SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

2 luglio 2020 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Marchi – Direttiva 2008/95/CE – Articolo 5, paragrafo 1 – Uso nel commercio di un segno identico o simile al marchio altrui per prodotti o servizi identici o simili a quelli per i quali tale marchio è stato registrato – Portata del termine “usare” – Annuncio pubblicato su un sito Internet su ordine di una persona che opera nel commercio e poi riportato su altri siti Internet»

Nella causa C‑684/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale superiore del Land, Düsseldorf, Germania), con decisione del 9 settembre 2019, pervenuta in cancelleria il 17 settembre 2019, nel procedimento

mk advokaten GbR

contro

MBK Rechtsanwälte GbR,

LA CORTE (Decima Sezione),

composta da I. Jarukaitis, presidente di sezione, M. Ilešič (relatore) e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la MBK Rechtsanwälte GbR, da M. Boden, Rechtsanwalt;

per il governo tedesco, da J. Möller, M. Hellmann e U. Bartl, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da É. Gippini Fournier e W. Mölls, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2008, L 299, pag. 25).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede contrapposte la mk advokaten GbR e la MBK Rechtsanwälte GbR, in merito ad un divieto impartito alla mk advokaten di usare nel commercio il gruppo di lettere «mbk».

Contesto normativo

3

L’articolo 5 della direttiva 2008/95 così dispone:

«1.   Il marchio registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a)

un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b)

un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza di detto segno col marchio di impresa e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il marchio di impresa.

2.   Uno Stato membro può inoltre prevedere che il titolare abbia il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio un segno identico o simile al marchio di impresa per i prodotti o servizi che non sono simili a quelli per cui esso è stato registrato, se il marchio di impresa gode di notorietà nello Stato membro e se l’uso immotivato del segno consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio di impresa o reca pregiudizio agli stessi.

3.   Si può in particolare vietare, se le condizioni menzionate al paragrafo 1 e 2 sono soddisfatte:

a)

l’apposizione del segno sui prodotti o sul loro imballaggio;

b)

di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire o fornire servizi contraddistinti dal segno;

c)

l’importazione o l’esportazione dei prodotti sotto la copertura del segno;

d)

l’uso del segno nella corrispondenza commerciale o nella pubblicità.

(…)».

4

La direttiva 2008/95 è stata abrogata e sostituita a decorrere dal 15 gennaio 2019 dalla direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2015, L 336, pag. 1). Il contenuto dell’articolo 5 della direttiva 2008/95 figura ormai, in sostanza e corredato di modifiche, all’articolo 10 della direttiva 2015/2436. Tuttavia, tenuto conto dell’epoca dei fatti all’origine della controversia nel procedimento principale, il presente rinvio pregiudiziale deve essere esaminato alla luce della direttiva 2008/95.

Procedimento principale e questione pregiudiziale

5

La società d’avvocati MBK Rechtsanwälte, con sede in Mönchengladbach (Germania), è titolare di un marchio tedesco costituito dalla sua denominazione «MBK Rechtsanwälte». Tale marchio è registrato per servizi giuridici.

6

Anche la mk advokaten, con sede in Kleve (Germania), è una società di avvocati. Inizialmente essa esercitava le sue attività con la denominazione «mbk rechtsanwälte» e con la corrispondente denominazione in lingua neerlandese «mbk advokaten». Tuttavia, in seguito ad un’azione per contraffazione proposta dalla MBK Rechtsanwälte, il Landgericht Düsseldorf (Tribunale del Land, Düsseldorf, Germania), ha vietato, con decisione del 17 ottobre 2016, alla mk advokaten, sotto la comminatoria di un’ammenda, di usare nel commercio il gruppo di lettere «mbk» per servizi giuridici. Tale decisione acquistava forza di res judicata.

7

È poi accaduto che, in caso di utilizzo del motore di ricerca gestito dalla società Google, l’introduzione dei termini «mbk Rechtsanwälte» conducesse a diversi siti Internet di referenziamento di imprese, come il sito Internet www.kleve-niederrhein-stadtbranchenbuch.com, che proponevano un annuncio per i servizi giuridici della mk advokaten.

8

La MBK Rechtsanwälte, ritenendo in tal modo dimostrato che il divieto imposto dal Landgericht Düsseldorf (Tribunale del Land, Düsseldorf) non fosse rispettato, ha chiesto a detto giudice di infliggere un’ammenda alla mk advokaten.

9

A sua difesa, la mk advokaten ha sostenuto che, trattandosi di annunci via Internet, l’unica iniziativa da essa intrapresa era consistita nell’inscriversi nell’annuario on-line Das Örtliche e che, dalla decisione del 17 ottobre 2016 del Landgericht Düsseldorf (Tribunale del Land, Düsseldorf), essa aveva ritirato tale iscrizione per ogni segno contenente il gruppo di lettere «mbk». A suo avviso, nessun altro obbligo era a suo carico, dato che essa non aveva mai chiesto di figurare su altri siti Internet.

10

Il Landgericht Düsseldorf (Tribunale del Land, Düsseldorf) ha accolto la domanda della MBK Rechtsanwälte. Detto giudice ha constatato che l’annuncio in parola messo on-line sui siti Internet andava a beneficio della mk advokaten ed era basato su quello che quest’ultima aveva fatto inserire nell’annuario Das Örtliche. Tale giudice ha inflitto un’ammenda alla mk advokaten, dato che quest’ultima si era limitata, dopo la decisione del 17 ottobre 2016, a far cancellare l’annuncio comparso su tale annuario.

11

La mk advokaten ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi al giudice del rinvio, l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale superiore del Land, Düsseldorf, Germania).

12

Quest’ultimo giudice considera che per decidere sulla causa di cui è investito è necessaria l’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/95.

13

Esso dichiara che da una giurisprudenza tedesca ben consolidata deriva che, qualora un annuncio posto on-line su un sito Internet pregiudichi il diritto altrui, la persona che ha ordinato tale annuncio deve non soltanto farlo cancellare su tale sito, ma anche verificare, con l’aiuto degli usuali motori di ricerca, che i gestori di altri siti Internet non abbiano ripreso l’annuncio stesso e, se ciò accade, intraprendere un serio tentativo per far cancellare detti successivi referenziamenti.

14

Tale giurisprudenza sarebbe fondata sulla considerazione che ogni presentazione dell’annuncio va a beneficio della persona i cui prodotti e servizi vengono in tal modo promossi. Spetterebbe di conseguenza a tale persona svolgere, in caso di pregiudizio di un altrui diritto, le attività necessarie affinché tutte le occorrenze su Internet dell’annuncio di cui trattasi siano soppresse.

15

Il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla conformità di tale giurisprudenza tedesca con i principi che emergono dalla sentenza del 3 marzo 2016, Daimler (C‑179/15, EU:C:2016:134), in quanto la Corte vi avrebbe seguito un altro orientamento con riferimento ad annunci che recavano pregiudizio al marchio altrui. Tale orientamento potrebbe essere applicato alla controversia su cui il giudice del rinvio è chiamato a decidere.

16

È pur vero che, nella causa sfociata in tale sentenza della Corte, l’annuncio oggetto della controversia di cui si trattava era, in un primo momento, lecito, mentre, nella presente causa, l’annuncio di cui la mk advokaten ha commissionato la pubblicazione on-line ha pregiudicato il marchio altrui fin dal principio. Tuttavia, il rilievo di tale divergenza nell’interpretazione del termine «usare», ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, non apparirebbe con chiarezza.

17

Ciò premesso, l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale superiore del Land, Düsseldorf) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se un terzo, menzionato in un’inserzione pubblicata su un sito internet contenente un segno identico ad un marchio, faccia uso di tale marchio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva [2008/95], qualora l’inserzione stessa non sia stata collocata dal terzo, ma sia stata ripresa dal gestore del sito internet da un’altra inserzione collocata dal terzo in violazione del marchio».

Sulla questione pregiudiziale

18

Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/95 debba essere interpretato nel senso che una persona, che opera nel commercio e che ha fatto pubblicare su un sito Internet un annuncio recante pregiudizio al marchio altrui, usa il segno identico a tale marchio qualora i gestori di altri siti Internet riprendano detto annuncio mettendolo on-line su tali altri siti.

19

Al riguardo, occorre anzitutto ricordare che il fatto di offrire in vendita prodotti o servizi sotto un segno identico o simile al marchio altrui e di fare pubblicità per tali prodotti o servizi sotto detto segno, costituisce un «uso» di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 23 marzo 2010, Google France e Google, da C‑236/08 a C‑238/08, EU:C:2010:159, punti 4561 e giurisprudenza ivi citata).

20

Deriva peraltro da una giurisprudenza ben consolidata che sussiste un uso siffatto del segno identico o simile al marchio altrui quando tale segno, selezionato da un inserzionista come parola chiave nell’ambito di un servizio di referenziamento su Internet, costituisce il mezzo che egli utilizza per produrre la visualizzazione del suo annuncio, anche qualora detto segno non appaia nell’annuncio stesso (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2011, Interflora e Interflora British Unit, C‑323/09, EU:C:2011:604, punti 3031 e giurisprudenza ivi citata).

21

Pertanto, allorché una persona che opera nel commercio ordina presso il gestore di un sito Internet di inserzioni la pubblicazione di un annuncio, la cui visualizzazione contiene o è prodotta da un segno identico o simile al marchio altrui, si deve ritenere che tale persona faccia uso di detto segno, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/95 (v., in tal senso, sentenza del 3 marzo 2016, Daimler, C‑179/15, EU:C:2016:134, punti 2930).

22

Non possono essere imputati, invece, a tale persona, sotto il profilo dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, atti autonomi di altri operatori economici, quali quelli di gestori di siti Internet di referenziamento, con cui essa non intrattiene nessun rapporto diretto o indiretto e che agiscono non su sua commissione e per suo conto, ma di loro propria iniziativa e in nome proprio (v., per analogia, sentenza del 3 marzo 2016, Daimler, C‑179/15, EU:C:2016:134, punti 3637).

23

Infatti, il termine «usare» che figura all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/95 implica un comportamento attivo e il controllo, diretto o indiretto, sull’atto che costituisce l’uso. Ciò non accade se tale atto viene effettuato da un operatore indipendente senza il consenso dell’inserzionista (sentenza del 3 marzo 2016, Daimler, C‑179/15, EU:C:2016:134, punto 39).

24

Tale disposizione non può pertanto essere interpretata nel senso che una persona può, indipendentemente dal suo comportamento, essere considerata autrice dell’uso di un segno identico o simile al marchio altrui per il solo motivo che tale uso è idoneo a procurarle un vantaggio economico (v., in tal senso, sentenza del 3 marzo 2016, Daimler, C‑179/15, EU:C:2016:134, punto 42).

25

In conformità a tale giurisprudenza della Corte, spetterà, nella specie, al giudice del rinvio esaminare se derivi da un comportamento della mk advokaten, nel contesto di una relazione diretta o indiretta tra essa e i gestori dei siti Internet in parola, che tali gestori avessero messo l’annuncio on-line su commissione e per conto della mk advokaten. In assenza di un comportamento siffatto, si dovrebbe concludere che la MBK Rechtsanwälte non è legittimata, in forza del diritto di esclusiva previsto all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, ad agire contro la mk advokaten in conseguenza della pubblicazione on-line dell’inserzione su siti Internet diversi da quello dell’annuario Das Örtliche.

26

Ciò non pregiudicherebbe, eventualmente, la possibilità per la MBK Rechtsanwälte di reclamare dalla mk advokaten la restituzione di vantaggi economici in base alle norme nazionali né quella di agire contro i gestori dei siti Internet in questione (v., per analogia, sentenza del 3 marzo 2016, Daimler, C‑179/15, EU:C:2016:134, punto 43).

27

Sotto quest’ultimo profilo, va osservato che, nell’ipotesi di una ripresa da parte dei gestori di siti Internet di un annuncio di loro stessa iniziativa e a nome proprio, non si può ritenere che l’operatore economico, i cui prodotti o servizi ottengono in tal modo una promozione pubblicitaria, sia loro cliente. Di conseguenza, la giurisprudenza della Corte, secondo cui il gestore di un sito Internet di referenziamento non usa in prima persona i segni identici o simili ai marchi altrui che sono contenuti negli annunci dei suoi clienti o che provocano la visualizzazione di tali annunci (v., segnatamente, sentenze del 23 marzo 2010, Google France e Google, da C‑236/08 a C‑238/08, EU:C:2010:159, punto 56 e del 2 aprile 2020, Coty Germany, C‑567/18, EU:C:2020:267, punti 3940), non si applica in tale ipotesi.

28

In un caso siffatto, detti gestori di siti Internet usano, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, segni identici o simili ai marchi altrui che sono contenuti nelle offerte di vendita o negli annunci che essi visualizzano o che determinano la visualizzazione di detti annunci (v., per analogia, sentenza del 2 aprile 2020, Coty Germany, C‑567/18, EU:C:2020:267, punto 48). I titolari di tali marchi possono pertanto agire contro detti gestori in forza del diritto di esclusiva previsto al predetto articolo 5, paragrafo 1, qualora tali offerte o annunci promuovano prodotti o servizi identici o simili a quelli per i quali detti marchi sono stati registrati.

29

Una simile interpretazione della disposizione suddetta è conforme all’obiettivo della medesima, consistente nel fornire al titolare del marchio uno strumento legale che gli consenta di vietare, e quindi di far cessare, qualsiasi uso del suo marchio che sia fatto da un terzo senza il suo consenso (sentenza del 2 aprile 2020, Coty Germany, C‑567/18, EU:C:2020:267, punto 38).

30

Per quanto riguarda, infine, la circostanza, ricordata nella decisione di rinvio, che, nella causa sfociata nella sentenza del 3 marzo 2016, Daimler (C‑179/15, EU:C:2016:134), l’annuncio che aveva pregiudicato il marchio altrui era inizialmente lecito, mentre l’annuncio di cui trattasi nel procedimento principale ha immediatamente pregiudicato il marchio altrui, è sufficiente osservare che tale circostanza è priva di pertinenza con riferimento all’unica questione esaminata nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale, che consiste nello stabilire chi sia, nel caso della ripresa di un annuncio che pregiudica il marchio altrui, l’autore dell’uso del segno identico o simile a tale marchio.

31

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione presentata dichiarando che l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/95 dev’essere interpretato nel senso che una persona, che opera nel commercio e che ha fatto pubblicare su un sito Internet un annuncio recante pregiudizio al marchio altrui, non usa un segno identico a tale marchio, qualora i gestori di altri siti Internet riprendano tale annuncio inserendolo on-line, di propria iniziativa e a nome proprio, su tali altri siti.

Sulle spese

32

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:

 

L’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, dev’essere interpretato nel senso che una persona, che opera nel commercio e che ha fatto pubblicare su un sito Internet un annuncio recante pregiudizio al marchio altrui, non usa un segno identico a tale marchio, qualora i gestori di altri siti Internet riprendano tale annuncio inserendolo on-line, di propria iniziativa e a nome proprio, su tali altri siti.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.