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ISSN 1725-2466 |
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Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 69 |
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Edizione in lingua italiana |
Comunicazioni e informazioni |
49o anno |
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Numero d'informazione |
Sommario |
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II Atti preparatori |
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Comitato economico e sociale europeo |
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423a Sessione plenaria del 18 e 19 gennaio 2006 |
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2006/C 069/1 |
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2006/C 069/2 |
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2006/C 069/3 |
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2006/C 069/4 |
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2006/C 069/5 |
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IT |
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II Atti preparatori
Comitato economico e sociale europeo
423a Sessione plenaria del 18 e 19 gennaio 2006
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21.3.2006 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 69/1 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alle seguenti proposte:
Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma specifico «Lotta contro la violenza (Daphne) e prevenzione e informazione in materia di droga per il periodo 2007-2013» come parte del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia»,
Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce per il periodo 2007-2013 il programma specifico «Diritti fondamentali e cittadinanza» come parte del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia»,
Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma specifico «Giustizia civile» per il periodo 2007-2013 come parte del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia»
COM(2005) 122 def. — 2005/0037 (COD) — 2005/0038 (CNS) — 2005/0040 (COD)
(2006/C 69/01)
Il Consiglio, in data 19 luglio 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 dicembre 2005, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice KING.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2006, nel corso della 423a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 122 voti favorevoli, 2 voti contrari e 2 astensioni.
1. Il contesto
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1.1 |
Il Consiglio e la Commissione hanno adottato un piano d'azione della durata di cinque anni per l'attuazione del programma dell'Aia sul consolidamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. |
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1.2 |
Il Comitato economico e sociale europeo sta attualmente elaborando un parere sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo intitolata Il programma dell'Aia: dieci priorità per i prossimi cinque anni — Partenariato per rinnovare l'Europa nel campo della libertà, sicurezza e giustizia (1). Nel parere, il Comitato afferma che il programma dell'Aia ha il «difficile compito di consolidare e favorire la creazione di uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia». Il documento sottolinea l'importanza di «rispettare rigorosamente un giusto equilibrio tra le tre dimensioni (libertà, sicurezza e giustizia) al fine di non arrecare pregiudizio ai valori fondamentali (diritti umani e libertà pubbliche) e ai principi democratici (Stato di diritto) condivisi in tutta l'Unione». Il Comitato tuttavia conclude sostenendo che tale equilibrio non è stato raggiunto, in quanto la sola sicurezza è oggetto della maggior parte delle misure legislative. |
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1.3 |
Il quadro finanziario di sostegno al programma dell'Aia per il periodo 2007-2013 si articola intorno alle seguenti tematiche: |
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1.3.1 |
solidarietà e gestione dei flussi migratori (2), |
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1.3.2 |
sicurezza e tutela delle libertà (3), |
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1.3.3 |
diritti fondamentali e giustizia (4). |
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1.4 |
Il Comitato ritiene che lo squilibrio tra le tre dimensioni (libertà, sicurezza e giustizia) si rifletta anche nelle prospettive finanziarie, dato che gran parte delle risorse di bilancio viene assorbita dalla sicurezza. |
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1.5 |
Il piano d'azione quinquennale è strettamente legato ad altri piani e proposte nel campo della libertà, della sicurezza e della giustizia, ad esempio il recente piano d'azione dell'UE in materia di lotta contro la droga. |
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1.6 |
Il Comitato intende esprimere un unico parere sul programma dell'Aia e sui tre programmi quadro, al fine di influenzare il contenuto finale del programma. |
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1.7 |
Il programma mette l'accento sul miglioramento della cooperazione intergovernativa tra gli Stati membri, come pure tra questi e le varie agenzie e servizi dell'UE competenti in materia di sicurezza interna. La Commissione ha il compito di monitorare l'efficacia dei vari piani, programmi e proposte, in linea con il principio di sussidiarietà enunciato all'articolo 5 del Trattato CE. |
2. Osservazioni generali
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2.1 |
Il Comitato osserva che la proposta della Commissione che istituisce un programma generale in materia di «Diritti fondamentali e giustizia» fa parte di un insieme coerente di proposte, il cui obiettivo è fornire un sostegno adeguato al programma dell'Aia nell'ambito delle prospettive finanziarie 2007. |
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2.2 |
Rileva inoltre che la Commissione mette in particolare risalto la necessità di semplificare e razionalizzare il sostegno finanziario esistente nel campo della libertà, sicurezza e giustizia, in modo da garantire una maggiore flessibilità nella definizione delle priorità e incrementare la trasparenza globale. |
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2.3 |
Il Comitato giudica importante che vi sia coerenza tra gli Stati membri nel garantire i principi di democrazia, il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali e lo Stato di diritto. Si tratta di una necessità tanto più avvertita quanto più l'UE continua ad ampliarsi e a condurre negoziati con altri paesi candidati. |
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2.4 |
Nota tuttavia con preoccupazione che la Commissione ha presentato la proposta in un periodo di grande incertezza per l'UE. Dato che il programma dell'Aia trova fondamento nel Trattato costituzionale, la situazione attuale avrà delle conseguenze che dovranno essere affrontate. |
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2.5 |
Dato inoltre che il programma generale si compone di quattro programmi specifici, e non essendo certo che un'unica DG della Commissione abbia una visione chiara di tutti gli aspetti legati a questo particolare settore politico, il Comitato si chiede se esistano meccanismi adeguati di monitoraggio, controllo e valutazione ai fini di una valutazione efficace del programma. |
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2.6 |
Gli Stati membri hanno raggiunto un accordo sulle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013, ma il bilancio generale (Rubrica 3 A) — Libertà, sicurezza e giustizia) è diminuito di 524 milioni di euro, scendendo da 7 154 milioni e 6 630 milioni di euro. Il Comitato ritiene che tale situazione metta in forse la dotazione di 543 milioni di euro prevista dalla Commissione per il programma «Diritti fondamentali e giustizia» per tale periodo, mentre non è stata ancora presa una decisione definitiva in merito alla distribuzione delle risorse tra i tre programmi quadro. Per il Comitato, pertanto, non è chiaro quale sarà l'impatto finale sui programmi e sulle attività specifiche che fanno parte del programma generale. |
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2.7 |
Il Comitato non è convinto che la proposta della Commissione tenga in debito conto il principio di sussidiarietà definito all'articolo 5 del Trattato CE, giacché essa non sembra riconoscere in maniera sufficiente i settori in cui è preferibile un intervento a livello nazionale, regionale e/o locale, in collaborazione con le parti sociali interessate. |
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2.8 |
Il Comitato raccomanda vivamente di lasciare la proposta in sospeso fino a quando le basi giuridiche e finanziarie non saranno state chiarite. Nel frattempo, propone di continuare ad applicare l'approccio del programma vigente nel settore della libertà, della sicurezza e della giustizia finché non si risolva la situazione attuale. |
3. Osservazioni specifiche sulle risorse finanziarie e i programmi
3.1 Le risorse finanziarie
Come risulta dalla seguente tabella, il documento della Commissione manca di coerenza per quanto concerne le risorse finanziarie. La Commissione ha affermato che le cifre sono esatte, anche se presentate in maniera diversa; il Comitato fa però osservare che tale differenza di presentazione non è indicata in alcun punto del testo e che il documento contiene comunque un errore alla pagina 38 della versione inglese. Il Comitato ritiene che la presentazione del quadro finanziario vada improntata alla massima coerenza e chiarezza: le incongruenze devono dunque essere rettificate, dato che l'accuratezza e la coerenza sono principi importanti quanto la semplificazione e la trasparenza, i due obiettivi che la Commissione dichiara di voler perseguire nella sua proposta.
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Risorse finanziarie 2007-2013 |
pag. 10 |
pag. 18 |
pag. 37 |
pag. 53 |
pag. 69 |
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Programma quadro |
543 |
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L'errore non riguarda la versione italiana |
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Diritti fondamentali e cittadinanza |
93,8 |
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96,5 |
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Giustizia civile |
106,5 |
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109,3 |
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Giustizia penale |
196,2 |
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199 |
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Lotta contro la violenza |
135,4 |
138,2 |
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Spese amministrative |
11,1 |
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3.2 Il programma generale su diritti fondamentali e giustizia
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3.2.1 |
Il Comitato apprezza che la Commissione riconosca la tensione esistente tra la protezione dei diritti essenziali dell'individuo e l'esercizio delle responsabilità fondamentali degli Stati membri dell'Unione in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, tanto più che tali aspetti vengono attualmente discussi a tutti i livelli, dai singoli cittadini ai funzionari europei. |
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3.2.2 |
In materia di diritti fondamentali, la Commissione sottolinea la necessità di azioni più concertate contro il razzismo, la xenofobia e l'antisemitismo, attraverso un maggiore sostegno alle diverse forme di dialogo interreligioso e multiculturale. |
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3.2.3 |
Il Comitato è d'accordo con questa dichiarazione della Commissione, ma ritiene che essa non rifletta adeguatamente l'attuale contesto dell'UE. Nel marzo 2005, la Federazione internazionale di Helsinki per i diritti umani (IHF) ha pubblicato un rapporto da cui emerge che dagli attentati dell'11 settembre è aumentata la discriminazione nei confronti dei musulmani che vivono in Europa. Secondo il direttore esecutivo della Federazione Aaron RHODES, dagli attacchi dell'11 settembre le minoranze musulmane in Europa vivono in un clima di crescente diffidenza e ostilità. Da quando si è intensificata la lotta al terrorismo e la minaccia dell'estremismo religioso è diventata una delle principali tematiche del dibattito pubblico, i fenomeni già esistenti di pregiudizio e discriminazione si sono accentuati e i musulmani si sono sentiti sempre più stigmatizzati per via delle loro credenze (5). |
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3.2.4 |
Il Comitato raccomanda quindi di aggiungere a tale elenco anche l'islamofobia, per dare ulteriore risalto alla necessità di combattere questa forma particolare di razzismo in cui vi è una concatenazione di cultura e religione. |
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3.2.5 |
Il Comitato osserva che la lotta contro la violenza è il solo ambito a non disporre di un'agenzia con cui possa sviluppare sinergie. Raccomanda pertanto alla Commissione di valutare quale sistema mettere in atto per assicurare che la lotta alla violenza, in tutte le sue forme, figuri anch'essa tra le priorità. |
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3.2.6 |
La mancanza di coordinamento tra il programma sui diritti fondamentali e la giustizia e il nuovo Istituto europeo per l'uguaglianza di genere rappresenta per il Comitato una grave lacuna. Esso raccomanda dunque di inserire un obiettivo specifico che rifletta questa esigenza, in vista dell'apertura dell'Istituto nel 2007. |
3.3 La lotta contro la violenza, l'informazione e la prevenzione in materia di droga
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3.3.1 |
Il Consiglio europeo del giugno 2005 ha accolto con particolare favore il piano d'azione contro la droga (2005-2008) come parte della strategia di lotta alla droga (205-2012). Le conclusioni del Consiglio evidenziano bene l'importanza attribuita al piano d'azione contro la droga e alla lotta al terrorismo. |
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3.3.2 |
Il Comitato approva tale impostazione, ma teme che fenomeni quali la violenza contro i bambini, le donne e i giovani e la tratta a scopo di sfruttamento sessuale possano essere messi in secondo piano dalla lotta contro l'uso e il traffico di stupefacenti, tanto più che il bilancio globale e la ripartizione delle risorse finanziarie tra i vari programmi non sono ancora stati ratificati. |
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3.3.3 |
Il Comitato raccomanda pertanto di prevedere obiettivi specifici e un'apposita linea di bilancio per la lotta alla violenza, al fine di garantire una definizione adeguata delle priorità e incrementare la trasparenza. |
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3.3.4 |
Il Comitato apprezza che la lotta alla violenza non sia considerata solo un problema di salute pubblica, ma rientri nella protezione dei diritti enunciati nella Carta dei diritti fondamentali. |
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3.3.5 |
Raccomanda tuttavia di precisare, nell'ambito dell'obiettivo specifico definito nel programma generale, che la lotta contro la violenza in tutte le sue forme include espressamente la tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale. Si tratta di una precisazione importante in quanto la lotta alla tratta di esseri umani presenta una dimensione transfrontaliera ed è quindi necessario che l'UE adotti una strategia e un piano d'azione in materia. |
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3.3.6 |
La definizione delle categorie di destinatari (articolo 6) delle misure di lotta contro la violenza deve essere più precisa, specie quando si giustifica il valore aggiunto dell'UE, pena il rischio di contravvenire al principio di sussidiarietà. |
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3.3.7 |
Per il Comitato è importante che tra i gruppi di destinatari figurino i funzionari incaricati dei controlli alle frontiere, data la loro importanza nello smantellare i canali di distribuzione usati per il traffico di esseri umani e di droga. |
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3.3.8 |
Il Comitato si rammarica che il compito di combattere la violenza contro le donne, i giovani e i bambini sembri affidato in massima parte alle ONG, con il sostegno del programma Daphne. Ritiene infatti che tali questioni dovrebbero essere fatte proprie dagli Stati membri con tutte le loro risorse legislative e finanziarie, senza che ciò incida sui bilanci delle ONG. La cooperazione tra le ONG, l'UE e le autorità nazionali resta essenziale per eliminare fenomeni quali lo sfruttamento o la violenza sessuale. Il Comitato auspica che le agenzie degli Stati membri e delle ONG collaborino per sensibilizzare l'opinione pubblica e dar vita a uno scambio di buone pratiche. |
3.4 Diritti fondamentali e cittadinanza
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3.4.1 |
Il Comitato approva l'obiettivo di «creare una reale cultura dei diritti fondamentali fra tutti i popoli d'Europa», destinata a sostenere la Carta dei diritti fondamentali e ad informare i cittadini sui loro diritti, anche quelli legati alla cittadinanza dell'Unione. |
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3.4.2 |
Accoglie con favore il riconoscimento del ruolo specifico svolto dagli attori della società civile riguardo ai diritti fondamentali e alla loro promozione. Considera inoltre prioritario sostenere la società civile nei nuovi Stati membri dell'UE e ribadisce la propria disponibilità a svolgere un ruolo attivo a tal fine. |
3.5 I programmi specifici: giustizia penale e giustizia civile
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3.5.1 |
Il Comitato approva e promuove la cooperazione giudiziaria nei settori riconosciuti prioritari dagli Stati membri dell'UE, ad esempio la lotta al terrorismo. Incoraggia quindi la Commissione a proseguire i suoi sforzi a favore della solidarietà e dell'armonizzazione al fine di creare uno spazio europeo di giustizia, nonostante l'incompatibilità esistente tra i sistemi giuridici degli Stati membri. |
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3.5.2 |
In materia civile, ad esempio, le accezioni e i limiti di concetti quali la negligenza, il dovere di diligenza e la sua violazione, la buona fede, il dolo contrattuale o la responsabilità variano da uno Stato membro all'altro. Ciò però non deve impedire che si adottino iniziative volte ad armonizzare le legislazioni, sempre nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, come quelle che la Commissione ha già condotto con successo e con il costante sostegno del Comitato. |
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3.5.3 |
Anche il ruolo delle autorità giudiziarie dei rispettivi Stati membri può variare notevolmente, dato che alcune agiscono nell'ambito di una struttura federale con una costituzione codificata, e altre no. Il Comitato incoraggia la Commissione a proseguire gli sforzi per potenziare gli attuali sistemi di diritto processuale civile e crearne di nuovi, in vista di una loro armonizzazione in caso di conflitti sia transfrontalieri sia nazionali. |
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3.5.4 |
Il fatto che si tratti di materie complesse non deve esimere i diversi organi nazionali competenti in materia penale dall'obbligo di agire in stretta collaborazione per combattere reati gravi quali il contrabbando di droga o il traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale o lavorativo. |
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3.5.5 |
Numerosi sono gli esempi di proficua collaborazione in atto tra inquirenti, pubblici ministeri e giudici. Il Comitato raccomanda di assegnare opportune risorse a tali organi per sviluppare ulteriormente tale sinergia. |
Bruxelles, 19 gennaio 2006
La Presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Anne-Marie SIGMUND
(1) Parere del CESE in merito alla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo intitolata Il programma dell'Aia: dieci priorità per i prossimi cinque anni - Partenariato per rinnovare l'Europa nel campo della libertà, sicurezza e giustizia (COM(2005) 184 def. - Relatore: PARIZA) GU C 28 del 3.2.2006).
(2) GU C 294 del 25.11.2005 (relatrice: Le NOUAIL MARLIÈRE).
(3) GU C 294 del 25.11.2005 (relatore: CABRA DE LUNA).
(4) GU C 294 del 25.11.2005 (relatrice: KING).
(5) Il rapporto dell'IHF, intitolato Intolerance and Discrimination against Muslims in the EU - Developments since September 11 (Intolleranza e discriminazione contro i musulmani nell'UE: gli sviluppi dopo l'11 settembre), illustra la situazione in 11 Stati membri dell'UE: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e Svezia.
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21.3.2006 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 69/5 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Lo sviluppo sostenibile nell'agricoltura, nella silvicoltura e nella pesca — Le sfide del cambiamento climatico
(2006/C 69/02)
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 10 febbraio 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema Lo sviluppo sostenibile nell'agricoltura, nella silvicoltura e nella pesca — Le sfide del cambiamento climatico
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 9 novembre 2005, sulla base del progetto predisposto dal relatore Seppo KALLIO.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 18 gennaio 2006, nel corso della 423a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 96 voti favorevoli, 14 voti contrari e 13 astensioni.
1. Introduzione
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1.1 |
Il mutamento climatico è diventato negli ultimi anni una delle sfide principali per il futuro della Terra. Numerosi studi differenti hanno indicato chiaramente un aumento nelle emissioni di gas a effetto serra nell'atmosfera e il conseguente riscaldamento del pianeta. Il cambiamento della composizione dell'atmosfera provocato dall'attività umana prosegue intanto a ritmo serrato. I ricercatori internazionali sono concordi circa la direzione del cambiamento climatico, ma vi sono valutazioni differenti circa la sua rapidità. La relazione pubblicata nel 2001 dal gruppo di studio intergovernativo sul clima (International Panel on Climate Change — IPCC) afferma incontrovertibilmente che i cambiamenti in corso nell'atmosfera continueranno nel corso di questo secolo e accelereranno il mutamento climatico. |
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1.2 |
L'UE è stata particolarmente attiva nel perseguire obiettivi che consentissero di rallentare il riscaldamento del clima, e sia essa che gli Stati membri hanno modificato le politiche in diversi ambiti al fine di ottenere risultati migliori. L'UE è all'avanguardia nell'azione internazionale volta a prevenire il cambiamento climatico: questo infatti costituisce una delle principali minacce ambientali, sociali ed economiche in atto, e può avere conseguenze di vasta portata in tutto il mondo. In base agli impegni derivanti dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico e alle disposizioni del Protocollo di Kyoto, l'Unione dovrebbe intensificare gli sforzi volti a scongiurare il cambiamento climatico e in tale contesto anche ridurre le emissioni di gas ad effetto serra generate dai settori dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca. Il presente parere si ripropone di fornire un utile contributo al rafforzamento degli sforzi dell'UE relativi al cambiamento climatico e alle sue ripercussioni sulla silvicoltura, l'agricoltura e la pesca. Va fatto presente che mentre esistono già dati scientifici significativi in merito agli effetti del cambiamento climatico sulla silvicoltura, l'impatto sull'agricoltura non è altrettanto conosciuto e quello sulla pesca meno ancora. |
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1.3 |
La comunità internazionale ha cercato attraverso vari accordi, tra cui il Protocollo di Kyoto, di intervenire su determinate politiche allo scopo di mettere sotto controllo le emissioni di gas a effetto serra. Tuttavia l'applicazione di tali accordi è stata alquanto problematica, perché non tutti i firmatari più importanti, tra cui gli Stati Uniti, hanno aderito agli obiettivi ampiamente concordati. |
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1.4 |
Il riscaldamento del clima provoca numerose conseguenze dirette e indirette in differenti regioni e settori di attività. Stimare tutte queste conseguenze costituisce un compito particolarmente arduo per i ricercatori, e in varie parti del mondo è in corso un'intensa attività di studio in questo campo. Sono stati elaborati numerosi scenari riguardo al mutamento climatico e sulla base dei dati disponibili si è cercato di valutarne le conseguenze per gli esseri umani e la natura. Tali conseguenze possono essere svantaggiose o favorevoli, a seconda della zona e del variare delle condizioni. La comunità internazionale e l'UE si sono anzitutto concentrate sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, in modo da rallentare il mutamento climatico. Il cambiamento climatico non riguarda soltanto la politica ambientale, ma ha anche importanti ripercussioni economiche, sociali e culturali sullo sviluppo dell'intera umanità e beninteso anche dell'Unione europea. |
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1.5 |
Oltre a cercare di contenere il cambiamento climatico, l'UE e gli altri paesi e regioni dovrebbero puntare molto di più sulla capacità delle persone e delle economie di adeguarsi ai cambiamenti in atto. Ciò è particolarmente importante perché, se anche si riuscisse a controllare nel lungo termine il cambiamento climatico, i mutamenti che si produrranno nel prossimo futuro richiederanno una forte capacità di adattamento da parte di vari settori della società, a livello sia nazionale che internazionale. Il cambiamento climatico influirà sensibilmente anche sulle tendenze e sullo sviluppo dell'economia mondiale. Anche l'UE ha presentato le proprie valutazioni sull'andamento dell'economia e dei consumi energetici. |
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1.6 |
Adeguarsi al cambiamento climatico costituirà una sfida importante per lo sviluppo sostenibile di vari settori economici nell'UE. Il cambiamento climatico richiederà un adeguamento almeno nei seguenti campi: industria, energia, trasporti, edilizia, sanità, turismo, assicurazioni, assetto territoriale, biodiversità, utilizzo di aree naturali a fini ricreativi, risorse idriche, pesca, silvicoltura, agricoltura, zootecnia, industria alimentare, caccia e allevamento di renne. Pertanto l'UE e gli Stati membri dovrebbero definire una strategia di adeguamento al mutamento climatico. Con il presente parere di iniziativa il CESE intende sottolineare taluni aspetti per lo sviluppo di una tale strategia, in particolare in relazione alle industrie primarie dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca. |
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1.7 |
La minaccia di catastrofi naturali quali inondazioni, tempeste e grandinate, che diverranno più frequenti a causa del previsto cambiamento climatico, avrà conseguenze negative per l'agricoltura, la silvicoltura e la pesca. |
2. Le esigenze di cambiamento e di adeguamento dell'agricoltura europea nella prospettiva del mutamento climatico
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2.1 |
Tenendo conto degli effetti previsti del cambiamento climatico, vi è motivo di ritenere che saranno fortemente colpiti il settore agricolo e quello forestale, e in una certa misura anche quello della pesca. Dal momento che questi settori contribuiscono in misura modesta alle emissioni di gas a effetto serra, il loro ruolo ha rivestito sinora un'importanza marginale ai fini dell'elaborazione e dell'applicazione delle politiche comunitarie in materia. In base alle ricerche dell'IPCC, il cambiamento climatico è inevitabile e occorre quindi considerare gli adeguamenti necessari nei suddetti settori. |
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2.2 |
In Europa l'agricoltura, la silvicoltura e la pesca si basano sul modello di una produzione sostenibile di materie prime e prodotti rinnovabili destinati ai consumatori e all'industria. L'UE ha sempre puntato sulla qualità e sulla sicurezza dei prodotti alimentari o di altro genere. Per mantenere gli obiettivi e i risultati raggiunti servono nuove misure di adeguamento al cambiamento climatico. |
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2.3 |
Il cambiamento climatico influisce sulla produzione di derrate alimentari, sull'approvvigionamento idrico e sulla salute a livello mondiale e anche nell'UE. Nella parte settentrionale dell'Unione il riscaldamento del clima farà aumentare il raccolto, mentre nelle regioni meridionali esso sarà ridotto a causa della crescente siccità. La velocità e le modalità del cambiamento climatico saranno differenti nei vari Stati membri e regioni a causa dei numerosi fattori in gioco, ma la tendenza, almeno al momento, è chiaramente verso un aumento della temperatura. L'approvvigionamento di acqua, sia potabile sia per uso agricolo, si farà più difficile nelle aree meridionali. |
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2.4 |
I fenomeni climatici estremi — tempeste, inondazioni, siccità e periodi di grande caldo — si intensificheranno. Il riscaldamento del clima accrescerà i rischi di diffusione di malattie trasmissibili attraverso gli insetti o l'acqua. Il mutamento climatico incide anche sulla comparsa di tali problemi nei vari paesi e regioni. |
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2.4.1 |
A lungo termine i centri di produzione alimentare dell'UE si sposteranno verso Nord. Si presume che il cambiamento climatico accrescerà il divario di benessere tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, cosa che avrà riflessi anche sulla produzione e sulla commercializzazione dei generi alimentari. È possibile che in talune regioni il cambiamento climatico provochi carenze di derrate alimentari o conflitti per il loro approvvigionamento. È inoltre importante tenere presente che possono esserci gravi problemi di accesso alle risorse idriche. |
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2.4.2 |
L'Unione europea ha una buona capacità di far fronte alla situazione grazie alle infrastrutture adeguate di cui dispone e all'obiettivo perseguito nel quadro della politica agricola di mantenere la produzione su tutto il territorio. In questa situazione mutevole l'UE deve assolutamente essere in grado di mantenere strumenti e risorse sufficienti per sviluppare e garantire la propria produzione alimentare. |
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2.5 |
Nella politica agricola comunitaria manca ancora una chiara strategia di adeguamento per far fronte alle ormai inevitabili conseguenze del cambiamento climatico. Alcuni Stati membri hanno elaborato o stanno elaborando strategie di adeguamento nazionali. L'agricoltura europea ha in linea di principio un ottimo potenziale di reazione al mutamento climatico: per esempio, la capacità di adattamento delle piante coltivate è in genere buona. |
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2.5.1 |
Grazie al miglioramento delle specie, nel giro di qualche anno le piante potranno essere messe in grado di reagire alle mutate condizioni climatiche. Ai fini di tale adeguamento si può sfruttare la molteplicità delle risorse genetiche esistenti. Le imprese del settore dovrebbero aumentare le risorse destinate allo sviluppo di nuove tecnologie sia per le colture che per l'allevamento. Per alleviare i danni derivanti dalle variazioni climatiche e dalle malattie delle piante e degli animali occorrerebbe sviluppare un sistema adeguato di gestione dei rischi. |
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2.5.2 |
Al tempo stesso occorre rafforzare la ricerca nel settore agricolo affinché sviluppi nuove varietà, in grado di adattarsi meglio alle nuove condizioni ecologiche (adeguamento) o che non abbiano bisogno di troppi agenti esterni come, ad esempio, i fertilizzanti azotati (limitazione delle emissioni). Occorre approfondire ed ampliare sia l'insegnamento universitario che la ricerca in merito al mutamento climatico, e ciò sia nel campo della ricerca di base che in quello della ricerca applicata dedicata all'adeguamento. |
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2.5.3 |
La questione essenziale è però quella di preservare la fertilità generale delle superfici agricole dell'UE. Adeguando i metodi di coltivazione si possono mitigare i mutamenti dannosi in atto nel suolo agricolo. La futura politica in materia di risorse idriche costituisce una questione fondamentale per l'agricoltura, specialmente nelle regioni dove tali risorse sono sempre più scarse. |
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2.6 |
Le conseguenze del mutamento climatico sui mercati alimentari mondiali devono essere studiate più a fondo, perché i cambiamenti che interverranno sul mercato influiranno anche sugli obiettivi di produzione dell'Unione. |
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2.7 |
L'UE ha attuato varie politiche ambientali volte a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra e aventi un impatto sull'agricoltura. Analogamente, ha tentato di orientare l'attività agricola verso la produzione di bioenergia, cosa che avrebbe effetti positivi anche sull'ambiente e sul clima. L'UE dovrebbe elaborare nuove misure ambientali nel settore agricolo, per promuovere un'utilizzazione più efficiente dei fertilizzanti e prevenire la produzione di metano da parte del bestiame o quanto meno recuperare tale metano nella misura del possibile. Pertanto, gli orientamenti della politica agricola e ambientale comunitaria si rifletteranno sul livello futuro delle emissioni. |
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2.8 |
Nella nuova situazione il settore agricolo dovrebbe dedicarsi in misura molto maggiore a produzioni non alimentari. Nella maggior parte degli Stati membri il livello di utilizzazione di biocombustibili è ancora molto modesto. Perché si raggiunga l'obiettivo stabilito dall'UE per il consumo di biocombustibili occorrerà accrescere nettamente la loro produzione. Nel settore non alimentare l'UE dovrebbe modificare alcune normative agricole che limitano la produzione di piante destinate all'uso energetico, come il massimale riferito alla superficie e la messa a riposo per le produzioni non alimentari. L'utilizzazione delle bioenergie può essere giustificata da considerazioni occupazionali, dall'esigenza di diversificare la produzione di energia e dal suo effetto positivo sul cambiamento climatico. |
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2.8.1 |
Per approssimarsi agli obiettivi stabiliti dalla direttiva sui biocombustibili, l'UE dovrebbe concedere al settore agricolo la possibilità di svolgere pienamente il ruolo di produttore di tali combustibili. L'UE dovrebbe inoltre riconsiderare l'eventualità di adeguare certe disposizioni della politica agricola comune e riprendere in esame il contenuto dei cosiddetti accordi di Blair House conclusi nell'ambito dell'OMC, che limitano la produzione di piante oleaginose non alimentari su terreni messi a riposo. Tale limite andrebbe soppresso dal momento che la produzione di oleaginose non beneficia più di alcuna sovvenzione. |
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2.8.2 |
Adeguarsi al cambiamento climatico significa anche coordinare l'intero ciclo di produzione delle derrate alimentari a livello sia nazionale che comunitario. Il processo di adeguamento rappresenterà un'ardua sfida anche per i consumatori, a beneficio dei quali si dovrebbe predisporre un'azione di istruzione e di informazione di livello elevato. L'UE e gli Stati membri dovrebbero avviare una campagna coordinata di istruzione, di informazione e di pubblicità volta ad accrescere le informazioni di base in possesso dei cittadini in merito ad un fenomeno complesso come il mutamento climatico. |
3. Necessità di adeguamento anche per il settore della pesca
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3.1 |
La politica comunitaria della pesca si dedica essenzialmente alla gestione delle riserve ittiche e all'orientamento del mercato. Le preoccupazioni per il cambiamento della qualità delle acque investono evidentemente anche il settore della pesca. Sinora la politica della pesca non ha preso concretamente in considerazione le conseguenze del cambiamento climatico, ma negli orientamenti dell'UE in merito al cambiamento climatico si afferma che a lungo termine esso avrà degli effetti sui proventi della pesca sia nell'insieme dell'UE che a livello locale. L'UE considera che tale posizione potrà essere adeguata e aggiornata in base ai cambiamenti che interverranno. Alla luce delle attuali conoscenze, il riscaldamento della temperatura dell'acqua provocato dal cambiamento climatico non comporterà probabilmente variazioni di rilievo nei mari più grandi. Al contrario, le conseguenze saranno più sensibili in bacini più piccoli come gli stagni, i fiumi e i laghi. Le riserve ittiche sono probabilmente destinate a cambiare in modo considerevole, tra l'altro a causa dell'evoluzione della situazione alimentare. Nelle acque più calde potrebbero giungere nuovi stock ittici, mentre i vecchi potrebbero sparire. |
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3.2 |
I cambiamenti potrebbero essere maggiori nelle acque interne e in quelle costiere degli Stati membri settentrionali. A quanto sembra, le specie ittiche di qualità delle acque fredde potrebbero essere minacciate. Vi sarà una netta riduzione numerica delle specie tipiche delle aree settentrionali dell'UE che hanno un certo valore commerciale, come il salmone, mentre aumenteranno di consistenza gli stock di pesci meno pregiati dal punto di vista economico. Anche la capacità di adattamento delle varie specie di pesci cambia considerevolmente. Ovviamente una questione essenziale consiste nella rapidità del cambiamento climatico e nel modo in cui esso si ripercuoterà sui sistemi idrici. La tendenza di base del cambiamento climatico indica che ci sarà un innalzamento della temperatura delle acque, innalzamento che ad esempio si è già manifestato nelle regioni polari e nelle paludi della Siberia. D'altronde, l'ecosistema marino risponde in modo abbastanza flessibile alle conseguenze del mutamento climatico. La situazione è ovviamente più sfavorevole nelle acque interne, ossia i fiumi e i laghi, ma attualmente le informazioni relative all'adeguamento in questo specifico contesto sono insufficienti. |
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3.3 |
Le possibilità dell'acquicoltura potrebbero migliorare in seguito al mutamento climatico. In futuro il volume dei corpi idrici crescerà, estendendo così la superficie delle zone costiere e consentendo di estendere l'acquicoltura. L'aumento della temperatura delle acque settentrionali dell'UE potrebbe anche accrescere le riserve di cibo a disposizione dei pesci. Al tempo stesso però il riscaldamento delle acque potrebbe accrescere i rischi di malattie o di perdite di qualità. I cambiamenti di temperatura delle acque non avranno solo conseguenze economiche, ma anche naturali, in particolare limitando la biodiversità. |
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3.4 |
Lo sviluppo sostenibile delle risorse ittiche deve fondarsi sulla conoscenza e sulla ricerca. Spesso è stato difficile gestire e porre in atto la politica comunitaria della pesca. Il settore ha sempre dovuto fare fronte a sfide e a pressioni, tra l'altro in relazione alla redditività, alla diossina o alla regolamentazione. La capacità di adattamento del settore della pesca potrebbe anche essere migliorata limitando le attività umane dannose che provocano l'eutrofizzazione e l'impoverimento della qualità delle acque. Il settore ha inoltre una forte esigenza di studiare il mutamento climatico. I processi riguardanti l'ecosistema acquatico sono infatti molto complessi, il che rende particolarmente impegnativa la ricerca in questo settore. L'UE potrebbe assegnare a tale attività ulteriori risorse ed estendere la ricerca e la cooperazione a livello internazionale e multilaterale. |
4. L'esigenza di strategie a lungo termine per la silvicoltura
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4.1 |
Le risorse forestali dell'UE crescono di continuo: infatti, solo la metà del legno che cresce annualmente viene raccolto, mentre riserve ulteriori vengono create grazie a nuovi piani di riforestazione. Dopo gli oceani, le foreste e il legno costituiscono i principali pozzi di assorbimento del carbonio. È inoltre possibile sostituire i prodotti fabbricati con materiali non rinnovabili con prodotti in legno. La politica forestale europea è di competenza degli Stati membri; nondimeno, la legislazione comunitaria e gli accordi internazionali influiscono sempre più su di essa. La conferenza ministeriale sulla protezione delle foreste in Europa ha definito criteri e indicatori dello sviluppo sostenibile, che costituiscono la base dello sfruttamento sostenibile delle risorse forestali. L'UE dovrebbe sostenere tale processo in un quadro di sviluppo sostenibile, ma pur sempre nel rispetto del principio di sussidiarietà. |
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4.2 |
Attraverso una buona cura delle foreste si creano le condizioni per il loro adeguamento al cambiamento climatico. La maggior parte delle foreste dell'UE è oggetto di cure continue, ragion per cui la loro produttività e vitalità permangono elevate. Le possibili misure di adeguamento devono essere definite prima possibile perché la silvicoltura ha bisogno di una pianificazione a lungo termine, dato che i tempi di rotazione variano tra i 15 e i 150 anni. In questa fase, bisogna tenere in particolare considerazione i metodi di rinnovamento, cui si ricollega per esempio la scelta delle specie arboree. Poiché il clima è cambiato in modo particolarmente rapido, si prevede che le foreste europee diventeranno più vulnerabili, per esempio, ai danni causati dagli insetti. L'UE dovrebbe incoraggiare le autorità forestali degli Stati membri e i gruppi di interesse del settore a perfezionare la loro cooperazione e a prepararsi alle gravi minacce causate da fattori biotici, quali insetti o funghi. |
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4.3 |
Nell'UE si trovano foreste di molti tipi differenti. In base alla loro collocazione geografica esse possono essere suddivise in boreali, atlantiche, mediterranee, continentali, alpine e macronesiane. Le differenze biotiche tra queste zone sono enormi, per cui la strategia volta ad adeguare le attività economiche di base al cambiamento climatico deve essere definita a livello nazionale o regionale. Le foreste rivestono un ruolo importante in quanto fattore di stabilizzazione degli ecosistemi naturali europei. Il loro mantenimento è quindi essenziale ai fini della stabilità degli ecosistemi naturali e seminaturali del continente. |
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4.4 |
Il mutamento climatico ha già aumentato il numero delle catastrofi naturali, e si prevede che tale tendenza si protrarrà. Per quanto riguarda le foreste, ciò si tradurrà anzitutto in un maggior numero di incendi, di danni provocati dalle tempeste e di diffuse distruzioni causate dagli insetti. Per poter far fronte a tale situazione di crisi, l'UE deve rendere più rapidi gli interventi di soccorso e garantire un adeguato sostegno materiale ed economico, ad esempio attraverso il Fondo europeo di solidarietà o altri strumenti analoghi. |
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4.5 |
Dal momento che le foreste sono particolarmente vulnerabili all'inquinamento biotico, l'UE dovrebbe mantenere il proprio approccio rigoroso riguardo ai prodotti a base di legno grezzo e di materia prima lignea che vengono importati da paesi terzi. Ciò permetterà di proteggere efficacemente le foreste europee dalle specie perniciose provenienti dall'esterno, tra cui alcuni tipi di insetti e di funghi. D'altro canto, il controllo delle importazioni non deve provocare ostacoli ingiustificati agli scambi internazionali. |
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4.6 |
Gli incendi forestali costituiscono già un grave problema, specie per la parte meridionale dell'Unione. Poiché è previsto che il cambiamento climatico peggiorerà la situazione, è assolutamente importante che l'UE prosegua il lavoro già avviato nel campo della prevenzione e del contenimento degli incendi forestali e provveda ad elaborare un programma europeo di gestione dei rischi. |
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4.7 |
Grazie a una gestione sostenibile delle foreste si manterrà una crescita continua delle riserve di legname, che costituisce una risorsa naturale rinnovabile. Promuovendone l'uso in quanto materiale da costruzione e fonte energetica si rende più efficiente il processo di cattura del biossido di carbonio nelle foreste e nei prodotti forestali i quali, da un lato, fungono da pozzi del carbonio e, dall'altro, permettono di rimpiazzare materiali prodotti a partire da risorse naturali non rinnovabili. In molti Stati membri un maggiore impiego del legno rappresenta una delle poche opportunità per creare nuovi posti di lavoro, specialmente nelle zone rurali. Questo vale in particolare per la produzione energetica, che è caratterizzata da un'elevata intensità di mano d'opera e viene spesso eseguita da imprenditori locali utilizzando semplici fornaci. |
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4.8 |
La gestione delle foreste si basa su un complesso sistema biologico, il cui studio richiede molto tempo, anche a causa dei lunghi tempi di rotazione. L'infrastruttura e i vari sistemi logistici rientrano tra i fondamenti di una gestione economicamente sostenibile delle foreste. Si ritiene che il cambiamento climatico provocherà tra l'altro un aumento della siccità nelle regioni meridionali e al tempo stesso una maggiore umidità del suolo nelle regioni settentrionali: proprio per questa ragione si è sentita l'esigenza di sviluppare nuove macchine forestali in grado di svolgere i lavori richiesti senza avere un impatto eccessivo sul suolo, nonché di investire nella ricerca biologica di base. Per preservare il modello agricolo europeo e adeguarsi alle mutevoli condizioni climatiche, l'UE deve garantire un finanziamento adeguato delle attività di ricerca e sviluppo in questo settore. In tale contesto occorrerà tenere conto della piattaforma tecnologica del settore forestale, istituita nel quadro della redazione del Settimo programma quadro. Bisogna inoltre favorire la collaborazione tra i vari istituti di ricerca europei e mondiali. |
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4.9 |
La condizione essenziale per una silvicoltura sostenibile è che le foreste private e pubbliche site nell'UE vengano curate e mantenute in buono stato. L'UE deve riconoscere il settore forestale come un ambito indipendente in tutta la sua legislazione, e valutare le conseguenze dei propri atti giuridici onde evitare che possano involontariamente arrecare danno alla silvicoltura. |
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4.10 |
Le specie vegetali indigene hanno d'altro canto migliori possibilità di adattarsi alle modifiche locali del clima grazie al proprio materiale genetico. Per tale ragione bisognerebbe dare la preferenza alle specie indigene, e al tempo stesso provare a trasferire più a nord determinate specie. Ove possibile, inoltre, è da raccomandare la creazione di foreste miste. |
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4.11 |
Con ogni probabilità il cambiamento climatico farà aumentare le differenze economiche tra i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo. L'UE deve promuovere l'introduzione di un accordo internazionale vincolante in materia di foreste, contenente strategie di adeguamento che permettano di orientare lo sviluppo in vari paesi meno favoriti. Per salvaguardare le importanti risorse forestali di tutto il mondo occorre sviluppare apposite capacità e promuovere l'uso di buone prassi gestionali. Il meccanismo per lo sviluppo pulito, istituito nell'ambito del Protocollo di Kyoto, fornisce ai soggetti decisionali dell'UE l'incentivo a contribuire alla riforestazione, nonché un mezzo per intensificare gli sforzi comunitari nel contesto delle quote di emissione nei paesi in via di sviluppo. |
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4.12 |
Il cambiamento climatico ha un impatto molto importante sull'UE e su diverse comunità. L'Unione dovrebbe accrescere sensibilmente l'insegnamento, l'istruzione, l'attività di informazione e il dibattito, affinché i cittadini possano comprendere a fondo l'entità dell'effetto del mutamento climatico sul futuro delle foreste comunitarie. |
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4.13 |
Il mutamento climatico può avere anche effetti positivi sulla silvicoltura, quanto meno a breve termine. Ciò vale in particolare per le regioni settentrionali d'Europa, dove esiste già un settore forestale moderno, ben sviluppato ed indipendente. Tuttavia le conseguenze del mutamento climatico devono essere tenute presenti in tutta Europa nel quadro delle misure di sviluppo del settore forestale. |
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4.14 |
Nell'analisi dei cambiamenti futuri bisogna attribuire particolare attenzione alla produzione di sughero e di altri prodotti forestali diversi dal legno, come le bacche, i funghi e i servizi ambientali. Oltre al sughero, anche la selvaggina riveste un ruolo importante nella silvicoltura e nello sviluppo sostenibile. |
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4.15 |
Sia nell'attuazione della strategia forestale del 1998 che nell'elaborazione, attualmente in corso, del piano di azione della Commissione, occorre tenere conto del cambiamento climatico e proporre le azioni necessarie per contribuire a mobilitare le riserve di legno. Sia la comunicazione della Commissione che la risoluzione del Consiglio hanno indicato tra gli obiettivi principali l'adeguamento della silvicoltura al cambiamento climatico. Nel quadro di tale processo è indispensabile mantenere una collaborazione attiva e ravvicinata con le varie direzioni generali della Commissione, nonché con gli Stati membri e tra i differenti gruppi di interesse. |
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4.16 |
Nei vari accordi e programmi forestali internazionali l'UE dovrebbe perseguire una certa flessibilità, in modo che, ad esempio, in caso di emergenza si possano eseguire tagli generalizzati nelle zone forestali la cui salute si è indebolita o in cui aumentano i danni provocati dagli insetti. Tali zone potrebbero essere rapidamente riforestate con specie vegetali più adatte. |
5. Conclusioni e raccomandazioni
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5.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo considera il cambiamento climatico come la più grande sfida dei prossimi anni e decenni per l'Unione europea e l'intero pianeta. L'UE deve rafforzare in maniera consistente le misure di prevenzione e iniziare ad elaborare una strategia di adeguamento coerente per diversi ambiti politici. Gli Stati membri che assicureranno le future presidenze dell'UE dovranno avere cura di rafforzare la politica concernente il cambiamento climatico, inserendovi azioni di adeguamento. |
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5.2 |
Il Comitato ritiene che, dato che le emissioni di gas a effetto serra imputabili alle attività economiche rurali, all'agricoltura, alla silvicoltura e alla pesca, sono relativamente modeste, tali settori siano rimasti sullo sfondo della politica comunitaria in materia di clima. In base ai risultati delle ricerche effettuate dall'IPCC, il cambiamento climatico è un fenomeno inevitabile: è quindi essenziale che l'UE prepari anche i suddetti settori alle misure di adeguamento. |
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5.3 |
Per il CESE è indispensabile che l'UE accresca sensibilmente le risorse destinate alle ricerche sui mutamenti climatici e alla politica di adeguamento, come pure all'attuazione di programmi di sicurezza. Ciò vale particolarmente per le attività economiche basate sull'impiego di risorse naturali. |
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5.4 |
Il Comitato chiede che tutti i terreni utilizzabili dell'UE siano resi disponibili per la produzione. In tale prospettiva l'UE deve rafforzare le azioni volte a garantire la sicurezza alimentare e delle forniture. I fattori di incertezza che il cambiamento climatico provoca per i settori primari devono essere tenuti concretamente in considerazione nell'elaborare la futura politica dell'UE in materia di sostegno e di produzione del settore agricolo, nonché di commercio e di energia. |
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5.5 |
Il Comitato chiede che l'UE metta in evidenza in sede internazionale le conseguenze negative del cambiamento climatico sulla fame nel mondo, particolarmente evidenti nei paesi equatoriali in via di sviluppo. |
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5.6 |
Ritiene inoltre che, oltre a cercare di contenere il cambiamento climatico, l'UE e tutti gli Stati membri dovrebbero avviare l'elaborazione di strategie settoriali di adeguamento. In alcuni Stati membri queste sono già state definite. L'Unione può contribuire a tale lavoro apportando i vantaggi di un buon coordinamento e il sostegno fornito dai Trattati internazionali, che contribuirebbero a un aumento degli sforzi anche a livello globale. |
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5.7 |
Il Comitato ritiene importante studiare le ripercussioni del cambiamento climatico sulle attività economiche rurali. Il cambiamento climatico avrà implicazioni rilevanti anche in altri settori di attività (industria, energia, trasporti, turismo, sanità), con conseguenze indirette per lo sviluppo e la necessità di adeguamento delle attività economiche rurali. |
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5.8 |
La capacità dell'UE e degli Stati membri di valutare le conseguenze del cambiamento climatico sul settore della pesca è relativamente limitata. Tale valutazione è strettamente legata allo sviluppo futuro della gestione delle risorse idriche. La politica della pesca dovrà anche valutare i cambiamenti che il settore richiede per adeguarsi ai mutamenti delle risorse idriche e delle condizioni di pesca. |
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5.9 |
Il CESE ritiene che occorra accrescere la produzione e l'utilizzazione del legno e riconoscere la grande importanza delle foreste nel controllo del cambiamento climatico. Considera importante aumentare l'opera di riforestazione, sia nell'UE che globalmente. Questo dovrebbe essere anche un punto chiave della politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo. |
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5.10 |
Il Comitato chiede infine che l'UE promuova l'avvio di un'ampia campagna di informazione e istruzione sia negli Stati membri che a livello internazionale, volta a sensibilizzare maggiormente la società civile e i responsabili decisionali. Ciò potrebbe accelerare l'elaborazione e l'attuazione delle strategie di adeguamento. |
Bruxelles, 18 gennaio 2006
La Presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Anne-Marie SIGMUND
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21.3.2006 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 69/10 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo sulle aliquote di accisa applicate all'alcole e alle bevande alcoliche (presentata a norma dell'articolo 8 della direttiva 92/84/CEE del Consiglio relativa al ravvicinamento delle aliquote di accisa sull'alcole e sulle bevande alcoliche)
COM(2004) 223 def.
(2006/C 69/03)
La Commissione europea, in data 27 maggio 2004, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 novembre 2005, sulla base del progetto predisposto dal relatore WILKINSON.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 18 gennaio 2006, nel corso della 423a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 81 voti favorevoli, 33 voti contrari e 15 astensioni.
1. Sintesi delle conclusioni e raccomandazioni
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1.1 |
L'attuale sistema delle accise applicate all'alcole e alle bevande alcoliche non è all'altezza delle legittime aspettative nutrite dai consumatori nei confronti del mercato interno: ciononostante, al di là del vigente accordo sulle aliquote minime, gli Stati membri (SM) non sono ancora riusciti a trovare un accordo circa l'armonizzazione delle aliquote. Gli addetti del settore definiscono «accisa» l'imposta dovuta nel paese nel quale l'alcole viene consumato. |
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1.2 |
La frequenza della presentazione delle relazioni sul sistema in vigore dovrebbe essere più realistica: la Commissione dovrebbe essere tenuta a presentarle con una cadenza non superiore ai cinque anni. |
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1.3 |
Il vigente sistema dà regolarmente adito a problemi circa la posizione di determinati prodotti all'interno delle strutture concordate: la difficoltà di trovare risposta a tali problemi può spingere gli SM a cercare soluzioni autonome. Difficoltà permangono anche per la corretta codifica di tali prodotti nella nomenclatura combinata (NC). È inoltre necessario tener conto del fatto che il commercio di questi prodotti si articola in due grandi categorie: da una parte il commercio tra professionisti e dall'altra gli acquisti dei privati. A loro volta queste due categorie comprendono due forme di acquisto, cioè l'acquisto diretto e l'acquisto per corrispondenza, che pongono problemi di diversa natura. |
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1.4 |
I danni alla salute derivano dall'abuso di alcole da parte dei singoli, non dalla forma in cui l'alcole viene consumato. |
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1.5 |
Aumentare le accise non aiuta a risolvere il problema dell'abuso di bevande alcoliche: non è infatti dimostrato che l'introduzione di tale misura, nel lungo termine, riduca il consumo di alcolici. Occorre pertanto affrontare questi problemi con altre misure, essenzialmente di tipo educativo e preventivo, intese a giovare alla salute pubblica. |
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1.6 |
Si raccomanda che la Commissione prenda in considerazione l'ipotesi di suddividere le bevande alcoliche in due categorie fondamentali, introducendo una base standard per tutte le bevande alcoliche incluse in ciascuna di queste categorie (cfr. punti 7.3-7.10), in virtù della quale le bevande vengano tassate secondo la loro tipologia, tenuto conto del loro metodo di elaborazione, dei loro effetti sulla salute e del loro contenuto di alcole. Per il vino e per le altre bevande fermentate (birra, sidro e bevande a base di succo di pera fermentato) occorre peraltro fare un discorso separato. |
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1.7 |
È evidente che tale trasformazione non può essere realizzata rapidamente: dovrebbe invece essere introdotta in un arco di tempo piuttosto prolungato. |
2. Argomentazioni a favore di tale tesi
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2.1 |
La Commissione ha presentato una relazione (1) in merito al funzionamento del sistema UE delle aliquote minime di accisa applicate all'alcole e alle bevande alcoliche. Tale relazione analizza il funzionamento dell'attuale sistema nel contesto del mercato interno, giungendo alla conclusione che una maggiore convergenza tra le aliquote di accisa applicate negli Stati membri potrebbe ridurre la frode e le distorsioni di concorrenza. |
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2.2 |
Osserva tuttavia che gli Stati membri hanno punti di vista profondamente diversi circa i livelli più appropriati di accisa minima (2): dato che la modifica di tale aspetto richiede l'unanimità, la Commissione intende lanciare un ampio dibattito, che analizzi tutti gli aspetti della materia. Anche le disposizioni contenute nella direttiva sulle strutture (3) devono essere sottoposte ad un ulteriore esame e sono anch'esse oggetto del dibattito. Presentiamo adesso il contributo del Comitato. |
3. Osservazioni generali
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3.1 |
Oltre ad effettuare un'utilissima analisi della situazione, la relazione della Commissione fornisce dati concreti: tali dati dimostrano la necessità di trasformare il mercato interno, rendendolo più efficace per i consumatori europei, più trasparente per gli operatori del settore delle bevande alcoliche, meno distorsivo della concorrenza e più adatto a ridurre i problemi di frode e contrabbando. |
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3.2 |
La relazione fornisce inoltre dati che dimostrano l'importanza del gettito che gli Stati membri traggono dalle accise applicate alle bevande alcoliche (4) e mettono in rilievo le divergenze tra le aliquote (5). |
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3.3 |
Ogni Stato membro attua una politica fiscale indipendente, e al momento nulla lascia trasparire una volontà di armonizzazione. Questo spiega perché la Commissione, nonostante i suoi sforzi, non sia riuscita a presentare le relazioni sull'attuazione del vigente sistema con la frequenza prevista dalla direttiva iniziale. Tale frequenza dovrebbe essere più realistica: sarebbe opportuno, ad esempio, fissarla ad intervalli di 5 anni. |
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3.4 |
Nel definire le politiche in materia di accise, gli Stati membri tengono conto dell'esperienza passata, delle ricerche in materia di salute pubblica e delle diverse culture e stili di vita delle rispettive popolazioni. La fiscalità è un settore nel quale le modifiche devono essere concordate all'unanimità: qualsiasi cambiamento significativo richiederà quindi parecchio tempo. |
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3.5 |
È opportuno ricordare che tutte le accise (6) in questione si applicano sì alle bevande che contengono alcole, ma secondo aliquote diverse, a seconda della categoria in cui rientra l'alcole interessato. |
4. Mercato interno
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4.1 |
Le distorsioni di concorrenza (7) e le deviazioni dei flussi commerciali provocate dalla tassazione non sono compatibili con i principi del mercato interno: ciononostante entrambi questi fenomeni sono caratteristici del mercato delle bevande alcoliche nell'UE. |
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4.2 |
È d'altra parte vero che grazie al mercato interno i consumatori possono acquistare alcole oltre frontiera. Il Comitato si è già espresso favorevolmente sulla recente proposta intesa ad valorizzare e a razionalizzare questi vantaggi, consentendo, in particolare, la vendita di alcole a distanza, fattore positivo sotto il profilo della libera circolazione delle merci. |
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4.3 |
La maggior parte degli Stati membri, tuttavia, deve prendere atto della necessità di investire più risorse nella lotta contro il contrabbando e la frode, prima conseguenza dell'eterogeneità delle aliquote di accisa (e IVA). Si tratta di reati che per l'UE rappresentano un grave problema, il quale spesso colpisce direttamente gli Stati membri che applicano all'alcole l'accisa massima. |
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4.4 |
L'eventuale impatto dell'allargamento in questo settore non è ancora chiaro. Dato che a tutti gli Stati membri si applicano le stesse direttive, e visto che diversi nuovi Stati membri hanno dovuto aumentare le aliquote di accisa applicate prima dell'adesione, i risultati in questi paesi dovrebbero essere piuttosto omogenei. |
5. Aliquote minime
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5.1 |
L'unico passo verso l'armonizzazione che gli Stati membri sono riusciti a concordare nel 1992 è stato quello di stabilire «aliquote minime» per ogni categoria di bevande alcoliche. Sono state fissate le seguenti aliquote:
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5.2 |
Ciascuno Stato membro può stabilire in qualsiasi momento un'aliquota di accisa superiore al minimo concordato. Il fatto che le aliquote minime esistenti non vengano aumentate, pertanto, non è determinante per gli introiti. Alcuni Stati membri sono stati costretti ad aumentare le imposte sugli alcolici mentre altri le hanno ridotte (9), cosa che ha determinato un forte ravvicinamento e ha reso meno attraenti gli acquisti transfrontalieri (leciti) nonché la frode e il contrabbando (illeciti) di alcole verso il mercato interno. Il progetto si limita a ravvicinare le aliquote d'accisa minime, senza pervenire ad una vera e propria armonizzazione: ogni Stato membro continuerà infatti a stabilire autonomamente la propria aliquota di base. |
6. Obiettivi più ampi del Trattato: la salute
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6.1 |
Al momento cinque Stati membri (10) riconoscono la necessità di tener conto della salute pubblica nella definizione delle proprie politiche fiscali. Un recente Consiglio Affari economici e finanziari, esaminando il tema oggetto del presente parere (11), ha però osservato che, secondo la stragrande maggioranza degli Stati membri, le questioni sanitarie e sociali non devono avere un ruolo determinante nella definizione delle aliquote d'accisa (12). |
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6.2 |
L'alcole rientra nel normale stile di vita di gran parte dei consumatori europei adulti, la maggioranza dei quali è responsabile delle proprie abitudini al riguardo. Se, da un lato, per determinati gruppi, il consumo di alcole può apportare alla salute alcuni benefici, dall'altro è vero che il suo eccessivo consumo provoca gravi problemi, che oltre a riguardare la salute, hanno ripercussioni negative sul piano sociale ed economico. Particolari preoccupazioni desta l'abuso di alcole da parte dei giovani (13). È inoltre necessaria una maggiore informazione a proposito degli aspetti nutrizionali dell'alcol (14) e, più in generale, una vera e propria cultura della nutrizione. |
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6.3 |
In questo contesto ci si chiede se la fissazione di aliquote più elevate (e quindi l'imposizione di prezzi più elevati, dato che la componente fiscale di molte bevande alcoliche è superiore al prezzo del prodotto) possa risolvere il problema dell'abuso. |
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6.4 |
Non è chiaro in base a quale dati rispondere a queste domande. Gli aumenti dei prezzi possono avere un impatto sul consumo globale, ma non è affatto dimostrato che riescano a prevenire l'abuso. È invece dimostrato che quando una particolare categoria di bevande alcoliche è gravata da un'imposizione eccezionalmente elevata rispetto ad altri prodotti, il suo consumo cala, a vantaggio di prodotti soggetti a tassazione inferiore e quindi meno costosi. Si può pertanto concludere che di per sé i prezzi elevati non hanno un effetto deterrente sul consumo di alcole. |
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6.5 |
Al contrario, non è facile stabilire se un drastico sgravio fiscale possa avere un effetto indesiderato sui consumi nel lungo periodo: tutto lascia pensare che le riduzioni di questo tipo dovrebbero essere introdotte progressivamente. |
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6.6 |
Il modo migliore di combattere gli abusi passa attraverso i programmi di istruzione, informazione e sensibilizzazione, rivolti in primo luogo a chi fa abuso di alcolici. Nel proporre le proprie politiche in materia di sanità pubblica, la Commissione dovrebbe tenere conto di questo aspetto (15). |
7. Un'alternativa per il futuro
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7.1 |
Di fronte alla realtà attuale, concludiamo che il sistema vigente, che si è evoluto nel tempo, nel contesto del mercato unico risulta insoddisfacente. Per quanto il mercato unico funzioni molto bene in diversi settori, in quello delle bevande alcoliche continuano a persistere distorsioni di concorrenza e deviazioni dei flussi commerciali, provocate dalla tassazione. Inoltre, nonostante i crescenti sforzi degli Stati membri, non sembra che attività illecite come la frode e il contrabbando siano state ridotte in maniera significativa. |
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7.2 |
Il Comitato ritiene che una maggiore convergenza contribuirebbe a ridurre tanto le frodi quanto le distorsioni di concorrenza. Inoltre, pur avendo convenuto di aumentare le aliquote minime attuali in linea con il tasso di inflazione, non è stato possibile trovare un accordo su altri aspetti problematici (cfr. nota 3). Tuttavia non sussiste alcuna buona ragione per cui la Commissione non dovrebbe proporre agli Stati membri di apportare modifiche alle strutture esistenti e al sistema di accise. |
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7.3 |
Viste le attuali forti divergenze delle aliquote fiscali dirette e indirette all'interno dell'UE, non è realistico aspettarsi l'improvvisa introduzione di un sistema completamente nuovo. È però giunto il momento di proporre un nuovo sistema, che potrebbe essere introdotto progressivamente nel corso di un periodo più lungo. |
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7.4 |
Il presupposto necessario consiste nel riconoscere che il prodotto va tassato in funzione della sua classificazione come bevanda fermentata o distillata. Per bevande fermentate si intendono le bevande naturali, di produzione agricola e destinate a un consumo alimentare, elaborate esclusivamente a partire dalla fermentazione di uva, cereali, frutti carnosi o bacche. Per bevande distillate o spiritose si intendono tutte le bevande che sono state distillate, ovvero le miscele di dette bevande fra di loro o con altre sostanze liquide, nonché le bevande a contenuto alcolico la cui elaborazione non sia soggetta a una regolamentazione specifica. |
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7.5 |
In particolare, sarà opportuno esaminare con grande attenzione le conseguenze sull'OCM (16) per il vino. L'industria vinicola dell'UE sta già facendo fronte a importanti sfide, quali il declino dei consumi in molti Stati membri e una maggiore penetrazione del mercato da parte dei vini d'importazione. Difficoltà analoghe colpiscono altre categorie di bevande alcoliche. |
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7.5.1 |
In aggiunta a quanto detto al paragrafo precedente, occorre rilevare che il vino costituisce un'importante attività complementare del produttore agricolo. Una gran parte dei viticoltori, indipendentemente dal prodotto che essi conferiscono a cooperative o a grossisti, producono in proprio il vino per il consumo familiare, destinando l'eventuale eccedenza alla vendita ad un ristretto numero di privati residenti nella loro zona. L'articolo 10 della direttiva del Consiglio 92/83/CEE consente già agli Stati membri di esentare dalle accise il vino prodotto da privati per il consumo personale (consumo personale, della famiglia o degli ospiti, senza vendita) (17). Analogamente l'articolo 29 della direttiva 92/12/CEE consente agli Stati membri di esentare i piccoli produttori di vino (18) dagli obblighi relativi ai movimenti e al controllo dei loro prodotti. La mancata concessione di queste esenzioni da parte degli Stati membri comporterebbe aggravi economici, che andrebbero a penalizzare ulteriormente una viticoltura già colpita dalla concorrenza dei paesi terzi emergenti. Ci sarebbe quindi un buon motivo per escludere il vino dalle considerazioni che seguono. |
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7.6 |
Si raccomanda quindi che la Commissione stabilisca un'aliquota minima per tutte le bevande alcoliche di ciascuna categoria: vi sarebbe cioè un'aliquota minima per le bevande fermentate e un'aliquota minima per le bevande distillate. Si propone inoltre di tassare il contenuto alcolico di ciascuna bevanda all'interno di ciascuna categoria: una determinata quantità di prodotto contenente il 40 % di alcole (19), ad esempio, sarebbe soggetta ad un'aliquota pari al quadruplo rispetto alla stessa quantità contenente il 10 % di alcole. |
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7.7 |
A differenza delle altre categorie di bevande alcoliche, le bevande fermentate sono contraddistinte da un particolare problema: il contenuto alcolico di una bevanda fermentata può variare, e varia, a seconda di diversi fattori che influiscono sulle materie prime a partire da cui è prodotta e sul metodo usato per la sua produzione. Per le bevande fermentate sarà quindi necessario stabilire un approccio più flessibile, ad esempio collocando ciascuna di esse all'interno di varie fasce a seconda della gradazione alcolica, per evitare di complicare inutilmente il lavoro dei produttori e dei commercianti. |
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7.8 |
Questo sistema consentirebbe agli Stati membri di conservare la facoltà di fissare un'aliquota zero per il vino o altre bevande fermentate e di estenderla a tutta la categoria di bevande fermentate. |
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7.9 |
Pur semplificando realmente il sistema di tassazione dell'alcole, tutto ciò non ridurrebbe il rischio di frode, dato che gli Stati membri continuano ad applicare aliquote molto differenziate. |
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7.10 |
Con questo sistema non sarebbe necessario cercare di inserire il sempre crescente numero di nuovi prodotti in una struttura inadeguata allo scopo: i prodotti sarebbero infatti tassati esclusivamente sulla base del loro contenuto alcolico. |
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7.11 |
Il sistema delle accise risulterebbe inoltre più saldo, le distorsioni sarebbero ridotte al minimo e i problemi legati alla nomenclatura combinata sarebbero risolti. |
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7.12 |
Come già si è detto, gli effetti dell'alcole sulla salute suscitano forti preoccupazioni. Ora, con questo sistema, secondo cui tutte le categorie di alcole vengono tassate su una base standard, la pressione fiscale graverebbe maggiormente su coloro che consumano più bevande alcoliche, e varierebbe a seconda del metodo di produzione di queste ultime (fermentazione o distillazione). Tenendo conto dei benefici di un moderato consumo di alcole rispetto ai danni provocati dal suo abuso, questo confermerebbe che sotto il profilo sanitario ciò che più conta è la tipologia di consumo. |
Bruxelles, 18 gennaio 2006
La Presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Anne-Marie SIGMUND
(1) Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo sulle aliquote di accisa applicate all'alcole e alle bevande alcoliche (presentata a norma dell'articolo 8 della direttiva 92/84/CEE del Consiglio relativa al ravvicinamento delle aliquote di accisa sull'alcole e sulle bevande alcoliche).
(2) Direttiva 92/84/CEE del Consiglio, del 19.10.1992, relativa al ravvicinamento delle aliquote di accisa sull'alcole e sulle bevande alcoliche (GU L 316 del 31.10.1992).
(3) Direttiva 92/83/CEE del Consiglio, relativa al ravvicinamento delle strutture delle accise sull'alcole e sulle bevande alcoliche (GU L 316 del 31.10.1992). Tra gli aspetti da analizzare figura l'opportunità di continuare a permettere la tassazione di vini tranquilli e spumanti a diverse aliquote di accisa, la necessità di aggiornare i codici della nomenclatura combinata e la diversa classificazione di alcuni prodotti simili.
(4) Nel 2001 25 miliardi di euro del PIL totale dell'UE a 15 erano rappresentati dal gettito da accise: in percentuale del PIL al primo posto si collocava la Finlandia (0,96 %) e all'ultimo l'Italia (0,06 %).
(5) Le aliquote di accisa applicate alle bevande alcoliche variano, tra il minimo e il massimo, di 15,9 volte per la birra e i prodotti intermedi e di 9,2 volte per le bevande spiritose. Per i vini (inclusi i vini spumanti), che non sono tassati in 15 dei 25 Stati membri e che in 2 altri Stati membri sono soggetti a un prelievo minimo (circa 2 centesimi), tale raffronto non è possibile.
(6) Si definisce «accisa» la tassa imposta sulle merci nel paese d'acquisto.
(7) La Corte di giustizia delle Comunità europee ha ritenuto in un certo qual modo sostituibili il vino e la birra: causa C-170/78 e causa C-166/98.
(8) lap: «litro di alcole puro». Come riferimento viene preso il contenuto alcolico, considerando la birra, il vino ed i prodotti intermedi come tipici prodotti venduti al dettaglio.
(9) In tutti questi casi, le riduzioni sono state essenzialmente dovute al fatto che i cittadini dei paesi interessati esercitavano il loro diritto ad acquistare in altri Stati membri nel quadro del mercato interno.
(10) Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda e Paesi Bassi.
(11) Conclusioni della seduta 2651 svoltasi il 12 aprile 2005.
(12) Lo stesso Consiglio Ecofin ha chiesto alla Commissione di formulare proposte intese ad aumentare le attuali aliquote minime in linea con il tasso d'inflazione degli ultimi anni. Tale decisione costringerà un numero significativo di Stati membri ad aumentare le aliquote applicate ad alcune bevande alcoliche. La Commissione riconosce che alcuni Stati membri avranno difficoltà nell'imporre questi aumenti e probabilmente avranno bisogno di deroghe e/o periodi transitori.
(13) Progetto d'indagine della scuola europea sull'alcole e sulle droghe (ESPAD), relazione 2003.
(14) «L'obesità in Europa - ruolo e responsabilità degli interlocutori della società civile» (parere d'iniziativa), GU C 24 del 31.1.2006.
(15) La DG SANCO sta lavorando su una proposta di strategia in materia di bevande alcoliche. È però improbabile che questo studio venga completato prima di un periodo abbastanza lungo.
(16) OCM: Organizzazione comune dei mercati.
(17) Esenzioni analoghe possono essere applicate alla birra (articolo 6) e ad altre bevande fermentate (articolo 14 della direttiva in questione).
(18) Per «piccoli produttori» si intendono quelli che producono, in media, meno di 100 000 litri di vino l'anno.
(19) La percentuale si riferisce ai volumi di alcole e definisce la quantità di alcole presente nel prodotto in questione. OCM: Organizzazione comune dei mercati.
ALLEGATO
al parere del Comitato economico e sociale europeo
Emendamenti respinti
Nel corso del dibattito sono stati respinti i seguenti emendamenti, che avevano tuttavia ottenuto un quarto dei voti:
Punto 7.5
Modificare come segue:
In particolare, sarà opportuno esaminare con grande attenzione le conseguenze sull'OCM (1) per il vino. L'industria vinicola dell'UE sta già facendo fronte a importanti sfide, quali il declino dei consumi in molti Stati membri e una maggiore penetrazione del mercato da parte dei vini d'importazione. Difficoltà analoghe possono colpire colpiscono altre categorie di bevande alcoliche fermentate. Per questi motivi oltre che per la comprovata relazione fra un consumo moderato di queste bevande e i loro effetti benefici per la salute, risulta opportuno introdurre dunque una classificazione in due categorie (fermentate e distillate), per ciascuna delle quali gli Stati membri potranno stabilire un'aliquota minima in funzione della gradazione alcolica, indipendentemente dalla forma in cui l'alcole si presenta.
Motivazione
Tenuto conto della loro origine agricola, della loro destinazione a uso alimentare, nonché degli effetti benefici sulla salute di un loro moderato consumo, occorre difendere le bevande fermentate, i cui modelli di consumo sono assai simili nel caso del vino, della birra e del sidro. D'altra parte non ha senso proporre un modello di imposizione unica senza tener conto del tipo di bevanda o del metodo di produzione, stabilendo tuttavia un'eccezione per una di loro, il vino, in funzione di circostanze che valgono allo stesso identico modo per il resto delle bevande fermentate (sidro e birra) secondo quanto si dice nel testo del parere adottato il 19 dicembre scorso.
Esito della votazione:
Voti favorevoli: 46
Voti contrari: 50
Astensioni: 23
Punto 7.5.1
Modificare come segue:
In aggiunta a quanto detto al paragrafo precedente, occorre rilevare che il vino costituisce un'importante attività complementare del produttore agricolo e che la produzione artigianale di birra o sidro su piccola scala fa anch'essa parte della cultura europea. Una gran parte dei viticoltori, indipendentemente dal prodotto che essi conferiscono a cooperative o a grossisti, producono in proprio il vino che occorre alla loro famiglia, destinando l'eventuale eccedenza alla vendita ad un ristretto numero di privati residenti nella loro zona. Lo stesso si può affermare per i piccoli produttori di sidro o di birra, la cui produzione è destinata al consumo domestico o a un circolo molto ristretto di consumatori. Questo fa sì che il controllo dell'imposizione delle accise dovrebbe essere effettuato, in ciascun paese interessato, su centinaia di migliaia di piccoli produttori: il relativo costo sarebbe insostenibile per gli SM a fronte di ricavi certamente esigui, e soprattutto comporterebbe aggravi economici per una viticoltura settori già colpiti colpita dalla concorrenza dei paesi terzi emergenti. Sembra quindi necessario escludere il vino tali bevande dai ragionamenti che seguono, mantenendo in vigore permettendo l'applicazione di un'aliquota «zero» a tutte loro.
Motivazione
Le ragioni date in questo punto valgono anche per l'elaborazione artigianale di altri prodotti contemplati dalle direttive 92/83/CE e 92/84/CE con la possibile applicazione di aliquote ridotte. Gli argomenti utilizzati non paiono sufficienti per limitare l'esclusione al settore vinicolo in generale, prendendo la parte per il tutto; l'esclusione deve applicarsi a tutti i prodotti simili, evitando gli effetti discriminatori della direttiva 92/84/CE.
Esito della votazione:
Voti favorevoli: 52
Voti contrari: 65
Astensioni: 8
Punto 7.11
Completare come segue:
La semplificazione del sistema di aliquote sui prodotti a contenuto alcolico è altamente auspicabile. Si osservi tuttavia che:
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se in tale sistema venisse incluso il vino, invece, la pressione fiscale su quest'ultimo aumenterebbe notevolmente, in un momento in cui il settore soffre sempre di più la concorrenza dei paesi terzi. È quindi opportuno mantenere il vino in una categoria separata, con accise a tasso zero. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: 35
Voti contrari: 75
Astensioni: 12
(1) OCM: Organizzazione comune dei mercati.
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21.3.2006 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 69/16 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante la conservazione di dati trattati nell'ambito della fornitura di servizi pubblici di comunicazione elettronica e che modifica la direttiva 2002/58/CE
COM(2005) 438 def. — 2005/0182 (COD)
(2006/C 69/04)
Il Consiglio, in data 16 novembre 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, ha incaricato, in data 27 settembre 2005, la sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione di preparare i lavori in materia.
Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2006, nel corso della 423a sessione plenaria, ha nominato relatore generale HERNANDEZ BATALLER e ha adottato il seguente parere con 92 voti favorevoli, 17 voti contrari e 17 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
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1.1 |
La presentazione di una proposta normativa di questo genere, dal contenuto esagerato e che incide sui diritti fondamentali, suscita nel Comitato stupore e preoccupazione. |
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1.2 |
L'approccio della proposta nei confronti dei diritti umani, e in modo particolare del diritto alla privacy è del tutto inadeguato e può creare, in determinati aspetti, dei conflitti. |
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1.3 |
La proposta rischia di indebolire la fiducia degli utenti delle comunicazioni elettroniche e di diminuire la loro disponibilità a utilizzare le TIC. Questa perdita di fiducia da parte dei consumatori potrebbe inoltre ostacolare a lungo termine il futuro sviluppo della società dell'informazione, mettendo così a repentaglio anche la strategia di Lisbona. |
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1.4 |
Il CESE dubita che la proposta risponda perfettamente ai principi di sussidiarietà e proporzionalità in quanto non ci sono prove per dimostrare che un obiettivo dell'UE può essere raggiunto in modo più adeguato a livello comunitario. |
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1.5 |
I costi aggiuntivi sostenuti dagli operatori per l'espletamento dei compiti di conservazione e trasmissione dei dati, previsti dalla proposta all'esame, devono essere considerati un onere a carico degli operatori stessi per il semplice fatto di essere presenti sul mercato, e non a carico dello Stato, e quindi di tutti i cittadini. |
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1.6 |
Per tutti questi motivi, è necessario rivedere nella sostanza questa proposta che, a giudizio del CESE, non rispetta del tutto né i diritti fondamentali né le norme di accesso, uso e scambio dei dati. |
2. Motivazione
2.1 Antecedenti
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2.1.1 |
Attualmente esistono diverse disposizioni comunitarie relative agli obblighi dei fornitori di servizi. In questo caso, si tratta dei dati di cui all'articolo 1, in relazione all'articolo 2, lettera a) della direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995 (1), concernente gli obblighi generali degli Stati membri volti a garantire la privacy delle persone fisiche per quanto riguarda il trattamento di dati personali. |
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2.1.2 |
Inoltre, la direttiva 2002/58/CE del 12 luglio 2002 (2) disciplina in maniera specifica il trattamento dei dati personali e la tutela della privacy nel settore delle comunicazioni elettroniche. Il Comitato si è espresso a suo tempo su tale documento (3). |
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2.1.3 |
Le due direttive si basano sul principio secondo cui i dati conservati devono essere eliminati nel momento in cui la loro conservazione non è più giustificata. La direttiva 2002/58/CE prevede che i fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico adottino misure appropriate per salvaguardare la sicurezza dei servizi da essi stessi offerti mentre gli Stati membri assicurano la riservatezza delle comunicazioni elettroniche, in particolare vietando l'ascolto, la captazione e la memorizzazione ad opera di persone diverse dagli utenti, salvo i fornitori per motivi relativi alla fatturazione e per il tempo strettamente necessario. I dati relativi al traffico e all'ubicazione possono essere trattati sono nell'anonimato e con il consenso degli abbonati. |
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2.1.4 |
L'articolo 15 della direttiva 2002/58/CE consente agli Stati membri, in via eccezionale, di conservare dati, se ritenuto necessario, opportuno e proporzionato, per la persecuzione di reati. Nel corso dei negoziati condotti in merito alla direttiva sulla protezione dei dati nel settore delle comunicazioni elettroniche, gli Stati membri non hanno raggiunto un accordo sul tempo di conservazione dei dati stessi, ed è per tale motivo che si è dovuto rinunciare a fissare questo termine. |
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2.1.5 |
Il 25 marzo 2004, il Consiglio europeo ha esaminato la possibilità di stabilire norme relative alla conservazione dei dati prodotti dai fornitori di servizi di comunicazione elettronica. Di conseguenza, quattro Stati membri (Francia, Irlanda, Regno Unito e Svezia) hanno presentato un'iniziativa ai fini dell'adozione, da parte del Consiglio, di una decisione quadro relativa alla conservazione dei dati trattati e memorizzati in relazione alla prestazione di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico o alla fornitura di dati in una rete pubblica di comunicazione ai fini della prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati e di infrazioni penali, incluso il terrorismo. |
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2.1.6 |
La proposta è stata respinta dal Parlamento europeo il quale ha avanzato dubbi circa la base giuridica, la proporzionalità delle disposizioni e l'eventuale violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (4). |
2.2 La proposta della Commissione
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2.2.1 |
La Commissione presenta una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, basata sull'articolo 95 del Trattato CE, riguardante la conservazione di dati trattati nell'ambito della fornitura di servizi pubblici di comunicazione elettronica e che modifica la direttiva 2002/58/CE. |
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2.2.2 |
Si tratta di uno strumento legislativo volto ad armonizzare le normative degli Stati membri che, allo scopo di prevenire, ricercare, accertare e perseguire reati gravi (in particolar modo il terrorismo e la criminalità organizzata), stabilisce obblighi di conservazione e trattamento di dati da parte dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico (articolo 1, paragrafo 1). |
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2.2.3 |
La proposta riguarda i dati relativi al traffico e all'ubicazione delle persone fisiche e giuridiche che effettuano o che ricevono tali comunicazioni. La direttiva tuttavia non si applica al contenuto di tali comunicazioni (articolo 1, paragrafo 2). |
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2.2.4 |
La proposta pertanto obbliga gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per garantire che i fornitori di detti servizi conservino i dati in questione e li trasmettano alle autorità nazionali competenti ai fini della prevenzione e della lotta contro la criminalità, conformemente agli obiettivi prefissati (articolo 3). |
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2.2.5 |
La proposta inoltre precisa le categorie di dati che devono essere conservati, vale a dire chi effettua e chi riceve una comunicazione, l'ora, la data e la durata della comunicazione, il tipo di comunicazione, l'ubicazione fisica degli utenti, ecc. (articolo 4). |
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2.2.6 |
La Commissione stabilisce anche che i dati saranno conservati per un anno se si tratta di comunicazioni telefoniche (fisse o mobili) e per sei mesi se si tratta di comunicazioni via Internet (articolo 7). |
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2.2.7 |
Al tempo stesso si stabilisce l'obbligo degli operatori di trasmettere, su richiesta delle autorità nazionali competenti, i dati conservati (articolo 8) e l'obbligo degli Stati membri di comunicare annualmente alcuni dati statistici particolari alla Commissione europea (articolo 9). |
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2.2.8 |
Infine, la proposta prevede l'obbligo da parte delle autorità nazionali di rimborsare i fornitori di servizi di comunicazione di tutti i costi aggiuntivi da essi sostenuti per la conservazione e la trasmissione dei dati in questione (articolo 10). |
2.3 Osservazioni generali
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2.3.1 |
La presentazione di una proposta legislativa di questo genere, dal contenuto esagerato e che incide sui diritti fondamentali, suscita nel Comitato stupore e preoccupazione. |
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2.3.2 |
Nella sua proposta, la Commissione trasforma le attuali misure nazionali esistenti nel campo della pubblica sicurezza in misure con effetto analogo, al fine di eliminare, conformemente al disposto dell'articolo 14 del Trattato CE, gli ostacoli al mercato interno delle telecomunicazioni. |
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2.3.3 |
La proposta avrà conseguenze importanti per la tutela di tutti gli utenti dei servizi di comunicazione elettronica. Esiste infatti il rischio che i clienti perdano fiducia nelle TIC e non siano più tanto disposti ad utilizzarle o, più specificamente, ad avvalersi di nuovi servizi elettronici. Questa mancanza di fiducia da parte dei consumatori comporta il pericolo che il futuro sviluppo della società dell'informazione venga ostacolato a lungo termine, mettendo a repentaglio anche la stessa strategia di Lisbona. |
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2.3.4 |
L'approccio della proposta nei confronti dei diritti fondamentali, e in particolare del diritto alla privacy, risulta incomprensibile. La Commissione effettua, sulla base di due diversi parametri di legalità, un test del tutto particolare arrivando alla conclusione che la proposta non viola i diritti fondamentali. |
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2.3.5 |
Innanzi tutto, la Commissione utilizza l'articolo 15, paragrafo 1, che è incluso nella direttiva 2002/58/CE ma che riproduce, quasi parola per parola, le disposizioni del Patto internazionale sui diritti civili e politici (articoli 4 e 12) e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (articoli 9, 10 e 11). Tali disposizioni sono state oggetto di un'interpretazione ampia ed esaustiva da parte degli organi giurisdizionali competenti, ragion per cui è inopportuno che la Commissione pretenda di dare un'interpretazione ex novo della questione. |
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2.3.6 |
In secondo luogo, questo test di legalità si basa su una serie di disposizioni della Carta dei diritti fondamentali, uno strumento giuridico che pur godendo del più ampio consenso europeo non è ancora entrato in vigore e non può essere invocato dalle parti in causa nell'ambito di un procedimento giudiziario. |
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2.3.7 |
Inspiegabilmente, questo test si rivela ancor più fallace, e quindi criticabile, se si osserva che la Commissione prende in considerazione solo gli articoli 7 (rispetto della vita privata e familiare) e 8 (protezione dei dati di carattere personale) della Carta trascurando altri articoli, ad esempio l'articolo 36 (accesso ai servizi d'interesse economico generale), l'articolo 38 (protezione dei consumatori), l'articolo 47 (diritto ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale) o l'articolo 48 (presunzione di innocenza). |
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2.3.8 |
La Commissione dovrebbe pertanto riflettere e agire in maniera più attenta cercando di rispettare scrupolosamente i diritti fondamentali, onde evitare in futuro che le corti costituzionali degli Stati membri dichiarino «incostituzionali» (5) le norme da essa proposte. |
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2.3.9 |
Per quanto concerne l'osservanza del principio di sussidiarietà, è sorprendente l'affermazione della Commissione secondo cui, dato che finora né il Consiglio né il Parlamento europeo sono stati in grado di definire soluzioni comuni ai problemi in questione, è opportuno prendere urgentemente un'azione sopranazionale nell'ambito del mercato interno a partire dalla quale procedere alla sua regolamentazione. |
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2.3.10 |
Questo modo di ragionare sarebbe logico se i problemi di sicurezza potessero essere equiparati ad altri problemi concernenti il funzionamento del mercato interno (quelli, ad esempio, di carattere prettamente commerciale, fiscale o quelli relativi all'attività lavorativa), se vi fossero scadenze perentorie per l'adozione delle norme (stabilite dai Trattati o dal diritto derivato) o, infine, se fosse possibile e necessario creare uno spazio giuridico uniforme a tale riguardo. |
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2.3.11 |
La sicurezza dello Stato tuttavia non è un bene giuridico previsto dal diritto comunitario, diversamente dalle nozioni di ordine pubblico e sicurezza pubblica, sancite dai Trattati per giustificare, se del caso, l'adozione di misure eccezionali di salvaguardia da parte degli Stati membri. |
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2.3.12 |
I Trattati non prevedono neppure una base d'azione chiara a tale riguardo, né un termine che imponga l'adozione di misure immediate. Infine, le minacce alla sicurezza degli Stati non sono tali da poter essere incluse in uno strumento di armonizzazione che pretende di garantire un approccio identico (se non comune) nei confronti di situazioni diverse. |
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2.3.13 |
Per quanto concerne il principio di proporzionalità, è noto che qualsiasi norma che limiti i diritti fondamentali richiede non solo la partecipazione per legge dei parlamenti nazionali ma anche garanzie di controllo giurisdizionale (ex ante o ex post) di carattere legislativo. È difficile immaginare che l'eliminazione di una serie di ostacoli invisibili alla prestazione dei servizi di comunicazione elettronica su tutto il territorio del mercato interno possa comportare una modifica a cascata delle leggi nazionali che garantiscono i diritti fondamentali e dei sistemi nazionali di salvaguardia di tali diritti. |
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2.3.14 |
Il Comitato pertanto dubita che la proposta assicuri il pieno rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, in quanto non ci sono prove per dimostrare che un obiettivo dell'UE possa essere meglio conseguito a livello comunitario. |
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2.3.15 |
Inoltre si stupisce che la Commissione nella sua proposta faccia riferimento solamente alle esigenze e ai legittimi diritti degli operatori di dette comunicazioni, trascurando totalmente quelli dei consumatori e dimenticando che una delle azioni della Comunità è quella di dare un contributo al rafforzamento della protezione dei consumatori (articolo 3, lettera t) del Trattato CE) garantendo un elevato livello di protezione e contribuendo a tutelare gli interessi economici dei consumatori stessi (articolo 153 del Trattato CE). |
2.4 Osservazioni specifiche
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2.4.1 |
La proposta si basa sull'articolo 95, paragrafo 1, del Trattato CE. Sarebbe pertanto opportuno prendere in considerazione anche il suo eventuale impatto sul pilastro della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Trattandosi di operatori extracomunitari di comunicazioni elettroniche, gli Stati di origine dovrebbero esigere accordi «ad hoc» con gli Stati membri al fine di stabilire condizioni reciproche di prestazione dei servizi per motivi di sicurezza nazionale. |
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2.4.2 |
Nella parte legislativa della proposta, e più precisamente all'articolo 1, la Commissione sembra ignorare che i dati che rientrano nel campo di applicazione, pur essendo apparentemente «neutri» (identità di chi effettua e di chi riceve la comunicazione, durata della comunicazione, ubicazione, frequenza), sono elementi che fanno parte della vita privata delle persone. In numerosi casi, inoltre, possono essere violati altri diritti, ad esempio il segreto professionale o il diritto all'assistenza giuridica. |
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2.4.3 |
Allo stato attuale dell'ordine pubblico europeo stabilito dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dalle tradizioni costituzionali degli Stati membri, il diritto alla privacy non si configura solo come un diritto passivo ma anche, anche se con minore intensità, come un diritto attivo. |
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2.4.4 |
Questo significa che i privati cittadini, siano essi comunitari o extracomunitari, hanno il diritto di sapere chi interferisce nelle loro comunicazioni, per quale motivo e con quale frequenza, nonché di accedere a qualsiasi banca dati pubblica o privata in cui figurano azioni di questo tipo (6). |
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2.4.5 |
La proposta attiene ad alcuni diritti fondamentali, in particolare quelli di cui all'articolo 8 della Convenzione, e può avere un notevole impatto su questi ultimi e sulle libertà pubbliche. Il Comitato pertanto ritiene che, come qualsiasi eccezione alla regola generale, essa debba limitarsi a fissare una serie di condizioni che incidano il meno possibile su tali diritti. |
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2.4.6 |
Le categorie di dati da conservare figurano all'articolo 4 e in un allegato. Si tratta dunque di un «elenco iniziale» che può essere riveduto in base alla procedura della comitatologia. Tuttavia, per il CESE è inopportuno, trattandosi di un diritto fondamentale, che il Parlamento non abbia voce in capitolo per quanto concerne l'ampliamento della categoria di dati da conservare, e che si ricorra invece ad un metodo di azione tipico delle norme tecniche e di carattere neutro, molto diverse dalle norme di conservazione dei dati oggetto della proposta. |
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2.4.7 |
La quantità dei dati da conservare risulta eccessiva per la semplice ricerca di informazioni utili ai fini di un'indagine e quindi il loro numero dovrebbe essere ridotto. Tale numero dovrebbe riflettere le esigenze legate all'obiettivo della proposta, assicurando che l'accesso ai dati sia possibile solo previa autorizzazione del giudice. Di certo, l'obiettivo della proposta di «prevenire» determinati reati risulta difficile da capire, nonostante la conservazione di questi dati relativi al traffico possa risultare utile per eventuali indagini o per altre finalità enunciate nella proposta. |
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2.4.8 |
Il periodo di conservazione risulta troppo lungo, in quanto la Commissione non giustifica la necessità di conservarli per così tanto tempo. Il Comitato ritiene adeguato un periodo uniforme e prudenziale di sei mesi, accompagnato da opportune misure di sicurezza e riservatezza. |
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2.4.9 |
La direttiva non prevede misure per impedire un eventuale accesso dei fornitori e di altri interessati ai dati conservati; si dovrebbe pertanto stabilire che a tali dati si può accedere solo in casi specifici e con il controllo dell'autorità giudiziaria. Purtroppo, la proposta non definisce il modo in cui i dati conservati saranno protetti nei periodi in questione. |
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2.4.10 |
Il riferimento alle «autorità nazionali competenti», contenuto nella proposta, risulta troppo generico. La direttiva dovrebbe prevedere espressamente che i dati conservati potranno essere trasmessi solo ad «autorità» che garantiscano la qualità, la riservatezza e la sicurezza dei dati ricevuti. Il Comitato ritiene che vi siano determinati aspetti della proposta, come quello appena citato che, al fine di evitare divergenze interpretative, dovrebbero essere definiti. |
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2.4.11 |
Il Comitato è stupito dal fatto che l'articolo 10 della proposta tratti i cosiddetti «costi supplementari» sostenuti dagli operatori per adempiere agli obblighi di conservazione e trasmissione dei dati e che, secondo la stessa Commissione, il rimborso di detti costi spetti allo Stato dato che, conformemente al tredicesimo considerando della proposta «i vantaggi in termini di pubblica sicurezza hanno un impatto sulla società in generale». |
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2.4.12 |
Su questo aspetto, il Comitato dissente totalmente dalla Commissione e ritiene che questa affermazione sia quanto meno inesatta. Infatti ciascuno Stato membro stabilisce liberamente la quantità e la formula di rimborso dei costi supplementari, basandosi su criteri propri e in funzione delle circostanze e delle esigenze di sicurezza della propria società, anche se, come la stessa Commissione riconosce al quinto considerando, numerosi Stati membri non hanno nemmeno definito norme a tale riguardo. |
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2.4.13 |
Seguendo il criterio della Commissione, ci si potrebbe domandare quanto segue.
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2.4.14 |
Per tutti questi motivi e supponendo che la proposta di direttiva segua il suo iter normale, tali costi dovrebbero essere considerati come un onere a carico degli stessi operatori per il semplice fatto di essere presenti sul mercato, e non a carico dello Stato, e quindi di tutti i cittadini. Il Comitato giudica inopportuna la proposta di rimborsare i costi supplementari e pertanto ritiene che dovrebbe essere soppressa. |
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2.4.15 |
La Commissione dunque, in qualità di «custode dei Trattati» e dei suoi principi fondamentali dovrebbe, conformemente ai paragrafi 1 (7) e 2 (8) dell'articolo 6 del TUE, rivedere sostanzialmente questa proposta che, secondo il Comitato, non assicura il pieno rispetto dei diritti fondamentali né delle norme di accesso, uso e scambio dei dati. |
Bruxelles, 19 gennaio 2006
La Presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Anne-Marie SIGMUND
(1) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati — GU L 281 del 23.11.1995.
(2) Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche - GU L 201 del 31.7.2002.
(3) Parere adottato nella sessione plenaria del 24 e 25 gennaio 2001 - Relatore: LAGERHOLM - GU C 123 del 25.4.2001.
(4) Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.
(5) Cfr. a tale proposito la decisione della Corte costituzionale tedesca che ha dichiarato «incostituzionale» lo strumento denominato «mandato di cattura europeo», ancor più importante del tema oggetto del presente parere, nella lotta contro il terrorismo e la criminalità transnazionale.
(6) Sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, relative alle cause AMANN (2000), KOPP (1998), HALFORD (1997), e MALONE (1984).
(7) L'articolo 6, paragrafo 1 del TUE stabilisce quanto segue: «L'Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri».
(8) L'articolo 6, paragrafo 2 del TUE stabilisce quanto segue: «L'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario».
ALLEGATO
al parere del Comitato economico e sociale europeo
I seguenti emendamenti sono stati respinti nel corso dei dibattiti, ma hanno ottenuto più di un quarto dei voti espressi.
Punto 1.5
Cancellare il punto.
I costi aggiuntivi sostenuti dagli operatori per l'espletamento dei compiti di conservazione e trasmissione dei dati, previsti dalla proposta all'esame, devono essere considerati un onere a carico degli operatori stessi per il semplice fatto di essere presenti sul mercato, e non a carico dello Stato, e quindi di tutti i cittadini.
Motivazione
Evidente.
Punto 2.4.11
Modificare come segue:
Il Comitato è stupito dal fatto che l' L'articolo 10 della proposta tratti tratta i cosiddetti «costi supplementari» sostenuti dagli operatori per adempiere agli obblighi di conservazione e trasmissione dei dati. e che, secondo la stessa La Commissione propone che il rimborso di detti costi spetti allo Stato dato che, conformemente al tredicesimo considerando della proposta «i vantaggi in termini di pubblica sicurezza hanno un impatto sulla società in generale».
Motivazione
Evidente.
Punto 2.4.12
Sostituire il punto con quanto segue:
Su questo aspetto, il Comitato dissente totalmente dalla Commissione e ritiene che questa affermazione sia quanto meno inesatta. Infatti ciascuno Stato membro stabilisce liberamente la quantità e la formula di rimborso dei costi supplementari, basandosi su criteri propri e in funzione delle circostanze e delle esigenze di sicurezza della propria società, anche se, come la stessa Commissione riconosce al quinto considerando, numerosi Stati membri non hanno nemmeno definito norme a tale riguardo.
La proposta comporterà oneri molto elevati per l'industria. Attualmente, le imprese producono, elaborano e conservano dati a fini di fatturazione, a fini commerciali e per altri legittimi scopi. Ulteriori requisiti (altri tipi di dati, periodi più lunghi di conservazione) finirebbero per creare costi aggiuntivi che devono essere coperti. Dato che la sicurezza è chiaramente una responsabilità dello Stato — che deve essere finanziata dallo Stato — i costi della conservazione dei dati dovranno essere sostenuti dagli Stati membri, compensando le imprese nel settore delle TIC.
Motivazione
Evidente.
Punto 2.4.13
Sostituire con quanto segue:
Seguendo il criterio della Commissione, ci si potrebbe domandare quanto segue.
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— |
Forse i fornitori di tali servizi non godono della sicurezza e della stabilità sociale garantita dallo Stato? |
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— |
Forse tali fornitori non beneficiano della certezza giuridica dello Stato di diritto? |
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— |
Forse i fornitori non traggono vantaggio dall'accesso al mercato unico in cui possono svolgere legittimamente la loro attività economica grazie alla diligenza dei poteri pubblici nazionali e non solo all'azione della Commissione? |
La proposta si basa sulla necessità di un approccio armonizzato alla conservazione dei dati, come misura di lotta alla criminalità e al terrorismo in Europa. Il fatto che alcuni paesi europei decidano di finanziare la lotta alla criminalità mentre altri fanno ricadere questi costi alquanto importanti sugli operatori economici, esporrà ben presto il mercato europeo delle telecomunicazioni a gravi distorsioni della concorrenza. Su questo punto, pertanto, il Comitato è totalmente d'accordo con la Commissione.
Motivazione
Evidente.
Punto 2.4.14
Cancellare il punto.
Per tutti questi motivi e supponendo che la proposta di direttiva segua il suo iter normale, tali costi dovrebbero essere considerati come un onere a carico degli stessi operatori per il semplice fatto di essere presenti sul mercato, e non a carico dello Stato, e quindi di tutti i cittadini. Il Comitato giudica inopportuna la proposta di rimborsare i costi supplementari e pertanto ritiene che dovrebbe essere soppressa .
Motivazione
Evidente.
Esito della votazione (unica per tutti gli emendamenti)
Voti favorevoli: 53
Voti contrari: 54
Astensioni: 15
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21.3.2006 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 69/22 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione di un Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze
COM(2005) 399 def. — 2005/0166 (COD)
(2006/C 69/05)
Il Consiglio, in data 18 gennaio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 14 novembre 2005, sulla base del progetto predisposto dal relatore Jan OLSSON.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 18 gennaio 2006, nel corso della 423a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 33 voti favorevoli e 1 astensione.
1. Introduzione
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1.1 |
Alla fine del mese di ottobre 2003, la Commissione ha presentato una proposta di rifusione del regolamento del Consiglio (CEE) n. 302/93 relativo all'istituzione di un Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT). La base giuridica prescelta era l'articolo 308 del Trattato. |
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1.2 |
Dopo vari dibattiti nell'ambito del Consiglio si è deciso di modificare la base giuridica e di sostituirla con l'articolo 152, che prevede la procedura di codecisione con il Parlamento europeo. Alla luce del dibattito svoltosi in seno al Consiglio sono state altresì apportate delle modifiche minori presentate alla fine del mese di agosto 2005. |
2. Osservazioni generali
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2.1 |
Nel presente parere il CESE, che si è pronunciato sulla prima proposta nell'ottobre 2004 (1), ribadisce in linea di principio le osservazioni formulate in precedenza, sottolineando in particolar modo la necessità di coinvolgere nei lavori dell'OEDT le organizzazioni della società civile che operano nel settore delle droghe e delle tossicodipendenze. |
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2.2 |
Il Comitato accoglie con favore la nuova base giuridica prescelta per la proposta, visto che un'effettiva collaborazione con il Parlamento europeo rappresenta il modo più naturale di assicurare la trasparenza delle attività dell'Osservatorio nei confronti dei cittadini. In virtù della nuova proposta (2), il ruolo del Parlamento viene rafforzato, grazie anche alla presenza all'interno del consiglio di amministrazione di due esperti indipendenti particolarmente competenti in materia di droghe. Il CESE raccomanda vivamente che detti esperti provengano da organizzazioni non governative che operano nel settore delle droghe. |
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2.3 |
Il Comitato fa inoltre riferimento al progetto di accordo interistituzionale relativo all'inquadramento delle agenzie europee di regolazione in cui si prevede che l'organizzazione interna di dette agenzie garantisca la partecipazione delle parti interessate nonché un elevato livello di trasparenza (3). È inoltre necessario che il consiglio di amministrazione comprenda tra i propri membri anche rappresentanti delle parti interessate. A tale proposito si fa riferimento al Libro bianco sulla governance europea. |
3. Osservazioni particolari in merito ad alcuni articoli del regolamento
3.1 Articolo 5 — Rete europea di informazione
Tale rete è formata da punti focali nazionali che costituiscono l'interfaccia tra gli Stati partecipanti e l'Osservatorio. Essi procedono alla raccolta e all'analisi delle informazioni a livello nazionale sulla base di direttive adottate insieme all'Osservatorio. I punti focali beneficiano inoltre di un contributo finanziario annuo erogato dall'UE in base ad una convenzione di sovvenzione (grant agreement for action).
Il Comitato raccomanda che l'Osservatorio preveda, nelle proprie direttive e negli accordi con gli Stati membri, la collaborazione tra i punti focali e le organizzazioni nazionali, ivi comprese le ONG, che operano nell'ambito delle droghe e delle tossicodipendenze.
Ciò andrebbe pertanto specificato chiaramente nel testo della proposta, modificando come segue la terza frase dell'articolo 5, punto 2, lettera a): «Essi, in collaborazione con esperti e organizzazioni del settore, concentrano ed analizzano a livello nazionale tutte le informazioni pertinenti relative alle droghe e alle tossicodipendenze, nonché alle politiche e alle soluzioni applicate.»
3.2 Articolo 20 — Cooperazione con altre organizzazioni o altri enti nazionali e internazionali
In base al regolamento, l'Osservatorio ricerca attivamente la cooperazione delle organizzazioni internazionali e di altri enti, governativi o non governativi, segnatamente europei, competenti in materia di droga. Tale cooperazione deve essere fondata su accordi conclusi con le autorità e le organizzazioni sopra menzionate, accordi sui quali si pronuncia la Commissione stessa. È inoltre possibile invitare le organizzazioni internazionali al consiglio di amministrazione in qualità di osservatori.
Al fine di assicurare una partecipazione più sistematica e regolare di dette organizzazioni, il Comitato propone di istituire un organo di cooperazione che sia esplicitamente iscritto nel regolamento, aggiungendo quanto segue all'articolo 20: L'Osservatorio nomina un gruppo di contatto costituito da rappresentanti delle organizzazioni competenti in materia di droga al fine di esaminare le modalità della cooperazione.
Bruxelles, 18 gennaio 2006
La Presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Anne-Marie SIGMUND
(1) Parere in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio relativo all'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze. Relatore generale: Jan OLSSON, GU C 120 del 20.5.2005.
(2) COM(2005) 399 def., articolo 9.
(3) COM(2005) 59 def. e COM(2005) 718 def.