 22005 Creare un'Europa innovativa ISBN 92-79-00964-8.

(3)  Cfr. nota 1.

(4)  Cfr. nota 2.

(5)  Se si tiene conto anche della cultura greco-egiziana e della reciproca fecondazione che c'è stata in alcuni periodi con la cultura indiana e araba, può dirsi anche la culla della scienza in generale.

(6)  Una descrizione molto ampia e dettagliata di questi processi figura nel parere di iniziativa del Comitato intitolato Scienza, società e cittadini in Europa (GU C 221 del 7.8.2001).

(7)  In Germania.

(8)  Grazie anche soprattutto alla diminuzione della mortalità infantile.

(9)  Non si tratta tanto di imparare e conoscere moltissime formule, ma di una comprensione basilare della tecnica e delle elementari leggi della natura; si tratta però anche di capire l'importanza dei nessi quantitativi e l'utilità della matematica.

(10)  Cfr. però il punto 2.10.3: in determinati casi (i) il diritto di sfruttamento delle conoscenze è limitato da brevetti o può essere acquisito mediante licenze o (ii) le imprese, con maggiore o minore successo, considerano le conoscenze un segreto industriale per un certo periodo di tempo.

(11)  (GU C 112 del 30.4.2004), (GU C 112 del 30.4.2004), (GU C 65 del 17.3.2006) e GU C 324 del 30.12.2006).

(12)  http://www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/it/ec/00100-r1.i0.htm

(13)  http://www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/it/ec/71065.pdf

(14)  Decisioni che finora, tuttavia, come in particolare nel caso dell'obiettivo del 3 %, non sono state ancora attuate completamente.

(15)  (GU C 95 del 23.4.2003).

(16)  http://www.hm-treasury.gov.uk/independent_reviews/stern_review_economics_climate_change/sternreview_index.cfm

(17)  Cfr. la rivista Bild der Wissenschaft 9/2006, pag. 109.

(18)  Il Comitato ha già fatto notare più volte (GU C 65 del 17.3.2006) che l'obiettivo del 3 % fissato a Barcellona, considerata la gara planetaria a chi investe di più nella ricerca e nello sviluppo, costituisce un «bersaglio mobile»: chi lo raggiunge troppo tardi resterà l'ultimo.

(19)  In particolare alla situazione salariale e contrattuale dei giovani ricercatori e ingegneri.

(20)  Il dipartimento USA della difesa (DoD) offre un ampio sostegno a progetti di ricerca condotti anche presso università e centri di ricerca.

(21)  Oltre al programma quadro ci sono anche programmi di sostegno degli altri servizi della Commissione, come ad esempio il Programma quadro per la competitività e l'innovazione (2007-2013) o il programma Energia intelligente per l'Europa.

(22)  COM(2006) 364 def.; su riserva di adozione della decisione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

(23)  A cui si aggiungono circa 2 miliardi di euro a titolo del Settimo programma quadro della Comunità europea dell'energia atomica (Euratom).

(24)  (GU C 65 del 17.3.2006).

(25)  La CCMI sta preparando un parere su questo tema.

(26)  Uno studio recente della Commissione ha mostrato che, fortunatamente, le imprese europee nel 2005 hanno aumentato i propri investimenti nella R&S di circa il 5,3 %.

(27)  (GU C 80 del 30.3.2004) e (GU C 65 del 17.3.2006).

(28)  A questo proposito il 22.11.2006 sono stati pubblicati sul sito web della Commissione un comunicato stampa della Commissione (IP/06/1600) e un documento (senza data e numero di riferimento!) dal titolo Quadro comunitario per gli aiuti di Stato alla ricerca, allo sviluppo e all'innovazione (trad. provv.). Il Comitato non ha ancora potuto farsi un'opinione del documento né esaminarlo alla luce delle suddette raccomandazioni.

(29)  Cfr. punto 3.2.2.

(30)  (GU C 234 del 22.9.2005).

(31)  (GU C 95 del 23.4.2003).

(32)  A questo proposito cfr. anche il punto 3.4.

(33)  Cfr. tuttavia anche il punto successivo «Progetti di cooperazione».

(34)  (GU C 221 del 7.8.2001) Scienza, società e cittadini in Europa, punto 4.7: «La ricerca costituisce un passo verso l'ignoto e le procedure usate in tale contesto da parte di singoli o di gruppi variano e si integrano a seconda delle esigenze, delle doti e del temperamento. I ricercatori sono manager, ingegneri, collezionisti, pignoli o artisti. Fare ricerca significa andare a tentoni nella nebbia, comprendere in maniera intuitiva, misurare un paesaggio sconosciuto, raccogliere e ordinare dati, trovare nuovi segni, ricercare connessioni e modelli di ordine superiore, individuare nuove correlazioni, sviluppare modelli matematici, inventare i concetti e i linguaggi simbolici di volta in volta necessari, concepire e costruire nuove attrezzature, cercare soluzioni semplici e armonia. Vuol dire anche confermare, accertare, ampliare, generalizzare e riprodurre».

(35)  (GU C 65 del 17.3.2006), punto 4.13.2 «Carta europea dei ricercatori», come pure la nota a piè pagina.

(36)  Cfr. anche il punto «Piani più flessibili per l'erogazione dei fondi e norme di bilancio».

(37)  (non ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale), ad esempio il punto 1.2. GU C 309 del 16.12.2006.

(38)  Questo punto è ispirato al parere CESE 1647/2004.

(39)  Su questo tema l'Associazione delle università tedesche (Deutscher Hochschulverband) ha appena pubblicato una pregnante analisi comparativa sulla rivista Forschung und Lehre n. 9, 2006, pag. 516 (www.forschung-und-lehre.de).

(40)  (GU C 110 del 30.4.2004), capitolo 5.1.8

(41)  Da non confondere con le «due culture» menzionate da G.P. Snow — Science and Humanities.

(42)  L'ultima frase è tratta dal parere CESE Verso uno spazio europeo della ricerca, (GU C 204 del 18.7.2000).

(43)  http://cordis.europa.eu

(44)  Cfr. anche le disposizioni del FESR.

(45)  Analogamente a quanto avviene per le tematiche interdisciplinari.

(46)  www.sciencecities.eu

(47)  Il Comitato preparerà un parere specifico in materia.

(48)  Vi sono però anche alcuni aspetti conflittuali di fondo, già segnalati al punto 7 del parere CES 595/2000. Ad esempio:

la ricerca di base, e con essa qualsiasi attività di ricerca e sviluppo a lungo termine, matura attraverso una rapida pubblicazione dei relativi risultati, la quale permette ad altri gruppi di ricerca di effettuare delle verifiche. Inoltre occorre utilizzare le sinergie che derivano da una tempestiva comunicazione reciproca nell'ambito della comunità scientifica, in particolare quando vari laboratori si occupano di un programma comune di ricerca e sviluppo,

generalmente anche il settore pubblico deve basarsi sulla pubblicazione dei risultati delle attività di ricerca che esso promuove, al fine di garantire un sostegno e una concorrenza equi,

le imprese invece, considerato che operano in una situazione concorrenziale, hanno interesse ad un trattamento confidenziale dei risultati della loro attività di sviluppo dei prodotti almeno fino a quando non siano in grado di offrire un prodotto pronto per il mercato.

(49)  GU C 309 del 16.12.2006 punti 1, 7 e 8. (GU C 324 del 30.12.2006).

(50)  Cfr. The Economic Returns to Basic Research and the Benefits of University-Industry Relationships. A literature review and update of findings. Report for the UK Office of Science and Technology* by SPRU — Science and Technology Policy Research. Alister Scott, Grové Steyn, Aldo Geuna*, Stefano Brusoni, ed. Steinmueller, 2002.

(51)  È noto tuttavia che questi slanci innovativi comportano sempre anche dei rischi, che possono tradursi in ritardi, aumento dei costi o addirittura nel fallimento, dando quindi adito a critiche da parte del pubblico. In fin dei conti, si può dare una valutazione di queste iniziative soltanto in base ai risultati conseguiti nel lungo periodo (esempi: Airbus 380, sistema tedesco di pedaggio oppure licenze UMTS — Universal Mobile Telecomunications System).

(52)  Un nuovo quadro strategico per il multilinguismo (non ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale).

(53)  Ciò significa che la pubblicazione dei nuovi risultati di una ricerca da parte dell'inventore entro un certo periodo di tempo non può essergli opposta in caso di richiesta di brevetto. A questo proposito (GU C 95 del 23.4.2003), punto 5.2 e (GU C 110 del 30.4.2004), punti 2.5.1 e 2.5.2.

(54)  Tra l'altro nel parere (GU C 65 del 17.3.2006).

(55)  Secondo la proposta della Commissione di istituire l'Istituto europeo di tecnologia, l'innovazione è il processo — ed i suoi risultati — attraverso il quale nuove idee rispondono alla domanda della società o dell'economia e generano nuovi prodotti, servizi o modelli d'impresa che sono introdotti con successo in un mercato esistente o che sono in grado di creare nuovi mercati. Nell'ambito del presente parere esplorativo si tratta prevalentemente di processi o prodotti tecnico-scientifici.

(56)  Cfr. nota 55. Una definizione più succinta proveniente dall'area linguistica inglese è la seguente: Innovation is the successful exploitation of new ideas.

(57)  COM(2006) 502 def. e COM(2006) 589 def., cfr. anche note 1 e 2.

(58)  Esko Aho/EUR 22005/ http://europa.eu.int/invest-in-research/

(59)  Ad esempio Flessicurezza: il caso della Danimarca (GU C 195 del 18.8.2006).

(60)  Questi termini valgono per entrambi i sessi, vale a dire anche per le scienziate e gli ingegneri donne.

(61)  I ricercatori nello Spazio europeo della ricerca: una professione, molteplici carriere, (GU C 110 del 30.4.2004).

(62)  A tal fine potrebbe essere utile migliorare il collegamento tra le università e gli istituti di ricerca extrauniversitari, soprattutto per poter tener conto delle loro apparecchiature e della loro infrastruttura nel binomio di ricerca e insegnamento ma anche per garantire che nei corsi accademici si tenga conto delle loro scoperte più recenti.

(63)  Ad esempio in Germania.

(64)  A questo proposito cfr. anche (GU C 110 del 30.4.2004).

(65)  Cfr. Frankfurter Allgemeine Zeitung, n. 257 del 4.11.2005, C 1.

(66)  Cfr. ad esempio la rivista Forschung und Lehre (per conto dell'Associazione delle università tedesche — Deutscher Hochschulverband — www.forschung-und-lehre.de) n. 4, 2006, pag. 208 e n. 7, 2006, pag. 402.

(67)  Cfr. ad esempio «Beruf und Chance», Frankfurter Allgemeine Zeitung, n. 251 del 28.10.2006, C 1.


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/28


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'identificazione di comandi, spie e indicatori dei veicoli a motore a due o tre ruote

COM(2006) 556 def. — 2006/0175 (COD)

(2006/C 325/06)

Il Consiglio, in data 19 ottobre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo ha incaricato, in data 25 ottobre 2006, la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha nominato relatore generale SIMONS e ha adottato il seguente parere con 117 voti favorevoli e 1 astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Nel contesto dell'Europa dei cittadini è molto importante assicurare che la normativa comunitaria risulti comprensibile e trasparente. Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno quindi sottolineato la necessità di codificare i testi giuridici che sono stati sottoposti a ripetute modifiche, e, con un accordo interistituzionale, hanno approvato una procedura di codificazione accelerata. Nei testi soggetti a codificazione non può essere introdotta alcuna modifica sostanziale.

1.2

Il Comitato approva la proposta della Commissione in esame in quanto essa risponde pienamente alle finalità della codificazione e alle disposizioni che la disciplinano.

Bruxelles, 13 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/29


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Verso un settore vitivinicolo europeo sostenibile

COM(2006) 319 def.

(2006/C 325/07)

La Commissione europea, in data 22 giugno 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 novembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore KIENLE.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 107 voti favorevoli, 2 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Sintesi delle conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo accoglie con favore la relazione sulla riforma dell'organizzazione comune dei mercati nel settore vitivinicolo (OCM del vino) presentata dalla Commissione europea. Il Comitato accoglie con particolare favore il fatto che la Commissione proponga, in linea di principio, il mantenimento di una organizzazione di mercato specifica per il vino, cosa che consente di optare per la formula «riforma profonda».

1.2

Rispetto ai vini provenienti da paesi terzi, in particolare dal cosiddetto «Nuovo mondo», i vini europei hanno perso quote di mercato sia sul mercato interno che su importanti mercati all'esportazione: per migliorare la competitività dei vini europei e far sì che essi riguadagnino quote di mercato è quindi necessario modificare il quadro giuridico. Nella riforma dell'OCM vino la Commissione dovrebbe tenere conto della posizione di leadership di cui gode il settore vitivinicolo europeo sul mercato mondiale.

1.3

Il CESE rimanda al proprio parere del 27 gennaio 1999 (1), nel quale già giudicava inadeguate le proposte di riforma avanzate dalla Commissione. Molti dei suggerimenti contenuti nel parere sono oggi più attuali che mai, in particolare per quanto riguarda la competitività, il ricorso all'intervento, le diversità regionali e l'informazione.

1.4

Il Comitato sottolinea che il vino e la viticoltura sono componenti importanti e fondanti della cultura e dello stile di vita dei cittadini europei: in molte regioni vitivinicole europee, infatti, la viticoltura caratterizza l'ambiente sociale ed economico. Il CESE reputa pertanto fondamentale che la riforma tenga conto non solo delle conseguenze che essa avrà sull'economia, ma anche dell'impatto sull'occupazione, sulla struttura sociale, sull'ambiente (soprattutto con gli interventi di estirpazione), sulla protezione dei consumatori e sulla salute.

1.5

Il Comitato fa presente che nell'Unione europea la viticoltura è fonte di sussistenza per un milione e mezzo di aziende, prevalentemente piccole e a conduzione familiare, e offre lavoro, almeno di tipo stagionale, a oltre 2,5 milioni di persone. Per questo motivo il CESE intende vigilare affinché la riforma dia priorità a quelle misure che hanno effetti positivi sul reddito dei viticoltori e sulle possibilità di occupazione nel settore vitivinicolo.

1.6

Il CESE ritiene che la proposta della Commissione intesa a mettere una dotazione finanziaria a disposizione degli Stati membri produttori di vino costituisca un importante contributo all'attuazione del principio della sussidiarietà e al rispetto delle differenze regionali. Nelle sue proposte sulla ripartizione degli strumenti di aiuto tra la dotazione finanziaria UE e la dotazione finanziaria nazionale, il Comitato si attiene a questi principi e respinge gli interventi intesi a rinazionalizzare la politica di mercato del vino.

1.7

Il CESE auspica che la Commissione proponga misure concrete in materia di informazione dei consumatori e di promozione commerciale sul mercato interno e su quello delle esportazioni.

2.   Riflessioni e proposte della Commissione

Obiettivi della riforma

2.1

Secondo la Commissione, la riforma deve mirare ai seguenti risultati: migliorare la competitività dei produttori di vino europei, rafforzare la notorietà dei vini europei, recuperare vecchi mercati e conquistarne di nuovi, istituire regole quanto più semplici possibili, tener conto del ruolo sociale e politico delle regioni vitivinicole.

2.1.1

La Commissione si prefigge inoltre di raggiungere l'equilibrio di mercato e ritiene pertanto necessaria l'attuazione di diverse misure, quali, ad esempio, un'estesa opera di estirpazione.

L'attuale OCM del vino

2.2

La relazione della Commissione analizza l'attuale situazione del mercato, descrive i problemi dell'attuale OCM del vino e studia le misure da prendere.

Quattro opzioni

2.3

La Commissione ha preso in esame quattro possibili opzioni di riforma dell'OCM del vino:

il mantenimento dello status quo, con adeguamenti minimi,

la riforma dell'OMC in linea con la riforma della PAC,

la deregolamentazione del mercato del vino,

la riforma profonda dell'OCM.

2.3.1

Sulla base delle proprie valutazioni, la Commissione giunge alla conclusione che tra le quattro opzioni disponibili quella che offre i maggiori vantaggi è la riforma profonda dell'OCM, e che il mantenimento di una specifica organizzazione del mercato del vino è necessario.

Riforma profonda dell'OCM

2.4

La Commissione propone una riforma in una fase, o, in alternativa, in due fasi. La variante A prevede l'abolizione immediata (o entro il 1o agosto 2010) della normativa sull'impianto, senza regime transitorio. La variante B prevede l'adeguamento strutturale, ossia una profonda azione di estirpazione prima dell'abolizione della normativa sui diritti di impianto.

Soppressione delle misure di gestione del mercato e introduzione di misure di più ampio respiro

2.5

La Commissione propone di abolire immediatamente le seguenti misure:

l'aiuto alla distillazione dei sottoprodotti,

la distillazione di alcol per usi alimentari e la distillazione di crisi,

l'aiuto all'ammasso privato,

l'aiuto relativo ai mosti, per l'arricchimento o la produzione di succo d'uva.

Dotazione finanziaria nazionale

2.6

La Commissione propone di assegnare a ciascuno degli Stati membri produttori di vino una dotazione finanziaria nazionale, calcolata in base a criteri obiettivi. Ciò permetterebbe loro di finanziare misure di loro scelta, selezionate tra diverse opzioni, in base alle proprie necessità.

Sviluppo rurale

2.7

La Commissione propone di attuare molte di queste misure di conversione e ristrutturazione nel quadro dello sviluppo rurale; a questo scopo è necessario un trasferimento di fondi dal capitolo di bilancio destinato alla viticoltura verso quello destinato al secondo pilastro.

Politica di qualità e indicazioni geografiche

2.8

La Commissione propone una revisione sostanziale dell'attuale quadro normativo sulla qualità, per rendere la politica europea sulla qualità più aderente alle norme internazionali, in particolare alle disposizioni dell'accordo ADPIC.

Pratiche enologiche

2.9

La Commissione propone di liberalizzare le pratiche enologiche, sempre nel rispetto delle norme OIV (Organizzazione internazionale della vigna e del vino).

Arricchimento

2.10

La Commissione propone di vietare l'arricchimento con il saccarosio, di sopprimere l'aiuto a favore dell'utilizzo del concentrato di mosto, e di limitare drasticamente le percentuali massime di arricchimento per le regioni vitivinicole settentrionali.

Etichettatura

2.11

La Commissione propone di semplificare le regole in materia di etichettatura istituendo un quadro normativo unico applicabile a tutte le varie categorie di vino e alle relative menzioni.

Promozione e informazione

2.12

La Commissione intende perseguire una politica di promozione e informazione responsabile, avvalendosi di tutte le possibilità offerte dalla normativa comunitaria in vigore.

Ambiente

2.13

La Commissione intende garantire che la riforma del settore contribuisca anche a ridurre al minimo l'impatto ambientale della viticoltura e della vinificazione.

OMC

2.14

La Commissione ritiene importante che la nuova organizzazione comune dei mercati sia compatibile con i requisiti dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC). In questa prospettiva intende eliminare le attuali misure di intervento e consentire di produrre vini da mosti di importazione e tagliare vini comunitari con vini non comunitari.

3.   Osservazioni di carattere generale

Obiettivi della riforma

3.1

Fondamentalmente il CESE condivide gli obiettivi menzionati dalla Commissione, pur ritenendo necessari alcuni adattamenti.

3.1.1

Il CESE ricorda che nel suo precedente parere sull'argomento figuravano, tra gli altri, i seguenti obiettivi:

rendere il settore più competitivo a lungo termine,

eliminare il ricorso all'intervento quale sbocco artificiale per la produzione eccedentaria,

tener conto delle diversità regionali,

informare sui vantaggi di un consumo moderato di vino.

3.1.2

Il CESE ritiene necessario esaminare con attenzione se l'obiettivo dell'equilibrio di mercato sia ancora raggiungibile in presenza di un mercato del vino globalizzato e dopo l'abolizione di una politica di protezione efficace.

3.1.3

Per questo motivo è opportuno prestare particolare attenzione al rafforzamento della competitività dei produttori europei. È necessario rafforzare l'«azienda Europa», intensificare gli sforzi intesi a migliorare la qualità e orientarsi sempre di più verso gli sviluppi di mercato e i desideri dei consumatori.

3.1.4

Il Comitato ritiene indispensabile concretizzare gli obiettivi economici, nonché integrarli con obiettivi sociali e occupazionali: a tale scopo è in primo luogo necessario migliorare il reddito delle aziende vitivinicole, e prestare particolare attenzione alle possibilità di sviluppo dei giovani viticoltori. È necessario tener conto delle possibilità occupazionali per i lavoratori permanenti e stagionali, nonché delle condizioni idonee a creare un adeguato ritorno economico.

3.1.5

Il Comitato non è favorevole al trasferimento di competenze dal Consiglio dei ministri alla Commissione, ad esempio per quanto riguarda l'ammissione di nuove pratiche enologiche: la Commissione infatti, nel corso della negoziazione di accordi bilaterali, non ha difeso a sufficienza gli interessi dei produttori vitivinicoli europei.

3.1.6

Il CESE ritiene necessario incrementare l'attuale dotazione finanziaria, per tener conto dell'adesione all'UE di due nuovi paesi produttori

L'attuale OCM del vino: analisi ex post

3.2

Il Comitato ritiene necessario sottoporre ad un esame approfondito l'analisi effettuata dalla Commissione e le misure che ne sono scaturite, dato che viene messa in discussione l'analisi degli interessati e delle organizzazioni indipendenti.

3.2.1

Il CESE ritiene necessario osservare il mercato in maniera più attenta e più esauriente, per poter far sì che l'OCM del vino possa basarsi su dati migliori concernenti la produzione, il commercio e il consumo. I dati complessivi usati finora sono sì importanti, ma insufficienti. Sono inoltre necessarie informazioni aggiornate sulle modifiche delle strutture di produzione, sui possibili sbocchi e sull'atteggiamento dei consumatori.

3.2.2

L'affermazione della Commissione sull'aumento delle eccedenze strutturali deve essere verificata. Il Comitato fa osservare che l'aumento delle giacenze è da considerare positivamente, anche alla luce dell'aumento della produzione di vino di qualità.

Quattro opzioni

3.3

Pur riservandosi un'analisi approfondita di queste quattro opzioni, il CESE, dopo una prima analisi, condivide la scelta operata dalla Commissione. La formula dell'opzione «riforma profonda» deve tuttavia essere modificata.

3.3.1

Il Comitato approva espressamente il fatto che la Commissione europea proponga il mantenimento di una organizzazione di mercato specifica per il vino. Nell'OCM del vino devono essere considerati tutti gli aspetti tipici dell'organizzazione di mercato, dalla produzione al consumo, in particolare le misure di protezione del consumatore, di tutela della salute e di informazione al consumatore.

Riforma profonda

3.4

Il CESE ritiene che la nuova OCM del vino debba entrare in vigore nel 2008. Reputa tuttavia necessario un periodo di phasing-out, per consentire alle aziende di adattarsi progressivamente alle nuove condizioni.

3.4.1

Il CESE esprime totale contrarietà circa la proposta di investire su un programma di estirpazione oltre un terzo delle risorse di bilancio disponibili, sottraendo queste risorse agli interventi di mercato o alle misure intese a promuovere la competitività. Riconosce tuttavia l'importanza dell'estirpazione come strumento di organizzazione di mercato (v. sotto), che dovrebbe essere proposto alle regioni vitivinicole come misura volontaria entro un quadro comunitario.

3.4.2

Il Comitato si oppone ad una liberalizzazione totale delle regole che disciplinano l'impianto: ciò infatti metterebbe a rischio gli obiettivi della riforma del mercato vitivinicolo sotto il profilo economico, sociale, ambientale e di tutela del paesaggio. Non si deve incoraggiare lo spostamento della viticoltura dalle regioni tradizionali verso zone meno costose da coltivare. Qualora la normativa europea sugli impianti, unita al divieto di effettuare nuovi impianti, non venisse mantenuta, sarebbe opportuno consentire alle regioni vitivinicole di mantenere o creare le proprie norme in materia di impianti, conformemente agli obiettivi dell'OMC europea del vino.

3.4.3

Il Comitato deplora che alle parole della Commissione sul «recupero di quote di mercato» non abbiano fatto seguito azioni intese a dare corpo alla riforma. Mancano strumenti e misure per poter realizzare questi lodevoli obiettivi, che meritano di essere appoggiati.

Abolizione degli strumenti di mercato e introduzione di misure innovative

3.5

Il CESE ricorda la propria precedente richiesta di eliminare il ricorso all'intervento come possibilità artificiale di sbocco, e apprezza le proposte intese a raggiungere questo obiettivo.

3.5.1

Il Comitato raccomanda di proporre l'estirpazione, come misura volontaria, a quelle imprese che vogliono abbandonare totalmente o parzialmente la produzione. L'estirpazione in tal caso sarebbe parte integrante di un programma strutturale attento alla dimensione sociale delle regioni vitivinicole.

3.5.2

Il CESE non ritiene accettabile la soppressione immediata delle misure di intervento. Pertanto, per il periodo di phasing-out (2008-2010), raccomanda di proporre le seguenti opzioni da attuare nel quadro delle dotazioni finanziarie nazionali:

distillazioni per la produzione di bevande spiritose (attuale articolo 29) e

aiuti all'ammasso privato (attuale articolo 24 e seguenti).

3.5.3

Il CESE ritiene fondamentale che venga mantenuto l'obbligo di eliminazione dei sottoprodotti, per garantire la qualità delle produzioni vinicole ed evitare possibili abusi.

3.5.4

Il Comitato ritiene che all'interno delle dotazioni finanziarie nazionali debbano essere previste misure di prevenzione delle crisi, basate sulla corresponsabilità dei produttori.

3.5.5

Per conseguire gli obiettivi stabiliti, il Comitato ritiene necessaria l'introduzione di strumenti innovativi, tra cui figurano i seguenti:

osservazione globale del mercato,

programmi informativi per il mercato interno, volti ad informare i consumatori circa i vantaggi di un consumo moderato e circa i rischi degli abusi,

lancio di un programma di promozione delle esportazioni,

programmi informativi per i consumatori nei paesi terzi,

programmi di ricerca, anche in cooperazione con i paesi terzi.

3.5.6

Il Comitato sottolinea che gli strumenti dell'organizzazione di mercato devono in primo luogo favorire coloro che intendono continuare a sviluppare la viticoltura in Europa, e non coloro che, per le ragioni più disparate, abbandonano il settore.

Dotazione finanziaria nazionale

3.6

Il CESE accoglie con favore questa proposta, che risponde alle sue richieste di tener conto delle differenze regionali e, quindi, di attuare con maggiore coerenza il principio della sussidiarietà nel settore del vino. Ritiene che occorra nondimeno mantenere un quadro comunitario coerente e adeguato, allo scopo di evitare la rinazionalizzazione e di preservare il carattere europeo del settore vitivinicolo dell'UE.

3.6.1

Già nel parere di cui sopra (CES 68/99) il Comitato aveva chiesto che agli Stati membri fosse lasciata la responsabilità di scegliere autonomamente le misure dei programmi di riconversione più adatte alle loro regioni vitivinicole. A questo proposito un ruolo importante può essere attribuito alle organizzazioni di produttori, alle federazioni di settore e alle organizzazioni analoghe.

3.6.2

Il CESE ricorda di avere chiesto un programma speciale di sostegno per le regioni vitivinicole svantaggiate, quali, ad esempio, quelle dove la vite viene coltivata su terreni in pendenza. Anche le zone caratterizzate da condizioni climatiche estreme dovrebbero beneficiare di tale programma.

3.6.3

Il Comitato si esprime a favore di un pacchetto di misure dettagliato, che, a suo avviso, dovrebbe andare al di là degli esempi della Commissione. Rimanda al proprio parere (CES 68/99), con il quale aveva già chiesto di rafforzare il programma inteso a incentivare l'economia vinicola e la commercializzazione del vino.

3.6.4

Il CESE ritiene inoltre che nelle dotazioni finanziarie nazionali debbano essere finanziate misure coerenti e integrate, quanto più possibile incisive. Tali misure dovranno quindi essere integrate in piani di filiera che partano dal vigneto per giungere, attraverso la trasformazione, alla commercializzazione del prodotto. Dovranno inoltre essere finanziate misure volte a consentire ai produttori una gestione corresponsabile del potenziale e la valorizzazione di sbocchi alternativi. Il CESE ritiene che i soggetti centrali che dovranno gestire tali piani siano le organizzazioni dei produttori di vino.

3.6.5

La ripartizione del bilancio per la dotazione finanziaria nazionale dovrebbe, come già sperimentato nel caso di ristrutturazione, essere proporzionale alla superficie vitata. Nel periodo di phasing-out si devono prevedere stanziamenti sufficienti per il meccanismo di mercato «uscente», in modo che le aziende che fino a quel momento si saranno avvalse di tali misure possano adattarsi gradualmente al nuovo contesto.

3.6.6

Gli strumenti della dotazione finanziaria nazionale dovrebbero essere definiti a livello UE, nel quadro dell'OCM del vino. Gli Stati membri devono operare una scelta in base alle proprie disponibilità di bilancio (proporzionali alle superfici vitate), per rendere più competitiva la propria economia vitivinicola. I programmi devono essere presentati a Bruxelles. La responsabilità dell'attuazione compete agli Stati membri.

3.6.7

Il Comitato propone di ripartire gli interventi di sostegno come segue (tra le misure UE e quelle adottate nel quadro della dotazione finanziaria nazionale):

3.6.7.1

Interventi comunitari:

osservazione del mercato europeo,

programmi d'informazione per i consumatori del mercato europeo e dei mercati dell'esportazione,

programmi di esportazione per i paesi terzi,

programmi di ricerca.

3.6.7.2

Dotazione finanziaria nazionale:

aiuti per incoraggiare l'utilizzo del mosto per l'arricchimento,

articolo 29 sulla distillazione (2008-2010),

aiuti alla distillazione dei sottoprodotti (2008-2010),

interventi di estirpazione definitivi e temporanei,

aiuti diretti legati alla superficie,

raccolta anticipata,

aiuti per la produzione di succo d'uva,

ristrutturazione, riconversione e spostamento delle superfici vitate,

misure intese a migliorare i sistemi di «censimento» e commercializzazione (es.: rete integrata di imprese e associazioni di imprese),

programmi di informazione per i consumatori,

misure intese a migliorare la qualità,

programma per le regioni svantaggiate, quali ad esempio quelle dove la vite viene coltivata su terreni in pendenza e quelle caratterizzate da condizioni climatiche estreme,

gestione di crisi (prevenzione e gestione delle crisi, fondi assicurativi).

Sviluppo rurale

3.7

In numerosi pareri il Comitato ha sottolineato l'importanza che per lo sviluppo rurale riveste il secondo pilastro, di cui fanno parte anche le zone vitivinicole europee.

3.7.1

Alla luce di questo obiettivo fondamentale, il Comitato afferma che per poter risolvere i problemi specifici del settore vitivinicolo, tutte le misure esaminate nel quadro della riforma del mercato del vino devono essere finanziate attingendo agli stanziamenti di bilancio destinati al vino, che non possono pertanto essere soggetti a tagli, né a storni.

Politica di qualità e indicazioni geografiche

3.8

Vista la portata delle proposte della Commissione, e considerando che esse, in ultima analisi, sono intese a smantellare l'attuale sistema di qualità, il CESE si aspetta che la Commissione elabori modelli in grado di simulare l'impatto che queste proposte avranno sugli obiettivi della riforma del settore vitivinicolo, sul miglioramento della competitività e della qualità e sulla protezione dei consumatori.

3.8.1

Il CESE chiede che le disposizioni dell'accordo ADPIC, in particolare l'introduzione di un registro per la protezione delle indicazioni di provenienza, vengano realizzate già prima di discutere la modifica dell'attuale sistema di qualità europeo.

Pratiche enologiche

3.9

Il CESE ritiene che le proposte presentino contraddizioni, e che queste debbano essere eliminate.

3.9.1

Il Comitato ritiene assolutamente necessaria una definizione internazionalmente accettata del prodotto «vino». Ciò presuppone anche la definizione di metodi di produzione riconosciuti.

3.9.2

L'autorizzazione di qualsiasi pratica che sia accettata in una qualsiasi zona del mondo contraddice l'intento di una maggiore aderenza alle norme OIV.

3.9.3

Il Comitato è favorevole ad integrare in maniera più coerente il principio della conformità delle pratiche enologiche con le norme OIV nell'orientamento strategico di accordi commerciali bilaterali o internazionali.

3.9.4

Il Comitato non condivide l'intento di autorizzare in Europa la produzione di vino da mosti o concentrati di mosti importati, né il taglio di vini europei con vini di paesi terzi.

Arricchimento

3.10

Nel parere del 1999 il Comitato ha chiesto di tener conto delle diverse condizioni geografiche, climatiche e meteorologiche che caratterizzano le varie regioni viticole dell'Unione europea. È opportuno ricordare che si tratta di un argomento molto delicato, che non deve portare a differenziare il settore vitivinicolo europeo, né tanto meno al blocco delle proposte di riforma.

3.10.1

Il CESE valuta quindi le proposte della Commissione alla luce dei suoi precedenti pareri, delle analisi presentate dalla Commissione stessa, della proposta di liberalizzazione delle pratiche enologiche, del riconoscimento di pratiche enologiche negli accordi bilaterali, nonché degli obiettivi della riforma, in particolare il rafforzamento della competitività e la riduzione dei costi di produzione. Dopo aver valutato i pro e i contro della proposta della Commissione, il Comitato si dichiara favorevole al sostanziale mantenimento delle norme vigenti che disciplinano l'uso del saccarosio e gli aiuti all'utilizzo del concentrato di mosto.

Etichettatura

3.11

Il Comitato reputa molto complesse le proposte, e auspica che la Commissione proceda ad una attenta simulazione del loro impatto.

3.11.1

Fa presente che la legge che disciplina la denominazione è stata modificata poco tempo fa dopo diversi anni di discussione, e invita la Commissione a spiegare quali sono le considerazioni che hanno motivato la modifica, delle quali non si era tenuto conto nel lungo dibattito ormai conclusosi.

3.11.2

Il Comitato auspica la semplificazione delle norme di etichettatura, se ciò consente al consumatore di essere meglio informato. Tali modifiche tuttavia non possono accrescere il rischio di distorsioni di concorrenza, né fuorviare il consumatore, né provocare un'ondata di conflitti giuridici. Da questo punto di vista si deve anche rivedere la proposta della Commissione di indicare, su base facoltativa, il vitigno e l'annata per i semplici vini da tavola, che devono soddisfare requisiti meno stringenti rispetto ai vini con indicazione geografica e ai vini di qualità.

3.11.3

Il CESE fa presente che la crescita dell'Unione europea comporta l'aumento della varietà linguistica: ciò può costituire un ostacolo agli scambi, come attualmente avviene per l'indicazione dei solfiti. È quindi opportuno che per le indicazioni obbligatorie, quali ad esempio gli ingredienti, si preveda la possibilità di usare simboli comprensibili per tutti.

Promozione e informazione

3.12

Nel parere CES 68/99, il Comitato aveva già chiesto che le informazioni relative ai vantaggi di un consumo moderato di vino e ai rischi legati al consumo eccessivo diventassero un elemento centrale dell'OCM del vino.

3.12.1

Dato che le proposte della Commissione sono molto vaghe, il CESE invita la Commissione a proporre misure concrete in materia di informazione dei consumatori e di promozione commerciale sul mercato interno e su quello delle esportazioni, che vadano al di là delle disposizioni attuali, non sufficienti, e che consentano di riacquistare quote di mercato o di sviluppare quelle esistenti.

3.12.2

In questo processo si deve dedicare particolare attenzione all'informazione sui vantaggi di un consumo moderato di vino come parte integrante di un'alimentazione consapevole e di uno stile di vita moderno.

3.12.3

È inoltre necessario arrestare il degrado della bilancia commerciale con l'estero, che perdura da anni, e ristabilire l'equilibrio attraverso programmi di promozione delle esportazioni.

Ambiente

3.13

Nel parere CES 68/99 il CESE aveva già chiesto un approccio più globale.

3.13.1

Le regioni vitivinicole sono, di norma, paesaggi straordinari, che i viticoltori devono curare applicando metodi di coltura rispettosi dell'ambiente. La viticoltura è parte integrante della cultura di intere regioni, e da essa dipende la vitalità economica, sociale e culturale di queste ultime.

3.13.2

La riforma deve quindi tener conto in maniera globale dell'ambiente, della struttura sociale, delle infrastrutture, dell'economia e della qualità della vita.

OMC

3.14

Nel parere CES 68/99, il CESE aveva già espresso un giudizio negativo quanto alla possibilità di tagliare prodotti europei con prodotti importati e di produrre vini nell'UE utilizzando prodotti di paesi terzi, in considerazione dei problemi che ciò comporterebbe per i produttori europei e dei rischi di pratiche abusive nei confronti dei consumatori. Aveva deplorato l'assenza nelle proposte della Commissione di misure intese a rafforzare la competitività negli scambi commerciali internazionali, in particolare sui mercati dell'esportazione. In vista dell'imminente riforma del settore vitivinicolo, il Comitato ribadisce tale critica.

3.14.1

Alla luce delle sue precedenti analisi, il CESE chiede alla Commissione di tenere maggiormente conto, nella riforma dell'OCM vino, e in particolare delle regole che disciplinano il commercio esterno, della posizione di leadership del settore vitivinicolo europeo sul mercato mondiale.

Bruxelles, 14 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  GU C 101 del 12.4.1999, pagg. 60-64 .


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/35


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1698/2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)

COM(2006) 237 def. — 2006/0082 (CNS)

(2006/C 325/08)

Il Consiglio, in data 13 luglio 2006, ha deciso, conformemente al disposto degli articoli 37 e 299, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 novembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore KIENLE.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 127 voti favorevoli, 3 voti contrari e 4 astensioni:

1.   Sintesi delle conclusioni e delle raccomandazioni

1.1

La proposta di modifica di due articoli del regolamento FEASR è, secondo il Comitato, la conseguenza logica della decisione del Consiglio europeo sulle prospettive finanziarie 2007-2013. Le disposizioni che consentono di tener conto in maniera differenziata della potenza economica di uno Stato membro nel calcolare il limite massimo per l'assegnazione degli stanziamenti a titolo del Fondo di coesione sono pertinenti. L'esenzione dall'obbligo di cofinanziamento concessa al Portogallo è accettabile, considerata la situazione del paese illustrata nel documento.

1.2

Il CESE coglie l'occasione offertagli dalla presentazione della proposta della Commissione per esaminare con attenzione sia la decisione del Consiglio europeo di ridurre le risorse del FEASR sia il regime specifico concesso ad alcuni Stati membri per quanto riguarda l'importo e la struttura dei finanziamenti per lo sviluppo rurale.

2.   Osservazioni preliminari

2.1   Quadro finanziario dell'UE per il periodo 2007-2013

2.1.1

Il 19 dicembre 2005, dopo mesi di trattative, i capi di Stato e di governo dell'UE sono giunti ad un accordo sul quadro finanziario dell'UE per il periodo 2007-2013. Il compromesso, in seguito tradottosi nell'accordo interistituzionale del 14 giugno 2006 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione europea, prevedeva, accanto alla dotazione finanziaria delle singole rubriche, una serie di altre disposizioni.

2.2   La base giuridica esistente — il regolamento FEASR

2.2.1

Alcune di queste disposizioni riguardano il sostegno allo sviluppo rurale, previsto dal regolamento (CE) n. 1698/2005 del 20 settembre 2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR).

2.2.2

La proposta della Commissione prevede che le disposizioni concordate nel dicembre 2005 vengano inserite nel regolamento (CE) n. 1698/2005 (regolamento FEASR). Scopo della proposta della Commissione all'esame è dunque modificare il regolamento FEASR per adattare al testo dell'accordo finanziario del dicembre 2005 le disposizioni del regolamento che non sono conformi all'accordo.

3.   Contenuto della proposta della Commissione

3.1   Scopo della proposta della Commissione

3.1.1

Con la proposta all'esame, la Commissione europea intende armonizzare il regolamento FEASR con la decisione del Consiglio del 19 dicembre 2005 relativa alle prospettive finanziarie 2007-2013. A tal fine occorre modificare due articoli di detto regolamento, più precisamente l'articolo 69, paragrafo 6, e l'articolo 70.

3.2   Massimali degli stanziamenti a titolo dei fondi a favore della coesione

3.2.1

L'attuale regolamento FEASR stabilisce che il totale degli stanziamenti concessi annualmente ad uno Stato membro a titolo dei fondi a favore della coesione (compresi gli stanziamenti a titolo del FEASR) debba essere limitato ad un massimo del 4 % del PIL dello Stato membro in questione (articolo 69, paragrafo 6, del regolamento FEASR). Al punto 40 della decisione relativa alle prospettive finanziarie 2007-2013, il Consiglio limita il totale degli stanziamenti annuali a titolo dei fondi a favore della coesione ad un valore compreso tra il 3,2398 % e il 3,7893 % del PIL, in funzione del RNL (reddito nazionale lordo) medio pro capite.

3.3   Regole per calcolare il massimale degli stanziamenti a titolo dei fondi a favore della coesione

3.3.1

La decisione del Consiglio relativa alle prospettive finanziarie 2007-2013 prevede una serie di ulteriori disposizioni tecniche in materia. Ad esempio, per ogni incremento di 5 punti percentuali di RNL medio pro capite nel periodo 2001-2003 rispetto alla media dell'UE, il livello massimo dei trasferimenti è ridotto di 0,09 punti percentuali del PIL.

3.3.2

Una revisione è inoltre prevista per il 2010. Qualora tale revisione stabilisca che il PIL totale di uno Stato membro per il periodo 2007-2009 si è discostato (anche a causa delle variazioni nei tassi di cambio) di oltre il 5 % dal PIL totale stimato, si procederà ad un aggiustamento degli importi assegnati allo Stato membro in questione per tale periodo. L'aggiustamento, positivo o negativo che sia, non potrà tuttavia superare i 3 miliardi di EUR.

3.3.3

La proposta contiene infine disposizioni per garantire che si tenga conto in maniera corretta del valore dello zloty polacco.

3.4   Esenzione parziale dall'obbligo di cofinanziamento per il Portogallo

3.4.1

Il regolamento FEASR stabilisce, all'articolo 70, che gli stanziamenti di detto fondo sono versati esclusivamente a titolo complementare e che un cofinanziamento nazionale (di un importo variabile) è obbligatorio. La decisione del dicembre 2005 in merito alle prospettive finanziarie prevede tuttavia per il Portogallo, nell'ambito dello sviluppo rurale, uno stanziamento di 320 milioni di EUR non soggetto all'obbligo di cofinanziamento da parte dello Stato (punto 63). In base alla proposta della Commissione, tale disposizione viene inserita nell'attuale articolo 70 del regolamento FEASR. Detto articolo prevede, al paragrafo 4, una eccezione per le regioni ultraperiferiche e le isole minori del Mar Egeo che consente di innalzare il tasso di partecipazione del FEASR all'85 %. Nello stesso paragrafo, viene ora inserita la deroga in base alla quale il Portogallo è esentato dall'obbligo di cofinanziare il contributo del FEASR limitatamente a un importo di 320 milioni di EUR.

4.   Osservazioni generali

4.1   Necessità di coerenza tra le basi giuridiche

4.1.1

Il CESE sottolinea l'assoluta necessità di coerenza tra le basi giuridiche. La proposta della Commissione volta a modificare il regolamento (CE) n. 1698/2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) è la logica conseguenza della decisione del Consiglio relativa alle prospettive finanziarie 2007-2013. Il testo della proposta della Commissione è conforme alle decisioni adottate dal Consiglio nel dicembre 2005 e si inserisce in modo coerente nella struttura del regolamento FEASR.

4.2   Possibilità di valutare il contenuto delle decisioni prese dal Consiglio in merito alle prospettive finanziarie

4.2.1

La proposta di regolamento dà al Parlamento europeo, alla Commissione europea, al Comitato delle regioni e al Comitato economico e sociale europeo la possibilità di esprimersi anche in merito al contenuto delle decisioni del Consiglio relative alle prospettive finanziarie, purché tali decisioni non figurino già nell'accordo interistituzionale.

4.3   Rafforzare la politica di coesione dell'UE

4.3.1

Il CESE ha sempre sottoscritto gli obiettivi della politica di coesione, volta a potenziare la coesione economica e sociale dell'UE e a ridurre le disparità di sviluppo tra le regioni. L'obiettivo di convergenza, componente essenziale della politica di coesione, si fonda sul principio secondo cui, promovendo le condizioni e i fattori che favoriscono la crescita, sarà possibile avvicinare gli Stati membri e le regioni meno sviluppate alla media dell'UE.

4.3.2

Il CESE fa osservare che la politica di coesione agisce sulla base di fondi (Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), Fondo sociale europeo (FSE), Fondo di coesione) e che l'accesso a tali fondi è regolato in funzione della potenza economica e della situazione di ciascuna regione. Le regioni che presentano un PIL regionale inferiore al 75 % della media comunitaria sono ammissibili all'obiettivo di convergenza, mentre tutte le altre regioni hanno diritto ad un sostegno nell'ambito degli obiettivi «competitività regionale» e «occupazione». Dei 25 Stati membri dell'UE, 86 regioni distribuite in 18 paesi sono ammissibili all'obiettivo di convergenza. Oltre alle regioni di 9 dei 10 nuovi Stati membri (esclusa Cipro), esistono regioni ammissibili all'obiettivo di convergenza anche in Germania, Spagna, Francia, Regno Unito, Portogallo, Belgio, Austria, Grecia e Italia.

4.3.3

Il CESE accoglie favorevolmente le disposizioni che consentono di tener conto in maniera differenziata della potenza economica di uno Stato membro nel calcolare il limite massimo per l'assegnazione degli stanziamenti a favore della coesione. Una differenziazione, invece di un limite forfetario del 4 %, soddisfa il principio di convergenza e permette di configurare gli aiuti in modo da assegnare finanziamenti relativamente più cospicui agli Stati membri meno sviluppati. In tal senso è ragionevole anche fissare un limite massimo in funzione della potenza economica del paese.

4.4   Il sostegno allo sviluppo rurale deve essere adeguato per importo e struttura

4.4.1

Il «secondo pilastro» della politica agricola comune, vale a dire il sostegno allo sviluppo rurale, è per il CESE una politica della massima rilevanza, la cui importanza è giustamente aumentata negli ultimi anni ed è destinata ad aumentare ulteriormente. Lo confermano le affermazioni della Commissione e degli Stati membri. Tuttavia queste dichiarazioni d'intenti politiche non trovano riscontro in un'adeguata dotazione finanziaria a favore del «secondo pilastro» nel periodo 2007-2013. Il CESE è molto critico su tale punto e si occuperà di tale questione al momento opportuno.

4.4.2

Nel corso dei negoziati sulle prospettive finanziarie 2007-2013, numerosi paesi sono riusciti ad ottenere un regime specifico per quanto concerne l'importo e la struttura dei finanziamenti a favore dello sviluppo rurale. Su un totale di 69,75 miliardi di EUR a favore dello sviluppo rurale, 4,07 miliardi di EUR sono stati assegnati specificamente ai seguenti 8 paesi: 1,35 miliardi di EUR all'Austria, 820 milioni di EUR alla Svezia, 500 milioni di EUR ciascuno all'Irlanda e all'Italia, 460 milioni di EUR alla Finlandia, 320 milioni di EUR al Portogallo, 100 milioni di EUR alla Francia e 20 milioni di EUR al Lussemburgo. Il CESE prende atto che questa attribuzione imprevista di stanziamenti rappresenta una concessione politica, che esprime anche l'impegno di questi Stati a favore dello sviluppo rurale e l'importanza che in essi riveste tale settore. Al di là del problema di principio che solleva un'assegnazione straordinaria nell'ambito di negoziati di tale portata, il CESE intravede anche il rischio di uno sfaldamento della politica di sviluppo rurale a causa delle disparità nelle dotazioni finanziarie e nell'impegno dei singoli Stati membri.

4.4.3

Tenendo conto della situazione difficile del Portogallo, già illustrata nella Relazione della Commissione europea sull'agricoltura portoghese (COM(2003) 359 def.), il CESE approva la decisione del Consiglio di esentare il Portogallo dall'obbligo di cofinanziamento limitatamente a un importo di 320 milioni di EUR. Il principio del cofinanziamento degli aiuti a favore dello sviluppo rurale è giusto, ma non è un dogma. Per quanto concerne l'importo e la struttura del cofinanziamento e le deroghe previste in materia, il CESE continuerà anche in futuro a formulare le sue osservazioni critiche caso per caso.

Bruxelles, 13 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/37


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. …/… relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari

COM(2006) 607 def. — 2006/0195 (COD)

(2006/C 325/09)

Il Consiglio, in data 10 novembre, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato, in data 25 ottobre 2006, ha incaricato la sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente di predisporre i lavori del Comitato in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha nominato relatore generale GOFAS e ha adottato il seguente parere con 110 voti favorevoli, 3 voti contrari e 16 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di modificare l'articolo 25 del regolamento sulle indicazioni nutrizionali, che stabilisce la procedura di comitato da seguire nell'adozione delle misure necessarie per l'esecuzione del regolamento.

1.2

Approva l'aggiunta al suddetto articolo dei paragrafi 3 e 4, che prevedono l'applicazione di una nuova procedura di regolamentazione con controllo nell'adozione di misure di portata generale intese a modificare elementi non essenziali del regolamento sulle indicazioni nutrizionali. La modifica è necessaria per rendere più completa la procedura applicata.

1.3

Appoggia l'applicazione della nuova procedura di regolamentazione con controllo agli articoli del regolamento in materia, essendo questa molto più chiara ed efficace di quella prevista in precedenza.

1.4

Ritiene che il regolamento sulle indicazioni nutrizionali e di salute usate nell'etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità dei prodotti alimentari debba essere applicato senza indugio. In questo contesto, sottolinea l'importanza di fare in modo che l'applicazione della nuova procedura di regolamentazione ad alcuni articoli del regolamento in esame non dia luogo a lungaggini procedurali che ostacolerebbero l'attuazione efficace e tempestiva del regolamento.

1.5

Il CESE fa notare che in futuro la Commissione dovrebbe affrontare la questione della semplificazione del quadro normativo riguardante la sicurezza alimentare e la protezione dei consumatori. Apprezza pertanto l'intenzione della Commissione di riesaminare e aggiornare la legislazione comunitaria in vigore sull'etichettatura dei prodotti alimentari (1) e sottolinea l'importanza di semplificare e chiarire le disposizioni in materia nel contesto del miglioramento normativo.

1.6

Il CESE è favorevole a ogni quadro normativo europeo che protegga gli interessi dei consumatori e al tempo stesso promuova l'armonizzazione e il buon funzionamento del mercato interno.

2.   Introduzione

2.1

Il Consiglio ha chiesto al CESE di formulare un parere sulla proposta di modifica del regolamento (CE) n. …/… relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari (regolamento sulle indicazioni nutrizionali (2)), modifica intesa ad allineare il suddetto regolamento alla decisione del Consiglio 2006/512/CE, che modifica la decisione 1999/468/CE (decisione sulla procedura di comitato), recante la procedura da seguire per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione. Rispetto alla decisione 1999/468/CE, che prevedeva soltanto un numero limitato di procedure per l'esercizio di tali competenze, la decisione 2006/512/CE introduce una nuova procedura di comitato denominata procedura di regolamentazione con controllo.

2.2

Il regolamento relativo alle indicazioni nutrizionali e di salute utilizzate nell'etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità dei prodotti alimentari fa riferimento alla procedura di regolamentazione per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione. Deve perciò essere adeguato, ove necessario, alla nuova procedura di comitato di regolamentazione con controllo, come stabilito dalla decisione del Consiglio 1999/468/CE.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE accoglie complessivamente con favore la proposta della Commissione di applicare la procedura di regolamentazione con controllo nell'adozione di misure di portata generale volte a modificare elementi non essenziali del regolamento sulle indicazioni nutrizionali e di salute fornite sui prodotti alimentari.

3.2

Ritiene che l'adozione del regolamento sulle indicazioni nutrizionali e di salute avvenga in un contesto di crescente consapevolezza dei problemi legati all'alimentazione e alla salute e di conseguente esigenza di informazioni complete e precise da parte dei consumatori. Osserva che il successo del regolamento dipende dalla capacità di garantire ai consumatori un elevato livello di protezione e al tempo stesso di migliorare le loro possibilità di scelta, garantendo che i prodotti, sia nazionali che importati, siano sicuri ed etichettati in modo chiaro e preciso.

3.3

Il regolamento sulle indicazioni dei prodotti alimentari va a integrare le disposizioni della direttiva 2000/13/CE, che vieta l'uso di informazioni che possano indurre in errore il consumatore o attribuire ai prodotti alimentari proprietà medicamentose, e stabilisce disposizioni specifiche sull'uso delle indicazioni nutrizionali e di salute. Il Comitato ritiene che questo regolamento sia di particolare attualità e che vada applicato senza indugio, data la tendenza generale a prestare crescente attenzione all'interdipendenza fra uno stile di vita sano e l'alimentazione, e vista la necessità d'informazioni che aiutino i consumatori a operare scelte nell'interesse della loro salute.

3.4

Il CESE reputa che, oltre a definire il quadro normativo, la Commissione dovrebbe promuovere campagne di informazione sull'alimentazione e la salute nel quadro del suo programma sanitario.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il CESE giudica essenziali le modifiche all'articolo 25 del regolamento sulle indicazioni nutrizionali e di salute, che descrivono la procedura di comitato da seguire nell'adozione di misure di portata generale che modificano elementi non essenziali di un atto di base adottato secondo la procedura della codecisione.

4.2

È dell'avviso che i paragrafi aggiunti forniscano riferimenti più consistenti e circostanziati agli specifici articoli della decisione del Consiglio 1999/468/CE e rendano più efficace la procedura, rafforzando le competenze di esecuzione del comitato di regolamentazione. In particolare, i nuovi paragrafi precisano le competenze conferite alla Commissione e sottolineano il ruolo del Parlamento europeo e del Consiglio nel controllo delle misure prima dell'adozione.

4.3

Il CESE approva pertanto l'inserimento dei paragrafi 3 e 4, che introducono una nuova categoria di procedure per l'esercizio delle competenze di esecuzione da parte della Commissione. Queste nuove procedure consentiranno al Parlamento e al Consiglio di opporsi all'adozione di misure che eccedano le competenze conferite alla Commissione o non risultino conformi ai principi di sussidiarietà o proporzionalità.

4.4

Il Comitato approva la prevista possibilità di ridurre o prorogare i termini stabiliti per la procedura in casi eccezionali debitamente motivati (come previsto dall'articolo 5 bis della decisione 2006/512/CE che modifica la decisione 1999/468/CE).

4.5

Appoggia la modifica del regolamento per consentire l'applicazione della nuova procedura di regolamentazione con controllo agli articoli che richiedono misure che rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 5 (procedura di regolamentazione) della decisione del Consiglio 1999/468/CE.

4.5.1

Giudica positiva ed efficace questa modifica, in quanto applica la nuova procedura di regolamentazione con controllo per stabilire le condizioni generali per l'uso delle indicazioni nutrizionali e di salute fornite sui prodotti alimentari.

4.5.2

Ritiene che tale modifica contribuirà a garantire il mantenimento di un elevato livello di protezione dei consumatori nell'applicazione del regolamento in questione, in particolare nella definizione di specifici profili nutrizionali cui gli alimenti, o talune loro categorie, devono conformarsi per poter recare indicazioni nutrizionali e di salute.

4.5.3

Sottolinea l'importanza della consultazione delle associazioni dei consumatori, delle imprese del settore alimentare e dei loro rappresentanti nella definizione e nell'aggiornamento delle condizioni per l'utilizzo delle indicazioni nutrizionali e di salute e nella modifica dell'allegato contenente le indicazioni autorizzate.

4.6

Raccomanda che in futuro la Commissione vagli l'ipotesi di semplificare la procedura per l'accettazione e l'approvazione della base scientifica di un'indicazione nutrizionale collegata alla salute (3). Ritiene inoltre necessario semplificare il quadro normativo relativo alla sicurezza alimentare e alla protezione dei consumatori.

4.7

Sottolinea il fatto che il regolamento sulle indicazioni nutrizionali e di salute deve essere pragmatico ed esprime la preoccupazione che alcune disposizioni relative alla documentazione delle indicazioni nutrizionali siano ingiustificatamente complesse. Ritiene importante trovare un equilibrio tra il bisogno dei consumatori di disporre di informazioni più chiare e a carattere scientifico e la possibilità, per i produttori alimentari, di realizzare e commercializzare alimenti che rechino giovamento ai consumatori e rispondano alle loro esigenze.

Bruxelles, 13 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Gli obblighi generali in materia di etichettatura dei prodotti alimentari sono stabiliti dalla legislazione orizzontale (direttiva 2000/13/CE e testi correlati), le cui disposizioni risalgono per la maggior parte al 1978. Le disposizioni specifiche sono invece contenute nella legislazione verticale.

(2)  Il documento legislativo iniziale (COM(2003) 424 def.) è attualmente presso il Consiglio in attesa della decisione finale in merito.

(3)  Cfr. parere GU C 110 del 30.4.2004, pagg. 18-21.


30.12.2006   

IT

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C 325/40


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento CE n. …/… concernente l'aggiunta di vitamine e minerali nonché di alcune altre sostanze agli alimenti

COM(2006) 606 def. — 2006/0193 (COD)

(2006/C 325/10)

Il Consiglio, in data 15 novembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 25 ottobre 2006, ha incaricato la sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha nominato relatore generale József KAPUVÁRI e ha adottato il seguente parere con 107 voti favorevoli e un'astensione.

1.   Conclusioni

1.1

Il Comitato considera utile l'introduzione della procedura di regolamentazione con controllo nel regolamento in questione. Condivide inoltre il giudizio della Commissione europea secondo cui è importante rendere più semplice e trasparente la legislazione comunitaria.

2.   Introduzione

2.1

La proposta in esame intende introdurre nel regolamento (CE) n. …/… del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'aggiunta di vitamine e minerali nonché di alcune altre sostanze ai prodotti alimentari un riferimento alla nuova procedura di regolamentazione con controllo in tutti i casi in cui la Commissione può adottare misure quasi legislative a norma dell'articolo 2 della decisione 1999/468/CE del Consiglio recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione, modificata dalla decisione 2006/512/CE del Consiglio.

2.2

La modifica è resa necessaria dall'introduzione della nuova procedura di comitato, denominata «procedura di regolamentazione con controllo».

2.3

La proposta si limita alle modifiche strettamente necessarie per allineare il regolamento alla decisione relativa alla procedura di comitato.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il Comitato considera utile l'introduzione della procedura di regolamentazione con controllo nel regolamento in questione. Condivide inoltre il giudizio della Commissione europea secondo cui è importante rendere il diritto comunitario più semplice e trasparente.

3.2

La procedura di regolamentazione con controllo permette di modificare più efficacemente gli elementi non essenziali dell'atto di base, anche sopprimendo alcuni dei suoi elementi o aggiungendo nuovi elementi non fondamentali.

3.3

Il Comitato economico e sociale europeo, nel marzo 2004, ha adottato un parere sull'aggiunta di vitamine, di minerali e di talune altre sostanze agli alimenti; la proposta di regolamento in esame, essendo fondamentalmente un aggiornamento, non richiede l'elaborazione di un nuovo parere in materia.

3.4

Le nuove regole relative alla procedura di regolamentazione con controllo sono in vigore dal 23 luglio 2006.

3.5

È appurato che il nuovo regolamento non comporta alcuna modifica sostanziale, ma intende solamente rendere chiara e trasparente la legislazione comunitaria. Il Comitato è pienamente favorevole a questo obiettivo e, sulla scorta delle considerazioni che precedono, appoggia la proposta in esame.

Bruxelles, 13 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

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C 325/41


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che modifica i regolamenti (CEE) n. 404/93, (CE) n. 1782/2003 e (CE) n. 247/2006 in ordine al settore delle banane

COM(2006) 489 def. — 2006/0173 (CNS)

(2006/C 325/11)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2 del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 novembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore ESPUNY MOYANO.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 134 voti favorevoli, nessun voto contrario e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato riconosce la necessità di riformare l'attuale regime di aiuti ai produttori comunitari di banane e pertanto accoglie favorevolmente la proposta della Commissione. Tuttavia, ritiene che sia ancora troppo presto per valutare l'impatto sul reddito dei produttori del nuovo regime di importazione esclusivamente tariffario, entrato in vigore il 1o gennaio 2006, e che la proposta in esame non prenda adeguatamente in considerazione tale aspetto.

1.2

Il Comitato propone di modificare come segue il quinto considerando della proposta:

Il titolo III del regolamento (CE) n. 247/2006 del Consiglio, del 30 gennaio 2006, recante misure specifiche nel settore dell'agricoltura a favore delle regioni ultraperiferiche dell'Unione prevede l'istituzione di programmi comunitari di sostegno alle regioni ultraperiferiche, contenenti misure specifiche a favore delle produzioni agricole locali. Il medesimo regolamento prevede la presentazione di una relazione entro il 31 dicembre 2009. Tuttavia, per tener conto della situazione del tutto particolare dei produttori comunitari di banane, la Commissione presenterà una relazione specifica prima di tale data nel caso in cui il reddito di tali produttori subisca un deterioramento a causa delle modifiche al regime di importazione. In caso di mutamenti significativi delle condizioni economiche, tali da incidere sulle condizioni di vita delle regioni ultraperiferiche, la Commissione presenterà la propria relazione prima di tale data. Il suddetto strumento sembra essere il più idoneo a sostenere la produzione di banane in ciascuna delle regioni ultraperiferiche, in quanto offre una certa flessibilità e la possibilità di decentrare i meccanismi di sostegno della produzione di banane. La possibilità di inserire gli aiuti per le banane nei suddetti programmi di sostegno rafforzerebbe anche la coerenza delle strategie di sostegno della produzione agricola in queste regioni.

1.3

Per quanto concerne le modifiche all'articolo 28 del regolamento (CE) n. 247/2006, di cui all'articolo 3, paragrafo 2 della proposta all'esame, il Comitato propone di inserire un nuovo paragrafo 3 bis così formulato:

In caso di deterioramento delle condizioni economiche dei produttori di banane dovuto ad una modifica del regime d'importazione, la Commissione presenterà una relazione specifica prima del 31 dicembre 2009, accompagnata se del caso dalle proposte necessarie.

1.4

Il Comitato propone di modificare l'articolo 30 del regolamento (CE) n. 247/2006 aggiungendo il paragrafo seguente:

La Commissione europea potrà autorizzare gli Stati membri ad includere, nei loro programmi di sostegno, un regime specifico di anticipi per i produttori di banane.

2.   Osservazioni generali

2.1

Quello delle banane è un settore molto particolare e per questo motivo è stato oggetto di una OCM specifica. La particolarità del settore è dovuta principalmente alle seguenti ragioni: la maggior parte della produzione comunitaria proviene da regioni ultraperiferiche (RUP) le quali, come riconosce il Trattato all'articolo 299, paragrafo 2, soffrono di particolari difficoltà, tale produzione soddisfa solamente il 16 % del mercato comunitario e infine il mercato mondiale delle banane è praticamente un oligopolio dato che la commercializzazione è controllata da cinque grandi imprese.

2.2

La proposta della Commissione europea, adottata alla fine di un lungo processo di consultazione esterna e interna, modifica radicalmente il regime esistente di sostegno a favore delle banane comunitarie. Gli attuali aiuti interni, che si basano sul principio dei pagamenti compensativi e che variano di anno in anno in funzione del prezzo delle banane, saranno sostituiti da aiuti distribuiti attraverso dotazioni finanziarie nazionali che, nel caso delle RUP, saranno comprese nei rispettivi programmi Posei, mentre nel caso delle altre zone comunitarie di produzione saranno integrate nel sistema di pagamento unico.

2.3

La proposta all'esame implica la riforma di tre regolamenti comunitari:

2.3.1

Il regolamento (CEE) n. 404/93 relativo all'OCM delle banane. La Commissione propone di sopprimere il Titolo II (organizzazioni di produttori e procedure di concertazione), il Titolo III (regime di aiuti compensativi, programmi operativi, premi alla cessazione della bananicoltura) e vari articoli dei Titoli IV e V ormai diventati obsoleti dopo la sostituzione del regime dei contingenti tariffari con un altro regime esclusivamente tariffario. La Commissione propone inoltre di modificare alcuni articoli del Titolo V. Viene soppresso il comitato di gestione delle banane (e nel fare riferimento a tale comitato si rimanda, da ora in poi, al comitato di gestione per gli ortofrutticoli) e vengono eliminate le disposizioni concernenti l'obbligo di presentare una relazione annuale previste dallo stesso regolamento (CEE) n. 404/93.

2.3.2

Il regolamento (CE) n. 1782/2003, Riforma della PAC 2003. La Commissione propone di modificare gli articoli pertinenti affinché le banane prodotte al di fuori delle RUP possano figurare nel regime di pagamento unico. Per tale motivo vengono modificati i massimali nazionali di Grecia (+ 1,1 milioni di euro), Portogallo (+ 0,1 milioni di euro) e Cipro (+ 3,4 milioni di euro). Questi tre paesi stabiliranno gli importi di riferimento e gli ettari ammissibili per beneficiare dei pagamenti unici basandosi su un periodo rappresentativo compreso tra il 2000 e il 2005.

2.3.3

Il regolamento (CE) n. 247/2006 recante misure agricole specifiche nel settore dell'agricoltura a favore delle regioni ultraperiferiche (Posei). Gli stanziamenti di bilancio per i programmi Posei aumentano di 278,80 milioni di euro così distribuiti: 141,1 milioni di euro per il programma Poseican, 129,1 milioni di euro per il programma Poseidom e 8,6 milioni di euro per il programma Poseima.

2.4

Il Comitato ritiene che con la proposta all'esame la Commissione rinunci a ogni impegno nei confronti del settore comunitario delle banane, svuotando in pratica di contenuto l'OCM delle banane e trasferendo il sostegno finanziario a questo prodotto al bilancio globale dei programmi Posei, senza creare un capitolo specifico per le banane.

2.5

Il Comitato valuta positivamente il fatto che la Commissione abbia proposto un sistema di dotazioni finanziarie fisse per ciascun paese. Teme tuttavia che il bilancio globale risultante sia insufficiente in caso di una notevole caduta dei prezzi comunitari dovuta, da un lato, alla maggiore liberalizzazione del mercato indotta dal nuovo regime di importazione e, dall'altro, alla prevedibile evoluzione del mercato a seguito dei negoziati commerciali internazionali attualmente in corso.

3.   Osservazioni specifiche

3.1

La Commissione dovrebbe trovare un'alternativa per mantenere il quadro comunitario delle organizzazioni di produttori di banane. La produzione europea di banane è infatti estremamente dispersa in quanto è affidata per lo più a piccoli produttori che devono vendere il loro prodotto in un mercato altamente competitivo, il che rende necessaria un'importante concentrazione dell'offerta. Il Comitato ritiene che questo quadro comunitario delle organizzazioni di produttori potrebbe essere salvaguardato mantenendo alcune disposizioni del Titolo II del regolamento (CE) n. 404/93, in particolare gli articoli 5, 8 e 9.

3.2

La banana è una coltura estremamente intensiva, che richiede una cura continua durante tutto l'anno delle aziende agricole. Questo comporta spese costanti, soprattutto per la notevole incidenza della manodopera e per l'utilizzazione dei sistemi d'irrigazione. È dunque opportuno mantenere il sistema di anticipi previsto dal regime attuale.

3.3

La proposta della Commissione dovrebbe definire con maggiore precisione il contenuto della relazione che servirebbe di base per l'adozione delle misure necessarie a far fronte alla diminuzione di reddito dei produttori agricoli, conseguente all'impatto del nuovo regime di importazione.

Bruxelles, 13 dicembre 2006

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

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Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità e il regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71

COM(2005) 676 def. — 2005/0258 (COD)

(2006/C 325/12)

Il Consiglio, in data 14 febbraio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 novembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore RODRÍGUEZ GARCÍA-CARO.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 140 voti favorevoli, e 2 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo è favorevole alla proposta di modifica del regolamento (CEE) n. 1408/71 e spera che si tratti di una delle ultime modifiche o, meglio, dell'ultima modifica su cui dovrà pronunciarsi. Ciò implicherebbe infatti la piena vigenza del regolamento (CE) n. 883/2004 e quindi l'avvenuta approvazione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio del nuovo regolamento sulle modalità d'applicazione volto a sostituire il regolamento (CEE) n. 574/72.

1.2

Di conseguenza, il Comitato economico e sociale europeo chiede urgentemente agli Stati membri ed al Parlamento di procedere all'approvazione del nuovo regolamento in maniera più rapida e efficace di quanto avvenuto nel caso del regolamento (CE) n. 883/2004. Questo sarebbe il migliore contributo che le istituzioni dell'Unione europea potrebbero offrire nell'anno europeo della mobilità dei lavoratori.

2.   Introduzione

2.1

Dalla loro entrata in vigore, i regolamenti (CEE) n. 1408/71 e n. 574/72 relativi all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori ed ai membri della loro famiglia che si spostano all'interno dell'Unione europea sono stati oggetto di molte modifiche per adattarli alle modifiche delle legislazioni nazionali degli Stati membri ed alle sentenze pronunciate dalla Corte di giustizia in materia di sicurezza sociale.

2.2

Le modifiche garantiscono che il sistema di coordinamento della sicurezza sociale al livello dell'Unione sia sempre aggiornato, affinché i cittadini europei che si spostano nei limiti delle frontiere interne non abbiano a subire pregiudizi, per quanto riguarda i loro diritti in materia di sicurezza sociale, quando esercitano uno dei diritti fondamentali dell'Unione come è la libertà di circolazione e di residenza.

2.3

La principale modifica al quadro del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri dell'Unione europea è stata introdotta con il regolamento (CE) n. 883/2004 (1) del Parlamento europeo e del Consiglio. Questo regolamento sostituisce il regolamento (CEE) n. 1408/71, ma non è ancora applicabile poiché si attende l'approvazione del regolamento che sostituirà il regolamento (CEE) n. 574/72. La proposta di regolamento recante le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 (2) ha già iniziato il suo iter legislativo ed il Comitato ha recentemente adottato un parere (3) relativo a tale proposta.

2.4

Il CESE ha già espresso il suo parere sul regolamento di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (4).

3.   Contenuto della proposta

3.1

La proposta sulla quale il Comitato viene consultato è intesa ad aggiornare gli allegati del regolamento (CEE) n. 1408/71 per tenere conto dei cambiamenti introdotti nelle diverse legislazioni nazionali in materia di sicurezza sociale. L'intenzione è quindi quella di agevolare l'applicazione della normativa comunitaria di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

3.2

In questa occasione, e nel testo presentato dalla Commissione, non è proposta alcuna modifica del regolamento (CEE) n. 574/72.

3.3

Data la diversa natura delle modifiche proposte, il loro contenuto sarà presentato nel capitolo delle osservazioni particolari, e ciò al fine di semplificare la struttura del documento.

4.   Osservazioni generali

4.1

In linea generale, il Comitato accoglie favorevolmente la proposta, in quanto i cambiamenti che essa introduce sono il frutto della volontà legislativa dei diversi Stati membri. Qualsiasi cambiamento nel coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale dell'Unione europea sarà sempre benaccetto se recherà beneficio ai cittadini dell'Unione e semplificherà e migliorerà i loro rapporti con le varie amministrazioni pubbliche a cui devono rivolgersi per fare valere i loro diritti.

4.2

Sebbene la procedura d'approvazione del regolamento d'applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 sia già stata avviata, il Comitato ritiene che rimangano attuali e vadano pertanto ricordate le osservazioni generali formulate nel suo parere relativo ad altre modifiche parziali dei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e n. 574/72, approvato nel corso della sessione plenaria del 28 e 29 settembre 2005 (5). Queste osservazioni mantengono tutta la loro validità.

4.3

L'attuale proposta di modifica ha per titolo: Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità e il regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71.

4.4

L'articolo 1 della proposta stipula che vengono modificati alcuni allegati del regolamento (CEE) n. 1408/71, ma non fa alcun riferimento al regolamento (CEE) n. 574/72. Il CESE propone quindi di correggere il titolo della proposta per farlo corrispondere al suo contenuto reale, eliminando cioè il cenno al regolamento (CEE) n. 574/72.

5.   Osservazioni particolari

5.1

L'articolo 1 della proposta modifica gli allegati I, II bis, III, IV e VI del regolamento (CEE) n. 1408/71.

5.2

Per incorporare i cambiamenti introdotti nelle legislazioni svedesi sulla sicurezza sociale e sui contributi sociali, è modificata la parte I dell'allegato I, che definisce i termini «lavoratore subordinato» e «lavoratore autonomo».

5.3

La parte II dell'allegato I, riguardante le persone che rientrano nel campo di applicazione del regolamento, è modificata quanto alla definizione di «membro della famiglia» per tenere conto dei cambiamenti introdotti dalla nuova legge olandese sull'assicurazione malattia. In questo caso, si include il coniuge, il partner registrato ed il figlio di età inferiore a diciotto anni.

5.4

A causa delle diverse modifiche apportate alle legislazioni lituana e slovacca sulle pensioni sociali, è modificato l'allegato II bis sulle prestazioni speciali a carattere non contributivo. Nel caso della Lituania, le modifiche adeguano l'allegato all'aggiornamento della legislazione nazionale; in quello della Slovacchia, la legislazione nazionale viene adattata e l'assegno è mantenuto soltanto in caso di diritti acquisiti.

5.5

L'allegato III, parte A, che si riferisce alle convenzioni di sicurezza sociale che continuano ad essere applicabili, è modificato nel senso che si elimina il punto 187 contenente il riferimento alla convenzione generale tra l'Italia ed i Paesi Bassi.

5.6

Si modifica la parte A dell'allegato IV che riguarda le legislazioni citate all'articolo 37, paragrafo 1, secondo le quali l'importo delle pensioni d'invalidità è indipendente dalla durata dei periodi d'assicurazione. Si modifica la sezione della Parte A relativa alla Slovacchia conformemente a quanto previsto nella legislazione nazionale.

5.7

In seguito alle modifiche apportate alla legislazione spagnola, si modifica la parte B dell'allegato IV, riguardante i regimi speciali per i lavoratori autonomi ai quali si applicano disposizioni speciali sul cumulo dei periodi d'assicurazione compiuti in un altro Stato membro.

5.8

La parte C dell'allegato IV è modificata per la Slovacchia e la Svezia. Quest'allegato cita i casi nei quali si può rinunciare ad un doppio calcolo della prestazione poiché i risultati sarebbero gli stessi. Nel caso della Slovacchia è fatto riferimento alla pensione spettante ai superstiti ed in quello della Svezia al calcolo della pensione minima garantita che dipende dal periodo di residenza nel paese.

5.9

A seguito della modifica della legislazione svedese, è aggiornata la parte D dell'allegato IV relativo alle prestazioni ed agli accordi sul cumulo delle prestazioni della stessa natura alle quali si ha diritto ai sensi della legislazione di due o più Stati. Inoltre, è stato aggiunto l'accordo bilaterale tra la Finlandia ed il Lussemburgo.

5.10

Si modifica l'allegato VI, relativo alle modalità particolari d'applicazione delle legislazioni di alcuni Stati membri. Vengono modificate le sezioni che si riferiscono agli Stati membri seguenti:

Estonia, per aggiungere le regole di calcolo delle prestazioni parentali,

Paesi Bassi, per tenere conto dell'entrata in vigore quest'anno della riforma dell'assicurazione malattia,

Finlandia, per tenere conto delle modifiche apportate alla legislazione finlandese sulle pensioni,

Svezia, per tenere conto dei cambiamenti introdotti dalla nuova legislazione sulla sicurezza sociale e dalla riforma della legge sulle pensioni.

5.11

Le modifiche apportate ai vari allegati che accompagnano il regolamento (CEE) n. 1408/71 sono essenzialmente il risultato di modifiche legislative intervenute in diversi Stati membri. Ogni modifica che comporti miglioramenti nelle prestazioni ricevute dai cittadini dell'Unione è destinata ad essere accolta favorevolmente dal Comitato economico e sociale europeo.

5.12

Tuttavia, va sottolineato che la proliferazione di allegati e di fattispecie specifiche nei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CE) n. 883/2004 non è il modo migliore per giungere alla semplificazione delle disposizioni di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Il miglioramento e la semplificazione sono gli obiettivi all'origine dell'elaborazione del regolamento (CE) n. 883/2004 ed il Comitato auspica che si continui a lavorare in questa linea.

5.13

La Commissione ha presentato una proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 883/2004 per definire il contenuto del suo allegato XI (6). Quest'allegato corrisponde all'allegato VI del regolamento (CEE) n. 1408/71. Il Comitato constata l'esistenza di una differenza tra i due allegati per quanto riguarda la sezione «W. FINLANDIA», citata al punto 5.10. del presente parere.

5.14

Al paragrafo 6, lettera c), punto 1 dell'allegato della proposta di regolamento oggetto del presente parere, si afferma: «… nel caso in cui una persona possa far valere periodi di assicurazione pensionistica per effetto dell'occupazione in un altro Stato membro …» mentre alla sezione «W. FINLANDIA» dell'allegato XI che appare nella proposta il regolamento che modifica di regolamento (CE) n. 883/2004, si dice: «… quando una persona dispone di periodi d'assicurazione a titolo di un'attività esercitata come lavoratore subordinato o autonomo in un altro Stato membro …».

5.15

Il Comitato economico e sociale europeo ritiene che, trattandosi della stessa situazione, occorrerebbe allineare le due redazioni e fare in modo che i due testi coincidano.

Bruxelles, 13 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  GU L 166 del 30.4.2004.

(2)  COM(2006) 16 def.

(3)  Cfr. parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (relatore: GREIF (SOC/197), CESE 1397/2006.

(4)  GU C 75 del 15.3.2000, relatore: RODRÍGUEZ GARCÍA-CARO.

(5)  GU C 24 del 31.1.2006, relatore: RODRÍGUEZ GARCÍA-CARO.

(6)  COM(2006) 7 def., parere CESE in preparazione, relatore: GREIF (SOC/238).


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/46


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le attività di volontariato, il loro ruolo nella società europea e il loro impatto

(2006/C 325/13)

La Commissione europea, in data 6 aprile 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema: Le attività di volontariato, il loro ruolo nella società europea e il loro impatto

La sezione Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 novembre 2006, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice KOLLER e dalla correlatrice zu EULENBURG.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 127 voti favorevoli, 9 voti contrari e 17 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE invita la Commissione a proclamare un Anno del volontariato e a pubblicare al più presto un Libro bianco sulle attività di volontariato e la cittadinanza attiva in Europa. Ciò permetterebbe di evidenziare le reciproche influenze dei due fenomeni e di sottolinearne le dimensioni e l'importanza. Dato che gran parte dell'attività di volontariato viene svolta nel contesto locale, il Libro bianco dovrebbe contribuire all'elaborazione di una strategia che consenta di rafforzare la dimensione europea di tale attività e di promuovere la cittadinanza europea attiva e l'identificazione con l'Europa nel processo di integrazione del continente.

1.2

Bisognerebbe incoraggiare i governi degli Stati membri a definire una politica nazionale in materia e strategie volte a promuovere direttamente le attività di volontariato e a favorirne il riconoscimento. Tale politica nazionale dovrebbe contemplare anche il ruolo di un'infrastruttura nel facilitare l'attività di volontariato. In tale contesto l'UE può fornire un quadro di riferimento e promuovere lo scambio di buone pratiche tra gli Stati membri.

1.3

Tutti gli Stati membri dovrebbero definire un quadro giuridico che preveda il diritto a dedicarsi ad attività di volontariato indipendentemente dal proprio status giuridico o sociale. Occorre garantire pari opportunità a tutti coloro che si impegnano nelle attività di volontariato, incluse le persone con disabilità. In taluni Stati membri il contesto giuridico continua a ostacolare lo sviluppo delle attività di volontariato e in tal modo impedisce che vi sia nella società un sostegno più forte. Questo sviluppo è limitato talora da disposizioni che vietano o limitano l'esercizio di un'attività. Bisognerebbe riesaminare tali disposizioni e favorire le attività di volontariato per mezzo di un quadro giuridico che disciplini per esempio le questioni riguardanti l'assicurazione e il rimborso delle spese.

1.4

Il Comitato ritiene che non solo i governi, ma anche altri soggetti coinvolti — parlamenti, organi regionali e locali, organizzazioni della società civile — dovrebbero riconoscere l'importanza delle attività di volontariato e partecipare attivamente alla sua promozione, evidenziandone così il ruolo e contribuendo a innalzarne il prestigio sociale.

Il CESE desidera inoltre richiamare fermamente l'attenzione della Commissione sul ruolo decisivo delle organizzazioni della società civile nella realizzazione di attività di volontariato.

1.5

Al fine di promuovere la preparazione alle attività di volontariato, il Comitato considera inoltre opportuno intensificare i rapporti tra la società civile e la scuola. Bisogna dare maggior spazio, nell'istruzione primaria, all'attività pedagogica volta a sviluppare la sensibilità sociale e la partecipazione alla risoluzione di questioni sociali di interesse generale. Si potrebbe ad esempio favorire la partecipazione dei giovani dai 15 anni in su ad azioni di volontariato importanti ed utili, attraverso lo svolgimento di attività pratiche a scelta nel quadro di un «anno sociale e ambientale». Particolare attenzione andrebbe poi dedicata alle organizzazioni non governative nelle quali i minori svolgono le loro prime attività di volontariato.

1.6

Nel quadro degli sforzi per il riconoscimento dell'apprendimento informale e non formale attraverso, tra l'altro, Europass e la raccomandazione sulle competenze chiave, l'UE dovrebbe insistere in modo particolare sul riconoscimento delle competenze acquisite attraverso le attività di volontariato. L'introduzione di un Europass per i giovani contribuirebbe a favorire il riconoscimento delle attività svolte in tale ambito.

1.7

Il Comitato auspica quindi che gli Stati membri e l'UE predispongano una politica relativa alle attività di volontariato, la quale dovrebbe comprendere una strategia e programmi concreti per la promozione delle attività di volontariato, come pure proposte specifiche di aiuto. Inoltre, dovrebbe prevedere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica, favorire i partenariati tra società civile e imprese e promuovere il pubblico riconoscimento dei risultati realizzati dalle attività di volontariato, ad esempio attraverso un apposito quadro giuridico inteso a promuovere le attività di volontariato. In tale contesto l'UE può definire un quadro di riferimento, fornire spunti di riflessione e favorire lo scambio di buone pratiche.

1.8

A livello europeo servono dati affidabili e comparabili sulla portata, l'importanza e il valore socioeconomico delle attività di volontariato. La ricerca in questo campo dovrebbe tuttavia poggiare su una definizione unica di tali attività, la quale tenga conto delle esigenze e delle motivazioni degli operatori, ma soprattutto delle ragioni che inducono le persone a non volersi impegnare. A livello europeo bisogna fare in modo che il contributo delle attività di volontariato al reddito nazionale e il loro impatto sulla società civile divengano visibili. A tal fine si potrebbe assegnare a Eurostat un ruolo di coordinamento e di iniziativa. I dati raccolti verrebbero messi a disposizione di tutti i centri statistici degli Stati membri.

1.9

Il CESE auspica che i sistemi di finanziamento, le politiche e i programmi dell'UE siano più favorevoli alle attività di volontariato; in quest'ottica è indispensabile un'infrastruttura paneuropea di sostegno a questo settore. Al momento attuale il programma SVE (Servizio volontario europeo) costituisce una fonte di sostegno alle attività di volontariato nell'Unione europea: grazie a esso circa 40 000 giovani volontari dai 18 ai 25 anni hanno soggiornato in 31 tra Stati membri e paesi partner dell'UE, per periodi compresi fra sei mesi e un anno. Nel frattempo altri volontari prestano servizio in paesi in via di sviluppo grazie ai fondi per lo sviluppo. Il CESE ritiene insufficienti tali fondi e auspica che l'UE persegua un approccio più attivo, omogeneo e coerente, comprendente fra l'altro l'apertura di programmi europei di volontariato a tutti i gruppi sociali e non solo ai giovani che si impegnano per lunghi periodi.

1.10

Il CESE auspica inoltre una raccomandazione sulla promozione delle attività di volontariato da parte degli anziani, ad esempio con azioni pilota nel campo del partenariato e degli scambi di esperienze. Tale documento potrebbe figurare tra le prime iniziative da avviare.

1.11

Inoltre le attività di volontariato svolte nel quadro dei progetti europei dovrebbero essere equiparate in linea di principio ad una partecipazione finanziaria. Bisogna inoltre semplificare e rendere meno burocratici i formulari di richiesta per i progetti europei, in modo che le organizzazioni del volontariato siano in grado di partecipare alle relative gare.

1.12

Occorre anche potenziare la diffusione delle informazioni, le quali troppo spesso non riescono a raggiungere gli interessati. A tal fine vanno utilizzati tutti i possibili canali: ad esempio, si potrebbe allestire un sito informativo direttamente accessibile da qualsiasi pagina Internet che si occupi di attività di volontariato. In tale contesto sono importanti le reti europee delle organizzazioni del volontariato, grazie alle quali le organizzazioni si confrontano tra loro, si scambiano buone pratiche e fanno presenti alle istituzioni dell'UE le priorità e le richieste del settore. Tali reti dovrebbero beneficiare di uno specifico sostegno in quanto parti dell'infrastruttura per la promozione del volontariato.

1.13

L'Unione europea può contribuire in modo significativo a promuovere e a garantire il riconoscimento pubblico delle attività di volontariato sostenendo le celebrazioni del 5 dicembre, data scelta dalle Nazioni Unite come Giornata internazionale del volontariato, e attivandosi in tale ricorrenza per richiamare l'attenzione su questo settore. L'Anno internazionale del volontariato 2001 ha mostrato quanto sia importante un forte sostegno pubblico per questo tipo di programmi. Proclamando a livello europeo l'Anno internazionale del volontariato, come proposto dal CESE, si contribuirebbe a mettere in risalto e a sostenere l'impegno profuso a livello locale da innumerevoli volontari, suscitando in loro un senso di appartenenza europea.

1.14

Al fine di valorizzare appieno l'importanza delle attività di volontariato per lo sviluppo degli Stati membri, il Comitato raccomanda di adottare a livello europeo una Carta in cui venga stabilito il ruolo delle organizzazioni del volontariato, insieme con i loro diritti e i loro doveri. Per migliorare la situazione economica delle organizzazioni del volontariato negli Stati membri, il Comitato raccomanda di creare nel diritto comunitario una base giuridica per l'esenzione dall'IVA di tali organizzazioni. La finalità della proposta di stabilire il ruolo, i diritti e i doveri delle organizzazioni del volontariato in una Carta europea è soprattutto quella di definire direttive uniformi per quelle organizzazioni cui può essere conferita una posizione giuridica speciale in riferimento ai diritti economici e ad altri diritti speciali.

2.   Introduzione

2.1

Il valore delle attività di volontariato per la società è inestimabile. In Europa oltre 100 milioni di persone si dedicano nel tempo libero a diverse attività a beneficio di terzi e nell'interesse generale. Cresce sempre più il riconoscimento delle imprese, delle pubbliche amministrazioni e soprattutto della stessa cittadinanza (1) per le opere socialmente utili che le organizzazioni della società civile compiono esclusivamente o in massima parte grazie al contributo di volontari.

2.2

Ma il valore delle attività di volontariato va ben al di là della fornitura di servizi e del soddisfacimento di bisogni sociali. L'impulso che induce a contribuire di propria iniziativa al bene pubblico e a influire sulle sue forme stimola valori quali l'altruismo e la solidarietà, e costituisce quindi un contrappeso alla sempre più forte tendenza all'individualismo e all'egoismo che contraddistingue le società moderne.

2.3

Le attività di volontariato sono inscindibili dalla cittadinanza attiva, ossia da un elemento essenziale della democrazia, a livello sia locale sia europeo. I cittadini partecipano alla vita sociale non solo attraverso il coinvolgimento politico, ma anche contribuendo in forma mirata a risolvere problemi sociali. Grazie al loro impegno sociale possono anche dare concretamente spazio alla loro creatività. Nel proprio tempo libero o nel quadro di un servizio volontario, il singolo si adopera in favore del prossimo, perseguendo il bene comune e spesso esponendosi a considerevoli rischi finanziari o di salute. Proprio questa forma di cittadinanza europea attiva suscita negli altri un forte senso di appartenenza alla società. Le attività di volontariato possono quindi considerarsi uno dei migliori esempi di partecipazione, e dunque una componente essenziale, se non addirittura un presupposto, della cittadinanza attiva.

2.4

In più, le attività di volontariato promuovono lo sviluppo personale, da un lato facendo emergere una coscienza sociale e dall'altro affinando competenze chiave e capacità. Ne risultano aumentate le possibilità di affermarsi sul mercato del lavoro e di partecipare attivamente alla vita sociale. Attraverso le loro varie forme, le attività di volontariato offrono un'opportunità di apprendimento informale (2) e non formale (3), e svolgono quindi, accanto all'apprendimento formale (4), un ruolo decisivo nell'attuazione della formazione permanente.

2.5

Le attività di volontariato contribuiscono in misura rilevante alla formazione del prodotto nazionale dei nostri paesi. Molto spesso però questo contributo non lascia traccia nelle statistiche nazionali perché non è basato sullo scambio di prodotti aventi valore monetario, e perché manca un metodo comune per misurarne il valore economico. Quando però lo si misura, il valore delle attività di volontariato e il loro contributo all'economia risultano considerevoli (5). Per esempio, nel Regno Unito il loro valore economico stimato è pari al 7,9 % del PIL e vi si dedica il 38 % della popolazione complessiva. In Irlanda e in Germania la percentuale di cittadini che svolgono un qualche tipo di attività volontaria è di oltre il 33 %, in Polonia del 18 %.

2.6

Inoltre un servizio volontario transnazionale a livello europeo e internazionale può accrescere sostanzialmente la solidarietà e la comprensione reciproca tra i popoli e promuovere il dialogo interculturale. In tale contesto il CESE accoglie con soddisfazione il proposito della Commissione di ampliare il servizio volontario europeo e conferirgli maggiore visibilità ed efficacia.

2.7

La solidarietà, il senso di responsabilità nei confronti del prossimo e l'esigenza di sentirsi utili sono le motivazioni fondamentali delle attività di volontariato. Esso crea legami tra le persone e contribuisce alla coesione e al progresso sociale e alla qualità della vita in Europa. Il volontariato porta quindi in sé i valori dell'integrazione europea menzionati all'articolo 2 del Trattato CE e all'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea. Inoltre, costituisce un'espressione essenziale della democrazia partecipativa, la quale è riconosciuta dal Trattato costituzionale come una componente della vita democratica dell'UE. Le attività di volontariato, come le persone che le svolgono, servono il bene pubblico e dovrebbero quindi beneficiare in tutti gli Stati membri di un riconoscimento pari al loro ruolo.

2.8

Il CESE si è già occupato del tema del volontariato nella relazione informativa del 2002 sul tema L'esperienza Hospice: un esempio di attività di volontariato in Europa (relatrice: zu EULENBURG).

Le attività di volontariato sono state trattato dal CESE anche in altri contesti, ma sinora non vi era stato un parere dedicato specificamente a tale tema (6).

2.9

Anche nell'UE il contributo delle attività di volontariato in campo sociale, culturale ed ecologico è sempre più apprezzato e le relative organizzazioni vengono coinvolte in misura crescente nel processo decisionale, anche politico, in particolare in settori quali l'istruzione e la formazione permanente, la salute e la tutela dei consumatori, lo sviluppo, il commercio ecc. Il CESE accoglie con favore queste iniziative, ma reputa che i progressi sinora realizzati siano insufficienti.

2.10

Il CESE si compiace del fatto che le attività volontarie dei giovani siano considerate prioritarie nel quadro sia del processo politico avviato dalla Commissione nel 2001 sia del metodo aperto di coordinamento. Sulla base dei progressi già realizzati nel settore della gioventù, il Comitato invita la Commissione a sviluppare ulteriormente il tema delle attività di volontariato, intervenendo sugli aspetti orizzontali secondo un approccio olistico.

2.11

Un segnale a livello mondiale è stato dato dall'ONU che ha proclamato il 2001 Anno internazionale del volontariato. Questo evento ha richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica sulle attività di volontariato, incoraggiando molti ad impegnarvisi e indicando quali percorsi seguire per ottenere il riconoscimento, l'assistenza e il sostegno del mondo politico nei loro confronti. Per iniziativa delle Nazioni Unite, il 5 dicembre è stato proclamato Giornata internazionale del volontariato. Sarebbe opportuno che anche l'UE richiamasse l'attenzione dei cittadini su questo importante evento.

2.12

Il Comitato ritiene tuttavia che la Commissione europea e gli Stati membri dovrebbero occuparsi maggiormente delle attività di volontariato. Anche per questo motivo si compiace dell'invito rivoltogli dal commissario WALLSTRÖM a elaborare un parere su questo importante argomento.

3.   La nozione di attività di volontariato e le sue caratteristiche

3.1

Sia nella prassi che nella teoria, le attività di volontariato sono spesso definite in modi differenti, ed è difficile inglobare tutti i loro vari aspetti in un'unica definizione. Ad ogni modo, tutte le definizioni adottate negli Stati membri dell'Unione europea sono accomunate da tre criteri indispensabili:

le attività di volontariato vengono intraprese liberamente e di propria iniziativa, e non possono in alcun modo avere carattere obbligatorio. Questo carattere facoltativo garantisce l'impegno dei volontari e la loro identificazione con l'attività che svolgono,

l'attività volontaria viene svolta a titolo gratuito e non può essere motivata da ragioni finanziarie; chi la presta può tuttavia percepire un rimborso delle spese sostenute,

l'impegno nelle attività di volontariato è diretto ad aiutare persone che non fanno parte della propria famiglia o altri gruppi sociali, e a rendersi in tal modo utili alla società. È tuttavia indiscutibile che questo impegno comporta, per chi lo offre, notevoli vantaggi in termini di sviluppo della propria personalità.

Non si è invece stabilito in modo univoco se la definizione vada applicata solo ad attività regolari, cioè se vi si possa includere anche il sostegno offerto a livello di vicinato o attraverso le «banche del tempo» in fase di creazione da alcuni anni, o se invece contino solo le attività prestate in modo formale e strutturato. Ciò detto, i tre criteri di base indicati più in alto costituiscono altrettante condizioni indispensabili affinché un'attività, sia essa prestata in favore della comunità locale o nel quadro di un servizio strutturato, possa essere classificata come volontariato. In linea generale si può affermare che il modo migliore per includere le differenti forme di attività volontaria è valersi di un'ampia definizione.

3.2

L'obiettivo delle attività di volontariato non è quello di sostituire il lavoro retribuito, ed è anzi auspicabile che le attività retribuite non possano essere sostituite da attività volontarie. L'attività volontaria assume un valore particolare per il contributo che offre alla configurazione della vita collettiva. Essa non si limita ad una mera offerta di servizi sociali o all'esecuzione di compiti di base delle pubbliche amministrazioni. Il valore aggiunto intrinseco del volontariato consiste:

nel creare legami sociali, nel senso che chiunque si impegni nelle attività di volontariato si identifica più fortemente con la società e sviluppa un più forte senso della solidarietà,

nella partecipazione dei cittadini alla gestione attiva della vita collettiva.

3.3

Le attività di volontariato assumono forme differenti, e sono quindi difficili da categorizzare. In questo tipo di attività si impegnano le più disparate categorie sociali, sia pure in misura variabile secondo gli Stati membri: la proporzione di volontari per settore, il loro profilo (età, origine, livello di istruzione, ecc.) variano, talvolta fortemente, da un paese all'altro.

3.4

Accanto all'attività di volontariato formale svolta sotto l'egida di una struttura specifica, vi è anche un'attività di volontariato informale e persino un volontariato nascosto (come accade spesso, per esempio, nel caso delle attività prestate da immigrati).

3.4.1

Tra le varie forme di attività di volontariato figurano in particolare:

la partecipazione alla vita pubblica e l'impegno civico,

la rappresentanza di interessi collettivi, l'organizzazione di campagne di sensibilizzazione, le attività di patrocinio legale e di tutela dei consumatori,

la beneficenza, l'assistenza agli altri, specie anziani o disabili, nel vicinato, oppure nel quadro del sostegno allo sviluppo,

l'impegno diretto per la collettività, ad esempio in situazioni speciali come le calamità naturali, ecc.,

i gruppi di assistenza e di aiuto reciproci,

l'impegno nelle associazioni religiose,

l'impegno, da parte di cittadini in varie posizioni «onorifiche», nella vita politica e scientifica, nella direzione e nel funzionamento di piccole associazioni e circoli sportivi.

3.4.2

L'impegno volontario può inoltre essere classificato per campi di attività, ad esempio sport, cultura, sociale, sanità, istruzione, gioventù, ambiente, protezione civile, politica, tutela dei consumatori, cooperazione allo sviluppo, ecc.

3.5

Il servizio volontario è una speciale forma di volontariato. Esso è limitato nel tempo, la sua durata è stabilita in anticipo e, a differenza di quanto avviene per la maggior parte delle attività di volontariato, quanti lo forniscono vi si impegnano in forma esclusiva, ossia non parallelamente ad altre attività come l'apprendimento o il lavoro. A differenza delle attività effettuate in modo continuato nel tempo libero della persona coinvolta, il servizio volontario si fonda in generale su una serie di regole e di responsabilità definite congiuntamente, che assumono spesso la forma di un accordo tra i diversi partecipanti al progetto, compresi i volontari. Si distinguono le seguenti varie forme di servizio volontario:

attività volontarie, che comprendono tutti i tipi di impegno volontario. Esse sono aperte a tutti, non remunerate, intraprese liberamente, presentano un aspetto educativo (apprendimento non formale) e costituiscono un valore sociale aggiunto.

Il servizio volontario costituisce parte integrante delle attività volontarie e ha inoltre le seguenti caratteristiche: durata determinata, obiettivi, contenuti, compiti, strutture e quadro chiari, sostegno adeguato e protezione giuridica e sociale.

Il servizio civico è volontario, gestito dallo Stato o per conto dello Stato, effettuato per esempio nel settore sociale o della protezione civile.

Il servizio civile sostitutivo in alcuni paesi costituisce un'alternativa al servizio militare obbligatorio, ma non è effettuato su base volontaria (7).

3.6

Esiste una netta distinzione tra il volontariato retribuito e quello a titolo gratuito: se l'attività retribuita è eseguita, in base alle definizioni fornite dall'ONU e dall'OIL, al servizio di un'organizzazione non-profit, essa riceve una remunerazione spesso inferiore a quella di mercato; se invece è effettuata a titolo gratuito, non riceve alcuna remunerazione, ad eccezione dell'eventuale rimborso delle spese sostenute nel corso della missione. Al momento di chiarire lo statuto legale delle attività di volontariato, bisognerebbe tener conto di questi aspetti in modo da rendere più agevole la situazione dei volontari, nonché di coloro che effettuano tirocini presso ONG quale parte obbligatoria del loro corso di studi.

In base alla definizione dell'OIL e delle agenzie dell'ONU, il volontariato è un'attività svolta nell'ambito di organizzazioni senza scopo di lucro, vale a dire associazioni volontarie o organizzazioni non governative di tipo umanitario o non-profit, da lavoratori definiti «volontari», i quali percepiscono per la maggior parte una remunerazione di tipo salariale. Si tratta di lavoratori subordinati e il carattere volontario della loro attività è determinato dal fatto che la remunerazione da essi percepita è spesso al di sotto del prezzo di mercato: questa caratteristica definisce e costituisce la componente e il carattere volontari della loro attività. Ad esempio, un addetto alla logistica operante in un'organizzazione che presta assistenza umanitaria di emergenza, o un giurista facente parte di un'associazione per la tutela dei diritti dei profughi percepiscono, sì, una retribuzione, ma diversa (cioè inferiore) da quella cui potrebbero ambire sul mercato professionale (per esempio, imprese di trasporto o studi legali).

Il servizio volontario europeo (SVE) è spesso addotto come modello da estendere e valorizzare. Si tratta di un servizio che mette a disposizione delle associazioni o delle ONG dei giovani i quali, per i servizi prestati, ricevono una retribuzione e un rimborso spese (di vitto e alloggio) comprendente anche una parte d'indennità come le indennità di tirocinio. Questo sistema consente di mettere a disposizione delle associazioni e delle ONG dei giovani che svolgono studi superiori (la stragrande maggioranza degli studi a carattere internazionale o europeo prevede obbligatoriamente un tirocinio all'estero).

La partecipazione dei giovani a progetti umanitari o di interesse generale dietro compenso di un'indennità forfettaria rappresenta un arricchimento reciproco. Se è giustificato l'intento di chiarire lo statuto giuridico dell'indennità corrisposta, non bisogna tuttavia confondere le attività di volontariato retribuite con quelle non retribuite.

3.7

Nel contesto del presente parere non rientra l'attività volontaria remunerata, secondo le definizioni dell'OIL e dell'ONU, ad esempio quella svolta da Medici senza frontiere.

3.8

Negli ultimi anni le attività di volontariato si sono nuovamente diversificate in termini di modalità e di motivazioni. A tale proposito sono particolarmente importanti i nuovi valori che vengono trasmessi e gli sviluppi in corso nella società. L'interesse per le attività di volontariato cresce di giorno in giorno e aumenta la relativa domanda, ma non aumentano di pari passo le risorse finanziarie e di bilancio, né tanto meno lo sviluppo delle infrastrutture e il riconoscimento di tali attività.

3.8.1

Chi si dedica ad attività di volontariato beneficia della possibilità di organizzare utilmente il proprio tempo libero, di sviluppare le proprie competenze sociali, di fare e scambiare esperienze. Tra le motivazioni che inducono i giovani a dedicarsi alle attività di volontariato rientra sempre più spesso l'acquisizione di conoscenze e una migliore comprensione della propria personalità e delle proprie capacità, utili tra l'altro per far fronte ai requisiti della società della conoscenza. Tra i motivi che inducono ad optare per un'attività di volontariato all'estero vi è la possibilità di stabilire contatti interculturali e di apprendere una lingua. Nel quadro dell'unificazione europea, in particolare, viene promossa in questo modo la comprensione tra le culture. Ai fini dello sviluppo della cittadinanza europea possono essere molto importanti i progetti internazionali di volontariato, come ad esempio la borsa dei volontari nelle euroregioni.

3.8.2

Le organizzazioni della società civile e i centri di volontariato hanno minori difficoltà a reclutare volontari quando si adeguano alle nuove realtà della società, seguendo ad esempio l'evoluzione degli interessi culturali dei giovani, la diffusione di Internet, le possibilità di fare volontariato on line, le nuove forme di comunicazione diffuse tra i giovani, come gli SMS. Occorre anche tenere conto della possibilità di svolgere missioni di breve durata come opportunità «di ingresso» per i giovani, della disponibilità di tempo libero dei cittadini interessati e dei nuovi modi di gestirlo, dei nuovi gruppi come gli immigrati, i disoccupati di lungo periodo o i sempre più numerosi pensionati che desiderano rendersi utili.

3.9

In sintesi si può dire che le attività di volontariato costituiscono un fenomeno trasversale che coinvolge vari settori della società, ma anche una parte importante della popolazione. Va tuttavia sottolineato che questo tipo di attività è meno diffuso presso le persone sfavorite o vittime di esclusione sociale.

4.   Il ruolo socioeconomico generale delle attività di volontariato nella società europea

4.1

La letteratura specializzata internazionale analizza il ruolo delle attività di volontariato soprattutto sulla base della funzione che esse svolgono nella società e nell'economia. Come si è detto, il suo valore specifico deriva dal contributo che esso dà alla cittadinanza attiva, ma spesso è arduo quantificarne l'impatto: impegno sociale, sentimento di appartenenza, identificazione con la società, solidarietà, senso di responsabilità sociale e promozione della coesione sono tutti aspetti difficili da misurare.

4.2

Un approccio adeguato, descritto negli studi sulla società civile (ad es. Putnam 2000 (8)), consiste nel riferirsi al cosiddetto «capitale sociale», cui le attività di volontariato forniscono un contributo essenziale. Le reti sociali, i contatti, i valori e gli atteggiamenti dei cittadini, come pure la reciproca fiducia rivestono grande importanza per lo sviluppo sociale (ed economico) delle regioni. Quando in un determinato territorio le cifre relative alle associazioni della società civile o al numero di volontari sono elevate, anche altri indicatori economici e sociali sono positivi. Le attività di volontariato accrescono sensibilmente il capitale sociale attraverso la creazione di reti e di legami sociali.

4.3

Pertanto, ai consueti indicatori del grado di sviluppo di un paese (ossia i principali parametri economici come la crescita e l'equilibrio finanziario) ne andrebbero affiancati altri, nuovi e alternativi, tali da misurare il capitale sociale, la coesione sociale e il contributo delle attività di volontariato. Si dovrebbe inoltre quantificare il valore economico delle attività di volontariato, come suggeriscono le Nazioni Unite nel manuale sulle organizzazioni non-profit nel sistema statistico nazionale.

4.4

Ciò sarebbe coerente anche con l'ottica dello sviluppo sostenibile, il quale punta a promuovere non solo la crescita economica, ma anche la sostenibilità ambientale, la solidarietà e la democrazia. Sarebbero inoltre rispettati gli obiettivi della strategia di Lisbona, che nel contesto generale dello sviluppo sostenibile considera inseparabili i tre settori dell'economia, del sociale e dell'ambiente, e mira a sfruttare meglio le sinergie tra questi settori. Attraverso la promozione della coesione sociale, le attività in campo ambientale e il reinserimento di disoccupati (di lungo periodo), le attività di volontariato forniscono in tutti e tre i suddetti settori un importante contributo, che bisogna in qualche modo valutare.

4.5

Il Patto europeo per la gioventù, adottato dal Consiglio europeo nella primavera del 2005 e facente parte della strategia di Lisbona riveduta, incoraggia i giovani a fare del volontariato (9).

4.6

Gli studi compiuti a livello internazionale e l'esperienza maturata insegnano che le attività di volontariato nei vari settori possono essere promosse in modo più efficace e mirato.

4.6.1

Per esempio, già nel corso del processo di scolarizzazione, socializzazione e educazione dei minori occorre mirare a farne dei membri attivi della società. In questo processo svolgono un ruolo specifico ed esemplare le organizzazioni che realizzano programmi con obiettivi sociali e i cui membri sono in maggioranza minori e giovani.

4.6.2

Le attività di volontariato possono avere un ruolo importante nella lotta contro la disoccupazione giovanile e di lungo periodo, come pure nel favorire in maniera generale l'ingresso nel mondo del lavoro.

Le persone che si impegnano nelle attività di volontariato possono accumulare esperienze e conoscenze importanti e richieste sul mercato del lavoro, oltre che creare una rete di contatti. Oltre a svolgere le loro attività nei tradizionali settori del volontariato, il sociale e la sanità, nel corso del loro servizio essi possono acquisire competenze e conoscenze chiave in materia di pubbliche relazioni, comunicazione, espressione, competenze sociali, gestione organizzativa, formazione professionale, ecc.

Essi hanno la possibilità di sperimentare differenti ruoli sociali, di imparare a prendere la giusta decisione, di risolvere problemi, di assimilare una cultura professionale, di mettere alla prova il proprio senso di giustizia e le proprie capacità direzionali. Le attività di volontariato possono rappresentare una parte importante del curriculum e della carriera di queste persone. Le attività volontarie rappresentano quindi un importante strumento di apprendimento non formale e informale, che va a integrare l'apprendimento formale, l'istruzione e la formazione. Tali attività possono anche migliorare le opportunità di lavoro di chi le pratica, in particolare nel caso dei giovani.

4.6.3

Per quanto riguarda l'invecchiamento attivo, il ruolo delle attività di volontariato è duplice, giacché da un lato consente alle persone anziane di continuare a partecipare alla vita sociale, mettere la propria esperienza al servizio del prossimo e sentirsi ancora utili, cosa che si riflette positivamente anche sulla loro salute e sulla qualità della loro vita. D'altro lato, esso permette a giovani e anziani di lavorare insieme su un progetto, confrontarsi e sostenersi a vicenda, e quindi di contribuire alla comprensione tra le generazioni.

4.6.4

Per varie fasce emarginate della popolazione il volontariato può essere un'occasione per integrarsi, o ricevendo un sostegno da altri o impegnandosi essi stessi nel volontariato e riacquistando così un posto nella società. Questa sorta di riappropriazione della propria vita, consentita dalle attività di volontariato, è importante specialmente per i gruppi isolati sotto il profilo sociale e per gli immigrati. Purtroppo in alcuni Stati membri la legge ostacola tale processo: vi sono per esempio Stati membri dove gli immigrati non possono dedicarsi ad attività di volontariato.

4.6.5

Occorre menzionare anche l'importanza dei vari gruppi di aiuto reciproco. La loro principale caratteristica consiste nel fatto che persone con problemi analoghi, nei campi più disparati, si riuniscono e si aiutano reciprocamente comunicandosi le rispettive esperienze personali.

4.6.6

Anche i datori di lavoro e le imprese svolgono un ruolo preciso nella promozione delle attività di volontariato. Da un lato i dipendenti che si dedicano a tali attività al di fuori dell'impresa acquisiscono competenze sociali, maggiore creatività e una più forte motivazione professionale, rafforzando così il proprio senso di appartenenza all'impresa. D'altro lato le imprese divengono sempre più consapevoli della propria responsabilità sociale: i partenariati di reciproca utilità tra organizzazioni del volontariato, amministrazioni comunali e statali e imprese aiutano a mettere insieme le capacità a livello locale e a utilizzarle per dar forma alla vita della collettività. Il dialogo tra le parti sociali, l'apprendimento reciproco e gli accordi collettivi possono contribuire a far sì che il volontariato, in quanto componente della responsabilità sociale, riceva più riconoscimento e sostegno.

4.6.7

Il CESE constata con preoccupazione che spesso le associazioni del volontariato e le relative attività non vengono riconosciute perché in numerosi Stati membri mancano una definizione giuridica e una base giuridica del volontariato. A volte, per esempio, il potenziale di tale attività non viene riconosciuto se essa non è svolta nel quadro di misure di integrazione destinate ai giovani, ai disoccupati o agli immigrati. Per di più, chi opera nel volontariato si trova spesso in difficoltà per quanto riguarda il fisco, la previdenza sociale o le assicurazioni. Va ribadita l'esigenza di una legislazione che definisca lo status giuridico dei volontari e riconosca a tutti gli abitanti di un paese il diritto di svolgere attività di volontariato. Si esortano inoltre gli Stati membri a colmare le lacune esistenti nel rispettivo diritto del lavoro e che ostacolano l'intervento del personale volontario di assistenza in favore della collettività, in particolare in caso di catastrofi. Troppo spesso i lavoratori dipendenti devono contare sulla buona volontà dei loro datori di lavoro per ottenere il diritto di assentarsi dal lavoro.

4.6.8

Il Comitato raccomanda di chiarificare le relazioni reciproche e i compiti dei singoli attori: Stato, mercato e organizzazioni del volontariato. Per quanto rivesta un ruolo importante nelle nostre società, le attività di volontariato non devono fornire i servizi sociali di base o sostituirsi all'azione degli organismi pubblici. L'intervento politico deve promuovere le attività di volontariato come tali, senza istituzionalizzarle, perché altrimenti perderebbero la loro legittimità e il loro particolare valore, basato sulla libera scelta delle persone coinvolte.

4.6.9

Ad ogni modo, il CESE ritiene che lo Stato debba predisporre l'infrastruttura necessaria per le attività di volontariato, le quali sono prestate a titolo gratuito ma comportano delle spese e hanno quindi ripercussioni sul bilancio. Anche l'esperienza di diversi paesi europei mostra che un'adeguata infrastruttura di sostegno migliora considerevolmente la portata e la qualità delle attività di volontariato. Il sostegno e l'assistenza forniti alle organizzazioni del volontariato, la motivazione di quanti vi si impegnano, la loro formazione e il supporto impartito loro, come pure gli eventuali rimborsi spese, tutto ciò ha un costo, che però viene ampiamente compensato. In tale contesto lo Stato può assumere un ruolo attivo attraverso una pianificazione strategica dei programmi, la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e il coordinamento. Per fare in modo che le attività di volontariato siano meglio conosciute, lo Stato deve finanziare l'esecuzione di studi, incentrati in particolare sulla relazione tra lo spirito del volontariato e l'istruzione.

4.6.10

D'altro lato, tutti i soggetti coinvolti (lo Stato, le imprese e le organizzazioni del volontariato) devono compiere uno sforzo comune se vogliono promuovere e far progredire le attività di volontariato e suscitare intorno a esso un più vasto consenso sociale. A tale fine è indispensabile tanto un'efficace collaborazione in rete fra le organizzazioni del volontariato per scambiarsi buone pratiche e riunire le forze, quanto la collaborazione tra i vari settori.

Bruxelles, 13 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Per esempio, lo studio Euyoupart 2003-2005, finanziato dalla Commissione europea e concernente la partecipazione sociale dei giovani, mostra che in tutti e otto gli Stati europei partecipanti i giovani hanno più fiducia nelle organizzazioni non governative e nella società civile che nelle organizzazioni pubbliche.

http://www.sora.at/images/doku/euyoupart_finalcomparativereport.pdf

(2)  Apprendimento informale ( informal learning ) Apprendimento risultante dalle attività della vita quotidiana legate al lavoro, alla famiglia o al tempo libero. Non è strutturato (in termini di obiettivi di apprendimento, di tempi o di risorse) e di norma non sfocia in una certificazione. L'apprendimento informale può essere intenzionale, ma nella maggior parte dei casi non lo è (nel senso che è «fortuito» o casuale).

(3)  Apprendimento non formale ( non-formal learning ) Un apprendimento non erogato da un ente di istruzione o formazione e che non sfocia di norma in una certificazione. Esso è peraltro strutturato (in termini di obiettivi di apprendimento, di tempi o di risorse per l'apprendimento). L'apprendimento non formale è intenzionale dal punto di vista del discente.

(4)  Apprendimento formale ( formal learning ) Apprendimento tradizionalmente erogato da un ente di istruzione o formazione, strutturato (in termini di obiettivi di apprendimento e tempi o risorse per l'apprendimento) e sfociante in una certificazione. L'apprendimento formale è intenzionale dal punto di vista del discente (Fonte: COM(2001) 678 def.).

(5)  Cfr. lo studio Facts & Figures Research Project (Progetto di ricerca per la raccolta di dati e cifre) (2004-2006) del Centro europeo per il volontariato (CEV) (

http://www.cev.be/facts&figures.htm)

(6)  Sinora il CESE ha esaminato temi connessi al volontariato nei seguenti pareri:

 

parere CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio sulle politiche europee concernenti la gioventù: Rispondere alle preoccupazioni dei giovani in EuropaAttuare il Patto europeo per la gioventù e promuovere la cittadinanza attiva (relatrice: van TURNHOUT), GU C 28 del 3.2.2006, pag. 35,

 

parere CESE in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma «Gioventù in azione» per il periodo 2007-2013 (relatore: RODRIGUEZ GARCÍA-CARO), GU C 234 del 22.9.2005, pag. 46,

 

parere CESE sul tema Accrescere la visibilità e l'efficacia della cittadinanza europea (relatore: VEVER), non ancora pubblicato in GU,

 

parere CESE in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, per il periodo 2007-2013, il programma «Cittadini per l'Europa» mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva (relatore: Le SCORNET), GU C 28 del 3.2.2006, pag. 29.

(7)  COM(2004) 337 def.

(8)  Robert D. Putnam, Bowling AloneThe Collapse and Revival of American Community; New York, Simon and Schuster, 2000. (trad. it. Capitale sociale e individualismo. Crisi e rinascita della cultura civica in America, Bologna, 2004).

(9)  Il Consiglio europeo di primavera 2005 ha adottato il Patto per la gioventù nel quadro della strategia di Lisbona riveduta. Il Patto mira a migliorare l'istruzione, la formazione, la mobilità, l'inserimento professionale e l'inclusione sociale dei giovani europei, facilitando nel contempo la conciliazione tra attività professionale e vita familiare. In tale contesto il Consiglio europeo ha invitato l'Unione e gli Stati membri e incoraggiare la mobilità dei giovani rimuovendo gli ostacoli per i tirocinanti, i volontari e i lavoratori, nonché le loro famiglie. Cfr. Allegato I alle Conclusioni della presidenza del Consiglio europeo, Bruxelles 22 e 23.3.2005 (7619/05).


ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale europeo

Il seguente emendamento, che è stato respinto nel corso della votazione, ha ottenuto più di un quarto dei voti espressi.

Sopprimere il punto 3.6

Motivazione

Il parere in questione riveste un'importanza fondamentale, perché è uno dei pochi pareri del CESE che descrive in modo così dettagliato le attività di volontariato. Le definizioni, gli esempi e le teorie contenute nel parere sono tanto più rilevanti in quanto in tutti in pareri futuri su questo argomento vi faremo riferimento per decidere se annoverare un'attività nella categoria del volontariato o in quella del lavoro sociale.

L'emendamento proposto ha lo scopo di sopprimere dal testo le definizioni utilizzate dall'ONU e dall'OIT. Ritengo che il CESE nel parere non debba in nessun caso fare riferimento a tali definizioni, dato che la proposta della Commissione, alla base dell'elaborazione del parere, riguarda solo ed esclusivamente il volontariato in senso stretto, ovverosia l'attività di volontariato che non è retribuita in alcun modo.

Se adottato in sessione plenaria, l'emendamento avrà l'effetto di migliorare la leggibilità del parere, di evitare una fonte di inutile confusione per il lettore e di ridurre inoltre la lunghezza del documento.

Esito

voti favorevoli: 53

voti contrari: 61

astensioni: 24


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/53


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Il partenariato per la crescita e l'occupazione: fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese

COM(2006) 136 def.

(2006/C 325/14)

La Commissione, in data 22 marzo 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 novembre 2006, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice PICHENOT.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 153 voti favorevoli, 21 voti contrari e 14 astensioni:

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La responsabilità sociale delle imprese interessa da vicino ciascun cittadino europeo poiché è una componente del modello sociale europeo. Il Comitato economico e sociale europeo si compiace che la Commissione ne tenga conto nella comunicazione in esame, in cui sottolinea fra l'altro che «la RSI riflette i valori fondamentali dell'UE». Di conseguenza il Comitato ritiene che i cittadini europei dovrebbero poter avere accesso a informazioni affidabili e quanto più complete possibile circa le prese di posizione e le pratiche delle imprese e degli enti territoriali perché ciò permetterebbe loro di scegliere con maggiore cognizione di causa in quanto consumatori, risparmiatori e residenti. I prodotti e i servizi che possono offrire un'informazione sociale di qualità e soddisfano un criterio di tracciabilità beneficiano già presso gli investitori, i consumatori e le loro associazioni di un effettivo vantaggio comparato. Tale tendenza si rivelerà sempre più importante nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile.

1.2

Un portale d'informazione sulla RSI potrebbe dunque inquadrarsi nel piano d'azione Meglio comunicare l'Europa. Questo portale europeo, raggruppando le informazioni disponibili, permetterebbe di compiere un inventario del numero e del tipo delle imprese, dei temi affrontati e delle parti direttamente interessate. Esso sarebbe utile per sensibilizzare alla RSI i soggetti interessati di tutti gli Stati membri. In particolare, sarebbe molto opportuno se il portale fornisse informazioni sulle buone pratiche delle imprese dei nuovi Stati membri. Il portale costituirebbe uno strumento di valutazione globale in materia di RSI. Questo repertorio, volontario e multilaterale, corredo indispensabile della cosiddetta «Alleanza europea», dovrebbe essere cofinanziato dalla Commissione. La biblioteca sulle prassi (1) in materia di RSI così costituita permetterebbe lo scambio d'informazioni sulle buone pratiche delle imprese e degli enti territoriali.

1.3

Dato che la RSI contribuisce alla realizzazione della strategia di Lisbona (innovazione, competitività, occupabilità e creazione di posti di lavoro), il CESE suggerisce agli Stati membri d'integrarne la promozione nei rispettivi Piani di riforma nazionali e, beninteso, nelle strategie nazionali per lo sviluppo sostenibile. Ricorda che la RSI è praticata su base volontaria, è complementare al rispetto del diritto del lavoro e della legislazione sociale nazionale e rafforza, se necessario, le norme internazionali del lavoro. Il CESE invita le autorità degli Stati membri e dell'UE a favorire l'emergere e la crescita dei nuovi settori d'attività creati o sviluppati dalla politica della RSI. Esorta altresì gli Stati membri e l'UE a stimolare le imprese a tenere un atteggiamento responsabile nel quadro degli appalti pubblici (adottando il criterio del vantaggio sociale e ambientale).

1.4

In tutta l'Europa si applica un gran numero di prassi ispirate allo sviluppo sostenibile o alla RSI. Questa varietà è sì un fattore di dinamismo, ma rende difficile un approccio europeo concertato. Il CESE si compiace del fatto che, conformemente a quanto auspicato nella comunicazione, il gruppo dei rappresentanti nazionali ad alto livello sulla RSI sia stato riattivato come sede di dibattito per migliorare lo scambio di buone pratiche. Prima ancora di cercare una convergenza occorre aggiornare l'inventario delle pratiche nazionali. Questa verifica, che deve includere le politiche pubbliche e le legislazioni esistenti, dovrebbe permettere di evidenziare, nel rispetto della diversità, i risultati ottenuti dalle politiche pubbliche intese a favorire la promozione della RSI.

1.5

La Commissione europea ritiene che le imprese europee dovrebbero tenere un comportamento responsabile ovunque esse operino, rispettando i valori dell'Unione europea e delle norme internazionali riconosciute, segnatamente per quanto riguarda il lavoro dignitoso. Di conseguenza il CESE fa appello alle parti sociali delle società multinazionali di origine europea affinché arricchiscano il dialogo sociale transnazionale negoziando accordi quadro internazionali sulla RSI. Le imprese che hanno sottoscritto questi accordi, quando questi si fondano sul rispetto dei principi della Dichiarazione dell'OIL e delle linee guida dell'OCSE destinate alle società multinazionali, partecipano così alla realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM).

1.6

Il CESE appoggia le iniziative del dialogo sociale settoriale che coinvolge la RSI nella gestione delle trasformazioni economiche. Esso raccomanda ai diversi settori di assicurarsi che tali iniziative includano partecipanti di tutti gli Stati membri.

1.7

Il Comitato afferma che la RSI è esemplare quando fa parte integrante della strategia ed è applicata a tutti i livelli gerarchici dell'impresa. Raccomanda pertanto alle imprese che intendono appoggiare l'Alleanza europea di parteciparvi pienamente e integralmente, coinvolgendo anche i rappresentanti del personale che vorranno farlo e il comitato aziendale europeo laddove esista.

1.8

Pur dichiarandosi favorevole al fatto che la generalizzazione della RSI auspicata dalla Commissione passi per le PMI, il CESE invita tutti i tipi di impresa, incluse quelle dell'economia sociale, a impegnarsi nella RSI, nel rispetto della loro diversità.

1.9

Per migliorare il processo di rating, il Comitato invita le imprese europee a impegnarsi nell'elaborazione e nella revisione dei diversi strumenti di misura e informazione, come le norme EMAS, GRI e ISO 26000. Ricorda che ad ogni modo, la certificazione, quando è fattibile, deve partire dalla volontà dell'impresa e non può essere resa obbligatoria. Per assicurare la legittimità e l'affidabilità delle agenzie di rating e di certificazione è importante che tali agenzie stabiliscano la loro valutazione secondo criteri basati sui testi fondamentali contenuti nell'elenco redatto dal Forum multilaterale del 2004. Il Comitato incoraggia le iniziative di autoregolamentazione del settore delle agenzie.

1.10

Il CESE constata che l'allegato della comunicazione è frutto di un'iniziativa concertata della Commissione e di una parte degli ambienti imprenditoriali, e che le altre parti interessate non sono state contattate. Ritiene quindi che le organizzazioni imprenditoriali abbiano il compito di diffondere l'informazione e di promuovere, a livello nazionale e locale, le attività delle imprese dell'Alleanza europea per la RSI.

1.11

Il CESE invita le parti direttamente interessate esterne ad attivarsi nelle nuove riunioni del Forum europeo multilaterale sulla RSI e a partecipare ai dialoghi avviati con le imprese dell'Alleanza. Raccomanda di istituire sedi per dibattiti nazionali con una composizione multilaterale allo scopo di esaminare le buone pratiche, e in particolare quelle che sono pubblicate nel portale europeo, allo scopo di rispondere per quanto possibile alle attese dei cittadini.

1.12

Il CESE auspica una riflessione approfondita sulla valutazione del livello raggiunto in materia di RSI. Ciò dovrebbe avvenire quanto prima per assicurare la credibilità della nuova iniziativa, la quale ricerca esplicitamente l'eccellenza. Tale riflessione potrebbe intervenire nel quadro dell'esame delle strategie (nazionale e comunitaria) per lo sviluppo sostenibile, dato che entrambi questi aspetti rientrano nella medesima filosofia, fermo restando che la responsabilità delle imprese e degli enti territoriali nei confronti della società si situa al livello micro mentre lo sviluppo sostenibile si pone al livello macro. Questo punto dovrebbe figurare all'ordine del giorno delle prime riunioni (fine 2006) del Forum europeo multilaterale sulla RSI, cui il CESE auspica di essere pienamente associato.

1.13

Il Comitato propone altresì alla Commissione di proclamare uno dei prossimi anni «Anno europeo della RSI».

2.   Motivazione

2.1   Il contesto europeo della RSI dopo il vertice di Lisbona

2.1.1

I consigli europei (Lisbona 2000, Göteborg 2001) hanno precisato un approccio europeo alla Responsabilità sociale delle imprese (RSI) che si articola in tre aspetti. A livello europeo la RSI è un'iniziativa a carattere volontario che integra il cosiddetto acquis comunitario, il quale resta il riferimento obbligatorio nei suoi aspetti sociali (diritto del lavoro), «societali», ossia che interessano la società nel suo insieme, (diritto dei consumatori) e ambientali (diritto dell'ambiente). Già erano disponibili strumenti europei volontari relativi all'aspetto ambientale (EMAS, Ecolabel).

2.1.2

Nel luglio 2001 (2) la Commissione europea ha pubblicato il Libro verde Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese che definiva la RSI e in merito al quale il CESE ha emesso un parere nel marzo 2002 (3). Il Libro verde invitava tutti gli Stati membri a dare il loro contributo su questo tema, e quindi — sulla base di tali contributi — nel luglio 2002 la Commissione ha adottato una prima comunicazione sulla responsabilità sociale delle imprese, dal titolo Un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile, titolo che già di per sé evidenziava come la RSI sia l'aspetto microeconomico del concetto macroeconomico di sviluppo sostenibile.

2.1.3

La Commissione ha organizzato un Forum multilaterale (con la partecipazione di diverse parti direttamente interessate) sulla RSI nell'Unione europea, nell'intento di definire raccomandazioni comuni in proposito. Si tratta di un processo inedito di dialogo e di concertazione che ha riunito parti sociali, istituti di ricerca e le parti interessate, un tentativo unico di organizzare un dialogo civile su richiesta della Commissione. Dopo lunghi lavori a livello di comitati ad hoc e quattro sedute plenarie, il 29 giugno 2004 il Forum ha emesso il suo rapporto finale riconoscendo che diverse parti direttamente interessate, e non solo le imprese, hanno un ruolo nello sviluppo sostenibile. Il rapporto contiene nove serie di raccomandazioni rivolte alle imprese, agli operatori e alle parti direttamente interessate, ai pubblici poteri e alle istituzioni dell'Unione europea. Queste raccomandazioni riguardavano la sensibilizzazione e la formazione alla RSI, la sua integrazione nelle azioni di tutti i soggetti, e cercavano di assicurare un contesto propizio alla RSI. L'UNICE ha espresso soddisfazione per i risultati ottenuti, la Confederazione europea dei sindacati (CES) ha accettato il testo del rapporto finale esprimendo però talune riserve e altre parti direttamente interessate hanno manifestato la loro insoddisfazione. Come rammentato nella comunicazione del 22 marzo 2006 oggetto del presente parere, «Il Forum ha permesso ai partecipanti di trovare un certo accordo, ma ha rivelato anche le notevoli differenze d'opinione tra il mondo imprenditoriale e le altre parti».

2.1.4

Nel giugno 2003 la direttiva 2003/51/CE che modifica le direttive relative ai conti annuali e ai conti consolidati di taluni tipi di società, delle banche e altri istituti finanziari e delle imprese di assicurazione ha introdotto la possibilità di pubblicare indicatori non finanziari di prestazione attinenti all'ambiente e al personale. Per contribuire alla promozione della RSI, nel giugno 2005 il CESE ha pubblicato un parere sugli strumenti di misura e d'informazione, appunto, della RSI (4).

2.1.5

Una seconda comunicazione, dal titolo Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo: il partenariato per la crescita e l'occupazione: fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese  (5) è quella che forma oggetto del presente parere e che contiene un allegato dal titolo L'alleanza europea per la RSI.

2.1.6

Nella comunicazione del maggio 2006 Promuovere la possibilità di un lavoro dignitoso per tutti  (6), la Commissione «riconosce la funzione importante della RSI, che risulta complementare all'attività legislativa, ai negoziati collettivi ed al controllo delle condizioni di lavoro. Essa ritiene che i codici di condotta e gli altri strumenti della RSI debbano basarsi sugli strumenti concordati a livello internazionale (OCSE, OIL) e invita le imprese, l'Alleanza europea per la RSI e le altre parti in causa a sviluppare iniziative che contribuiscano a promuovere possibilità di lavoro dignitoso per tutti». D'altro canto, negli Orientamenti integrati (OI) per l'attuazione della strategia di Lisbona il Consiglio del giugno 2006 ha raccomandato agli Stati membri di esortare le imprese a sviluppare la loro responsabilità sociale.

2.1.7

Definendo la nuova strategia per lo sviluppo sostenibile (7) nel giugno 2006 il Consiglio prevede, nei suoi principi guida delle politiche, una «partecipazione delle imprese e delle parti sociali» così impostata: «Rafforzare il dialogo sociale, la responsabilità sociale delle imprese ed i partenariati pubblico/privato al fine di favorire la cooperazione e la condivisione di responsabilità riguardo all'attuazione di metodi di produzione e di consumo sostenibili». Al punto 31 della medesima comunicazione precisa poi «I dirigenti delle imprese e altre parti interessate, comprese le organizzazioni dei lavoratori e le organizzazioni non governative, dovrebbero impegnarsi in una riflessione urgente con i leader politici sulle politiche a medio e a lungo termine necessarie per lo sviluppo sostenibile e proporre risposte imprenditoriali ambiziose che vadano oltre gli esistenti requisiti giuridici minimi. La Commissione avanzerà una proposta nel 2007. In linea con l'Alleanza europea per la responsabilità sociale delle imprese (CSR), si dovrebbe accrescere la consapevolezza e la conoscenza della responsabilità sociale e ambientale delle imprese».

2.2   Sintesi della comunicazione

2.2.1

La comunicazione in esame (8), pubblicata nel marzo 2006, si aggiunge all'acquis preesistente e ridà visibilità politica alla RSI. Nel documento la nuova Commissione appoggia la creazione dell'Alleanza europea per la RSI e rilancia gli incontri del Forum europeo multilaterale sulla RSI. In effetti, la Commissione «annuncia (…) il suo sostegno al lancio di un'alleanza europea in materia di RSI, un concetto elaborato sulla base dei contributi di imprese attive nella promozione della RSI» e rilancia gli incontri del Forum multilaterale sulla RSI: «La Commissione continua a dare grandissima importanza al dialogo con e tra le parti interessate e propone di organizzare periodicamente riunioni del forum multilaterale per valutare i progressi compiuti nell'UE in materia di RSI».

2.2.2

La Commissione sottolinea di non avere alcun ruolo attivo nell'Alleanza. Precisa in particolare che questa «non comporta alcun nuovo obbligo finanziario per la Commissione» stessa e che «si tratta (…) non di uno strumento giuridico che deve essere sottoscritto dalle imprese, dalla Commissione o da un'autorità pubblica», bensì di «un quadro politico per le iniziative nuove o esistenti in materia di RSI delle grandi imprese, delle PMI e delle parti interessate».

2.2.3

Nell'allegato alla comunicazione, il quale non ha lo stesso peso e portata del testo di quest'ultima, l'Alleanza viene presentata come un'iniziativa del mondo imprenditoriale basata sul partenariato: «… la Commissione europea sostiene i rappresentanti del mondo imprenditoriale che gettano le basi di un'alleanza europea per la RSI. Quest'alleanza è aperta alle imprese che condividono la stessa ambizione: fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di RSI per sostenere un'economia di mercato e d'impresa competitiva e sostenibile. L'elemento fondamentale di quest'iniziativa è il partenariato …». Essa è destinata ad aprirsi a tutte le imprese europee, di ogni dimensione, che vi possono partecipare su base volontaria. Nell'autunno 2006 il sito dell'UNICE elencava un centinaio d'imprese.

2.2.4

A giudizio della Commissione, «poiché la RSI è fondamentalmente un comportamento volontario delle imprese, un approccio che imponga alle imprese nuovi obblighi ed esigenze amministrative rischia di essere controproducente e sarebbe contrario ai principi di miglioramento della regolamentazione». Appare indubbiamente poco compatibile con il carattere volontario della RSI imporre nuove regole cogenti, fermo restando che la partecipazione di un'impresa alla RSI implica di per sé un rigoroso rispetto della lettera e dello spirito della legge, assoggettato al controllo delle autorità competenti.

2.2.5

La Commissione punta sul fatto che il suo sostegno all'Alleanza consentirà di generalizzare la RSI nelle imprese europee, ma è altresì consapevole che la fiducia, elemento chiave di questo processo, non è automatica, ma può essere garantita solo dalla qualità della governance dell'impresa.

2.2.6

La partecipazione delle imprese all'Alleanza è puramente dichiarativa e non comporta alcun impegno formale. La semplicità di questa procedura dovrebbe facilitare il rapido aumento delle imprese aderenti.

2.2.7

La Commissione «riconosce che la RSI non potrà svilupparsi senza il sostegno attivo e la critica costruttiva del mondo non imprenditoriale». Essa trae dunque arricchimento dal sostegno attivo e dalla critica costruttiva dei soggetti interessati che non appartengono al mondo imprenditoriale.

2.2.8

L'esistenza dell'Alleanza non si sostituisce al dialogo con e fra tutte le parti interessate. Per favorirlo la Commissione «propone di organizzare periodicamente riunioni del forum multilaterale per valutare i progressi compiuti nell'UE in materia di RSI». Queste riunioni permetteranno di fare il punto della situazione: «Fra un anno, la Commissione esaminerà l'evoluzione della RSI in seguito a discussioni in seno al forum multilaterale». Il presente parere cerca di tracciare il percorso da seguire per la preparazione della prossima scadenza, sottolineando i punti che meritano raccomandazioni.

2.3   Alcuni punti salienti della comunicazione

2.3.1   Le imprese nella strategia di Lisbona

2.3.1.1

La Commissione ritiene che le imprese, creatrici di ricchezza e di occupazione, propongano beni e servizi che offrono un valore aggiunto alla società e invita le imprese europee «a impegnarsi maggiormente per la RSI». Il CESE approva l'idea della Commissione secondo cui, se parteciperanno volontariamente alla RSI, le imprese contribuiranno alla realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona riveduta. In particolare, queste pratiche volontarie di RSI possono aiutare i pubblici poteri a realizzare taluni Orientamenti integrati (OI) riguardanti l'integrazione sociale, l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, l'innovazione e lo sviluppo dell'imprenditorialità, ad esempio mediante la lotta contro le discriminazioni e per la diversità, in particolare per quanto riguarda le persone con disabilità, l'anticipazione dell'evoluzione delle qualifiche, la ricerca di personale nei quartieri svantaggiati, il sostegno da parte delle camere di commercio e dell'industria ai giovani imprenditori (comprese le giovani imprenditrici o le persone immigrate di recente), ecc.

2.3.1.2

In un recente parere (9) il Comitato ha affermato che «il modello sociale europeo deve trasmettere l'idea di una zona di benessere democratica, rispettosa dell'ambiente, competitiva e in grado di assicurare l'integrazione sociale a tutti i cittadini europei». Esso si compiace dunque del fatto che la Commissione esorti le imprese europee a promuovere iniziative a favore della RSI che, pur non offrendo loro un ritorno finanziario immediato, migliorano la competitività globale dell'Europa e concorrono a realizzare gli obiettivi di sviluppo del Millennio, ad esempio l'assunzione di personale fra i gruppi svantaggiati, la riduzione dei livelli d'inquinamento e un maggior rispetto dei diritti fondamentali nei paesi in via di sviluppo.

2.3.1.3

Il CESE approva il collegamento compiuto fra la strategia di Lisbona, lo sviluppo sostenibile e la RSI. Tuttavia, come ha affermato in un recente parere (10), ritiene che sarebbe opportuno precisare e chiarire le articolazioni fra la strategia di Lisbona e la strategia dello sviluppo sostenibile. Per attuare queste strategie rimane essenziale l'intervento dei pubblici poteri, i quali devono definire un quadro ottimale per la crescita e l'innovazione a livello macroeconomico (piani nazionali di riforma, strategie nazionali per lo sviluppo sostenibile). Le imprese responsabili s'iscrivono in tale quadro operando a livello microeconomico. Ne consegue che la RSI attuata dalle imprese attraverso l'espansione dei processi innovatori e lo sviluppo di strategie di gestione responsabile, concorre allo sviluppo sostenibile a livello europeo e mondiale.

2.3.2   Generalizzazione: la RSI per tutte le imprese che lo desiderino

2.3.2.1

La comunicazione del marzo 2006 invita le imprese europee, di qualunque dimensione, a impegnarsi nella RSI. Il CESE è convinto che per generalizzare la RSI sia anche indispensabile promuoverla presso le PMI. Strumenti specifici sperimentati in questi ultimi due anni offrono una piattaforma di esperienze che merita uno studio d'impatto che consenta di seguire l'evoluzione di queste pratiche.

2.3.2.2

Nelle conclusioni del Forum multilaterale si è precisato che le raccomandazioni erano rivolte a tutti i tipi d'impresa (incluse le PMI e le imprese dell'economia sociale), nel rispetto della loro diversità. Il CESE condivide l'idea che le PMI e le microimprese abbiano un loro ruolo in una strategia di RSI, con strumenti adeguati. Precisa inoltre che sono interessati, in pari misura, tutti i diversi tipi d'impresa: non solo le società di capitali, ma anche le imprese individuali e le società di persone, le imprese pubbliche, le mutue, le cooperative artigianali, industriali e agricole, le istituzioni paritetiche, le associazioni dell'economia sociale, ecc. Il Comitato invita dunque tutte queste forme d'impresa a impegnarsi nell'Alleanza europea in materia di RSI e fa presente l'opportunità di provvedere a misure di RSI fin dal momento della creazione di qualsiasi tipo di azienda.

2.3.3   Il ruolo delle parti direttamente interessate «interne»

2.3.3.1

La comunicazione menziona l'efficacia del dialogo sociale in materia di RSI e l'utilità dei comitati aziendali europei nella definizione delle buone pratiche. Il Comitato si rammarica pertanto del fatto che le organizzazioni rappresentative del dialogo sociale a livello sia interprofessionale che settoriale non siano state interpellate al momento di lanciare l'Alleanza.

2.3.3.2

Per il CESE (11)«il modello europeo di economia sociale di mercato vede l'impresa non solo come una società di capitali o un intreccio di contratti, ma anche, anzi soprattutto, come una collettività che funga idealmente da sede di dialogo sociale». Anche se spesso l'iniziativa di adottare disposizioni di RSI viene dai vertici dell'impresa, le buone pratiche non possono dipendere unicamente dalla direzione. A giudizio del CESE, il modello europeo della RSI non è il frutto di decisioni filantropiche, bensì il risultato del dialogo con tutte le forze vive dell'impresa a qualsiasi livello gerarchico. In effetti, la RSI tocca da vicino non solo i dirigenti, ma anche i quadri e tutti i dipendenti, e si attua attraverso il dialogo con le parti terze direttamente interessate. Il Comitato è convinto che una RSI degna di questo nome debba essere integrata nella strategia dell'impresa e attuata da tutti i soggetti attivi nell'impresa. La RSI è, per definizione, una pratica volontaria che si aggiunge alle legislazioni in vigore, e al tempo stesso include e oltrepassa le norme cogenti.

2.3.3.3

Per questo motivo gli accordi quadro internazionali (ACI) sulla RSI rivestono grande interesse: essi sono negoziati e firmati, da un lato, dalla direzione dell'impresa o dalle direzioni delle imprese del gruppo e, d'altro lato, dalle rappresentanze dei dipendenti, ossia federazioni settoriali internazionali o europee, oppure federazioni sindacali nazionali e il comitato aziendale europeo. Con la firma le due parti sociali s'impegnano ad applicare i principi della RSI nelle relazioni dell'impresa con le parti direttamente interessate esterne, in particolare i subfornitori e gli enti territoriali.

2.3.3.4

Il CESE approva il brano della comunicazione in cui si afferma che «I lavoratori dipendenti, i loro rappresentanti e i sindacati devono svolgere un ruolo più attivo nello sviluppo e nell'applicazione» dei principi della RSI. Il Comitato invita le imprese che intendono appoggiare l'Alleanza a parteciparvi pienamente, anche coinvolgendovi i rappresentanti del personale che lo desiderino. Laddove esiste anche il comitato aziendale europeo, ha un ruolo da svolgere.

2.3.3.4.1

In un recente parere (12) il CESE si è espresso nei seguenti termini: «Il CESE sostiene la dimensione sociale dell'impresa nell'Unione europea e il ruolo che i CAE (NdT: comitati aziendali europei) svolgono. Il dibattito europeo ha focalizzato nello sviluppo sostenibile e nel modello sociale europeo le peculiarità dell'Unione. La responsabilità sociale d'impresa nell'economia globale rappresenta una delle risposte europee ai problemi posti dalla globalizzazione, i cui effetti negativi potrebbero essere attenuati se tutti gli Stati aderenti all'Organizzazione mondiale del commercio rispettassero le norme fondamentali dell'OIL.» Ha inoltre affermato: «Il modello sociale europeo, oltre che per le tutele offerte ai più deboli e per il welfare, si caratterizza per il rispetto dei diritti costitutivi della dignità della persona, in ogni sede e in ogni circostanza. I diritti di cittadinanza, nell'Europa moderna, si devono infatti poter esercitare ovunque, compresi i luoghi di lavoro e in particolare nell'ambito transnazionale dell'impresa».

2.3.3.5

Il CESE incoraggia le imprese e gli istituti di formazione professionale a prevedere nei loro programmi d'insegnamento anche una formazione allo sviluppo sostenibile e alla RSI.

2.3.4   Le iniziative settoriali

2.3.4.1

La Commissione continuerà ad appoggiare le azioni varate in materia di RSI dalle parti interessate, e in particolare dalle parti sociali e dalle ONG, soprattutto a livello settoriale. Essa sottolinea il ruolo importante dei comitati di dialogo sociale settoriale. Per parte sua il CESE apporta il suo sostegno a queste iniziative e invita i vari settori a fare in modo che comprendano partecipanti di tutti gli Stati membri.

2.3.5   Fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di RSI

2.3.5.1

La comunicazione vuol «fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese» ma nulla dice dei modi per accertare il livello di qualità raggiunto. Tuttavia, per poter affermare che ci si situa a un livello di eccellenza, bisognerà ben poter misurare in qualche modo la qualità della RSI raggiunta dall'Europa. Al di là delle relazioni effettuate dalle singole imprese, l'Europa dovrebbe potersi comparare agli altri poli regionali in materia di RSI. In un primo tempo, un portale che raggruppi l'informazione disponibile permetterebbe di censire il numero e il tipo delle imprese, i temi sul tappeto e le parti direttamente interessate.

2.3.5.2

Per fare dell'Europa un polo d'eccellenza in materia di RSI, l'Alleanza europea dovrebbe contemplare un lavoro sugli strumenti più idonei. I prodotti e i servizi che possono offrire un'informazione sociale di qualità e soddisfano un criterio di tracciabilità beneficiano già presso gli investitori, i consumatori e le loro associazioni di un effettivo vantaggio comparato. Tale tendenza si rivelerà sempre più importante nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile.

2.3.5.3

Il CESE auspica una riflessione approfondita sulla valutazione del livello raggiunto in materia di RSI, cosa peraltro urgente per assicurare la credibilità della nuova iniziativa, che mira esplicitamente all'eccellenza. Questo punto dovrebbe essere all'ordine del giorno delle prime riunioni del Forum multilaterale, previste per la fine del 2006. Nel corso del Forum multilaterale, tenutosi a Bruxelles il 7 dicembre 2006, la Commissione ha presentato il «Compendium» delle iniziative finora realizzate nel campo della responsabilità sociale delle imprese, una sorta di inventario. Il CESE si dichiara disponibile ad analizzare quanto è stato fatto su alcune specifiche materie e ad instaurare una collaborazione istituzionale con la Commissione, anche per quanto riguarda la gestione del portale della CSR.

2.3.5.4

I concetti non sono chiariti in modo definitivo e gli strumenti non raccolgono il consenso generale. Ciò non toglie che taluni Stati membri attuino politiche miranti a una maggiore trasparenza delle imprese in materia di RSI. Una conoscenza più approfondita delle politiche degli Stati membri a livello nazionale permetterebbe una proficua interazione reciproca. La decisione di riattivare il gruppo dei rappresentanti nazionali ad alto livello sulla RSI è positiva, tanto più che i nuovi Stati membri e quelli futuri vi parteciperanno attivamente. Inoltre, il bilancio della strategia europea (al livello dell'Unione e degli Stati membri) sullo sviluppo sostenibile previsto per il 2007 dovrebbe includere un consuntivo delle politiche dei pubblici poteri a favore della RSI.

2.3.6   Informazione e trasparenza

2.3.6.1

Il CESE prende atto con interesse della volontà della Commissione di accrescere la trasparenza e l'informazione dei consumatori. Fa tuttavia presente che questa trasparenza e l'informazione sulla RSI non devono limitarsi alle esigenze di salute pubblica relative ai beni di consumo. I consumatori possono svolgere un ruolo di stimolo alla produzione responsabile di beni e servizi, ma a tal fine devono sapere non solo se i beni che consumano rispondano ai requisiti di sanità pubblica, ma anche se siano prodotti nel rispetto delle norme sociali e ambientali. Occorre inoltre estendere lo sforzo di trasparenza a tutti i settori economici. È auspicabile che i consumatori sappiano se i beni che consumano sono prodotti in condizioni socialmente responsabili; è opportuno che gli investitori e i risparmiatori sappiano se le imprese in cui investono operano in maniera socialmente responsabile; è desiderabile che i residenti sappiano se le attrezzature, le infrastrutture, ecc. della loro zona sono costruite in maniera socialmente responsabile, e in particolare se soddisfano a criteri ecologici. Già ora gli operatori finanziari s'interessano all'informazione extrafinanziaria sulle imprese attraverso i fondi d'investimento socialmente responsabili. Insieme alle agenzie di rating non finanziario costituiscono attori privilegiati nella promozione della RSI. Taluni settori industriali, ad esempio il settore edilizio ad elevata qualità ambientale, si organizzano per definire standard professionali. Inoltre, settori molto interessati da queste problematiche come quelli dell'alluminio, del petrolio e della carta si preoccupano dell'impatto ambientale delle loro attività. Per parte sua il CESE giudica che sarebbe utile se tali iniziative di autoregolamentazione si diffondessero.

2.3.6.2

Per valutare la propria sostenibilità finanziaria le imprese utilizzano tecniche diverse (natura e trasparenza degli investimenti, contabilità e controlli) e i risultati che conseguono sul fronte sociale e ambientale (condizioni di lavoro, protezione della natura e dei territori nella «catena del valore»). Nella loro diversità e complementarità tali tecniche devono offrire una sinergia.

2.3.6.3

Per assicurare la legittimità e l'affidabilità delle agenzie di rating e di certificazione, è indispensabile che i principi siano trasparenti. Le imprese infatti devono conoscere il quadro di riferimento in base al quale viene espresso il rating. In questo senso il Comitato accoglie con piacere la pubblicazione dei Principi dell'investimento socialmente responsabile (13). È importante che tali agenzie facciano la loro valutazione su criteri basati sui testi fondamentali contenuti nell'elenco redatto dal Forum multilaterale del 2004. Le agenzie devono garantire il massimo di trasparenza possibile. Un tentativo di autoregolamentazione della professione è stato compiuto con lo standard CSRR-QS. Il Comitato invita a proseguire su questa strada. In un recente parere (14), il Comitato ha esortato le imprese europee a impegnarsi nell'elaborazione e nella revisione dei diversi strumenti di misura e di valutazione, in particolare le norme EMAS, GRI e ISO 26000. Il CESE sottolinea la necessità di evitare che le norme internazionali ridefiniscano il concetto di Responsabilità sociale dell'impresa, riducendola alla semplice applicazione di obblighi giuridici, mentre essa, per natura, consiste in iniziative volontarie delle imprese al di là di quanto previsto dalle leggi. Raccomanda alle rappresentanze nazionali che elaborano le linee guida ISO 26000 di promuovere la definizione europea della RSI, che incorpori la legge ma, allo stesso tempo, la superi. Indipendentemente dall' importanza del lavoro svolto dalle agenzie di rating, le imprese non devono essere obbligate a sottostare a norme private la cui verifica è onerosa per le PMI. Quando gli strumenti si prestano alla certificazione, quest'ultima parte dalla volontà dell'impresa e non deve in alcun caso essere resa obbligatoria.

2.3.6.4

La comunicazione sottolinea che «Le parti interessate esterne, in particolare le ONG, i consumatori e gli investitori dovranno impegnarsi maggiormente per incoraggiare e ricompensare il comportamento responsabile delle imprese» o per assolvere il loro ruolo di vigilanza. Ciò implica che questi soggetti dovranno essere ben informati. La comunicazione incoraggia le imprese che sostengono l'Alleanza a comunicare informazioni sulla RSI a tutti gli interessati, e in particolare ai consumatori, agli investitori e al pubblico, e invita le grandi imprese a presentare le loro strategie e le loro iniziative nel campo della RSI, nonché i loro risultati e migliori pratiche in maniera agevolmente accessibile al pubblico. Circa l'informazione sulla RSI il CESE rammenta la sua proposta (15) di creare un portale informativo europeo sulle pratiche delle grandi imprese al riguardo. Ritenendo che l'analisi da parte di un terzo consenta di migliorare l'informazione e garantisca la trasparenza, il CESE prevedeva che i dati provenienti dalle stesse imprese fossero analizzati da un terzo di fiducia, ad esempio un osservatore istituzionale europeo. Quest'analisi potrebbe essere compiuta in un secondo tempo, utilizzando i dati del portale europeo.

2.3.6.5

D'altro canto, la comunicazione precisa che non ci sono formalità da espletare per dichiarare il proprio sostegno all'Alleanza e che la Commissione europea non terrà alcun elenco delle imprese che la sosterranno. Attualmente, sette mesi dopo il varo dell'Alleanza, questa viene presentata solo dai siti web dell'UNICE, della rete CSR Europe e di talune organizzazioni imprenditoriali a livello nazionale. Il CESE si rammarica del fatto che le informazioni non siano accessibile e che non vengano presentate in forma aggregata e messe a disposizione degli interessati.

2.3.7   Competitività e sviluppo sostenibile

2.3.7.1

L'impresa responsabile può ottenere un vantaggio competitivo in termini d'immagine; ciò interessa particolarmente le imprese del settore dei beni di consumo.

2.3.7.2

Le imprese responsabili offrono un terreno favorevole all'innovazione e alla creatività. Agli occhi dei clienti i loro prodotti e servizi sono sinonimo di maggiore qualità e valore, e ciò può rappresentare un vantaggio comparato.

2.3.7.3

Prevedendo i rischi, l'instaurazione di un processo integrato di RSI permette di gestire meglio le crisi, o persino di ovviare a quelle incognite cui l'impresa è esposta: malversazione, rischi industriali e tecnologici. Ad esempio, gli infortuni diminuiscono con il miglioramento della sicurezza del personale, grazie a un'adeguata formazione e perché sono stati effettuati investimenti utili. Ne consegue che le pratiche di RSI possono tradursi in una sensibile riduzione dei rischi constatati o prevedibili. Il CESE rileva con interesse che talune compagnie di assicurazioni ne tengono conto nelle loro tariffe e invita l'intero settore finanziario a seguire questo esempio.

2.3.7.4

L'applicazione dei principi di RSI induce le imprese a migliorare i loro processi decisionali e la loro governance, migliorando quindi i suoi risultati nel lungo periodo. Una gestione delle risorse umane che comporti l'apprendimento lungo tutta l'arco della vita e il mantenimento al lavoro dei lavoratori anziani consente di ottimizzare il capitale umano nell'impresa e contribuisce all'invecchiamento attivo. Il CESE prende atto con interesse delle iniziative intraprese dagli ambienti europei degli esperti contabili per promuovere il management responsabile, attraverso la qualità delle informazioni sui problemi ambientali e alle questioni del personale in quanto elementi dell'analisi strategica dell'impresa.

2.3.7.5

Il CESE rammenta che spesso i miglioramenti della competitività a lungo termine sono ottenuti con iniziative comportanti un costo a breve termine e invita le imprese a non concentrarsi unicamente sulla redditività immediata.

2.3.7.6

Invita gli Stati membri e l'UE a stimolare un atteggiamento responsabile delle imprese nel quadro degli appalti pubblici (politica del vantaggio per la società e l'ambiente).

2.3.7.7

A livello macroeconomico la risoluzione dei problemi sociali o ambientali comporta la creazione o lo sviluppo di nuovi settori d'attività, schiudendo opportunità per la crescita economica e per la creazione di posti di lavoro: basti pensare all'eco-efficacia, ai servizi alla persona, ai rapporti che intercorrono fra urbanistica e trasporti. Il CESE fa appello alle autorità degli Stati membri e dell'UE affinché favoriscano l'emergere e lo sviluppo di questi settori.

2.3.8   I nuovi Stati membri

2.3.8.1

Nonostante l'impegno profuso nei nuovi Stati membri, le imprese che affermano di essere all'avanguardia della RSI appartengono soprattutto ai vecchi Stati membri.

2.3.8.2

Il CESE giudica indispensabile far conoscere e valorizzare le buone pratiche instaurate dalle imprese, e in particolare dalle PMI, dei nuovi Stati membri.

2.3.8.3

Date le differenze del contesto economico e culturale, le imprese dei nuovi Stati membri hanno indubbiamente molto da imparare dall'esperienza di aziende di regioni con caratteristiche simili alle loro. In effetti, quando un paese privo di una lunga esperienza dell'economia sociale di mercato intraprende iniziative socialmente responsabili, può offrire un'ispirazione più diretta ai responsabili dei paesi con una storia analoga.

2.3.8.4

È quindi molto importante che l'informazione sulle buone pratiche delle imprese dei nuovi Stati membri venga resa nota ai loro omologhi di tutti gli Stati membri e dei paesi che aderiranno in futuro.

2.3.8.5

Occorre inoltre incentivare l'informazione dell'opinione pubblica, come dei diversi gruppi d'interesse, sulle questioni di un'attività economica responsabile, poiché dal loro dinamismo e dalla partecipazione di diverse parti interessate dipende in gran parte la rapidità e la qualità dell'attuazione dei principi della responsabilità sociale delle imprese.

2.3.9   La dimensione internazionale della RSI

2.3.9.1

Il CESE approva la posizione assunta dalla Commissione, la quale intende continuare a promuovere la RSI a livello mondiale per massimizzare il contributo delle imprese alla realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio dell'ONU. Il Comitato appoggia altresì le intenzioni della Commissione per quanto riguarda i criteri di riferimento internazionali sul comportamento responsabile delle imprese, vale a dire incoraggiare l'attuazione della Dichiarazione tripartita dell'OIL sui principi concernenti le imprese multinazionali e la politica sociale, dei principi guida dell'OCSE per le società multinazionali, del Patto mondiale delle imprese (Global Compact) e dei principi delle Nazioni Unite per investimenti socialmente responsabili e degli altri strumenti e iniziative di riferimento; dare impulso alla promozione di norme ambientali rigorose; tener conto dello sviluppo sostenibile negli accordi bilaterali in materia di scambi e cooperazione; incoraggiare con incentivi commerciali il rispetto dei grandi principi internazionali in materia di diritti umani e del lavoro, di protezione dell'ambiente e di governance; intensificare la cooperazione con l'OIL sul lavoro dignitoso; promuovere la RSI nel quadro della nuova strategia per l'Africa, seguire le iniziative internazionali connesse (lavori del rappresentante speciale delle Nazioni Unite, linee guida ISO, certificazione del processo di Kimberley). Tale azione di stimolo riveste un'importanza ancor maggiore per il fatto che per alcuni paesi essi possono rappresentare una tappa verso un effettivo diritto sociale.

2.3.9.2

Il CESE ritiene che le zone franche di esportazione, istituite per creare un clima propizio agli investimenti, non dovrebbero in alcun caso operare al di fuori dei limiti fissati dalle legislazioni nazionali del lavoro. Mostrare un interesse per l'applicazione della RSI in queste zone non può sostituire il rispetto del corpus delle convenzioni fondamentali dell'OIL.

Bruxelles, 14 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Il termine «prassi» (di origine greca) significa «azione» e designa tutte le attività umane in grado di trasformare l'ambiente naturale o di modificare i rapporti sociali.

(2)  COM(2001) 366 def.

(3)  Parere del CESE del 20.3.2002 sul tema Libro verdePromuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese (relatrice: HORNUNG-DRAUS, correlatrice: ENGELEN-KEFER, correlatore HOFFELT — GU C 125 del 27.5.2002).

(4)  Parere del CESE, dell'8.6.2005, sul tema Strumenti di misura e di informazione sulla responsabilità sociale delle imprese in un'economia globalizzata (relatrice: PICHENOT — GU C 286 del 17.11.2005).

(5)  COM(2006) 136 def.

(6)  COM(2006) 249 def.

(7)  Comunicazione 10117/06

(8)  COM(2006) 136 def.

(9)  Parere del CESE, del 6.7.2006, sul tema Coesione sociale: dare un contenuto al modello sociale europeo (CESE 973/2006 — relatore: EHNMARK).

(10)  Parere del CESE, del 17.5.2006, in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul riesame della strategia per lo sviluppo sostenibileUna piattaforma d'azione (CESE 736/2006 — relatore: RIBBE).

(11)  Parere del CESE, dell'8.6.2005, sul tema Strumenti di misura e di informazione sulla responsabilità sociale delle imprese in un'economia globalizzata (relatrice: PICHENOT — GU C 286 del 17.11.2005).

(12)  Parere del CESE, del 13.9.2006, sul tema I comitati aziendali europei: un nuovo ruolo per promuovere l'integrazione europea (relatore: IOZIA — GU C 318 del 23.12.2006), punti 1.11 e 1.13.

(13)  Cfr. sito dei principi dell'investimento socialmente responsabile in francese

(14)  http://www.unpri.org/principles/french.html o in inglese http://www.unpri.org/principles/ Voluntary Quality Standard for Corporate Sustainability and Responsibility ResearchQuality Standard for SRI Research (Standard volontario di qualità per la ricerca in materia di sostenibilità e responsabilità d'impresa).

(15)  Parere del CESE, dell'8.6.2005, sul tema Strumenti di misura e di informazione sulla responsabilità sociale delle imprese in un'economia globalizzata (relatrice PICHENOT — GU C 286 del 17.11.2005), punti 4.4.1 e 4.4.2. Ibidem, punto 4.4.3. Business network for corporate social responsibility (Rete europea per la responsabilità sociale delle imprese).


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/60


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema I minori in quanto vittime indirette della violenza domestica

(2006/C 325/15)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 21 aprile 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema: I minori in quanto vittime indirette della violenza domestica

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 novembre 2006, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice HEINISCH.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 105 voti favorevoli, 4 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il presente supplemento di parere fa riferimento alle definizioni e alle analisi contenute nel parere del Comitato economico e sociale europeo, del 16 marzo 2006, sul tema Violenza domestica contro le donne  (1), che tratta esclusivamente della violenza esercitata dagli uomini contro le loro partner. Analogamente, il presente supplemento di parere si concentra su un singolo aspetto della violenza in ambito familiare, vale a dire gli effetti prodotti dalla violenza domestica sui minori che ne sono testimoni. La violenza esercitata direttamente sui minori in ambito familiare, che molto spesso è anche perpetrata da donne (le madri), esula quindi dall'oggetto di questo supplemento di parere. È evidente che crescere in un clima di violenza fisica e psicologica può avere pesanti conseguenze per i bambini: ciò nonostante, l'attenzione rivolta ai minori in quanto vittime indirette della violenza domestica resta marginale. Partendo dal presupposto che i bambini hanno diritto a vivere una vita senza violenza, e in particolare a ricevere un'educazione esente da violenza, nonché ad essere accuditi e protetti, questa situazione non può più essere accettata.

1.2

Per questo motivo il CESE esorta le presidenze del Consiglio dell'UE affinché, al momento di occuparsi della violenza domestica contro le donne, si concentrino anche sui minori in quanto vittime indirette di tale violenza.

Le osservazioni che precedono sono indirizzate alle presidenze del Consiglio dell'UE ed alla Commissione.

1.3

Il 4 e il 5 aprile 2006, nel corso di un convegno svoltosi a Montecarlo, è stato lanciato il programma triennale (2006-2008) del Consiglio d'Europa dal titolo Building a Europe for and with children («Costruire un'Europa per e con i bambini»), che, oltre a sensibilizzare sulla tutela dei diritti dei minori, si occuperà specificamente della tutela dei bambini dalla violenza. Per dare al progetto ancora più risalto, soprattutto presso i media, il CESE propone un'azione congiunta tra il Consiglio d'Europa, il Parlamento europeo, il Comitato delle regioni e l'UNICEF.

Le osservazioni che precedono sono indirizzate al Consiglio d'Europa, al Parlamento europeo, al Comitato delle regioni e all'UNICEF.

1.4

La responsabilità principale in materia di lotta contro la violenza domestica compete senz'altro agli Stati membri. Tuttavia, data l'importanza dei diritti dei minori e la diversità delle reazioni nei vari paesi, il CESE ritiene necessaria una strategia paneuropea.

Tale strategia deve fondarsi sull'elaborazione di uno studio condotto in tutta l'UE sull'incidenza dei casi di minori che crescono in un contesto di violenza domestica e sulle conseguenze di tale situazione, nonché sulle misure di protezione e assistenza possibili e già esistenti a favore dei minori vittime indirette di questo tipo di violenza.

Le osservazioni che precedono sono indirizzate alla Commissione (DG JLS).

1.5

La violenza commessa sui minori nel contesto della violenza domestica può essere combattuta efficacemente solo a livello nazionale. Per questo motivo, nel mettere a punto e nell'attuare i singoli piani d'azione nazionali per la lotta contro la violenza domestica, ciascuno Stato membro dovrebbe affrontare espressamente il tema I minori in quanto vittime indirette della violenza domestica, rivolgendo particolare attenzione ai seguenti aspetti:

studiare l'incidenza dei casi di bambini che crescono in un contesto di violenza domestica e le conseguenze di questa situazione,

studiare le misure di protezione e di assistenza possibili e già in atto a favore dei minori vittime indirette di violenza domestica,

garantire che i minori vittime indirette di violenza domestica vengano considerati come una categoria a pieno titolo, per la quale devono essere messe a punto misure di sostegno ad hoc,

assicurare l'interazione e la cooperazione tra tutte le misure in tutti i campi di attività, in particolare tra i centri di accoglienza e i consultori per le donne, da una parte, e i centri di assistenza per i minori, i tribunali familiari, i centri di tutela dei minori e i consultori familiari, dall'altra,

tener conto delle dinamiche degli episodi di violenza domestica nel definire le norme relative al diritto di visita e all'affidamento,

tener conto della situazione specifica dei figli delle donne immigrate vittime di abusi,

garantire una formazione di base e continua per tutti i gruppi professionali e in tutti i settori d'azione (aiuti ai bambini e ai giovani, consultori e istituti di tutela, istituti preposti agli interventi, scuole, asili e istituti per il tempo libero, sanità, polizia, giustizia) che hanno il compito di riconoscere i rischi specifici ai quali i bambini sono esposti nell'ambito della violenza domestica, e aiutare efficacemente coloro che ne sono vittime,

mettere a punto e applicare specifiche misure di prevenzione sul tema I minori in quanto vittime indirette della violenza domestica,

attuare campagne di sensibilizzazione rivolte ai potenziali testimoni diretti della violenza sui minori (vicini, conoscenti dei genitori o parenti) per lottare contro l'indifferenza di queste persone nei confronti di tali abusi,

creare organismi che fungano da interlocutori dei minori e garantire a questi ultimi l'assistenza di istituzioni statali e non, analogamente a quanto già fatto in vari paesi con la creazione di «difensori dei diritti dei minori» (2),

lanciare campagne di informazione per illustrare al pubblico i piani d'azione nazionali, nonché le misure ed i progetti in essi contenuti.

Le osservazioni che precedono sono indirizzate agli Stati membri.

2.   Motivazione

2.1   Perché un supplemento di parere?

2.1.1

Il presente supplemento di parere fa riferimento alle definizioni e alle analisi contenute nel parere del Comitato economico e sociale europeo, del 16 marzo 2006, sul tema «Violenza domestica contro le donne», che tratta esclusivamente della violenza esercitata dagli uomini contro le loro partner. Analogamente, il presente supplemento di parere si concentra su un singolo aspetto della violenza in ambito familiare, vale a dire gli effetti prodotti dalla violenza domestica sui minori che ne sono testimoni. La violenza esercitata direttamente sui minori in ambito familiare, che molto spesso è anche perpetrata da donne (le madri), esula quindi dall'oggetto di questo supplemento di parere. Dagli studi condotti sul campo risulta che, in molti paesi europei, i minori sono testimoni di almeno metà dei casi di violenza domestica e che circa tre quarti delle donne che si rifugiano nei centri di accoglienza portano con sé i propri figli (3). Rilevazioni empiriche e dati statistici mostrano anche chiaramente che la violenza perpetrata dal padre sulla madre ha sempre un effetto negativo sui figli, anche quando non è direttamente rivolta nei loro confronti. Tuttavia, la consapevolezza del problema dei minori vittime indirette della violenza domestica è ancora marginale, ed essi dunque sono lungi dal ricevere l'attenzione, l'aiuto e il sostegno di cui hanno bisogno. Per contribuire a cambiare questo stato di cose, il presente supplemento di parere si concentra sui minori in quanto vittime indirette della violenza domestica, descrivendo la loro particolare situazione, indicandone i problemi e formulando raccomandazioni per migliorarne la condizione e rafforzarne i diritti.

2.2   La violenza sui minori nel contesto della violenza domestica

2.2.1

La violenza sui minori avviene soprattutto nel contesto sociale più prossimo, in primo luogo in famiglia. È qui che i bambini sono più esposti al rischio di essere vittime e testimoni di atti di violenza: vittime della violenza da parte degli adulti e testimoni della violenza tra gli adulti.

2.2.2

Benché anche a livello dell'UE e negli Stati membri la violenza diretta sui minori (abusi fisici, sessuali e psicologici, negligenza) all'interno della famiglia o in un contesto sociale prossimo sia riconosciuta già da diversi anni come un problema e sia considerata una delle più gravi violazioni dei diritti dei minori, e nonostante siano già state tratte le necessarie conclusioni su come evitarla e perseguirla, l'attenzione rivolta ai minori in quanto vittime indirette della violenza domestica continua a essere limitata (4).

2.2.3

Per violenza domestica si intende la violenza psicologica o fisica (compresa quella sessuale) nell'ambito della coppia sposata o di fatto (5). Essa è esercitata per lo più dagli uomini sulle donne, e in molti casi queste donne sono madri. Quando queste donne subiscono la violenza del proprio partner, nella maggior parte dei casi i bambini sono presenti oppure abbastanza vicini da sentire ciò che accade (6).

2.2.4

La violenza contro la madre è una forma di violenza contro il bambino. I bambini che assistono ad episodi di violenza domestica, e che sono costretti a sentire e vedere il proprio padre o il nuovo marito o compagno della madre percuoterla e maltrattarla, sono sempre anche vittime di violenza psicologica. Anche se la violenza domestica non è direttamente rivolta nei confronti dei bambini, la violenza contro la madre nuoce loro in ogni caso (7).

2.2.5

Diversi studi scientifici hanno inoltre dimostrato che la violenza domestica contro le donne e gli abusi sui bambini spesso avvengono nelle stesse famiglie (8). Gli uomini che abusano delle proprie partner non di rado esercitano violenza anche sui bambini. Talvolta accade anche che le donne vittime di violenza perpetrino a loro volta violenze sui figli, giacché vivono in un clima in cui questa è considerata una pratica normale.

2.2.6

A questo si aggiunga che le donne maltrattate spesso sono così provate da non potersi prendere adeguatamente cura dei figli. Essere esposti alla violenza del partner per molto tempo toglie a molte donne la possibilità di intervenire a difesa dei propri figli.

2.2.7

La violenza domestica quindi non solo minaccia e compromette la vita delle donne, ma rappresenta anche un danno e un rischio per il benessere dei bambini.

2.3   Gli effetti della violenza domestica sui bambini

2.3.1

Crescere in un clima di violenza fisica e psicologica può avere gravi conseguenze per i minori. I bambini, anche quelli più piccoli, si sentono smarriti di fronte alla violenza del proprio padre o del nuovo marito o compagno della madre e all'impotenza di quest'ultima, ma talvolta possono anche sentirsi responsabili di ciò che accade. Spesso credono di essere colpevoli di questa violenza, o cercano di intervenire e di proteggere la madre, venendo poi a loro volta maltrattati.

2.3.2

Diversi studi, condotti soprattutto nel Regno Unito e negli Stati Uniti, si sono occupati di questa problematica (9). Anche se le conseguenze differiscono da un bambino all'altro e non tutti i bambini sviluppano disturbi del comportamento a seguito della violenza, e benché manchino criteri empirici consolidati per stabilire se vi sia un rischio e quale sia la sua entità nei singoli casi, sono evidenti dei nessi di causalità.

2.3.3

I principali fattori aggravanti sono i seguenti: la vita in un'atmosfera minacciosa, l'impossibilità di prevedere ulteriori abusi, la paura per la vita della madre, la sensazione di impotenza, il sentimento di isolamento provocato dalla frequente imposizione a non farne parola con gli estranei, i conflitti di lealtà nei confronti dei genitori, e il deterioramento della relazione genitori-figli.

2.3.4

Tutto questo può provocare nei bambini enormi problemi e disturbi del comportamento: sintomi psicosomatici e disturbi psichici quali scarsa autostima, irrequietezza, disturbi del sonno, difficoltà a scuola, paura, aggressività e addirittura pensieri suicidi.

2.3.5

Quando chi commette atti di violenza lo fa non solo contro la propria partner ma anche contro i propri figli, i sintomi di disordini dello sviluppo e di disturbi psichici possono essere ancora più gravi.

2.3.6

Crescere in un contesto di violenza domestica può anche avere conseguenze sulla percezione della violenza e del proprio comportamento violento. I bambini, osservando il comportamento dei genitori o subendo essi stessi violenza, possono assumere il problematico modello di comportamento degli adulti. Il cosiddetto «circolo vizioso della violenza» può portare a far sì che i bambini assumano il ruolo di aggressori e le bambine quello di vittime, e che una volta adulti diventino essi stessi autori o vittime della violenza domestica.

2.3.7

Particolarmente gravi sembrano essere gli effetti sui bambini che hanno vissuto, direttamente o indirettamente, l'uccisione della madre da parte del partner.

2.4   Analisi e proposte del CESE

2.4.1

Quando i bambini crescono in un contesto di violenza domestica, ne vengono sempre coinvolti, direttamente o indirettamente. Essi sono infatti inevitabilmente esposti a molti fattori negativi, che possono ripercuotersi fortemente e per lungo tempo sul loro benessere e sul loro comportamento.

2.4.2

La portata di questi effetti è stata a lungo sottovalutata. Nonostante il problema abbia iniziato a essere discusso negli ultimi anni, l'attenzione rivolta ai bambini in quanto vittime della violenza domestica è ancora marginale.

2.4.3

Si tratta di una situazione non più tollerabile anche alla luce del diritto dei minori ad una vita senza violenza, e in particolare ad un'educazione senza violenza, nonché a essere accuditi e protetti (10).

2.4.4

Le proposte del CESE si incentrano soprattutto sui seguenti aspetti:

2.4.5

Studiare la situazione dei bambini nel contesto della violenza domestica negli Stati membri dell'UE

2.4.5.1

Se e in che misura la situazione dei minori che vivono in un contesto di violenza domestica sia stata riconosciuta negli Stati membri dell'UE come un problema, e se e in che misura ciò abbia portato all'introduzione di misure di intervento e prevenzione, varia molto da un paese all'altro (11), come illustra il parere del CESE sul tema Violenza domestica contro le donne  (12).

2.4.5.2

Ai fini della discussione scientifica e politica a livello UE sarebbe importante disporre di conoscenze precise e aggiornate circa il trattamento riservato dalla società al fenomeno della violenza domestica, il contesto giuridico e gli approcci alla tutela e all'assistenza dei bambini, nonché gli interventi e la prevenzione.

2.4.6   Realizzare progetti di ricerca in relazione al tipo, alla frequenza e all'impatto della violenza domestica sui minori

2.4.6.1

Nella maggior parte degli Stati membri l'argomento oggetto del presente parere è un ambito a tutt'oggi inesplorato (13). Esistono solo pochi studi sulla situazione dei bambini che crescono in un contesto di violenza domestica. Anche le possibilità di accesso agli aiuti e al sostegno — e gli ostacoli che invece vi si frappongono — sono raramente oggetto di analisi.

2.4.6.2

In tutti gli Stati membri bisognerebbe effettuare rilevazioni statistiche e progetti di ricerca sui bambini che vivono in un contesto di violenza domestica. Per garantire la comparabilità dei metodi e dei risultati, sarebbe ragionevole e necessario prevedere una procedura coordinata (14).

2.4.7   Promuovere l'assistenza ai minori in quanto vittime indirette della violenza domestica

2.4.7.1

Mentre negli ultimi anni le misure di tutela e assistenza a favore delle donne vittime di violenza domestica sono nettamente migliorate, le iniziative intese a proteggere i loro figli sono pressoché nulle.

2.4.7.2

Per proteggere efficacemente questi bambini è importante distinguere i casi in cui essi sono stati vittime indirette (ossia testimoni) di episodi di violenza domestica da quelli in cui hanno subito abusi e maltrattamenti diretti da parte dei genitori. Anche se spesso le due situazioni si sovrappongono, i bambini vittime indirette di violenza domestica dovrebbero essere considerati come una categoria «a sé stante», per la quale si devono mettere a punto speciali interventi di sostegno.

2.4.7.3

Nei casi di violenza domestica né l'uomo che usa violenza, né la donna che la subisce sono in grado di gestire adeguatamente i bambini. I minori hanno quindi bisogno di servizi specifici di consulenza e assistenza da parte di istituzioni statali e non. Sotto questo aspetto sono esemplari le norme vigenti in Svezia: i bambini e i ragazzi fino ai 18 anni hanno un proprio «difensore civico» (barnombudsmannen), che tra le altre cose intrattiene con loro contatti regolari per raccogliere i loro punti di vista (15).

2.4.7.4

Spesso i vicini, i conoscenti dei genitori o i parenti sono testimoni della violenza sui minori e con il loro intervento attivo potrebbero impedire molte tragedie. Nella pratica, tuttavia, costoro si adoperano molto raramente per aiutare i minori vittime di abusi. Per combattere questa indifferenza occorre adottare un approccio coerente e realizzare campagne di informazione in grado di favorire anche uno stato d'animo positivo nei potenziali testimoni delle violenze.

2.4.8   Migliorare la cooperazione tra la protezione dei minori e la protezione delle donne

2.4.8.1

La tutela delle donne dalla violenza domestica e la protezione dei loro figli da tale violenza sembrano tematiche strettamente correlate. In effetti però esistono conflitti di interesse non trascurabili tra la protezione e l'assistenza di cui hanno bisogno le donne e quelle di cui hanno bisogno i bambini.

2.4.8.2

I centri di accoglienza e i consultori per le donne, da una parte, e gli istituti di assistenza ai minori, dall'altra, operano spesso in un clima di diffidenza reciproca.

2.4.8.3

Eppure, i risultati empirici dimostrano chiaramente la necessità di una cooperazione tra tali organi: se le minacce e gli abusi subiti dalle madri vengono ignorati, le norme relative ai diritti di visita e all'affidamento possono sempre costringere le donne a mantenere i contatti con il partner violento, anche dopo una separazione. Questo può creare situazioni pericolose per le stesse donne e per i bambini e mettere a repentaglio la loro incolumità (16).

2.4.8.4

Le future strategie e normative devono mirare a creare una buona cooperazione tra i centri di accoglienza e i consultori per le donne, da una parte, e i centri di assistenza per i minori, i tribunali familiari, i centri di tutela dei minori e i consultori familiari, dall'altra.

2.4.9   Prestare maggiore attenzione alle dinamiche della violenza domestica nelle norme relative al diritto di visita e all'affidamento

2.4.9.1

Le norme vigenti negli Stati membri in materia di diritto di famiglia si fondano molto spesso su un modello caratterizzato dall'affidamento congiunto e dalla responsabilità comune del padre e della madre nei confronti dei figli anche dopo una separazione, nonché, di conseguenza, sulla possibilità per il minore di un diritto autonomo ad avere contatti con ciascuno dei genitori.

2.4.9.2

Tuttavia, nei casi di violenza domestica in cui il padre viola costantemente, in genere per un periodo prolungato, i diritti ed i limiti della propria partner e del bambino, infliggendo loro ferite fisiche e psicologiche, vengono meno le condizioni necessarie per applicare un tale diritto di famiglia, cioè una relazione responsabile e rispettosa e la capacità, ad essa collegata, di distinguere tra i conflitti coniugali ed il ruolo di genitori.

2.4.9.3

Nelle procedure di ricorso relative alla custodia, si deve quindi, adesso più che mai, tenere presenti i tipici fattori di rischio di violenza domestica, e in particolare la forte probabilità che il rischio di violenza permanga dopo la separazione. La protezione e la sicurezza delle donne e dei bambini devono quindi essere elementi essenziali in ogni decisione.

2.4.9.4

Nel cercare di conciliare i diritti dei padri con il diritto delle donne ad essere protette e aiutate e con la tutela ed il benessere dei bambini, la protezione dalla violenza deve sempre prevalere sul diritto a mantenere il contatto.

2.4.10   Esigenze particolari: i figli delle immigrate vittime di maltrattamenti

2.4.10.1

Alcuni dei casi di violenza domestica riguardano le donne e i bambini immigrati che, trovandosi separati dalle famiglie d'origine e al di fuori dell'ambiente sociale abituale, dove tale violenza non sarebbe tollerata, possono risultare maggiormente vulnerabili, data anche la loro situazione di soggiorno irregolare, le loro limitate competenze linguistiche, le difficili condizioni di vita nel loro ambiente sociale, ecc.

2.4.10.2

Benché la violenza domestica sia un fenomeno presente in tutti i paesi, le culture e gli strati sociali senza eccezione, sta di fatto che le donne sono particolarmente vulnerabili in quelle società e culture dove è maggiore la diseguaglianza di genere, i ruoli sessuali sono tipizzati più rigidamente e i diritti degli uomini nei confronti delle donne si fondano ancora su precise norme culturali.

2.4.10.3

La situazione giuridica legata ai permessi di soggiorno può ridurre concretamente il numero di azioni possibili: ciò dicasi soprattutto per le donne immigrate in situazione irregolare e per i loro figli.

2.4.10.4

In tutte le misure di intervento, aiuto e assistenza, si deve quindi tenere conto della particolare situazione delle donne immigrate e dei loro figli. Inoltre, si devono realizzare campagne specifiche di informazione e promozione della sicurezza di queste categorie di persone, in collaborazione con gli attori sociali e le organizzazioni della società civile.

2.4.11   Migliorare la formazione e il perfezionamento professionale di tutti coloro che lavorano nel campo della violenza domestica

2.4.11.1

Tener conto degli interessi dei bambini richiede un elevato grado di professionalità da parte di tutti i professionisti competenti in tutti i settori interessati (aiuti ai bambini e ai giovani, consultori e istituti di tutela, istituti preposti agli interventi, scuole, asili e istituti per il tempo libero, sanità, polizia, giustizia).

2.4.12   Sottolineare l'importanza della prevenzione della violenza domestica

2.4.12.1

Tutti gli approcci e tutte le misure intese ad impedire la violenza domestica contro le donne hanno un impatto anche sui bambini che vivono in un contesto caratterizzato da questo tipo di violenza (17).

2.4.12.2

Per tutelare i minori dalla violenza domestica di cui sono vittime indirette è inoltre necessario attuare misure specifiche di prevenzione, tra cui iniziative di informazione destinate ai professionisti del settore.

Bruxelles, 14 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Parere d'iniziativa del CESE del 16.3.2006 sul tema Violenza domestica contro le donne, relatrice: HEINISCH, GU C 110 del 9.5.2006, pagg. 89-94, punti 2.3.4 e 2.3.5. Il testo del parere è disponibile on line al seguente indirizzo:

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2006:110:0089:0094:IT:PDF.

(2)  Cfr. il sito Internet dell'ENOC (European Network of Ombudspersons for Children — Rete europea dei difensori dei diritti dei minori):

http://www.ombudsnet.org/.

(3)  I relativi dati sono citati in B. Kavemann e U. Kreyssig (a cura di), Handbuch Kinder und häusliche Gewalt («Manuale sui minori e la violenza domestica»), Wiesbaden 2006.

(4)  A titolo di esempio ricordiamo i numerosi progetti promossi in passato e a tutt'oggi nel quadro del programma DAPHNE. Una panoramica aggiornata delle attuali attività del Consiglio d'Europa intese a promuovere il diritto dei minori alla tutela da tutte le forme di violenza è contenuta nella relazione Council of Europe Actions to Promote Children's Rights to Protection from all Forms of Violence, pubblicata nel 2005 dal centro di ricerca Innocenti dell'UNICEF.

(5)  Per la definizione, la dimensione, le cause e gli effetti del problema, cfr. il parere del CESE sul tema Violenza domestica contro le donne (v. nota 1).

(6)  Cfr. A. Mullender/R. Morley, Children living with domestic violence. Putting men's abuse of women on the Child Care Agenda, Londra 1994.

(7)  Cfr. E. Peled et al. (a cura di), Ending the cycle of violence. Community response to children of battered women. Thousand Oaks, CA, 1995.

(8)  Cfr. A. Mullender/R. Morley, op. cit.

(9)  Un raffronto riassuntivo tra diversi di questi studi figura nel saggio di Jeffrey L. Edleson Should childhood exposure to adult domestic violence be defined as child maltreatment under the law?

http://www.mincava.umn.edu/link/documents/shouldch/shouldch.shtml

(10)  È quanto si afferma nella convenzione ONU sui diritti del fanciullo, adottata dall'Assemblea generale nel 1989 e poi ratificata in tutto il mondo ad eccezione di due paesi. Sulla situazione dei diritti dei minori a livello UE la Commissione ha pubblicato una comunicazione nel luglio 2006 (COM(2006) 367 def.). Al riguardo, cfr. il parere del CESE del 12/13.12.2006 in merito alla Comunicazione della CommissioneVerso una strategia dell'UE sui diritti dei minori (relatrice: van TURNHOUT).

(11)  Ciò è dimostrato dalle relazioni e informazioni disponibili per l'Irlanda, la Gran Bretagna, la Danimarca, la Svezia e la Germania. Una buona panoramica della situazione attuale in Germania e in alcuni altri Stati membri è contenuta nel manuale dal titolo Handbuch Kinder und häusliche Gewalt, a cura di Barbara von Kavemann e Ulrike Kreyssig, Wiesbaden 2006.

(12)  Cfr. il punto 2.3.2 del parere del CESE sul tema Violenza domestica contro le donne (v. nota 1).

(13)  Persino nella recente relazione State of european research on the prevalence of interpersonal violence and its impact on health and human rights (febbraio 2006), la problematica non emerge neanche nel capitolo dal titolo Violence against children and youth (

http://www.cahrv.uni-osnabrueck.de/reddot/CAHRVreportPrevalence(1).pdf) .

(14)  Ciò è possibile grazie al programma DAPHNE o attraverso un'istanza quale la rete di ricerca UE Coordination Action on Human Rights Violations (CAHRV), che coordina le attività di ricerca inerenti a tutte le forme di violenza tra i due sessi e tra le diverse generazioni, ed è finanziata tramite il 6o programma quadro della Commissione europea

(www.cahrv.uni-osnabrueck.de)

(15)  Al riguardo si veda anche il discorso (in inglese) pronunciato dall'ombudsmannen nel 2006 sul tema Corporal Punishment of Children, nel quale viene analizzata anche la situazione dei bambini che sono stati testimoni di violenza domestica:

http://www.bo.se/files/in %20english, %20publikationer, %20pdf/corporal %20punishment %20of %20children060501.pdf.

Nel frattempo anche altri paesi hanno istituito organismi analoghi: al riguardo si veda il sito Internet dell'ENOC (European Network of Ombudspersons for Children — Rete europea dei difensori dei diritti dei minori):

http://www.ombudsnet.org/

(16)  Cfr. ad esempio M. Hester e I. Radford, Domestic violence and child contact arrangelents in England and Denmark, Bristol, 1994. Il 70 % delle donne i cui figli avevano contatti con il padre ha subito nuovi maltrattamenti e/o minacce nel corso delle visite o dell'accompagnamento, anche dopo oltre un anno di separazione; il 55 % dei bambini ha subito maltrattamenti nel corso delle visite.

(17)  Cfr. il parere del CESE sul tema Violenza domestica contro le donne.


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/65


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Comunicazione della Commissione — Verso una strategia dell'UE sui diritti dei minori

COM(2006) 367 def.

(2006/C 325/16)

La Commissione europea, in data 13 luglio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 novembre 2006, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice van TURNHOUT.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha adottato all'unanimità il seguente parere.

1.   Sintesi

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo accoglie con favore la comunicazione della Commissione intitolata Verso una strategia dell'UE sui diritti dei minori. Il Comitato si compiace in particolare della proposta di elaborare una strategia globale dell'UE per promuovere e salvaguardare efficacemente i diritti dei minori nelle politiche interne ed esterne dell'Unione europea, e di sostenere gli sforzi degli Stati membri in questo settore.

1.2

Il Comitato esprime tuttavia il suo rammarico perché la comunicazione non menziona che la strategia deve orientarsi sulla base di standard minimi e per il fatto che essa non comprende obiettivi globali con traguardi e scadenze concrete.

1.3

Valuta favorevolmente l'idea di istituire apposite strutture di sostegno per la strategia, tra cui un'unità per i diritti dei minori nella Commissione europea e un Coordinatore per i diritti dei minori, un gruppo interservizi della Commissione, un Forum europeo per i diritti dei minori, una piattaforma Internet per il dibattito e il lavoro, attività volte a coinvolgere direttamente i minori nel processo e una strategia di comunicazione sui diritti dei minori. Il Comitato si ripropone di svolgere un ruolo attivo in questi importanti forum.

1.4

Il Comitato si rammarica tuttavia che non si presti maggiore attenzione alla situazione dei minori di sesso femminile, ai minori con disabilità, ai minori migranti, richiedenti asilo e rifugiati, sia a livello comunitario sia a livello mondiale.

1.5

Il Comitato apprezza che si riconosca che gli Stati membri devono rispettare i trattati internazionali; la strategia dovrebbe ribadire con maggiore enfasi l'obbligo, per gli Stati membri, di adempiere urgentemente ai propri impegni europei e internazionali in materia di diritti dei minori, e in special modo a quelli derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo.

1.6

Auspica che la strategia tenga conto della diversità di situazioni e di esigenze che caratterizza il mondo infantile, e chiede speciale attenzione per i temi della povertà e della discriminazione. Raccomanda di dare la priorità all'elaborazione di una gamma di indicatori raffrontabili e alla raccolta, a livello di Stati membri, di dati coerenti. Insiste in particolare perché si prenda nella dovuta considerazione la questione dell'istruzione di qualità per i bambini di età inferiore ai sei anni, e perché siano fissati obiettivi qualitativi complementari per i servizi di custodia e di custodia diurna dei minori.

1.7

Chiede che nel settore del diritto dei minori vengano conferiti al Coordinatore il rango e la capacità di manovra necessari per garantire l'attuazione degli obiettivi assegnatigli; auspica inoltre un forte impegno politico per l'attuazione della comunicazione e lo sviluppo del Libro verde e della strategia. Invita il Parlamento europeo a valutare l'adozione di un provvedimento specifico per finanziare la strategia e le azioni in essa previste.

2.   Introduzione

2.1

I diritti dei minori sono parte integrante dei diritti umani che l'Unione europea e gli Stati membri sono tenuti a rispettare in virtù dei trattati internazionali ed europei in vigore, come la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e i protocolli facoltativi (1), gli Obiettivi di sviluppo del Millennio (2) e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (3) (CEDU). L'UE ha riconosciuto espressamente questi diritti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (4), in particolare all'articolo 24.

2.2

Nella Comunicazione sugli obiettivi strategici 2005-2009, la Commissione individua nei diritti dei minori una delle sue principali priorità «Una particolare priorità consiste nell'efficace tutela dei diritti dei minori contro lo sfruttamento economico e tutte le forme di abuso. A tal riguardo, l'Unione dovrebbe fungere da esempio per il resto del mondo» (5) . In questo contesto, nell'aprile 2005 il gruppo dei commissari per i diritti fondamentali, la lotta contro la discriminazione e le pari opportunità ha deciso di lanciare un'iniziativa specifica per promuovere, tutelare e applicare i diritti dei minori nelle politiche interne ed esterne dell'UE.

2.3

Nel marzo 2006 il Consiglio europeo ha chiesto agli Stati membri «di adottare le misure necessarie per ridurre in modo rapido e significativo la povertà infantile, offrendo a tutti i bambini pari opportunità a prescindere dal loro ambiente sociale».

2.4

La comunicazione in esame dà concreta attuazione a queste risoluzioni.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il Comitato economico e sociale europeo accoglie con favore la comunicazione della Commissione intitolata Verso una strategia dell'UE sui diritti dei minori, che si concentra su tutti i minori fino ai 18 anni di età. Si compiace di quest'importante iniziativa della Commissione, volta a gettare le basi della politica concernente i diritti dei minori, e mette in rilievo, in particolare la proposta di elaborare una strategia globale dell'UE per promuovere e salvaguardare efficacemente i diritti dei minori nelle politiche interne ed esterne dell'Unione europea, e di sostenere gli sforzi degli Stati membri in questo settore.

3.2

Il destino dell'Europa dipende sempre più dalla sua capacità di promuovere società che favoriscano l'integrazione e il benessere dei minori. La comunicazione prende le mosse dalla constatazione del fatto che promuovere e tutelare i diritti dei minori è fondamentale per il futuro dell'UE e che l'esigenza di approfondire e consolidare ulteriormente l'integrazione europea è inscindibile dalla creazione di società attente ai minori nell'UE. I minori non sono importanti solo in quanto adulti e lavoratori di domani, bisogna riconoscere l'importanza della condizione minorile come una fase importante e preziosa della vita in sé e per sé.

3.3

Il Comitato si rammarica della battuta d'arresto subita dal processo costituzionale europeo, dato che il Trattato costituzionale e la Carta dei diritti fondamentali riconoscono esplicitamente i diritti dei minori. Le limitate basi giuridiche esistenti per i diritti dei minori nei Trattati comunitari potrebbero riflettersi sulla disponibilità di risorse di bilancio.

3.4

Nell'ultimo decennio il Comitato, consapevole della varietà di sfide cui i minori e i giovani devono far fronte nella società odierna, ha contribuito regolarmente all'elaborazione delle relative politiche (6). Esso ha avviato importanti discussioni su argomenti primari, come l'occupazione giovanile, l'integrazione sociale, l'istruzione, la mobilità, la partecipazione e il ruolo delle ONG.

3.5

Il CESE condivide il giudizio secondo cui è essenziale che i diritti dei minori siano considerati separatamente e non già inquadrati nel contesto dei diritti umani in generale. Ritiene che, data la loro vulnerabilità e le loro specifiche esigenze, i minori richiedano una tutela e un'assistenza specifiche, compresa un'adeguata tutela giuridica.

3.6

Ribadisce che la strategia dovrebbe riconoscere il ruolo essenziale della famiglia, e in special modo dei genitori; sottolinea che è responsabilità degli Stati membri assistere, in vari modi e non solo con strumenti finanziari, i genitori nei loro compiti.

3.7

Si compiace del fatto che vengano definite come minori tutte le persone di età inferiore a 18 anni, conformemente alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo. Vi sarà un'esigenza di coerenza e coordinamento tra le politiche comunitarie rivolte ai minori di età compresa tra 15 e 18 anni, perché tale fascia di età rientra per l'UE nella definizione di gioventù. La strategia dovrebbe riprendere taluni importanti obiettivi del Patto europeo dei giovani, nonché il metodo aperto di coordinamento sulla gioventù.

3.8

Il CESE invita la Commissione a definire requisiti minimi per la strategia e una serie di obiettivi generali con finalità e scadenze ben precise per l'applicazione della comunicazione.

3.9

Per costruire un'Europa integrata, competitiva, sicura e aperta occorre un contributo costante da parte dei minori. Per rappresentare qualcosa di concreto agli occhi dei minori l'Europa deve influire sulle loro vite, interessarsi alle loro esigenze e farvi fronte in maniera visibile e creativa.

3.10

Il Comitato si compiace del fatto che la Commissione abbia riconosciuto l'esigenza, per i minori, di esprimere le proprie opinioni nelle discussioni e nelle decisioni che li riguardano, come indicato nell'articolo 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo. Ogni politica per i minori deve caratterizzarsi per il principio fondamentale della partecipazione dei minori stessi; questo principio è stato ribadito a livello europeo e internazionale (7).

3.11

Il Comitato valuta favorevolmente le azioni proposte dalla Commissione per coinvolgere direttamente i giovani. Gli Stati membri e le istituzioni devono fornire le risorse, il sostegno e i meccanismi necessari per promuovere la partecipazione dei minori allo sviluppo e all'applicazione della strategia. I minori devono essere coinvolti, già in una fase precoce del processo, con metodi adeguati all'età, ad esempio lavori di espressione artistica, discussioni facilitate, ecc. Va sottolineato che in tale contesto un compito prioritario sarà quello di integrare minori provenienti da ambienti sfavoriti, da minoranze etniche, o portatori di handicap, garantendo a tutti questi minori la parità di opportunità.

3.12

La strategia risulterà meglio coordinata e più efficace se la relativa politica sarà sviluppata secondo un approccio orizzontale. Nello sviluppare gli orientamenti in materia di occupazione o altre politiche, gli Stati membri consultano regolarmente le organizzazioni imprenditoriali e quelle sindacali. Analogamente, il successo di quest'iniziativa dipenderà dal coinvolgimento di tutte le parti in causa, in special modo i minori, le organizzazioni giovanili e di genitori, le parti sociali, le amministrazioni regionali e locali e gli Stati membri.

3.13

Il Comitato spera pertanto che la comunicazione in esame getti le basi di una collaborazione più efficace, a livello sia europeo che nazionale, tra i soggetti decisionali, le amministrazioni locali e regionali, le organizzazioni non governative e gli stessi minori. Un coinvolgimento effettivo e costante dei minori e delle loro organizzazioni nello sviluppo e nell'applicazione delle politiche garantirà che vengano prese in considerazioni le reali esigenze dei minori e che questi ultimi si sentano corresponsabili della futura strategia.

3.14

Dato che i minori non costituiscono un gruppo omogeneo, il CESE raccomanda che nelle politiche elaborate a livello comunitario e nazionale si tenga conto della loro diversità e della molteplicità delle loro esigenze, che possono variare in funzione per esempio del luogo di residenza, dell'età, del sesso, dell'appartenenza etnica, della religione, della cultura, della lingua, di eventuali disabilità e della struttura familiare. Occorre prestare particolare attenzione all'impatto della povertà, dell'esclusione sociale, della disabilità, della discriminazione e del razzismo, nonché alla situazione dei minori appartenenti a minoranze etniche, o dei minori profughi, sia all'interno dell'UE che nel contesto mondiale.

3.15

Il CESE accoglie con favore l'affermazione secondo cui «Anche il luogo in cui vivono influenza la situazione dei minori». Essi possono infatti trovarsi in condizione di svantaggio a causa di un accesso poco equo ai servizi disponibili nella loro zona di residenza, tra cui un'istruzione di qualità, l'assistenza sanitaria, l'alloggio, i servizi sociali, i trasporti pubblici, le strutture ludiche e ricreative, l'informazione e le opportunità di partecipazione alla vita della società civile. Il CESE suggerisce di prevedere obiettivi specifici all'interno della strategia per garantire che i minori godano di pari opportunità in tutte le aree geografiche. Ciò richiederà il rafforzamento delle attività di lotta alla povertà infantile.

3.16

Il Comitato si rammarica del fatto che non venga dedicata maggiore attenzione alla situazione dei minori di sesso femminile, o disabili, migranti, richiedenti asilo e profughi, sia all'interno dell'UE che nel contesto mondiale.

3.17

Conformemente all'impegno di integrare la disabilità in tutti i campi di intervento, assunto dalla Commissione e ribadito esplicitamente nel Piano d'azione del 2003 sulle pari opportunità per le persone con disabilità (8), bisognerebbe garantire la partecipazione e l'integrazione piene ed eque dei minori disabili.

3.18

Il Comitato condivide le osservazioni della Commissione sulla situazione femminile, istituita dal Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, la quale «pur riconoscendo che si è compiuto qualche progresso per quanto riguarda la partecipazione delle donne ai processi decisionali a tutti i livelli, esprime preoccupazione per gli ostacoli gravi e persistenti, numerosi e di varia natura, che continuano a rallentare il miglioramento della condizione femminile e la partecipazione delle donne al processo decisionale. Tra tali ostacoli rientrano la femminilizzazione della povertà, la mancanza di accesso alla salute, all'istruzione, alla formazione professionale e all'occupazione, i conflitti armati e la mancanza di sicurezza» (9).

3.19

Il CESE è deluso dal fatto che non si faccia alcun riferimento alla necessità di fornire un'istruzione di qualità e possibilità di sviluppo precoci per bambini di età inferiore ai sei anni, sebbene i servizi di assistenza all'infanzia e di custodia diurna siano un obiettivo politico prioritario e a lungo termine dell'UE e nonostante l'adozione di obiettivi quantitativi comunitari. Il CESE chiede che questo settore venga espressamente inserito nella strategia, data la sua rilevanza per la vita e il benessere dei minori e la sua chiara correlazione con le finalità della comunicazione (10). Chiede in particolare che vengano definiti degli obiettivi qualitativi complementari per i servizi di assistenza, tenendo conto dei diritti e degli interessi dei minori e rifacendosi al lavoro svolto in precedenza dal Consiglio e dalla Rete CE sulla custodia dei minori (11).

3.20

Il CESE si compiace del lavoro svolto dall'UE per ridurre la povertà dei minori, ma ricorda che gli Stati membri devono impegnarsi maggiormente nel raccogliere la sfida dell'eradicazione di tale fenomeno e stabilire degli obiettivi immediati in materia. Per fronteggiare questo problema occorrerà un programma d'azione di ampio respiro, continuo e adeguatamente finanziato, volto ad affrontare la natura multidimensionale della povertà minorile. Tale programma dovrebbe anche sostenere i lavoratori a basso reddito o disoccupati con minori a carico. La povertà minorile si ripercuote gravemente sui minori in campi come la salute, l'istruzione e anche le future opportunità di uscire dalla «trappola della povertà». Gli Stati membri dovrebbero attuare immediatamente delle politiche volte ad affrontare tutti questi problemi.

3.21

Un'altra questione di primaria importanza è quella della custodia dei minori che non ricevono o rischiano di non poter più ricevere assistenza da parte della loro famiglia. I fattori che conducono a tale situazione variano da un paese all'altro, ma tra essi figura la disgregazione della famiglia, la povertà, l'aids, come pure problemi comportamentali, tossicodipendenze e problemi relativi all'esercizio delle funzioni parentali. La strategia dovrebbe contenere tra i suoi obiettivi quello di predisporre strategie di prevenzione e programmi di sostegno ben definiti.

3.22

Vi sono altre sfide cui gli Stati membri devono far fronte e per le quali sarebbe utile inserire nella strategia un obiettivo e promuovere lo scambio di buone pratiche: le questioni della giustizia minorile e della legislazione sulla famiglia, della promozione di abitudini alimentari sane, del miglioramento della salute e della lotta all'obesità infantile, nonché della promozione di politiche del lavoro favorevoli alla famiglia.

3.23

Occorre altresì tutelare e promuovere i diritti dei minori che vivono in istituti. La strategia dovrebbe dedicarsi a definire degli orientamenti e degli standard qualitativi europei relativi ai bambini in custodia (12) tenendo conto delle norme, delle raccomandazioni e dei protocolli degli organismi internazionali come l'Unicef, l'OMS e il Consiglio d'Europa.

3.24

Il CESE accoglie con favore la recente relazione dell'esperto indipendente Paulo Sérgio Pinheiro per lo studio delle Nazioni Unite sulla violenza verso i minori (13). Nella relazione viene richiesto agli Stati di vietare ogni forma di violenza nei confronti dei minori, in ogni contesto, comprese le punizioni corporali, le pratiche tradizionali dannose — come i matrimoni precoci e forzati, la mutilazione genitale femminile e i cosiddetti delitti d'onore — la violenza sessuale, la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, disumani o degradanti (14). Il CESE invita la Commissione a valutare l'opportunità di nominare un Rappresentante speciale per la violenza sui minori, incaricato di promuovere l'attuazione delle raccomandazioni contenute nella relazione.

4.   I diritti dei minori a livello comunitario

4.1

Il CESE si compiace che venga riconosciuto l'obbligo per gli Stati membri di rispettare i trattati internazionali, in particolare la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, ratificata da tutti gli Stati membri. A livello mondiale soltanto gli USA e la Somalia non hanno ratificato tale Convenzione. In tale contesto, assumono una particolare importanza anche le Convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) che vietano il lavoro minorile.

4.2

Il CESE si rammarica del fatto che la comunicazione non ribadisca ancor più decisamente che gli Stati membri devono adempiere con urgenza agli obblighi contratti a livello europeo e internazionale in materia di diritti dei minori, e in special modo a quelli derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo. Il CESE ritiene che occorra ancora lavorare molto, a livello di Stati membri, per assicurare il rispetto, in termini sia legislativi che pratici, degli obblighi vigenti, derivanti ad esempio dalla suddetta Convenzione delle Nazioni Unite, dalla Convenzione europea sui diritti umani e dai dispositivi adottati dal Consiglio d'Europa. Questo lavoro andrebbe integrato nella valutazione dell'impatto delle iniziative in corso che riguardano i diritti dei minori, di cui si propone l'elaborazione. In tale contesto si potrebbero utilizzare i pareri formulati ogni cinque anni in tutti gli Stati membri dai governi e dalle ONG, relativi all'attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e sulla situazione dei minori; potrebbe anche essere condotta una seconda analisi.

4.3

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione, di studiare l'entità e le cause dei fattori che ostacolano la piena fruizione, da parte dei minori, dei loro diritti. Oltre a valutare l'efficacia di quanto si sta già facendo, è anche importante promuovere una valutazione dei progressi compiuti dagli Stati membri nell'ottemperare alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, attraverso un'analisi comparativa dei dati, come indicato nella valutazione d'impatto.

4.4

Il Comitato raccomanda di dare la priorità all'elaborazione di una gamma di indicatori raffrontabili e alla raccolta, a livello di Stati membri, di dati coerenti. Attualmente si sta applicando il metodo aperto di coordinamento per definire un indicatore, o una serie di indicatori, del benessere dei minori, come pure dei dati statistici sulla povertà collegata al reddito, sulla privazione materiale e sull'alloggio (15). Anche a livello di Stati membri esistono varie raccolte di dati (16). Gli indicatori devono riflettere l'esperienza e l'interesse dei minori, cosa che si può realizzare favorendo la partecipazione dei minori alla loro definizione.

4.5

Il Comitato si compiace della proposta della Commissione di considerare i diritti dei minori nell'elaborazione delle azioni legislative e non legislative comunitarie che possano avere delle ripercussioni su tali diritti. È importante che vengano considerati settori prioritari caratterizzati da un considerevole impatto per i minori, compresi quei settori, come i trasporti pubblici, che non vengono comunemente associati ai minori ma hanno in realtà considerevoli ripercussioni sulla loro vita.

4.6

Il CESE raccomanda di utilizzare il metodo aperto di coordinamento per definire l'impegno reciproco degli Stati membri e per trarre insegnamento dalle migliori pratiche nell'attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo.

4.7

Accoglie con favore la proposta della Commissione di organizzare un Forum europeo per i diritti dei minori e di predisporre una discussione e una piattaforma di lavoro basate su Internet. Il Comitato si adopererà per essere un membro attivo di questo importante Forum.

4.8

Il CESE si compiace delle misure a breve termine proposte dalla Commissione per affrontare alcune sfide urgenti. Oltre alle misure indicate il Comitato fa presente che bisognerebbe adottare urgentemente una misura che consenta la cooperazione transnazionale tra le polizie per verificare eventuali precedenti giudiziari del personale e dei volontari che lavorano con i minori. Chiede che nel quadro della strategia venga previsto un registro comunitario, accessibile alle forze di polizia, delle persone che hanno subito condanne per abusi sessuali su minori.

4.9

Apprezza la proposta della Commissione di predisporre una strategia di comunicazione sui diritti dei minori e di fornire, in forme adeguate alle esigenze dei minori, informazioni in merito ai suddetti diritti. Ritiene che tale materiale dovrebbe essere basato sulla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e che tutte le campagne di informazioni dovrebbero essere adeguate all'età dei destinatari, nonché disponibili in varie lingue e accessibili ai minori disabili.

4.10

Il Comitato accoglie con favore l'intenzione della Commissione, di istituire un gruppo interservizio e chiederà di esservi rappresentato. Si compiace della proposta della Commissione, di istituire al proprio interno un'unità per i diritti dei minori e di nominare un coordinatore per lo stesso tema. Prende atto del ruolo importante assegnato a tale coordinatore ai fini del successo della strategia.

4.11

Chiede che questi forum e queste strutture vengano dotati delle necessarie risorse umane e finanziarie e che vengano conferiti al Coordinatore il rango e la capacità di manovra necessari per garantire l'attuazione degli obiettivi assegnatigli, auspica inoltre un forte impegno politico per l'attuazione della comunicazione e lo sviluppo del Libro verde e della strategia. Invita il Parlamento europeo a valutare l'adozione di un provvedimento specifico per finanziare la strategia e le azioni in essa previste.

4.12

Si compiace della proposta della Commissione di presentare annualmente una relazione sui progressi compiuti. Chiede di essere consultato ai fini dell'elaborazione di tale relazione e auspica che la relazione stessa venga resa pubblica.

5.   I diritti dei minori a livello internazionale

5.1

Il CESE si compiace del fatto che l'attenzione si concentri sui minori che vivono non solo all'interno, ma anche all'esterno dell'UE. Constata tuttavia con rammarico che il testo, nella sua articolazione, sembri dedicare maggiore attenzione alla situazione globale piuttosto che a quella comunitaria e al dialogo internazionale più che a quello tra Stati. Raccomanda di ricercare un equilibrio, all'interno della strategia, tra la situazione mondiale e le azioni e il dialogo all'interno dell'UE e dei singoli Stati membri.

5.2

Negli accordi bilaterali e nelle relazioni con paesi terzi, l'UE e gli Stati membri dovrebbero tenere sistematicamente conto delle raccomandazioni (osservazioni conclusive) del Comitato delle Nazioni Unite per i diritti del fanciullo.

5.3

Il CESE è lieto che venga riconosciuto il fatto che la ratifica della Convenzione dell'ONU da parte di quasi tutti gli Stati del mondo getta basi particolarmente solide per un impegno reciproco tra la Commissione europea e i paesi terzi; si duole tuttavia che la comunicazione non abbia colto l'occasione di usare il consenso di tutti gli Stati membri sulla Convenzione come quadro d'impegno reciproco tra questi ultimi e di scambio delle migliori pratiche.

5.4

Il CESE raccomanda di riservare una percentuale dei finanziamenti destinati agli aiuti comunitari allo sviluppo alle misure che aiutano i minori.

6.   Ringraziamenti

6.1

Nell'elaborazione del presente documento il Comitato ha consultato varie reti e associazioni per i minori, che desidera qui ringraziare del contributo fornito (17).

7.   Osservazioni specifiche sulla terminologia (18)

7.1

L'espressione «abusi sessuali» dovrebbe essere sostituita con «sfruttamento sessuale».

7.2

Nella versione inglese, il verbo «handicaps» dovrebbe essere sostituito da «impedes» («compromette» nella versione italiana).

7.3

Nella versione inglese l'espressione «break of adolescence» andrebbe sostituita con «beginning of adolescence» (in italiano passaggio all'adolescenza).

7.4

Occorrerebbe chiarire il senso dell'espressione «inquinamento interno» (secondo capoverso, quinta riga).

Bruxelles, 13 novembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Protocollo delle Nazioni Unite per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini; Protocollo alla Convenzione sui diritti del fanciullo relativo alla vendita dei bambini, alla prostituzione e alla pornografia infantile; Protocollo alla Convenzione sui diritti del fanciullo relativo al coinvolgimento dei minori nei conflitti armati.

(2)  Dichiarazione del Millennio adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, 55a sessione, 18 settembre 2000.

(3)  Testo integrale disponibile su:

http:// www.echr.coe.int/echr

(4)  Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, GU C 364 del 18.12.2000, disponibile su

http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf

(5)  Obiettivi strategici 2005-2009. Europa 2010: un partenariato per il rinnovamento europeo — Prosperità, solidarietà e sicurezza, COM(2005) 12 def. del 26.1.2005.

(6)  Parere del 28.2.1996 sulla Politica culturale europea nei confronti dell'infanzia. Relatore SKLAVOUNOS (GU C 153 del 28.5.1996)

Parere del 2.7.1998 sul tema Sfruttamento dei minori e turismo sessuale. Relatore SKLAVOUNOS (GU C 284 del 14.9.1998)

Parere del 29.11.2000 sul Libro bianco sulla politica della gioventù. Relatrice: Hassett van TURNHOUT (GU C 116 del 20.4.2001)

Parere del 24.4.2002 in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l'Anno europeo dell'educazione attraverso lo sport2004. Relatore: KORYFIDIS (GU C 149 del 21.6.2002)

Parere del 25.4.2002 sul tema Libro bianco della Commissione europeaUn nuovo impulso per la gioventù. Relatrice: Hassett van TURNHOUT (GU C 149 del 21.6.02)

Parere del 24.9.2003 sulla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce un programma d'azione comunitario per la promozione degli organismi attivi a livello europeo nel settore della gioventù. Relatrice: van TURNHOUT (GU C 10 del 14.1.2004)

Parere del 16.12.2004 sul tema I rapporti fra le generazioni. Relatore: BLOCH-LAINÉ (GU C 157 del 28.6.2005)

Parere del 10.3.2005 in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Gioventù in azione per il periodo 2007-2013. Relatore: RODRÍGUEZ GARCÍA-CARO (GU C 234 del 22.9.2005)

Parere dell'11.5.2005 in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai medicinali per uso pediatrico e che modifica il regolamento (CEE) n. 1768/92, la direttiva 2001/83/CE e il regolamento (CE) n. 726/2004. relatore BRAGHIN (GU C 267 del 27.10.2005).

Parere CESE del 14.12.2006 sul tema I minori in quanto vittime indirette della violenza domestica (parere d'iniziativa), relatrice: HEINISCH.

(7)  Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, 1989; Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'Anno internazionale della gioventù 1985 «Pace, partecipazione, sviluppo»; Carta europea sulla partecipazione dei giovani alla vita comunale e regionale — Congresso dei poteri locali e regionali d'Europa, 1992; Raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa sul tema Gioventù, partecipazione e il futuro della società civile. Raccomandazione n. R(97) 3 del 4 febbraio 1997; Risoluzione del Consiglio e dei ministri incaricati della gioventù, riuniti in sede di Consiglio, dell'8 febbraio 1999 (GU C 42 1999, pag. 1).

(8)  COM(2003) 650 def. del 30.10.2003.

(9)  Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, Commissione sulla situazione femminile — Discriminazione e violenza verso i minori di sesso femminile.

(10)  Cfr. l'obiettivo della comunicazione in esame «… elaborare una strategia globale dell'UE per promuovere e salvaguardare efficacemente i diritti dei minori nelle politiche interne ed esterne dell'Unione europea», nonché l'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea «In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente.»

(11)  Cfr. la Raccomandazione n. 92/241/CEE, del Consiglio, del 31 marzo 1992, sulla custodia dei bambini, e gli obiettivi qualitativi dei servizi per i minori elaborati dalla rete CE sulla custodia dei minori e pubblicati dalla Commissione europea nel 1996.

(12)  Ciò potrebbe essere fatto in cooperazione con il Consiglio d'Europa, i cui organi, Assemblea parlamentare e Comitato ministeriale, hanno adottato nel 2005 delle raccomandazioni sui minori che vivono in istituti. Cfr. la Raccomandazione n. R(2005) 5 del Comitato ministeriale agli Stati membri in merito ai diritti dei minori che vivono in istituti di custodia.

(13)  http://www.violencestudy.org

(14)  Sessantunesima sessione delle Nazioni Unite. Promozione e protezione dei diritti dei minori A/61/299.

(15)  Portfolio of overarching indicators and streamlined social inclusion, pensions and health portfolios, Commissione europea, giugno 2006.

(16)  Ad esempio nel documento Opportunità per tutti: Settima relazione annuale 2005 del dipartimento del lavoro e delle pensioni del Regno Unito figura una serie di indicatori concernenti i minori e i giovani. (Opportunity for All: seventh annual Report 2005, Department for Work & Pensions, UK).

(17)  Eurochild, SOS Kinderdorf, World Association of Girl Scouts and Girl Guides (WAGGGS), Ufficio d'informazione per l'Europa, Jaap Dock, presidente del comitato delle Nazioni Unite per i diritti del fanciullo e Thomas Coram Research Unit.

(18)  Tutti i termini sono ripresi dal doc. COM(2006) 367 def., sez. I, punto 4.1.


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/71


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 2201/2003 limitatamente alla competenza giurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabile in materia matrimoniale

COM(2006) 399 def.

(2006/C 325/17)

Il Consiglio, in data 20 settembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 novembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore unico RETUREAU.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 108 voti favorevoli, 2 voti contrari e 1 astensione.

1.   Sintesi del parere

1.1

Consultato sulla prima delle due iniziative presentate dalla Commissione, il Comitato economico e sociale europeo accoglie con favore, in linea generale, le modifiche al regolamento (CE) n. 2201/2003, che estendono la competenza giurisdizionale e le norme applicabili in materia matrimoniale: tali modifiche vanno a completare, su questi punti, un regolamento che aveva come oggetto il riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia di matrimonio e di custodia dei figli. Sulla competenza giurisdizionale e sulla legge applicabile in materia matrimoniale il CESE si era già pronunciato al momento della presentazione del Libro verde sul divorzio, in merito al quale aveva elaborato un parere molto dettagliato, al quale si rimanda (1).

1.2

Il Comitato si interroga tuttavia sull'opportunità di trattare separatamente la questione della suddivisione dei beni comuni (immobili, mobili e altri diritti patrimoniali), estendendo alle coppie non sposate (suscettibili comunque di avere figli in comune) il campo di applicazione rationae personae delle norme che disciplinano tale suddivisione.

1.3

Sarebbe forse stato più logico trattare, da una parte, tutte le conseguenze della dissoluzione del vincolo matrimoniale e della custodia dei figli completando il regolamento (CE) n. 2201/2003, e, dall'altra, disciplinare tutte le conseguenze della separazione delle coppie non sposate che vivono sotto un regime contrattuale o di fatto elaborando un nuovo regolamento. Ciò sarebbe probabilmente andato a vantaggio della chiarezza e della comprensione del diritto applicabile, e avrebbe facilitato il riconoscimento delle decisioni giudiziarie, che spesso disciplinano con un'unica sentenza definitiva tutte le condizioni e gli effetti del divorzio.

2.   Proposte della Commissione

2.1

Al Consiglio sono state recentemente presentate due iniziative della Commissione concernenti la legge applicabile in materia matrimoniale: la prima riguarda la separazione delle coppie sposate e propone emendamenti al regolamento (CE) n. 2201/2003, entrato in vigore il 1o gennaio 2005; la seconda riguarda la suddivisione dei beni comuni, indipendentemente dal fatto che si tratti della liquidazione del regime matrimoniale oppure della separazione di coppie unite da un regime contrattuale diverso dal matrimonio o di coppie di fatto.

2.2

La base giuridica della proposta in esame è l'articolo 61, punto c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, che conferisce alla Comunità le competenze per adottare misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, come previsto all'articolo 65.

2.3

A proposito di queste due iniziative, il vicepresidente della Commissione europea Franco FRATTINI, commissario responsabile del portafoglio Giustizia, libertà e sicurezza, ha dichiarato quanto segue: «Queste iniziative semplificheranno la vita delle coppie nell'Unione europea, aumenteranno la certezza del diritto e permetteranno ai coniugi di sapere quale sarà la legge applicabile al loro regime patrimoniale e al divorzio. L'obiettivo non è armonizzare le norme nazionali sul divorzio, che sono molto diverse, ma garantire la certezza del diritto, la flessibilità e l'accesso alla giustizia».

2.4

Visto l'elevato tasso di divorzi nell'UE, il problema della legge applicabile e della competenza giurisdizionale in materia matrimoniale si pone ogni anno a molti cittadini.

2.5

L'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, che ha abrogato e sostituito il regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio a partire dal 1o marzo 2005, tuttavia, non ha comportato l'introduzione di norme in materia di legge applicabile. Il regolamento (CE) n. 2201/2003 consente ai coniugi di scegliere tra diversi criteri di competenza. Una volta avviato il procedimento matrimoniale davanti alle autorità giurisdizionali di uno Stato membro, la legge applicabile viene individuata attraverso le norme nazionali di conflitto di tale Stato, che si fondano su criteri talvolta molto diversi da quelli degli altri Stati. La maggior parte degli Stati membri determina infatti la legge applicabile in funzione di una serie di criteri di collegamento intesi a garantire che il procedimento sia disciplinato dall'ordinamento giuridico con il quale esso presenta il legame più stretto. Altri Stati membri applicano sistematicamente ai procedimenti matrimoniali la propria legislazione nazionale (lex fori). Il Belgio consente alle parti di scegliere tra la legge dello Stato dove è stato contratto il matrimonio e la legge belga.

3.   Osservazioni di carattere generale

3.1

L'iniziativa esaminata nel presente parere riguarda la legge applicabile al divorzio, alla separazione personale o all'annullamento del matrimonio internazionale (coppie di diversa nazionalità, o della stessa nazionalità ma residenti in uno Stato membro diverso da quello di cui sono cittadini) e alla custodia dei figli minorenni avuti in comune. Essa riguarda quindi le questioni relative alla dissoluzione del vincolo matrimoniale che unisce i coniugi quando è presente un elemento di estraneità, senza eccedere il campo di applicazione rationae materiae del regolamento (CE) n. 2201/2003.

3.2

Il Comitato riconosce che la proposta garantirà ai cittadini soluzioni adeguate sotto il profilo della certezza del diritto, della prevedibilità, della flessibilità e dell'accesso alla giustizia, e ne condivide la base giuridica, che è quella regolarmente applicata alle questioni di diritto civile e commerciale.

3.3

Alcune legislazioni nazionali, a differenza della maggior parte di esse, non impongono che i coniugi siano di sesso diverso. Il Comitato osserva tuttavia che l'obiettivo del regolamento modificato non è quello di armonizzare le legislazioni nazionali, bensì quello di determinare quale sia la legge applicabile in tutti i casi concreti che comportano un elemento di estraneità, nonché di consentire la circolazione delle sentenze senza exequatur. Differenze anche sostanziali tra le legislazioni nazionali non impediscono quindi, in linea di principio, l'applicazione del regolamento modificato proposto dalla Commissione.

3.4

Il Comitato si era già espresso sulla legge applicabile nei casi di divorzio nel proprio parere relativo al Libro verde sul divorzio, e fa dunque riferimento ad esso per esprimere il proprio punto di vista sulla proposta di regolamento in esame. In particolare, tiene a sottolineare ancora una volta l'importanza che il regolamento riveste per le coppie di nazionalità diversa, in quanto chiarisce e semplifica le condizioni di accesso ai giudici e la libera circolazione delle decisioni giudiziarie nel mercato interno.

3.5

Il Comitato osserva che la proposta contempla due ipotesi distinte, a seconda che i coniugi siano concordi oppure no sulla competenza giurisdizionale e sulla legge applicabile, e riconosce che il regolamento modificato accorderà evidenti vantaggi e una maggiore flessibilità nel primo caso, applicando invece un modello prettamente meccanico nel secondo caso. Ciò non è in linea con le situazioni previste dal Libro verde sul divorzio, che proponeva soluzioni più flessibili nel caso di disaccordo tra i coniugi. Il Comitato avrebbe desiderato che questa flessibilità fosse mantenuta, ma riconosce che la formula proposta dalla Commissione è più semplice ed evita procedure eccessivamente lunghe.

3.6

La proposta consente ai ricorrenti di mantenere, di comune accordo, l'autorità giurisdizionale competente («proroga di competenza»). Essa esclude però completamente la procedura di rinvio, che il Comitato ritiene invece accettabile a determinate condizioni (competenza del primo tribunale adito a pronunciare il rinvio, procedura di urgenza), come già affermato nel parere sul Libro verde sul divorzio.

3.7

Per quanto riguarda l'eccezione di ordine pubblico, la proposta dà al giudice la possibilità, in casi eccezionali, di rifiutare di riconoscere una decisione giudiziaria straniera se essa è manifestamente contraria all'ordine pubblico dello Stato in cui si trova il foro competente. Potrebbero tuttavia verificarsi divergenze tra gli Stati membri, e una sentenza riconosciuta in uno Stato potrebbe non esserlo in un altro, cosa che impedirebbe la libera circolazione della decisione giudiziaria e creerebbe un ostacolo inopportuno.

3.8

Il Comitato ritiene che sarebbe probabilmente opportuno, trattandosi del riconoscimento di sentenze che possono essere emesse da paesi terzi, precisare, per le sentenze che aspirano ad essere riconosciute, l'obbligo di conformità con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, con la Carta adottata nel 2000 dal Consiglio europeo di Nizza, e con il principio di rigorosa uguaglianza giuridica tra i coniugi. Ogni Stato a cui venisse fatta richiesta di riconoscimento e che constatasse evidenti divergenze con i diritti fondamentali riconosciuti dall'Unione europea dovrebbe opporre alla circolazione della sentenza una «eccezione di ordine pubblico comunitario».

3.9

Per garantire un riconoscimento uniforme delle sentenze in tutti gli Stati membri, le eccezioni di ordine pubblico nazionale non dovrebbero mai essere opponibili ad un altro Stato: l'unica eccezione consentita in questo caso potrebbe essere quella dell'ordine pubblico comunitario. Ciò eviterebbe l'impressione di arbitrarietà che potrebbe sorgere qualora un determinato foro rifiutasse il riconoscimento.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il fatto che la Commissione presenti due iniziative distinte risulta dalla differenza esistente nel campo di applicazione rationae personae di ciascuna delle proposte legislative. La proposta relativa alla suddivisione dei beni riguarda infatti tutte le coppie, sposate o meno.

4.2

Ci si può tuttavia interrogare sull'interesse della distinzione proposta: la liquidazione del regime matrimoniale richiede in effetti soluzioni specifiche, in funzione della natura del regime (regime legale in assenza di contratto di matrimonio, o regime legale contrattuale) e delle eventuali donazioni tra coniugi, che possono essere disciplinate da disposizioni specifiche rispetto alle altre donazioni, quali ad esempio quelle di tipo ereditario.

4.3

Sarebbe forse stato più logico trattare, da una parte, tutte le conseguenze, comprese quelle patrimoniali, della dissoluzione del vincolo matrimoniale e della custodia dei figli avuti in comune completando il regolamento (CE) n. 2201/2003, e, dall'altra, affrontare in un altro regolamento tutte le conseguenze della separazione di coppie non sposate, eventualmente dello stesso sesso, che vivono sotto un regime contrattuale legale (come ad esempio i PACS in Francia) o sotto un regime di fatto (convivenza).

4.4

Ciò avrebbe probabilmente migliorato la chiarezza e la comprensione del diritto applicabile, e facilitato il riconoscimento delle decisioni giudiziarie che spesso disciplinano tutte le condizioni e gli effetti del divorzio o della separazione in una sentenza definitiva unica, tanto più che anche per le coppie atipiche si impone le necessità di disciplinare la situazione dei figli, e non solo quella dei beni.

Bruxelles, 13 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Parere CESE del 29.9.2005 in merito al Libro verde sul diritto applicabile e sulla giurisdizione in materia di divorzio (relatore: RETUREAU) (GU C 24 del 31.1.2006).


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/73


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul rafforzamento della sicurezza della catena logistica

COM(2006) 79 def. — 2006/0025 (COD)

(2006/C 325/18)

Il Consiglio, in data 4 aprile 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 80, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 10 novembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore SIMONS.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 115 voti favorevoli e una astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

A seguito delle misure di sicurezza adottate nei settori del trasporto aereo e marittimo, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento intesa a rafforzare la sicurezza della catena logistica nel trasporto terrestre. Tale proposta prevede un sistema che gli Stati membri devono introdurre obbligatoriamente, ma che gli operatori del settore possono adottare su base volontaria.

1.2

La Commissione definisce la «catena logistica» come «l'insieme dei trasporti così come delle operazioni e procedure di trasporto, dalla sede di produzione fino al punto di destinazione della merce». Essa precisa inoltre che la proposta di regolamento riguarda esclusivamente il trasporto di merci, mentre il trasporto di passeggeri potrà essere eventualmente considerato in una fase successiva.

1.3

La proposta mira non solo ad aumentare il livello di sicurezza lungo tutta la catena logistica, ma anche ad istituire un quadro normativo comune per un approccio sistematico a livello europeo, fermo restando che ciò non dovrà compromettere il mercato comune dei trasporti né le misure di sicurezza esistenti, e che occorrerà evitare procedure e oneri amministrativi superflui a livello sia europeo che nazionale.

1.4

A giudizio del Comitato, sul fronte della sicurezza del trasporto merci terrestre (navigazione interna, strada, rotaia, ma sicuramente anche pipeline), la forte interdipendenza fra questi diversi modi di trasporto richiede un approccio coordinato: la solidità dell'intera catena logistica è infatti determinata dal suo anello più debole.

1.5

Ad ogni modo, le misure proposte dovranno confermarsi efficaci ed efficienti, in linea con la strategia di Lisbona, evitando l'aumento delle spese amministrative e/o le distorsioni di concorrenza sia all'interno dei singoli modi di trasporto sia fra modi di trasporto diversi. La proposta in esame appare però fortemente burocratica: il Comitato nutre quindi forti dubbi circa la sua adeguatezza a conseguire tale obiettivo. Esso ha inoltre la netta impressione che gli oneri legati all'introduzione delle misure proposte ricadano sui datori di lavoro e sui lavoratori dei comparti interessati. Sarebbe di conseguenza opportuno individuare con maggiore precisione i vantaggi derivanti dalla qualifica di «operatore sicuro» e la loro incidenza sulla catena di approvvigionamento, in modo da evitare il rischio di distorsioni, che provocherebbero un aumento dei costi per tutta l'economia, senza però apportare adeguati benefici.

1.6

A questo proposito il Comitato segnala inoltre che non sono state proposte misure intese a proteggere adeguatamente le infrastrutture materiali da attacchi terroristici. Proprio perché i trasporti su strada utilizzano infrastrutture come ponti, tunnel, viadotti, e anche reti di pipeline, le proposte volte a rafforzare la sicurezza della catena logistica dovrebbero essere accompagnate da provvedimenti intesi a migliorare la sicurezza delle infrastrutture materiali.

1.7

Il Comitato condivide l'idea della Commissione secondo cui la responsabilità dell'adozione delle misure di sicurezza compete agli Stati membri. Ciò vale anche per l'istituzione, in ogni Stato membro, di un'apposita autorità preposta alla sicurezza della catena logistica, incaricata di coordinare e attuare le misure intese a salvaguardare la sicurezza della catena logistica contemplate nella proposta di regolamento in esame, nonché di verificarne la corretta applicazione. Visto il ruolo cruciale di quest'autorità, il Comitato ritiene tuttavia che la proposta della Commissione non sia sufficientemente specifica.

1.8

Il Comitato avrebbe auspicato che nel mettere a punto nuove proposte in materia di sicurezza si passassero in rassegna le caratteristiche specifiche dei diversi modi di trasporto, tenendo conto sia delle misure di sicurezza già adottate per quelli adibiti al trasporto merci, sia delle raccomandazioni già formulate in materia. Le peculiarità dei diversi tipi di trasporto (basti pensare che il settore dei trasporti su strada conta 500.000 imprese, per lo più piccole) richiedono provvedimenti specifici per ciascuno di essi.

1.9

Dato l'impatto che le misure proposte avranno sui singoli modi di trasporto, il Comitato ritiene che la proposta della Commissione risulterebbe più convincente se evidenziasse in maniera più efficace i vantaggi che tali misure offrono agli operatori. Non è infatti certo che esse portino benefici, visto che i trasporti internazionali non sono più soggetti a controlli sistematici alle frontiere.

1.10

Gli Stati membri devono definire i requisiti minimi di sicurezza cui gli operatori devono ottemperare per ottenere la qualifica di «operatore sicuro». Da parte sua il Comitato non vede alcuna garanzia che ciò porti alla creazione di un sistema armonizzato di norme minime UE in grado di garantire regole del gioco veramente uguali per tutti.

1.11

Le misure proposte dovrebbero essere finanziate dai singoli Stati membri, idea che il Comitato ritiene in linea con il principio della sussidiarietà. A suo giudizio i costi della messa in sicurezza (tanto i costi d'investimento quanto i costi di esercizio) dovrebbero essere sostenuti dagli operatori, per essere poi integrati nel prezzo o nella tariffa pagati dall'utente. Il Comitato ritiene inoltre che nella sua proposta la Commissione dovrebbe prestare maggiore attenzione ai vantaggi connessi alla qualifica di «operatore sicuro».

1.12

Circa il ruolo della Commissione europea, il Comitato ritiene che l'Unione debba mettere a disposizione mezzi sufficienti, che consentano ai paesi terzi di adottare provvedimenti idonei a garantire livelli di sicurezza pari a quelli previsti nell'Unione europea. Il Comitato giudica essenziale questo aspetto, dato il carattere internazionale dei trasporti merci effettuati mediante i diversi modi di trasporto terrestri.

2.   Introduzione

2.1

Nella sua Comunicazione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul rafforzamento della sicurezza della catena logistica del 27 febbraio 2006 (COM(2006) 79 def.), la Commissione constata che una delle maggiori minacce per la democrazia e la libertà è il terrorismo.

2.2

La Commissione ritiene che il rischio di un attacco terroristico al trasporto merci rimane elevato, nonostante l'adozione di misure di sicurezza più rigorose. Essa constata in particolare che in Europa è migliorata la sicurezza sia dei trasporti aerei e degli aeroporti, sia dei trasporti marittimi e dei porti.

2.3

Il Regolamento (CE) n. 2320/2002 ha infatti istituito norme comuni per la sicurezza dell'aviazione civile e degli aeroporti, il Regolamento (CE) n. 725/2004 ha stabilito disposizioni per migliorare la sicurezza delle navi e degli impianti portuali e la Direttiva 65/2005 ha previsto misure per il miglioramento complessivo della sicurezza dei porti.

2.4

Anche il Comitato ha fatto la sua parte, adottando alcuni pareri riguardanti soprattutto i trasporti aerei e marittimi, cui hanno contribuito, in qualità di relatori, Anna BREDIMA-SAVOPOULOU per la sicurezza dei porti, delle navi e degli impianti portuali e Thomas McDONOGH per la sicurezza dei trasporti aerei (civili). Circa i trasporti terrestri si può citare il parere esplorativo sul tema Sicurezza dei modi di trasporto del 14 dicembre 2005, redatto da Jan SIMONS.

3.   Proposta della Commissione

3.1

La Commissione ritiene indispensabile assicurare una maggiore sicurezza dei trasporti terrestri di merci, e ricorda che attualmente in Europa manca una normativa che disciplini l'intera catena logistica del trasporto terrestre. Per catena logistica la Commissione intende «l'insieme dei trasporti così come delle operazioni e procedure di trasporto, dalla sede di produzione fino al punto di destinazione della merce».

3.2

Per completare la normativa comunitaria che disciplina la sicurezza dei trasporti, la Commissione propone di migliorare la sicurezza della catena logistica del trasporto terrestre introducendo misure obbligatorie per gli Stati membri, ma che gli operatori del settore possono adottare su base volontaria. Essa afferma inoltre che la proposta in esame non si applica alla sicurezza dei trasporti di passeggeri, in particolare ai trasporti collettivi, che potranno essere eventualmente presi in considerazione in una fase successiva.

3.3

La proposta di regolamento in esame riguarda quindi i seguenti modi di trasporto: navigazione interna, ferrovie e trasporti su strada.

3.4

Oltre alla suddetta proposta di regolamento, la Commissione presenta una comunicazione che espone le principali problematiche connesse alla sicurezza dei trasporti di merci, illustrando per quale motivo detta proposta di regolamento costituisca lo strumento più realistico e idoneo per migliorare la sicurezza dei trasporti di merci in Europa.

3.5

Come illustrato nella «Comunicazione sul rafforzamento della sicurezza della catena logistica», la Commissione si propone i seguenti obiettivi:

aumentare il livello di sicurezza lungo tutta la catena logistica senza ostacolare la fluidità degli scambi,

istituire un quadro normativo comune per un approccio europeo sistematico, senza compromettere il mercato comune dei trasporti e le misure di sicurezza esistenti,

evitare procedure e oneri amministrativi superflui a livello europeo e nazionale.

3.6

Le misure proposte dalla Commissione per realizzare questi obiettivi sono:

introduzione di un sistema obbligatorio che impone agli Stati membri di istituire un'etichetta di qualità in materia di sicurezza («operatore sicuro»), la quale può essere assegnata agli operatori della catena logistica che rispettino determinati livelli minimi europei di sicurezza, permettendo così il riconoscimento reciproco di tale qualifica nel mercato interno,

introduzione, fra le disposizioni vincolanti per gli Stati membri, di un meccanismo volontario attraverso il quale gli operatori della catena logistica migliorano le proprie prestazioni nel settore della sicurezza in cambio di incentivi,

assegnazione esplicita agli operatori della catena logistica della responsabilità dei livelli di sicurezza nell'ambito del trasporto merci in Europa,

per gli «operatori sicuri»: possibilità di beneficiare di agevolazioni in caso di controlli di sicurezza e di distinguersi dai concorrenti grazie al loro valore aggiunto in termini di sicurezza, usufruendo così di un vantaggio commerciale e competitivo,

possibilità di un regolare aggiornamento e adeguamento dei requisiti di sicurezza, compresi i requisiti e le norme internazionali riconosciuti, mediante la procedura di comitato.

3.7

Il presente parere intende compiere un'analisi delle misure proposte dalla Commissione e in base ad essa valutare in quale misura potranno essere realizzati gli obiettivi che la Commissione si prefigge.

4.   Osservazioni di carattere generale

4.1

Prima di affrontare il contenuto della Comunicazione e della proposta di regolamento, occorre chiarire la terminologia da utilizzare. In effetti, mentre l'inglese usa il termine «security», il tedesco «Sicherheit», il francese «sûreté» («sicurezza» in italiano), l'olandese (Ndt: lingua del relatore) usa «beveiliging», che significa piuttosto «messa in sicurezza, difesa, protezione». A differenza delle lingue di alcuni Stati membri dell'Unione europea, il tedesco distingue fra «protezione» (beveiliging) e «sicurezza» (veiligheid). Di conseguenza nel testo tedesco il termine «Sicherung» dovrà sostituire «Sicherheit» perché rispecchia meglio l'oggetto del documento.

4.2

Ora che è stato predisposto un quadro giuridico per la sicurezza sia dei trasporti aerei e degli aeroporti, sia dei trasporti marittimi e dei porti, la Commissione ritiene adesso necessario provvedere ad una regolamentazione per i modi di trasporto terrestri.

4.3

Secondo il Comitato, la Commissione trascura il fatto che — come essa stessa aveva peraltro constatato — i trasporti aerei e marittimi presentano caratteristiche del tutto diverse dai trasporti terrestri (navigazione interna, trasporti ferroviari e su strada). In effetti, mentre i primi due modi di trasporto contano un numero limitato di operatori, i settori della navigazione interna e dei trasporti merci su strada sono caratterizzati da una moltitudine di piccoli operatori (circa 500 000), spesso imprese unipersonali, che operano in un mercato con margini molto esigui o addirittura negativi. Contando anche i produttori di merci che operano all'inizio della catena logistica, complessivamente le imprese di cui questa si compone toccano i 4,7 milioni, cosa che il Comitato reputa essere un ulteriore svantaggio nell'adozione di misure come quelle proposte dalla Commissione.

4.4

Il Comitato concorda con la Commissione nel ritenere pressoché impossibile disporre regole e procedure uniformi e generalmente applicabili all'intera catena logistica del trasporto terrestre. A giudizio della Commissione sarebbe quindi più realistico mettere a punto un quadro normativo impostato su requisiti minimi di sicurezza e congegnato in modo da assicurare nella pratica un livello di sicurezza soddisfacente in funzione del progresso tecnologico e dell'evolvere dei rischi.

4.5

La solidità, o la debolezza, di una catena coincide con quella del suo anello più debole: questo vale anche per la sicurezza della catena logistica. Secondo la Commissione, ciascun operatore, ossia ciascun anello di questa catena, può essere considerato — l'esclusivo responsabile della sicurezza delle proprie attività, e la sicurezza dell'intera catena è il risultato di tutte le misure di sicurezza individuali dei singoli operatori. Anche il Comitato ritiene che ogni operatore sia responsabile per la sua parte di catena logistica, ma ricorda che il rischio di attacchi terroristici non risiede unicamente nei singoli anelli costituiti dai singoli operatori, ma anche, o piuttosto, nei nodi intermodali e nelle infrastrutture.

4.6

Il Comitato ritiene che siano eccessivamente sottovalutati soprattutto i rischi connessi all'infrastruttura fisica, la cui sicurezza deve essere garantita dalle autorità degli Stati membri. A suo giudizio non ha senso compiere investimenti per la sicurezza dei singoli anelli della catena logistica se al tempo stesso le autorità non effettuano investimenti per garantire un grado elevato di sicurezza nelle infrastrutture materiali.

4.7

Dato il numero delle imprese potenzialmente interessate dalle misure contemplate nella proposta di regolamento per la sicurezza della catena logistica, la Commissione ritiene che per garantirne l'efficacia sia indispensabile affidare ad un'unica autorità per ciascuno Stato membro il compito di coordinare, attuare e controllare la loro applicazione. Da parte sua il Comitato ritiene che, per quanto sensata, la proposta della Commissione non sia sufficientemente specifica, tanto più se si considera il ruolo cruciale dell'autorità summenzionata.

4.8

Per assicurare regole del gioco veramente uguali per tutti nell'UE, il Comitato ritiene importante che in ogni Stato membro la qualifica di «operatore sicuro» venga ottenuta sulla base degli stessi criteri. In pratica ciò significa che, per conseguirla, un vettore — ad esempio — polacco dovrà soddisfare ai medesimi requisiti richiesti a un trasportatore portoghese o greco. Solo a questa condizione sarà poi possibile contemplare il reciproco riconoscimento della qualifica di «operatore sicuro». La proposta della Commissione non offre ancora garanzie sufficienti sulle modalità da applicare per assicurare regole veramente uguali per tutti. Anche se negli allegati figura un elenco di requisiti minimi che devono essere soddisfatti, il Comitato non ritiene che ciò offra garanzie sufficienti per mettere tutti gli operatori su un piede di parità.

4.9

La Commissione presenta questa sua proposta proprio in un momento in cui gli Stati membri, nel quadro della strategia di Lisbona, si adoperano per ridurre drasticamente gli oneri amministrativi per gli operatori dei trasporti e gli spedizionieri. Per quanto comprensibile possa essere il contesto che fa da sfondo alla proposta, gli oneri amministrativi legati all'introduzione del regolamento si ripercuotono sui datori di lavoro e sui lavoratori del settore, mentre il Comitato ritiene che le autorità, a livello nazionale e internazionale, debbano intervenire anche sotto il profilo finanziario.

4.10

La proposta, inoltre, non è abbastanza specifica quanto all'impatto prodotto sul trasporto terrestre di merci dalle misure proposte circa l'etichetta di qualità «operatore sicuro». I lavoratori dovranno ricevere una formazione adeguata, che consenta loro di far fronte alle circostanze più disparate, e le imprese dovranno adottare tutta una serie di misure di sicurezza che comportano un forte aggravio dei costi; non è certo che tali costi potranno essere assorbiti dai committenti o dai clienti.

4.11

Il Comitato ritiene che la proposta in esame non sia affatto chiara circa i vantaggi conseguenti alla qualifica di «operatore sicuro», poiché non specifica né il modo in cui essi possono essere realizzati, né la loro entità.

4.12

Il Comitato si chiede se nell'elaborare la proposta di regolamento la Commissione fosse consapevole delle misure già adottate nei diversi settori. Per fare un esempio che è sì parziale, ma relativo al comparto più vulnerabile, si possono citare, per il trasporto merci su strada, l'Accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose su strada (ADR), e, per la navigazione interna, l'ADNR (il cui art. 1, paragrafo 10 disciplina il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno). Accordi analoghi sono stati conclusi per i trasporti di merci per ferrovia. Il Comitato giudica auspicabile verificare anzitutto se, anziché proporre un nuovo regolamento, non sarebbe altrettanto efficace adattare le disposizioni già in vigore. Non è chiaro se la Commissione abbia già preso in considerazione questa soluzione: ad ogni modo essa risulterebbe auspicabile per alleggerire gli oneri amministrativi.

4.13

La Commissione ritiene inoltre che il conseguimento della qualifica di «operatore sicuro» da parte di un'impresa comporti una sensibile riduzione dei controlli sulle merci trasportate nei porti e ai varchi di frontiera. La proposta della Commissione non presenta tuttavia alcuna garanzia che ciò effettivamente avverrà, né fa riferimento ad accordi in tal senso. Proprio in considerazione degli sforzi a carico degli operatori e delle singole imprese, il Comitato ritiene necessario fornire certezze sulle agevolazioni che gli operatori interessati potranno attendersi, tanto più che, vista la soppressione dei controlli sistematici alle frontiere fra gli Stati membri, non si può più parlare di vantaggi legati all'eliminazione dell'attesa alle frontiere.

4.14

Il Comitato fa presente che le misure di sicurezza non devono mettere a rischio determinati diritti fondamentali, quali la rappresentanza delle imprese e la rappresentanza sindacale, né ostacolare i diritti dei terzi che partecipano temporaneamente alle attività dell'impresa, ad esempio nelle operazioni di carico e scarico.

4.15

Il Comitato fa inoltre presente un problema legato essenzialmente ai trasporti internazionali su strada. Si tratta delle aree di parcheggio, che spesso risultano talmente pericolose che gli autisti non osano più sostarvi per la notte: ciò rende difficile rispettare la regolamentazione sui periodi di guida e di riposo e diminuisce la sicurezza dei trasporti. Il Comitato ritiene necessari investimenti di gran lunga maggiori nella sicurezza delle aree di parcheggio, in particolare di quelle utilizzate per le soste notturne nei trasporti internazionali su strada. Il Comitato invita pertanto la Commissione a occuparsi di questo problema e a presentare proposte per rimediarvi.

5.   Osservazioni particolari

5.1

Prima di approfondire le iniziative proposte dalla Commissione per rafforzare la sicurezza, è opportuno accertare quali misure siano già state adottate in materia di sicurezza per i vari modi di trasporto terrestri.

5.2

Il comparto della navigazione interna utilizza spesso porti marittimi per le operazioni di carico e scarico. In questo caso è già applicabile il codice ISPS (International Ship & Port Facility Security).

5.3

Nei trasporti ferroviari si attribuisce già da molto tempo grandissima importanza alla sicurezza delle persone e delle merci. In tale contesto sarebbe auspicabile insistere sul principio di una valutazione flessibile e concreta dei rischi. Nell'adottare misure di sicurezza occorrerà prestare particolare attenzione ai punti vulnerabili, quali le stazioni e le aree di smistamento. L'Unione internazionale delle ferrovie (UIC) dovrà formulare raccomandazioni circa le misure di sicurezza da adottare nei trasporti internazionali di merci per ferrovia.

5.4

Il settore del trasporto di merci su strada, effettuato da imprese che trasportano merci sia per conto terzi che per conto proprio, annovera un gran numero d'imprese, soprattutto di dimensioni piccole o molto piccole, caratteristica che le rende molto vulnerabili. L'organizzazione globale del settore a livello internazionale (la International Road Transport Union — IRU), ha definito linee guida per la sicurezza, le cosiddette Security Guidelines, destinate ai responsabili della gestione delle imprese, ai conducenti e ai committenti. Essa ha inoltre predisposto un sistema di accordi di collaborazione volontaria con le autorità doganali.

5.5

Queste linee guida si fondano sui seguenti criteri:

le misure di sicurezza non devono essere tanto rigorose da impedire il normale esercizio dell'attività dell'impresa,

le nuove misure di sicurezza da adottare devono essere compatibili con l'obiettivo che con esse si vuole conseguire, nonché con gli oneri e le conseguenze che ne derivano per i trasporti,

le misure unilaterali non sono accettabili,

le misure di sicurezza devono essere congegnate in maniera tale da risultare comprensibili e accettabili,

visto il carattere internazionale dei trasporti, le misure da adottare dovrebbero essere applicate in maniera uniforme, proporzionale e non discriminatoria, evitando (per quanto possibile) di ostacolare i flussi commerciali più efficienti.

5.6

Il Comitato insiste sul problema della vulnerabilità delle pipeline (oleodotti, gasdotti, ecc.), un altro modo di trasporto trascurato dal documento della Commissione. Per quanto sia forse complicato provvedere alla sua sicurezza, questo comparto offre una facile visione d'insieme, grazie al numero limitato degli operatori. Dato che le pipeline sono al tempo stesso un modo di trasporto e delle infrastrutture, il Comitato raccomanda di rivolgere un'attenzione particolare alla loro sicurezza.

5.7

Alla luce di quanto detto al punto 4.7, il Comitato ritiene che la nomina, da parte dei singoli Stati membri, di un'apposita autorità che coordini e attui le misure di sicurezza della catena logistica, verificandone l'applicazione, presenti indubbi vantaggi, a condizione che alle sue competenze facciano riscontro poteri sufficienti, non menzionati esplicitamente nel testo della proposta di regolamento in esame. Il Comitato raccomanda di cogliere l'opportunità ora offerta dalla scelta di uno strumento giuridico «forte» come il regolamento per contemplarvi indicazioni più precise, in modo da assicurare un approccio uniforme negli Stati membri.

5.8

La proposta di regolamento prevede che gli Stati membri istituiscano un sistema per l'attribuzione, da parte della suddetta autorità centrale competente, della qualifica di «operatori sicuri» agli operatori della catena logistica che partecipino a determinate attività (articolo 5, paragrafo 2) nel quadro di tale catena. Tale qualifica viene attribuita per un periodo di tre anni, con la possibilità di rinnovo qualora «l'operatore sicuro» continui a rispettare i requisiti minimi previsti dalla proposta di regolamento in esame. La qualifica di operatore sicuro dovrebbe consentire di beneficiare di agevolazioni e semplificazioni delle misure di controllo della sicurezza.

5.9

Il Comitato ritiene che la Commissione delinei un quadro troppo ottimistico della situazione. Il testo della proposta di regolamento in esame non fornisce precisazioni né circa la creazione di una struttura costituita da un'unica autorità competente per Stato membro, né circa la procedura e i criteri seguiti per assegnare la qualifica di «operatore sicuro» ai richiedenti.

5.10

Solo il testo della Comunicazione allegata specifica che gli operatori devono soddisfare a taluni requisiti minimi in materia di sicurezza, che dovrebbero essere sviluppati dagli stessi Stati membri in un sistema per «operatori sicuri». Da parte sua il Comitato ritiene che delegando la definizione dei requisiti minimi ai singoli Stati membri non si garantirebbe alcun sistema armonizzato di requisiti minimi nell'Unione europea. Esso teme anzi che, non disponendo di alcuno standard di riferimento circa la forma e il contenuto di tali requisiti, si finirebbe per creare sistemi non comparabili. Come già precisato al punto 4.8, il Comitato teme che in questo modo non sia possibile stabilire regole del gioco uguali per tutti, e consiglia pertanto alla Commissione di studiare come garantire che la qualifica di «operatore sicuro» abbia lo stesso contenuto e valore in tutti gli Stati membri.

5.11

L'esistenza stessa di un sistema di reciproco riconoscimento della qualifica di «operatore sicuro» implica una disparità di trattamento anche all'interno dell'Unione europea, e quindi anche una certa distorsione della concorrenza.

5.12

Il Comitato fa presente che la qualifica di «operatore sicuro» può avere implicazioni diverse a seconda del modo di trasporto. Basti pensare che, mentre il mercato dei trasporti ferroviari si compone di poche grandi aziende, quello dei trasporti su strada annovera circa 500 000 imprese, per lo più di piccole dimensioni.

5.13

Il Comitato non è convinto dei vantaggi per gli «operatori sicuri» cui la Commissione accenna nell'articolo 6 della proposta di regolamento. Gli Stati membri dovrebbero assicurare che gli «operatori sicuri» godano di determinate agevolazioni e possano beneficiare di procedure semplificate per i controlli di sicurezza, ossia del cosiddetto «trattamento accelerato». Stando alla Commissione ciò comporterebbe controlli di sicurezza meno rigorosi, ma il Comitato giudica le formulazioni adottate talmente vaghe e poco concrete da costituire una forte incognita circa la loro applicabilità nella pratica.

5.14

Dal contesto sembrerebbe che saranno gli Stati membri a finanziare, in qualche modo, le misure concrete connesse all'introduzione dei provvedimenti proposti dalla Commissione, che, a giudizio del Comitato, risulteranno particolarmente onerose a livello nazionale. Appare indispensabile chiarire gli ambiti di responsabilità e di cooperazione dello Stato membro e dell'«operatore sicuro». Peraltro, la molteplicità dei gruppi destinatari aumenterà il costo dell'istituzione e del mantenimento di un sistema come quello prospettato dalla Commissione.

5.15

Le autorità nazionali si assumeranno beninteso i costi dell'introduzione dei controlli sull'applicazione della normativa, ma l'Unione europea dovrà rendere disponibili i mezzi necessari per aiutare in ogni modo i paesi terzi a dotarsi di livelli di sicurezza pari a quelli degli Stati membri dell'UE. Visto il carattere internazionale del trasporto terrestre di merci, il Comitato ritiene essenziale questo aspetto.

5.16

I costi degli investimenti per la messa in sicurezza e le relative spese di gestione correnti (personale, assicurazioni, informazione, ecc.) dovrebbero essere a carico degli operatori che adottano le misure di sicurezza, per essere poi integrate nei prezzi o nelle tariffe che essi praticano, senza dimenticare che ottenendo la qualifica di «operatore sicuro» essi devono beneficiare di premi assicurativi più contenuti. Resta da analizzare la situazione in cui nel mercato dei trasporti opereranno in parallelo sia gli operatori sicuri sia quelli che non possiedono tale qualifica, il che potrà portare alla formazione di un gruppo di operatori che fornisce sì servizi sicuri, ma più costosi, e di un secondo gruppo di operatori che, non dovendo sostenere i costi legati all'irrigidimento delle norme di sicurezza, può invece offrire servizi più economici.

5.17

Il testo olandese del «considerando» n. 11 della proposta di regolamento, riferendosi agli operatori stabiliti sul territorio degli Stati membri utilizza a giusto titolo il termine «gevestigd», mentre altre lingue (ad esempio il polacco) usano espressioni del tipo «che svolgono le loro attività», il che ha implicazioni del tutto diverse.

Bruxelles, 13 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/78


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il piano d'azione eGovernment per l'iniziativa i2010: accelerare l'eGovernment in Europa a vantaggio di tutti

COM(2006) 173 def.

(2006/C 325/19)

La Commissione, in data 25 aprile 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 10 novembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore HERNÁNDEZ BATALLER.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 114 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato appoggia il piano d'azione presentato dalla Commissione, la cui applicazione comporterà la promozione da parte delle amministrazioni pubbliche dell'Unione di un'economia basata sulla conoscenza capace di generare una crescita economica sostenibile, accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell'occupazione e da una maggiore coesione sociale.

1.2

A parere del Comitato l'esecuzione del Piano d'azione può contribuire ad evitare l'emarginazione sul piano personale e lavorativo di diversi gruppi sociali e a migliorare la qualità e la stabilità dell'occupazione, ad impedire la disuguaglianza digitale, a promuovere l'universalizzazione dei servizi di prossimità, a prendersi cura integralmente di categorie di persone dipendenti e in ultima analisi a rendere la società più coesa dinanzi all'insorgere di disuguaglianze finora inesistenti. Vanno adottate le misure adeguate per impedire che esistano cittadini di «seconda categoria».

1.3

L'adeguamento delle amministrazioni pubbliche ai servizi digitali comporterà la loro modernizzazione, sotto forma di un miglioramento della qualità, agilità e del rendimento dei servizi al cittadino, dell'efficienza nell'uso delle risorse pubbliche, della riduzione dei costi, della soddisfazione degli utenti, dell'integrazione tra amministrazioni pubbliche e della semplificazione amministrativa.

1.4

Il Comitato raccomanda con forza la fissazione di obiettivi che soddisfino il requisito di piena copertura per quanto riguarda l'accesso ai servizi a banda larga, per la diffusione di Internet come strumento di informazione e comunicazione. La fiducia dei cittadini in questo strumento dipenderà dal grado di sicurezza collegato al suo impiego, elemento che influirà sull'amministrazione digitale e sui servizi offerti ai cittadini.

1.5

Il Comitato si rammarica del fatto che il Piano d'azione non faccia alcun riferimento al ruolo della società civile organizzata nel conseguimento degli obiettivi di partecipazione dei cittadini al processo decisionale democratico. La società civile organizzata, in quanto asse della democrazia partecipativa, deve svolgere un ruolo fondamentale nella futura «edemocrazia».

2.   La proposta della Commissione

2.1

Nel documento in esame la Commissione presenta il suo piano d'azione eGovernment (amministrazione in linea), che è parte integrante dell'iniziativa i2010 per l'occupazione e la crescita nella società dell'informazione e il cui obiettivo è quello di contribuire in modo significativo all'agenda di Lisbona e ad altre politiche comunitarie europee.

2.2

La Commissione ritiene importante accelerare l'introduzione dell'eGovernment in una prospettiva di ammodernamento e di innovazione, di fronte all'emergere di nuove esigenze e richieste, come servizi pubblici senza soluzione di continuità alle frontiere e opportunità economiche e di mobilità per i cittadini in Europa.

2.3

Il piano d'azione della Commissione mira a:

far sì che tutti i cittadini e le imprese possano ottenere quanto più rapidamente possibile benefici concreti,

fare in modo che l'eGovernment a livello nazionale non crei nuovi ostacoli nel mercato unico a causa della frammentazione e della mancanza di interoperabilità,

estendere i vantaggi dell'eGovernment a livello comunitario, permettendo di realizzare economie di scala nell'ambito delle iniziative degli Stati membri e cooperando per far fronte alle sfide comuni europee,

garantire che tutte le parti interessate dell'UE cooperino alla definizione e all'attuazione dell'eGovernment.

2.4

Il piano d'azione si articola intorno a cinque obiettivi in materia di eGovernment, fissando traguardi specifici per il 2010:

promuovere l'inclusione attraverso l'eGovernment in modo tale che, entro il 2010, tutti i cittadini possano disporre di servizi sicuri, innovativi e facilmente accessibili.

Ciò comporta da un lato l'impegno di eliminare il divario digitale, e dall'altro determina l'opportunità di condurre politiche di inclusione basate sulle TIC, per far sì che tutti i cittadini, compresi i gruppi sociali svantaggiati, possano usufruire appieno dell'eGovernment.

Fare dell'efficienza e dell'efficacia una realtà, contribuendo in modo significativo, entro il 2010, ad accrescere la soddisfazione degli utenti, la trasparenza e l'assunzione di responsabilità, ad alleggerire gli oneri amministrativi e a migliorare l'efficienza.

A tal fine il piano d'azione della Commissione intende in primo luogo creare un quadro comune di misurazione orientato alla valutazione dell'impatto/beneficio che includa un'analisi comparativa basata su indicatori comuni e un case-based learning (l'apprendimento basato sull'analogia) con l'uso di indicatori misurabili.

In secondo luogo, mira a una maggiore comunicazione e condivisione delle esperienze al fine di garantire la sostenibilità a lungo termine.

Istituire servizi fondamentali a forte impatto per i cittadini e le imprese, in modo tale che, entro il 2010, il 100 % degli appalti pubblici sia disponibile — e il 50 % sia effettivamente aggiudicato — per via elettronica, definendo una cooperazione relativa ad altri servizi pubblici in linea a forte impatto per i cittadini, come quelli per la loro mobilità (ad esempio migliori servizi per la ricerca di lavoro in Europa, servizi di sicurezza sociale riguardanti le cartelle cliniche e prescrizioni di trattamenti medici per via elettronica) o per il rimborso dell'IVA.

Creare gli strumenti chiave per permettere ai cittadini e alle imprese di usufruire, entro il 2010, di un accesso autenticato comodo, sicuro e interoperabile ai servizi pubblici in tutta Europa, come per esempio carte d'identità nazionali armonizzate o la definizione di misure normative per lo sviluppo dell'identificazione e dell'autenticazione elettroniche nei servizi pubblici.

Realizzare la dimostrazione, entro il 2010, di strumenti che consentano effettivamente il dibattito e la partecipazione del pubblico al processo decisionale democratico, affrontando numerose questioni e preoccupazioni che vanno dall'inclusione alla qualità del processo decisionale.

3.   Osservazioni generali

3.1

In linea generale, il Comitato valuta positivamente il piano d'azione della Commissione, che presenta obiettivi ambiziosi la cui realizzazione è necessaria. Il Comitato condivide la definizione dei suoi obiettivi e l'opportunità politica della sua presentazione per l'impulso che dà agli obiettivi fissati nella strategia di lisbona, per far sì che l'Europa diventi l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica al mondo.

3.2

Il Comitato ribadisce (1) che, se si vuole che gli obiettivi di Lisbona siano veramente raggiungibili, l'Unione europea deve offrire un approccio coerente, dinamico e progressista sia per quanto riguarda gli obiettivi dell'Unione che le dinamiche istituzionali. La spinta rappresentata dall'amministrazione elettronica è, sicuramente, uno strumento utile per conseguire tali obiettivi.

3.3

Realizzare il requisito della piena copertura per quanto riguarda l'accesso ai servizi a banda larga costituisce una priorità; a tal fine vanno estese le infrastrutture in aree in cui la domanda non è soddisfatta, allo scopo di garantire l'accesso a tali servizi e promuovere le reti e i servizi a banda larga e mobili.

3.4

L'esecuzione ai diversi livelli territoriali delle misure previste nel piano d'azione e lo scambio di esperienze tra tali livelli avrà una ripercussione evidente sul funzionamento del mercato interno, specie sugli appalti pubblici e sugli aspetti relativi alla vita quotidiana della cittadinanza dell'Unione, con un innalzamento della qualità di vita e del benessere dei cittadini.

3.4.1

Il piano d'azione riguarda diritti fondamentali riconosciuti nella Carta dei diritti fondamentali come il «diritto ad una buona amministrazione», la «protezione dei dati di carattere personale», il «diritto di accesso ai servizi di collocamento», la «protezione della salute» e l'«accesso ai servizi di interesse economico generale».

3.4.2

Il Comitato spera che l'attuazione degli obiettivi del piano d'azione salvaguardi l'attuale livello di protezione di tali diritti, evitando che il maggiore sviluppo tecnologico ne comporti un abbassamento.

3.5

Per innalzare la fiducia dei cittadini nell'amministrazione sono necessarie misure di sicurezza proporzionate, sufficienti e adeguate al loro costo, alla loro natura, all'importanza dei dati e delle operazioni protette.

3.6

Il Comitato si è già pronunciato sulla necessità di un approccio politico europeo alla sicurezza delle reti e dell'informazione (2), affermando che gli investimenti nel miglioramento della sicurezza delle reti generano costi e benefici sociali che non sono rispecchiati correttamente dai prezzi del mercato.

3.7

Il Comitato esaminerà tra poco in modo più approfondito la sicurezza delle reti nel piano d'azione i2010 (3).

3.8

I canali di cooperazione tra le istituzioni della UE e le amministrazioni pubbliche degli Stati membri per la futura operatività del piano d'azione vanno rafforzati, creando percorsi adeguati che, a loro volta, aiutino a realizzare una valutazione efficace dei risultati.

3.9

È auspicabile creare strutture di cooperazione tra le varie amministrazioni pubbliche per permettere al cittadino di utilizzare nuovi servizi indipendentemente dall'amministrazione che li offre. In tal modo si consentirebbe inoltre lo sviluppo comune di soluzioni e una migliore integrazione di quelle esistenti.

3.10

Il Comitato ribadisce che a livello europeo si deve dare impulso ai servizi pubblici europei (4) (dogane, Galileo, tessera sanitaria europea, cooperazione giudiziaria civile in campi come l'ottenimento delle prove, la notificazione e la comunicazione degli atti, e altri nuovi servizi come la targa europea o la patente europea) collegando le diverse amministrazioni pubbliche di questi settori.

3.11

Uno dei difetti del piano consiste nell'insufficienza di strumenti economici sovranazionali (IST, IDA) per facilitare la trasformazione a livello delle risorse umane e il mutamento tecnologico previsti. Ciò si rivela particolarmente preoccupante in riferimento ai nuovi Stati membri e a quelli che si preparano a entrare nell'UE.

3.12

In questo senso, per evitare una situazione a «più velocità» nel settore dell'«eGovernment» tra gli Stati membri dell'UE va progettata in anticipo un'azione istituzionale «ad hoc» che affronti la questione della dotazione di un fondo per la modernizzazione delle amministrazioni pubbliche e di un trattamento giuridico differenziato — con termini più estesi per l'applicazione — affinché queste possano rispettare gli obiettivi fissati nel piano.

3.13

Da parte loro, sia la BEI che la Commissione dovrebbero contemplare anche strumenti economici per imprimere dinamismo all'economia europea nel quadro dell'applicazione di questo piano d'azione.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

L'informatizzazione della società costituisce una sfida di sviluppo e competitività, ma anche di coesione sociale, territoriale e di pari opportunità. Tra le disuguaglianze con effetti determinanti per il futuro degli individui o dei territori vi è quella che dipende dalla posizione occupata in relazione al divario digitale.

4.2

L'obiettivo primario deve esser quello di evitare che esista un «divario digitale» o almeno quello di ridurlo o correggerlo; ciò richiede politiche attive immediate relative al sistema di promozione o di fornitura, specie nelle aree in cui è meno avanzato il processo d'adeguamento al nuovo ambiente tecnologico. Oltre a ciò, vanno previsti programmi intensi di alfabetizzazione digitale rivolti a segmenti specifici della popolazione, comprendenti anche programmi di alfabetizzazione collegati alla formazione professionale.

4.3

A parere del Comitato si deve procedere alla costruzione, alla gestione, allo sviluppo e alla manutenzione delle infrastrutture e delle risorse di ogni tipo, anche quelle umane, necessarie perché possa svolgersi l'azione delle diverse amministrazioni pubbliche in materia di formazione e abilitazione in TIC; lo scopo deve essere quello di disporre in tutto il territorio dell'Unione europea di un'organizzazione efficiente in grado di promuovere e assistere l'alfabetizzazione digitale e di favorire l'aumento delle connessioni a Internet.

4.3.1

A tal fine vanno promosse misure come la creazione e gestione integrale di aule perfettamente attrezzate e operative destinate a corsi di alfabetizzazione digitale, la formazione dei formatori, gli aiuti alla connessione, o gli assegni «Internauta» collegati alla frequentazione con profitto dei corsi impartiti e da usare per il finanziamento parziale dell'acquisto e dell'accesso a beni e servizi TIC, fondamentalmente Internet.

4.3.2

I contenuti e i servizi di alfabetizzazione digitale dovrebbero basarsi sul progetto e sull'avvio, sul monitoraggio e sul controllo dell'azione formativa e di sostegno alla realizzazione dei corsi di «Internauta».

4.3.3

Si dovrebbero incoraggiare misure come lo sviluppo di «campus virtuali» per la gestione del livello medio di Internauta, oltre a fornire contenuti formativi multilinguistici debitamente accreditati per tale livello. I servizi digitali dell'amministrazione pubblica possono stimolare la diversità linguistica, l'apprendimento delle lingue e favorire il multilinguismo nell'UE.

4.4

Occorre procedere all'adeguamento dei portali dell'amministrazione agli standard più elevati internazionalmente accettati in materia di accessibilità, sostanzialmente i livelli ottimi delle norme WAI (web accessibility initiative), promuovendo anche tutte le misure, sia normative che tecnologiche o organizzative che consolidino TIC accessibili e amministrazioni pubbliche interoperabili in tutta l'Europa.

4.5

L'eliminazione delle «barriere mentali» che, a volte, dividono le persone, deve andare di pari passo con l'eliminazione delle barriere fisiche. Il Comitato ritiene che l'accessibilità sia agli spazi fisici che ai sistemi e ai mezzi di comunicazione o il riconoscimento per legge del linguaggio dei segni, siano passi fondamentali nel progresso verso la piena cittadinanza.

4.6

La trasparenza presuppone che si incoraggi il libero gioco dell'informazione, si garantisca l'obiettività, si offra un'informazione veridica e puntuale, rendendo impossibile per le amministrazioni agire in modo opaco.

4.7

Un'informazione pubblica pertinente e aggiornata forma parte del nucleo della relazione democratica tra lo Stato e i cittadini. Solo così si possono conoscere gli affari pubblici, partecipare alle decisioni, valutare la gestione e i comportamenti.

4.8

Si tratta in definitiva di convogliare tutto il potenziale delle TIC verso l'obiettivo di un'amministrazione migliore, più efficiente, più vicina ai cittadini e che fornisca servizi pubblici digitali utili e di qualità nel processo di integrazione dei cittadini e delle imprese nella società dell'informazione.

4.9

Le misure dovrebbero in tutti gli Stati membri, entro un periodo di tempo ragionevole:

garantire il diritto di cittadini e imprese di usare l'informatica nei loro rapporti con le amministrazioni pubbliche,

stabilire i meccanismi grazie ai quali l'offerta di servizi in linea corrisponda alla domanda esistente, creando un catalogo preciso dei servizi elettronici,

assicurare l'esistenza di canali adeguati in modo che tutti i cittadini e le imprese possano fare uso dei servizi resi disponibili dalle amministrazioni pubbliche.

4.10

In molti casi si dovrà procedere a un'immersione tecnologica delle imprese, in particolare delle PMI, svolgendo azioni tecniche e di consulenza specializzata e personalizzata ai settori imprenditoriali dell'UE, specie a quelli che presentano le maggiori carenze in fatto di TIC, attraverso «agenti di sviluppo tecnologico» e la costituzione di «agenzie di sviluppo tecnologico» a livello nazionale, regionale e locale.

4.11

Queste misure devono essere integrate da altre azioni di diffusione e divulgazione, con iniziative di formazione e abilitazione in TIC, con incentivi per l'accesso di qualità a Internet e alle TIC in generale da parte delle PMI.

4.12

Per mezzo di azioni di incentivazione delle tecnologie TIC è possibile integrare le PMI dell'UE nell'economia della conoscenza, promuovendo la creazione di contesti produttivi innovatori, infondendo dinamismo alle reti imprenditoriali, e favorendo la generazione, la condivisione e il trasferimento efficiente di tecnologia e conoscenza.

4.13

Concretamente si può incoraggiare la generazione di soluzioni tecnologiche o di gestione applicabili ai settori produttivi dell'UE; la realizzazione di benchmarking (analisi comparativa) in merito al grado di sviluppo delle TIC in diversi settori produttivi; l'istituzione di centri condivisi di gestione tecnologica o di sviluppo di processi (parchi settoriali di soluzioni TIC); la creazione di centri di prestazione di servizi alle PMI di diversi settori produttivi e loro collegamento con i centri di R&S+I in TIC (laboratori TIC settoriali); la promozione delle reti imprenditoriali B21B o B2C; l'incoraggiamento di meccanismi di finanziamento di capitale di rischio TIC e simili; la creazione di pagine web che contengano cataloghi dei servizi offerti ai settori e alle imprese sottoscrittrici; la creazione di forum digitali e di elenchi «on line» di PMI.

4.14

Per quanto riguarda la sicurezza, andrebbe incentivata la costituzione di centri specializzati per la prevenzione, soluzione, anticipazione/proattività e R&S+I in materia di sicurezza informatica e TIC attraverso soluzioni tecnologiche specifiche essenzialmente per le imprese e le amministrazioni dell'UE allo scopo di generare fiducia nella rete e infondere dinamismo al commercio elettronico e alla i-amministrazione.

4.15

Attualmente sia i partiti politici che le organizzazioni della società civile organizzata possono comunicare con i cittadini in modo più rapido e efficace e chiedono ai loro rispettivi governi che i nuovi mezzi di comunicazione, e in particolare Internet, diventino un canale normale di accesso e di rapporto con l'amministrazione, per partecipare direttamente all'elaborazione di decisioni collettive, per esercitare i diritti politici, incluso, in funzione dei casi, anche l'esercizio del voto.

4.16

Il Comitato si rammarica del fatto che il piano d'azione non faccia riferimento al ruolo della società civile organizzata nel conseguimento dei propri obiettivi, in special modo di quello del rafforzamento della partecipazione e del processo decisionale democratico in Europa.

4.17

Il CESE intende sostenere, monitorare e verificare, a livello comunitario, per quanto riguarda l'accessibilità, l'iniziativa in materia di inclusione, al fine di superare il divario digitale e il ritardo tecnologico che l'attuazione dell'e-government può causare in determinati settori della società.

4.18

Per realizzare tale obiettivo è indispensabile promuovere le riforme che favoriscano la trasmissione fluida di informazioni, la comunicazione in rete, il dialogo diretto tra i cittadini e i poteri pubblici, incrementando il capitale sociale e rafforzando gli spazi digitali comuni.

4.19

La qualità della democrazia dipende in buona misura dal funzionamento delle amministrazioni pubbliche. Abbiamo bisogno di amministrazioni moderne e flessibili, che si organizzino in funzione dei problemi dei cittadini, per essere in grado di anticiparli e risolverli, che funzionino in modo trasparente in modo che i cittadini possano avere fiducia in loro e le sentano vicine.

4.19.1

Il Comitato in quanto sostenitore della democrazia partecipativa, ritiene che tale partecipazione sviluppi l'educazione civica, faciliti la governabilità e migliori la salute del sistema politico.

4.19.2

Va eseguita una valutazione e condotto un monitoraggio della situazione e dell'evoluzione della società tecnologica e della conoscenza nell'Unione europea, su basi metodologiche e con analisi scientifiche e statistiche rigorose; in tale contesto va rivolta particolare attenzione all'immersione tecnologica dei gruppi che presentano bisogni speciali, al fine di determinare con rigore le azioni volte a eliminare in modo efficiente il «divario digitale», contribuendo all'uso e all'applicazione intensiva delle TIC nella società europea e in tali gruppi.

Bruxelles, 14 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Migliorare l'attuazione della strategia di Lisbona, GU C 120 del 20.5.2005 pagg. 79-88, adottato in sessione plenaria il 27.10.2004. Relatore: VEVER, correlatori: EHNMARK e SIMPSON.

(2)  Parere del Comitato economico e sociale in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioniSicurezza delle reti e sicurezza dell'informazione: proposta di un approccio strategico europeo, GU C 48 del 21.2.2002, pagg. 33-41, adottato in sessione plenaria il 28.11.2001. Relatore: RETUREAU. Punto 3.2.1.3.11.

(3)  Progetto di parere. Relatore: PEZZINI. GU C 318 del 23.12.2006.

(4)  Parere adottato in sessione plenaria il 14.9.2006. Relatore: VEVER. GU C 318 del 23.12.2006


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/82


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2006/…/CE che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna

COM(2006) 646 def. — 2006/0210 (COD)

(2006/C 325/20)

Il Consiglio, in data 16 novembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo ha incaricato, in data 25 ottobre 2006, la sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha nominato relatore generale RUSCHE e ha adottato all'unanimità il seguente parere.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo, come ha confermato più volte, attribuisce all'armonizzazione dei requisiti tecnici la massima importanza.

1.2

Il comitato ha già fatto osservare, nel parere in merito alla direttiva 2006/…/CE oggetto di modifica, che il Reno è la via navigabile con il maggior traffico al mondo. Le condizioni e i requisiti tecnici per tale via navigabile interna sono aggiornati periodicamente dalla Commissione centrale per la navigazione del Reno (CCNR) ai sensi dell'articolo 22 della Convenzione riveduta per la navigazione del Reno. Tale commissione coinvolge nello sviluppo dei suoi requisiti, grazie all'audizione delle organizzazioni non governative, i rappresentanti degli armatori, dei sindacati, dei cantieri navali e dei fornitori.

1.3

Per evitare distorsioni della concorrenza e livelli diversi di sicurezza è opportuno che tali requisiti tecnici vengano sostanzialmente inclusi nelle disposizioni della direttiva 2006/…/CE sui requisiti tecnici per la navi della navigazione interna.

1.4

Per fare in modo che ciò avvenga in tempi rapidi è necessario, come propone la Commissione, apportare modifiche alla direttiva 2006/…/CE sui requisiti tecnici.

1.5

Il CESE raccomanda inoltre che il comitato istituito in seguito alla modifica della direttiva 2006/.../CE preveda uno status di osservatore per la commissione centrale per la navigazione del Reno per garantire uno sviluppo coerente dei requisiti tecnici.

2.   Proposta della Commissione

2.1

La proposta di direttiva ha l'obiettivo, grazie alla procedura di comitato, di favorire il lavoro di adeguamento dei requisiti delle altre organizzazioni internazionali, in particolare della CCNR, e di agevolarne l'adozione.

2.2

A tal fine si propone di modificare gli articoli procedurali della direttiva e dell'Allegato II della direttiva, che rendono possibile un adeguamento flessibile delle disposizioni comunitarie ai requisiti necessari per il rilascio di certificati di navigazione in base all'articolo 22 della Convenzione riveduta per la navigazione sul Reno.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il Parlamento europeo ha varie volte affermato di ritenere importante una stretta cooperazione di tutte le organizzazioni internazionali competenti per la navigazione interna, in particolare la cooperazione tra la Comunità e la Commissione centrale per la navigazione sul Reno.

3.2

Gli Stati membri e la Commissione ritengono che la cooperazione tra la Comunità e la CCNR dovrebbe essere quanto più efficace e stretta possibile. A tal fine sarebbe utile la partecipazione della CCNR a titolo di osservatore al comitato dell'UE. Il comitato può decidere autonomamente quale sia la modalità più idonea di partecipazione della CCNR ai suoi lavori.

3.3

I considerando della proposta di direttiva e l'articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2006/…/CE sui requisiti tecnici per le navi della navigazione interna sottolineano il ruolo importante della CCNR e la necessità di armonizzare i requisiti della Comunità e della CCNR.

3.4

Da ciò deriva la raccomandazione di conferire uno status di osservatore alla CCNR nel comitato. Va notato che la Commissione europea ha già uno status di osservatore presso la CCNR e ha la possibilità di partecipare ai comitati tecnici della CCNR.

Bruxelles, 13 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 325/83


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio concernente l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell'aviazione civile

COM(2006) 645 def. — 2006/0209 (COD)

(2006/C 325/21)

Il Consiglio, in data 15 novembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 71 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 21 novembre 2006, ha incaricato la sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2006, nel corso della 431a sessione plenaria, ha nominato relatore generale SIMONS e ha adottato il seguente parere all'unanimità.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE concorda con la proposta di regolamento della Commissione, in quanto l'introduzione della «procedura di regolamentazione con controllo» comporterà un coinvolgimento più pieno dei co-legislatori nel controllo degli atti esecutivi.

1.2

In vista dell'imminente entrata in vigore del regolamento UE-OPS (regolamento 3922/91 modificato) il Comitato raccomanda di adottare rapidamente la proposta in esame.

2.   Introduzione

2.1

La proposta in esame è intesa a modificare il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio, concernente l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell'aviazione civile (1), per renderlo conforme alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (2), come modificata da ultimo dalla decisione 2006/512/CE del Consiglio, del 17 luglio 2006 (3).

2.2

La decisione 2006/512/CE ha introdotto una nuova modalità di esercizio delle competenze di esecuzione, la procedura di regolamentazione con controllo.

2.3

Ormai è necessario ricorrere alla procedura di regolamentazione con controllo per le misure di portata generale intese a modificare elementi non essenziali di un atto di base adottato secondo la procedura di cui all'articolo 251 del Trattato, anche sopprimendo taluni di questi elementi, o completando l'atto con l'aggiunta di nuovi elementi non essenziali.

2.4

In particolare si deve applicare questa nuova procedura di regolamentazione quando occorre sopprimere, modificare o sostituire allegati dell'atto di base o procedere al loro adattamento al progresso scientifico e tecnico. Si continuerà invece ad applicare la procedura di regolamentazione normale nei casi in cui la Commissione concede ad uno Stato membro una deroga concernente l'applicazione delle disposizioni di un atto di base o dei relativi allegati.

2.5

Gli articoli 8, paragrafi 1, 3 e 4, e l'articolo 11 del regolamento (CE) n. 3922/91 autorizzano la Commissione, mediante la procedura di regolamentazione, a sopprimere, modificare o adattare le norme comuni contenute nell'allegato III.

2.6

Occorre pertanto modificare detto regolamento affinché l'adozione di tali misure di esecuzione avvenga mediante la nuova procedura di regolamentazione con controllo.

3.   Osservazioni generali

3.1

La decisione 2006/512/CE stabilisce le procedure da seguire nell'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione. Essa introduce una nuova procedura di comitato, denominata «procedura di regolamentazione con controllo», intesa a coinvolgere più strettamente Consiglio e Parlamento nell'adozione di misure e decisioni di «natura quasi legislativa» da parte della Commissione.

3.2

In concreto, questa nuova procedura andrà utilizzata quando sono riunite le tre condizioni seguenti:

l'atto di base è stato adottato in base alla procedura di cui all'articolo 251 del Trattato CE,

l'atto di base prevede l'adozione di misure di portata generale,

tali misure sono intese a modificare elementi non essenziali dell'atto di base, anche sopprimendo taluni di questi elementi o completando l'atto con l'aggiunta di nuovi elementi non essenziali.

3.3

Il Comitato giudica appropriata la proposta della Commissione, in quanto l'introduzione della «procedura di regolamentazione con controllo» comporterà un più pieno coinvolgimento dei colegislatori nel controllo degli atti esecutivi.

3.4

La decisione del Consiglio 2006/512/CE è entrata in vigore il 23 luglio 2006 e si applica alle procedure legislative in corso. Per questo la Commissione propone di completare il regolamento UE-OPS con questa modifica.

3.5

In vista dell'imminente entrata in vigore del regolamento UE-OPS, il Comitato raccomanda la rapida adozione della proposta in esame.

4.   Osservazioni specifiche

Nessuna.

Bruxelles, 13 dicembre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  GU L 373 del 31.12.1991, pag. 4. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento

(2)  GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.

(3)  GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11.