Gli accordi esterni

Sono conclusi dall'Unione europea (in base al secondo o al terzo pilastro) o dalla Comunità europea, che agisce da sola (in applicazione di basi giuridiche esplicite o implicite del trattato) o con gli Stati membri (accordi misti).

Gli accordi esterni sono il frutto di una volontà concorde della Comunità o dell'Unione, da un lato, e di un paese terzo o di un'organizzazione terza, dall'altro. Tali accordi fanno sorgere diritti e obblighi in capo alla Comunità o all'Unione e diventano parte integrante dell'ordinamento giuridico europeo alla data della loro entrata in vigore o a quella che essi stabiliscono.

Gli accordi esterni sono atti di diritto derivato. Pertanto non possono contravvenire alle disposizioni dei trattati. In particolare devono rispettare le competenze dell'Unione europea, della Comunità europea e degli Stati membri.

La Corte di giustizia riconosce agli accordi esterni un rango superiore (CGCE del 12 dicembre 1972, International Fruit Company) rispetto agli atti di diritto derivato di origine unilaterale (direttive, regolamenti, ecc.), il che le permette, eventualmente, di annullare un atto di diritto derivato di origine unilaterale contrario a un accordo esterno.

Procedura di conclusione e base giuridica degli accordi esterni della Comunità

Gli accordi sono negoziati dalla Commissione su mandato del Consiglio. Il Parlamento in linea di massima è consultato e il Consiglio conclude l'accordo. La Corte, su richiesta di un'istituzione o di uno Stato membro, può verificare la compatibilità dell'accordo con il diritto comunitario.

Di norma gli accordi si fondano su una base giuridica esplicita. Ad esempio, la Comunità può concludere:

La Corte di giustizia ha tuttavia ammesso che gli accordi possono anche basarsi su un fondamento normativo implicito (CGCE del 31 marzo 1971, AETR). Essa riconosce che la Comunità può concludere accordi in virtù del parallelismo delle competenze: sebbene nessuna disposizione preveda esplicitamente la conclusione dell'accordo, la Comunità può concluderlo se ha le competenze necessarie sul piano interno.

Ad esempio, dato che la Comunità può adottare, sul piano interno, atti in materia di immigrazione (articolo 63 del trattato CE), sul piano esterno può concludere accordi di riammissione con paesi terzi. Accordi del genere, basati sulla regola delle competenze implicite, sono destinati a rimpatriare cittadini di quei paesi (o di altri paesi terzi) che si trovino negli Stati membri dell'Unione in situazione irregolare.

La Corte di giustizia ammette anche accordi misti che si fondino al tempo stesso sul diritto comunitario e sul diritto nazionale. Questo tipo di accordi è concluso in caso di competenze esterne condivise dalla Comunità e dagli Stati membri (le competenze condivise sul piano interno danno origine ad accordi comunitari classici). È il caso, ad esempio, di accordi internazionali in materia di istruzione o sanità.

Procedura di conclusione e fondamento normativo degli accordi esterni dell'Unione

Anche l'Unione europea può concludere accordi esterni, sebbene non sia espressamente dotata di personalità giuridica. Può farlo nel settore della politica estera e di sicurezza comune (secondo pilastro), ai sensi dell'articolo 24 del trattato sull'Unione europea (UE), e nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (terzo pilastro), ai sensi dell'articolo 38 del trattato UE.

Ad esempio, il 6 giugno 2003 il Consiglio, in base all'articolo 38 del trattato UE, ha adottato una decisione relativa alla firma di accordi tra l'Unione e gli Stati Uniti in materia di estradizione e di cooperazione giudiziaria penale.

Ultima modifica: 21.02.2008