CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate l’8 luglio 2021 ( 1 )

Causa C‑289/20

IB

contro

FA

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia)]

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Competenza giurisdizionale internazionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale – Regolamento (CE) n.o2201/2003 – Nozione di residenza abituale»

1.

Alla fine del XX secolo, l’Unione europea ha affrontato, nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, promossa, in primo luogo, dal Trattato di Maastricht ( 2 ) e, successivamente, dal Trattato di Amsterdam ( 3 ), le problematiche di diritto di famiglia connesse al fenomeno dell’integrazione.

2.

Per quanto riguarda la competenza giurisdizionale in materia matrimoniale, ad una prima convenzione che non è entrata in vigore ( 4 ) è seguito il regolamento (CE) n. 1347/2000 ( 5 ), abrogato dal regolamento (CE) n. 2201/2003 ( 6 ), che è lo strumento normativo in vigore ( 7 ).

3.

La Corte di giustizia ha interpretato l’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003 in seguito a vari rinvii pregiudiziali ( 8 ). Nessun rinvio ha avuto ad oggetto, se non erro, le conseguenze che la sua interpretazione potrebbe comportare nell’ammettere una doppia, o multipla, «residenza abituale» di uno dei coniugi (o di entrambi).

4.

Il presente rinvio pregiudiziale consentirà quindi alla Corte di giustizia di affrontare una tematica che, sollevata in altri settori ( 9 ), non è ancora stata risolta in quello che ci occupa. Per fornire una risposta occorrerà, in via preliminare, definire la nozione di «residenza abituale» quando serve a determinare la competenza giurisdizionale internazionale nell’ambito dei procedimenti di divorzio, di separazione personale dei coniugi e di annullamento del matrimonio.

I. Contesto normativo. Il regolamento n. 2201/2003

5.

Il primo considerando così recita:

«La Comunità europea si prefigge l’obiettivo di istituire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone. A tal fine, la Comunità adotta, tra l’altro, le misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile necessarie al corretto funzionamento del mercato interno».

6.

L’ottavo considerando indica:

«Relativamente alle decisioni di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio, il presente regolamento dovrebbe applicarsi solo allo scioglimento del vincolo matrimoniale e non dovrebbe riguardare questioni quali le cause di divorzio, gli effetti del matrimonio sui rapporti patrimoniali o altri provvedimenti accessori ed eventuali».

7.

L’articolo 3 prevede quanto segue:

«1.   Sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio le autorità giurisdizionali dello Stato membro:

a)

nel cui territorio si trova:

la residenza abituale dei coniugi, o

l’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, o

la residenza abituale del convenuto, o

in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o

la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, o

la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha ivi il proprio “domicile”;

b)

di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, del “domicile” di entrambi i coniugi.

(...)».

II. Fatti, procedimento e questione pregiudiziale

8.

La sig.ra FA, cittadina irlandese, e il signor IB, cittadino francese, si sono sposati in Irlanda nel 1994. Essi hanno tre figli, ormai maggiorenni.

9.

Il 28 dicembre 2018 il sig. IB depositava una domanda di divorzio presso il tribunal de grande instance de Paris (Tribunale di primo grado di Parigi, Francia).

10.

Con ordinanza dell’11 luglio 2019, il juge aux affaires familiales du tribunal de grande instance de Paris (giudice per le questioni familiari del Tribunale di primo grado di Parigi, Francia) dichiarava l’incompetenza dei giudici francesi a pronunciarsi sul divorzio. Alla base di tale decisione vi sono i seguenti fatti:

Il domicilio familiare era situato in Irlanda, dove la famiglia si era stabilita nel 1999 e aveva acquistato un immobile che costituiva il domicilio coniugale; anche i figli vivevano in Irlanda e ivi proseguivano i propri studi.

Non era intervenuta alcuna separazione tra i coniugi e nessun elemento consentiva di affermare che i coniugi avessero inteso, di comune accordo, trasferire il proprio domicilio coniugale in Francia.

Numerosi elementi per contro, confermavano il collegamento personale e familiare del sig. IB all’Irlanda, dove egli si recava ogni fine settimana per raggiungere la moglie e i figli e praticare con regolarità attività sportive e ricreative.

Nei sei mesi precedenti la presentazione del ricorso (pertanto, successivamente al 27 giugno 2018) non vi era stato alcun cambiamento nello stile di vita del sig. IB tale da consentire di dedurre che egli avesse abbandonato la sua residenza in Irlanda. Al contrario, egli continuava a condurre la medesima vita familiare in tale paese fino alle vacanze di Natale 2018, che trascorreva con la moglie e i figli nel domicilio familiare.

Il collegamento del sig. IB con l’Irlanda non esclude un suo collegamento con la Francia dove, a partire dal 2017, torna tutte le settimane per lavoro. Egli ha di fatto due residenze, l’una, infrasettimanale, a Parigi per ragioni professionali e l’altra, per il resto del tempo, presso la moglie e i figli in Irlanda.

11.

Il sig. IB ha impugnato l’ordinanza del giudice di primo grado dinanzi alla cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia) chiedendone l’annullamento e di dichiarare che i giudici francesi sono territorialmente competenti a pronunciarsi sul divorzio. In particolare, egli ha negato di non aver avuto l’intenzione di fissare in Francia «il centro permanente o abituale dei suoi interessi, con la volontà di conferirgli carattere stabile».

12.

La sig.ra FA ha chiesto alla giudice d’appello di confermare l’ordinanza impugnata.

13.

Secondo la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi), almeno sei mesi prima di presentare la propria domanda di divorzio, il sig. IB aveva fissato in Francia una residenza stabile e permanente, senza tuttavia perdere la propria residenza in Irlanda, dove manteneva legami familiari e dove trascorreva dei periodi per esigenze personali con la medesima regolarità di prima.

14.

Ritiene pertanto che il sig. IB abbia in Francia una residenza che presenta le caratteristiche di stabilità e di permanenza idonee a conferirle il carattere di residenza abituale e, al tempo stesso, una residenza con identiche caratteristiche in Irlanda.

15.

Da ciò ne desume che sia il giudice francese sia il giudice irlandese potrebbero ugualmente essere competenti a pronunciarsi sul divorzio, a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), quinto e sesto trattino, del regolamento (CE) n. 2201/2003.

16.

In tale contesto, ritiene indispensabile l’interpretazione della nozione di «residenza abituale», e pertanto sottopone alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

«Se, qualora dalle circostanze di fatto emerga, come nel caso di specie, che uno dei coniugi divide la propria vita tra due Stati membri, si possa ritenere, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento 2201/2003 e ai fini della sua applicazione, che egli abbia la propria residenza abituale in due Stati membri, cosicché, ove le condizioni elencate da detto articolo siano soddisfatte in due Stati membri, i giudici di tali due Stati sono ugualmente competenti a pronunciarsi sul divorzio».

III. Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

17.

La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata depositata dinanzi alla Corte di giustizia il 30 giugno 2020.

18.

Osservazioni scritte sono state presentate dalla sig.ra FA, dai governi della Germania, della Francia, dell’Irlanda e del Portogallo così come dalla Commissione europea.

19.

Il 17 febbraio 2021 il sig. IB ha presentato una richiesta motivata di udienza. Ha tuttavia prestato il consenso a che, in considerazione della crisi sanitaria, l’udienza fosse sostituita con osservazioni scritte, come è stato disposto. In sostituzione dell’udienza, oltre al signor IB, hanno depositato tali osservazioni i governi della Francia e della Germania, nonché la Commissione.

IV. Valutazione

A. Osservazioni preliminari

20.

La questione pregiudiziale ha come premessa che una persona «divide la propria vita tra due Stati membri» ( 10 ). Il giudice del rinvio desidera conoscere l’incidenza di tale fattore nel determinare la giurisdizione competente a pronunciarsi su una domanda di divorzio.

21.

Per fornire una risposta occorre prendere posizione su cosa si debba intendere per «residenza abituale» di un adulto, ai fini dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2201/2003. Se si dovesse confermare che il sig. IB può avere la propria residenza abituale, ai sensi di tale disposizione, in due Stati membri, bisognerebbe esaminare se i giudici di entrambi gli Stati siano ugualmente competenti a pronunciarsi sul divorzio.

22.

Al fine di comprendere meglio la norma applicabile, accennerò anzitutto ai suoi antecedenti.

23.

Il regolamento n. 2201/2003 disciplina la competenza giurisdizionale internazionale in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni e la cooperazione fra autorità per tutti gli Stati dell’Unione europea, ad eccezione della Danimarca.

24.

Non si tratta del primo strumento in materia. Come ho già anticipato, nel 1998 è stata stipulata una convenzione sugli stessi temi (sebbene più limitata per quanto riguarda la responsabilità genitoriale). La convenzione è stata accompagnata da una relazione esplicativa che illustra le motivazioni alla base delle sue norme ( 11 ).

25.

La convenzione del 1998 non è entrata in vigore. Quando, poco più tardi, la Comunità ha acquisito la competenza nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, il suo testo è stato incorporato nel regolamento n. 1347/2000, il cui sesto considerando fa riferimento alla continuità tra gli strumenti.

26.

Tre anni più tardi, il regolamento n. 2201/2003 ha sostituito il regolamento n. 1347/2000, estendendo il suo ambito di applicazione a procedimenti e decisioni concernenti la responsabilità genitoriale non connessi a procedimenti matrimoniali. Per contro, esso ha mantenuto invariate le norme relative alla competenza giurisdizionale internazionale nell’ambito delle controversie inerenti al divorzio, alla separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio.

27.

Il periodo di vigenza del regolamento n. 2201/2003 si concluderà il 1o agosto 2022, giacché il 25 giugno 2019 è stato adottato il regolamento (UE) 2019/1111 ( 12 ), concepito per far fronte a carenze nell’applicazione del regolamento succitato quanto ai procedimenti che coinvolgono un minore. Rimangono invariati i criteri per stabilire la competenza giurisdizionale internazionale nelle situazioni di crisi coniugale.

28.

Il fatto che negli strumenti successivi le norme sulla competenza in materia di divorzio, separazione personale dei coniugi e annullamento del matrimonio siano identiche, unitamente all’assenza di chiarimenti nel regolamento n. 2201/2003 sulle stesse norme, rende gli strumenti precedenti (per derivazione, in particolare, la relazione Borrás) un elemento chiave, sebbene non l’unico, per comprendere la nozione di «residenza abituale» utilizzata dall’articolo 3 di tale regolamento. ( 13 )

B. La «residenza abituale» ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003

29.

L’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003 fa parte di uno strumento che serve a garantire, nel proprio ambito, la libera circolazione delle persone nello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia ( 14 ).

30.

Una corretta comprensione della libertà di movimento impone agli Stati membri di astenersi sia dall’imporre restrizioni dirette al suo esercizio sia dal creare ostacoli che, indirettamente, abbiano effetti dissuasivi analoghi.

31.

Le divergenze tra gli Stati membri in materia di diritto di famiglia o le difficoltà incontrate da una persona per ottenere il riconoscimento del suo stato civile al di fuori dello Stato membro in cui esso è stato costituito, sono idonee a produrre detti effetti dissuasivi.

32.

Consapevole di tale situazione, il legislatore europeo ha istituito un quadro normativo uniforme al fine di facilitare l’accesso ai giudici degli Stati membri nelle controversie inerenti al divorzio, alla separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio che abbiano qualche elemento estero, nonché per facilitare il reciproco riconoscimento delle decisioni che vengono adottate ( 15 ).

33.

L’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2201/2003 fa riferimento, ripetutamente, alla residenza abituale di uno o di entrambi i coniugi al fine di precisare quali organi giurisdizionali sono competenti a decidere su tali controversie.

1.   Interpretazione autonoma

a)   Ravvicinamento della nozione di residenza abituale in altri testi normativi

1) Considerazioni generali

34.

Diversi strumenti dell’Unione europea relativi alla cooperazione giudiziaria in materia di diritto di famiglia, in linea con determinate convenzioni internazionali multilaterali ( 16 ), ricorrono alla residenza abituale della parte interessata o delle parti interessate quale criterio per stabilire la competenza giurisdizionale internazionale (diretta o nel contesto del riconoscimento delle decisioni) e quale criterio di collegamento delle norme di conflitto ( 17 ).

35.

La residenza abituale è un criterio frequente anche in altri settori del diritto dell’Unione ( 18 ) e nelle convenzioni internazionali ( 19 ). Caratteristica comune dei rispettivi testi è che di solito non definiscono tale nozione né rinviano, per interpretarla, agli ordinamenti degli Stati membri (o degli Stati parte). ( 20 )

36.

Nel linguaggio comune, l’espressione «residenza abituale» denota un soggiorno regolare o stabile in un determinato luogo. Il suo uso in termini giuridici richiede tuttavia qualcosa di più di un’interpretazione circoscritta al suo significato nella sua accezione usuale ( 21 ).

37.

I preamboli, le relazioni esplicative, i lavori preparatori e la giurisprudenza della Corte di giustizia testimoniano la tendenza a identificare la residenza abituale con il «centro degli interessi» della persona. Per individuarlo, in astratto, si fa ricorso al raggruppamento di taluni fattori di collegamento e, nello specifico, e alla valutazione di questi ultimi alla luce delle circostanze di ogni singolo caso ( 22 ).

38.

La natura degli interessi, nonché gli aspetti e gli indizi pertinenti (in definitiva, i fattori di collegamento) che determineranno la residenza abituale di una persona, dipenderanno dal contesto della disposizione che accolga tale criterio attributivo della competenza. Occorre inoltre tener conto dell’obiettivo della disposizione in parola e del quadro normativo in cui essa si inserisce.

39.

La nozione di residenza abituale e la sua interpretazione, nel contesto del regolamento n. 2201/2003, sono autonome, come ha ribadito la Corte di giustizia ( 23 ). Il contesto e la finalità delle disposizioni di tale regolamento indicheranno, pertanto, i limiti all’applicazione dell’analogia e delle trasposizioni tra settori del diritto ( 24 ).

2) In altri settori della cooperazione giudiziaria in materia civile

i) Residenza abituale del minore

40.

La Corte di giustizia, con riguardo alla residenza abituale dei minori nelle controversie in materia di responsabilità genitoriale, equipara la stessa al centro dei loro interessi principali, che individua attraverso la riunione di taluni indizi:

selezionati in base alla loro idoneità o corrispondenza con il contesto della norma in cui figura il criterio ( 25 ) e con gli obiettivi del regolamento n. 2201/2003, orientati nell’interesse superiore del minore ( 26 ); e

applicati (e valutati) tenendo conto del complesso delle peculiari circostanze del caso ( 27 ).

41.

La Corte di giustizia esclude invece la possibilità di adottare senz’altro le definizioni o interpretazioni di tale nozione in altri settori del diritto dell’Unione (in particolare, in materia di sicurezza sociale e di funzione pubblica). Proprio perché il contesto è diverso, «nel valutare la residenza abituale dei minori, ai sensi dell’art[icolo] 8, [paragrafo] 1, del regolamento [n. 2201/2003], non si p[ossono] direttamente trasporre» ( 28 ).

ii) Residenza abituale del defunto

42.

Lo stesso approccio si applica, mutatis mutandis, alla determinazione della residenza abituale del deceduto, utilizzata dal regolamento (UE) n. 650/2012 ( 29 ).

43.

Quest’ultimo regolamento nei suoi considerando si riferisce a tale residenza quale «centro degli interessi [della] famiglia e [della] vita sociale» del defunto; e suggerisce di individuarla attraverso «una valutazione globale delle circostanze della vita del defunto negli anni precedenti la morte e al momento della morte, che tenga conto di tutti gli elementi fattuali pertinenti, in particolare la durata e la regolarità del soggiorno del defunto nello Stato interessato nonché le condizioni e le ragioni dello stesso». La residenza abituale così determinata «dovrebbe rivelare un collegamento stretto e stabile con lo Stato interessato tenendo conto degli obiettivi specifici del presente regolamento» ( 30 ).

iii) Residenza abituale del debitore insolvente

44.

La residenza abituale è, infine, un criterio (indiretto) di competenza giurisdizionale internazionale e, per estensione, un criterio di collegamento della norma di conflitto nel regolamento (UE) 2015/848 relativo alle procedure di insolvenza ( 31 ).

45.

Il suo articolo 3, paragrafo 1, presuppone che il «centro degli interessi principali» del debitore, ove si tratti di una persona fisica, sia la sua residenza abituale. In questo settore, gli interessi rilevanti sono di tipo economico e finanziario; gli indizi da valutare sono quelli che consentono ai terzi di riconoscere facilmente quel «centro degli interessi» ( 32 ).

b)   Adattamento di questo approccio all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003

46.

L’approccio descritto, grazie alla sua flessibilità, è idoneo a individuare la residenza abituale di cui all’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003, in modo da rendere possibile attribuire la competenza ai giudici di uno Stato membro nelle cause di divorzio, separazione personale dei coniugi e annullamento del matrimonio.

47.

Il regolamento non contiene né alcuna traccia relativamente a cosa sia o come si determini la «residenza abituale» di un adulto in una situazione di crisi coniugale, né alcun rinvio agli ordinamenti giuridici nazionali a detto fine. Tale assenza è una scelta deliberata (e comune agli strumenti precedenti).

48.

La relazione Borrás così lo evidenzia, indicando che:

Si è discusso a tal proposito, a seguito dell’inserimento del (l’attuale) sesto trattino dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a) ( 33 ); è stata infine esclusa l’introduzione di una norma al fine di precisare il luogo della residenza abituale ai fini della Convenzione del 1998 ( 34 ).

Si è tenuto «in particolare conto» la definizione, utilizzata dalla Corte di giustizia in altri settori, secondo la quale la «residenza abituale» è «il luogo in cui l’interessato ha fissato, con voluto carattere di stabilità, il centro permanente o abituale dei propri interessi» ( 35 ).

Sono state respinte altre tesi ( 36 ), il che suggerisce che quella che si è tenuta «in particolare conto» sia stata accettata come nozione di lavoro durante i negoziati.

49.

Data la continuità tra la Convenzione del 1998 e il regolamento in vigore, si può dedurre che gli attuali criteri di competenza giurisdizionale internazionale per le controversie in materia di divorzio, separazione personale dei coniugi e annullamento del matrimonio si ispirano a quella stessa intenzione.

50.

La precisazione degli interessi rilevanti nella fase di individuazione della residenza abituale dei coniugi, nonché la scelta dei fattori di collegamento che, nell’ambito di una valutazione complessiva, condurranno a stabilirla caso per caso, deve essere effettuata, come ho già esposto, in modo autonomo, alla luce del contesto della disposizione e della finalità del regolamento n. 2201/2003 ( 37 ).

51.

Inoltre, non bisogna dimenticare che, in siffatte cause, la situazione può mutare rapidamente, proprio a causa della crisi coniugale. Avviene spesso il trasferimento della residenza abituale, seguita, eventualmente, dal ritorno di uno dei coniugi nel proprio Stato membro d’origine, quando si tratta di coniugi con cittadinanze diverse.

2.   Contesto dell’articolo 3 e finalità del regolamento n. 2201/2003

a)   Precisazione: funzioni della residenza abituale nella sezione 1 del capo II del regolamento n. 2201/2003 e unità della nozione

52.

La residenza abituale e la cittadinanza di uno Stato membro sono gli elementi chiave della sezione 1 («Divorzio, separazione personale e annullamento del matrimonio») del capo II («Competenza») del regolamento n. 2201/2003.

53.

Questi elementi svolgono due funzioni: attribuire la competenza giudiziaria internazionale nelle controversie relative a crisi coniugali, conformemente all’articolo 3, e delimitare l’ambito di applicazione di tale sezione, secondo gli articoli 6 e 7 ( 38 ).

54.

La nozione di «residenza abituale» è la stessa in entrambi i casi, ragion per cui la definizione adottata nel quadro dell’articolo 3, paragrafo 1, è pertinente per gli articoli 6 e 7. Ciò è confermato dal considerando 8 del regolamento n. 1347/2000, che precede quello attuale, quando estende lo strumento ai cittadini di Stati terzi «che hanno vincoli sufficientemente forti con il territorio di uno degli Stati membri, conformemente ai criteri di competenza previsti dal regolamento» ( 39 ).

b)   Un criterio di competenza giurisdizionale internazionale ad hoc

55.

Per le situazioni di crisi coniugale, l’articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 2201/2003 prevede criteri di competenza giurisdizionale internazionale che si basano sulle circostanze personali di uno o di entrambi i coniugi. Si tratta di criteri esclusivi e senza alcun ordine gerarchico tra essi ( 40 ).

56.

L’elenco dei fori competenti riproduce i criteri dell’articolo 3 del regolamento n. 1347/2000, e quest’ultimo quelli dell’articolo 2 della convenzione del 1998. Per quanto riguarda la residenza abituale, tali criteri riguardano:

la residenza abituale comune a entrambe le parti o quella che è stata comune in passato ( 41 );

la residenza abituale di una sola parte:

previo accordo con l’altra parte, se la domanda è congiunta; in tal caso, possono essere competenti i giudici dello Stato membro della residenza abituale dell’attore o del convenuto;

se è quella del convenuto;

se è quella dell’attore, purché vi abbia risieduto almeno per un anno prima della presentazione della domanda, o per sei mesi se tale residenza si trova nello Stato membro di cui l’attore ha la cittadinanza (o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha ivi il proprio «domicile»).

57.

La relazione Borrás illustra la selezione dei fori competenti e il loro carattere alternativo: essi rispondono agli interessi delle parti, si improntano a principi di flessibilità, tengono conto della mobilità delle persone, e sono espressione concreta del principio di vicinanza, intesa come un vincolo effettivo tra la persona e uno Stato membro. Essi cercano, in definitiva, «di favorir[e le persone] senza compromettere la certezza del diritto» ( 42 ).

58.

La Corte di giustizia ha fatto proprie tali spiegazioni in varie sentenze pronunciate relativamente all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 ( 43 ).

59.

La relazione Borrás indica altresì che la possibilità di presentare la domanda nel luogo corrispondente al centro degli interessi di uno solo dei coniugi, quando non è quello del convenuto né vi è un accordo tra i coniugi, è stata integrata nel testo in quanto è stata una conditio sine qua non dell’accettazione della convenzione del 1998 da parte di taluni Stati. ( 44 )

60.

È in tal modo rappresentata la preoccupazione per il caso specifico del trasferimento del coniuge che, in seguito alla crisi coniugale, si trasferisce in un altro Stato membro, ipotesi sopra menzionata ( 45 ). Tale trasferimento comporta, con certa frequenza, il ritorno, anche immediato, a quello che era il suo domicilio prima di contrarre matrimonio o a quello di cui ha la cittadinanza. In tali ipotesi, è possibile valutare il nesso tra l’individuo e il foro competente, sebbene non si sia ancora consolidata una vicinanza geografica oggettiva.

3.   La residenza abituale al servizio dell’attribuzione della competenza giurisdizionale internazionale

61.

La nozione su cui poggiano i fori competenti di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2201/2003:

Corrisponde al centro degli interessi fondamentali dell’individuo, considerando tali quelli afferenti alla vita sociale e familiare. La localizzazione degli interessi professionali e patrimoniali contribuisce all’individuazione di siffatto centro; tuttavia, detti fattori non possono di per sé snaturare l’incidenza di quelli personali, quando la loro ubicazione geografica non coincide.

Presuppone, in linea di principio, il soggiorno (e non la semplice presenza) dell’individuo in un luogo, in modo qualificato: o perché è permanente, o perché avviene una certa regolarità o costanza, cosicché sorgano le condizioni per una reale integrazione nell’ambiente sociale.

62.

La qualificazione di un soggiorno come «residenza abituale» di un adulto non dipende in tutti i casi dal trascorrere un certo periodo di tempo. Né dal fatto che, durante tale periodo, si consolidi la vicinanza geografica oggettiva tra la persona interessata e il giudice adito del divorzio, della separazione personale dei coniugi o dell’annullamento del matrimonio.

63.

Se l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), quinto e sesto trattino, del regolamento n. 2201/2003 richiede che, oltre alla residenza abituale, siano soddisfatte determinate condizioni temporali, è perché queste ultime non sono essenziali per qualificare la residenza stessa come «abituale» ( 46 ).

64.

Il requisito del decorso di un anno nello Stato di residenza abituale dell’attore, o di sei mesi se è lo Stato di cui ha la cittadinanza (o, se del caso, il «domicile»), relativizza l’incidenza del fattore «tempo» in quanto indicatore del carattere abituale della residenza.

65.

È quindi legittimo ritenere che, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003, sia possibile un’acquisizione quasi immediata (o dopo un breve periodo) della residenza abituale da parte di un coniuge, in conseguenza del trasferimento successivo alla crisi coniugale.

66.

In tali circostanze, la durata, la regolarità o la continuità di una presenza fisica, che normalmente caratterizzano la «residenza abituale», possono essere integrate, o addirittura sostituite, dalla volontà dell’adulto di stabilirsi e integrarsi in un altro Stato (o di ristabilirsi e reintegrarsi nello Stato di origine), acquisendo una nuova residenza abituale e abbandonando la precedente ( 47 ).

67.

Tale volontà può esistere fin dall’inizio o formarsi progressivamente. In entrambi i casi, per tenerne conto, deve essere riconoscibile attraverso elementi concreti o manifestazioni esterne ( 48 ). In caso contrario, l’applicazione della norma di attribuzione di competenza giurisdizionale si complicherebbe in misura eccessiva, fino a rendere [detta attribuzione] impossibile.

68.

Per riconoscere il centro degli interessi fondamentali di una persona (o, se del caso, la volontà di stabilirlo) in un luogo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2201/2003, occorre prendere in considerazione, come in altri settori vicini ( 49 ), tutti i fattori che possono rivelare il collegamento fondamentale tra la persona e tale luogo.

69.

In particolare, possono possedere tale carattere le condizioni e le ragioni del suo soggiorno nel territorio e, con le sfaccettature che ho precedentemente indicato, la sua durata e la sua regolarità. Tra siffatti indizi, a titolo esemplificativo e non esaustivo, figurano i seguenti:

il luogo corrisponde allo Stato d’origine;

è il luogo in cui si trovano familiari e amici;

l’individuo abita regolarmente in tale luogo, con un contratto di locazione, o è proprietario di un’abitazione, o ha intrapreso azioni affinché ciò avvenga;

il luogo corrisponde allo Stato di cui ha la cittadinanza;

in quel luogo l’individuo ha o cerca un lavoro stabile;

l’individuo condivide la cultura di tale luogo.

70.

L’importanza di questi o di simili indizi (che non esauriscono, ripeto, l’elenco di quelli possibili) ( 50 ) è confermata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia relativamente alla residenza abituale di un bambino in tenera età o di un neonato. Il suo nucleo fondamentale si deduce dall’integrazione in un ambiente familiare e sociale, quello del genitore da cui dipende il minore, sulla base degli elementi che la Corte di giustizia stessa indica per riconoscere un siffatto ambiente ( 51 ).

C. Una residenza abituale

71.

Determinare la residenza abituale di un adulto e decidere, su siffatta base, quale giudice sia competente a statuire sulla domanda di divorzio, sono compiti spettanti al giudice adito di tale domanda. Il giudice deve cercare di individuare una (vale a dire, la) residenza abituale, o di un coniuge o di entrambi.

72.

È vero che l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 non nega né la molteplicità dei giudici competenti né la scelta del foro (forum shopping) per le controversie vertenti esclusivamente sul divorzio, sulla separazione personale dei coniugi o sulla nullità del vincolo matrimoniale. La litispendenza è prevista, e risolta, nell’articolo 19, paragrafi 1 e 3, del regolamento.

73.

Ritengo, tuttavia, che tale argomentazione non giustifichi la proliferazione ulteriore dei fori competenti, risultato dell’ammissione, in via generale, della possibilità di risiedere abitualmente in più luoghi allo stesso tempo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003.

74.

Contro tale interpretazione militano la lettera di tale disposizione, il suo obiettivo e altre considerazioni di carattere sistematico.

1.   Tenore letterale e significato dei termini

75.

L’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2201/2003 fa sempre riferimento ai giudici dello Stato membro della residenza abituale, utilizzando il singolare.

76.

Parallelamente, ai sensi dell’articolo 66 del medesimo regolamento, che disciplina l’applicazione dei criteri di competenza giurisdizionale negli Stati membri con sistemi normativi plurimi, «ogni riferimento alla residenza abituale nello Stato membro va inteso come riferimento alla residenza abituale nell’unità territoriale» ( 52 ).

77.

Del resto, se la residenza abituale è equiparata al centro degli interessi fondamentali dell’individuo, sarebbe incoerente accettare la simultaneità di varie residenze aventi tale natura.

78.

Nulla osta, per contro, a che vi siano più residenze «semplici» ( 53 ), vale a dire che una persona abbia, insieme alla sua residenza abituale o principale, una o più altre residenze secondarie (per villeggiatura, per motivi lavorativi o simili). Queste ultime non producono alcun effetto nel contesto dell’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003.

2.   Obiettivo della norma

79.

Ammettere che sia possibile un cumulo di residenze abituali non corrisponderebbe neppure all’obiettivo perseguito dal regolamento n. 2201/2003 attraverso l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a).

80.

Come ho già spiegato ( 54 ), tale obiettivo consiste:

da un lato, nel favorire la mobilità delle persone all’interno dell’Unione, anche quando il trasferimento della residenza da uno Stato membro ad un altro avviene dopo una crisi coniugale;

dall’altro, a garantire la certezza del diritto e la vicinanza tra gli individui e il foro competente.

81.

I criteri di connessione indicati mirano ad un equilibrio tra questi due obiettivi: servono sia gli interessi delle parti interessate che quelli dell’amministrazione della giustizia. Contribuisce a tale equilibrio la circostanza che i criteri di competenza basati sulla residenza abituale non diano adito a così tante alternative come i trattini di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2201/2003, anche se a prima vista potrebbe sembrare così ( 55 ).

82.

Un’interpretazione permissiva quanto al numero di residenze abituali simultanee di uno stesso individuo potrebbe spezzare, de facto, l’equilibrio tra le parti, aumentando le occasioni di ricorso al forum actoris. Inoltre, aumenterebbe le difficoltà per individuare in anticipo quali giudici possono decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla separazione personale dei coniugi o alla nullità matrimoniale all’interno dell’Unione ( 56 ).

83.

Queste riflessioni, unitamente a quelle che esporrò di seguito, depongono a favore di un’interpretazione restrittiva della nozione di residenza abituale di cui all’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003, anche se una persona svolga la propria vita in diversi Stati membri.

3.   La residenza abituale sotto il profilo del criterio di interpretazione sistematica (in senso lato)

84.

Se il tenore letterale, il senso e la finalità dell’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003 ostano a che siano attribuite le conseguenze giuridiche in esso previste a una molteplicità di residenze abituali, tale postulato va oltre le controversie inerenti le crisi coniugali, nonostante quanto suggerisce il considerando 8 di suddetto regolamento ( 57 ).

85.

Il legislatore europeo ha esteso lo stesso criterio di competenza giurisdizionale internazionale a strumenti successivi che disciplinano: a) la legge applicabile al divorzio e alla separazione personale ( 58 ); b) la competenza giurisdizionale internazionale per le domande relative a un’obbligazione alimentare ( 59 ) e c) la competenza giurisdizionale internazionale per le domande relative al regime patrimoniale tra coniugi, connesse alle cause di scioglimento, separazione o annullamento del matrimonio ( 60 ).

86.

Quanto più si estende la nozione di «residenza abituale» di cui all’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003, tanto più i giudici degli Stati membri saranno potenzialmente competenti anche in questi altri ambiti, a svantaggio della prevedibilità per le persone interessate ( 61 ).

87.

Mi soffermerò, in particolare, sugli effetti della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale.

88.

Il regolamento n. 1259/2010 mira a «garantire ai cittadini soluzioni adeguate per quanto concerne la certezza del diritto, la prevedibilità e la flessibilità» ( 62 ). Conseguire questo obiettivo implica che la legge applicabile al merito della causa sia, sempre, solo una, indipendentemente dal giudice dell’Unione adito del divorzio o della separazione personale. Per tale ragione, i criteri di connessione previsti dal regolamento n. 1259/2010, pur essendo vari, sono organizzati «a cascata» e non come alternativi.

89.

Seppur in misura minore ( 63 ), l’obiettivo descritto si basa inoltre sulla relazione forum-ius sancita all’articolo 8 del regolamento n. 1259/2010, nel regolare la legge applicabile in mancanza di scelta ad opera delle parti:

Come indirizzo di principio, attraverso il collegamento di vari fori competenti di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, con i criteri di connessione di cui all’articolo 8 del regolamento n. 1259/2010.

Direttamente, come soluzione residuale: in mancanza di scelta della legge ad opera delle parti, e in mancanza anche dei criteri di cui all’articolo 8, lettere a), b) e c), del regolamento n. 1259/2010, si applica la legge del foro, conformemente alla lettera d) di tale disposizione.

90.

Un’applicazione estensiva della nozione di residenza abituale di cui all’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003, che autorizzi lo sdoppiamento o la moltiplicazione della competenza giurisdizionale internazionale basata su tale criterio, comprometterebbe l’obiettivo del regolamento n. 1259/2010 in due modi:

Spezzando la relazione forum-ius, qualora l’autorità giurisdizionale agisse in qualità di giudice di una delle residenze abituali di un coniuge, ma occorresse applicare la legge di un altro Stato membro, perché lì si trova la residenza abituale comune dei coniugi ( 64 ).

Facendo in modo che due (o più) autorità giurisdizionali competenti in materia di residenza(e) abituale(i) di un coniuge, situate in Stati membri diversi, applichino la legge «del foro» ai sensi dell’articolo 8, lettera d), del regolamento n. 1259/2010.

a)   Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) e sentenza Hadadi [articolo 3, paragrafo 1, lettera b)]

91.

L’interpretazione restrittiva da me suggerita non osta a quella adottata dalla Corte di giustizia nella sentenza Hadadi ( 65 ), la quale ha riconosciuto, nell’ambito dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 2201/2003, la competenza dei giudici di più Stati membri qualora gli interessati posseggano più cittadinanze ( 66 ).

92.

Le differenze tra la causa decisa dalla sentenza Hadadi e quella in esame sono significative. Nella prima sentenza la Corte di giustizia ha respinto la tesi secondo cui il criterio di collegamento «cittadinanza» fosse limitato alla «cittadinanza prevalente», circostanza del tutto estranea alla presente controversia:

In primo luogo, la condizione di «prevalente» relativamente alla cittadinanza non figura all’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003; figura, invece, quella che la residenza sia «abituale».

In secondo luogo, la cittadinanza che conferisce la competenza ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), deve sempre essere comune. Quando solo uno dei coniugi, e non l’altro, possiede la doppia cittadinanza, ai fini della norma, conta solo la cittadinanza comune: il coniuge con una cittadinanza semplice non ne è danneggiato né ne beneficia ( 67 ). Ciò invece potrebbe verificarsi qualora si ammettesse la residenza abituale multipla, in virtù delle norme sulla competenza che si basano sulla residenza abituale di un solo coniuge ( 68 ).

In terzo luogo, il criterio di collegamento cittadinanza è, come ha sottolineato la Corte di giustizia, «certo e facile da applicare» ( 69 ), mentre per individuare la cittadinanza «prevalente» dovrebbero essere prese in considerazione in ciascun caso una serie di circostanze di fatto, senza alcuna certezza di ottenere un risultato univoco ( 70 ).

93.

Quest’ultima ipotesi potrebbe verificarsi anche nell’applicazione del criterio di collegamento «residenza abituale». Tuttavia, non penso che la difficoltà si risolva (tutt’altro) accettando che, in caso di dubbio, sia preferibile ammettere l’esistenza di più di una residenza abituale.

94.

Operare in tal modo non garantirebbe una discussione più circoscritta tra le parti sulla questione di stabilire quale residenza, tra le diverse, sia rilevante ai fini di un processo. Anzi, aggiungerebbe un nuovo fattore di complessità al dibattito: ogni volta che una parte presentasse due o più residenze come abituali, si dovrebbe stabilire se siano tutte effettivamente tali. In ultima analisi, aumenterebbe il rischio che una residenza «semplice» (e non la residenza abituale ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003) possa in ultima analisi determinare la competenza giurisdizionale internazionale.

D. Impossibilità di individuare la residenza abituale?

95.

Il regolamento n. 2201/2003 ha previsto soluzioni nei casi in cui sia impossibile individuare la residenza abituale di un minore; non ha invece previsto soluzioni se si tratta di un adulto.

96.

Questo silenzio non è casuale. In senso positivo, esclude la possibilità che ci siano persone la cui residenza abituale non possa essere verificata (anche se con difficoltà probatorie). In senso negativo, conferma, a mio avviso, che a un adulto non sono riconosciute due o più residenze abituali in vari Stati membri, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003.

97.

Se, a fini dialettici, si ammettesse che non è così e che è effettivamente impossibile verificare ( 71 ), tra le varie, la residenza abituale ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003, si possono immaginare due vie d’uscita:

in base alla prima, preferita dalla Commissione ( 72 ), basterebbe che uno dei due (o più) centri di interesse principali dell’interessato si trovasse nello Stato membro del giudice davanti al quale è stata presentata la domanda di divorzio, affinché quest’ultimo fosse dichiarato competente;

in base alla seconda, nessuno di questi centri di interesse principali situati in diversi Stati membri sarebbe idoneo ad attribuire la competenza a titolo di residenza abituale.

98.

Le argomentazioni sviluppate in precedenza, contro l’ammissione di molteplici residenze abituali simultanee per uno stesso individuo, nel contesto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2201/2003, mi inducono a preferire la seconda opzione, in quanto meno destabilizzante per il sistema nel suo complesso.

99.

Detta seconda opzione (che avrebbe carattere eccezionale) confermerebbe l’inidoneità del criterio di collegamento «residenza abituale» al fine di determinare la competenza giurisdizionale internazionale. Qualora così fosse, ciò non priverebbe necessariamente le parti della tutela giurisdizionale all’interno dell’Unione, quando fosse applicabile uno degli altri criteri di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 ( 73 ), o si facesse ricorso ai fori competenti previsti dalle leggi di ciascuno Stato membro ( 74 ), la cui applicazione residuale è prevista all’articolo 7.

100.

Solo in subordine (cioè dopo aver esaurito o escluso tali possibilità) e in via eccezionale, se indispensabile per evitare un diniego di giustizia, mi sembrerebbe accettabile attribuire la competenza ai giudici di uno qualsiasi degli Stati membri di residenza di un coniuge, quando nessuna delle stesse sia riconoscibile come residenza abituale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2201/2003.

V. Conclusione

101.

Alla luce di quanto precede, suggerisco di rispondere come segue alla questione sollevata dalla cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia):

«L’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, deve essere interpretato nel senso che, ai fini dell’attribuzione della competenza, a ciascun coniuge può essere riconosciuta soltanto una residenza abituale.

Qualora un coniuge divida la propria vita tra due o più Stati membri, cosicché non sia possibile, in nessun modo, identificare uno di essi come quello in cui si trova la sua residenza abituale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2201/2003, la competenza giurisdizionale internazionale deve essere determinata conformemente ad altri criteri di suddetto regolamento e, se del caso, a quelli residuali in vigore negli Stati membri.

In tale stessa ipotesi, la competenza può, eccezionalmente, essere attribuita ai giudici degli Stati membri in cui si trova la residenza non abituale di un coniuge, qualora dall’applicazione del regolamento n. 2201/2003 e dei fori residuali non derivi la competenza internazionale di nessuno Stato membro».


( 1 ) Lingua originale: lo spagnolo.

( 2 ) Trattato sull’Unione europea (GU 1992, C 191, pag. 1); in particolare, l’articolo K.3 in combinato disposto con l’articolo K.1.

( 3 ) Trattato che istituisce la Comunità europea (versione consolidata Amsterdam) (GU 1997, C 340, pag. 173); in particolare, articolo 61.

( 4 ) Convenzione del 28 maggio 1998 concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali (GU 1998, C 221, pag. 1; in prosieguo: la «convenzione del 1998»).

( 5 ) Regolamento del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi (GU 2000, L 150, pag. 19).

( 6 ) Regolamento del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU 2003, L 338, pag. 1).

( 7 ) Sul suo periodo di vigenza, v. il paragrafo 27 delle presenti conclusioni.

( 8 ) Ad esempio, relativamente alla doppia cittadinanza di un coniuge. Sentenza del 16 luglio 2009, Hadadi (C‑168/08, EU:C:2009:474; in prosieguo: la «sentenza Hadadi»).

( 9 ) In materia di successioni, v. sentenza del 16 luglio 2020, E.E. (Competenza giurisdizionale e legge applicabile alle successioni) [C‑80/19, EU:C:2020:569; in prosieguo: la «sentenza E. E. (competenza giurisdizionale e legge applicabile alle successioni)»].

( 10 ) Uno studio sociologico rivelerebbe, probabilmente, l’attuale aumento di casi in cui una persona (o entrambi i coniugi) si trovano nella medesima situazione.

( 11 ) Relazione esplicativa relativa alla convenzione stabilita sulla base dell’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali (GU 1998, C 221, pag. 27; in prosieguo: la «Relazione Borrás»). Essa è stata approvata dal Consiglio il 28 maggio 1998.

( 12 ) Regolamento del Consiglio, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori (rifusione) (GU 2019, L 178, pag. 1). Fatte salve le disposizioni transitorie del suo articolo 100, tale regolamento abrogherà il regolamento attualmente in vigore a decorrere dal 1o agosto 2022: v. articolo 104.

( 13 ) V. sesto considerando del regolamento n. 1347/2000 e terzo considerando del regolamento n. 2201/2003. La sentenza del 29 novembre 2007, Sundelind Lopez (C‑68/07, EU:C:2007:740; in prosieguo: la «sentenza Sundelind Lopez») punto 26, ripropone i considerando di tale regolamento per interpretare l’articolo 3 in vigore. Nelle conclusioni degli avvocati generali, è frequente il riferimento alla relazione Borrás, a sostegno dell’interpretazione del regolamento in vigore: v. le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Purrucker (C‑256/09, EU:C:2010:296), paragrafi 13, 84, 8586; quelle dell’avvocato generale Kokott nella causa Hadadi (C‑168/08, EU:C:2009:152), paragrafi 37, 5758; quelle dell’avvocato generale Bot nella causa Liberato (C‑386/17, EU:C:2018:670), paragrafi 5569, o le conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa UD (C‑393/18 PPU, EU:C:2018:749), paragrafo 28.

( 14 ) Sentenza del 13 ottobre 2016, Mikołajczyk (C‑294/15, EU:C:2016:772), punto 33: «(…) il regolamento n. 2201/2003, come risulta dal suo considerando 1, contribuisce a istituire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone».

( 15 ) Quarto considerando del regolamento n. 1347/2000.

( 16 ) Ad esempio, la convenzione sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, stipulata all’Aja il 5 ottobre 1961; la convenzione sul riconoscimento dei divorzi e delle separazioni legali, stipulata all’Aja il 1o giugno 1970; la convenzione sulla competenza giurisdizionale, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori stipulata all’Aja il 19 ottobre 1996; o la convenzione europea sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell’affidamento, stipulata a Lussemburgo il 20 maggio 1980.

( 17 ) Vengono abbandonati, o passano in secondo piano, i criteri tradizionali, quali la cittadinanza o il domicilio, che in precedenza erano privilegiati in quanto espressione del legame tra l’individuo e un ordinamento giuridico.

( 18 ) V., ad esempio, il regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1), che utilizza il termine «residenza». Il suo articolo 1, lettera j), precisa che si tratta del «luogo in cui una persona risiede abitualmente». La sentenza del 5 giugno 2014, I (C‑255/13, EU:C:2014:1291), opera una distinzione tra «residenza» e «dimora» in tale contesto.

( 19 ) Ad esempio, la convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, conclusa ad Istanbul l’11 maggio 2011 (articolo 44).

( 20 ) Tale assenza si basa sulla volontà di non influenzare altri testi che utilizzano la medesima nozione, secondo Lagarde, P., Informe explicativo al Convenio relativo a la competencia, la ley aplicable, el reconocimiento, la ejecución y la cooperación en materia de responsabilidad parental y de medidas de protección de los niños, hecho en La Haya el 19 de octubre de 1996 (Relazione esplicativa alla convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, conclusa all’Aja il 19 ottobre 1996), in Actes et documents de la Dix-huitième session de la Conférence de La Haye de droit international privé, 1996, tomo II, pag. 552, paragrafo 40.

( 21 ) Nello stesso senso, v. le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa A (C‑523/07, EU:C:2009:39), paragrafo 15, in relazione alla residenza abituale di cui all’articolo 8 del regolamento n. 2201/2003.

( 22 ) Tale valutazione ad casum spetta, ovviamente, ai giudici nazionali. Poiché essa è specifica, «le indicazioni fornite in un caso (…) possono essere applicate ad un altro caso solo con la dovuta cautela». Sentenza del 28 giugno 2018, HR (C‑512/17, EU:C:2018:513; in prosieguo: la «sentenza HR»), punto 54.

( 23 ) Ibidem, punto 40: «In assenza, in detto regolamento [n.o2201/2003] di una definizione della nozione di “residenza abituale” (…) o di un rinvio al diritto degli Stati membri al riguardo [tale nozione] dev’essere interpretata alla luce del contesto delle disposizioni che la menzionano e degli scopi del regolamento (...), segnatamente (...)». Anche nel settore convenzionale si preferisce l’interpretazione autonoma: v. paragrafo 35 e nota 20 delle presenti conclusioni.

( 24 ) Non condivido dunque l’affermazione della Francia secondo cui la stessa nozione di residenza abituale in questo e in altri regolamenti [in particolare, il regolamento (UE) n.o 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo (GU 2012, L 201, pag. 107)] debba essere comune.

( 25 ) Sono norme rilevanti quelle che ricorrono alla residenza abituale quale criterio di competenza, nonché l’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003, in relazione ai trasferimenti illeciti. V., per il primo caso, la sentenza HR; e per il secondo, la sentenza dell’8 giugno 2017, OL (C‑111/17 PPU, EU:C:2017:436; in prosieguo: la «sentenza OL»).

( 26 ) V. considerando 12 del regolamento n. 2201/2003; sentenze del 2 aprile 2009, A (C‑523/07, EU:C:2009:225; in prosieguo: la «sentenza A»), punto 35; sentenza OL, punto 66; sentenza HR, punto 59, tra le altre. Questo fattore non è rilevante, evidentemente, nel caso della residenza abituale dell’adulto.

( 27 ) V., tra le altre, le sentenze A, punti 37 e segg., del 22 dicembre 2010, Mercredi (C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829), punti 47 e segg., nonché la sentenza OL, punti 42 e segg.

( 28 ) Sentenza A, punto 36.

( 29 ) Il criterio di collegamento generale per stabilire la competenza giurisdizionale internazionale e la legge applicabile è l’ultima residenza abituale del defunto.

( 30 ) Considerando 23 e 24. V., altresì, le mie conclusioni nella causa E.E. (C‑80/19, EU:C:2020:230), paragrafi 45 e segg., e la sentenza E.E. (Competenza giurisdizionale e legge applicabile alla successione), punti da 38 a 40.

( 31 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di insolvenza (GU 2015, L 141, pag. 19).

( 32 ) V. considerando 28 del regolamento 2015/848; e sentenza del 16 luglio 2020, Novo Banco (C‑253/19, EU:C:2020:585), punto 21.

( 33 ) La norma equivalente nella Convenzione del 1998 era l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), sesto trattino.

( 34 ) Relazione Borrás, punto 32.

( 35 ) Loc. ult. cit. Tale definizione riguarda questioni relative alla funzione pubblica e alla sicurezza sociale.

( 36 ) Loc. ult. cit.

( 37 ) Paragrafi 38 e 39 delle presenti conclusioni.

( 38 ) Ai sensi dell’articolo 6, le norme sulla competenza giurisdizionale in vigore ai sensi delle leggi di ciascuno Stato membro non possono essere utilizzate nelle controversie in cui il convenuto ha la residenza abituale in uno di essi o di cui ha la cittadinanza (o, nel caso dell’Irlanda, ha il proprio «domicile» nel territorio). Nella sentenza Sundelind Lopez, la Corte ha dichiarato che i fori residuali possono essere utilizzati contro un individuo che non ha la residenza abituale in uno Stato membro o la cittadinanza di uno di essi, purché nessuno Stato membro sia competente ai sensi del regolamento.

( 39 ) Il corsivo è mio.

( 40 ) Sentenza Hadadi, punto 48. Non esiste un ordine gerarchico formale tra i fori competenti, nonostante i pareri favorevoli a introdurlo in occasione della rifusione del regolamento (così, da parte del Groupe européen de droit international privé, nel corso dell’incontro di Anversa nel settembre 2018: https://www.gedip-egpil.eu/documents/Anvers%202018/DivorceCompletV5.7.2.19.pdf). Il nuovo articolo 3 mantiene le stesse norme sulla competenza, tutte allo stesso livello. Diverso è il grado di accettazione di ciascuna di queste norme: in tal senso, la relazione Borrás, punti 30 e 32, sottolinea che alcuni criteri tra quelli introdotti erano largamente accettati negli Stati membri, mentre per altri è stato necessario un accordo politico. Questi ultimi corrispondono oggi al quinto e sesto trattino dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a).

( 41 ) In questa seconda ipotesi, è obbligatorio che uno dei coniugi risieda ancora in tale Stato. Non è specificato il momento in cui una simile circostanza deve essere accertata. Il quinto e il sesto trattino fanno riferimento al momento della presentazione della domanda e sembra ragionevole intendere lo stesso anche per gli altri fori competenti.

( 42 ) Relazione Borrás, punti 27, 28 e 30. Nel regolamento n. 1347/2000, il considerando 12 faceva riferimento all’esistenza di un reale collegamento tra l’interessato e lo Stato membro che esercita la competenza giurisdizionale, senza distinguere tra procedimenti in materia di crisi coniugale o quelli relativi alla potestà dei genitori.

( 43 ) Sentenze Sundelind Lopez, punto 26 Hadadi, punto 48, e sentenza del 13 ottobre 2016, Mikołajczyk (C‑294/15, EU:C:2016:772), punti 4950.

( 44 ) V. nota 40 delle presenti conclusioni.

( 45 ) Paragrafo 51 delle presenti conclusioni.

( 46 ) L’aggiunta di tali condizioni è solitamente motivata come dimostrazione della volontà di limitare il forum actoris sancito negli ultimi due trattini dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a). Una simile spiegazione, pur essendo valida, non nega le conseguenze che hanno tali requisiti sulla nozione di residenza abituale.

( 47 ) In mancanza di volontà di abbandono, la residenza abituale continuerà ad essere la residenza precedente.

( 48 ) V. sentenza HR, punto 46, e giurisprudenza ivi citata.

( 49 ) Nello stesso senso, per quanto riguarda la residenza abituale del defunto, v. la sentenza E.E. (Competenza giurisdizionale e legge applicabile alla successione), punto 38, e le mie conclusioni nella stessa causa (C‑80/19, EU:C:2020:230), paragrafi 49 e segg. Per quanto riguarda la residenza abituale del minore, tra le altre, v. la sentenza A, punto 39.

( 50 ) Si potrebbero aggiungere, ad esempio, l’iscrizione anagrafica o, se l’adulto convive con figli in età scolare, la loro iscrizione all’asilo o a scuola: in tal senso, v. le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa A (C‑523/07, EU:C:2009:39), paragrafo 44.

( 51 ) Sentenza A, punto 40; sentenza Mercredi del 22 dicembre 2010 (C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829), punti da 53 a 56; sentenza C del 9 ottobre 2014 (C‑376/14 PPU, EU:C:2014:2268), punto 52; sentenza HR, punti da 44 a 47.

( 52 ) Il corsivo è mio.

( 53 ) Ricavo l’espressione residenza «semplice», in opposizione a quella «abituale», delle conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Mercredi (C‑497/10 PPU, EU:C:2010:738), paragrafo 71.

( 54 ) Paragrafi 57 e 58 delle presenti conclusioni.

( 55 ) Le condizioni alle quali è subordinata la residenza abituale quale criterio attributivo di competenza fanno sì che taluni fori competenti siano incompatibili e che altri siano idonei a sovrapporsi tra loro. Non è insolito che diversi criteri convergano verso uno stesso Stato membro.

( 56 ) Secondo la Commissione (punto 14 delle sue osservazioni scritte in sostituzione dell’udienza), ammettere due residenze abituali di una persona ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003 «supprime un aléa et augmente la sécurité juridique, en apportant à l’époux qui partage sa vie entre deux États, l’assurance qu’il peut saisir les juridictions de l’un de ces États sans risquer une décision d’incompétence, et les coûts associés à une telle procédure». Questo punto di vista non mi convince. La difficoltà di decidere sulla residenza abituale non viene meno ammettendo che potrebbero essere varie; al contrario, tale pluralità porrebbe un’ulteriore interrogativo, sul quale occorrerà ottenere il convincimento del giudice adito. L’aggiunta di un ulteriore foro nell’articolo 3 del regolamento aumenta l’incertezza circa il luogo in cui si può essere citati in giudizio, anche per il coniuge che ha più di una residenza abituale.

( 57 )

( 58 ) Nel regolamento (UE) n. 1259/2010 del Consiglio, del 20 dicembre 2010, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale (GU 2010, L 343, pag. 10).

( 59 ) Articolo 3, lettera c), del regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari (GU 2009, L 7, pag. 1).

( 60 ) Articolo 5 del Regolamento (UE) 2016/1103 del Consiglio, del 24 giugno 2016, che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi (GU 2016, L 183, pag. 1).

( 61 ) Non è irragionevole supporre che, ammessa per tale via indiretta la pluralità di residenze abituali ai fini dell’attribuzione della competenza, essa dovrà essere accettata anche nell’interpretazione del criterio della «residenza abituale» contenuto negli stessi strumenti per le domande non accessorie, ma autonome.

( 62 ) Considerando 9. Mira altresì a «impedire le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene più favorevole alla tutela dei suoi interessi». Tale preoccupazione non vale per l’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003, che stabilisce fori competenti alternativi; orbene, la sua interpretazione deve essere effettuata, per quanto possibile, in modo da non compromettere gli obiettivi dell’altro regolamento.

( 63 ) A differenza di quanto avviene in altre materie, nella presente il parallelismo tra la competenza giurisdizionale internazionale e la legge applicabile non è una preoccupazione prioritaria: potrebbe non verificarsi, in primo luogo, quando le parti scelgono la legge applicabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettere a), b) e c), del regolamento. Occorre inoltre ricordare che lo strumento, che è il risultato di una cooperazione rafforzata, non si applica in tutti gli Stati membri.

( 64 ) Questa combinazione potrebbe verificarsi nella controversia se il giudice francese si dichiarasse competente ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), sesto trattino, del regolamento n. 2201/2003, dopo aver ammesso che il sig. IB ha la sua residenza abituale anche in Irlanda. In tale ipotesi, se non si configura una scelta valida delle parti di un’altra legge, sarà applicabile il diritto irlandese, nel merito, ai sensi dell’articolo 8, lettera a), del regolamento n. 1259/2010.

( 65 ) Fanno riferimento a tale sentenza, nelle loro osservazioni scritte, la sig.ra FA, punti 71 e segg., il governo del Portogallo, punti 36 e segg., la Commissione, punti 13 e 32, così come il sig. IB nelle sue osservazioni scritte in sostituzione dell’udienza, punto 31.

( 66 ) Sentenza Hadadi, punto 51 e segg.

( 67 ) In quanto attore, il coniuge con doppia cittadinanza non dispone di un foro ulteriore per tale motivo, ma non vi è neppure un foro ulteriore per agire nei suoi confronti.

( 68 ) La pluralità delle residenze abituali può giocare sia a favore del coniuge che ne beneficia, quando è attore [a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), quinto e sesto trattino], sia contro, quando è convenuto, a causa dello stesso articolo, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino.

( 69 ) Sentenza Hadadi, punto 51.

( 70 ) Ibid., punto 55.

( 71 ) La probabilità che due situazioni possiedano allo stesso modo gli elementi tipici della residenza abituale è bassa. Per conformarsi al regolamento n. 2201/2003, i giudici nazionali devono sforzarsi di individuarne una, come ho affermato nei paragrafi 71 e segg. delle presenti conclusioni.

( 72 ) Punti 33 e 34 delle sue osservazioni scritte e proposta di conclusione.

( 73 ) Nel caso di specie, sulla base degli elementi di cui dispongo, ritengo che il sig. IB potrebbe presentare la sua domanda in Irlanda quale ultimo luogo di residenza abituale dei coniugi ove uno di essi risiede ancora, e in quanto luogo di residenza abituale della convenuta.

( 74 ) Contrariamente a quanto lascia intendere l’Irlanda (punto 10 delle sue osservazioni scritte in sostituzione dell’udienza), non tutti gli Stati membri prevedono fori residuali. È anche possibile che, pur prevedendoli, non si possa ricorrere ad essi in un caso concreto, in virtù della restrizione di cui all’articolo 6 del regolamento n. 2201/2003.