ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

14 ottobre 2021 ( *1 )

«Ricorso di annullamento – Concorrenza – Abuso di posizione dominante – Vendita online – Decisione di aprire un’indagine – Ambito di applicazione territoriale dell’indagine – Esclusione dell’Italia – Atto non impugnabile – Atto preparatorio – Irricevibilità»

Nella causa T‑19/21,

Amazon.com, Inc., con sede in Wilmington, Delaware (Stati Uniti),

Amazon Services Europe Sàrl, con sede in Lussemburgo (Lussemburgo),

Amazon EU Sàrl, con sede in Lussemburgo,

Amazon Europe Core Sàrl, con sede in Lussemburgo,

rappresentate da A. Komninos e G. Tantulli, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da B. Ernst, T. Franchoo, G. Meessen e C. Sjödin, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento parziale della decisione C(2020) 7692 final della Commissione, del 10 novembre 2020, che avvia un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE nel caso AT.40703 Amazon – Buy Box,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, M. Jaeger e N. Półtorak (relatrice), giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

Fatti

1

Le ricorrenti Amazon.com, Inc, Amazon Services Europe Sàrl, Amazon EU Sàrl e Amazon Europe Core Sàrl (in prosieguo, congiuntamente: «Amazon») fanno parte dell’impresa Amazon. Amazon opera, in particolare, su Internet, effettuando segnatamente operazioni di vendita al dettaglio online e fornendo vari servizi online.

2

Il 10 novembre 2020 la Commissione europea ha adottato la decisione C(2020) 7692 final, relativa all’avvio del procedimento nel caso AT.40703 Amazon – Buy Box (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

3

Secondo la Commissione, alcune pratiche commerciali di Amazon potrebbero favorire artificiosamente le sue proprie offerte di vendita al dettaglio, nonché quelle dei venditori della sua piattaforma di e-commerce che utilizzano i servizi di logistica e di consegna di Amazon.

4

La Commissione ha ritenuto che la pratica in questione, se accertata, potrebbe essere contraria all’articolo 102 TFUE.

5

Nella decisione impugnata la Commissione ha affermato che l’indagine avrebbe riguardato tutto lo Spazio economico europeo (SEE), ad eccezione dell’Italia, giustificando tale esclusione, nel comunicato stampa che ha accompagnato l’adozione di detta decisione, con la circostanza che l’autorità italiana garante della concorrenza aveva iniziato a indagare su problemi parzialmente simili nell’aprile del 2019, focalizzandosi sul mercato italiano.

Procedimento e conclusioni delle parti

6

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 gennaio 2021, Amazon ha proposto il presente ricorso.

7

Con atto separato depositato il 19 gennaio 2021, Amazon ha proposto un’istanza di procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 152 del regolamento di procedura del Tribunale. Con decisione dell’11 febbraio 2021 il Tribunale ha deciso di non accogliere tale istanza.

8

Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 marzo 2021, la Commissione ha sollevato un’eccezione d’irricevibilità ai sensi dell’articolo 130 del regolamento di procedura. Amazon ha depositato osservazioni su tale eccezione il 14 maggio 2021.

9

Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 21 e il 22 aprile 2021, la Repubblica italiana e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni della Commissione.

10

Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 21 aprile 2021, la Chamber of Commerce of the United States of America (Camera di commercio degli Stati Uniti d’America) e la Computer & Communications Industry Association hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni di Amazon.

11

Nel suo ricorso Amazon chiede che il Tribunale voglia:

annullare in parte la decisione impugnata, là dove essa esclude l’Italia dall’ambito territoriale di indagine;

condannare la Commissione alle spese.

12

Nella sua eccezione d’irricevibilità la Commissione chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso in quanto irricevibile;

condannare Amazon alle spese.

13

Nelle sue osservazioni sull’eccezione d’irricevibilità, Amazon chiede che il Tribunale respinga tale eccezione.

In diritto

14

A sostegno della sua eccezione d’irricevibilità, la Commissione deduce tre motivi d’irricevibilità. Il primo motivo verte sull’insussistenza di un atto impugnabile con ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE; il secondo verte sul difetto di interesse ad agire in capo ad Amazon; il terzo verte sul fatto che il Tribunale non può disporre l’annullamento parziale della decisione impugnata e ingiungere alla Commissione di modificare l’ambito geografico dell’indagine che essa ha avviato.

15

Le ricorrenti ritengono, in particolare, che le circostanze peculiari della presente causa conferiscano alla decisione impugnata il carattere di atto impugnabile.

16

Ai sensi dell’articolo 130, paragrafi 1 e 7, del regolamento di procedura, se il convenuto lo chiede, il Tribunale può statuire sull’irricevibilità o sull’incompetenza senza avviare la discussione nel merito. Nel caso di specie, atteso che la Commissione ha chiesto una statuizione sull’irricevibilità, il Tribunale, ritenendosi sufficientemente edotto alla luce degli atti del fascicolo, decide di statuire senza proseguire il procedimento.

17

Per costante giurisprudenza, sono considerati atti impugnabili ai sensi dell’articolo 263 TFUE tutti i provvedimenti, a prescindere dalla loro forma, adottati dalle istituzioni dell’Unione europea ed intesi alla produzione di effetti giuridici vincolanti. Tali effetti giuridici vincolanti devono essere valutati alla luce della sostanza dell’atto in questione e in funzione di criteri obiettivi, quali il contenuto di tale atto, tenendo conto, eventualmente, del contesto in cui quest’ultimo è stato adottato, nonché dei poteri dell’istituzione emanante (v., in tal senso, sentenze del 13 febbraio 2014, Ungheria/Commissione, C‑31/13 P, EU:C:2014:70, punti 5455 e giurisprudenza ivi citata, e del 25 ottobre 2017, Romania/Commissione, C‑599/15 P, EU:C:2017:801, punti 4748).

18

Pertanto, il ricorso di annullamento è, in linea di principio, esperibile unicamente nei confronti di una misura mediante la quale l’istituzione in questione stabilisce in modo definitivo, al termine di un procedimento amministrativo, la propria posizione. Non possono invece essere definiti impugnabili, in particolare, gli atti intermedi, destinati a preparare la decisione finale (sentenza del 19 gennaio 2017, Commissione/Total e Elf Aquitaine, C‑351/15 P, EU:C:2017:27, punto 37).

19

In siffatte circostanze, benché il provvedimento avente natura meramente preparatoria non sia impugnabile in quanto tale con un’azione di annullamento, i suoi eventuali vizi possono essere fatti valere nel ricorso diretto contro l’atto definitivo, della cui elaborazione l’atto costituisce un momento preparatorio, il che garantisce una tutela giurisdizionale effettiva e integrale (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione, 60/81, EU:C:1981:264, punto 12).

20

Orbene, gli effetti e la natura giuridica della decisione impugnata, adottata conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), come modificato dal regolamento (UE) 2015/1348 della Commissione, del 3 agosto 2015 (GU 2015, L 208, pag. 3), vanno valutati alla luce della funzione di quest’ultima nell’ambito del procedimento che sfocia in una decisione a norma del capitolo III del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 487/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a talune categorie di accordi e pratiche concordate nel settore dei trasporti aerei (GU 2009, L 148, pag. 1) (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione, 60/81, EU:C:1981:264, punto 13).

21

Questo procedimento è stato concepito in modo da permettere alle imprese interessate di far conoscere il loro punto di vista e di informare la Commissione nel miglior modo possibile prima che essa adotti una decisione che possa incidere sui loro interessi. Esso è dunque inteso a porre in essere, a favore di queste, delle garanzie di procedura, nonché a sancire il loro diritto di essere sentite dalla Commissione, come risulta dall’articolo 10 del regolamento n. 773/2004 (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione, 60/81, EU:C:1981:264, punto 14).

22

Orbene, un ricorso di annullamento diretto contro l’avvio di un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE potrebbe costringere il giudice dell’Unione a pronunziarsi su questioni sulle quali la Commissione non ha ancora avuto modo di esprimersi e anticipare, di conseguenza, il dibattito di merito, confondendo in tal modo le varie fasi dei due procedimenti, amministrativo e giudiziario. Esso risulta pertanto incompatibile con i sistemi di ripartizione delle competenze fra la Commissione e il giudice dell’Unione e dei mezzi di ricorso, contemplati dal trattato, oltre che con le esigenze della buona amministrazione della giustizia e con il regolare svolgimento del procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione, 60/81, EU:C:1981:264, punto 20).

23

Ne consegue che, secondo la giurisprudenza, un atto in forza del quale la Commissione avvia un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE produce, in linea di principio, soltanto gli effetti propri degli atti di procedura e non incide, salvo che dal punto di vista procedurale, sulla situazione giuridica delle parti ricorrenti (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione, 60/81, EU:C:1981:264, punto 17, e ordinanza del 15 marzo 2019, Silgan Closures e Silgan Holdings/Commissione, T‑410/18, EU:T:2019:166, punto 19).

24

Nel caso di specie, tuttavia, occorre rilevare che le ricorrenti contestano solo la parte della decisione impugnata in cui la Commissione esclude uno Stato membro dall’ambito geografico del procedimento da essa avviato, e non invece la decisione impugnata in quanto tale. Di conseguenza, occorre verificare se, alla luce dei principi menzionati nei precedenti punti da 17 a 23, anche tale parte della decisione impugnata si limiti a produrre gli effetti propri degli atti di procedura.

25

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004, la Commissione può decidere di avviare il procedimento per l’adozione di una decisione ai sensi del capitolo III del regolamento n. 1/2003 in qualsiasi momento, ma non dopo la data in cui ha emesso la comunicazione degli addebiti.

26

Pertanto, l’atto con cui la Commissione informa un’impresa della sua volontà di avviare un procedimento per l’adozione di una delle decisioni di cui al capitolo III del regolamento n. 1/2003 deve precisare le presunte infrazioni agli articoli 101 e 102 TFUE, commesse da una o più imprese durante uno o più periodi su uno o più mercati di prodotto e su uno o più mercati geografici, alle quali l’atto stesso si riferisce (sentenza del 25 febbraio 2021, Slovak Telekom, C‑857/19, EU:C:2021:139, punto 29).

27

Ne consegue che una decisione della Commissione adottata ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004 deve obbligatoriamente contenere una serie di indicazioni, tra cui il mercato geografico o i mercati geografici a cui si riferirà l’indagine della Commissione. Pertanto, la delimitazione di tale ambito geografico è solo uno tra gli elementi obbligatori della decisione di avviare un procedimento ai fini dell’adozione di una delle decisioni previste al capitolo III del regolamento n. 1/2003.

28

Di conseguenza, allorché la Commissione ha deciso, nella fattispecie, di avviare un procedimento ai fini dell’adozione di una delle decisioni previste al capitolo III del regolamento n. 1/2003 che non riguarda il territorio italiano, essa si è limitata a delimitare l’ambito geografico di tale procedimento, come è richiesto ogni qualvolta una decisione sia adottata sulla base dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004.

29

Amazon rileva, tuttavia, che talune decisioni di carattere procedurale possono produrre effetti giuridici vincolanti e definitivi ai sensi dell’articolo 263 TFUE, come interpretato dalla giurisprudenza.

30

Si tratta, da una parte, delle decisioni che, pur costituendo fasi di un procedimento amministrativo in corso, non si limitano a creare le condizioni per l’ulteriore svolgimento di quest’ultimo, ma producono effetti che vanno al di là dell’ambito procedurale e modificano i diritti e gli obblighi degli interessati sul piano sostanziale. D’altra parte, alcune decisioni di carattere procedurale sono impugnabili in quanto arrecano pregiudizio a diritti procedurali (v. sentenza del 15 gennaio 2003, Philip Morris International/Commissione, T‑377/00, T‑379/00, T‑380/00, T‑260/01 e T‑272/01, EU:T:2003:6, punti 96, 9799 e giurisprudenza ivi citata).

31

Nella fattispecie, tuttavia, l’esclusione dell’Italia dall’ambito geografico del procedimento che la Commissione ha avviato a seguito dell’adozione della decisione impugnata non modifica i diritti e gli obblighi di Amazon sul piano sostanziale, né arreca pregiudizio ai suoi diritti procedurali.

32

Da un lato, infatti, tale delimitazione dell’ambito geografico dell’indagine avviata dalla Commissione ha lo scopo di preparare la decisione finale e, in questo senso, potrebbe evolvere, poiché nel corso del procedimento amministrativo la Commissione conserva la facoltà di modificare l’ambito geografico della sua indagine, ampliandolo o restringendolo, per adattarlo, se necessario, agli elementi che potrebbero emergere.

33

Solo quando la Commissione avrà adottato nei confronti di Amazon una decisione definitiva sulla presunta violazione o sulle presunte violazioni dell’articolo 102 TFUE e quando il procedimento in questione sarà terminato, sarà definitiva anche la pronuncia della Commissione sull’ambito geografico della presunta infrazione.

34

D’altro lato la Commissione, quando ha stabilito nella decisione impugnata che il mercato geografico su cui doveva vertere la sua indagine si estendeva al SEE nel suo complesso, ad esclusione dell’Italia, ha fatto uso del suo potere discrezionale per delimitare l’ambito geografico dell’indagine, il che equivale a stilare un elenco di Stati da cui l’Italia sarebbe assente. Pertanto, tale esclusione dell’Italia dall’ambito dell’indagine che la Commissione ha avviato è una conseguenza puramente procedurale derivante dall’apertura dell’indagine medesima e, dunque, essa non può trasformare la decisione impugnata in un atto che incide sulla posizione giuridica di Amazon e, quindi, in un atto impugnabile.

35

La medesima conclusione dev’essere tratta per quanto riguarda le affermazioni di Amazon secondo cui, da un lato, la decisione impugnata le imporrebbe di difendersi dinanzi a due autorità diverse, vale a dire l’autorità italiana garante della concorrenza e la Commissione, nel rispetto di regole procedurali, garanzie e, in generale, sistemi differenti, e, dall’altro lato, tale decisione potrebbe condurre ad applicazioni divergenti del diritto della concorrenza dell’Unione e all’imposizione di sanzioni divergenti, che potrebbero pregiudicare l’approccio europeo uniforme delle sue attività.

36

Da un lato, infatti, la circostanza che Amazon debba difendersi dinanzi a due autorità diverse non ha effetti che vadano oltre l’aspetto procedurale e non incide, dunque, sulla sua situazione giuridica, analogamente a quanto è già stato affermato in relazione alle norme in materia di prescrizione (v., in tal senso, ordinanza del 15 marzo 2019, Silgan Closures e Silgan Holdings/Commissione, T‑410/18, EU:T:2019:166, punto 26). Dall’altro lato, il rischio di decisioni contrastanti o di sanzioni divergenti, che l’autorità italiana garante della concorrenza e la Commissione potrebbero eventualmente imporre in parallelo, non sarebbe una conseguenza della decisione impugnata, bensì di tali procedimenti amministrativi o delle successive decisioni finali. Come indicato al precedente punto 19, è solo al termine dei procedimenti avviati dalla Commissione e dall’autorità italiana garante della concorrenza che Amazon potrà far valere, nell’ambito del ricorso diretto contro l’atto definitivo, gli eventuali vizi di detti procedimenti o delle decisioni adottate all’esito di essi.

37

Inoltre, emerge dalla giurisprudenza che la decisione di avvio del procedimento di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004 non produce l’effetto di privare i destinatari di quest’ultima dei loro diritti procedurali. Al contrario, tale procedimento è stato concepito proprio in modo da consentire alle imprese interessate di far conoscere il loro punto di vista e di informare la Commissione nel miglior modo possibile prima che essa adotti una decisione che può incidere sui loro interessi (ordinanza del 29 gennaio 2020, Silgan Closures e Silgan Holdings/Commissione, C‑418/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:43, punto 48). Detto procedimento mira, quindi, a porre in essere garanzie procedurali a favore delle imprese e a sancire il loro diritto di essere sentite dalla Commissione, come risulta dal considerando 32 del regolamento n. 1/2003 e dal considerando 10 del regolamento n. 773/2004.

38

Ne consegue che la decisione di escludere l’Italia dall’ambito del procedimento avviato dalla Commissione in seguito all’adozione della decisione impugnata produce solo gli effetti propri di un atto procedurale e non incide sulla situazione giuridica di Amazon, salvo che dal punto di vista procedurale.

39

Tale conclusione non può essere messa in discussione dalle affermazioni di Amazon, secondo cui la decisione impugnata, benché di tipo procedurale, avrebbe effetti giuridici e vincolanti, in quanto l’esclusione del territorio italiano dal suo ambito di applicazione avrebbe privato Amazon della protezione contro i procedimenti paralleli prevista dall’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003.

40

A tal riguardo, risulta dalla giurisprudenza che, qualora, in applicazione dell’articolo 11, paragrafo 6, prima frase, del regolamento n. 1/2003, la Commissione avvii un procedimento contro una o più imprese per una presunta violazione degli articoli 101 o 102 TFUE, le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sono private della loro competenza a perseguire (questa stessa o) queste stesse imprese per le stesse presunte condotte anticoncorrenziali, intervenute sullo stesso o sugli stessi mercati geografici e di prodotto nel corso dello stesso o degli stessi periodi (sentenza del 25 febbraio 2021, Slovak Telekom, C‑857/19, EU:C:2021:139, punto 30).

41

Tale privazione della competenza in capo alle autorità nazionali garanti della concorrenza è giustificata dall’obiettivo perseguito dal regolamento n. 1/2003, che è inteso a garantire l’effettiva applicazione delle regole di concorrenza del diritto dell’Unione conferendo alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri il potere di applicare tale diritto in parallelo con la Commissione. Tuttavia, l’applicazione parallela di tali regole non può andare a scapito delle imprese. In questo senso, l’esautoramento delle autorità nazionali garanti della concorrenza permette appunto di proteggere le imprese da procedimenti paralleli da parte di tali autorità e della Commissione (v., in tal senso, sentenza del 25 febbraio 2021, Slovak Telekom, C‑857/19, EU:C:2021:139, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

42

Inoltre, in forza dell’articolo 16, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri si pronunciano su accordi, decisioni o pratiche ai sensi dell’articolo 101 o dell’articolo 102 TFUE che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione.

43

Orbene, la tutela prevista dall’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 riguarda l’ipotesi di due procedimenti paralleli, per il caso in cui la Commissione decida di avviare un procedimento di indagine, e non quella della domanda di avvio di un procedimento su un mercato specifico, al fine di beneficiare di tale tutela.

44

In ogni caso, emerge dalla giurisprudenza citata al precedente punto 41 che l’obiettivo perseguito dall’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, il quale contiene una norma procedurale (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 70), è quello di proteggere le imprese da procedimenti paralleli da parte delle autorità nazionali garanti della concorrenza e della Commissione, privando le prime della loro competenza ad applicare gli articoli 101 e 102 TFUE rispetto ai fatti che sono oggetto del procedimento avviato dalla Commissione. In tal modo, l’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 produce l’effetto di mettere le imprese al riparo da eventuali azioni parallele da parte di tali autorità diverse (v., in tal senso, ordinanza del 15 marzo 2019, Silgan Closures e Silgan Holdings/Commissione, T‑410/18, EU:T:2019:166, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

45

Nondimeno, questa tutela dai procedimenti paralleli prevista dalla giurisprudenza non implica alcun diritto per l’impresa a che il caso sia integralmente trattato dalla Commissione. A questo riguardo, occorre ricordare che, ai sensi degli articoli 4 e 5 del regolamento n. 1/2003, la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri dispongono di competenze parallele per l’applicazione degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE e che la sistematica del regolamento n. 1/2003 si basa su una stretta collaborazione fra loro (v. sentenza del 17 dicembre 2014, Si.mobil/Commissione, T‑201/11, EU:T:2014:1096, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

46

Orbene, né il regolamento n. 1/2003 né la comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza (GU 2004, C 101, pag. 43) contengono alcuna norma sulla ripartizione delle competenze tra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri.

47

A questo proposito, il Tribunale ha già statuito che non si può dire che l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, il quale consente a un’autorità garante della concorrenza di sospendere o chiudere un caso ove un’altra autorità se ne stia già occupando o lo abbia già trattato, e il suo considerando 18, secondo cui tale disposizione è stata prevista «affinché ogni caso sia trattato da una sola autorità», definiscano un criterio di attribuzione o di ripartizione dei casi o delle competenze fra la Commissione e l’autorità nazionale o le autorità nazionali eventualmente interessate dal caso in questione (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2014, Si.mobil/Commissione, T‑201/11, EU:T:2014:1096, punto 38).

48

Inoltre, per quanto riguarda la comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza, il suo punto 4 precisa che le consultazioni e gli scambi che avvengono nell’ambito della rete riguardano solo le autorità pubbliche incaricate di far rispettare il diritto antitrust e, inoltre, il suo punto 31 aggiunge che essa non implica che le imprese partecipanti acquisiscano il diritto a che il loro caso venga trattato da una particolare autorità. In linea più generale, né il regolamento n. 1/2003 né la comunicazione in questione creano diritti o aspettative in capo ad un’impresa per quanto riguarda il trattamento del suo caso da parte di una determinata autorità per la concorrenza (v. sentenza del 17 dicembre 2014, Si.mobil/Commissione, T‑201/11, EU:T:2014:1096, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

49

Ne consegue che Amazon non può legittimamente sostenere di essere stata privata, attraverso la parte in questione della decisione impugnata, della tutela prevista dall’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, in quanto tale effetto protettivo non implica che la Commissione sia obbligata ad avviare un procedimento al fine di privare le autorità nazionali garanti della concorrenza della loro competenza ad applicare gli articoli 101 e 102 TFUE.

50

Inoltre, supponendo che l’autorità italiana garante della concorrenza, in violazione della tutela contro i procedimenti paralleli prevista dall’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, conduca un procedimento riguardante lo stesso ambito geografico e le stesse infrazioni presunte delle norme in materia di concorrenza di quello avviato dalla Commissione, Amazon potrebbe comunque contestare tale circostanza dinanzi ai giudici nazionali, invocando, in particolare, l’incompetenza di tale autorità. Supponendo, analogamente, che si verifichino irregolarità nel corso del procedimento condotto dalla Commissione, queste ultime potrebbero, se del caso, essere contestate in sede di ricorso contro la decisione finale della Commissione.

51

Dalle considerazioni che precedono risulta che la parte in questione della decisione impugnata, nella misura in cui esclude l’Italia dall’ambito territoriale di indagine, costituisce un atto preparatorio che non produce effetti giuridici nei confronti di Amazon ai sensi dell’articolo 263 TFUE, cosicché l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione dev’essere accolta e il ricorso deve, pertanto, essere respinto in quanto irricevibile, senza che sia necessario esaminare gli altri due motivi di irricevibilità invocati dalla Commissione.

52

Conformemente all’articolo 144, paragrafo 3, del regolamento di procedura, quando il convenuto deposita un’eccezione di irricevibilità o di incompetenza, ai sensi dell’articolo 130, paragrafo 1, si decide sull’istanza di intervento solo dopo il rigetto o il rinvio dell’esame dell’eccezione al merito. Nel caso di specie, poiché il ricorso è respinto in quanto irricevibile nel suo complesso, non occorre statuire sulle istanze di intervento di cui ai precedenti punti 9 e 10.

Sulle spese

53

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono quindi essere condannate alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

54

Inoltre, ai sensi dell’articolo 144, paragrafo 10, del regolamento di procedura, se, come nel caso di specie, la causa principale si conclude prima della decisione sull’istanza di intervento, le spese dell’istante e delle parti principali relative all’istanza di intervento sono compensate. Poiché le istanze di intervento non sono state notificate alle ricorrenti e alla Commissione e, pertanto, queste ultime non sono state poste in condizione di sostenere spese, la Repubblica italiana, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la Camera di commercio degli Stati Uniti d’America e la Computer & Communications Industry Association sopporteranno ciascuna le proprie spese al riguardo.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

così provvede:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

Non vi è luogo a statuire sulle istanze di intervento della Repubblica italiana, dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, della Chamber of Commerce of the United States of America (Camera di commercio degli Stati Uniti d’America) e della Computer & Communications Industry Association.

 

3)

Amazon.com, Inc., Amazon Services Europe Sàrl, Amazon EU Sàrl e Amazon Europe Core Sàrl sopporteranno, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione europea.

 

4)

La Repubblica italiana, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la Camera di commercio degli Stati Uniti d’America e la Computer & Communications Industry Association sopporteranno le proprie spese relative alle istanze di intervento.

 

Lussemburgo, 14 ottobre 2021

Il cancelliere

E. Coulon

Il presidente

H. Kanninen


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.