SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

5 maggio 2022 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Articolo 157 TFUE – Protocollo (n. 33) – Parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego – Direttiva 2006/54/CE – Articolo 5, lettera c), e articolo 12 – Divieto di discriminazione indiretta fondata sul sesso – Regime professionale di previdenza sociale applicabile successivamente alla data prevista da detto protocollo e da detto articolo 12 – Pensioni di vecchiaia dei funzionari – Normativa nazionale che prevede un adeguamento annuale delle pensioni di vecchiaia – Adeguamento decrescente in funzione dell’importanza dell’importo della pensione di vecchiaia accompagnata da una completa esclusione di adeguamento oltre una certa soglia – Giustificazioni»

Nella causa C‑405/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), con decisione del 31 luglio 2020, pervenuta in cancelleria il 28 agosto 2020, nel procedimento

EB,

JS,

DP

contro

Versicherungsanstalt öffentlich Bediensteter, Eisenbahnen und Bergbau (BVAEB),

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, L. Bay Larsen, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della Prima Sezione, I. Ziemele, T. von Danwitz (relatore) e P.G. Xuereb, giudici,

avvocato generale: A. Rantos

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per JS ed EB, da M. Riedl, Rechtsanwalt;

per DP, da M. Riedl, Rechtsanwalt, e dal medesimo;

per il governo austriaco, da J. Schmoll e C. Leeb, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da B.-R. Killmann e A. Szmytkowska, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 gennaio 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 157 TFUE, del protocollo (n. 33) sull’articolo 157 TFUE, allegato al Trattato FUE (in prosieguo: il «protocollo n. 33») nonché degli articoli 5 e 12 della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU 2006, L 204, pag. 23).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di tre controversie che oppongono, rispettivamente, EB, JS e DP alla Versicherungsanstalt öffentlich Bediensteter, Eisenbahnen und Bergbau (BVAEB) (cassa malattia dei funzionari e degli agenti pubblici, delle ferrovie e del settore minerario, Austria), in merito all’adeguamento annuale delle loro pensioni di vecchiaia.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

Il protocollo n. 33 dispone quanto segue:

«Ai fini dell’applicazione dell’articolo 157 [TFUE], le prestazioni in virtù di un regime professionale di sicurezza sociale non saranno considerate come retribuzione se e nella misura in cui esse possono essere attribuite ai periodi di occupazione precedenti il 17 maggio 1990, eccezion fatta per i lavoratori o i loro aventi diritto che, prima di detta data, abbiano intentato un’azione giudiziaria o introdotto un reclamo equivalente secondo il diritto nazionale applicabile».

4

A norma dell’articolo 1 della direttiva 2006/54:

«Lo scopo della presente direttiva è assicurare l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.

A tal fine, essa contiene disposizioni intese ad attuare il principio della parità di trattamento per quanto riguarda:

(...)

c) i regimi professionali di sicurezza sociale.

(...)».

5

L’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue:

«Ai sensi della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

a)

“discriminazione diretta”: situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto un’altra persona sia, sia stata o sarebbe trattata in una situazione analoga;

b)

“discriminazione indiretta”: situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;

(...)

f)

“regimi professionali di sicurezza sociale”: regimi non regolati dalla direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale [(GU 1979, L 6, pag. 24)] aventi lo scopo di fornire ai lavoratori, subordinati o autonomi, raggruppati nell’ambito di un’impresa o di un gruppo di imprese, di un ramo economico o di un settore professionale o interprofessionale, prestazioni destinate a integrare le prestazioni fornite dai regimi legali di sicurezza sociale o di sostituirsi ad esse, indipendentemente dal fatto che l’affiliazione a questi regimi sia obbligatoria o facoltativa».

6

Ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2006/54, rubricato «Azione positiva»:

«Gli Stati membri possono mantenere o adottare misure ai sensi dell’articolo [157, paragrafo 4, TFUE] volte ad assicurare nella pratica la piena parità tra gli uomini e le donne nella vita lavorativa».

7

Il capo 2, intitolato «Parità di trattamento nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale», del titolo II della direttiva medesima contiene, in particolare, gli articoli 5, 7 e 12.

8

Ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2006/54, intitolato «Divieto di discriminazione»:

«Fermo restando quanto disposto dall’articolo 4, nei regimi professionali di sicurezza sociale è vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, specificamente per quanto riguarda:

a)

il campo d’applicazione di tali regimi e relative condizioni d’accesso;

b)

l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi;

c)

il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonché le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni».

9

L’articolo 12 di detta direttiva, intitolato «Effetto retroattivo», così dispone:

«1.   Qualsiasi misura di attuazione del presente capo, per quanto riguarda i lavoratori subordinati, comprende tutte le prestazioni di regimi professionali di sicurezza sociale derivanti dai periodi di occupazione successivi al 17 maggio 1990 e ha effetto retroattivo a tale data, fatta eccezione per i lavoratori o i loro aventi diritto che, prima di questa data, abbiano promosso un’azione giudiziaria o proposto un reclamo equivalente a norma del diritto nazionale. In questo caso le misure di attuazione hanno effetto retroattivo alla data dell’8 aprile 1976 e comprendono tutte le prestazioni derivanti da periodi di occupazione successivi a tale data. Per gli Stati membri che hanno aderito [all’Unione] dopo l’8 aprile 1976 e anteriormente al 17 maggio 1990, tale data è sostituita dalla data in cui l’articolo [157 TFUE] è divenuto applicabile sul loro territorio.

2.   La seconda frase del paragrafo 1 non osta a che le norme nazionali relative ai termini per i ricorsi di diritto interno possano essere opposte ai lavoratori o ai loro aventi diritto che abbiano promosso un’azione giudiziaria o proposto un reclamo equivalente a norma del diritto nazionale prima del 17 maggio 1990, purché non siano meno favorevoli, per questo tipo di ricorsi, rispetto a ricorsi analoghi di natura interna e non rendano impossibile nella pratica l’esercizio di diritti riconosciuti dalla normativa [dell’Unione].

3.   Per gli Stati membri la cui adesione [all’Unione] sia successiva al 17 maggio 1990 e che al 1o gennaio 1994 erano parti contraenti dell’accordo sullo Spazio economico europeo, la data del 17 maggio 1990 nella prima frase del paragrafo 1 è sostituita da quella del 1o gennaio 1994.

4.   Per gli altri Stati membri la cui adesione [all’Unione] sia successiva al 17 maggio 1990, quest’ultima data è sostituita nei paragrafi 1 e 2 dalla data in cui l’articolo [157 TFUE] è divenuto applicabile nel loro territorio».

Diritto austriaco

10

L’articolo 41 del Bundesgesetz über die Pensionsansprüche der Bundesbeamten, ihrer Hinterbliebenen und Angehörigen (Pensionsgesetz 1965) [legge federale relativa ai diritti pensionistici dei funzionari federali, dei loro superstiti e dei loro familiari (legge relativa alle pensioni del 1965)], del 18 novembre 1965 (BGBl., 340/1965), nella versione in vigore alla data dei fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «PG 1965»), così dispone:

«(...)

(2)   Le pensioni di vecchiaia e le pensioni di reversibilità dovute in forza della presente legge (...) devono essere adeguate contemporaneamente e nella stessa misura delle pensioni erogate nell’ambito del regime pensionistico obbligatorio,

1.

quando il diritto alla pensione è già maturato anteriormente al 1o gennaio dell’anno interessato

(...)

(4)   Il metodo di adeguamento delle pensioni stabilito all’articolo 711 dell’[Allgemeines Sozialversicherungsgesetz (legge generale sulla previdenza sociale)] per l’anno civile 2018 è applicabile per analogia (...). In caso di aumento ai sensi dell’articolo 711, paragrafo 1, punto 2, della [legge generale sulla previdenza sociale], l’importo totale dell’aumento deve essere imputato alla pensione di vecchiaia o reversibilità».

11

L’articolo 108f della legge generale in materia di previdenza sociale, nella versione in vigore alla data dei fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: l’«ASVG»), prevede quanto segue:

«(1)   Il Ministro federale della Previdenza sociale, delle Questioni generazionali e della Tutela dei consumatori fissa l’indice di adeguamento per ciascun anno tenendo conto del valore di riferimento.

(2)   Il valore di riferimento è fissato in modo che l’aumento delle pensioni risultante dall’adeguamento con il valore di riferimento corrisponda all’aumento dei prezzi al consumo conformemente al paragrafo 3, arrotondato a tre decimali.

(3)   L’aumento dei prezzi al consumo va determinato in funzione dell’aumento medio su dodici mesi fino al mese di luglio dell’anno che precede l’anno di adeguamento, facendo ricorso all’indice dei prezzi al consumo per il 2000 o ad ogni altro indice che lo abbia sostituito. A tal fine, occorre calcolare la media aritmetica dei tassi di inflazione annui pubblicati dalla Statistik Austria per il periodo di calcolo».

12

L’articolo 108h dell’ASVG è così redatto:

«(1)   Con effetto al 1o gennaio di ciascun anno,

a)

tutte le pensioni erogate dalla previdenza sociale per le quali il giorno di riferimento (articolo 223, paragrafo 2) è anteriore al 1o gennaio di tale anno,

(...)

sono moltiplicate per il coefficiente di adeguamento. (...)

(2)   L’adeguamento di cui al paragrafo 1 è effettuato sulla base della pensione riconosciuta in forza delle disposizioni in vigore al 31 dicembre dell’anno precedente (...)».

13

L’articolo 711 dell’ASVG stabilisce quanto segue:

«(1)   In deroga all’articolo 108h, paragrafi 1, prima frase, e 2, per il 2018 l’aumento delle pensioni non è basato sull’indice di perequazione, bensì deve essere effettuato secondo le seguenti modalità. Il reddito complessivo da pensione (paragrafo 2) va adeguato

1. per importi mensili non superiori a EUR 1500, del 2,2%;

2. per importi mensili superiori a EUR 1500 fino a EUR 2000, di EUR 33;

3. per importi mensili superiori a EUR 2000 fino a EUR 3355, dell’1,6%;

4. per importi mensili superiori a EUR 3355 fino a EUR 4980, in base a un tasso percentuale che diminuisce linearmente tra i sopraccitati valori dall’1,6% fino allo 0%.

Per redditi complessivi da pensione mensili superiori a EUR 4980 non si applica alcun adeguamento.

(...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14

I ricorrenti nella causa principale, EB, JS e DP, sono tre persone di sesso maschile nate prima del 1955 che hanno lavorato in Austria come funzionari federali. Essi sono stati collocati a riposo, rispettivamente, nel corso degli anni 2000, 2013 e 2006. Nel 2017, l’importo mensile lordo della loro pensione di vecchiaia ammontava a EUR 6872,43 per il primo, a EUR 4676,48 per il secondo e a EUR 5713,22 per il terzo.

15

I ricorrenti nel procedimento principale hanno chiesto entrambi alla BVAEB una rivalutazione dell’importo della loro pensione di vecchiaia a partire dal 1o gennaio 2018. Tale organismo ha constatato che le pensioni di EB e di DP non erano ammissibili a una rivalutazione poiché superavano il massimale di EUR 4980 mensili di cui all’articolo 711, paragrafo 1, dell’ASVG. Quanto alla pensione di vecchiaia di JS, l’adeguamento veniva determinato applicando una maggiorazione dello 0,2989%.

16

I ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto ciascuno un ricorso dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Austria), facendo valere che l’articolo 41, paragrafo 4, del PG 1965, in combinato disposto con l’articolo 711, paragrafo 1, punto 4 e ultima frase dell’ASVG, che li priva interamente, per due di loro, o quasi interamente, per il terzo, tenuto conto dell’importo della loro pensione, di una rivalutazione di tale importo, istituiva nei loro confronti una discriminazione indiretta fondata sul sesso, contraria al diritto dell’Unione.

17

A sostegno dei loro ricorsi, i ricorrenti nel procedimento principale hanno sostenuto che la normativa nazionale in materia di adeguamento delle pensioni loro applicabile non aveva cessato di pregiudicare la loro situazione dal 1995 e che, nel corso degli anni dal 2001 al 2017, le pensioni di importo più elevato erano state adeguate solo in misura ridotta. Hanno inoltre sostenuto che tali norme costituivano una discriminazione indiretta in base al sesso, producendo a tal proposito un’analisi statistica secondo la quale il numero di beneficiari di pensioni di vecchiaia secondo il PG del 1965 con un importo mensile superiore a EUR 4980 era di 8417 uomini e 1040 donne, mentre il numero di beneficiari di una pensione di vecchiaia della funzione pubblica federale era di 79491 uomini e 22470 donne.

18

Il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) ha respinto i ricorsi dei ricorrenti nel procedimento principale, ritenendo che sussistessero cause di giustificazione che consentivano di respingere l’argomento relativo ad una discriminazione fondata sul sesso. Per quanto riguarda unicamente EB e DP, tale giudice ha altresì constatato che era pacifico che molti più uomini che donne erano interessati dall’articolo 41, paragrafo 4, del PG 1965, in combinato disposto con l’articolo 711, paragrafo 1, ultima frase, dell’ASVG.

19

I ricorrenti nel procedimento principale hanno adito il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), giudice del rinvio, con un ricorso in Revision avverso tali decisioni.

20

Secondo il giudice del rinvio, le pensioni di vecchiaia percepite dai ricorrenti nel procedimento principale ai sensi del PG 1965 ove siano nati precedentemente al 1955, ricadono nell’ambito di applicazione dell’articolo 157 TFUE, del protocollo n. 33 e dell’articolo 12 della direttiva 2006/54. Detto giudice si interroga pertanto, in primo luogo, su come potrebbe eventualmente incidere sui loro ricorsi la limitazione nel tempo del principio di parità di trattamento tra uomini e donne prevista da detto protocollo e da detto articolo della direttiva 2006/54, che riguarda il periodo precedente il 1o gennaio 1994 per la Repubblica d’Austria. Secondo detto giudice, se è pur vero che tale limitazione potrebbe essere considerata applicabile ad elementi della prestazione quali l’adeguamento delle pensioni contestato dai ricorrenti nel procedimento principale, ancorché parzialmente, in proporzione ai periodi di lavoro da essi compiuti prima del 1o gennaio 1994, la giurisprudenza della Corte derivante, in particolare, dalla sentenza del 6 ottobre 1993, Ten Oever (C‑109/91, EU:C:1993:833), depone a favore dell’interpretazione secondo la quale detta limitazione sarebbe inapplicabile a un tale adeguamento e non può impedire ai ricorrenti nel procedimento principale di avvalersi del principio della parità di trattamento tra uomini e donne.

21

A tal riguardo, il giudice del rinvio espone, in secondo luogo, che, alla luce della normativa nazionale di cui trattasi, ai funzionari federali in pensione che percepivano, in forza del PG 1965, una pensione mensile lorda superiore ad un determinato importo, è stata rifiutata interamente o quasi una sua rivalutazione per il 2018, contrariamente alle persone che percepiscono pensioni più modeste. Tale svantaggio potrebbe costituire una discriminazione fondata sul sesso se riguardasse un numero molto più elevato di uomini che di donne. Detto giudice precisa che, a partire dal 1997, l’adeguamento annuale di tali pensioni non segue più l’evoluzione delle retribuzioni dei funzionari in servizio ma, in linea di principio, in forza di un rinvio dell’articolo 41 del PG 1965 all’ASVG, il tasso di inflazione, con l’obiettivo di garantire la salvaguardia del potere d’acquisto dei beneficiari. Benché tale sistema sia stato concepito come destinato ad applicarsi in modo generale e a lungo termine, il legislatore austriaco avrebbe fatto regolarmente ricorso alla possibilità di adottare, alcuni anni, normative in deroga all’indicizzazione generale delle pensioni sull’inflazione.

22

Per quanto riguarda l’adeguamento delle pensioni per il 2018, detto giudice rileva che il governo austriaco ha motivato tale deroga con l’esistenza di una componente sociale. La BVAEB avrebbe altresì invocato tale finalità sociale a giustificazione di un’eventuale discriminazione indiretta, ritenendo, da un lato, che l’applicazione ogni anno di una percentuale uniforme avrebbe fatto rapidamente apparire un «fossato ingiustificabile» tra i livelli delle pensioni di vecchiaia e, dall’altro, che le pensioni più elevate potessero sopportare un adeguamento inferiore senza che il loro valore o il livello di vita dei loro beneficiari fosse compromesso, di modo che un siffatto adeguamento, nell’interesse del finanziamento dell’insieme del volume di adeguamento di cui dispone lo Stato, non sarebbe affatto intollerabile e sarebbe richiesto per ragioni di solidarietà.

23

Il giudice del rinvio si chiede, tuttavia, se dette ragioni siano tali da giustificare un’eventuale discriminazione indiretta e se i requisiti del principio di proporzionalità siano rispettati. In particolare, tale giudice nutre dubbi quanto al carattere necessario, adeguato e coerente della normativa nazionale relativa all’adeguamento delle pensioni di cui trattasi. Pertanto, la misura che quest’ultimo comporta si limiterebbe ai beneficiari di pensioni di vecchiaia e, inoltre, a talune categorie di tali beneficiari, mentre esisterebbero altri strumenti di politica sociale adeguati, quali le aliquote d’imposta progressive sul reddito, i trasferimenti e altre prestazioni di assistenza finanziate dall’imposta. Inoltre, in forza del diritto interno, i funzionari federali in pensione interessati dall’articolo 41 del PG 1965 si troverebbero in una situazione particolare, che li differenzierebbe dalle persone che percepiscono pensioni assoggettate alle norme previdenziali, come l’ASVG. Infatti, le pensioni di vecchiaia di tali funzionari dovrebbero essere considerate, secondo la giurisprudenza del Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale, Austria), come una retribuzione di diritto pubblico a titolo di compensazione di servizi resi durante il periodo di servizio attivo, nell’ambito di un rapporto di lavoro a vita. Anche se le pensioni versate in base ai regimi previdenziali si basano sul principio di un finanziamento mediante contributi e sono dovute da un organismo assicurativo, i contributi dei funzionari in servizio sarebbero versati al bilancio dello Stato e il principio alla base del PG 1965 non sarebbe identico a quello di tali regimi.

24

Il giudice del rinvio rileva inoltre che il legislatore nazionale non ha adottato la stessa misura di «compensazione sociale» a favore dei funzionari in servizio attivo, i quali avrebbero beneficiato, per l’anno 2018, di un aumento delle retribuzioni superiore all’inflazione senza regressività, al fine di beneficiare della crescita economica. Del pari, tale legislatore non avrebbe assoggettato le pensioni di vecchiaia erogate in forza di altri regimi professionali di previdenza sociale, ad esempio privati, allo stesso regime di adeguamento, ad eccezione della categoria limitata delle pensioni versate da imprese collegate allo Stato. Tale giudice si chiede altresì se, in sede di esame della proporzionalità e della coerenza dell’asserita misura discriminatoria, debba essere presa in considerazione la circostanza che tale misura non era isolata, in quanto i ricorrenti nel procedimento principale invocano gli effetti cumulati delle diverse misure di adeguamento dell’importo delle pensioni adottate dopo il loro collocamento a riposo.

25

Infine, il giudice del rinvio rileva che il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) ha indicato che il trattamento sfavorevole subito dai pensionati che percepiscono pensioni più elevate, in maggioranza di sesso maschile, doveva essere esaminato alla luce del fatto che le donne erano state storicamente svantaggiate, vale a dire sottorappresentate nei posti meglio retribuiti. Il giudice del rinvio si interroga altresì sulle conseguenze da trarre da una siffatta constatazione per quanto riguarda i procedimenti principali.

26

È in tale contesto che il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la limitazione dell’ambito di applicazione temporale del principio della parità di trattamento tra uomini e donne, risultante dalla sentenza C‑262/88, Barber, nonché dal protocollo n. 33 sull’articolo 157 TFUE e dall’articolo 12 della direttiva [2006/54], debba essere interpretata nel senso che un pensionato (austriaco) non può legittimamente invocare il principio della parità di trattamento o può invocarlo solo (proporzionalmente) per la parte del diritto riconducibile a periodi lavorativi successivi al 1o gennaio 1994 per far valere di essere stato discriminato da norme in materia di adeguamento delle pensioni dei dipendenti pubblici per l’annualità 2018 quali quelle applicate nei procedimenti principali.

2)

Se il principio della parità di trattamento tra uomini e donne (ai sensi dell’articolo 157 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 5 della direttiva 2006/54) debba essere interpretato nel senso che una disparità di trattamento indiretta, quale quella eventualmente risultante dalle norme sull’adeguamento delle pensioni del 2018, applicabili nei procedimenti principali, risulta giustificata, anche tenendo conto di misure analoghe adottate in precedenza e della perdita considerevole causata dal loro effetto cumulativo, rispetto ad un adeguamento inflazionistico del valore reale delle pensioni (del 25% nel caso di specie), in particolare

al fine di evitare che si crei un “divario” (che si produrrebbe in caso di un adeguamento regolare ad un tasso unico) tra le pensioni di vecchiaia più alte e quelle più basse, ancorché puramente nominale e ininfluente sul rapporto tra i valori;

al fine di realizzare una generale “componente sociale”, nel senso di rafforzare il potere d’acquisto dei beneficiari di pensioni più basse, nonostante a) tale obiettivo possa anche essere raggiunto senza limitare l’adeguamento delle pensioni più elevate, e b) il legislatore non preveda parimenti una tale misura anche per rafforzare il potere d’acquisto delle retribuzioni più basse dei dipendenti pubblici tramite un adeguamento all’inflazione (a scapito dell’adeguamento delle retribuzioni più elevate), né abbia adottato alcuna normativa relativa a un intervento analogo di adeguamento delle pensioni erogate da altri regimi professionali di sicurezza sociale (senza partecipazione dello Stato) al fine di rafforzare il potere d’acquisto delle pensioni più basse (a scapito dell’adeguamento delle pensioni più elevate);

al fine di mantenere e finanziare “il sistema”, quand’anche le pensioni di vecchiaia dei dipendenti pubblici siano dovute non da un sistema di tipo assicurativo e contributivo proprio di un ente assicurativo, bensì dallo Stato federale, in quanto datore di lavoro dei dipendenti pubblici in quiescenza, come retribuzione per il lavoro svolto, di modo che determinanti non sarebbero la conservazione o il finanziamento di un sistema, ma, in definitiva, considerazioni di bilancio;

poiché sussiste un motivo di giustificazione autonomo oppure (preliminarmente a ciò) è esclusa a priori l’esistenza di una discriminazione indiretta fondata sul sesso, ai sensi della direttiva 2006/54, a danno degli uomini, se il numero statisticamente molto più elevato di uomini nel gruppo dei beneficiari di pensioni più alte deve essere considerato come la conseguenza di una tipica assenza di pari opportunità per le donne in materia di occupazione e impiego, in particolare in passato; o

poiché la normativa è consentita in quanto azione positiva ai sensi dell’articolo 157, paragrafo 4, TFUE».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

27

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il protocollo n. 33 e l’articolo 12 della direttiva 2006/54 debbano essere interpretati nel senso che la limitazione nel tempo degli effetti del principio di parità di trattamento tra uomini e donne prevista da tali disposizioni si applichi ad una normativa nazionale che prevede un adeguamento annuale delle pensioni erogate in forza di un regime professionale di previdenza sociale, applicabile successivamente alla data prevista da dette disposizioni.

28

Anzitutto, occorre ricordare che l’articolo 157 TFUE sancisce il principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

29

Quanto alla direttiva 2006/54, come risulta dal suo articolo 1, essa contiene disposizioni volte ad attuare il principio di parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda, in particolare, i regimi professionali di previdenza sociale.

30

Come risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale e come già constatato dalla Corte, una pensione di vecchiaia, come quella dei funzionari federali austriaci versata in forza del PG 1965, ricade, da un lato, nella nozione di «retribuzione», ai sensi dell’articolo 157 TFUE, in quanto il suo importo dipende dai periodi di servizio e dai periodi assimilabili nonché dallo stipendio che percepiva il funzionario e ove tale pensione costituisce un futuro pagamento in contanti, versato dal datore di lavoro ai suoi dipendenti, in conseguenza diretta del rapporto di lavoro. Tale pensione è considerata infatti, secondo il diritto naturale, come una retribuzione che continua ad essere corrisposta nel contesto di un rapporto di servizio che prosegue successivamente all’ammissione del funzionario al beneficio delle prestazioni pensionistiche (v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2015, Felber, C 529/13, EU:C:2015:20, punto 23).

31

Dall’altro lato, una siffatta pensione è versata a titolo di un «regime professionale di sicurezza sociale», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/54, che fornisce ai lavoratori di un determinato settore professionale prestazioni destinate a sostituirsi alle prestazioni di un regime legale di previdenza sociale. Infatti, in Austria, i funzionari federali sono esclusi dal regime di assicurazione pensionistica istituito dall’ASVG in ragione del loro impiego nella funzione pubblica dello Stato federale, considerato che il loro rapporto di lavoro conferisce loro un diritto a prestazioni relative al collocamento a riposo equivalenti a quelle previste dal regime di assicurazione di collocamento a riposo (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2016, Lesar, C 159/15, EU:C:2016:451, punto 28).

32

In primo luogo, occorre ricordare che, conformemente alla formulazione del protocollo n. 33, ai fini dell’applicazione dell’articolo 157 TFUE, prestazioni in forza di un regime professionale di sicurezza sociale non saranno considerate come retribuzione «se e nella misura in cui» possano essere attribuite ai periodi di occupazione «precedenti» al 17 maggio 1990. Lo stesso vale per il tenore letterale dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/54, il quale dispone che «tutte» le prestazioni in virtù di tali regimi derivanti dai periodi di occupazione «successivi» a tale data ricadono nelle misure di trasposizione delle disposizioni del titolo II, capitolo 2, di tale direttiva, relative alla parità di trattamento in detti regimi.

33

Poiché la limitazione nel tempo degli effetti del principio della parità di trattamento tra uomini e donne prevista da tali disposizioni costituisce una deroga alla regola generale prevista dal Trattato FUE, occorre interpretarla restrittivamente.

34

In secondo luogo, occorre rilevare che il testo del protocollo n. 33 è identico a quello del protocollo (n. 17) sull’articolo 141 CE, allegato al Trattato CE, i quali presentano un nesso evidente con la sentenza del 17 maggio 1990, Barber (C‑262/88, EU:C:1990:209), poiché si riferiscono in particolare alla data di pronuncia di tale sentenza.

35

Orbene, come la Corte ha dichiarato nella sentenza del 6 ottobre 1993, Ten Oever (C‑109/91, EU:C:1993:833), in virtù della sentenza del 17 maggio 1990, Barber (C‑262/88, EU:C:1990:209), l’effetto diretto dell’articolo 119 del Trattato CEE (divenuto, dopo la modifica, articolo 141 CE, ora articolo 157 TFUE) può essere invocato, per esigere la parità di trattamento in materia di pensioni professionali, solo per le prestazioni dovute per i periodi di occupazione successivi al 17 maggio 1990, dalla data di pronuncia di tale sentenza, fatta salva l’eccezione prevista per i lavoratori o i loro aventi diritto che, prima di tale data, abbiano proposto un’azione o proposto un reclamo equivalente secondo il diritto nazionale applicabile (sentenza del 23 ottobre 2003, Schönheit e Becker, C‑4/02 e C‑5/02, EU:C:2003:583, punto 100 nonché giurisprudenza ivi citata).

36

Infatti, considerazioni tassative di certezza del diritto ostano alla rimessa in discussione di rapporti giuridici che hanno esaurito i loro effetti nel passato ove, in tal caso, l’equilibrio finanziario di numerosi regimi pensionistici di deroga convenzionale rischierebbe di essere retroattivamente sconvolto (v., in tal senso, sentenza del 23 ottobre 2003, Schönheit e Becker, C‑4/02 e C‑5/02, EU:C:2003:583, punto 99).

37

Tale limitazione è ripresa dal protocollo n. 33 e figura altresì all’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/54.

38

Per quanto riguarda la Repubblica d’Austria, la data di riferimento di cui alla sentenza del 17 maggio 1990, Barber (C‑262/88, EU:C:1990:209), è stata sostituita, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 3, di tale direttiva, dalla data del 1o gennaio 1994.

39

In terzo luogo, occorre ricordare che il principio della parità delle retribuzioni tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile di cui all’articolo 157 TFUE fa parte dei fondamenti dell’Unione. Inoltre, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, TUE, l’Unione promuove, in particolare, la parità tra uomini e donne e, in forza dell’articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione (v., in tal senso, sentenza del 3 giugno 2021, Tesco Stores,C 624/19, EU:C:2021:429, punti 3334 giurisprudenza ivi citata).

40

Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che l’adeguamento annuale delle pensioni di vecchiaia previsto dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale per il 2018 è calcolato sulla base dell’importo della pensione di vecchiaia che il beneficiario percepiva l’anno precedente, sul quale era già costituito un diritto, ove tale adeguamento opera in modo decrescente per divenire inesistente al di là di un determinato importo. Inoltre, detto adeguamento non dipende dalla data dei periodi di occupazione o di iscrizione del beneficiario interessato.

41

Dinanzi al giudice del rinvio, i ricorrenti nel procedimento principale lamentano una violazione del principio di parità di trattamento tra uomini e donne unicamente per quanto riguarda tale normativa nazionale, la quale non ha effetto retroattivo. Peraltro, questi ultimi sono stati collocati a riposo dopo il 1o gennaio 1994 e fruiscono di una pensione di cui non contestano né la data di apertura né l’importo inizialmente fissato. Essi non rimettono nemmeno in discussione l’importo della loro pensione in collegamento con i versamenti effettuati in passato, né con i periodi di occupazione anteriori al 1o gennaio 1994.

42

Orbene, alla luce delle considerazioni sostanzialmente ricordate ai punti da 32 a 39 della presente sentenza, non occorre interpretare il protocollo n. 33 e l’articolo 12 della direttiva 2006/54 nel senso che la limitazione nel tempo degli effetti del principio di parità di trattamento tra uomini e donne prevista da tali disposizioni dovrebbe applicarsi ad un adeguamento annuale delle pensioni di vecchiaia, in quanto un meccanismo siffatto non ha come conseguenza di rimettere in discussione diritti acquisiti o versamenti intervenuti prima della data di riferimento prevista da dette disposizioni. Ne consegue che, nel caso di specie, tale limitazione non può essere opposta ai ricorrenti nel procedimento principale per quanto riguarda un adeguamento annuale delle pensioni di vecchiaia come quello previsto dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale per il solo anno 2018.

43

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che il protocollo n. 33 e l’articolo 12 della direttiva 2006/54 devono essere interpretati nel senso che la limitazione nel tempo degli effetti del principio di parità di trattamento tra uomini e donne prevista da tali disposizioni non si applica ad una normativa nazionale che preveda un adeguamento annuale delle pensioni di vecchiaia erogate in forza di un regime professionale di previdenza sociale, applicabile successivamente alla data prevista da dette disposizioni.

Sulla seconda questione

44

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 157 TFUE e l’articolo 5 della direttiva 2006/54 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che prevede un adeguamento annuale decrescente dell’importo delle pensioni di vecchiaia dei funzionari nazionali in funzione dell’entità di tale importo, con una totale assenza di adeguamento al di là di un determinato importo di pensione.

45

L’articolo 5, lettera c), di tale direttiva vieta qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso nei regimi professionali di sicurezza sociale per quanto riguarda il calcolo delle prestazioni.

46

Occorre anzitutto constatare che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale non comporta una discriminazione diretta, in quanto si applica indistintamente ai lavoratori di sesso maschile e femminile.

47

Per quanto riguarda la questione se una normativa del genere comporti una discriminazione indiretta, quale definita, ai fini di detta direttiva, dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), di quest’ultima, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, in forza dell’articolo 41, paragrafo 4, del PG 1965, in combinato disposto con l’articolo 711, paragrafo 1, dell’ASVG, i funzionari federali austriaci che percepiscono una pensione di vecchiaia mensile superiore a un determinato importo sono svantaggiati rispetto a quelli la cui pensione di vecchiaia è meno elevata, dato che i primi non hanno beneficiato di un aumento dell’importo della loro pensione, o ne hanno beneficiato in misura inferiore. Una siffatta normativa stabilisce così una disparità di trattamento tra i funzionari federali austriaci secondo un criterio apparentemente neutro, vale a dire l’importo della loro pensione.

48

Per quanto riguarda la questione se tale disparità di trattamento sfavorisca particolarmente le persone di un sesso rispetto a persone dell’altro sesso, il giudice del rinvio indica che, sulla base degli elementi prodotti dai ricorrenti nel procedimento principale e degli accertamenti effettuati dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale), non è escluso che siano soddisfatte, da un punto di vista statistico, le condizioni che determinano una discriminazione indiretta fondata sul sesso. In particolare, per quanto riguarda due dei ricorrenti nel procedimento principale, sarebbe pacifico che molti più uomini che donne sono interessati dall’articolo 41, paragrafo 4, del PG 1965, in combinato disposto con l’articolo 711, paragrafo 1, ultima frase, dell’ASVG, in quanto più uomini sono rappresentati nella categoria delle persone che percepiscono pensioni superiori alla base massima fissata da tale normativa.

49

A tal proposito, la Corte ha dichiarato che l’esistenza di un siffatto particolare svantaggio potrebbe essere dimostrata, segnatamente, se fosse provato che una normativa nazionale colpisce negativamente in proporzione significativamente maggiore le persone di un determinato sesso rispetto a quelle dell’altro sesso [v., in tal senso, sentenza del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente), C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 49 e giurisprudenza ivi citata].

50

La valutazione dei fatti che consentono di presumere l’esistenza di una discriminazione indiretta è una questione di competenza del giudice nazionale, secondo il diritto o la prassi nazionale, che possono prevedere, in particolare, che la discriminazione indiretta sia accertata con qualsiasi mezzo, compresa l’evidenza statistica. A tal proposito, spetta a detto giudice valutare in qual misura i dati statistici prodotti dinanzi ad esso siano affidabili e se possano essere presi in considerazione, vale a dire se, in particolare, non riflettano fenomeni puramente fortuiti o congiunturali e se siano sufficientemente significativi [sentenza del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente), C‑223/19, EU:C:2020:753, punti 5051 e giurisprudenza ivi citata].

51

Se le statistiche che il giudice del rinvio può prendere in considerazione dovessero effettivamente far risultare che la percentuale dei lavoratori di un sesso è pregiudicata dalla normativa nazionale di cui trattasi in modo considerevolmente più elevato rispetto a quella dei lavoratori dell’altro sesso parimenti rientranti nell’ambito di applicazione di tale normativa, si dovrebbe ritenere che una situazione del genere riveli una discriminazione indiretta fondata sul sesso, contraria all’articolo 5, lettera c), della direttiva 2006/54, a meno che detta normativa non sia giustificata da fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso [v., in tal senso, sentenze del 6 dicembre 2007, Voß, C‑300/06, EU:C:2007:757, punto 42 e giurisprudenza citata, nonché del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente), C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 54].

52

In tal caso, spetterebbe quindi a tale giudice esaminare in qual misura una siffatta disparità di trattamento possa nondimeno essere giustificata da fattori estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, come risulta dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54.

53

Sotto tale profilo, occorre ricordare che tale ipotesi ricorre, in particolare, secondo la giurisprudenza della Corte, se gli strumenti scelti rispondono a uno scopo legittimo di politica sociale, sono idonei a conseguire l’obiettivo perseguito dalla disciplina in esame e sono necessari a tal fine, fermo restando che essi possono essere considerati idonei a garantire l’obiettivo indicato solo se soddisfano realmente l’intento di raggiungerlo e se sono attuati in maniera coerente e sistematica [v., in tal senso, sentenze del 17 luglio 2014, Leone, C‑173/13, EU:C:54:2090, punti 5354 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente), C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 56].

54

Inoltre, la Corte ha statuito che, nello scegliere i provvedimenti atti a realizzare gli obiettivi della loro politica sociale e occupazionale, gli Stati membri dispongono di un’ampia discrezionalità [sentenza del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente), C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 57 e giurisprudenza ivi citata].

55

Dalla giurisprudenza della Corte risulta altresì che, se è vero che spetta in ultima analisi al giudice nazionale, che è il solo competente a valutare i fatti e ad interpretare la normativa nazionale, stabilire se e in quale misura la disposizione legislativa di cui trattasi nella causa sottopostagli sia giustificata da un siffatto fattore oggettivo, la Corte, chiamata a fornire a quest’ultimo risposte utili, è competente a fornirgli indicazioni tali da consentirgli di statuire [v., in tal senso, sentenza del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente), C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 58].

56

Nel caso di specie, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale mira a preservare il potere d’acquisto dei beneficiari di pensioni di vecchiaia favorendo, mediante una «compensazione sociale», le pensioni di vecchiaia modeste rispetto a quelle più elevate, evitando che si crei un divario troppo rilevante tra tali pensioni e assicurando il loro finanziamento duraturo.

57

Secondo la giurisprudenza della Corte, se è vero che considerazioni di bilancio non possono giustificare una discriminazione a sfavore di uno dei sessi, gli obiettivi consistenti nell’assicurare il finanziamento sostenibile delle pensioni di vecchiaia e nel ridurre il divario tra i livelli di pensioni finanziate dallo Stato possono, per contro, essere considerati obiettivi legittimi di politica sociale estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso [v., in tal senso, sentenze del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente), C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 61, e del 21 gennaio 2021, INSS, C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 38].

58

Ne consegue che tale normativa nazionale oggetto del procedimento principale persegue obiettivi legittimi di politica sociale estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso.

59

Quanto alla questione se detta normativa nazionale soddisfi i requisiti di proporzionalità ricordati al punto 53 della presente sentenza, e in particolare per quanto riguarda il suo carattere appropriato, dalle informazioni di cui dispone la Corte risulta che essa consente di aumentare unicamente le pensioni di vecchiaia il cui importo è mediamente o poco elevato, assicurandosi al contempo, in particolare, che quelle il cui importo è meno elevato siano aumentate in misura superiore all’inflazione, contribuendo in tal modo al finanziamento duraturo di dette pensioni e riducendo le differenze tra queste ultime.

60

Certamente, come rilevato dal giudice del rinvio, un’indicizzazione delle pensioni di vecchiaia al tasso di inflazione non modifica di per sé le differenze di livello tra le diverse pensioni e il divario tra queste ultime resterebbe invariato dal punto di vista matematico. Tuttavia, l’aumento dei prezzi grava maggiormente sul livello di vita delle persone che percepiscono pensioni di vecchiaia di importo poco elevato. Inoltre, la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale, che colpisce le sole prestazioni il cui importo supera una certa soglia, ha l’effetto di ravvicinare queste ultime al livello delle pensioni più basso.

61

Per quanto riguarda la questione se tale normativa sia attuata in modo coerente e sistematico, occorre rilevare, come risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale e dalle osservazioni scritte del governo austriaco, che essa si applica a tutte le pensioni di vecchiaia dei funzionari, ma anche ai beneficiari di pensioni di vecchiaia erogate in base sia ai regimi professionali di previdenza sociale di imprese soggette al controllo dello Stato, sia al regime pensionistico legale previsto dall’ASVG. L’adeguamento annuale delle pensioni di cui trattasi nel procedimento principale si applicherebbe quindi a tutti i beneficiari di pensioni statali, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare.

62

Alla luce dell’ampio margine discrezionale di cui dispongono gli Stati membri nella scelta delle misure atte a realizzare gli obiettivi della loro politica sociale e dell’occupazione, ricordato al punto 54 della presente sentenza, la coerenza dell’attuazione della misura di adeguamento non può essere rimessa in discussione per il solo fatto che altri strumenti di politica sociale specifici siano già in vigore, diretti a conseguire l’obiettivo di sostegno dei redditi modesti.

63

Lo stesso vale per il fatto che né le pensioni dei regimi professionali di previdenza sociale privati né le retribuzioni dei funzionari in servizio sono state oggetto della stessa misura di adeguamento.

64

Infatti, da un lato, per quanto riguarda tali regimi privati, fatta salva la verifica del giudice del rinvio, essi non dipendono dallo Stato. Dall’altro lato, per quanto riguarda i funzionari in servizio, anche se, in forza del diritto interno, la loro nomina crea un rapporto di lavoro a vita e la loro pensione di vecchiaia corrisponde ad una retribuzione dovuta dallo Stato in compensazione di servizi resi nel corso del periodo di servizio attivo, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale e dalle osservazioni scritte del governo austriaco risulta altresì che il regime pensionistico dei funzionari è stato oggetto di diverse modifiche a partire da una ventina di anni, al fine di un allineamento rispetto al regime dell’ASVG. In particolare, l’adeguamento delle loro pensioni non seguirebbe più l’andamento dello stipendio dei funzionari in servizio ma, in linea di principio, quello del tasso di inflazione, come si verifica per le pensioni erogate in base a quest’ultimo regime. Peraltro, alla luce degli obiettivi perseguiti dalla normativa nazionale di cui al procedimento principale, i funzionari collocati a riposo e in servizio non sembrano trovarsi in una situazione comparabile, poiché l’obiettivo, in particolare, di ridurre il divario tra le pensioni di vecchiaia, al fine di evitare che nel corso del tempo si crei un divario tra i livelli di tali pensioni, richiede una distinzione tra la loro gestione e quella degli stipendi.

65

Neppure il fatto che le pensioni di vecchiaia dei funzionari siano corrisposte non da un organismo di assicurazione presso il quale hanno versato i loro contributi, ma direttamente dallo Stato, sembra determinante alla luce dell’obiettivo del finanziamento duraturo delle pensioni di vecchiaia e della riduzione del divario tra queste ultime perseguito dal legislatore austriaco adottando la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale. Inoltre, un adeguamento delle pensioni non costituisce una prestazione che rappresenta il corrispettivo dei contributi versati (v., in tal senso, sentenza del 20 ottobre 2011, Brachner, C‑123/10, EU:C:2011:675, punto 79).

66

Pertanto, tale normativa risulta essere attuata in modo sistematico e coerente, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare al riguardo.

67

Detta normativa non sembra nemmeno eccedere quanto necessario per conseguire gli obiettivi perseguiti. È vero che i ricorrenti nel procedimento principale invocano una significativa perdita di valore dell’importo delle loro pensioni di vecchiaia rispetto all’ipotesi in cui essi avessero beneficiato ogni anno, a partire dal loro collocamento a riposo, in forza del diritto nazionale, di un adeguamento pari all’inflazione. Tuttavia, occorre rilevare che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale tiene conto delle capacità contributive delle persone interessate. Infatti, le limitazioni all’aumento delle pensioni previste dall’articolo 711 dell’ASVG, al quale rinvia l’articolo 41, paragrafo 4, del PG 1965, sono scaglionate in funzione degli importi delle prestazioni concesse e un siffatto aumento è escluso solo rispetto alle pensioni più elevate.

68

In tale contesto, non è necessario esaminare se tali limiti sono giustificabili alla luce dell’articolo 157, paragrafo 4, TFUE o dell’articolo 3 della direttiva 2006/54. In ogni caso, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, tali disposizioni non possono essere applicate a una normativa nazionale che si limita a concedere alle donne un surplus di pensione, senza porre rimedio ai problemi che esse possono incontrare nel corso della loro carriera lavorativa, considerando che tale integrazione non appare idonea a compensare gli svantaggi ai quali sarebbero esposte le donne, aiutandole in tale carriera, e ad assicurare così l’effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa [v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione delle pensioni per le madri), C‑450/18, EU:C:2019:1075, punto 65 e giurisprudenza citata].

69

Alla luce di tutti questi elementi, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 157 TFUE e l’articolo 5, lettera c), della direttiva 2006/54 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che preveda un adeguamento annuale decrescente dell’importo delle pensioni di vecchiaia dei funzionari nazionali in funzione dell’entità di tale importo, con un’assenza totale di adeguamento al di là di un determinato importo della pensione, nell’ipotesi in cui tale normativa incida negativamente su una proporzione significativamente più elevata di beneficiari di sesso maschile che non di beneficiari di sesso femminile, purché detta normativa persegua, in modo coerente e sistematico, gli obiettivi di assicurare un finanziamento duraturo delle pensioni di vecchiaia e di ridurre il divario tra i livelli di pensioni finanziate dallo Stato, senza andare oltre quanto necessario per conseguire tali obiettivi.

Sulle spese

70

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

1)

Il protocollo (n. 33) sull’articolo 157 TFUE, allegato al Trattato FUE, e l’articolo 12 della direttiva n. 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, devono essere interpretati nel senso che la limitazione nel tempo degli effetti del principio di parità di trattamento tra uomini e donne prevista da tali disposizioni non si applica ad una normativa nazionale che preveda un adeguamento annuale delle pensioni di vecchiaia erogate in forza di un regime professionale di previdenza sociale, applicabile successivamente alla data prevista da dette disposizioni.

 

2)

L’articolo 157 TFUE e l’articolo 5, lettera c), della direttiva 2006/54 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che preveda un adeguamento annuale decrescente dell’importo delle pensioni di vecchiaia dei funzionari nazionali in funzione dell’entità di tale importo, con un’assenza totale di adeguamento al di là di un determinato importo della pensione, nell’ipotesi in cui tale normativa incida negativamente su una proporzione significativamente più elevata di beneficiari di sesso maschile che non di beneficiari di sesso femminile, purché detta normativa persegua, in modo coerente e sistematico, gli obiettivi di assicurare un finanziamento duraturo delle pensioni di vecchiaia e di ridurre il divario tra i livelli di pensioni finanziate dallo Stato, senza andare oltre quanto necessario per conseguire tali obiettivi.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.