SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

27 ottobre 2022 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Articolo 2, lettera b) – Nozione di “consumatore” – Articolo 2, lettera c) – Nozione di “professionista” – Persona fisica proprietaria di un appartamento in un immobile in regime di condominio – Diversi tipi di rapporti giuridici relativi alla gestione e alla manutenzione di tale immobile – Differenza di trattamento quanto alla qualità di consumatore, operata dalla normativa di uno Stato membro tra i condomini che hanno stipulato un contratto individuale per la gestione e la manutenzione delle parti comuni di un siffatto immobile e quelli che non hanno stipulato un simile contratto»

Nella causa C‑485/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Rayonen sad Nesebar (Tribunale distrettuale di Nesebar, Bulgaria), con decisione del 23 luglio 2021, pervenuta in cancelleria il 5 agosto 2021, nel procedimento

«S. V.» OOD

contro

E. Ts. D.,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da N. Piçarra, facente funzione di presidente di sezione, N. Jääskinen e M. Gavalec (relatore), giudici,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per il governo austriaco, da A. Posch, J. Schmoll e M. Winkler-Unger, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da N. Nikolova, I. Rubene e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29), e dell’articolo 2, punto 1, della direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13 e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2011, L 304, pag. 64).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra «S. V.» OOD, società commerciale di diritto bulgaro, amministratrice di un immobile in regime di condominio, ed E. Ts. D., persona fisica proprietaria di un appartamento in tale immobile, relativamente al pagamento di somme dovute in esecuzione di un contratto stipulato al fine della gestione e della manutenzione delle parti comuni di detto immobile.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

Ai sensi del decimo considerando della direttiva 93/13:

«(...) si può realizzare una più efficace protezione del consumatore adottando regole uniformi in merito alle clausole abusive; (...) tali regole devono applicarsi a qualsiasi contratto stipulato fra un professionista ed un consumatore; (...)».

4

L’articolo 1 di tale direttiva stabilisce quanto segue:

«1.   La presente direttiva è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore.

2.   Le clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative e disposizioni o principi di convenzioni internazionali, in particolare nel settore dei trasporti, delle quali gli Stati membri o la Comunità sono parte, non sono soggette alle disposizioni della presente direttiva».

5

L’articolo 2, lettere b) e c), di detta direttiva è così formulato:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

b)

“consumatore”: qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale;

c)

“professionista”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce nel quadro della sua attività professionale, sia essa pubblica o privata».

6

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 prevede che «[u]na clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

Diritto bulgaro

7

L’articolo 2, paragrafo 1, dello zakon za upravlenie na etazhnata sobstvenost (legge sull’amministrazione degli appartamenti in regime di condominio) (DV n. 6, del 23 gennaio 2009), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: lo «ZUES»), dispone quanto segue:

«L’amministrazione delle parti comuni degli immobili in regime di condominio, costruiti in un complesso residenziale chiuso, deve essere disciplinata mediante un contratto scritto, con autentica notarile delle firme, fra il promotore e i proprietari delle singole unità abitative».

8

Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, punto 10, di tale legge, i proprietari sono tenuti a farsi carico delle spese per la gestione e la manutenzione delle parti comuni.

9

L’articolo 9 di detta legge prevede quanto segue:

«L’amministrazione del condominio è effettuata mediante l’assemblea dei condomini e/o l’associazione di proprietari».

10

L’articolo 195, paragrafi 1 e 5, dello zakon za ustroystvo na teritoriata (legge sulla pianificazione territoriale) (DV n. 1, del 2 gennaio 2001), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale, enuncia quanto segue:

«(1)   I proprietari di edifici sono tenuti a conservare questi ultimi in condizioni tecniche conformi ai requisiti essenziali di cui all’articolo 169, paragrafi 1 e 3 (...).

(...)

(5)   Il sindaco del comune può obbligare con decreto i proprietari di edifici (...) ad effettuare i lavori necessari nell’interesse della sicurezza, della sicurezza stradale, della salubrità, dell’igiene, dell’estetica, della pulizia e della tranquillità dei cittadini».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11

E. Ts. D. è proprietario di un appartamento facente parte di un immobile in regime di condominio, situato a Nesebar (Bulgaria).

12

In forza di un contratto relativo alla manutenzione delle parti comuni di tale immobile, stipulato il 9 gennaio 2012 per un periodo indeterminato, che designa S. V. «amministratore di condominio», e sottoscritto da E. Ts. D., quest’ultima è tenuta, in qualità di condomina, a pagare a tale società un importo annuo pari a EUR 6 al m2, al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), per la gestione e la manutenzione delle parti comuni di detto edificio. In base a tale contratto, in caso di ritardo nel pagamento, detta società ha il diritto di applicare un interesse dello 0,1% sull’importo dovuto per ogni giorno di ritardo.

13

Il 26 agosto 2020 S. V. ha notificato a E. Ts. D. una messa in mora autenticata dal notaio chiedendo a quest’ultima di pagare, entro il 31 agosto 2020, le spese annuali dovute per il periodo successivo al 2012. In seguito, ella ha proposto dinanzi al giudice del rinvio, il Rayonen sad Nesebar (Tribunale distrettuale di Nesebar, Bulgaria) un ricorso diretto ad ottenere la condanna di E. Ts. D. al pagamento di un importo di EUR 1112,40, corrispondente all’ammontare delle spese annuali relative al periodo dal 2017 al 2019, nonché di un importo di EUR 717, 87 a titolo di risarcimento per il ritardo nel pagamento.

14

Dinanzi a tale giudice, E. Ts. D. sostiene, in particolare, che il contratto di cui al punto 12 della presente sentenza contiene clausole abusive che obbligano il consumatore a pagare un’indennità di mora eccessivamente elevata e che non sono né chiare né comprensibili. E. Ts. D. ritiene di rivestire la qualità di «consumatore» e sottolinea che, al momento della stipula del contratto, non c’è stato nessun negoziato individuale tra le parti.

15

Il giudice del rinvio si chiede, da un lato, se un proprietario di un appartamento in un immobile in regime di condominio rivesta la qualità di «consumatore», ai sensi delle direttive 93/13 e 2011/83, dal momento che taluni elementi dei rapporti contrattuali relativi alla gestione delle parti comuni di un siffatto immobile sono direttamente disciplinati dalla normativa bulgara. Dall’altro, esso si chiede se la qualità di «consumatore» dipenda dalle diverse forme di amministrazione che tale normativa prevede per detta gestione. Inoltre, esso esprime dubbi riguardo alla differenza di trattamento operata da detta normativa tra i condòmini che hanno concluso un contratto per la gestione e la manutenzione delle parti comuni di un immobile in regime di condominio e quelli che non hanno concluso un simile contratto. In quest’ultimo caso, l’organo incaricato dell’amministrazione delle parti comuni è l’assemblea generale dei condòmini.

16

Ritenendo che la soluzione della controversia di cui è investito dipenda dall’interpretazione delle disposizioni delle direttive 93/13 e 2011/83, il Rayonen sad Nesebar (Tribunale distrettuale di Nesebar) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se le persone fisiche proprietarie di appartamenti all’interno di un condominio residenziale siano “consumatori” [ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13 e dell’articolo 2, punto 1, della direttiva 2011/83] in relazione ai rapporti giuridici che esse instaurano in materia di gestione e manutenzione delle parti comuni dell’edificio residenziale.

2)

Se la qualità di “consumatore” delle persone fisiche proprietarie di appartamenti all’interno di un condominio dipenda dal tipo di rapporto giuridico che hanno creato (contratto individuale di gestione e manutenzione delle parti comuni, contratto ai sensi dell’articolo 2 dello ZUES, gestione da parte dell’assemblea generale dei condòmini).

3)

Se sia compatibile con la direttiva 2011/83 una normativa che consente un trattamento diverso (per quanto riguarda la qualità di “consumatore”) dei condomini a seconda che essi abbiano o meno concluso un contratto individuale per la gestione e la manutenzione delle parti comuni dell’edificio residenziale (in tale ultimo caso, il loro organo amministrativo è l’assemblea generale dei condòmini)».

Sulle questioni pregiudiziali

17

In via preliminare, si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, istituita all’articolo 267 TFUE, quest’ultima è tenuta a fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, la Corte deve, all’occorrenza, riformulare le questioni che le sono sottoposte (sentenze del 17 luglio 1997, Krüger, C‑334/95, EU:C:1997:378, punti 2223, nonché del 18 novembre 2021, A.S.A., C‑212/20, EU:C:2021:934, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

18

Nel caso di specie, occorre rilevare, da un lato, che la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene alcun elemento tale da suggerire che la situazione di cui al procedimento principale rientri nel campo di applicazione ratione materiae della direttiva 2011/83 né che una disposizione della normativa bulgara che traspone tale direttiva sia applicabile al contratto di cui al punto 12 della presente sentenza.

19

Dall’altro lato, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio non spiega la rilevanza, ai fini della risoluzione della controversia di cui al procedimento principale, dei suoi interrogativi in merito alla fattispecie in cui l’assemblea generale dei condòmini si sia essa stessa incaricata dell’amministrazione delle parti comuni dell’immobile in condominio, dal momento che da tale domanda risulta che detta amministrazione è affidata ad un amministratore di condominio, in forza di un contratto concluso con quest’ultimo. Esso non spiega neppure la rilevanza, ai fini della risoluzione di detta controversia, della circostanza che, in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, dello ZUES, la gestione delle parti comuni degli immobili in regime di condominio, costruiti nel contesto di un complesso residenziale chiuso, debba essere disciplinata mediante un contratto scritto con autentica notarile delle firme fra il promotore e i proprietari delle singole unità abitative.

20

In tali circostanze, al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre riformulare le questioni sollevate e considerare che, con esse, tale giudice chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 2, lettere b) e c), della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che una persona fisica, proprietaria di un appartamento in un immobile in regime di condominio, debba essere considerata un «consumatore», ai sensi di tale direttiva, qualora:

tale persona stipuli un contratto, di cui alcune disposizioni sono disciplinate dal diritto nazionale, con un amministratore di condominio ai fini della gestione e della manutenzione delle parti comuni di tale immobile;

l’assemblea generale dei condòmini o l’associazione di proprietari di detto immobile stipuli, a tal fine, un contratto con un amministratore di condominio.

21

In primo luogo, è necessario ricordare che, come risulta dai suoi articoli 1, paragrafo 1, e 3, paragrafo 1, la direttiva 93/13 si applica alle clausole dei «contratti stipulati tra un professionista e un consumatore» che non sono state «oggetto di negoziato individuale» (v., in tal senso, ordinanza del 19 novembre 2015, Tarcău, C‑74/15, EU:C:2015:772, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

22

Come enunciato dal decimo considerando di tale direttiva, le regole uniformi in merito alle clausole abusive devono applicarsi, fatte salve le eccezioni indicate a tale considerando, a «qualsiasi contratto» stipulato tra un professionista e un consumatore, quali definiti all’articolo 2, lettere b) e c), della suddetta direttiva (v., in tal senso, ordinanza del 14 settembre 2016, Dumitraș, C‑534/15, EU:C:2016:700, punti 2627 e giurisprudenza ivi citata).

23

Conformemente a detto articolo 2, lettera b), un «consumatore» è qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della direttiva 93/13, agisce per fini che non rientrano nell’ambito della sua attività professionale. Inoltre, ai sensi di detto articolo 2, lettera c), un «professionista» è qualsiasi persona fisica o giuridica che, in tali contratti, agisce nell’ambito della sua attività professionale, sia essa pubblica o privata (v., in tal senso, sentenza del 21 marzo 2019, Pouvin e Dijoux, C‑590/17, EU:C:2019:232, punto 22).

24

È dunque con riferimento alla qualità dei contraenti, a seconda che essi agiscano o meno nell’ambito della loro attività professionale, che la direttiva 93/13 definisce i contratti ai quali essa si applica (sentenza del 21 marzo 2019, Pouvin e Dijoux, C‑590/17, EU:C:2019:232, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

25

Per quanto riguarda la nozione di «consumatore», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13, dalla giurisprudenza costante della Corte risulta che essa ha un carattere oggettivo. Tale nozione deve essere determinata alla luce di un criterio funzionale consistente nel valutare se il rapporto contrattuale in esame rientri nell’ambito di attività estranee all’esercizio di una professione (ordinanza del 14 settembre 2016, Dumitraș, C‑534/15, EU:C:2016:700, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

26

Spetta al giudice nazionale, investito di una controversia relativa a un contratto idoneo a rientrare nell’ambito di applicazione di tale direttiva, verificare, tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie e di tutti gli elementi di prova, se il contraente in questione possa essere qualificato come «consumatore» ai sensi di detta direttiva (ordinanza del 14 settembre 2016, Dumitraș, C‑534/15, EU:C:2016:700, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

27

Nel caso di specie, occorre rilevare che dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che E. Ts. D. è una persona fisica e che il contratto di cui al punto 12 della presente sentenza ha per oggetto la gestione e la manutenzione delle parti comuni dell’immobile in regime di condominio nel quale E. Ts. D. è proprietaria di un appartamento. Pertanto, nell’ipotesi in cui detta persona sia parte di tale contratto e purché non utilizzi detto appartamento per scopi che rientrano esclusivamente nella sua attività professionale, occorre, in linea di principio, ritenere che essa agisca in qualità di «consumatore», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13, in tale contratto.

28

Per quanto riguarda la nozione di «professionista», ai sensi dell’articolo 2, lettera c), di tale direttiva, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, il legislatore dell’Unione ha inteso sancire un concetto ampio di tale nozione, cosicché ogni persona fisica o giuridica dev’essere considerata rientrante in tale nozione, qualora eserciti un’attività professionale, compresi i compiti di natura e interesse pubblici (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C‑147/16, EU:C:2018:320, punti da 48 a 51 e giurisprudenza ivi citata).

29

A tal riguardo, è pacifico che il rapporto contrattuale di cui trattasi nel procedimento principale rientra nell’ambito di attività che S. V., in qualità di amministratore di condominio, svolge a titolo professionale.

30

In tale contesto, come sottolinea la Commissione europea, la circostanza che una parte delle attività di gestione e manutenzione delle parti comuni dell’immobile in condominio di cui trattasi nel procedimento principale e le spese annuali percepite a tale titolo da detto amministratore di condominio derivino dalla necessità di rispettare requisiti specifici in materia di sicurezza e di pianificazione territoriale, previsti dalla legislazione nazionale applicabile, non è idonea a sottrarre tali attività dal campo di applicazione dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 93/13 e, di conseguenza, il contratto di cui al punto 12 della presente sentenza dal campo di applicazione di questa direttiva.

31

Infatti, sebbene, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13, quando siffatte disposizioni legislative sono imperative, le clausole contrattuali che le riproducono siano escluse dall’ambito di applicazione di tale direttiva, una siffatta esclusione non significa che la validità di altre clausole, contenute nel medesimo contratto e non coperte dalle suddette disposizioni, non possa essere valutata dal giudice nazionale alla luce di detta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2021, Trapeza Peiraios, C‑243/20, EU:C:2021:1045, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

32

In secondo luogo, nell’ipotesi in cui un contratto relativo alla gestione e alla manutenzione delle parti comuni di un immobile in condominio sia stipulato tra l’amministratore di condominio e l’assemblea generale dei condòmini o l’associazione di proprietari di tale immobile, il proprietario di un appartamento facente parte di detto immobile è considerato un «consumatore», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13, purché tale proprietario, innanzitutto, possa essere qualificato come «parte» di detto contratto; inoltre, sia una persona fisica e, infine, non utilizzi tale appartamento esclusivamente per scopi che rientrano nella sua attività professionale. A quest’ultimo proposito, occorre precisare che non può essere esclusa dal campo di intervento della nozione di «consumatore» la fattispecie in cui una persona fisica utilizzi l’appartamento che costituisce il suo domicilio personale anche a fini professionali, come nell’ambito di un telelavoro subordinato o dell’esercizio di una libera professione.

33

Per contro, quando un siffatto proprietario di appartamento non può essere qualificato come «parte» di detto contratto, e poiché l’assemblea generale dei condòmini o l’associazione di proprietari di un immobile non è, per definizione, una «persona fisica», ai sensi di tale articolo 2, lettera b) e, pertanto, non può essere qualificata come «consumatore» ai sensi di tale disposizione, un siffatto contratto è escluso dall’ambito di applicazione della direttiva 93/13 (v., per analogia, sentenza del 2 aprile 2020, Condominio di Milano, via Meda, C‑329/19, EU:C:2020:263, punto 29).

34

Tuttavia, resta il fatto che l’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 2, lettera b), di tale direttiva non ostano a una giurisprudenza nazionale che interpreti la normativa di recepimento di detta direttiva nel diritto interno in modo che le norme a tutela dei consumatori che essa contiene siano applicabili anche a un contratto concluso da un soggetto giuridico, quale un condominio privo di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, anche se un simile soggetto giuridico non rientra nell’ambito di applicazione della medesima direttiva (v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2020, Condominio di Milano, via Meda, C‑329/19, EU:C:2020:263, punti 1838).

35

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alle questioni poste dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 2, lettere b) e c), della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che:

una persona fisica, proprietaria di un appartamento in un immobile in regime di condominio, deve essere considerata un «consumatore», ai sensi di tale direttiva, qualora essa stipuli un contratto con un amministratore di condominio ai fini della gestione e della manutenzione delle parti comuni di tale immobile, purché non utilizzi tale appartamento per scopi che rientrano esclusivamente nella sua attività professionale. La circostanza che una parte delle prestazioni fornite da tale amministratore di condominio in base a detto contratto risulti dalla necessità di rispettare specifici requisiti in materia di sicurezza e di pianificazione territoriale, previsti dalla legislazione nazionale, non è idonea a sottrarre detto contratto dal campo di applicazione di tale direttiva,

nell’ipotesi in cui sia stipulato un contratto relativo alla gestione e alla manutenzione delle parti comuni di un immobile in regime di condominio tra l’amministratore di condominio e l’assemblea generale dei condòmini o l’associazione di proprietari di tale immobile, una persona fisica, proprietaria di un appartamento situato in quest’ultimo, può essere considerata un «consumatore», ai sensi della direttiva 93/13, purché essa possa essere qualificata come «parte» di detto contratto e non utilizzi tale appartamento esclusivamente per scopi rientranti nella sua attività professionale.

Sulle spese

36

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

 

L’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 2, lettere b) e c), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori,

 

devono essere interpretati nel senso che:

 

una persona fisica, proprietaria di un appartamento in un immobile in regime di condominio, deve essere considerata un «consumatore», ai sensi di tale direttiva, qualora essa stipuli un contratto con un amministratore di condominio ai fini della gestione e della manutenzione delle parti comuni di tale immobile, purché non utilizzi tale appartamento per scopi che rientrano esclusivamente nella sua attività professionale. La circostanza che una parte delle prestazioni fornite da tale amministratore di condominio in base a detto contratto risulti dalla necessità di rispettare specifici requisiti in materia di sicurezza e di pianificazione territoriale, previsti dalla legislazione nazionale, non è idonea a sottrarre detto contratto dal campo di applicazione di tale direttiva,

 

nell’ipotesi in cui sia stipulato un contratto relativo alla gestione e alla manutenzione delle parti comuni di un immobile in regime di condominio tra l’amministratore di condominio e l’assemblea generale dei condòmini o l’associazione di proprietari di tale immobile, una persona fisica, proprietaria di un appartamento situato in quest’ultimo, può essere considerata un «consumatore», ai sensi della direttiva 93/13, purché essa possa essere qualificata come «parte» di detto contratto e non utilizzi tale appartamento esclusivamente per scopi rientranti nella sua attività professionale.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il bulgaro.