SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

17 maggio 2022 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Principio di equivalenza – Principio di effettività – Procedimento di esecuzione ipotecaria – Carattere abusivo della clausola che stabilisce il tasso nominale degli interessi di mora e della clausola di esigibilità anticipata contenute nel contratto di mutuo – Autorità di cosa giudicata e decadenza – Perdita della possibilità di far valere il carattere abusivo di una clausola del contratto dinanzi a un organo giurisdizionale – Potere di controllo d’ufficio del giudice nazionale»

Nella causa C‑600/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Audiencia Provincial de Zaragoza (Corte provinciale di Saragozza, Spagna), con decisione del 12 luglio 2019, pervenuta in cancelleria il 6 agosto 2019, nel procedimento

MA

contro

Ibercaja Banco SA,

con l’intervento di:

PO,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Arabadjiev, K. Jürimäe, C. Lycourgos, E. Regan, S. Rodin (relatore) e I. Jarukaitis, presidenti di sezione, M. Ilešič, J.-C. Bonichot, M. Safjan, F. Biltgen, P.G. Xuereb, N. Piçarra, L.S. Rossi e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: E. Tanchev

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 aprile 2021,

considerate le osservazioni presentate:

per l’Ibercaja Banco SA, da J. Rodríguez Cárcamo e A.M. Rodríguez Conde, abogados;

per il governo spagnolo, da S. Centeno Huerta e M.J. Ruiz Sánchez, in qualità di agenti;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da C. Colelli e G. Greco, avvocati dello Stato;

per la Commissione europea, da J. Baquero Cruz, N. Ruiz García e C. Valero, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 luglio 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra MA e l’Ibercaja Banco SA relativamente a una richiesta di pagamento degli interessi dovuti all’istituto bancario a causa dell’inadempimento, da parte di MA e PO, del contratto di mutuo ipotecario concluso tra dette parti.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

Il ventiquattresimo considerando della direttiva 93/13 stabilisce che «le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi degli Stati membri devono disporre dei mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori».

4

L’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

5

Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva in parola:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

Diritto spagnolo

6

La Ley 1/2000 de Enjuiciamiento Civil (legge 1/2000 recante il codice di procedura civile), del 7 gennaio 2000 (BOE n. 7, dell’8 gennaio 2000, pag. 575), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: la «LEC»), al suo articolo 136, intitolato «Decadenza», prevede quanto segue:

«Quando una parte non compie un atto processuale entro il termine impartito per la sua realizzazione, decade dalla relativa possibilità e l’atto in discussione non può più essere compiuto. Il cancelliere dà atto del decorso del termine in un documento ufficiale e dispone i provvedimenti da adottare o notifica l’avviso al giudice affinché sia emessa la decisione corrispondente».

7

Ai sensi dell’articolo 207 della LEC:

«1.   Sono definitive le decisioni che concludono il procedimento di primo grado e quelle che statuiscono sui ricorsi proposti avverso tali decisioni.

2.   Le decisioni definitive sono quelle avverso le quali non può essere esperito alcun ricorso, vuoi perché la legge non ne prevede, vuoi perché, sebbene essa ne preveda, i termini legali sono scaduti senza che nessuna delle parti abbia proposto ricorso.

3.   Le decisioni definitive acquisiscono autorità di cosa giudicata e il tribunale adito è, in ogni caso, vincolato alla soluzione accolta.

4.   Quando sono scaduti i termini di ricorso avverso una decisione ed essa non è stata impugnata, la stessa diviene definitiva e acquisisce autorità di cosa giudicata, e il tribunale adito è, in ogni caso, vincolato alla soluzione accolta».

8

L’articolo 222 della LEC dispone quanto segue:

«1.   L’autorità di cosa giudicata delle sentenze definitive, siano esse di accoglimento o di rigetto, esclude, conformemente alla legge, qualsiasi nuovo procedimento il cui oggetto sia identico a quello del procedimento in cui tale sentenza sia stata pronunciata.

2.   L’autorità di cosa giudicata si estende al petitum della domanda attorea e riconvenzionale, nonché ai punti di cui ai paragrafi 1 e 2 dell’articolo 408 della presente legge.

Si considerano fatti nuovi e distinti, in relazione alla causa petendi della domanda, quelli verificatisi successivamente alla scadenza del termine per la presentazione delle memorie nel procedimento nell’ambito del quale la domanda sia stata formulata.

3.   L’autorità di cosa giudicata è vincolante per le parti del procedimento nel quale è stata pronunciata e per i loro eredi e aventi causa, così come per i soggetti, non parti della controversia, titolari dei diritti che fondano la legittimazione attiva delle parti, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 11 della presente legge.

(...)

4.   L’autorità di cosa giudicata di una sentenza definitiva che conclude un procedimento vincola il giudice adito in un procedimento successivo quando essa risulta costitutiva di un antecedente logico rispetto all’oggetto di quest’ultimo procedimento, purché le parti dei due procedimenti siano le medesime o l’autorità di cosa giudicata si estenda a esse per disposizione di legge».

9

L’articolo 517 della LEC è così formulato:

«1.   L’azione esecutiva deve fondarsi su un titolo esecutivo.

2.   Sono titoli esecutivi soltanto:

1o la sentenza di condanna non più impugnabile;

(...)

9° le altre decisioni processuali e i documenti che, in base alla presente legge o a qualsiasi altra legge, sono esecutivi».

10

L’articolo 552 della LEC dispone quanto segue:

«1.   Se il giudice ritiene che i requisiti e le condizioni imposti dalla legge non siano soddisfatti al fine di disporre l’esecuzione forzata, emette un decreto di diniego dell’esecuzione.

Il giudice esamina d’ufficio la questione se una clausola contenuta in uno dei titoli esecutivi di cui all’articolo 557, paragrafo 1, possa essere considerata abusiva. Qualora il giudice ritenga che una clausola possa essere considerata abusiva, sente le parti entro quindici giorni. Dopo aver sentito le parti, esso si pronuncia entro cinque giorni lavorativi, conformemente all’articolo 561, paragrafo 1, punto 3.

2.   Si può proporre direttamente appello avverso il decreto di diniego dell’esecuzione e la trattazione dell’appello avviene solo con il creditore. Quest’ultimo può anche, se lo desidera, chiedere il riesame della sua domanda da parte dello stesso organo giurisdizionale prima del ricorso in appello.

3.   Quando il decreto di diniego dell’esecuzione è divenuto definitivo, il creditore può far valere i propri diritti solo nell’ambito del corrispondente procedimento ordinario, se a ciò non osta l’autorità di giudicato della sentenza o della decisione definitiva sulla quale era fondata l’azione esecutiva».

11

L’articolo 556 della LEC, intitolato «Opposizione avverso l’esecuzione di decisioni processuali o arbitrali o di accordi di mediazione», ai paragrafi 1 e 2 dispone quanto segue:

«1.   Se il titolo esecutivo è una decisione processuale o arbitrale di condanna o un accordo di mediazione, il debitore esecutato può, entro dieci giorni dalla notifica dell’ordinanza di esecuzione, opporsi a quest’ultima per iscritto, facendo valere il pagamento o il rispetto del dispositivo della sentenza, del lodo arbitrale o dell’accordo, di cui dovrà fornire la prova documentale.

È altresì possibile opporre la decadenza dell’azione esecutiva, nonché gli accordi e le transazioni che siano stati conclusi per evitare l’esecuzione, purché tali accordi e transazioni siano contenuti in un atto notarile».

2.   L’opposizione proposta nei casi indicati nel paragrafo 1 non sospende l’esecuzione».

12

Ai sensi dell’articolo 557 della LEC:

«1.   Quando l’esecuzione è ordinata per i titoli previsti dall’articolo 517, paragrafo 2, punti 4, 5, 6 e 7, nonché per altri documenti muniti di forza esecutiva di cui all’articolo 517, paragrafo 2, punto 9, il debitore esecutato può opporsi, nei termini e nelle forme previsti dall’articolo precedente, solo invocando uno dei seguenti motivi:

(...)

7° Il titolo contiene clausole abusive.

2.   Se viene proposta l’opposizione prevista al paragrafo precedente, la cancelleria del tribunale sospende l’esecuzione mediante una misura di organizzazione del procedimento».

13

L’articolo 695 della LEC dispone quanto segue:

«1.   Nei procedimenti di cui al presente capo l’opposizione del debitore esecutato è accolta solo quando sia basata sui seguenti motivi:

(...)

il carattere abusivo di una clausola contrattuale costituente il fondamento dell’esecuzione o che abbia consentito di determinare l’importo esigibile.

2.   Nell’ipotesi di proposizione dell’opposizione di cui al paragrafo precedente, la cancelleria del tribunale dispone la sospensione dell’esecuzione e invita le parti a comparire dinanzi al tribunale che ha emesso l’ordinanza di sequestro. La citazione deve avvenire almeno quindici giorni prima dello svolgimento dell’udienza in parola. Nel corso di detta udienza il tribunale sente le parti, esamina i documenti prodotti e adotta la relativa decisione, in forma di ordinanza, entro il secondo giorno.

3.   L’ordinanza di accoglimento dell’opposizione fondata sui motivi primo e terzo previsti al paragrafo 1 del presente articolo dichiara l’improcedibilità dell’esecuzione; l’ordinanza di accoglimento dell’opposizione fondata sul secondo motivo determina l’importo rispetto al quale l’esecuzione deve essere mantenuta.

Se è accolto il quarto motivo, viene dichiarata l’improcedibilità dell’esecuzione nel caso in cui la clausola contrattuale costituisca il fondamento del sequestro. Negli altri casi il sequestro prosegue con disapplicazione della clausola abusiva.

4.   Può essere proposto appello avverso la decisione che dispone l’improcedibilità dell’esecuzione o la disapplicazione di una clausola abusiva o il rigetto dell’opposizione per il motivo previsto al paragrafo 1, punto 4), del presente articolo.

Al di fuori di tali ipotesi, le ordinanze che decidono sull’opposizione di cui al presente articolo non sono impugnabili e i loro effetti sono limitati esclusivamente al procedimento di esecuzione nel corso del quale sono emesse».

14

La Ley 1/2013, de medidas para reforzar la protección a los deudores hipotecarios, reestructuración de deuda y alquiler social (legge 1/2013, relativa alle misure volte a rafforzare la tutela dei debitori ipotecari, la ristrutturazione del debito e le locazioni abitative a canone sociale), del 14 maggio 2013 (BOE n. 116, del 15 maggio 2013, pag. 36373; in prosieguo: la «legge 1/2013»), che figura tra le norme che hanno modificato la LEC, ha introdotto, tra i motivi di opposizione, la possibilità di far valere il carattere abusivo di clausole contrattuali, sia nell’ambito del procedimento di esecuzione generale, che in quello del procedimento di esecuzione ipotecaria. La quarta disposizione transitoria della legge 1/2013 così dispone:

«1. Le modifiche [della LEC] introdotte dalla presente legge si applicano ai procedimenti di esecuzione in corso alla data della sua entrata in vigore, con riguardo unicamente agli atti esecutivi che devono ancora essere adottati.

2. In ogni caso, nei procedimenti di esecuzione in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, nei quali sia scaduto il termine di opposizione di dieci giorni previsto all’articolo 556, paragrafo 1, [della LEC], i debitori esecutati dispongono di un termine di decadenza di un mese per proporre opposizione in via incidentale straordinaria, fondandosi sui nuovi motivi di opposizione previsti all’articolo 557, paragrafo 1, punto 7, e all’articolo 695, paragrafo 1, punto 4, [della LEC].

Il termine di decadenza di un mese decorre dal giorno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge e l’opposizione in via incidentale ad opera delle parti ha l’effetto di sospendere il procedimento fino alla pronuncia sull’opposizione, in conformità agli articoli 558 e seguenti e 695 [della LEC].

La presente disposizione transitoria si applica a tutti i procedimenti di esecuzione che non abbiano condotto all’immissione dell’acquirente nel possesso dell’immobile, in conformità all’articolo 675 [della LEC].

3. Parimenti, nei procedimenti di esecuzione in corso nei quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia già iniziato a decorrere il termine di opposizione di dieci giorni previsto all’articolo 556, paragrafo 1, [della LEC], i debitori esecutati dispongono del medesimo termine di decadenza di un mese previsto al paragrafo precedente per proporre opposizione in base a uno qualsiasi dei motivi di opposizione previsti agli articoli 557 e 695 [della LEC].

4. La pubblicità della presente disposizione ha valore di comunicazione integrale e valida ai fini della notifica e del calcolo dei termini previsti ai paragrafi 2 e 3 del presente articolo, non essendo in alcun caso necessario adottare una decisione espressa al tal fine (...)».

15

La Ley 5/2019 reguladora de los contratos de crédito inmobiliario (legge 5/2019 sui contratti di credito immobiliare), del 15 marzo 2019 (BOE n. 65, del 16 marzo 2019, pag. 26329), contiene una terza disposizione transitoria, relativa al regime speciale applicabile ai procedimenti di esecuzione in corso al momento dell’entrata in vigore della legge 1/2013. In forza di tale disposizione, i convenuti nei procedimenti di esecuzione in corso alla data di entrata in vigore della legge 5/2019, nei quali il termine di opposizione di dieci giorni previsto all’articolo 556, paragrafo 1, della LEC era scaduto alla data di entrata in vigore della legge 1/2013, dispongono nuovamente di un termine di dieci giorni per proporre un’istanza incidentale straordinaria di opposizione sulla base della sussistenza di clausole di carattere abusivo. Il diritto così conferito da detta disposizione transitoria si applica a tutti i procedimenti di esecuzione che non abbiano condotto all’entrata in godimento dell’acquirente dell’immobile, purché, in particolare, il giudice non abbia già verificato d’ufficio il carattere abusivo delle clausole del contratto.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16

Con contratto stipulato con atto pubblico del 6 maggio 2005, l’Ibercaja Banco ha concesso a PO e a MA un mutuo ipotecario dell’importo di EUR 198400, da rimborsare entro il 31 maggio 2040. Tale mutuo era garantito da un’ipoteca costituita su un’abitazione unifamiliare, valutata in EUR 299290.

17

Il mutuo è stato sottoscritto al tasso fisso del 2,75% annuo fino al 30 novembre 2005, poi a tasso variabile a partire da tale data e fino al termine del contratto. In conformità alla clausola 3 bis del contratto in parola, il tasso variabile risultava dalla somma del margine costante, o differenziale costante, al tasso di riferimento ed era fissato a 0,95 punti per tutta la durata del contratto, o ad un valore minore laddove fossero soddisfatti tutti i presupposti oggettivi di collegamento concordati. In ogni caso, è stato convenuto che il differenziale minimo applicato al tasso di riferimento fosse pari allo 0,50% (in prosieguo: la «clausola di tasso minimo»). Il tasso nominale annuo degli interessi di mora, previsto dalla clausola 6 di detto contratto, è stato fissato al 19% (in prosieguo: la «clausola relativa agli interessi di mora»). La clausola 6 bis del medesimo contratto prevedeva che l’istituto bancario potesse esigere la totalità del mutuo in caso di mancato pagamento di qualsiasi importo scaduto (in prosieguo: la «clausola di scadenza anticipata»).

18

Dal momento che MA e PO non avevano corrisposto l’importo delle rate mensili di rimborso relative al periodo compreso tra il 31 maggio e il 31 ottobre 2014, l’Ibercaja Banco ha presentato, il 30 dicembre 2014, una domanda di esecuzione ipotecaria. Essa reclamava nei loro confronti l’importo di EUR 164676,53, corrispondente al capitale e agli interessi scaduti e non corrisposti al 5 novembre 2014, maggiorato dell’importo di EUR 49402, calcolato a titolo provvisorio, fatta salva la successiva regolarizzazione degli interessi di mora, calcolati al tasso nominale del 12% annuo a decorrere dalla chiusura del conto del 5 novembre 2014 e fino al pagamento integrale.

19

Con ordinanza del 26 gennaio 2015 il tribunale competente ha disposto l’esecuzione del titolo ipotecario detenuto dall’Ibercaja Banco e ha autorizzato il sequestro per l’importo richiesto a carico di MA e PO, ai quali ha ingiunto il pagamento e ha concesso un termine di 10 giorni per opporsi all’esecuzione, in conformità all’articolo 695 della LEC. In pari data la cancelleria di tale tribunale ha chiesto al Registro de la propiedad (registro immobiliare, Spagna) di fornirle un certificato di proprietà e altri diritti reali, nonché un’attestazione dell’esistenza di un’ipoteca a favore dell’Ibercaja Banco.

20

Detta ordinanza e detta domanda sono state notificate a MA e a PO, rispettivamente, il 9 febbraio 2015 e il 18 febbraio 2015.

21

A seguito del decesso di PO, i suoi eredi legittimi, SP e JK, sono stati riconosciuti come parti del processo con ordinanza del 9 giugno 2016.

22

Con ordinanza del 28 giugno 2016, emessa su domanda dell’Ibercaja Banco, il tribunale dell’esecuzione ha organizzato una vendita all’asta dell’immobile ipotecato, durante la quale nessuno ha presentato offerte. L’Ibercaja Banco ha chiesto che l’immobile le fosse aggiudicato per l’importo di EUR 179574, indicando al contempo che intendeva cedere i diritti di acquisto del bene alla Residencial Murillo SA, con il consenso di quest’ultima. L’Ibercaja Banco ha fornito la prova di deposito della suddetta somma, che corrispondeva all’importo dell’aggiudicazione.

23

Il 25 ottobre 2016 l’Ibercaja Banco ha chiesto il pagamento delle spese, quantificate in EUR 2886,19, e quello degli interessi per un importo di EUR 32538,28, il quale importo è stato ottenuto applicando il tasso del 12%, conformemente alle disposizioni della legge 1/2013. Tale domanda è stata notificata all’esecutato.

24

Il 9 novembre 2016 MA ha presentato opposizione scritta alla domanda di pagamento degli interessi, facendo valere il carattere abusivo della clausola relativa agli interessi di mora e della clausola di tasso minimo.

25

Con ordinanza dell’8 marzo 2017 lo Juzgado de Primera Instancia n. 2 de Zaragoza (Tribunale di primo grado n. 2 di Saragozza, Spagna), dopo aver constatato che la clausola di scadenza anticipata poteva essere abusiva, ha deciso, nell’ambito di una misura di organizzazione del processo, di esaminare l’eventuale carattere abusivo delle clausole del titolo esecutivo. Esso ha concesso alle parti un termine di quindici giorni per presentare le loro osservazioni a tal riguardo, nonché in relazione a un’eventuale sospensione del procedimento.

26

L’Ibercaja Banco si è opposta alla sospensione del procedimento e ha affermato che il carattere abusivo delle clausole del contratto non poteva più essere accertato, per il motivo che i diritti connessi all’aggiudicazione erano stati ceduti e che le spese erano state liquidate. L’Ibercaja Banco ha ricordato che, in ogni caso, essa non aveva chiesto il pagamento degli interessi di mora al tasso del 19% e che diverse rate di rimborso non erano state pagate quando il conto è stato chiuso.

27

Con ordinanza del 20 novembre 2017 lo Juzgado de Primera Instancia n. 2 de Zaragoza (Tribunale di primo grado n. 2 di Saragozza) ha accertato il carattere abusivo della clausola di scadenza anticipata e ha disposto l’improcedibilità dell’esecuzione, senza imputazione di spese. L’Ibercaja Banco ha proposto appello avverso tale ordinanza dinanzi all’Audiencia Provincial de Zaragoza (Corte provinciale di Saragozza, Spagna).

28

Con ordinanza del 28 marzo 2018 il giudice di appello ha riformato l’ordinanza del 20 novembre 2017 e ha disposto la prosecuzione del procedimento di esecuzione, con la motivazione che il carattere abusivo delle clausole del contratto di mutuo non poteva più essere indagato, dato che tale contratto aveva già prodotto i suoi effetti, la garanzia ipotecaria era già stata escussa e il diritto di proprietà era stato trasferito. Il giudice di appello si è quindi basato sul principio della certezza giuridica dei rapporti di proprietà già costituitisi.

29

Con ordinanza del 31 luglio 2018 lo Juzgado de Primera Instancia n. 2 de Zaragoza (Tribunale di primo grado n. 2 di Saragozza) ha respinto la contestazione relativa alla determinazione dell’importo degli interessi e ha quindi approvato l’importo di EUR 32389,89, con la motivazione che, poiché il procedimento era stato avviato successivamente alla legge 1/2013 senza che fosse stata proposta alcuna opposizione incidentale, l’eventuale carattere abusivo delle clausole non poteva più essere esaminato in ragione dell’autorità di cosa giudicata dell’ordinanza del 26 gennaio 2015.

30

MA ha proposto appello avverso tale ordinanza dinanzi all’Audiencia Provincial de Zaragoza (Corte provinciale di Saragozza).

31

Tale giudice espone che, in base alle modalità processuali del procedimento di esecuzione ipotecaria previste dal diritto spagnolo, il giudice è tenuto, nella prima fase del procedimento, a esaminare d’ufficio, in applicazione dell’articolo 552 della LEC, l’eventuale carattere abusivo delle clausole contenute nel contratto di mutuo ipotecario che costituisce la base dell’esecuzione. Tale esame comporterebbe una valutazione negativa, nel senso che il giudice non fornisce, nella decisione di autorizzazione dell’esecuzione ipotecaria, alcuna motivazione esplicita per quanto riguarda le clausole diverse da quelle considerate abusive. I giudici nazionali, di conseguenza, non potrebbero rilevare il carattere abusivo delle clausole in una fase successiva del procedimento e, parimenti, il consumatore che non si opponga all’esecuzione entro il termine prescritto non potrebbe invocare il carattere abusivo delle clausole nello stesso procedimento o in un successivo giudizio di cognizione. Si porrebbe quindi la questione se siffatte modalità processuali siano conformi all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 e al principio di effettività.

32

Inoltre, il giudice del rinvio si chiede a partire da quale momento il procedimento di esecuzione ipotecaria debba essere considerato chiuso sotto il profilo dell’esame del carattere abusivo di clausole contrattuali, vuoi da parte del giudice che agisce d’ufficio, vuoi su domanda della parte verso cui è diretta l’esecuzione. Più precisamente, si porrebbe la questione di verificare se la chiusura del suddetto procedimento abbia luogo quando garanzia ipotecaria è stata escussa, il bene ipotecato è stato venduto e i diritti di proprietà su tale bene sono stati trasferiti o se, al contrario, siffatto procedimento non sia chiuso dopo il trasferimento della proprietà e l’esame del carattere abusivo delle clausole contrattuali resti possibile fino al momento del rilascio del bene da parte del debitore, il che potrebbe condurre all’annullamento del procedimento di esecuzione ipotecaria o incidere sulle condizioni in cui ha avuto luogo l’aggiudicazione del bene.

33

È alla luce di tali circostanze che l’Audiencia Provincial de Zaragoza (Corte provinciale di Saragozza) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se sia conforme al principio di efficacia di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, nell’interpretazione datane dalla CGUE, una normativa interna dalla quale risulta che, qualora una determinata clausola abusiva abbia superato il controllo giurisdizionale d’ufficio iniziale nel momento in cui è stata disposta l’esecuzione [– controllo negativo di validità delle clausole –], tale controllo osta a che successivamente il medesimo giudice possa rilevare d’ufficio detta clausola abusiva quando già dal primo momento ne sussistevano i presupposti di fatto e di diritto, benché in detto controllo iniziale non sia stata espressa, né nel dispositivo né nella motivazione, alcuna considerazione sulla validità delle clausole.

2)

Se l’esecutato, sussistendo già gli elementi di fatto e di diritto che determinano il carattere abusivo di una clausola di un contratto concluso con i consumatori non eccepisce detta abusività nell’incidente di opposizione previsto a tal fine dalla legge, possa successivamente, dopo la definizione di siffatto incidente di opposizione, riproporre un nuovo incidente processuale, volto a far dichiarare il carattere abusivo di un’altra o di altre clausole, quando questi già poteva opporlo inizialmente nel procedimento ordinario previsto dalla legge. In definitiva, se ricorra un effetto decadenziale che impedisce al consumatore di eccepire successivamente il carattere abusivo di un’altra clausola nel medesimo procedimento di esecuzione e perfino in un successivo giudizio di cognizione.

3)

Se, nel caso in cui sia ritenuta conforme alla direttiva 93/13 la conclusione secondo cui la parte non può proporre un secondo o ulteriore incidente di opposizione per eccepire il carattere abusivo di una clausola che poteva far valere in precedenza poiché sussistevano già i necessari elementi di fatto e di diritto, tale circostanza possa essere addotta come fondamento affinché il giudice, informato di detto carattere abusivo, possa esercitare il suo potere di controllo d’ufficio.

4)

Se, in seguito all’accettazione della migliore offerta e all’aggiudicazione dell’immobile, potenzialmente a favore del creditore stesso, e una volta spiegatosi l’effetto traslativo della proprietà dell’immobile offerto in garanzia e già escusso, sia conforme al diritto dell’Unione un’interpretazione secondo la quale, concluso il procedimento, essendo stato raggiunto l’effetto con esso perseguito, vale a dire l’escussione della garanzia, il debitore possa proporre nuovi incidenti per far dichiarare la nullità di una clausola abusiva, con ripercussioni sul procedimento di esecuzione, oppure sia possibile disporre, una volta prodottosi il menzionato effetto traslativo – eventualmente in favore del creditore –, e in seguito all’iscrizione nel registro immobiliare, un riesame d’ufficio che comporti l’annullamento dell’intero procedimento di esecuzione o che, in definitiva, incida sugli importi coperti dall’ipoteca, con possibili effetti sui termini ai quali sono avvenute le offerte».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle questioni dalla prima alla terza

34

Con le sue questioni dalla prima alla terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che, a causa degli effetti dell’autorità di cosa giudicata e della decadenza, non consente né al giudice di esaminare d’ufficio il carattere abusivo di clausole contrattuali nell’ambito del procedimento di esecuzione ipotecaria, né al consumatore, dopo la scadenza del termine per proporre opposizione, di far valere il carattere abusivo di tali clausole in siffatto procedimento o in un successivo procedimento dichiarativo, quando dette clausole siano già state oggetto, al momento dell’avvio del procedimento d’esecuzione ipotecaria, di un esame d’ufficio da parte del giudice quanto al loro eventuale carattere abusivo, ma la decisione giurisdizionale che autorizza l’esecuzione ipotecaria non comporti alcun punto della motivazione, nemmeno sommario, che dia atto della sussistenza dell’esame in parola né indichi che la valutazione effettuata dal giudice di cui trattasi in esito a tale esame non potrà più essere rimessa in discussione in assenza di opposizione proposta nel termine citato.

35

Secondo una giurisprudenza costante della Corte, il sistema di tutela istituito con la direttiva 93/13 si fonda sull’idea che il consumatore si trova in una posizione di inferiorità nei confronti del professionista per quanto riguarda sia il potere negoziale sia il livello di informazione (v., in particolare, sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

36

Alla luce di una tale situazione di inferiorità, l’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva prevede che le clausole abusive non vincolino i consumatori. Si tratta di una disposizione imperativa tesa a sostituire all’equilibrio formale fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti determinato dal contratto, un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza tra tali parti (v., in particolare, sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

37

In questo contesto, la Corte ha già reiteratamente rilevato che il giudice nazionale è tenuto a esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in tal modo, a ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista, laddove disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine (sentenze del 14 marzo 2013, Aziz, C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 46 e giurisprudenza ivi citata, del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 58, nonché del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 43).

38

Inoltre, la direttiva 93/13 impone agli Stati membri, come risulta dal combinato disposto del suo articolo 7, paragrafo 1 e del suo ventiquattresimo considerando, di fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e i consumatori (sentenza del 26 giugno 2019, Addiko Bank, C‑407/18, EU:C:2019:537, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

39

Se è vero che la Corte ha pertanto già inquadrato, in più occasioni e tenendo conto dei requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il modo in cui il giudice nazionale deve assicurare la tutela dei diritti che i consumatori traggono dalla direttiva in parola, ciò non toglie che, in linea di principio, il diritto dell’Unione non armonizza le procedure applicabili all’esame del carattere asseritamente abusivo di una clausola contrattuale, e che tali procedure rientrano dunque nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, a condizione, tuttavia, che esse non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (v., in particolare, sentenza del 26 giugno 2019, Addiko Bank, C‑407/18, EU:C:2019:537, punti 4546 nonché giurisprudenza ivi citata).

40

Ciò premesso, si deve stabilire se tali disposizioni richiedano che il giudice dell’esecuzione controlli l’eventuale carattere abusivo di clausole contrattuali a dispetto delle norme processuali nazionali che attuano il principio dell’autorità di cosa giudicata in relazione a una decisione giudiziaria che non contiene espressamente alcun esame su tale punto.

41

A tale riguardo, occorre ricordare l’importanza che il principio dell’autorità di cosa giudicata riveste sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali. La Corte ha, infatti, già avuto occasione di precisare che, al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici sia una buona amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l’esaurimento delle vie di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per tali ricorsi non possano più essere rimesse in discussione (v., in particolare, sentenze del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones, C‑40/08, EU:C:2009:615, punti 3536, nonché del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 46).

42

La Corte ha altresì riconosciuto che la tutela del consumatore non è assoluta. In particolare, essa ha ritenuto che il diritto dell’Unione non imponga a un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata a una decisione, anche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una violazione di una disposizione, di qualsiasi natura essa sia, contenuta nella direttiva 93/13 (v., in particolare, sentenze del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones, C‑40/08, EU:C:2009:615, punto 37, nonché del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 68), fatto salvo tuttavia, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 39 della presente sentenza, il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

43

Per quanto attiene al principio di equivalenza, si deve rilevare che la Corte non dispone di alcun elemento tale da far sorgere dubbi quanto alla conformità della normativa nazionale di cui al procedimento principale a tale principio. Dal fascicolo a disposizione della Corte non risulta che il diritto nazionale consenta al giudice dell’esecuzione di riesaminare una decisione giurisdizionale avente autorità di cosa giudicata, nemmeno in presenza di un’eventuale violazione delle norme nazionali di ordine pubblico.

44

Per quanto riguarda il principio di effettività, la Corte ha dichiarato che ogni caso in cui sorge la questione se una norma di procedura nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione deve essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma nell’insieme del procedimento, del suo svolgimento e delle sue peculiarità, nonché, se del caso, dei principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (sentenza del 22 aprile 2021, Profi Credit Slovakia, C‑485/19, EU:C:2021:313, punto 53). La Corte ha ritenuto che il rispetto del principio dell’effettività non può tuttavia supplire integralmente alla completa passività del consumatore interessato (sentenza del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary, C‑32/14, EU:C:2015:637, punto 62).

45

Inoltre, la Corte ha precisato che l’obbligo per gli Stati membri di garantire l’effettività dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione implica, segnatamente per i diritti derivanti dalla direttiva 93/13, un’esigenza di tutela giurisdizionale effettiva, riaffermata all’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva e sancita altresì all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che si applica, tra l’altro, alla definizione delle modalità procedurali relative alle azioni giudiziarie fondate su tali diritti (v., in tal senso, sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

46

A tal proposito la Corte ha dichiarato che, in assenza di un controllo efficace del carattere potenzialmente abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi, il rispetto dei diritti conferiti dalla direttiva 93/13 non può essere garantito (sentenza del 4 giugno 2020, Kancelaria Medius, C‑495/19, EU:C:2020:431, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

47

Ne consegue che le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali, alle quali si riferisce l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, non possono pregiudicare la sostanza del diritto spettante ai consumatori in forza di tale disposizione di non essere vincolati da una clausola reputata abusiva (sentenze del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 71, nonché del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 51).

48

Nel procedimento principale, dalla decisione di rinvio risulta che, al momento dell’avvio del procedimento di esecuzione, come si è già rilevato in parte al punto 31 della presente sentenza, il tribunale competente ha esaminato d’ufficio la questione se una delle clausole del contratto in parola potesse essere qualificata come abusiva. Dopo aver considerato che siffatta ipotesi non ricorreva, ha disposto l’esecuzione senza che il controllo d’ufficio da esso svolto fosse espressamente menzionato nella sua decisione. Da tale decisione risulta altresì che, alla scadenza del termine di dieci giorni, decorrente dalla notifica della stessa, per proporre opposizione all’esecuzione, il convenuto decade dalla possibilità di contestare l’esecuzione, incluso per motivi relativi al carattere potenzialmente abusivo di clausole di un contratto concluso con un professionista.

49

Dal momento che la decisione con cui il tribunale ha disposto l’avvio del procedimento di esecuzione ipotecaria non conteneva alcun punto della motivazione che desse atto dell’esistenza di un controllo del carattere abusivo delle clausole del titolo all’origine di tale procedimento, il consumatore non è stato informato dell’esistenza di siffatto controllo, né, almeno sommariamente, della motivazione in base alla quale il tribunale ha ritenuto che le clausole in discussione non avessero carattere abusivo. Pertanto, egli non ha potuto valutare con piena cognizione di causa se occorresse proporre ricorso avverso suddetta decisione.

50

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, l’obbligo del controllo d’ufficio dell’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali da parte del giudice nazionale è giustificato dalla natura e dall’importanza dell’interesse pubblico sotteso alla protezione che la direttiva 93/13 conferisce ai consumatori. Orbene, un controllo efficace dell’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali, come richiesto dalla direttiva 93/13, non può essere garantito se l’autorità di cosa giudicata riguardasse anche le decisioni giurisdizionali che non danno atto di un siffatto controllo.

51

Per contro, si deve ritenere che tale tutela sarebbe garantita se, nell’ipotesi di cui ai punti 49 e 50 della presente sentenza, il giudice nazionale indicasse esplicitamente, nella sua decisione di autorizzazione dell’esecuzione ipotecaria, di aver proceduto a un esame d’ufficio del carattere abusivo delle clausole del titolo all’origine del procedimento di esecuzione ipotecaria, che detto esame, motivato almeno sommariamente, non ha rivelato la sussistenza di nessuna clausola abusiva e che, in assenza di opposizione entro il termine stabilito dal diritto nazionale, il consumatore decadrà dalla possibilità di far valere l’eventuale carattere abusivo di siffatte clausole.

52

Da quanto precede risulta che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che, a causa degli effetti dell’autorità di cosa giudicata e della decadenza, non consente né al giudice di esaminare d’ufficio il carattere abusivo di clausole contrattuali nell’ambito del procedimento di esecuzione ipotecaria, né al consumatore, dopo la scadenza del termine per proporre opposizione, di far valere il carattere abusivo di tali clausole nel procedimento in parola o in un successivo procedimento dichiarativo, quando dette clausole siano già state oggetto, al momento dell’avvio del procedimento di esecuzione ipotecaria, di un esame d’ufficio da parte del giudice quanto al loro eventuale carattere abusivo, ma la decisione giurisdizionale che autorizza l’esecuzione ipotecaria non comporti alcun punto della motivazione, nemmeno sommario, che dia atto della sussistenza dell’esame in parola né indichi che la valutazione effettuata dal giudice di cui trattasi in esito a tale esame non potrà più essere rimessa in discussione in assenza di opposizione nel termine citato.

Sulla quarta questione

53

Con la sua quarta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che non autorizza un organo giurisdizionale nazionale, che agisca d’ufficio o su domanda del consumatore, a esaminare l’eventuale carattere abusivo di clausole contrattuali quando la garanzia ipotecaria sia stata escussa, il bene ipotecato sia stato venduto e i diritti di proprietà relativi al bene oggetto del contratto di cui trattasi siano stati trasferiti a un terzo.

54

Occorre ricordare che, al punto 50 della sentenza del 7 dicembre 2017, Banco Santander (C‑598/15, EU:C:2017:945), la Corte ha dichiarato che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non si applicano in una procedura avviata dall’aggiudicatario di un immobile a seguito di un’esecuzione stragiudiziale della garanzia ipotecaria consentita su tale bene da un consumatore a vantaggio di un creditore professionale e avente ad oggetto la protezione dei diritti reali legittimamente acquistati da tale aggiudicatario, nei limiti in cui, da un lato, tale procedura è indipendente dal rapporto giuridico esistente tra il creditore professionale e il consumatore e, dall’altro, la garanzia ipotecaria è stata eseguita, il bene immobile è stato venduto e i diritti reali ad esso relativi sono stati trasferiti senza che il consumatore abbia fatto uso degli strumenti giuridici previsti in tale contesto. In particolare, al punto 44 di detta sentenza la Corte ha sottolineato che la procedura di cui trattasi non riguardava l’esecuzione forzata della garanzia ipotecaria e non era basata sul contratto di mutuo ipotecario.

55

Per contro, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 71 delle sue conclusioni, la presente causa si inserisce nell’ambito di un procedimento di esecuzione ipotecaria relativo al rapporto giuridico tra un consumatore e un creditore professionista che hanno concluso un contratto di mutuo ipotecario.

56

Come risulta dalla risposta fornita alle questioni dalla prima alla terza, quando una decisione giurisdizionale di autorizzazione dell’esecuzione ipotecaria sia stata adottata allorché un esame d’ufficio del carattere abusivo delle clausole del titolo all’origine del procedimento di cui trattasi sia stato anteriormente effettuato da un giudice, ma la decisione in parola non comporta alcun punto della motivazione, nemmeno sommario, che dia atto della sussistenza di tale esame né indichi che la valutazione svolta da summenzionato giudice in esito al suddetto esame non potrà più essere rimessa in discussione in assenza di opposizione proposta entro il termine previsto a tal fine, né l’autorità di cosa giudicata né la decadenza potranno essere opposte al consumatore per privarlo della tutela contro le clausole abusive che egli deriva dall’articolo 6, paragrafo 1, e dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, durante le fasi ulteriori di siffatto procedimento, quali una domanda di pagamento degli interessi dovuti all’istituto bancario a causa dell’inadempimento, da parte del consumatore, del contratto di mutuo ipotecario di cui trattasi, oppure in un susseguente procedimento dichiarativo.

57

Ciò posto, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in cui il procedimento di esecuzione ipotecaria è terminato e i diritti di proprietà relativi a tale bene sono stati trasferiti a un terzo, il giudice, che agisce d’ufficio o su domanda del consumatore, non può più procedere a un esame del carattere abusivo di clausole contrattuali che condurrebbe all’annullamento degli atti di trasferimento della proprietà e a rimettere in discussione la certezza giuridica del trasferimento di proprietà già effettuato nei confronti di un terzo.

58

Nondimeno, in una situazione del genere il consumatore deve essere in grado, in conformità all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce del principio di effettività, di far valere in un successivo procedimento distinto il carattere abusivo delle clausole del contratto di mutuo ipotecario, al fine di poter esercitare effettivamente e pienamente i suoi diritti ai sensi di tale direttiva per ottenere il risarcimento del danno economico causato dall’applicazione delle clausole di cui trattasi.

59

Di conseguenza, si deve rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che non autorizza un organo giurisdizionale nazionale, che agisce d’ufficio o su domanda del consumatore, a esaminare l’eventuale carattere abusivo di clausole contrattuali quando la garanzia ipotecaria sia stata escussa, il bene ipotecato sia stato venduto e i diritti di proprietà relativi a tale bene siano stati trasferiti a un terzo, purché il consumatore il cui bene è stato oggetto di un procedimento di esecuzione ipotecaria possa far valere i suoi diritti in un procedimento successivo al fine di ottenere il risarcimento, ai sensi della direttiva in parola, delle conseguenze economiche risultanti dall’applicazione di clausole abusive.

Sulle spese

60

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che, a causa degli effetti dell’autorità di cosa giudicata e della decadenza, non consente né al giudice di esaminare d’ufficio il carattere abusivo di clausole contrattuali nell’ambito del procedimento di esecuzione ipotecaria, né al consumatore, dopo la scadenza del termine per proporre opposizione, di far valere il carattere abusivo di tali clausole nel procedimento in parola o in un successivo procedimento dichiarativo, quando dette clausole siano già state oggetto, al momento dell’avvio del procedimento di esecuzione ipotecaria, di un esame d’ufficio da parte del giudice quanto al loro eventuale carattere abusivo, ma la decisione giurisdizionale che autorizza l’esecuzione ipotecaria non comporti alcun punto della motivazione, nemmeno sommario, che dia atto della sussistenza dell’esame in parola né indichi che la valutazione effettuata dal giudice di cui trattasi in esito a tale esame non potrà più essere rimessa in discussione in assenza di opposizione nel termine citato.

 

2)

L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che non autorizza un organo giurisdizionale nazionale, che agisce d’ufficio o su domanda del consumatore, a esaminare l’eventuale carattere abusivo di clausole contrattuali quando la garanzia ipotecaria sia stata escussa, il bene ipotecato sia stato venduto e i diritti di proprietà relativi a tale bene siano stati trasferiti a un terzo, purché il consumatore il cui bene è stato oggetto di un procedimento di esecuzione ipotecaria possa far valere i suoi diritti in un procedimento successivo, al fine di ottenere il risarcimento, ai sensi della direttiva in parola, delle conseguenze economiche risultanti dall’applicazione di clausole abusive.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: lo spagnolo.