CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ATHANASIOS RANTOS

presentate il 2 febbraio 2021 ( 1 )

Causa C‑194/19

H.A.

contro

Stato belga

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio)]

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo – Trasferimento di competenza – Articolo 27 – Mezzi di ricorso – Portata del controllo giurisdizionale – Obbligo, per il giudice nazionale, di prendere in considerazione le circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento che possono incidere sulla determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale – Condizioni»

I. Introduzione

1.

Un richiedente protezione internazionale ha presentato la propria domanda in uno Stato membro, ma è stato oggetto di una decisione di trasferimento verso un altro Stato membro. Alcuni giorni dopo, suo fratello è giunto nel primo Stato membro e vi ha presentato una domanda di protezione internazionale.

2.

Il giudice del primo Stato membro, investito dal richiedente di un ricorso di annullamento avverso la decisione di trasferimento, si domanda se occorra tener conto della circostanza, successiva all’adozione di tale decisione, costituita dall’arrivo del fratello e dalla presentazione da parte di quest’ultimo di una domanda di protezione internazionale. Questa è, in sostanza, la questione posta dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio) ( 2 ).

3.

La presente causa porterà la Corte a precisare la propria giurisprudenza relativa all’interpretazione del regolamento (UE) n. 604/2013 ( 3 ) (in prosieguo: il «regolamento Dublino III»), letto alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). La Corte dovrà, in particolare, esaminare in quale contesto debba intervenire il controllo giurisdizionale della decisione di trasferimento adottata nei confronti di un richiedente protezione internazionale e se l’arrivo di un familiare di quest’ultimo, nella fattispecie il fratello, anch’egli richiedente protezione internazionale, costituisca una circostanza che può incidere sulla determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

1. Regolamento Dublino III

4.

Ai sensi dei considerando 4, 5 e 19 del regolamento Dublino III:

«(4)

Secondo le conclusioni del Consiglio europeo [nell’ambito della sua riunione straordinaria] di Tampere [del 15 e del 16 ottobre 1999], il [sistema europeo comune di asilo] dovrebbe prevedere a breve termine un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo.

(5)

Tale meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale.

(...)

(19)

Al fine di assicurare una protezione efficace dei diritti degli interessati, si dovrebbero stabilire garanzie giuridiche e il diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni relative ai trasferimenti verso lo Stato membro competente, ai sensi, in particolare, dell’articolo 47 della [Carta]. Al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale è opportuno che un ricorso effettivo avverso tali decisioni verta tanto sull’esame dell’applicazione del presente regolamento quanto sull’esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito».

5.

L’articolo 1 di tale regolamento, intitolato «Oggetto», dispone quanto segue:

«Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (…)».

6.

L’articolo 2 di detto regolamento, intitolato «Definizioni», alla lettera g) dispone quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento si intende per:

(...)

g)

“familiari”: i seguenti soggetti appartenenti alla famiglia del richiedente, purché essa sia già costituita nel paese di origine, che si trovano nel territorio degli Stati membri:

il coniuge del richiedente o il partner non legato da vincoli di matrimonio con cui abbia una relazione stabile, qualora il diritto o la prassi dello Stato membro interessato assimilino la situazione delle coppie di fatto a quelle sposate nel quadro della normativa sui cittadini di paesi terzi,

i figli minori delle coppie di cui al primo trattino o del richiedente, a condizione che non siano coniugati e indipendentemente dal fatto che siano figli legittimi, naturali o adottivi secondo le definizioni del diritto nazionale,

se il richiedente è minore e non coniugato, il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il richiedente in base alla legge o alla prassi dello Stato membro in cui si trova l’adulto,

se il beneficiario di protezione internazionale è minore e non coniugato, il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il beneficiario in base alla legge o alla prassi dello Stato membro in cui si trova il beneficiario».

7.

L’articolo 3 del medesimo regolamento, intitolato «Accesso alla procedura di esame di una domanda di protezione internazionale», ai paragrafi 1 e 2 dispone quanto segue:

«1.   Gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III.

2.   Quando lo Stato membro competente non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata.

Qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della [Carta], lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente prosegue l’esame dei criteri di cui al capo III per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente.

(...)».

8.

L’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, intitolato «Gerarchia dei criteri», dispone quanto segue:

«La determinazione dello Stato membro competente in applicazione dei criteri definiti dal presente capo avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale per la prima volta in uno Stato membro».

9.

L’articolo 10 di tale regolamento, intitolato «Familiari richiedenti protezione internazionale», dispone quanto segue:

«Se un familiare di un richiedente ha presentato in uno Stato membro una domanda di protezione internazionale sulla quale non è ancora stata adottata una prima decisione di merito, l’esame della domanda di protezione internazionale compete a detto Stato membro, sempre che gli interessati abbiano espresso tale desiderio per iscritto».

10.

L’articolo 12 di detto regolamento, intitolato «Rilascio di titoli di soggiorno o visti», al paragrafo 2 dispone quanto segue:

«Se il richiedente è titolare di un visto in corso di validità, lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale è quello che ha rilasciato il visto, a meno che il visto non sia stato rilasciato per conto di un altro Stato membro nel quadro di un accordo di rappresentanza ai sensi dell’articolo 8 del regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti [ ( 4 )]. In tal caso, l’esame della domanda di protezione internazionale compete allo Stato membro rappresentato».

11.

L’articolo 17 del regolamento Dublino III, intitolato «Clausole discrezionali», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«In deroga all’articolo 3, paragrafo 1, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento.

Lo Stato membro che decide di esaminare una domanda di protezione internazionale ai sensi del presente paragrafo diventa lo Stato membro competente e assume gli obblighi connessi a tale competenza. (...)

(...)».

12.

L’articolo 27 di tale regolamento, intitolato «Mezzi di impugnazione», dispone quanto segue:

«1.   Il richiedente (...) ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale.

2.   Gli Stati membri stabiliscono un termine ragionevole entro il quale l’interessato può esercitare il diritto a un ricorso effettivo ai sensi del paragrafo 1.

3.   Ai fini di ricorsi avverso decisioni di trasferimento o di revisioni delle medesime, gli Stati membri prevedono nel proprio diritto nazionale:

a)

che il ricorso o la revisione conferisca all’interessato il diritto di rimanere nello Stato membro interessato in attesa dell’esito del ricorso o della revisione; o

b)

che il trasferimento sia automaticamente sospeso e che tale sospensione scada dopo un determinato periodo di tempo ragionevole durante il quale un organo giurisdizionale ha adottato, dopo un esame attento e rigoroso, la decisione di concedere un effetto sospensivo al ricorso o alla revisione; o

c)

che all’interessato sia offerta la possibilità di chiedere, entro un termine ragionevole, all’organo giurisdizionale di sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso o della revisione della medesima. Gli Stati membri assicurano un ricorso effettivo sospendendo il trasferimento fino all’adozione della decisione sulla prima richiesta di sospensione. La decisione sulla sospensione dell’attuazione della decisione di trasferimento è adottata entro un termine ragionevole, permettendo nel contempo un esame attento e rigoroso della richiesta di sospensione. La decisione di non sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento deve essere motivata.

4.   Gli Stati membri possono disporre che le autorità competenti possano decidere d’ufficio di sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso o della revisione.

(...)».

13.

L’articolo 29 di detto regolamento, intitolato «Modalità e termini», ai suoi paragrafi 1 e 2 dispone quanto segue:

«1.   Il trasferimento del richiedente (...) dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente avviene conformemente al diritto nazionale dello Stato membro richiedente, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi a decorrere dall’accettazione della richiesta di un altro Stato membro di prendere o riprendere in carico l’interessato, o d[a]lla decisione definitiva su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3.

(...)

2.   Se il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, lo Stato membro competente è liberato dall’obbligo di prendere o riprendere in carico l’interessato e la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento a causa della detenzione dell’interessato, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora questi sia fuggito».

2. Direttiva 2013/32/UE

14.

L’articolo 1 della direttiva 2013/32/UE ( 5 ) dispone quanto segue:

«Obiettivo della presente direttiva è stabilire procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE [ ( 6 )]».

15.

L’articolo 46 della direttiva 2013/32 dispone quanto segue:

«1.   Gli Stati membri dispongono che il richiedente abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso i seguenti casi:

a)

la decisione sulla sua domanda di protezione internazionale, compresa la decisione:

i)

di ritenere la domanda infondata in relazione allo status di rifugiato e/o allo status di protezione sussidiaria;

(...)

3.   Per conformarsi al paragrafo 1 gli Stati membri assicurano che un ricorso effettivo preveda l’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto compreso, se del caso, l’esame delle esigenze di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95], quanto meno nei procedimenti di impugnazione dinanzi al giudice di primo grado.

4.   Gli Stati membri prevedono termini ragionevoli e le altre norme necessarie per l’esercizio, da parte del richiedente, del diritto ad un ricorso effettivo di cui al paragrafo 1. I termini prescritti non rendono impossibile o eccessivamente difficile tale accesso.

(...)».

B.   Diritto belga

16.

L’articolo 39/2, paragrafo 2, della loi sur l’accès au territoire, le séjour, l’établissement et l’éloignement des étrangers, du 15 décembre 1980 ( 7 ) (legge del 15 dicembre 1980 riguardante l’accesso al territorio, il soggiorno, lo stabilimento e l’allontanamento degli stranieri), nella versione applicabile all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «legge del 15 dicembre 1980»), dispone quanto segue:

«Il Conseil du contentieux des étrangers (Commissione per il contenzioso in materia di stranieri, Belgio) statuisce in annullamento, con sentenza, sugli altri ricorsi per violazione delle forme, vuoi sostanziali vuoi prescritte sotto pena di nullità, e per eccesso o sviamento di potere».

17.

L’articolo 39/82, paragrafo 4, secondo e quarto comma, di tale legge dispone quanto segue:

«Qualora sia destinatario di una misura di allontanamento o di respingimento di imminente esecuzione, e in particolare qualora sia trattenuto in un luogo determinato di cui agli articoli 74/8 e 74/9 o sia messo a disposizione del governo, lo straniero può chiedere la sospensione in estrema urgenza dell’esecuzione di tale misura, se non ne ha ancora chiesto la sospensione per via ordinaria, entro il termine di cui all’articolo 39/57, paragrafo 1, terzo comma.

(...)

Il presidente della sezione o il giudice del contenzioso in materia di stranieri procede a un esame attento e rigoroso di tutti gli elementi di prova portati a sua conoscenza, in particolare quelli che possono indicare che sussistono motivi per ritenere che l’esecuzione della decisione impugnata esporrebbe il ricorrente al rischio di subire una violazione dei diritti fondamentali dell’uomo ai quali non è possibile derogare, in virtù dell’articolo 15, paragrafo 2, della [Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la “CEDU”)], che forma oggetto di un controllo attento e rigoroso».

18.

L’articolo 39/84 della suddetta legge dispone quanto segue:

«Quando il Conseil du contentieux des étrangers (Commissione per il contenzioso in materia di stranieri) è investito di una domanda di sospensione di un atto ai sensi dell’articolo 39/82, esso ha competenza esclusiva, in via provvisoria e alle condizioni previste all’articolo 39/82, paragrafo 2, primo comma, per disporre tutte le misure necessarie alla tutela degli interessi delle parti o delle persone che hanno interesse alla definizione della causa, salvo le misure relative a diritti civili.

Tali misure sono disposte, sentite o debitamente convocate le parti, con ordinanza motivata del presidente della sezione competente a pronunciarsi nel merito o dal giudice per il contenzioso in materia di stranieri da questi designato a tal fine.

In caso di estrema urgenza, possono essere disposte misure provvisorie senza che le parti o alcune di esse siano state sentite.

Alle ordinanze pronunciate a norma del presente articolo si applica l’articolo 39/82, paragrafo 2, secondo comma.

Con decreto deliberato in Consiglio dei Ministri, il Re stabilisce la procedura relativa alle misure di cui al presente articolo».

19.

L’articolo 39/85, paragrafi 1 e 3, della medesima legge dispone quanto segue:

«1. Qualora sia destinatario di una misura di allontanamento o di respingimento la cui esecuzione sarà imminente, e in particolare qualora sarà successivamente trattenuto in un luogo determinato di cui agli articoli 74/8 e 74/9 o messo a disposizione del governo, lo straniero può chiedere che il Conseil du contentieux des étrangers (Commissione del contenzioso in materia di stranieri), quale misura provvisoria ai sensi dell’articolo 39/84, esamini quanto prima una domanda di sospensione ordinaria precedentemente presentata, purché sia stata iscritta nel ruolo e tale organo non si sia ancora pronunciato al riguardo. Una tale domanda di misure provvisorie deve essere presentata entro il termine di cui all’articolo 39/57, paragrafo 1, terzo comma.

(...)

3. Fatto salvo il paragrafo 1, una volta che la domanda di misure provvisorie sia stata inoltrata, non si può procedere all’esecuzione forzata della misura di allontanamento o di respingimento fino a quando il Conseil du contentieux des étrangers (Commissione del contenzioso in materia di stranieri) non si sia pronunciato sulla domanda presentata. Se la sospensione non è stata concessa, l’esecuzione forzata della misura è nuovamente possibile».

III. Procedimento principale, questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

20.

Il 22 maggio 2017, il sig. H.A. (in prosieguo: il «ricorrente»), originario della Palestina, è giunto in Belgio. Il giorno successivo egli ha presentato una domanda di asilo in tale Stato membro.

21.

Il 31 maggio 2017 le autorità belghe hanno sentito il ricorrente al fine di determinare lo Stato membro competente per l’esame della sua domanda di protezione internazionale, nell’ambito dell’applicazione del regolamento Dublino III.

22.

Il 22 giugno 2017 le autorità belghe hanno trasmesso alle autorità spagnole una richiesta di presa in carico del ricorrente, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, di tale regolamento. Il 4 luglio 2017 le autorità spagnole hanno accettato di prendere in carico il ricorrente.

23.

Il 1o agosto 2017 le autorità belghe hanno adottato una decisione di diniego di soggiorno nei confronti del ricorrente e gli hanno ordinato di lasciare il territorio belga (in prosieguo: la «decisione del 1o agosto 2017»).

24.

Il 25 agosto 2017 il ricorrente ha presentato dinanzi al Conseil du contentieux des étrangers (Commissione per il contenzioso in materia di stranieri) un ricorso di annullamento avverso tale decisione, unitamente a una domanda di sospensione dell’esecuzione. Egli ha fatto valere che suo fratello era giunto in Belgio il 22 agosto 2017, che quest’ultimo aveva presentato una domanda di asilo in tale Stato membro e che, in ragione degli aspetti comuni della sua domanda di asilo e di quella del fratello, era indispensabile che le domande in questione fossero esaminate congiuntamente dalle autorità belghe.

25.

Con sentenza del 30 novembre 2017 il Conseil du contentieux des étrangers (Commissione per il contenzioso in materia di stranieri) ha respinto tale ricorso, ritenendo che l’arrivo del fratello del ricorrente in Belgio e la domanda di protezione internazionale di quest’ultimo, all’epoca pendente, costituissero elementi successivi alla decisione del 1o agosto 2017, che non potevano incidere sulla legittimità di quest’ultima.

26.

Il 28 dicembre 2017 il ricorrente ha presentato un ricorso per cassazione avverso tale sentenza dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato), facendo valere, in particolare, che detta sentenza violava l’articolo 27 del regolamento Dublino III, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta.

27.

A sostegno di tale ricorso il ricorrente ha addotto che, nel momento in cui era stato sentito dalle autorità belghe nell’ambito della determinazione dello Stato membro competente per l’esame della sua domanda di protezione internazionale, ossia il 31 maggio 2017, egli non poteva ancora far presente, da un lato, che suo fratello, giunto in Belgio in un momento successivo, aveva presentato una domanda di asilo in tale Stato membro e, dall’altro, che le autorità belghe avevano riconosciuto la loro competenza ad esaminare quest’ultima domanda. Egli avrebbe quindi potuto invocare tale elemento nuovo solo nel suo ricorso avverso la decisione del 1o agosto 2017. Il ricorrente ha sostenuto che le domande di asilo introdotte dal fratello e da sé medesimo, presentando una stretta connessione in ragione del carattere comune degli elementi di persecuzione di cui essi avrebbero sofferto, avrebbero dovuto essere esaminate congiuntamente dalle autorità belghe. Il ricorrente contesta perciò il rifiuto, da parte del Conseil du contentieux des étrangers (Commissione per il contenzioso in materia di stranieri), di prendere in considerazione tale circostanza nuova in ragione della sua posteriorità alla decisione del 1o agosto 2017 e gli contesta di essersi limitato a un controllo di legittimità, mentre detta circostanza sarebbe stata potenzialmente decisiva ai fini di un esame equo della sua domanda di asilo, che osterebbe alla decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti.

28.

Il Conseil d’État (Consiglio di Stato) rileva che, ai sensi dell’articolo 39/2, paragrafo 2, della legge del 15 dicembre 1980, il controllo giurisdizionale esercitato dal Conseil du contentieux des étrangers (Commissione per il contenzioso in materia di stranieri) su una decisione di trasferimento adottata nell’ambito del regolamento Dublino III verte sulla legittimità di tale decisione, sulla base del fascicolo e delle informazioni in suo possesso. Nel caso di specie, il rifiuto da parte del Conseil du contentieux des étrangers (Commissione per il contenzioso in materia di stranieri) di prendere in considerazione elementi successivi all’adozione della decisione del 1o agosto 2017 sarebbe quindi conforme a tale disposizione.

29.

Il giudice del rinvio nutre tuttavia dubbi sulla conformità al diritto dell’Unione, in particolare al diritto a un ricorso effettivo previsto dall’articolo 27 del regolamento Dublino III, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, della circostanza per cui il controllo giurisdizionale di una decisione di trasferimento adottata nell’ambito del regolamento Dublino III sia effettuato senza prendere in considerazione, ai fini dell’esame della legittimità di tale decisione, elementi successivi alla sua adozione.

30.

Il giudice del rinvio afferma che, nella sua veste di giudice di cassazione, non gli spetta valutare, in pratica, l’eventuale incidenza dei nuovi elementi invocati dal ricorrente sulla determinazione dello Stato competente per l’esame della domanda di protezione internazionale presentata da quest’ultimo.

31.

Alla luce di tali considerazioni, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 27 del [regolamento Dublino III], da solo o in combinato disposto con l’articolo 47 della [Carta], debba essere interpretato nel senso che esso impone al giudice nazionale di tenere in considerazione, all’occorrenza, elementi successivi alla decisione di “trasferimento Dublino” al fine di garantire il diritto a un ricorso effettivo».

32.

Il ricorrente, i governi belga e dei Paesi Bassi nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Il ricorrente, il governo belga e la Commissione hanno altresì presentato osservazioni orali all’udienza del 9 novembre 2020.

IV. Analisi

A.   Sulla ricevibilità

33.

Nelle sue osservazioni scritte, il governo belga sostiene che non occorre statuire sulla domanda di pronuncia pregiudiziale in quanto, essendo scaduto il termine di sei mesi previsto per l’esecuzione del trasferimento dall’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, il Regno del Belgio è divenuto lo Stato membro competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale del ricorrente.

34.

In risposta a un quesito scritto posto dalla Corte, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha indicato di non poter al momento statuire, di propria iniziativa e senza sentire le parti, che il ricorrente non ha più interesse a ottenere la cassazione della sentenza del Conseil du contentieux des étrangers (Commissione per il contenzioso in materia di stranieri) del 30 novembre 2017 e che una risposta alla questione sollevata non sarebbe più necessaria per la soluzione della controversia al suo esame quale giudice di cassazione.

35.

A tal riguardo, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria decisione, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire ( 8 ).

36.

Nel caso di specie, alla luce delle indicazioni fornite dal giudice del rinvio e della sua posizione in ordine alla rilevanza della questione pregiudiziale, occorre concludere, anche se personalmente nutro seri dubbi quanto alla motivazione di tale posizione, compreso nell’ambito di un ricorso di annullamento e di un controllo di legittimità, che una risposta della Corte alla questione sollevata rimane utile ai fini della definizione della controversia principale.

37.

Pertanto, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale sarà esaminata in quanto ricevibile.

B.   Nel merito

1. Sulla necessità di un controllo giurisdizionale che tenga conto di circostanze successive all’adozione di una decisione di trasferimento assunta nei confronti di un richiedente protezione internazionale

38.

Ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, il richiedente protezione internazionale ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale.

39.

La portata del ricorso consentito al richiedente protezione internazionale avverso una decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti è precisata al considerando 19 del regolamento Dublino III, il quale indica che, al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale, il ricorso effettivo istituito dal regolamento in questione avverso le decisioni di trasferimento deve avere a oggetto, da una parte, l’esame dell’applicazione di detto regolamento e, dall’altra, l’esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito ( 9 ).

40.

Peraltro, la formulazione dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III non riporta alcun limite circa gli argomenti che il richiedente asilo può dedurre nel contesto del suo ricorso ( 10 ).

41.

La Corte ha già esaminato più volte la questione della presa in considerazione di circostanze successive all’adozione di una decisione di trasferimento assunta nei confronti di un richiedente protezione internazionale. Essa ha tenuto conto delle due seguenti ipotesi, che impongono al giudice investito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento di esaminare tali circostanze posteriori.

a) La protezione del richiedente protezione internazionale contro il rischio di subire trattamenti inumani o degradanti nello Stato membro competente

42.

La prima fattispecie riguarda la situazione in cui una decisione di trasferimento, già adottata, non sia eseguita al fine di consentire all’Unione europea e ai suoi Stati membri di rispettare i loro obblighi relativi alla tutela dei diritti fondamentali del richiedente protezione internazionale, ai sensi dell’articolo 4 della Carta.

43.

In tal senso la Corte ha dichiarato che gli Stati membri, compresi gli organi giurisdizionali nazionali, sono tenuti a non trasferire un richiedente asilo verso lo Stato membro competente quando non possono ignorare che le carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in tale Stato membro costituiscono motivi seri e comprovati di credere che il richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti ai sensi dell’articolo 4 della Carta ( 11 ).

44.

Per giungere a tale conclusione la Corte si è basata sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») ( 12 ). Quest’ultima, peraltro, in un’altra causa, aveva dichiarato che, per valutare se gli stranieri minacciati di espulsione o di estradizione corressero effettivamente un rischio di trattamento contrario all’articolo 3 della CEDU, quale allegato, doveva eseguire un esame completo ed ex nunc della situazione nel paese di destinazione, che può cambiare nel tempo ( 13 ). Sebbene con riserve in seno alla stessa Corte EDU ( 14 ), un tale esame ex nunc è stato confermato ( 15 ).

45.

È irrilevante, ai fini dell’applicazione dell’articolo 4 della Carta, che l’interessato sia esposto a un grave rischio di subire un trattamento inumano o degradante, a causa del suo trasferimento verso lo Stato membro competente ai sensi del regolamento Dublino III, al momento stesso del trasferimento, durante la procedura di asilo ovvero all’esito di quest’ultima ( 16 ).

46.

L’articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento Dublino III costituisce una codificazione della giurisprudenza della Corte ( 17 ). Pertanto, tale regolamento prevede già espressamente una circostanza, vale a dire l’esistenza di carenze sistemiche nello Stato competente che comportino un rischio di trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’articolo 4 della Carta, il cui verificarsi successivamente all’adozione di una decisione di trasferimento nei confronti di un richiedente protezione internazionale ne impedisce l’attuazione.

47.

Nel caso di specie, il procedimento principale non solleva la questione del rischio di subire siffatti trattamenti inumani o degradanti nello Stato membro di presa in carico ( 18 ).

b) La sussistenza di circostanze successive all’adozione di una decisione di trasferimento determinanti ai fini della corretta applicazione del regolamento Dublino III

48.

La seconda fattispecie relativa a una presa in considerazione di circostanze successive all’adozione di una decisione di trasferimento trae origine dalla giurisprudenza della Corte secondo cui il riferimento, di cui al considerando 19 del regolamento Dublino III, all’esame dell’applicazione di tale regolamento, nell’ambito del ricorso avverso la decisione di trasferimento previsto all’articolo 27, paragrafo 1, dello stesso, deve essere considerato come diretto, segnatamente, al controllo della corretta applicazione dei criteri di determinazione dello Stato membro competente, enunciati al capo III di detto regolamento, compreso il criterio di competenza di cui all’articolo 12 del medesimo ( 19 ).

49.

Pertanto, l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, letto alla luce del considerando 19 di quest’ultimo, può condurre a rimettere in discussione la competenza di uno Stato membro, anche in assenza di carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in tale Stato membro che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta ( 20 ).

50.

La Corte ha altresì precisato che, per quanto riguarda le decisioni di trasferimento, il legislatore dell’Unione ha inteso circondare la loro legittimità di garanzie riconoscendo, in particolare, al richiedente asilo interessato, all’articolo 27 del regolamento Dublino III, il diritto di proporre un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, avverso una tale decisione, che comprenda nella sua portata sia le circostanze di fatto che le circostanze di diritto ( 21 ).

51.

La sentenza Shiri ( 22 ) ha costituito la prima tappa nella presa in considerazione, da parte della Corte, di circostanze successive all’adozione di una decisione di trasferimento ai fini della determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale.

52.

Nella causa che ha dato origine a tale sentenza, l’autorità austriaca competente aveva dichiarato inammissibile la domanda di protezione internazionale del sig. Majid Shiri, ordinando la sua espulsione e dichiarando che egli poteva essere trasferito verso la Bulgaria. Il sig. Shiri presentava ricorso avverso tale decisione, facendo valere che la Repubblica d’Austria era divenuta lo Stato membro competente a esaminare la sua domanda in ragione della scadenza del termine di trasferimento di sei mesi stabilito all’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del regolamento Dublino III. Nel caso di specie, tale termine di sei mesi era scaduto in data successiva a quella dell’adozione della decisione di trasferimento.

53.

Spettava quindi alla Corte stabilire se fosse conforme al diritto dell’Unione che il giudice austriaco adito prendesse in considerazione tale circostanza successiva all’adozione della decisione di trasferimento.

54.

Ebbene, la Corte ha dichiarato che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, letto alla luce del considerando 19 di tale regolamento, nonché l’articolo 47 della Carta devono essere interpretati nel senso che un richiedente protezione internazionale deve poter disporre di un mezzo di ricorso effettivo e rapido che gli consenta di far valere la scadenza del termine di sei mesi definito all’articolo 29, paragrafi 1 e 2, di detto regolamento intervenuta successivamente all’adozione della decisione di trasferimento. Il diritto, che una normativa nazionale riconosce a un tale richiedente, di invocare circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento, nell’ambito di un ricorso diretto contro la medesima, soddisfa tale obbligo di prevedere un mezzo di ricorso effettivo e rapido ( 23 ).

55.

La Corte ha formalizzato il suo approccio nella sentenza Hasan ( 24 ). Nella causa che ha dato origine a tale sentenza, il sig. Aziz Hasan, che aveva chiesto asilo in Germania, era stato trasferito, a seguito del rigetto in Germania del suo ricorso di annullamento avverso la decisione di trasferimento, in Italia, Stato membro della sua prima domanda di asilo, ed era rientrato illegalmente in Germania. Il sig. Hasan presentava appello; conformemente al diritto tedesco, il giudice adito doveva basarsi, in linea di principio, sulla situazione di fatto esistente al momento dello svolgimento dell’ultima udienza o, in mancanza di udienza, nel momento in cui avesse statuito sul ricorso.

56.

Nella sentenza Hasan, la Corte, richiamando la sentenza Shiri, ha dichiarato che il richiedente protezione internazionale deve poter disporre di un mezzo di ricorso effettivo e rapido che gli consenta di far valere circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento assunta nei suoi confronti, qualora la loro presa in considerazione sia determinante per la corretta applicazione del regolamento Dublino III ( 25 ).

57.

Nell’ambito della presente causa, mi sembra che dall’interpretazione operata dalla Corte nelle sentenze Shiri e Hasan possano trarsi due insegnamenti.

58.

Da un lato, in conformità del diritto dell’Unione, il giudice nazionale competente è tenuto a prendere in considerazione circostanze successive all’adozione di una decisione di trasferimento. A mio avviso, tale soluzione è del tutto giustificata in quanto, nella specie, la circostanza invocata poteva condizionare l’applicazione del regolamento Dublino III al richiedente protezione internazionale ( 26 ). Come emerge dal suo considerando 5, infatti, tale regolamento intende applicare criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Se una circostanza successiva all’adozione della decisione di trasferimento può, obiettivamente, incidere sulla determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale, il richiedente deve poterla invocare dinanzi al giudice nazionale competente e beneficiarne ( 27 ).

59.

Dall’altro lato, il diritto riconosciuto al richiedente protezione internazionale a che siano esaminate circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento discende direttamente da disposizioni del diritto dell’Unione. Infatti, la Corte è giunta a tale conclusione interpretando l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, letto in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta.

60.

Mi sembra chiaro che la Corte, in tali due sentenze, abbia stabilito il principio di una presa in considerazione imperativa di circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento, ma solo laddove queste ultime possano incidere sulla determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale.

61.

Infatti, ammettere l’esame di circostanze non determinanti invocate dopo l’adozione della decisione di trasferimento, mediante uno o più ricorsi successivi, potrebbe comportare facilmente il superamento del termine di sei mesi di cui all’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del regolamento Dublino III e compromettere così l’obiettivo di rapidità nel trattamento delle domande di protezione internazionale, di cui al considerando 5 del medesimo regolamento. Tale situazione costituirebbe uno sviamento dei meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale, in particolare con riguardo al primo ingresso nel territorio dell’Unione.

2. Sulla portata procedurale dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III

62.

Avendo la Corte dichiarato che talune circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento devono essere prese in considerazione dai giudici nazionali investiti di un ricorso avverso tale decisione, mi sembra necessario, al fine di determinare la portata procedurale di tale controllo giurisdizionale, esaminare se quest’ultimo sia stato armonizzato dal diritto dell’Unione.

a) Gli argomenti a favore di un’autonomia procedurale conferita agli Stati membri

63.

Diversi argomenti testuali depongono a favore del riconoscimento di un’autonomia procedurale degli Stati membri nel prendere in considerazione gli elementi successivi all’adozione della decisione di trasferimento nell’ambito dell’applicazione del regolamento Dublino III.

64.

Il primo argomento verte sul tenore letterale dell’articolo 27, paragrafo 1, di tale regolamento. Infatti, tale disposizione si limita a stabilire che il richiedente ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale. Detta disposizione non menziona affatto la possibilità di un esame ex nunc da parte del giudice nazionale adito.

65.

La differenza è significativa con l’articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, il quale enuncia esplicitamente che gli Stati membri assicurano che un ricorso effettivo preveda l’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto ( 28 ). Il silenzio del legislatore dell’Unione sulla possibilità di un siffatto esame ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III è invece in linea con un’autonomia procedurale conferita agli Stati membri.

66.

Il secondo argomento si evince dalla formulazione dell’articolo 7, paragrafo 2, di tale regolamento, secondo cui la determinazione dello Stato membro competente avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale per la prima volta in uno Stato membro. Si tratta di una norma volta a impedire ai richiedenti protezione internazionale di aggirare i criteri previsti da detto regolamento. Pertanto, il controllo ex nunc può avvenire solo eccezionalmente.

67.

Tali disposizioni potrebbero essere interpretate nel senso di una mancanza di norme dell’Unione in materia. In una recente sentenza la Corte si è basata sulla formulazione dell’articolo 46, paragrafo 4, della direttiva 2013/32 per dichiarare che tale articolo lascia agli Stati membri l’onere di prevedere le regole necessarie perché i richiedenti protezione internazionale possano esercitare il loro diritto a un ricorso effettivo. La Corte ne ha dedotto che le regole rilevanti in tale causa ricadono nel principio dell’autonomia processuale degli Stati membri, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività ( 29 ).

b) Gli argomenti a favore della sussistenza di un controllo giurisdizionale armonizzato dal diritto dell’Unione

68.

Gli argomenti testuali a favore di un’autonomia procedurale conferita agli Stati membri non sono privi di rilevanza. Tuttavia, mi sembra che la discussione sia stata chiusa definitivamente dalla Corte nelle sentenze Shiri e Hasan.

69.

Infatti, in tali sentenze, la Corte non ha affatto menzionato un’autonomia procedurale conferita agli Stati membri che giunga al punto di negare qualsiasi possibilità di esame, da parte del giudice nazionale competente, delle circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento. Al contrario, come ho rilevato al paragrafo 59 delle presenti conclusioni, la Corte è giunta alla conclusione di una presa in considerazione di tali circostanze successive sulla base del combinato disposto dell’articolo 27 del regolamento Dublino III e dell’articolo 47 della Carta. È in base alla lettura congiunta di questi due articoli, in uno con il considerando 19 del regolamento Dublino III, che il richiedente protezione internazionale ha diritto a che il giudice nazionale competente esamini le circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento assunta nei suoi confronti.

70.

Peraltro, tale giurisprudenza non è in contrasto con la formulazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento Dublino III. Infatti, da un lato, conformemente a tale disposizione, l’amministrazione dello Stato membro in cui il richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale deve determinare lo Stato membro competente sulla base della situazione esistente al momento della presentazione di tale domanda. Dall’altro, al fine di garantire la tutela giurisdizionale effettiva di tale richiedente, il giudice nazionale investito di un ricorso avverso la decisione di trasferimento è tenuto a prendere in considerazione le circostanze successive, quali la scadenza del termine di sei mesi di cui all’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del regolamento Dublino III, che sono determinanti ai fini della corretta applicazione di tale regolamento, nell’ambito di un esame ex nunc.

c) Conclusione intermedia

71.

A mio avviso, la Corte ha chiaramente collegato il diritto del richiedente protezione internazionale a che siano prese in considerazione le circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento idonee ad incidere sulla determinazione dello Stato membro competente per l’esame della sua domanda a disposizioni specifiche del diritto dell’Unione, che ne costituiscono il fondamento giuridico.

72.

Ne consegue che il controllo giurisdizionale di tali circostanze successive è armonizzato dal diritto dell’Unione, nel senso che il giudice o i giudici nazionali competenti, indipendentemente dalla normativa processuale nazionale relativa alla portata di tale controllo, devono obbligatoriamente prendere in considerazione determinate circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento.

3. Sulla situazione in cui il giudice nazionale investito di un ricorso avverso la decisione di trasferimento non ha il diritto di esaminare circostanze successive a tale decisione

73.

Il giudice del rinvio interroga la Corte sulla conformità al diritto dell’Unione della situazione in cui la normativa nazionale non prevede la possibilità, per il giudice nazionale, di prendere in considerazione circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento assunta nei confronti di un richiedente protezione internazionale.

a) Le condizioni di conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione

74.

Le sentenze Shiri e Hasan riguardavano situazioni in cui la normativa nazionale consentiva un esame ex nunc delle circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento. Tuttavia, poiché la Corte non ha limitato l’applicazione della sua giurisprudenza al rispetto di tale condizione, ritengo che tale soluzione possa applicarsi anche a una normativa nazionale che non preveda un siffatto esame.

75.

Nel caso di specie, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) invoca il fatto che la normativa nazionale prevede, da parte del Conseil du contentieux des étrangers (Commissione per il contenzioso in materia di stranieri), un controllo di legittimità della decisione impugnata. Ne conseguirebbe che quest’ultimo giudice deve pronunciarsi sulla base della situazione di fatto esistente al momento in cui la decisione di trasferimento è stata adottata. All’udienza di discussione, il governo belga ha tuttavia sostenuto che il Conseil du contentieux des étrangers (Commissione per il contenzioso in materia di stranieri), nell’ambito del suo esame, può prendere in considerazione elementi successivi all’adozione della decisione di trasferimento.

76.

A tal riguardo è opportuno ribadire che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che definisce sotto la sua responsabilità, e di cui non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza ( 30 ). Pertanto, alla luce delle indicazioni fornite dal giudice del rinvio, occorre partire dall’idea, sebbene nutra dubbi al riguardo, che il controllo giurisdizionale operato dal Conseil du contentieux des étrangers (Commissione per il contenzioso in materia di stranieri) non consente a quest’ultimo di prendere in considerazione circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento di un richiedente protezione internazionale.

77.

A prima vista, siffatto controllo giurisdizionale non sembra conforme al diritto dell’Unione in quanto non sembra rispettare l’interpretazione adottata dalla Corte nelle sentenze Shiri e Hasan.

78.

Tuttavia, da un lato, la presa in considerazione di circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento imposta dal diritto dell’Unione non comporta, a mio avviso, la modifica del tipo di controllo giurisdizionale previsto dal diritto nazionale, nella specie un controllo di legittimità.

79.

In tal senso, ritengo che la giurisprudenza della Corte EDU non richieda una tale modifica ( 31 ). Al riguardo mi sembra utile rilevare che la Corte EDU ha già dichiarato che, anche quando non può sostituire le proprie constatazioni di fatto a quelle dell’autorità amministrativa, il giudice nazionale ha il potere di garantire che le conclusioni di quest’ultima o le conseguenti deduzioni non siano né arbitrarie né irrazionali, e che un siffatto modo di operare si potrebbe ragionevolmente attendere da un giudice d’appello in settori giuridici specifici, in particolare laddove i fatti siano stati precedentemente accertati in un procedimento quasi giudiziario conforme a molte delle disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. Secondo la Corte EDU, un siffatto controllo non costituisce una violazione di tale articolo della CEDU ( 32 ).

80.

Nella sentenza Sigma Radio Television Ltd c. Cipro ( 33 ), la Corte EDU ha riassunto la propria interpretazione nel contesto del consueto esercizio da parte dell’amministrazione del suo potere in settori specifici del diritto che richiedono un’esperienza professionale particolare o conoscenze specialistiche, ponendo criteri per valutare se il controllo fosse sufficiente ai sensi della CEDU. Da tale giurisprudenza emerge che, affinché un «giudice» possa decidere di una controversia relativa a diritti e obblighi di carattere civile conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, occorre che esso sia competente a esaminare tutte le questioni di fatto e di diritto rilevanti per la controversia di cui è investito. A determinate condizioni, il controllo di legittimità operato da un giudice nazionale è conforme a tali requisiti.

81.

Prendendo spunto da tale giurisprudenza, è possibile ritenere che, in mancanza di una disposizione del diritto dell’Unione relativa a tale questione, quest’ultimo non possa esigere da uno Stato membro, nell’ambito della presa in considerazione delle circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento di un richiedente protezione internazionale, che esso imponga al giudice nazionale adito di pronunciarsi con competenza estesa al merito.

82.

D’altro lato, poiché la presa in considerazione di talune circostanze successive è obbligatoria per conformarsi al diritto dell’Unione, ritengo che l’esame di tali circostanze debba essere effettuato dallo stesso giudice nazionale, incluso nell’ambito di un’altra azione, o mediante un’azione proposta dinanzi a un altro giudice nazionale, purché tali azioni costituiscano un mezzo di ricorso effettivo e rapido ( 34 ). In tal senso, il giudizio emesso, senza compromettere l’obiettivo di rapidità nell’esame delle domande di protezione internazionale, deve imporsi al giudice investito del ricorso avverso la decisione di trasferimento. Infatti, il richiedente protezione internazionale deve poter beneficiare di una effettiva presa in considerazione delle circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento che possono incidere sulla determinazione dello Stato membro competente, al fine di garantire un accesso effettivo alle procedure di riconoscimento della protezione internazionale.

83.

In conclusione, il fatto che il controllo giurisdizionale delle circostanze successive all’adozione di una decisione di trasferimento sia armonizzato dal diritto dell’Unione non priva gli Stati membri della possibilità di designare i giudici competenti e di disciplinare le modalità procedurali dei ricorsi nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 27 del regolamento Dublino III e dell’articolo 47 della Carta. A tal riguardo, gli Stati membri devono assicurare che la legittimità di una decisione di trasferimento possa essere rimessa in discussione qualora circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento siano determinanti ai fini della corretta applicazione di tale regolamento.

84.

È vero che sembra quasi non esserci differenza rispetto alla situazione oggetto della causa che ha dato origine alla sentenza Unibet ( 35 ), in cui la Corte ha dichiarato che il principio di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti ai singoli dal diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che esso non richiede, nell’ordinamento giuridico di uno Stato membro, l’esistenza di un ricorso autonomo diretto, in via principale, ad esaminare la conformità di disposizioni nazionali con l’articolo 49 CE (divenuto articolo 56 TFUE), qualora altri rimedi giurisdizionali effettivi, non meno favorevoli di quelli che disciplinano azioni nazionali simili, consentano di valutare in via incidentale una tale conformità.

85.

In realtà, la differenza consiste nel fatto che, nell’ambito del regolamento Dublino III, sussiste una base giuridica specifica per il controllo operato dai giudici nazionali, ossia l’articolo 27 di tale regolamento, che istituisce un ricorso in via principale avverso la decisione di trasferimento. Per contro, per quanto riguarda le circostanze successive a tale decisione invocate dal richiedente protezione internazionale, le modalità del controllo giurisdizionale nazionale possono assumere forme diverse, purché, a mio avviso, siano rispettate le condizioni previste dal diritto dell’Unione, enunciate al paragrafo 82 delle presenti conclusioni.

b) La sussistenza di una procedura d’urgenza e di misure provvisorie

86.

Nelle sue osservazioni scritte, il governo belga fa valere che, in forza della legge del 15 dicembre 1980 ( 36 ), le circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento verranno prese in considerazione con estrema urgenza, mediante procedimento amministrativo sommario. Il presidente della sezione o il giudice per il contenzioso in materia di stranieri dovrebbero quindi procedere a un esame di tutti gli elementi di prova portati a loro conoscenza. Il diritto belga prevedrebbe così un esame ex nunc della situazione del richiedente protezione internazionale. Nell’ambito delle misure provvisorie, il Conseil du contentieux des étrangers (Commissione per il contenzioso in materia di stranieri) dovrebbe parimenti procedere a un esame ex nunc. Pertanto, l’insieme dei mezzi di ricorso messi a disposizione di tale richiedente consentirebbe di prendere in considerazione circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento.

87.

Come enunciato al paragrafo 82 delle presenti conclusioni, ritengo che la presa in considerazione di siffatte circostanze successive possa essere effettuata nell’ambito di un’azione diversa da quella avverso la decisione di trasferimento, purché si tratti di un mezzo di ricorso effettivo e rapido, ma, in tal caso, la sentenza pronunciata nell’ambito di tale altra azione deve imporsi al giudice investito del ricorso avverso la decisione di trasferimento.

88.

Pertanto, nel loro insieme, i mezzi di ricorso messi a disposizione del richiedente protezione internazionale in uno Stato membro devono consentire una completa presa in considerazione delle circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento che possono incidere sulla determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale. In tal senso, tali mezzi devono poter condurre a non eseguire la decisione di trasferimento, in maniera definitiva, se le circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento lo richiedono.

89.

Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il sistema di cooperazione istituito dall’articolo 267 TFUE è fondato su una netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte. Nell’ambito di un procedimento instaurato in forza di tale articolo, l’interpretazione delle disposizioni nazionali incombe ai giudici degli Stati membri e non alla Corte e non spetta a quest’ultima pronunciarsi sulla compatibilità di norme di diritto interno con le disposizioni del diritto dell’Unione. Per contro, la Corte è competente a fornire al giudice nazionale tutti gli elementi interpretativi attinenti al diritto dell’Unione che consentano a detto giudice di valutare la compatibilità di norme di diritto interno con la normativa dell’Unione ( 37 ).

90.

Alla luce di tale giurisprudenza, spetta al giudice del rinvio verificare in quale misura i diversi mezzi di ricorso previsti dalla normativa nazionale consentano di soddisfare la condizione che sia attribuita piena efficacia alle circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento che possono incidere sulla determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale.

91.

In caso affermativo, la normativa belga sarebbe conforme alla giurisprudenza della Corte risultante dalle sentenze Shiri e Hasan. In caso contrario, l’obbligo, per il giudice nazionale, di prendere in considerazione siffatte circostanze successive non sarebbe soddisfatto alla luce del diritto dell’Unione.

4. Sulla circostanza che, dopo il rigetto della domanda del richiedente protezione internazionale in uno Stato membro, suo fratello ha presentato una medesima domanda in tale Stato membro

92.

Supponendo che il diritto nazionale consenta di prendere in considerazione circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento di un richiedente protezione internazionale, occorre esaminare in quale misura la circostanza invocata dal ricorrente, ossia che, posteriormente al rigetto della sua domanda di protezione internazionale, anche il fratello ha presentato una domanda nello stesso Stato membro, possa incidere sulla determinazione dello Stato membro competente nell’ambito dell’applicazione del regolamento Dublino III.

93.

A tale riguardo il ricorrente ha sostenuto che, in ragione del carattere comune degli elementi di persecuzione subiti da lui e dal fratello, una trattazione congiunta delle loro domande di protezione internazionale, nella fattispecie da parte delle autorità belghe, potrebbe garantire loro un esame equo delle stesse e un accesso effettivo alla protezione internazionale, ostando alla decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti.

94.

Per quanto riguarda tale argomento, va sottolineato che ogni domanda di protezione internazionale deve essere trattata esaminando il caso specifico del richiedente. Come rilevato dalla Corte, dagli obblighi di valutazione individuale e completa delle domande di protezione internazionale risulta che le domande presentate separatamente da membri di una stessa famiglia, sebbene possano essere soggette a misure di coordinamento, devono essere oggetto di un esame personalizzato. Di conseguenza, tali domande non possono essere oggetto di una valutazione congiunta ( 38 ).

95.

Il regolamento Dublino III stabilisce tuttavia criteri specifici che possono incidere sulla determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale. Ciò vale, in particolare, per la situazione dei familiari richiedenti protezione internazionale, come previsto all’articolo 10 di tale regolamento.

96.

Nel caso di specie, il fratello di un richiedente protezione internazionale non può essere considerato uno dei «familiari» ai sensi dell’articolo 2, lettera g), del regolamento Dublino III, alla luce della definizione fornita da tale disposizione. Pertanto, né il ricorrente né suo fratello possono beneficiare, in ogni caso, dell’applicazione dell’articolo 10 di tale regolamento ( 39 ). Inoltre, una persona maggiorenne, come il fratello del ricorrente, non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 11 di detto regolamento.

97.

All’udienza di discussione, il ricorrente ha indicato che la sua domanda si riferiva all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, il quale prevede una clausola discrezionale secondo cui, in deroga all’articolo 3, paragrafo 1, di tale regolamento, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti da detto regolamento.

98.

Tuttavia, come dichiarato dalla Corte, l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III va interpretato nel senso che esso non impone di prevedere un mezzo di ricorso avverso la decisione di non far uso della facoltà prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento medesimo, fermo restando che detta decisione potrà essere contestata in sede di ricorso avverso la decisione di trasferimento ( 40 ).

99.

In tali circostanze, il mero fatto che, dopo l’adozione, da parte di un primo Stato membro, di una decisione di diniego di soggiorno nei confronti di un richiedente protezione internazionale, per il motivo di ritenere che un altro Stato membro sia competente per l’esame della sua domanda, il fratello di quest’ultimo abbia presentato una domanda di protezione internazionale nel primo Stato membro non appare una circostanza successiva che possa incidere sulla determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale del richiedente nell’ambito dell’applicazione del regolamento Dublino III in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta.

V. Conclusione

100.

Sulla base delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sottoposta dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio) come segue:

L’articolo 27 del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un richiedente protezione internazionale non disponga di un mezzo di ricorso che gli consenta di far valere circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento assunta nei suoi confronti che possono incidere sulla determinazione dello Stato membro competente per l’esame della sua domanda. Siffatte circostanze successive devono poter essere prese in considerazione dallo stesso giudice nazionale che ha statuito sulla decisione di trasferimento, incluso nell’ambito di un’altra azione, o mediante un’azione proposta dinanzi a un altro giudice nazionale, purché tali azioni costituiscano un mezzo di ricorso effettivo e rapido, il cui risultato si impone al giudice investito del ricorso avverso la decisione di trasferimento, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, al fine di determinare lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Tale situazione va distinta da quella in cui i fatti addotti dal richiedente sussistevano già al momento della presentazione della domanda di protezione internazionale, situazione che è oggetto della causa C‑18/20, Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl (Domanda reiterata di protezione internazionale), attualmente pendente.

( 3 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31).

( 4 ) GU 2009, L 243, pag. 1.

( 5 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60).

( 6 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9).

( 7 ) Moniteur belge del 31 dicembre 1980, pag. 14584.

( 8 ) Sentenza del 10 dicembre 2020, J & S Service (C‑620/19, EU:C:2020:1011, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata).

( 9 ) Sentenza del 26 luglio 2017, Mengesteab (C‑670/16, EU:C:2017:587, punto 43 e la giurisprudenza ivi citata).

( 10 ) Sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409, punto 36).

( 11 ) Sentenze del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punto 94), e del 10 dicembre 2013, Abdullahi (C‑394/12, EU:C:2013:813, punto 60).

( 12 ) Sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punto 88). La Corte ha citato la sentenza della Corte EDU, 21 gennaio 2011, M.S.S. c. Belgio e Grecia (CE:ECHR:2011:0121JUD003069609).

( 13 ) Corte EDU, 23 maggio 2007, Salah Sheekh c. Paesi Bassi (CE:ECHR:2007:0111JUD000194804, punto 136).

( 14 ) Ravarani, G., Évaluation de la crédibilité des demandeurs d’asile: charge de la preuve et limites de l’examen par la CEDH, Corte EDU, 2017, https://www.echr.coe.int/Documents/Speech_20170127_Ravarani_JY_FRA.pdf

( 15 ) V., in particolare, Corte EDU, 23 marzo 2016, F.G. c. Svezia (CE:ECHR:2016:0323JUD004361111, punto 115).

( 16 ) Sentenza del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218, punto 88).

( 17 ) Sentenza del 23 gennaio 2019, M.A. e a. (C‑661/17, EU:C:2019:53, punto 84).

( 18 ) Dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che, nel procedimento principale, le autorità belghe hanno valutato a fondo tale questione per quanto riguarda il ricorrente.

( 19 ) Sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409, punto 44).

( 20 ) Sentenza del 7 giugno 2016, Karim (C‑155/15, EU:C:2016:410, punto 22).

( 21 ) Sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 64).

( 22 ) Sentenza del 25 ottobre 2017 (C‑201/16; in prosieguo: la «sentenza ShiriEU:C:2017:805).

( 23 ) Ibidem, punto 46.

( 24 ) Sentenza del 25 gennaio 2018 (C‑360/16; in prosieguo: la «sentenza Hasan, EU:C:2018:35).

( 25 ) Ibidem, punto 31. In tale causa, la Corte ha così seguito le conclusioni dell’avvocato generale Bot (C‑360/16, EU:C:2017:653, paragrafo 79), secondo il quale il controllo giurisdizionale esercitato sulla decisione di trasferimento deve poter vertere su elementi di diritto e di fatto successivi alla decisione impugnata e includere l’eventuale evolversi delle circostanze rilevanti ai fini della determinazione della competenza degli Stati membri ad esaminare le domande di protezione internazionale.

( 26 ) La Corte ha ribadito tale interpretazione relativa al termine di sei mesi nella sentenza del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218, punti da 66 a 69).

( 27 ) V. Hruschka, C., e Maiani, F., «Dublin III Regulation (EU) n. 604/2013», in Hailbronner, K., e Thym, D. (edd.), EU Immigration and Asylum Law: A Commentary, 2a edizione, C.H. Beck/Hart/Nomos, 2016, pagg. da 1478 a 1604, in particolare pag. 1567, secondo i quali l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III prevede un esame completo ed ex nunc tanto degli elementi di fatto quanto della situazione di diritto, al pari dell’articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32.

( 28 ) Sul significato di tale disposizione, v. sentenza del 4 ottobre 2018, Ahmedbekova (C‑652/16, EU:C:2018:801, punto 93). Come rileva la Corte, l’espressione «ex nunc» mette in evidenza l’obbligo del giudice di procedere a una valutazione che tenga in considerazione, all’occorrenza, nuovi elementi emersi dopo l’adozione della decisione oggetto del ricorso.

( 29 ) Sentenza del 9 settembre 2020, Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Rigetto di una domanda ulteriore – Termine di ricorso) (C‑651/19, EU:C:2020:681, punti da 33 a 35).

( 30 ) Sentenza del 10 dicembre 2020, J & S Service (C‑620/19, EU:C:2020:1011, punto 31).

( 31 ) La Corte EDU ha dichiarato che, nell’adottare l’articolo 1 del protocollo n. 7 della CEDU contenente garanzie specifiche per i procedimenti di espulsione di stranieri, gli Stati hanno chiaramente manifestato la loro volontà di non includere tali procedimenti nell’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU (Corte EDU, 5 ottobre 2000, Maaouia c. Francia, CE:ECHR:2000:1005JUD003965298, punto 37). Tuttavia, le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17) precisano, con riferimento all’articolo 47 della Carta, che, «[n]el diritto dell’Unione, il diritto a un giudice non si applica solo a controversie relative a diritti e obblighi di carattere civile. È una delle conseguenze del fatto che l’Unione è una comunità di diritto, come la Corte ha constatato nella [sentenza del 23 aprile 1986, Les Verts/Parlamento europeo (294/83, EU:C:1986:166)]. Tuttavia, fatta eccezione per l’ambito di applicazione, le garanzie offerte dalla CEDU si applicano in modo analogo nell’Unione».

( 32 ) Corte EDU, 22 novembre 1995, Bryan c. Regno Unito (CE:ECHR:1995:1122JUD001917891, punto 47).

( 33 ) Corte EDU, 21 ottobre 2011 (CE:ECHR:2011:0721JUD003218104, punti da 151 a 157).

( 34 ) V., in tal senso, sentenze Shiri, punto 44, e Hasan, punto 31.

( 35 ) Sentenza del 13 marzo 2007 (C‑432/05, EU:C:2007:163).

( 36 ) V., per quanto riguarda tale legge, Carlier J.-Y., «Évolution procédurale du statut de l’étranger: constats, défis, propositions», Journal des tribunaux, n. 6425, 12 febbraio 2011, pag. 117.

( 37 ) Sentenza del 18 novembre 2020, Syndicat CFTC (C‑463/19, EU:C:2020:932, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata).

( 38 ) Sentenza del 4 ottobre 2018, Ahmedbekova (C‑652/16, EU:C:2018:801, punto 58).

( 39 ) Il giudice del rinvio indica peraltro nella sua decisione che il ricorrente non contesta che l’articolo 10 del regolamento Dublino III non gli sia applicabile.

( 40 ) Sentenza del 23 gennaio 2019, M.A. e a. (C‑661/17, EU:C:2019:53, punto 79).