SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

10 febbraio 2022 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Validità – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Competenza a statuire su una domanda di divorzio – Articolo 18 TFUE – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Articolo 3, paragrafo 1, lettera a), quinto e sesto trattino – Differenza tra i periodi di residenza richiesti per determinare il giudice competente – Distinzione tra un residente cittadino dello Stato membro del giudice adito e un residente non cittadino di tale Stato membro – Discriminazione in base alla nazionalità – Insussistenza»

Nella causa C‑522/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria), con decisione del 29 settembre 2020, pervenuta in cancelleria il 19 ottobre 2020, nel procedimento

OE

contro

VY,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da A. Prechal, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, J. Passer, F. Biltgen, L.S. Rossi (relatrice) e N. Wahl, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per il Consiglio dell’Unione europea, da M. Balta e T. Haas, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da M. Wasmeier e M. Wilderspin, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), sesto trattino, del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU 2003, L 338, pag. 1), e sulle conseguenze che possono derivare da un’eventuale invalidità di tale disposizione

2

Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra OE e sua moglie, VY, riguardante una domanda di scioglimento del loro matrimonio presentata dinanzi ai giudici austriaci.

Contesto normativo

3

Ai sensi del considerando 12 del regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi (GU 2000, L 160, pag. 19), abrogato, a decorrere dal 1o marzo 2005, dal regolamento n. 2201/2003:

«I criteri di competenza accolti nel presente regolamento si fondano sul principio secondo cui tra l’interessato e lo Stato membro che esercita la competenza giurisdizionale deve sussistere un reale collegamento. La scelta di taluni criteri è dovuta al fatto che essi esistono in vari ordinamenti giuridici nazionali e sono accettati dagli altri Stati membri».

4

Ai sensi del considerando 1 del regolamento n. 2201/2003:

«La Comunità europea si prefigge l’obiettivo di istituire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone. A tal fine, la Comunità adotta, tra l’altro, le misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile necessarie al corretto funzionamento del mercato interno».

5

L’articolo 1 di tale regolamento, intitolato «Ambito di applicazione», recita al paragrafo 1:

«Il presente regolamento si applica, indipendentemente dal tipo di autorità giurisdizionale, alle materie civili relative:

a)

al divorzio, alla separazione personale e all’annullamento del matrimonio;

(...)».

6

L’articolo 3 di detto regolamento, intitolato «Competenza generale», prevede:

«1.   Sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio le autorità giurisdizionali dello Stato membro:

a)

nel cui territorio si trova:

la residenza abituale dei coniugi, o

l’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, o

la residenza abituale del convenuto, o

in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o

la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, o

la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha ivi il proprio “domicile”;

b)

di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, del “domicile” di entrambi i coniugi».

2.   Ai fini del presente regolamento la nozione di “domicile” cui è fatto riferimento è quella utilizzata negli ordinamenti giuridici del Regno Unito e dell’Irlanda».

7

L’articolo 6 del medesimo regolamento, intitolato «Carattere esclusivo della competenza giurisdizionale di cui agli articoli 3, 4 e 5», recita:

«Il coniuge che:

a)

risiede abitualmente nel territorio di uno Stato membro o

b)

ha la cittadinanza di uno Stato membro o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha il proprio “domicile” nel territorio di uno di tali Stati membri,

può essere convenuto in giudizio davanti alle autorità giurisdizionali di un altro Stato membro soltanto in forza degli articoli 3, 4 e 5».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

8

Il 9 novembre 2011, OE, cittadino italiano, e VY, cittadina tedesca, si sono sposati a Dublino (Irlanda).

9

Secondo le informazioni fornite dal giudice del rinvio, OE ha lasciato la residenza abituale comune della coppia, in Irlanda, nel maggio 2018 e vive in Austria dall’agosto 2019.

10

Il 28 febbraio 2020, ossia dopo un periodo di residenza in Austria superiore a sei mesi, OE ha presentato al Bezirksgericht Döbling (tribunale distrettuale di Döbling, Austria) una domanda di scioglimento del suo matrimonio con VY.

11

OE sostiene che, conformemente al principio di non discriminazione in base alla nazionalità, un cittadino di uno Stato membro diverso dallo Stato del foro, dopo aver risieduto per soli sei mesi nel territorio di quest’ultimo Stato immediatamente prima della sua domanda di divorzio, ha il diritto di far valere la competenza dei giudici del suddetto ultimo Stato ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), sesto trattino, del regolamento n. 2201/2003, il che equivarrebbe a disapplicare il quinto trattino di tale disposizione, che esige un periodo di residenza di almeno un anno immediatamente prima di tale domanda.

12

Con decisione del 20 aprile 2020, il Bezirksgericht Döbling (tribunale distrettuale di Döbling) ha respinto il ricorso di OE, ritenendo di non essere competente. Secondo tale giudice, la distinzione operata in base alla cittadinanza all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), quinto e sesto trattino, del regolamento n. 2201/2003 ha lo scopo di evitare che un attore ottenga, mediante artifici, il riconoscimento della competenza dei giudici di un determinato Stato membro.

13

In appello, il Landesgericht für Zivilrechtssachen Wien (Tribunale regionale per le questioni civili di Vienna, Austria), con ordinanza del 29 giugno 2020, ha confermato la decisione del Bezirksgericht Döbling (Tribunale distrettuale di Döbling).

14

Contro tale ordinanza, OE ha proposto un ricorso per Revision dinanzi all’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria).

15

Il giudice del rinvio osserva che la distinzione operata dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), quinto e sesto trattino, del regolamento n. 2201/2003, in funzione della durata del soggiorno effettivo dell’interessato, si basa unicamente sul criterio della cittadinanza. Ricordando che ci sono persone che sono nate e cresciute in uno Stato membro senza possederne la cittadinanza, il giudice nazionale ritiene che tale criterio non riveli una differenza sufficientemente rilevante per quanto riguarda l’integrazione dell’interessato e il suo rapporto di prossimità con lo Stato membro in questione. Esso dubita quindi della compatibilità della differenza di trattamento derivante da tali disposizioni del regolamento n. 2201/2003 con il principio di non discriminazione in base alla nazionalità sancito dall’articolo 18 TFUE.

16

Inoltre, qualora tale differenza di trattamento fosse contraria al principio di non discriminazione, il giudice del rinvio si chiede quali conseguenze giuridiche se ne debbano trarre in un procedimento come quello principale.

17

Di conseguenza, l’Oberster Gerichtshof (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 3, [paragrafo 1,] lettera a), sesto trattino, del regolamento n. [2201/2003] violi il divieto di discriminazione sancito dall’articolo 18 TFUE, in quanto, a seconda della cittadinanza dell’attore, prevede per quest’ultimo un periodo di residenza più breve rispetto all’articolo 3, [paragrafo 1,] lettera a), quinto trattino, dello stesso regolamento, quale condizione ai fini della competenza giurisdizionale dei giudici dello Stato di residenza.

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione:

se da tale violazione del divieto di discriminazione derivi che, per effetto del principio generale di cui all’articolo 3, [paragrafo 1,] lettera a), quinto trattino, del regolamento n. [2201/2003] una residenza della durata di dodici mesi costituisca per tutti i ricorrenti, indipendentemente dalla loro cittadinanza, la condizione preliminare per invocare la competenza giurisdizionale del foro di residenza, ovvero se debba ritenersi applicabile, nei confronti di ogni ricorrente, un periodo di residenza di sei mesi».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

18

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il principio di non discriminazione in base alla nazionalità, sancito dall’articolo 18 TFUE, osti a che la competenza dei giudici dello Stato membro di residenza, come prevista all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), sesto trattino, del regolamento n. 2201/2003, sia subordinata ad un periodo minimo di residenza dell’attore, immediatamente precedente alla sua domanda, di sei mesi inferiore rispetto a quello previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), quinto trattino, di tale regolamento, in quanto l’interessato è un cittadino di tale Stato membro.

19

Secondo una giurisprudenza costante, il principio di non discriminazione o di parità di trattamento impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia oggettivamente giustificato (v., segnatamente, sentenza del 17 dicembre 2020, Centraal Israëlitisch Consistorie van België e a., C‑336/19, EU:C:2020:1031, punto 85, nonché del 25 marzo 2021, Alvarez y Bejarano e a./Commissione, C‑517/19 P e C‑518/19 P, EU:C:2021:240, punti 5264).

20

La comparabilità di situazioni diverse è valutata tenendo conto di tutti gli elementi che le caratterizzano. Tali elementi devono, in particolare, essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto dell’Unione che stabilisce la distinzione di cui trattasi. Inoltre, devono essere presi in considerazione i principi e gli obiettivi del settore cui si riferisce l’atto in parola (v., segnatamente, sentenze del 6 giugno 2019, P.M. e a., C‑264/18, EU:C:2019:472, punto 29 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 19 dicembre 2019, HK/Commissione, C‑460/18 P, EU:C:2019:1119, punto 67).

21

Inoltre, la Corte ha anche affermato, per quanto riguarda il controllo giurisdizionale del rispetto del principio di parità di trattamento da parte del legislatore dell’Unione, che quest’ultimo dispone, nell’esercizio delle competenze che gli sono conferite, di un ampio potere discrezionale quando interviene in un ambito che richiede scelte di natura politica, economica e sociale e quando è chiamato a effettuare valutazioni e accertamenti complessi. Pertanto, solo la manifesta inidoneità di una misura adottata in tale materia, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale misura (v., segnatamente, sentenza del 6 giugno 2019, P.M. e a., C‑264/18, EU:C:2019:472, punto 26).

22

Tuttavia, secondo tale giurisprudenza, anche in presenza di un tale potere, il legislatore dell’Unione è tenuto a basare la sua scelta su criteri oggettivi e adeguati rispetto allo scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi (sentenza del 6 giugno 2019, P.M. e a., C‑264/18, EU:C:2019:472, punto 27).

23

È alla luce dei principi sopra menzionati che occorre verificare se, tenuto conto in particolare dell’obiettivo perseguito dalle norme sulla competenza previste dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2201/2003, un attore come OE, che risiede abitualmente nel territorio di uno Stato membro diverso da quello di cui possiede la cittadinanza e che propone un’azione di scioglimento del vincolo matrimoniale dinanzi ai giudici di tale Stato membro, si trovi in una situazione che non è paragonabile a quella di un attore cittadino dello stesso Stato membro, di modo che non osta al principio di non discriminazione esigere che il primo abbia risieduto per un periodo più lungo nel territorio dello stesso Stato membro prima di poter proporre il suo ricorso.

24

Come risulta dal suo considerando 1, il regolamento n. 2201/2003 contribuisce a istituire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone. A tale scopo, detto regolamento, ai capi II e III, stabilisce, in particolare, norme che regolano la competenza nonché il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni relative allo scioglimento del vincolo matrimoniale, regole queste che sono dirette a garantire la certezza del diritto [sentenza del 25 novembre 2021, IB (Residenza abituale di un coniuge – Divorzio), C‑289/20, EU:C:2021:955, punto 31 e giurisprudenza ivi citata].

25

In siffatto contesto, l’articolo 3 di detto regolamento, che rientra nel capo II di quest’ultimo, fissa i criteri generali di competenza in materia di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio. Tali criteri oggettivi, alternativi ed esclusivi rispondono alla necessità di una regolazione adeguata alle specifiche necessità dei conflitti in materia di scioglimento del vincolo matrimoniale [sentenza del 25 novembre 2021, IB (Residenza abituale di un coniuge – Divorzio), C‑289/20, EU:C:2021:955, punto 32 e giurisprudenza ivi citata].

26

Al riguardo, se l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), trattini dal primo al quarto, del regolamento n. 2201/2003 fa esplicitamente riferimento ai criteri della residenza abituale dei coniugi o di quella del convenuto, l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), quinto trattino, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), sesto trattino, di tale regolamento autorizzano l’applicazione della regola di competenza del forum actoris [sentenza del 25 novembre 2021, IB (Residenza abituale di un coniuge – Divorzio), C‑289/20, EU:C:2021:955, punto 33 e giurisprudenza ivi citata].

27

Queste ultime disposizioni riconoscono, infatti, a determinate condizioni, ai giudici dello Stato membro nel cui territorio si trova la residenza abituale dell’attore la competenza a pronunciarsi sullo scioglimento del vincolo matrimoniale di cui trattasi.

28

Così, l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), quinto trattino, di tale regolamento sancisce tale competenza se l’attore vi ha risieduto per almeno un anno immediatamente prima della domanda, mentre l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), sesto trattino, dello stesso regolamento riduce il periodo di residenza dell’attore a sei mesi immediatamente prima della sua domanda nel caso in cui quest’ultimo sia un cittadino dello Stato membro interessato (sentenza del 13 ottobre 2016, Mikołajczyk, C‑294/15, EU:C:2016:772, punto 42).

29

Risulta dalla giurisprudenza della Corte che le regole di competenza previste all’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003, incluse quelle previste al paragrafo 1, lettera a), quinto e sesto trattino, di detto articolo, sono intese a garantire un equilibrio tra, da un lato, la mobilità delle persone all’interno dell’Unione europea, tutelando segnatamente i diritti del coniuge che, a seguito della crisi coniugale, abbia lasciato lo Stato membro della residenza comune e, dall’altro, la certezza del diritto, in particolare quella dell’altro coniuge, garantendo l’esistenza di un collegamento effettivo tra l’interessato e lo Stato membro i cui giudici sono competenti a statuire sullo scioglimento del vincolo matrimoniale di cui trattasi [v., in tal senso, sentenze del 13 ottobre 2016, Mikołajczyk, C‑294/15, EU:C:2016:772, punti 33, 4950, nonché del 25 novembre 2021, IB (Residenza abituale di un coniuge – Divorzio), C‑289/20, EU:C:2021:955, punti 35, 4456].

30

Orbene, sotto il profilo dell’obiettivo diretto a garantire la sussistenza di un collegamento effettivo con lo Stato membro i cui giudici esercitano tale competenza, un attore, cittadino di tale Stato membro che, a causa di una crisi coniugale, lasci la residenza abituale comune della coppia e decida di ritornare nel proprio paese d’origine non si trova, in linea di principio, in una situazione paragonabile a quella di un attore che non è cittadino di detto Stato membro e che vi si trasferisce a causa di tale crisi.

31

Infatti, nella prima situazione, sebbene la cittadinanza del coniuge non sia sufficiente per determinare se i criteri dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), sesto trattino, del regolamento n. 2201/2003 siano soddisfatti, il fatto stesso che tale coniuge sia un cittadino di tale Stato membro e che abbia necessariamente con quest’ultimo legami istituzionali e giuridici nonché, in generale, legami culturali, linguistici, sociali, familiari o patrimoniali consente già di apprezzare il collegamento tra detto coniuge e lo Stato membro interessato. Un tale nesso può quindi già contribuire a determinare il collegamento effettivo che deve sussistere tra l’attore e lo Stato membro i cui giudici esercitano tale competenza.

32

Tale valutazione è corroborata dalle considerazioni riportate al punto 32 della relazione esplicativa, elaborata dalla sig.ra Borrás, relativa alla convenzione concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali, detta Convenzione di «Bruxelles II» (GU 1998, C 221, pag. 1), la quale ha ispirato il testo del regolamento n. 2201/2003. Infatti, secondo tali considerazioni, il criterio della cittadinanza, ora contenuto nell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), sesto trattino, del regolamento n. 2201/2003, «dimostra l’esistenza di un primo vincolo con lo Stato membro in questione».

33

Lo stesso non vale, generalmente, nel caso di un coniuge che, in seguito a una crisi coniugale, decida di trasferirsi in uno Stato membro di cui non ha la cittadinanza. Infatti, nella maggior parte dei casi, prima del suo matrimonio tale coniuge non aveva mai avuto con tale Stato membro legami analoghi a quelli di un cittadino del suddetto Stato membro. L’intensità del collegamento tra l’attore e lo Stato membro i cui giudici esercitano la competenza a statuire sullo scioglimento del vincolo matrimoniale di cui trattasi può quindi essere ragionevolmente determinata con l’ausilio di altri elementi, come, nel caso di specie, il requisito di un periodo di residenza dell’attore sufficientemente lungo, di almeno un anno, nel territorio di tale Stato membro immediatamente precedente alla sua domanda.

34

Peraltro, la differenza relativa al periodo minimo di residenza effettiva dell’attore, immediatamente precedente alla sua domanda, sul territorio dello Stato membro i cui giudici esercitano tale competenza, a seconda che l’attore sia o meno un cittadino di tale Stato membro, si basa su un elemento oggettivo, necessariamente noto al coniuge dell’attore, ossia la cittadinanza di quest’ultimo.

35

A tale riguardo, a partire dal momento in cui un coniuge, a causa di una crisi coniugale, lascia la residenza abituale della coppia e ritorna sul territorio dello Stato membro di cui ha la cittadinanza per stabilirvi la sua nuova residenza abituale, l’altro coniuge è in grado di attendersi che una domanda di scioglimento del vincolo matrimoniale sia eventualmente presentata dinanzi ai giudici di tale Stato membro.

36

Poiché il rispetto della certezza del diritto di tale altro coniuge è, almeno in parte, garantito dal legame istituzionale e giuridico rappresentato dalla cittadinanza del suo coniuge nei confronti dello Stato membro i cui giudici esercitano la competenza a statuire sullo scioglimento del vincolo matrimoniale di cui trattasi, non è manifestamente inadeguato che un tale legame sia stato preso in considerazione dal legislatore dell’Unione per determinare il periodo di residenza effettiva richiesto all’attore sul territorio di tale Stato membro di cui è cittadino, atteso che detto legame distingue la situazione di quest’ultimo attore da quella di un attore che non ha la cittadinanza dello Stato membro interessato.

37

È vero che la distinzione operata dal legislatore dell’Unione all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), quinto e sesto trattino, del regolamento n. 2201/2003 si basa sulla presunzione che un cittadino manterrà, in linea di principio, legami più stretti con il suo paese d’origine rispetto a una persona che non ha la cittadinanza dello Stato interessato.

38

Tuttavia, tenuto conto dell’obiettivo di garantire la sussistenza di un collegamento effettivo tra l’attore e lo Stato membro i cui giudici esercitano la competenza a statuire sullo scioglimento del vincolo matrimoniale di cui trattasi, il carattere oggettivo del criterio basato sulla cittadinanza dell’attore, previsto all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), sesto trattino, del regolamento n. 2201/2003, non può essere contestato senza rimettere in discussione il potere discrezionale del legislatore dell’Unione che presiede all’adozione di tale criterio.

39

Inoltre, la Corte ha altresì ammesso, per quanto riguarda un criterio fondato sulla cittadinanza dell’interessato, che, anche se, in situazioni marginali, dall’introduzione di una normativa generale e astratta possono derivare eventuali inconvenienti, non si può rimproverare al legislatore dell’Unione di essersi avvalso di una categorizzazione, dal momento che essa non è di per sé discriminatoria rispetto all’obiettivo perseguito (v., per analogia, sentenze del 16 ottobre 1980, Hochstrass/Corte di giustizia, 147/79, EU:C:1980:238, punto 14, e del 15 aprile 2010, Gualtieri/Commissione, C‑485/08 P, EU:C:2010:188, punto 81).

40

Nel caso di specie, non si può censurare il legislatore dell’Unione per il fatto di essersi basato, in parte, sul criterio della cittadinanza dell’attore nell’applicazione della regola di competenza del forum actoris, al fine di facilitare la determinazione del collegamento effettivo con lo Stato membro i cui giudici esercitano la competenza a statuire sul vincolo matrimoniale di cui trattasi, subordinando la ricevibilità dell’azione di scioglimento del vincolo matrimoniale dell’attore cittadino di tale Stato membro al completamento di un periodo di residenza preventiva più breve di quello richiesto a un attore che non è cittadino di tale Stato membro.

41

Ne consegue che, tenuto conto dell’obiettivo diretto a garantire la sussistenza di un collegamento effettivo tra l’attore e lo Stato membro i cui giudici esercitano la competenza a statuire sullo scioglimento del vincolo matrimoniale di cui trattasi, la distinzione operata dal legislatore dell’Unione sulla base del criterio della cittadinanza dell’attore, all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), quinto e sesto trattino, del regolamento n. 2201/2003, non costituisce una differenza di trattamento in base alla nazionalità vietata dall’articolo 18 TFUE.

42

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che il principio di non discriminazione in base alla nazionalità, sancito dall’articolo 18 TFUE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che la competenza dei giudici dello Stato membro nel cui territorio si trova la residenza abituale dell’attore, come prevista all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), sesto trattino, del regolamento n. 2201/2003, sia subordinata ad un periodo minimo di residenza dell’attore, immediatamente precedente alla sua domanda, di sei mesi inferiore rispetto a quello previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), quinto trattino, di tale regolamento, in quanto l’interessato è un cittadino di tale Stato membro.

Sulla seconda questione

43

Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre esaminare la seconda questione.

Sulle spese

44

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

Il principio di non discriminazione in base alla nazionalità, sancito dall’articolo 18 TFUE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che la competenza dei giudici dello Stato membro nel cui territorio si trova la residenza abituale dell’attore, come prevista all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), sesto trattino, del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, sia subordinata ad un periodo minimo di residenza dell’attore, immediatamente precedente alla sua domanda, di sei mesi inferiore rispetto a quello previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), quinto trattino, di tale regolamento, in quanto l’interessato è un cittadino di tale Stato membro.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.