SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

22 aprile 2021 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 98, paragrafo 2 – Facoltà per gli Stati membri di applicare una o due aliquote IVA ridotte a talune cessioni di beni e prestazioni di servizi – Qualificazione di un’attività commerciale come “prestazione di servizi” – Allegato III, punto 12 bis – Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 – Articolo 6 – Nozione di “servizi di ristorazione e catering” – Pasti pronti per il consumo immediato in loco nei locali del venditore o in un’area di ristorazione – Pasti pronti per il consumo immediato da asporto»

Nella causa C‑703/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia), con decisione del 6 giugno 2019, pervenuta in cancelleria il 24 settembre 2019, nel procedimento

J.K.

contro

Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Katowicach,

con l’intervento di:

Rzecznik Małych i Średnich Przedsiębiorców,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da J.-C. Bonichot, presidente di sezione, L. Bay Larsen, C. Toader, M. Safjan e N. Jääskinen (relatore), giudici,

avvocato generale: J. Richard de la Tour

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per J.K., da R. Baraniewicz, doradca podatkowy, e A. Zubik, radca prawny;

per il Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Katowicach, da P. Pyszny, P. Selera, B. Kołodziej, T. Wojciechowski e M. Kowalewska, in qualità di agenti;

per il Rzecznik Małych i Średnich Przedsiębiorców, da P. Chrupek e A. Zaręba-Faracik, radcowie prawni;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da J. Jokubauskaitė e M. Siekierzyńska, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 novembre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2009/47/CE del Consiglio, del 5 maggio 2009 (GU 2009, L 116, pag. 18) (in prosieguo: la «direttiva IVA»), in combinato disposto con l’allegato III, punto 12 bis, della direttiva IVA e con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112 (GU 2011, L 77, pag. 1).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra J.K. e il Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Katowicach (direttore dell’amministrazione tributaria di Katowice, Polonia) (in prosieguo: l’«autorità tributaria»), in merito all’esito di un controllo fiscale effettuato nel 2016, riguardante l’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) sulle operazioni di vendita di cibi e di pasti preparati per il consumo immediato in loco o da asporto, per le quali J.K. è assoggettato a tale imposta.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva IVA

3

L’articolo 96 della direttiva IVA è così formulato:

«Gli Stati membri applicano un’aliquota IVA normale fissata da ciascuno Stato membro ad una percentuale della base imponibile che è identica per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi».

4

L’articolo 98 di tale direttiva dispone quanto segue:

«1.   Gli Stati membri possono applicare una o due aliquote ridotte.

2.   Le aliquote ridotte si applicano unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi delle categorie elencate nell’allegato III.

(...)

3.   Quando applicano le aliquote ridotte previste al paragrafo 1 alle categorie relative a beni, gli Stati membri possono far ricorso alla nomenclatura combinata[, contenuta nell’allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU 1987, L 256, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 1031/2008 della Commissione, del 19 settembre 2008 (GU 2008, L 291, pag. 1),] per delimitare con precisione la categoria in questione».

5

L’allegato III di detta direttiva, intitolato «Elenco delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi che possono essere assoggettate alle aliquote ridotte di cui all’articolo 98», enumera, ai punti 1 e 12 bis:

«1)   Prodotti alimentari (incluse le bevande, ad esclusione tuttavia delle bevande alcoliche) destinati al consumo umano e animale, animali vivi, sementi, piante e ingredienti normalmente destinati ad essere utilizzati nella preparazione di prodotti alimentari, prodotti normalmente utilizzati per integrare o sostituire prodotti alimentari;

(...)

12 bis)   servizi di ristorazione e catering, con la possibilità di escludere la fornitura di bevande (alcoliche e/o non alcoliche)».

Regolamento di esecuzione n. 282/2011

6

L’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011 dispone quanto segue:

«1.   I servizi di ristorazione e di catering consistono nella fornitura di cibi o bevande preparati o non preparati o di entrambi, destinati al consumo umano, accompagnata da servizi di supporto sufficienti a permetterne il consumo immediato. La fornitura di cibi o bevande o di entrambi costituisce solo una componente dell’insieme in cui i servizi prevalgono. Nel caso della ristorazione tali servizi sono prestati nei locali del prestatore, mentre nel caso del catering i servizi sono prestati in locali diversi da quelli del prestatore.

2.   La fornitura di cibi o bevande preparati o non preparati o di entrambi, compreso o meno il trasporto ma senza altri servizi di supporto, non è considerata un servizio di ristorazione o di catering ai sensi del paragrafo 1».

La NC

7

La nomenclatura combinata, contenuta nell’allegato I del regolamento n. 2658/87, come modificato dal regolamento n. 1031/2008 (in prosieguo: la «NC»), è fondata sul sistema armonizzato di designazione e di codificazione delle merci elaborato dal Consiglio di cooperazione doganale, divenuto Organizzazione mondiale delle dogane (OMD), e istituito con la Convenzione internazionale sul sistema armonizzato di designazione e di codificazione delle merci, conclusa a Bruxelles il 14 giugno 1983. Tale convenzione internazionale è stata approvata, con il relativo protocollo di emendamento del 24 giugno 1986, a nome della Comunità economica europea, con la decisione 87/369/CEE del Consiglio, del 7 aprile 1987 (GU 1987, L 198, pag. 1).

Diritto polacco

8

L’articolo 5a dell’ustawa o podatku od towarów i usług (legge relativa all’imposta sui beni e sui servizi), dell’11 marzo 2004 (Dz. U. del 2004, n. 54, posizione 535), nella versione applicabile al procedimento principale (Dz. U. del 2011, n. 177, posizione 1054) (in prosieguo: la «legge sull’IVA»), così dispone:

«I beni o servizi che sono oggetto delle operazioni di cui all’articolo 5, menzionati nelle classificazioni elaborate sulla base delle disposizioni relative alle statistiche ufficiali, sono identificati con l’ausilio di tali classificazioni, allorquando le disposizioni giuridiche o i regolamenti di esecuzione attribuiscono simboli statistici a tali beni o servizi».

9

Ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, della legge sull’IVA, l’aliquota IVA normale è pari al 22%. L’articolo 41, paragrafo 2a, di tale legge precisa quanto segue:

«L’aliquota è pari al 5% per i beni elencati nell’allegato 10 della presente legge».

10

L’allegato 10, punto 28, di tale legge menziona i «[p]asti e piatti pronti, ad esclusione dei prodotti con un titolo alcolometrico superiore all’1,2%», che rientrano nella sottosezione 10.85.1 del Rozporządzenie Rady Ministrów w sprawie Polskiej Klasyfikacji Wyrobów i Usług (regolamento del Consiglio dei ministri relativo alla classificazione polacca dei prodotti e dei servizi), del 4 settembre 2015 (Dz. U. del 2015, posizione 1676) (in prosieguo: il «PKWiU»).

11

L’articolo 3, paragrafo 1, punto 1, del rozporządzenie Ministra Finansów w sprawie towarów i usług dla których obniża się stawkę podatku od towarów i usług oraz warunków stosowania stawek obniżonych (regolamento del Ministro delle Finanze relativo ai beni e servizi ai quali si applica l’aliquota IVA ridotta e alle condizioni di applicazione delle aliquote ridotte), del 23 dicembre 2013 (Dz. U. del 2013, posizione 1719), è così formulato:

«L’aliquota IVA di cui all’articolo 41, paragrafo 1, della [legge sull’IVA] è ridotta all’8% per:

1)

i beni e i servizi elencati nell’allegato del presente regolamento».

12

L’allegato, punto III, posizione 7, di tale regolamento menziona i seguenti servizi:

«Servizi di ristorazione e di vendita di bevande (PKWiU ex 56), ad esclusione della vendita di: 1) bevande alcoliche con un contenuto di alcol superiore all’1,2%; 2) bevande alcoliche costituite da una miscela di birra e di bevande analcoliche con un contenuto di alcol superiore allo 0,5%; 3) bevande per la cui preparazione viene utilizzato un infuso di caffè o tè, indipendentemente dalla percentuale di tale infuso nella bevanda preparata; 4) bevande analcoliche gasate; 5) acque minerali; 6) altri prodotti non lavorati assoggettati all’aliquota di cui all’articolo 41, paragrafo 1, della legge [sull’IVA]».

13

Secondo le informazioni fornite dal giudice del rinvio, nella sezione ex 56 del PKWiU, intitolata «Servizi di ristorazione e di vendita di bevande», la sottosezione 56.1 comprende i servizi di ristorazione e di ristorazione da asporto, tra cui, in particolare, i servizi di ristorazione con servizio completo di ristorante, i servizi di ristorazione self-service e gli altri servizi di ristorazione (in prosieguo: i «“servizi di ristorazione” ai sensi della sezione ex 56 del PKWiU»).

14

Tale giudice precisa altresì che l’interpretazione delle disposizioni del PKWiU viene effettuata mediante rinvio al rozporządzenie Rady Ministrów w sprawie polskiej klasyfikacji działalności (regolamento relativo alla classificazione polacca delle attività), del 24 dicembre 2007 (Dz. U. del 2007, n. 251, posizione 1885), in particolare, alla sezione ex 56 del medesimo e alle sottosezioni ivi contenute. Tale sezione comprende le attività di prestazione di servizi connesse alla fornitura di pasti destinati al consumo immediato nei ristoranti, compresi i ristoranti self-service e i ristoranti che propongono piatti da asporto, con o senza posti a sedere. Ciò che è determinante non è il tipo di esercizio che propone i pasti, ma il fatto che questi ultimi siano destinati a un consumo immediato. La sottosezione 56.10.A, intitolata «Ristoranti e altri esercizi di ristorazione permanenti», comprende i servizi di ristorazione forniti a clienti seduti al tavolo o a clienti che scelgono i propri piatti da un menù, non rilevando il fatto che i clienti li consumino in loco, li portino via o se li facciano consegnare a domicilio. Tale sottosezione comprende le seguenti attività: ristoranti, bar, fast food, gelaterie, pizzerie, locali per la ristorazione da asporto, ristoranti o bar gestiti su mezzi di trasporto e gestiti da entità distinte.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15

Il ricorrente nel procedimento principale è affiliato a una catena di ristoranti fast food. Egli esercita un’attività di vendita di pasti e piatti pronti, come panini, insalate, patatine fritte, gelati ecc. Tali prodotti sono serviti su un vassoio di plastica, insieme al quale il cliente riceve tovaglioli di carta e, per alcuni prodotti, posate di plastica e/o una cannuccia. I suddetti pasti e piatti sono preparati in loco utilizzando prodotti semilavorati, possono essere serviti caldi o freddi e possono essere consumati in loco o portati via dai clienti.

16

Nell’ambito della sua attività economica, il ricorrente nel procedimento principale applica diversi metodi di vendita. I prodotti sono venduti all’interno del ristorante, dai banchi all’esterno di quest’ultimo oppure all’interno di centri commerciali, in aree designate per la ristorazione.

17

Nel settembre 2016 l’autorità tributaria ha eseguito un controllo delle dichiarazioni IVA del ricorrente nel procedimento principale nonché della liquidazione e del pagamento di tale imposta per il periodo compreso tra il 1o gennaio e il 30 giugno 2016.

18

In esito a tale controllo, ritenendo che tutte le attività del ricorrente nel procedimento principale dovessero essere qualificate come «servizi di ristorazione», soggetti all’aliquota IVA dell’8%, e non, a differenza di come tali attività erano state dichiarate, «cessioni di piatti pronti», alle quali si applica l’aliquota IVA del 5%, l’autorità tributaria, con decisione del 21 aprile 2017, ha rettificato l’importo dell’IVA dovuta dal ricorrente nel procedimento principale per il periodo di riferimento. Tale decisione è stata confermata dall’autorità tributaria di secondo grado.

19

Con sentenza del 1o marzo 2018, il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Gliwicach (Tribunale amministrativo del voivodato di Gliwice, Polonia) ha respinto il ricorso proposto dal ricorrente nel procedimento principale avverso la decisione dell’autorità tributaria di secondo grado e ha confermato le conclusioni di quest’ultima.

20

Il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Gliwicach (Tribunale amministrativo del voivodato di Gliwice) ha rilevato, al pari dell’autorità tributaria, che la possibilità offerta ai clienti di consumare in loco il piatto acquistato, senza che fosse necessaria alcuna ulteriore preparazione, eccedeva la mera fornitura di un piatto, in quanto quest’ultimo, benché non richiedesse ulteriori preparazioni culinarie da parte del cliente, doveva comunque essere riscaldato o mescolato per poter essere direttamente consumato.

21

La sentenza emessa dal Wojewódzki Sąd Administracyjny w Gliwicach (Tribunale amministrativo del voivodato di Gliwice) è stata impugnata dal ricorrente nel procedimento principale dinanzi al giudice del rinvio, il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia).

22

Il giudice del rinvio precisa che, all’articolo 5a della legge sull’IVA, la Repubblica di Polonia si è avvalsa della possibilità per gli Stati membri, prevista all’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva IVA, di ridurre l’aliquota IVA applicabile alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi elencate nell’allegato III di tale direttiva. Detto giudice esprime, tuttavia, dubbi circa il recepimento nel diritto polacco dell’articolo 98 della succitata direttiva e dell’allegato III di quest’ultima, a causa del rinvio, effettuato nel summenzionato diritto, non alla NC, bensì al PKWiU, il quale è una classificazione delle attività a fini statistici che definisce, in particolare, l’ambito di applicazione delle nozioni che vi figurano in funzione dell’attività di entità specifiche e non, come avviene in materia di IVA, sulla base dell’oggetto di tale imposta.

23

Pertanto, secondo il sistema istituito dal diritto polacco, l’aliquota ridotta che si applica a un’operazione imponibile è determinata unicamente in virtù della sezione del PKWiU in cui essa rientra, cosicché il fatto che tale operazione sia qualificata come «cessione di beni» o come «prestazione di servizi» è irrilevante. Conformemente al suddetto sistema, le operazioni imponibili rientranti nella categoria dei «pasti e piatti pronti», ai sensi della sottosezione 10.85.1 del PKWiU, sono assoggettate a un’aliquota IVA ridotta del 5%, mentre quelle rientranti nei «servizi di ristorazione», ai sensi della sezione ex 56 del PKWiU, sono assoggettate a un’aliquota IVA ridotta dell’8%.

24

Il giudice del rinvio rileva, tuttavia, che, in applicazione del metodo di classificazione adottato, i «servizi di ristorazione» ai sensi della sezione ex 56 del PKWiU costituirebbero una categoria più ampia di quella dei «servizi di ristorazione e catering», ai sensi dell’allegato III, punto 12 bis, della direttiva IVA.

25

Per quanto riguarda la nozione di «pasti e piatti pronti», il giudice del rinvio indica che essa dovrebbe essere interpretata conformemente alla giurisprudenza della Corte e si chiede in che modo il criterio relativo al metodo di preparazione dei piatti, applicato dall’autorità tributaria e dal Wojewódzki Sąd Administracyjny w Gliwicach (Tribunale amministrativo del voivodato di Gliwice), sia rilevante per distinguere tale nozione da quella di «servizio di ristorazione». Detto giudice ritiene, infatti, che dalla giurisprudenza della Corte risulti che la preparazione di un prodotto finale caldo non può, di per sé, conferire il carattere di prestazione di servizi all’operazione di cui trattasi (sentenza del 10 marzo 2011, Bog e a., C‑497/09, C‑499/09, C‑501/09 e C‑502/09, EU:C:2011:135, punti 6869).

26

Tuttavia, il giudice del rinvio sottolinea che i criteri che consentono di operare una distinzione tra le cessioni di beni e le prestazioni di servizi nel settore della vendita di cibi e bevande sono stati elaborati dalla Corte nella sentenza del 2 maggio 1996, Faaborg‑Gelting Linien (C‑231/94, EU:C:1996:184), pronunciata prima che i «servizi di ristorazione e di catering» fossero definiti nel diritto dell’Unione, all’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011. Pertanto, secondo tale giudice, occorre stabilire se tali criteri siano ancora validi.

27

Infine, il giudice del rinvio pone l’accento sulla necessità di prendere in considerazione tutti i metodi di vendita applicati dal ricorrente nel procedimento principale al fine di distinguere le cessioni di beni dalle prestazioni di servizi, precisando che ciascuno di tali metodi presenta elementi attinenti sia alle prime che alle seconde. L’unica differenza risiede, secondo tale giudice, nell’ampiezza dell’infrastruttura proposta dal venditore e nelle aspettative dei clienti quanto alla rilevanza degli elementi rientranti nella prestazione di servizi.

28

Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, indipendentemente dal metodo di vendita, la prestazione di servizi, in particolare la possibilità di consumare in loco il piatto o il pasto acquistato, ha solo carattere potenziale e dipende dalla scelta del cliente. A causa del sistema di vendita semplificato nonché del modo di servire e di confezionare tali piatti o pasti, non sarebbe possibile, nella fase della vendita, stabilire se detto piatto o pasto sarà consumato in loco o se si tratti di una vendita da asporto.

29

Date siffatte circostanze, il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se nell’ambito della nozione di “servizio di ristorazione”, al quale si applica un’aliquota dell’IVA ridotta [(articolo 98, paragrafo 2, della direttiva IVA, in combinato disposto con l’allegato III, punto 12 bis, di quest’ultima e con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011)] rientri la vendita di piatti pronti per il consumo che avviene alle condizioni di cui alla controversia pendente davanti al giudice del rinvio, ossia nell’ipotesi in cui:

un venditore mette a disposizione degli acquirenti un’infrastruttura che rende possibile il consumo in loco del pasto acquistato (spazio separato destinato alla consumazione, accesso alla toilette);

manca un servizio specializzato fornito da camerieri;

non c’è servizio in senso stretto;

il processo di ordinazione è semplificato e parzialmente automatizzato;

il cliente ha possibilità limitate di personalizzare l’ordinazione.

2)

Se, ai fini della soluzione della prima questione, sia rilevante il metodo di preparazione dei piatti che consiste, segnatamente, nel sottoporre a trattamento termico alcuni prodotti semilavorati e nel confezionare piatti pronti a partire da prodotti semilavorati.

3)

Se, ai fini della soluzione della prima questione, sia sufficiente che il cliente abbia la possibilità di fruire eventualmente dell’infrastruttura messa a disposizione o se sia necessario stabilire che, dal punto di vista del consumatore medio, detto elemento costituisce una parte essenziale della prestazione».

Sulle questioni pregiudiziali

30

Con le sue questioni pregiudiziali, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’attività di un soggetto passivo consistente nella vendita, secondo diverse modalità, di piatti e di pasti pronti per il consumo rientri nella categoria dei «servizi di ristorazione e catering» ai quali può essere applicata un’aliquota IVA ridotta ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva IVA, in combinato disposto con l’allegato III, punto 12 bis, di tale direttiva e con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011.

31

In via preliminare, occorre osservare come dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulti che le questioni sottoposte alla Corte traggono origine dai dubbi nutriti dal giudice del rinvio quanto al modo in cui il legislatore polacco ha recepito, nel diritto nazionale, l’articolo 98 della direttiva IVA, in combinato disposto con l’allegato III di quest’ultima.

32

I dubbi nutriti da tale giudice riguardano, in particolare, la circostanza che, ad avviso di quest’ultimo, i «servizi di ristorazione» ai sensi della sezione ex 56 del PKWiU, costituiscono una categoria più ampia di quella contenuta nell’allegato III, punto 12 bis, della direttiva IVA.

33

Infatti, dal fascicolo a disposizione della Corte risulta che la sezione ex 56 del PKWiU include sia una parte dei servizi rientranti nella nozione di «servizi di ristorazione e catering», ai sensi dell’allegato III, punto 12 bis, della direttiva IVA, sia una parte dei beni rientranti nella nozione di «prodotti alimentari», ai sensi di tale allegato III, punto 1.

34

Di conseguenza, da un lato, il metodo di classificazione scelto dalla Repubblica di Polonia condurrebbe, in sostanza, a una situazione in cui operazioni imponibili diverse, rientranti in due categorie distinte dell’allegato III della direttiva IVA, possono essere classificate, a livello nazionale, in una stessa categoria e assoggettate alla stessa aliquota ridotta. Dall’altro lato, questo metodo implicherebbe che due aliquote IVA ridotte possano applicarsi a una stessa categoria, figurante in tale allegato III, a causa del fatto che, a livello nazionale, il contenuto di detta categoria rientra in diverse sezioni del PKWiU.

35

A questo proposito, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 96 della direttiva IVA, alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi si applica, in linea di principio, un’aliquota IVA identica, ossia l’aliquota normale fissata da ciascuno Stato membro.

36

In deroga a tale principio, la possibilità di applicare aliquote IVA ridotte è prevista dall’articolo 98 di detta direttiva. A questo scopo, l’allegato III della suddetta direttiva elenca in maniera esaustiva le categorie di cessioni di beni e di prestazioni di servizi che possono essere assoggettate a tali aliquote ridotte (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Segler-Vereinigung Cuxhaven, C‑715/18, EU:C:2019:1138, punto 22).

37

La finalità della facoltà concessa agli Stati membri di prevedere aliquote IVA ridotte è quella di rendere meno onerosi e, di conseguenza, maggiormente accessibili al consumatore finale, sul quale grava in definitiva l’imposta, taluni beni e servizi ritenuti particolarmente necessari (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2017, Oxycure Belgium, C‑573/15, EU:C:2017:189, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

38

Conformemente a giurisprudenza costante della Corte, spetta agli Stati membri, fatta salva l’osservanza del principio della neutralità fiscale inerente al sistema comune dell’IVA, determinare con maggiore precisione, tra le cessioni di beni e le prestazioni di servizi incluse nelle categorie di cui all’allegato III della direttiva IVA, quelle alle quali si applica l’aliquota ridotta (sentenza del 9 novembre 2017, AZ, C‑499/16, EU:C:2017:846, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

39

Al riguardo si deve osservare che, ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 3, della direttiva IVA, gli Stati membri possono far ricorso alla NC quando applicano le aliquote ridotte alle categorie relative a cessioni di beni, per delimitare con precisione la categoria in questione. Tuttavia, occorre rilevare che il ricorso alla NC non è che uno dei vari modi di delimitare con precisione la categoria in questione (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2017, AZ, C‑499/16, EU:C:2017:846, punto 25).

40

Dalle considerazioni che precedono risulta che, a condizione che le operazioni alle quali si applica l’aliquota ridotta rientrino in una delle categorie di cui all’allegato III della direttiva IVA e che il principio di neutralità fiscale sia rispettato, il legislatore nazionale è libero, quando delimita, nel suo diritto interno, le categorie alle quali intende applicare tale aliquota ridotta, di classificare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi incluse nelle categorie di cui all’allegato III della direttiva IVA secondo il metodo che ritiene più adeguato.

41

Fatto salvo il rispetto delle condizioni enunciate al punto precedente, il legislatore nazionale può classificare in una stessa categoria operazioni imponibili diverse, incluse in categorie distinte di tale allegato III, senza operare alcuna distinzione formale tra le cessioni di beni e le prestazioni di servizi. Analogamente, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue conclusioni, è irrilevante che il legislatore nazionale, per designare una categoria della propria classificazione, abbia scelto di utilizzare termini simili a quelli di uno dei punti dell’allegato III della direttiva IVA pur individuando un ambito di applicazione più ampio di quello della categoria di cui al punto in questione, posto che i beni e i servizi ivi indicati sono imponibili all’aliquota IVA ridotta.

42

Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 50 delle sue conclusioni e tenuto conto, in particolare, della sentenza del 27 febbraio 2014, Pro Med Logistik e Pongratz (C‑454/12 e C‑455/12, EU:C:2014:111, punti 4344), la direttiva IVA non osta, inoltre, a che cessioni di beni o prestazioni di servizi rientranti nella medesima categoria di cui all’allegato III di tale direttiva siano assoggettate a due aliquote IVA ridotte diverse.

43

Ciò premesso, occorre ricordare che, quando scelgono di applicare una o due aliquote IVA ridotte a taluna delle 24 categorie di cessioni di beni o di prestazioni di servizi elencate nell’allegato III della direttiva IVA o, se del caso, di limitarne l’applicazione in maniera selettiva a una parte delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizi di ciascuna di tali categorie, gli Stati membri devono rispettare il principio di neutralità fiscale (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2017, Oxycure Belgium, C‑573/15, EU:C:2017:189, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

44

Tale principio osta a che cessioni di beni o prestazioni di servizi simili, che si trovino in concorrenza gli uni con gli altri, siano trattati in modo diverso dal punto di vista dell’IVA (sentenze del 9 marzo 2017, Oxycure Belgium, C‑573/15, EU:C:2017:189, punto 30 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 19 dicembre 2019, Segler‑Vereinigung Cuxhaven, C‑715/18, EU:C:2019:1138, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

45

Ciò considerato, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 59 delle sue conclusioni, spetta al giudice nazionale accertare non solo che la scelta del legislatore nazionale di applicare una o due aliquote IVA ridotte riguardi operazioni che rientrano in una o più categorie elencate nell’allegato III della direttiva IVA, ma anche che il diverso trattamento, dal punto di vista dell’IVA, per le cessioni di beni o per le prestazioni di servizi rientranti nella medesima categoria di tale allegato rispetti il principio di neutralità fiscale.

46

Dal momento che la qualificazione delle operazioni imponibili secondo le categorie di cui all’allegato III della direttiva IVA è un presupposto indispensabile per verificare l’applicabilità di un’aliquota IVA ridotta, spetta alla Corte definire i criteri utili a tale valutazione, la quale compete al giudice nazionale.

47

A questo proposito, occorre ricordare che la direttiva IVA crea un sistema comune dell’IVA basato, in particolare, su una definizione uniforme delle operazioni imponibili (sentenze del 13 giugno 2018, Polfarmex, C‑421/17, EU:C:2018:432, punto 27, e dell’11 maggio 2017, Posnania Investment, C‑36/16, EU:C:2017:361, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

48

Nel caso di un’operazione complessa, costituita da una serie di elementi e di atti strettamente connessi che formano oggettivamente una sola operazione economica indissociabile, da giurisprudenza costante della Corte risulta che, per stabilire se tale operazione debba essere qualificata come cessione di beni o come prestazione di servizi, occorre prendere in considerazione tutte le circostanze nelle quali si svolge detta operazione per ricercarne gli elementi caratteristici e predominanti (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2011, Bog e a., C‑497/09, C‑499/09, C‑501/09 e C‑502/09, EU:C:2011:135, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

49

La Corte ha altresì precisato che l’elemento predominante deve essere determinato basandosi sul punto di vista del consumatore medio e tenendo conto, nel contesto di una valutazione di insieme, dell’importanza non semplicemente quantitativa, ma anche qualitativa degli elementi della prestazione di servizi rispetto a quelli rientranti in una cessione di beni (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2011, Bog e a., C‑497/09, C‑499/09, C‑501/09 e C‑502/09, EU:C:2011:135, punto 62).

50

A tale riguardo, poiché la commercializzazione di un bene è sempre accompagnata da una se pur minima prestazione di servizi come la presentazione dei prodotti negli scaffali o l’emissione di una fattura, per valutare la rilevanza della prestazione di servizi nel contesto di una transazione complessa, che comporta altresì la cessione di un bene, debbono essere presi in considerazione solamente i servizi diversi da quelli che necessariamente accompagnano la commercializzazione di un bene (sentenza del 10 marzo 2011, Bog e a., C‑497/09, C‑499/09, C‑501/09 e C‑502/09, EU:C:2011:135, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

51

La Corte ha dichiarato, in particolare, che l’operazione di ristorazione è caratterizzata da una serie di elementi e di atti, di cui la cessione di cibi è soltanto una parte e nel cui ambito i servizi sono ampiamente predominanti, e che tale operazione dev’essere pertanto considerata una «prestazione di servizi», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1), divenuto l’articolo 24 della direttiva IVA. Diverso è il caso di un’operazione avente ad oggetto alimenti da asportare non accompagnata da servizi volti a rendere più piacevole il consumo in loco in un ambiente adeguato (v., in tal senso, sentenze del 2 maggio 1996, Faaborg-Gelting Linien, C‑231/94, EU:C:1996:184, punto 14, e del 10 marzo 2011, Bog e a., C‑497/09, C‑499/09, C‑501/09 e C‑502/09, EU:C:2011:135, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

52

Così, per quanto riguarda operazioni di ristorazione effettuate a bordo di traghetti, la Corte ha dichiarato che la fornitura di bevande e di cibi preparati pronti al consumo immediato è il risultato di una serie di servizi che vanno dalla cottura dei cibi alla loro consegna materiale su un sostegno e che tale fornitura si accompagna alla predisposizione in favore del cliente di un’infrastruttura comprendente tanto una sala di ristoro con annessi, come un guardaroba, quanto arredi e stoviglie. Vi possono essere persone fisiche, la cui attività professionale consiste nell’effettuare tali operazioni di ristorazione, che provvedono ad apparecchiare i tavoli, a consigliare il cliente e a fornire a quest’ultimo spiegazioni sui piatti o sulle bevande proposte, a servire a tavola tali prodotti e, infine, a sparecchiare dopo il consumo (v., in tal senso, sentenza del 2 maggio 1996, Faaborg-Gelting Linien, C‑231/94, EU:C:1996:184, punto 13).

53

Sempre a proposito degli elementi di prestazione di servizi che caratterizzano le operazioni di ristorazione e, in particolare, per quanto riguarda le infrastrutture messe a disposizione del cliente, la Corte ha precisato che, tuttavia, quando la fornitura di cibi è accompagnata solo dalla messa a disposizione di infrastrutture rudimentali, vale a dire semplici banchi per il consumo, senza alcuna possibilità di sedersi, che consentono esclusivamente a un numero limitato di clienti il consumo in loco e all’aperto, il che presuppone solamente un intervento trascurabile da parte dell’uomo, detti elementi costituiscono solo prestazioni accessorie minime che non sono tali da modificare il carattere predominante della prestazione principale, ossia quello di una cessione di beni (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2011, Bog e a., C‑497/09, C‑499/09, C‑501/09 e C‑502/09, EU:C:2011:135, punto 70).

54

Per quanto concerne la preparazione dei prodotti, dalla giurisprudenza della Corte risulta che il fatto che la fornitura di alimenti preparati presupponga la loro cottura o il loro riscaldamento, il che costituisce una prestazione di servizi, deve essere preso in considerazione nell’ambito della valutazione globale dell’operazione di cui trattasi ai fini della sua qualificazione come cessione di beni o come prestazione di servizi. Tuttavia, se la preparazione del prodotto finale caldo si limita, essenzialmente, ad azioni sommarie e standardizzate che quasi sempre non avvengono su ordinazione di un particolare cliente, ma in modo costante o regolare, in funzione della domanda in generale prevedibile, essa non costituisce l’elemento preponderante dell’operazione di cui trattasi e non può, di per sé, conferire il carattere di prestazione di servizi a siffatta operazione (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2011, Bog e a., C‑497/09, C‑499/09, C‑501/09 e C‑502/09, EU:C:2011:135, punti 6768).

55

Inoltre, come evidenziato dal giudice del rinvio, il legislatore dell’Unione è parimenti intervenuto, con l’intento di garantire l’applicazione uniforme del sistema d’IVA, per precisare il criterio che consente di qualificare operazioni come servizi di ristorazione o come servizi di catering mediante il regolamento di esecuzione n. 282/2011, applicabile, in forza dell’articolo 65 di quest’ultimo, dal 1o luglio 2011.

56

L’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011 prevede che «[i] servizi di ristorazione e di catering consistono nella fornitura di cibi o bevande preparati o non preparati o di entrambi, destinati al consumo umano, accompagnata da servizi di supporto sufficienti a permetterne il consumo immediato», che «[l]a fornitura di cibi o bevande o di entrambi costituisce solo una componente dell’insieme in cui i servizi prevalgono» e che «[n]el caso della ristorazione tali servizi sono prestati nei locali del prestatore, mentre nel caso del catering i servizi sono prestati in locali diversi da quelli del prestatore».

57

L’articolo 6, paragrafo 2, di tale regolamento di esecuzione precisa che «[l]a fornitura di cibi o bevande preparati o non preparati o di entrambi, compreso o meno il trasporto ma senza altri servizi di supporto, non è considerata un servizio di ristorazione o di catering ai sensi del paragrafo 1».

58

Pertanto, dalla formulazione dell’articolo 6 di detto regolamento di esecuzione risulta che, ai fini della qualificazione di un’operazione imponibile come «servizi di ristorazione e di catering», il legislatore dell’Unione ha inteso attribuire un’importanza determinante non alle modalità di preparazione dei cibi o della loro cessione, bensì all’attuazione di servizi di supporto che accompagnano la fornitura di cibi preparati, servizi che devono essere sufficienti a garantire il consumo immediato di tali cibi e predominanti rispetto alla fornitura di questi ultimi.

59

Pertanto, dalla definizione di «servizi di ristorazione e di catering» di cui all’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011, letta alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti da 52 a 54 della presente sentenza, deriva che i criteri determinanti per valutare se i servizi che accompagnano la fornitura di cibi preparati possano essere considerati «servizi di supporto sufficienti» riguardano il livello di servizi offerto al consumatore.

60

A tal riguardo, la Corte tiene conto, in particolare, di elementi quali la presenza di personale, l’esistenza di un servizio consistente, tra l’altro, nella trasmissione delle ordinazioni alla cucina, nella successiva presentazione dei piatti e nel relativo servizio al tavolo ai clienti, l’esistenza di locali chiusi e climatizzati specificamente dedicati al consumo degli alimenti, o ancora la presenza di guardaroba e toilette nonché la fornitura di stoviglie, mobili e posate (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2011, Bog e a., C‑497/09, C‑499/09, C‑501/09 e C‑502/09, EU:C:2011:135, punto 69).

61

Ciò precisato, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 92 delle sue conclusioni, l’applicazione di tali criteri deve essere combinata con la presa in considerazione della scelta del consumatore di beneficiare dei servizi di supporto alla fornitura di cibi o bevande, scelta che sarà presunta in base alle modalità di vendita del pasto consumabile immediatamente.

62

Come ricordato al punto 49 della presente sentenza, infatti, nel caso delle prestazioni complesse, l’elemento predominante di un’operazione deve essere determinato basandosi sul punto di vista del consumatore. Orbene, se quest’ultimo sceglie di non beneficiare dei mezzi materiali e umani messi a sua disposizione dal soggetto passivo, tali mezzi non sono determinanti per detto consumatore. Pertanto, in tale fattispecie, occorre considerare che nessun servizio di supporto accompagna la fornitura di cibi o bevande e che l’operazione di cui trattasi deve essere qualificata come cessione di beni.

63

Spetta al giudice nazionale stabilire, alla luce dei criteri illustrati al punto 60 della presente sentenza, se i diversi sistemi di vendita attuati dal soggetto passivo rientrino o meno nella nozione di «servizi di ristorazione e catering».

64

A questo proposito, da un lato, occorre ricordare che il fatto che le operazioni di cui trattasi rientrino nella nozione di «servizi di ristorazione e catering» o in quella di «prodotti alimentari», ai sensi dell’allegato III della direttiva IVA, può non incidere sulla scelta dell’aliquota IVA ridotta applicabile dallo Stato membro. Infatti, come precisato al punto 41 della presente sentenza, ciascuno Stato membro è libero di classificare in una stessa categoria e di assoggettare ad imposta alla stessa aliquota IVA ridotta operazioni imponibili diverse, incluse in categorie distinte di tale allegato, senza operare alcuna distinzione formale tra le cessioni di beni e le prestazioni di servizi.

65

Dall’altro lato, se si applicano aliquote IVA ridotte diverse per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi o per una parte di essi, come rilevato dalla Commissione europea nelle sue osservazioni scritte, spetta al soggetto passivo tenere una contabilità sufficientemente dettagliata e, in particolare, conservare la copia di tutte le fatture emesse che provino l’applicazione di tali aliquote (v., per analogia, sentenza del 21 novembre 2018, Fontana, C‑648/16, EU:C:2018:932, punto 31).

66

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva IVA, in combinato disposto con l’allegato III, punto 12 bis, di tale direttiva e con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011, deve essere interpretato nel senso che rientra nella nozione di «servizi di ristorazione e catering» la fornitura di cibi accompagnata da servizi di supporto sufficienti, destinati a consentire il consumo immediato di tali cibi da parte del cliente finale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Ove il cliente finale scelga di non beneficiare dei mezzi materiali e umani messi a sua disposizione dal soggetto passivo per accompagnare il consumo dei cibi forniti, si dovrà considerare che la fornitura di tali cibi non è accompagnata da alcun servizio di supporto.

Sulle spese

67

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

L’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2009/47/CE del Consiglio, del 5 maggio 2009, in combinato disposto con l’allegato III, punto12 bis, di tale direttiva e con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112, deve essere interpretato nel senso che rientra nella nozione di «servizi di ristorazione e catering» la fornitura di cibi accompagnata da servizi di supporto sufficienti, destinati a consentire il consumo immediato di tali cibi da parte del cliente finale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Ove il cliente finale scelga di non beneficiare dei mezzi materiali e umani messi a sua disposizione dal soggetto passivo per accompagnare il consumo dei cibi forniti, si dovrà considerare che la fornitura di tali cibi non è accompagnata da alcun servizio di supporto.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il polacco.