CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 23 aprile 2020 ( 1 )

Causa C‑77/19

Kaplan International Colleges UK Ltd

contro

The Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Tribunale di primo grado, sezione tributaria, Regno Unito)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Sistema d’imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Esenzione fiscale – Articolo 132, paragrafo 1, lettera f) – Prestazioni di servizi di un’associazione autonoma di ripartizione dei costi ai suoi membri – Ambito di applicazione territoriale – Associazione avente sede in uno Stato terzo – Nozione di distorsione della concorrenza – Rapporto con la tassazione di un gruppo (articolo 11)»

I. Introduzione

1.

Il presente procedimento riguarda ancora una volta l’esenzione fiscale delle cosiddette associazioni di ripartizione dei costi [articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA], che di recente è stata più volte oggetto della giurisprudenza della Corte ( 2 ). Tale disposizione esenta le prestazioni effettuate da un’associazione ai suoi membri, quando tale associazione si limita ad addebitare i costi esatti di tali prestazioni ai suoi membri [cosiddetto Cost Sharing Group (Gruppo per la Ripartizione dei Costi), in prosieguo indicato anche come «associazione autonoma di persone» dal giudice del rinvio).

2.

Nella specie la particolarità risiede nel fatto che l’associazione ha sede a Hong Kong, quindi in un paese terzo, mentre i suoi membri sono società controllate di un gruppo societario che risiedono tutte nel Regno Unito. Quasi tutti detti membri dell’associazione fanno parte nel Regno unito, con altre controllate del gruppo societario, di un gruppo IVA ai sensi dell’articolo 11 della direttiva IVA. Pertanto, a questo punto, occorre accertare se l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA abbia efficacia anche a livello transnazionale e comprenda associazioni situate in paesi terzi. In caso affermativo, si deve chiarire il rapporto di tale esenzione con la tassazione di un gruppo IVA, avente anch’essa come conseguenza che le operazioni effettuate all’interno di un gruppo siffatto non vengono tassate.

3.

La prima questione, in particolare, presenta notevoli implicazioni sul piano economico. Il modello adottato, che prevede di passare attraverso un paese terzo in cui, come nella presente fattispecie, non esiste l’IVA, consente all’associazione di acquistare quasi tutte le prestazioni di servizi senza l’onere dell’IVA, per poi trasferirle esenti da imposta ai suoi membri nel Regno Unito. Qualora, come in questo caso, detti membri non abbiano diritto alla detrazione dell’imposta versata a monte, ne deriva un risparmio fiscale potenziale considerevole.

II. Contesto giuridico

A.   Diritto dell’Unione

4.

Il contesto giuridico dell’Unione è determinato dagli articoli 11, 131 e 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: la «direttiva IVA») ( 3 ).

5.

L’articolo 11, primo comma, della direttiva IVA accorda agli Stati membri la seguente possibilità:

«Previa consultazione del comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto (in seguito denominato “comitato IVA”), ogni Stato membro può considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi».

6.

L’articolo 131 della direttiva IVA stabilisce, in generale, quanto segue in materia di esenzioni:

«Le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 si applicano, salvo le altre disposizioni comunitarie e alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso».

7.

A norma dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA, nel capo 2 dedicato alle esenzioni in favore di talune attività di interesse pubblico, gli Stati membri esentano da IVA le operazioni seguenti:

«le prestazioni di servizi effettuate da associazioni autonome di persone che esercitano un’attività esente o per la quale non hanno la qualità di soggetti passivi, al fine di rendere ai loro membri i servizi direttamente necessari all’esercizio di tale attività, quando tali associazioni si limitano ad esigere dai loro membri l’esatto rimborso della parte delle spese comuni loro spettante, a condizione che questa esenzione non possa provocare distorsioni della concorrenza».

B.   Diritto del Regno Unito

8.

L’esenzione fiscale per le associazioni è stata recepita nel diritto nazionale attraverso l’allegato 9, gruppo 16, della legge del 1994 sull’IVA. Ai sensi di tale disposizione sono esenti:

«Punto n. 1

Le prestazioni di servizi effettuate da associazioni autonome di persone, qualora risulti soddisfatta ciascuna delle seguenti condizioni:

a)

ognuna di tali persone esercita un’attività (l’«attività rilevante») esente dall’IVA o per la quale non ha la qualità di soggetto passivo ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio;

b)

la prestazione di servizi è effettuata al fine di rendere ai membri dell’associazione i servizi direttamente necessari all’esercizio dell’attività rilevante;

c)

l’associazione si limita ad esigere dai suoi membri l’esatto rimborso della parte delle spese comuni loro spettante, e

f)

l’esenzione non può provocare distorsioni della concorrenza».

9.

L’articolo 43 si basa sull’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva IVA e disciplina i gruppi IVA. Esso stabilisce quanto segue:

«(1)   Ove, [ai sensi degli articoli da 43A a 43D] una persona giuridica sia considerata membro di un’associazione, qualsiasi attività economica effettuata da un membro dell’associazione si considera svolta dal membro rappresentativo di quest’ultima, e

a)

le forniture di beni o servizi effettuate da un membro dell’associazione a favore di un altro membro dell’associazione non vengono prese in considerazione;

b)

qualsiasi prestazione non soggetta all’applicazione della precedente lettera a) che consista in una fornitura di beni o servizi da parte o a favore di un membro dell’associazione è considerata una prestazione da parte o a favore del membro rappresentativo;

c)

l’IVA assolta o dovuta da un membro dell’associazione per l’acquisto di beni da un altro Stato membro o per l’importazione di beni provenienti da un luogo esterno agli Stati membri si considera assolta o dovuta dal membro rappresentativo e i beni sono considerati

i)

nel caso dei beni acquistati da un altro Stato membro, ai fini dell’articolo 73, paragrafo 7, e

ii)

nel caso dei beni importati da un luogo esterno agli Stati membri, ai fini del precedente articolo e ai fini dell’articolo 38,

come acquistati o, a seconda del caso, importati dal membro rappresentativo, e tutti i membri dell’associazione sono responsabili in solido per l’IVA dovuta dal membro rappresentativo».

10.

L’articolo 43, paragrafo 1AA, dispone quanto segue:

«Qualora:

a)

sia rilevante, ai fini di una disposizione della presente legge o di una disposizione adottata in base alla presente legge (in prosieguo: la “disposizione pertinente”), che il prestatore, il destinatario della prestazione di servizi, ovvero l’acquirente o l’importatore dei beni, corrisponda a una determinata descrizione,

b)

il precedente paragrafo 1, lettere b) o c), si applichi a una fornitura, un acquisto o un’importazione, e

c)

sussista una differenza significativa ai fini della disposizione pertinente tra

i)

la descrizione applicabile al membro rappresentativo e

ii)

la descrizione applicabile alla persona giuridica che (a prescindere dal presente articolo) sarebbe considerata, ai fini della presente legge, come soggetto che effettua la prestazione, l’acquisto o l’importazione o, a seconda dei casi, come destinatario della prestazione di servizi,

la disposizione pertinente avrà effetto su tale prestazione di servizi, acquisto o importazione, come se la descrizione applicabile unicamente al membro rappresentativo fosse quella di fatto applicabile a tale persona giuridica».

11.

L’articolo 43, paragrafo 1AB, così dispone:

«Il precedente paragrafo 1AA non si applica qualora, ai fini della disposizione pertinente, l’elemento decisivo sia il fatto che una persona sia un soggetto passivo».

III. Fatti

12.

La ricorrente nel procedimento principale, la Kaplan International Colleges UK Limited (in prosieguo: la «KIC») opera come holding di altre società del gruppo Kaplan, che eroga servizi di formazione. Essa ha diverse controllate nel Regno Unito, che gestiscono in tale paese un istituto d’insegnamento superiore (in prosieguo: gli «istituti internazionali»), in collaborazione con università del Regno Unito.

13.

La Her Majesty’s Commissioners for Revenue and Customs (amministrazione tributaria e doganale, Regno Unito; in prosieguo: l’«HMRC») ha confermato alla KIC che attualmente le sue controllate, in quanto «istituti di un’università», sono autorizzate a trattare i servizi di insegnamento che prestano agli studenti come prestazioni esenti dall’IVA.

14.

Fatta eccezione per lo University of York International Pathway College (in prosieguo: l’«UYIPC»), la cui partecipazione maggioritaria (55%) è detenuta dalla University of York, tutti gli istituti internazionali sono controllati al 100% dalla KIC.

15.

Ciascun istituto internazionale della KIK dispone di proprie strutture gestionali e amministrative. L’università partner approva i programmi di insegnamento di ciascun istituto internazionale. Gli istituti internazionali acquisiscono l’85% degli studenti attraverso una rete di 500 agenti di reclutamento nel settore dell’istruzione (in prosieguo: gli «agenti»), operante in 70 paesi. Nessun agente opera in via esclusiva per il gruppo Kaplan. Essi sono autorizzati a lavorare anche per diretti concorrenti degli istituti internazionali e direttamente per le università. In cambio dei servizi prestati, gli agenti ricevono una provvigione. La KIC supportava il lavoro dei propri agenti attraverso vari uffici di rappresentanza dislocati in alcuni dei suoi mercati chiave, tra i quali la Cina, Hong Kong, l’India e la Nigeria. Gli uffici di rappresentanza fornivano agli agenti un supporto operativo, comprendente tra l’altro materiali pubblicitari, una formazione relativa all’offerta disponibile di istituti e corsi e alle procedure di ammissione e di conformità.

16.

Fino a ottobre 2014, gli agenti concludevano contratti direttamente con la KIC nel Regno Unito. Prima di tale data le prestazioni di servizi rese dagli agenti e dai rappresentanti erano soggette, in funzione del luogo della prestazione situato nel Regno Unito, all’IVA applicabile in tale Stato. A seguito del meccanismo di inversione contabile sul destinatario associato a tale regime, la KIC diveniva debitrice di detta IVA. Poiché la KIC, a motivo delle proprie operazioni esenti, non è autorizzata alla detrazione degli importi di IVA versati a monte, tale onere di IVA risultava definitivo.

17.

Nell’ottobre 2014 gli istituti internazionali (tra cui l’UYIPC) fondavano la società Kaplan Partner Services Hong Kong Limited (in prosieguo: la «KPS»). La KPS è una società di capitali con sede a Hong Kong. In tal modo la KIC detiene indirettamente una quota della KPS di poco inferiore al 94%, mentre la restante quota di capitale è detenuta indirettamente dall’Università di York tramite la partecipazione maggioritaria nel capitale dell’UYIPC. La KIC stessa non è membro dell’associazione (KPS).

18.

Dopo la costituzione della KPS, la KIC ha continuato a operare attraverso una rete di uffici di rappresentanza locali e di agenti terzi. Tuttavia, gli accordi contrattuali con gli uffici di rappresentanza locali e con gli agenti terzi sussistono attualmente solo con la KPS. Dal 2014, sia la rete degli uffici di rappresentanza, sia gli agenti indipendenti hanno prestato i loro servizi di reclutamento alla KPS.

19.

Per le entrate ciò produce i seguenti effetti. Il luogo delle prestazioni non si trova più nel Regno Unito, bensì sarebbe situato – se a Hong Kong vigesse la stessa normativa in materia di IVA applicabile nell’Unione – a Hong Kong. Di conseguenza le prestazioni sarebbero soggette, se fosse prevista, all’IVA locale. Dato che così non è, la KPS riceve le prestazioni a Hong Kong senza addebito di IVA.

20.

Sotto il profilo delle uscite, la KPS praticamente non eroga prestazioni a soggetti che non siano membri. In sostanza la KPS ha rilevato le funzioni che prima svolgeva la KIC a Londra. La KPS è inoltre responsabile della gestione della rete degli uffici di rappresentanza in tutto il mondo.

21.

Secondo il giudice del rinvio, ci sono tre tipi di prestazioni di servizi attualmente rese dalla KPS a favore della KIC: in primo luogo, i servizi che la KPS acquista dagli agenti; in secondo luogo, i servizi che la KPS acquista dagli uffici di rappresentanza e, in terzo luogo, i servizi forniti dalla KPS che riguardano aspetti come la conformità, unitamente alle altre attività illustrate in precedenza, come quelle a supporto degli agenti.

22.

La KIC ha fornito al giudice del rinvio prove del fatto che gli istituti internazionali non cercherebbero di ottenere servizi di reclutamento da altri soggetti, diversi dalla KPS, In altre parole, ciò significa che l’associazione può fare affidamento sul fatto che i suoi membri si avvalgano dei suoi servizi.

23.

La KPS addebita separatamente a ciascun istituto internazionale gli importi dovuti agli agenti per i servizi prestati all’istituto interessato. La KPS addebita a ognuno degli istituti sia i propri servizi (per esempio, relativi alla conformità) sia i servizi svolti dagli uffici di rappresentanza, in base al numero degli studenti reclutati per l’istituto interessato. La KPS calcola gli addebiti sommando tutti i costi e suddividendoli successivamente in base al numero degli studenti. Le spese degli agenti relative alla commercializzazione sono gestite secondo le stesse modalità. Tuttavia, le provvigioni degli agenti sono direttamente imputabili ai singoli studenti e sono addebitate all’istituto a cui sarà destinato lo studente. In tale contesto, nel complesso, non viene addebitata l’IVA.

24.

Come conseguenza, a seguito della fondazione di un’associazione a Hong Kong, i membri della stessa nel Regno Unito risparmiano totalmente l’onere dell’IVA relativa ai servizi degli agenti e degli uffici di rappresentanza resi in precedenza alla KIC e ora alla KPS.

25.

A parere del giudice del rinvio, è pacifico che esistevano valide ragioni commerciali per costituire la KPS a Hong Kong. L’HMRC non afferma che la KPS sia un’entità artificiale, né sostiene che la costituzione della KPS configuri un abuso di diritto. È altresì innegabile che la KPS effettua a favore dei suoi membri, gli istituti internazionali, prestazioni di servizi direttamente necessari all’esercizio delle loro attività esenti, e che il metodo di fatturazione adottato dalla KPS prevede l’esatto rimborso della parte delle spese comuni spettante a ciascun membro.

26.

A parte l’UYIPC, tutti gli istituti internazionali fanno anche parte di un gruppo IVA, di cui la KIC è il membro rappresentativo.

27.

Con avviso di accertamento del 21 aprile 2017, l’HMRC accertava un debito di IVA per il periodo da ottobre 2014 a luglio 2016 pari a 5252264 lire sterline (GBP), e con avviso di accertamento del 22 maggio 2017 un debito di IVA per il periodo relativo a ottobre 2016 pari a GBP 590000. A titolo di motivazione, l’HMRC indicava che i servizi resi dalla KPS alla KIC non rientravano nell’ambito di applicazione dell’esenzione dall’IVA per le associazioni di ripartizione dei costi e pertanto erano soggetti alle disposizioni in materia di inversione contabile. Poiché le sue operazioni sono prevalentemente esenti, i debiti tributari in questione non sarebbero detraibili come imposte versate a monte.

28.

Con ricorso del 28 settembre 2017, la KIC ha proposto impugnazione avverso tali provvedimenti.

IV. Rinvio pregiudiziale

29.

Il First-tier Tribunal (Tribunale di primo grado, Regno Unito) ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali ai sensi dell’articolo 267 TFUE:

1.

Quale sia l’ambito di applicazione territoriale dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio e, in particolare, (i) se tale esenzione si applichi a un’associazione autonoma di persone avente la sede in uno Stato membro diverso dallo Stato membro o dagli Stati membri degli aderenti all’associazione autonoma di persone. In caso di risposta affermativa, (ii) se tale esenzione si applichi anche a un’associazione autonoma di persone stabilito al di fuori dell’Unione europea.

2.

Qualora, in linea di principio, l’esenzione prevista per le associazioni autonome di persone sia applicabile a un’entità stabilita in uno Stato membro diverso da quello di uno o più membri dell’associazione autonoma di persone e anche a un’associazione autonoma di persone stabilita al di fuori dell’Unione europea, in che modo dovrebbe essere applicato il criterio secondo cui l’esenzione non debba essere tale da provocare distorsioni della concorrenza, e in particolare:

a)

Se esso si applichi alle potenziali distorsioni che colpiscono altri destinatari di servizi simili che non sono membri dell’associazione autonoma di persone o se si applichi unicamente alle potenziali distorsioni che colpiscono potenziali prestatori alternativi di servizi ai membri dell’associazione autonoma di persone.

b)

Qualora tale criterio si applichi unicamente agli altri destinatari, se vi possa essere una reale possibilità di distorsione nel caso in cui gli altri destinatari, che non sono membri dell’associazione autonoma di persone, possano chiedere di aderire all’associazione autonoma di persone di cui trattasi o costituire la propria associazione autonoma di persone per ottenere servizi simili, oppure ottenere risparmi equivalenti in termini di IVA utilizzando altri metodi (per esempio con l’apertura di una filiale nello Stato membro o nello Stato terzo di cui trattasi).

c)

Qualora tale criterio si applichi unicamente agli altri prestatori, se la reale possibilità di distorsione debba essere valutata determinando se l’associazione autonoma di persone si garantisca la conservazione della clientela dei suoi membri, indipendentemente dall’applicazione dell’esenzione dall’IVA – e quindi se debba essere valutata con riferimento all’accesso di prestatori alternativi al mercato nazionale in cui sono stabiliti i membri dell’associazione autonoma di persone. In tal caso, se rilevi il fatto che l’associazione autonoma di persone si garantisca la conservazione della clientela dei suoi membri poiché questi ultimi fanno parte dello stesso gruppo societario.

d)

Se la potenziale distorsione debba essere valutata sul piano nazionale in relazione ai prestatori alternativi nello Stato terzo in cui è stabilita l’associazione autonoma di persone.

e)

Se l’autorità tributaria dell’Unione europea che applica la direttiva IVA abbia l’onere probatorio di accertare la probabilità di una distorsione.

f)

Se sia necessario che l’autorità tributaria dell’Unione europea disponga una valutazione peritale specifica del mercato dello Stato terzo in cui è stabilito stabilita l’associazione autonoma di persone.

g)

Se la presenza di una reale possibilità di distorsione possa essere accertata attraverso l’identificazione di un mercato commerciale nello Stato terzo.

3.

Se l’esenzione a favore delle associazioni autonome di persone sia applicabile nelle circostanze del caso di specie, in cui i membri dell’associazione autonoma di persone sono vincolati tra loro da rapporti economici, finanziari e organizzativi.

4.

Se l’esenzione per le associazioni autonome di persone si applichi in circostanze in cui i membri abbiano formato un gruppo IVA, che costituisce un unico soggetto passivo. Se faccia differenza il fatto che la KIC, quale membro rappresentativo destinatario dei servizi (ai sensi del diritto nazionale), non è membro dell’associazione autonoma di persone e, in caso affermativo, se tale differenza sia eliminata da una normativa nazionale secondo la quale il membro rappresentativo possiede le caratteristiche e lo status dei membri dell’associazione autonoma di persone ai fini dell’applicazione dell’esenzione per le associazioni autonome di persone.

30.

Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte e hanno partecipato all’udienza del 23 gennaio 2020 la Kaplan International Colleges UK Limited, il Regno Unito e la Commissione europea.

V. Analisi

31.

Le questioni sollevate dal giudice del rinvio, in tutto undici, riguardano essenzialmente tre problematiche. La prima questione verte sull’ambito di applicazione territoriale della disposizione di esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA [v. in proposito la sezione A)]. La seconda questione, comprendente sette sottoquestioni, riguarda l’interpretazione della condizione relativa all’assenza di distorsione della concorrenza di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA [v. in proposito la sezione B)]. La terza e la quarta questione hanno per oggetto il rapporto dell’esenzione fiscale di un’associazione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA con la tassazione di un gruppo ai sensi dell’articolo 11 della direttiva IVA [v. in proposito la sezione C)].

A.   Sull’ambito di applicazione territoriale della disposizione di esenzione fiscale di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA (prima questione)

32.

Con la prima questione il giudice del rinvio intende sapere se la norma di esenzione fiscale di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA si estenda a un’associazione che ha sede in uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui sono stabiliti i suoi membri e, in caso di risposta affermativa, se ciò valga anche qualora l’associazione abbia sede al di fuori dell’Unione.

33.

Dall’ordinanza di rinvio emerge chiaramente che l’associazione (KPS) ha sede a Hong Kong, e quindi non in uno Stato membro. Pertanto la prima parte di tale questione risulta ipotetica, e di conseguenza deve essere dichiarata irricevibile ( 4 ). Occorre quindi rispondere solo alla seconda parte della questione. Tuttavia, prima di esaminare l’ambito di applicazione territoriale della disposizione (v. a tale proposito sub 2.), occorre in primo luogo accertare se in generale possa essere preso in considerazione l’ambito di applicazione ratione personae (v. a tale proposito sub 1.)

1. Presupposto: prestazioni dell’associazione ai suoi membri

34.

L’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA prevede effettivamente l’esenzione solo per le prestazioni di servizi erogate da un’associazione ai propri membri. Stando all’ordinanza di rinvio, vi sono tre tipi di prestazioni di servizi rese dalla KPS a favore della KIC (v. al riguardo il paragrafo 21). Tuttavia, la KIC non è un membro dell’associazione (v. il paragrafo 17). In tal senso, la disposizione di esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA non sarebbe neppure pertinente.

35.

D’altra parte, il giudice del rinvio sottolinea che la fatturazione avviene nei confronti degli istituti internazionali. Questi ultimi sono membri dell’associazione. Inoltre, nella quarta questione appare evidente che, in conformità del diritto nazionale, sulla base della disciplina sulla tassazione dei gruppi, fondata sull’articolo 11 della direttiva IVA, la KIC viene fittiziamente considerata destinataria delle prestazioni al posto degli istituti stessi. A tale riguardo, le prestazioni sembrano essere state svolte effettivamente a favore degli istituti internazionali. Solo in forza della disciplina nazionale sulla tassazione dei gruppi esse vengono considerate ai fini dell’IVA come erogate al membro rappresentativo, la KIC.

36.

In un caso del genere, tuttavia, in linea di principio risulta applicabile, contrariamente al parere espresso dalla Commissione e dal Regno Unito, l’esenzione di cui all’articolo 132 della direttiva IVA.

37.

Infatti, in primo luogo, la prestazione di servizi a favore di un altro soggetto giuridico è un’operazione di fatto. Su tale operazione di fatto non può incidere la possibilità prevista all’articolo 11 della direttiva IVA di considerare più persone strettamente vincolate tra loro come un unico soggetto passivo. Allo stesso modo, la tassazione ai fini IVA del gruppo non può incidere sull’autonomia di diritto civile dei singoli soggetti riuniti in un gruppo IVA. Pertanto i servizi potrebbero anche essere stati resi agli istituti internazionali anziché alla KIC, anche se in quel momento essi facevano parte di un gruppo IVA.

38.

In secondo luogo, tale situazione è inoltre conforme con la ratio della possibilità prevista dall’articolo 11 della direttiva IVA di creare un gruppo IVA. La ratio della tassazione del gruppo prevista dall’articolo 11 della direttiva IVA consiste infatti anzitutto in una semplificazione a favore del soggetto passivo e, di conseguenza, anche dell’amministrazione tributaria.

39.

Da un lato, tale scopo emerge già dalla motivazione della proposta della Commissione riguardante la sesta direttiva in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, risalente al 1973. In tale proposta si legge espressamente, in relazione all’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva (corrispondente all’attuale articolo 11 della direttiva IVA): «Appare inoltre opportuno scegliere per l’articolo 4, paragrafo 4, una formulazione elastica, che consenta agli Stati membri di non collegare sistematicamente lo status di soggetto passivo alla nozione di indipendenza puramente giuridica, vuoi a fini di semplificazione amministrativa, vuoi al fine di evitare abusi (quali, ad esempio, il frazionamento di un’impresa tra più soggetti passivi al fine di beneficiare di un particolare regime)» ( 5 ). Dall’altro lato, tale posizione discende anche dalla giurisprudenza della Corte, che a sua volta parimenti sottolinea lo scopo di semplificazione dell’articolo 11 della direttiva IVA ( 6 ).

40.

Tale semplificazione amministrativa, nel quadro di una tassazione a tutti i livelli con detrazione dell’imposta versata a monte, consiste sostanzialmente nel fatto che all’interno del gruppo non devono essere emesse fatture (con indicazione dell’IVA). Inoltre non occorre che ciascun membro del gruppo presenti una propria dichiarazione fiscale (con il calcolo del debito di imposta e la detrazione dell’imposta versata a monte), bensì solo il «vertice» del gruppo deve presentare un’unica dichiarazione. In tal modo l’amministrazione tributaria non deve gestire molti soggetti passivi, ma uno solo, che in definitiva si fa garante dei debiti fiscali di tutti i membri del suo gruppo.

41.

Se però la ratio dell’articolo 11 della direttiva IVA prevede anzitutto una semplificazione per il soggetto passivo e l’amministrazione tributaria, la norma contenuta nell’articolo 11 della direttiva IVA si riferisce allora solo al rapporto del soggetto passivo (e delle persone ad esso appartenenti strettamente vincolate tra loro) con l’amministrazione tributaria.

42.

Per la suddetta amministrazione tributaria, ai fini IVA viene in effetti simulato un unico soggetto passivo al quale sono imputate tutte le operazioni del gruppo. Tale gruppo IVA non può tuttavia agire nei confronti di terzi come soggetto giuridico autonomo, e quindi non può neppure, diversamente da quanto hanno sostenuto all’udienza il Regno Unito o la Commissione, costituire un’associazione ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA, né far parte di un’associazione. Sono membri dell’associazione le persone che la costituiscono in virtù della loro capacità giuridica, nella specie i singoli istituti internazionali.

43.

Pertanto la perdita di autonomia ai fini IVA (ovverosia ai sensi dell’articolo 11 della direttiva IVA) si limita al rapporto tra le società strettamente vincolate tra loro e l’amministrazione tributaria. Essa non produce effetti nei rapporti con terzi. Nella maggior parte dei casi un’impresa straniera non è affatto al corrente (oppure non è in grado di verificare) se il destinatario della sua prestazione faccia parte o meno di un gruppo IVA. Per questo motivo, per esempio, il prestatore deve indicare nella fattura, ai sensi dell’articolo 226, punto 5, della direttiva IVA, la controparte contrattuale quale destinatario, e non il gruppo IVA a lui sconosciuto o il suo membro rappresentativo.

44.

Di conseguenza occorre fare una distinzione. Qualora la KPS avesse reso originariamente alla KIC una qualche prestazione di servizi che questa abbia direttamente utilizzato o di cui eventualmente abbia fatto usufruire i singoli istituti internazionali, sarebbe esclusa a priori un’esenzione ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA, non essendo la KIC membro dell’associazione.

45.

Tuttavia, la situazione può risultare diversa per le prestazioni rese nei confronti degli istituti internazionali, anche se ai sensi del diritto nazionale sulla tassazione dei gruppi si simula che questi siano rappresentati dalla KIC. Tale circostanza di fatto - a favore di chi siano state effettivamente rese le singole prestazioni di servizi - non può però essere chiarita dalla Corte, ma solo dal giudice del rinvio.

46.

Nel prosieguo partirò quindi dal presupposto che, contrariamente a quanto affermato dal giudice del rinvio nella sua ordinanza, i tre tipi di prestazioni ivi menzionati (riportati supra, al paragrafo 21) non siano stati resi alla KIC, ma di fatto ai rispettivi singoli istituti internazionali che sono membri dell’associazione (KPS). Solo in tale caso si pone infatti la questione relativa all’esenzione ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA.

2. Associazione avente sede in un paese terzo

47.

In tale eventualità si deve stabilire se l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA comprenda anche le prestazioni di servizi rese da un’associazione avente sede in un paese terzo ai suoi membri residenti in uno Stato membro. A tale questione, che ho già trattato in dettaglio nelle mie conclusioni presentate nella causa Aviva e nella causa DNB Banka ( 7 ), e che la Corte ha potuto lasciare aperta nelle decisioni adottate sino ad ora ( 8 ), si deve rispondere in senso negativo, conformemente all’opinione della Commissione e del Regno Unito.

a) Tenore letterale, interpretazione storica e sistematica della disposizione

48.

Prima facie, comunque, non è dato riscontrare alcuna limitazione territoriale dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA. Tanto meno il legislatore ne ha espressamente limitato l’ambito di efficacia, come in altre disposizioni (per esempio, nell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva IVA), al territorio di un solo Stato membro. Peraltro si rinvengono anche disposizioni facenti esplicito riferimento ad attività transfrontaliere del soggetto passivo [v. articolo 148, lettera e), della direttiva IVA: «compagnie di navigazione aerea che praticano essenzialmente il trasporto internazionale a pagamento»].

49.

In tal senso si può tutt’al più constatare che il tenore letterale della norma né ammette una cosa né esclude l’altra. Non si riesce a trovare, in base al tenore letterale, alcun argomento che avvalori la tesi secondo cui sarebbero comprese anche le associazioni stabilite in paesi terzi.

50.

Un esame della precedente normativa – la sesta direttiva ( 9 ) – chiarisce tuttavia il motivo per cui nella formulazione non è presente un’esplicita restrizione, diversamente da quanto accade nell’articolo 11 della direttiva IVA.

51.

In precedenza, l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA era disciplinata nell’articolo 13 della sesta direttiva. Quest’ultimo ricomprendeva, in base alla rubrica, solo le «esenzioni all’interno del paese». La nuova versione non prevedeva tuttavia nessuna modifica di contenuto in tal senso ( 10 ). Alla luce della sesta direttiva, si può quindi ritenere che un’esenzione all’interno del paese ricomprenda anche soltanto prestazioni erogate da un’associazione ivi stabilita nei confronti dei suoi membri residenti in tale paese.

52.

A favore di una siffatta interpretazione restrittiva depone anche la logica delle esenzioni nel titolo IX della direttiva IVA. I capi da 1 a 3 non presuppongono alcuna operazione transfrontaliera specifica. Solo i capi da 4 a 8 e 10 contengono esenzioni speciali per le operazioni internazionali. È questa la sede in cui il legislatore, qualora avesse inteso includere nell’esenzione le associazioni transfrontaliere, avrebbe probabilmente disciplinato tale caso.

53.

Se ne deve dedurre che, con la disposizione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA [già articolo 13, paragrafo 1, lettera f)], il legislatore dell’Unione non abbia pensato ad associazioni transfrontaliere, tanto meno a quelle stabilite in paesi terzi, bensì alle «associazioni all’interno del paese», in relazione alle «esenzioni all’interno del paese».

b) Incongruenza rispetto all’articolo 11 della direttiva IVA

54.

Con tale interpretazione, ovvero limitando le associazioni autonome ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA al territorio di uno Stato membro, si evita un’incongruenza rispetto all’articolo 11 della direttiva IVA. Quest’ultimo permette agli Stati membri di considerare come un unico soggetto passivo «le persone stabilite nel [suo] territorio» che, attraverso un’associazione, siano in un certo qual modo «strettamente vincolate fra loro». Pertanto, solo le imprese aventi sede nello stesso Stato membro possono costituire un’associazione ai sensi dell’articolo 11.

55.

L’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA pone requisiti meno rigorosi sul tipo di associazione rispetto all’articolo 11. Infatti, in tale disposizione non è richiesto che le imprese siano strettamente vincolate tra loro. Risulterebbe quindi incongruente consentire su tale fondamento un’esenzione transfrontaliera dall’IVA, laddove essa non può essere accordata sulla base della norma che pone requisiti più stringenti.

56.

Nella specie ciò appare in tutta evidenza. Nella situazione in discussione, l’associazione KPS potrebbe anche far parte, in linea di principio, del gruppo IVA della KIC («strettamente vincolate fra loro»). Tuttavia l’articolo 11 della direttiva IVA limita espressamente la non imposizione al Regno Unito. Non si comprende allora per quale motivo dovrebbe però essere possibile ottenere un risultato analogo (nessuna imposizione delle prestazioni da parte dell’associazione ai suoi membri) ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA.

57.

Tale incongruenza può essere superata solo se anche gli effetti dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA restano limitati a un singolo Stato membro. Ciò presuppone che l’associazione e il membro cui è erogato un servizio abbiano sede nello stesso Stato membro.

58.

Del resto, in entrambi i casi occorre partire dalla stessa riflessione: la restrizione al territorio nazionale permette di evitare che uno Stato membro limiti la competenza territoriale impositiva di un altro Stato membro, nel quale è autorizzata una tassazione di gruppo o è riconosciuta una corrispondente associazione i cui presupposti sono difficilmente verificabili da quest’ultimo Stato membro. Nel contempo, si garantisce che le diverse amministrazioni tributarie non adottino decisioni contrastanti. Nondimeno, il motivo principale probabilmente è che in tal modo viene impedito di trarre beneficio dalle diverse aliquote d’imposta o dai diversi regimi di imposizione. Nel caso di paesi terzi (comprese le loro regioni amministrative speciali), in cui l’IVA non esiste, come nella specie, tale aspetto risulta molto evidente.

c) Esistenza di diverse aliquote d’imposta (problematica delle aliquote d’imposta)

59.

Se si suppone l’esistenza di un’associazione transfrontaliera è infatti possibile applicare un modello di ottimizzazione fiscale di alquanto semplice realizzazione, specialmente per i gruppi operanti a livello mondiale che eseguono operazioni esenti (cioè che non danno diritto a detrazione). È sufficiente che questi costituiscano con le loro imprese operanti in Europa un’associazione con sede in uno Stato che applichi l’aliquota più bassa o che non contempli l’IVA (si pensi, a questo scopo, agli Stati Uniti o anche, come nella specie, a Hong Kong). Tale associazione potrebbe poi procurarsi da terzi tutte le prestazioni che sino a quel momento venivano acquisite comprensive di IVA.

60.

Posto che il luogo della prestazione si troverebbe a quel punto, di norma, nel paese in questione, in cui non esiste l’IVA o si applica solo un’aliquota bassa, una siffatta associazione non sarebbe soggetta all’IVA o lo sarebbe solo in misura lieve. L’associazione «inoltrerebbe» poi ai suoi membri, a fronte di un mero rimborso delle spese, le prestazioni acquistate. Il luogo di dette prestazioni si troverebbe in tal modo effettivamente nei rispettivi Stati membri, ma la prestazione sarebbe ivi esente in virtù dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA.

61.

A prescindere dalla questione relativa al modo in cui gli Stati membri interessati dovrebbero poter valutare, in questo caso, l’assenza di distorsioni della concorrenza o gli altri elementi costitutivi della fattispecie (v., sul punto, infra, paragrafi 67 e segg.), l’onere dell’IVA a livello di gruppo potrebbe, senza grosse difficoltà, essere ridotto ( 11 ). Un siffatto risultato non si sarebbe invece potuto raggiungere attraverso un gruppo IVA ai sensi dell’articolo 11 della direttiva IVA (v. sul punto, supra, paragrafi 54 e segg.).

62.

Non si perviene a una diversa conclusione neppure tenendo conto delle libertà fondamentali. Infatti, anche nel caso in cui dette libertà fondamentali fossero applicabili a una situazione implicante paesi terzi, per ragioni attinenti alla tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri ( 12 ), una restrizione territoriale sia dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA, sia di un gruppo IVA ai sensi dell’articolo 11 della direttiva IVA sarebbe giustificata. Anche l’esigenza di garantire l’efficacia dei controlli fiscali può giustificare siffatta restrizione. Se per contro si dovesse ritenere che la restrizione dell’esenzione a un territorio di uno Stato membro violi il diritto dell’Unione, sorgerebbe di conseguenza la questione se anche l’articolo 11 della direttiva IVA non risulti contrario alla legislazione dell’Unione. Sussistono tuttavia notevoli dubbi al riguardo ( 13 ).

63.

Desta stupore che la KIC ( 14 ) ritenga che il rischio di trarre beneficio da aliquote diverse sia trascurabile in quanto l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA riguarderebbe solo le attività di interesse pubblico menzionate nel medesimo articolo 132. Da un lato, dal tipo di attività (attività di interesse pubblico esente) difficilmente si riesce a dedurre l’entità della base imponibile interessata. I settori dell’istruzione e della sanità, certamente non trascurabili, ne sono un esempio piuttosto chiaro.

64.

Dall’altro lato, tale posizione contraddice le intenzioni chiaramente riconoscibili del legislatore. Esso esenta solo parzialmente le attività enumerate all’articolo 132 della direttiva IVA (in relazione al valore aggiunto, all’ultimo livello di creazione di valore), ma non la loro totalità.

65.

Se il legislatore avesse voluto ridurre tutte le imposizioni di IVA per i destinatari di attività di interesse pubblico (quali i servizi di insegnamento o le prestazioni mediche), avrebbe aggiunto nell’articolo 169 della direttiva IVA anche la disposizione di esenzione di cui all’articolo 132 della medesima direttiva, concedendo la detrazione dell’imposta versata a monte nonostante le prestazioni a valle esenti. Tuttavia il legislatore non ha volutamente fatto ricorso a tale strumento a lui noto.

66.

Ciò nonostante, la configurazione scelta dalla KIC (costituzione di un’associazione in un paese terzo privo di sistema dell’IVA) in definitiva elude totalmente la consapevole decisione del legislatore di accordare un’esenzione solo parziale.

d) Valutazione dell’assenza di distorsioni della concorrenza

67.

Anche il fatto che l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA non possa, in base al suo tenore letterale, provocare distorsioni della concorrenza, cosa che l’amministrazione tributaria nazionale deve poter verificare, depone a favore di una restrizione territoriale dell’esenzione. In ogni caso ciò esclude un’associazione in un paese terzo.

68.

Le amministrazioni tributarie non sono affatto in grado di valutare a livello transfrontaliero la presenza di distorsioni della concorrenza in altri paesi, in particolare in paesi terzi (come, nella specie, a Hong Kong). L’approccio adottato dalla Corte nella sentenza Isle of Wight, in relazione all’articolo 13 della direttiva IVA ( 15 ), può quindi essere applicato anche all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della medesima direttiva.

69.

In tale sede la Corte ha sottolineato le difficoltà legate alla determinazione di distorsioni della concorrenza in mercati che non ricadono nella competenza territoriale delle autorità locali. Questa situazione rischierebbe di compromettere i principi di neutralità fiscale e certezza del diritto. È un rischio che si presenta, a fortiori, nei casi riguardanti gli Stati terzi.

70.

A ciò si aggiunge il fatto che, in base all’articolo 131 della direttiva IVA, deve essere assicurata la corretta e semplice applicazione dell’articolo 132 della medesima. Una siffatta applicazione sarebbe però di fatto esclusa se un’autorità tributaria dovesse valutare la distorsione della concorrenza a livello mondiale o se più autorità tributarie – magari in contraddizione tra loro – dovessero compiere valutazioni distinte. Proprio quest’ultima situazione genererebbe distorsioni della concorrenza ( 16 ). In tal senso, anche le notevoli difficoltà pratiche in termini di applicazione e controllo depongono contro un’inclusione di associazioni aventi sede in paesi terzi.

3. Conclusione

71.

In conclusione, l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che le prestazioni di servizi rese da un’associazione in un paese terzo non rientrano nell’esenzione. Di conseguenza, i servizi prestati dalla KPS agli istituti internazionali non sono esenti da imposta, cosicché risulta superfluo esaminare le restanti questioni sottoposte dal giudice del rinvio.

B.   In subordine: interpretazione della condizione relativa all’assenza di «distorsione della concorrenza» (seconda questione)

72.

Qualora per contro la Corte dovesse ritenere che anche le associazioni con sede in un paese terzo rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA, occorre esaminare le altre questioni sollevate dal giudice del rinvio.

73.

Le sette sottoquestioni formulate nell’ambito della seconda questione dipendono tutte dai criteri in base ai quali si deve valutare quando si configuri una distorsione della concorrenza ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA, la quale escluda l’esenzione fiscale effettivamente spettante.

74.

Nella misura in cui il giudice del rinvio chiede una valutazione in relazione a un’associazione in un altro Stato membro, tale questione è ipotetica e pertanto, come già illustrato (paragrafo 33), deve essere dichiarata irricevibile. Occorre esaminare la seconda questione solo in quanto si riferisce a un’associazione stabilita in un paese terzo.

1. Sulla finalità della norma

75.

Come ha già statuito la Corte ( 17 ), e come ho già precisato in altra sede ( 18 ), l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA è volto a compensare uno svantaggio concorrenziale di piccole imprese rispetto a un concorrente di maggiori dimensioni. Quest’ultimo può affidare la realizzazione delle prestazioni dell’associazione ai propri dipendenti o, nell’ambito di un gruppo IVA, a una società alla quale è strettamente vincolato. Come correttamente affermato dalla Commissione ( 19 ), l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA mira ad assicurare, per le grandi imprese e le imprese di dimensioni minori, un trattamento equivalente sotto il profilo dell’IVA, resosi necessario in seguito all’esclusione della detrazione per le operazioni esenti a valle.

76.

L’esempio che segue chiarisce tale situazione: un grande ospedale in grado di assicurare direttamente la fornitura di pasti ai suoi pazienti (per esempio con proprio personale di cucina) non è soggetto all’IVA sui costi del personale che esso sostiene a tal fine. Un piccolo ospedale che non sia in grado di utilizzare appieno il personale necessario ha solo due possibilità.

77.

Esso può affidare la fornitura dei pasti a terzi. In tal modo tuttavia deve sostenere l’IVA dovuta sia sui costi dei materiali che sui costi del personale di detti terzi per i loro addetti alla cucina. Per l’ospedale l’onere dell’IVA risulta definitivo (a motivo delle prestazioni a valle esenti non è accordato alcun diritto a detrazione - v. articoli 168 e 169 della direttiva IVA). Di conseguenza esso deve prevedere di sopportare costi maggiori del suo concorrente per poter offrire gli stessi servizi. Ciò rappresenta uno svantaggio concorrenziale, derivante principalmente dalle dimensioni dell’impresa.

78.

Tuttavia, l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA consente di evitare tale svantaggio. Detto ospedale può infatti unirsi ad un altro ospedale. Tale associazione assume il personale, la cui capacità sarà quindi sufficientemente utilizzata dai due membri assicurando l’approvvigionamento di pasti ad entrambi gli ospedali e i relativi costi saranno suddivisi tra di loro. Poiché la prestazione dell’associazione ai suoi membri è esente, sui costi del personale non grava l’IVA (sui costi dei materiali l’onere dell’IVA a monte rimane invariato). In tal modo si supererebbe lo svantaggio concorrenziale dei due ospedali più piccoli rispetto al concorrente (più grande).

79.

Se, tuttavia, l’esenzione è volta a eliminare uno svantaggio concorrenziale, di norma la sua concessione non può nel contempo portare nuovamente una distorsione della concorrenza né generare un rischio in tal senso. La clausola sulla concorrenza di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA appare in tal senso un po’ peculiare e, in conclusione, risulta di poca utilità ( 20 ).

2. Necessità di un’interpretazione restrittiva della condizione di distorsione della concorrenza

80.

Per tale motivo mi sembra d’obbligo dare un’interpretazione restrittiva, al fine di non rendere inoperante la disposizione di esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA.

81.

Si perviene alla stessa conclusione qualora la condizione relativa all’assenza di una distorsione della concorrenza venga intesa come eccezione all’esenzione prevista in linea di principio nell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA, in quanto, secondo la Corte, le eccezioni o le deroghe ad una regola generale devono essere interpretate restrittivamente ( 21 ).

82.

Se tuttavia l’assenza di una distorsione della concorrenza viene considerata come un’eccezione all’esenzione fiscale, e questa a sua volta come deroga all’obbligo generale di assoggettamento all’imposta ( 22 ), si potrebbe anche supporre che si tratti di una controeccezione. Detta controeccezione potrebbe dover essere interpretata in modo particolarmente restrittivo (come eccezione, da interpretarsi restrittivamente, di un’eccezione) o in modo particolarmente ampio (come controeccezione di un’eccezione da interpretarsi restrittivamente).

83.

A prescindere da ciò, nella specie anche tale «controeccezione» dovrebbe tuttavia essere interpretata restrittivamente. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, l’interpretazione deve essere conforme agli obiettivi perseguiti dalle esenzioni in questione e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale. In particolare, i termini utilizzati per specificare le esenzioni menzionate all’articolo 132 non devono essere interpretati in un modo che priverebbe tali esenzioni dei loro effetti ( 23 ).

84.

Tuttavia, ciò si verificherebbe appunto se fosse consentito presupporre ampiamente l’esistenza di una distorsione della concorrenza. In definitiva, questo coincide con l’interpretazione teleologica restrittiva illustrata supra (paragrafo 80) dell’assenza di «distorsione della concorrenza».

85.

Un punto di partenza per una siffatta interpretazione restrittiva può essere rinvenuto già nella giurisprudenza della Corte, secondo cui l’accertamento della distorsione della concorrenza richiede che esista un rischio reale che l’esenzione possa provocare di per sé, nell’immediato o in futuro, distorsioni della concorrenza ( 24 ). Al riguardo, la distorsione della concorrenza si riferisce all’esenzione delle prestazioni rese dall’associazione ( 25 ). Tale esenzione impedisce che terzi offerenti possano fornire dette prestazioni allo stesso prezzo ai membri dell’associazione (risposta alla questione sub 2a, che di conseguenza rende superflua una risposta alla questione sub 2b).

86.

Alla luce della necessaria interpretazione restrittiva della condizione relativa all’assenza di distorsione della concorrenza, tale condizione non può essere fondata unicamente sulla sussistenza di un mercato commerciale. Ciò ridurrebbe ad absurdum l’idea alla base dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA. Pertanto, deve poter essere possibile superare lo svantaggio concorrenziale rispetto a concorrenti di maggiori dimensioni (v. al riguardo il paragrafo 75) proprio attraverso la cooperazione con altre imprese (risposta alla questione sub 2g).

87.

Se si ammettesse che l’associazione possa avere sede in un paese terzo, le distorsioni della concorrenza dovute alle sue attività a livello nazionale dovrebbero di conseguenza essere verificate anche in riferimento ad altri prestatori del paese terzo in cui ha sede l’associazione. Gli intermediari stranieri all’interno e al di fuori del Regno Unito subirebbero uno svantaggio concorrenziale e non potrebbero fornire agli istituti internazionali nel Regno Unito le stesse identiche prestazioni, poiché queste ultime subiscono un rincaro a causa dell’IVA dovuta nel Regno Unito (risposta alla questione sub 2d).

88.

In tale contesto, al fine di accertare la presenza di una distorsione della concorrenza, occorre verificare se l’associazione possa far affidamento sulla conservazione della clientela dei propri membri anche in assenza di esenzione fiscale ( 26 ). Se le prestazioni di servizi dell’associazione sono specificamente concepite per le esigenze dei suoi membri, cosicché l’associazione può essere certa che questi ultimi utilizzeranno tali prestazioni, in linea di principio sussiste un’attività di cooperazione (v. al riguardo supra, paragrafi 75 e segg,) soggetta ad esenzione ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA (risposta alla questione sub 2c).

89.

Infatti i membri di un’associazione si raggruppano, di norma, solo quando sono certi che i membri acquisiranno le prestazioni dell’associazione («garanzia di utilizzo»). Pertanto si può ritenere, in linea di principio, che la costituzione di un’associazione non provochi una distorsione della concorrenza ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA.

90.

In considerazione dello scopo dell’esenzione fiscale (impedire uno svantaggio concorrenziale), a mio parere la condizione relativa alla distorsione della concorrenza serve unicamente ad evitare abusi (v. articolo 131 della direttiva IVA). In sostanza tale condizione mira solo ad assicurare che l’esenzione fiscale non venga applicata in maniera incompatibile con la sua finalità. È possibile accertare se ciò accada solo in base ad indizi.

91.

Visto lo scopo di detta condizione, che serve principalmente a evitare abusi, spetta all’amministrazione tributaria l’onere di provare ( 27 ) l’esistenza di un abuso da evitare o di indizi in tal senso (risposta alla questione sub 2e). Al riguardo, nessuna disposizione di diritto dell’Unione obbliga l’amministrazione tributaria a richiedere una valutazione peritale specifica per quanto riguarda i mercati di paesi terzi. Il modo in cui le autorità tributarie adempiono a tale onere della prova non è una questione di diritto dell’Unione, bensì di diritto processuale tributario nazionale (risposta alla questione sub 2f).

3. Indizi di una distorsione della concorrenza

92.

Un indizio di un’applicazione incompatibile con la finalità della disposizione di esenzione fiscale prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA potrebbe trarsi dal fatto che l’associazione fornisce, in quantità notevoli, le medesime prestazioni a soggetti che non sono membri e così facendo – sfruttando effetti sinergici – agisce principalmente come concorrente piuttosto che come associazione di membri che cooperano. Sotto questo aspetto, in determinate circostanze, potrebbe anche sussistere un corrispondente rischio reale di distorsione della concorrenza nei riguardi dei suddetti offerenti terzi.

93.

Un altro indizio può consistere nel fatto che l’associazione non fornisce prestazioni specificamente concepite per le esigenze dei suoi membri, ma si limita a trasferire prestazioni acquistate. Queste ultime potrebbero senz’altro essere offerte e acquistate da altri soggetti. Anche in tal caso offerenti terzi verrebbero estromessi dal rispettivo mercato. Si può ritenere che ciò accada in parte eventualmente anche nella specie, dal momento che, a quanto pare, i servizi dell’associazione consistevano in buona parte nel mero trasferimento ai membri di prestazioni acquistate da terzi (agenti, ecc.).

94.

Un simile acquisto di prestazioni e il loro trasferimento senza modifiche è altresì in contrasto con il carattere precedentemente delineato dell’esenzione fiscale. Quest’ultima non è volta a ottimizzare il semplice acquisto di prestazioni e la loro rivendita, bensì mira a consentire un’azione di cooperazione degli operatori di mercato più piccoli al fine di compensare lo svantaggio concorrenziale nei confronti dei concorrenti di maggiori dimensioni, che forniscono direttamente tali prestazioni (v. supra, paragrafi 75 e segg,).

95.

Tuttavia, nel caso di un mero acquisto di prestazioni e di trasferimento delle stesse senza modifiche viene a mancare la prestazione specifica dell’associazione. Nei confronti dei concorrenti che acquistano direttamente le prestazioni non sussiste alcuno svantaggio concorrenziale in quanto su di essi grava lo stesso onere di IVA. La situazione sarebbe diversa se l’associazione realizzasse un valore aggiunto autonomo. Sarebbe questo il caso, per esempio, se gli agenti fossero assunti direttamente dall’associazione, di modo che sarebbe l’associazione stessa a fornire le prestazioni di intermediazione. In tal caso sarebbe anche presente l’elemento cooperativo su cui si fonda l’esenzione fiscale di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA.

96.

Un ulteriore indizio può sussistere qualora risulti preponderante la sola ottimizzazione dell’onere IVA a monte e non la reciproca collaborazione al fine di evitare uno svantaggio concorrenziale. Si può ipotizzare un’ottimizzazione dell’onere IVA a monte nell’ottenimento di un vantaggio concorrenziale mediante il trasferimento di acquisti di prestazioni effettuati all’esterno in capo a un’associazione in uno Stato con un’aliquota IVA molto bassa o addirittura privo di un’aliquota IVA. Anche tale ipotesi è perfettamente plausibile nella specie.

97.

In definitiva, tuttavia, spetta al giudice del rinvio valutare tali aspetti.

C.   In subordine: rapporto con la tassazione di un gruppo ai sensi dell’articolo 11 della direttiva IVA (questioni terza e quarta)

98.

Nel caso in cui la Corte pervenga alla conclusione che anche un’associazione in un paese terzo rientra nell’esenzione fiscale di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA, e nel caso in cui il giudice del rinvio, nonostante la presenza di indizi, neghi l’esistenza di una distorsione della concorrenza, occorre ancora rispondere alla terza e alla quarta questione.

99.

Entrambe tali questioni vertono sul rapporto tra l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA e la possibilità di tassazione di un gruppo ai sensi dell’articolo 11 della medesima direttiva. Il Regno Unito ha fatto ricorso a tale possibilità. In concreto, si tratta di stabilire se e a quali condizioni i membri di un gruppo IVA possano essere nel contempo membri di un’associazione.

100.

In tal senso, la Commissione e il Regno Unito concordano che sono esenti dall’imposta solo le prestazioni dell’associazione ai suoi membri indipendenti. L’esistenza di un gruppo IVA impedirebbe che si possano rendere prestazioni ai membri di un’associazione, in quanto essi perderebbero la loro autonomia sulla base delle disposizioni sul gruppo IVA. Qualora tutti gli istituti internazionali - che hanno fondato la KPS - facessero parte di un gruppo IVA, non vi sarebbero più membri dell’associazione, ma resterebbe solo un unico membro.

101.

Come ho già illustrato in precedenza (v. i paragrafi 34 e segg.), si tratta di un approccio estremamente formale, che non ritengo corretto. Inoltre, l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA fa riferimento a un’associazione «di persone». Sotto il profilo del diritto civile, le persone autonome restano tuttavia persone, anche se rientrano nell’ambito di applicazione di un gruppo IVA. Per di più, la direttiva utilizza la nozione di «associazioni autonome» e non quella di «associazioni di persone autonome», come giustamente osserva anche la KIC nelle sue osservazioni scritte.

102.

Quindi l’autonomia deve riferirsi solo all’associazione e non ai membri della stessa. Nella presente fattispecie è pacifico che la finzione della non autonomia dell’associazione (per la KPS) non può incidere sulla tassazione del gruppo. Del resto l’articolo 11 della direttiva IVA esclude espressamente un’efficacia transfrontaliera.

103.

Conformemente all’opinione della KIC e diversamente da quanto affermato dalla Commissione all’udienza, con la nozione di «persona» di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA non si intende un «soggetto passivo», né tanto meno «soggetti passivi» divenuti tali mediante una finzione, nel senso dell’articolo 11 della direttiva IVA. Ciò emerge in modo chiaro già dal tenore letterale dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA. Tale disposizione infatti ricomprende anche persone che esercitano un’attività per la quale non hanno la qualità di «soggetti passivi». Quindi anche le persone che non sono soggetti passivi sono prese in considerazione quali membri di un’associazione.

104.

In tal senso, di per sé la costituzione di un gruppo IVA, con la finzione di un unico soggetto passivo facendo ricorso all’applicazione dell’articolo 11 della direttiva IVA (più persone considerate «come un unico soggetto passivo»), non preclude l’esistenza di un’associazione di persone. E non esclude neppure che l’associazione possa fornire prestazioni ai suoi membri.

105.

Ciò appare chiaro modificando lievemente l’esempio già esaminato in precedenza (paragrafi 76 e segg,). Un altro piccolo ospedale (C) si unisce agli ospedali A e B costituendo all’interno di uno Stato membro un’associazione (Z) che effettua la fornitura di pasti ai pazienti. In seguito, tuttavia, A viene acquistato da X e diviene da quel momento parte di un gruppo IVA, al cui vertice (nel Regno Unito il membro rappresentativo) si trova X. Z continua a fornire prestazioni ad A, B e C, la cui autonomia sotto il profilo del diritto societario non viene intaccata dal disposto dell’articolo 11 della direttiva IVA.

106.

Appare dubbio che di fatto l’esenzione delle prestazioni di Z nei confronti di A debba dipendere dalla circostanza che, dal punto di vista della normativa in materia di IVA, tali prestazioni risultino ora fittiziamente rese a X, ed X non faccia formalmente parte dell’associazione. La ratio della tassazione di un gruppo consiste - come illustrato in precedenza (paragrafi 38 e 39) - in una semplificazione amministrativa, e non nel rendere l’esenzione fiscale di un’associazione dipendente dalla struttura societaria successiva dei suoi membri e dall’esistenza di una disciplina sulla tassazione dei gruppi.

107.

La necessità di una cooperazione neutrale sotto il profilo dell’IVA tra A, B e C non viene meno solo per il motivo che ormai A è divenuto parte di un gruppo IVA appartenente a X. Infatti, lo svantaggio concorrenziale di A, B e C rispetto a un concorrente di pari dimensioni non è affatto cambiato per questo motivo.

108.

Diversamente da quanto ritengono la Commissione e il Regno Unito, in linea di principio i due «sistemi» (tassazione di un gruppo ed esenzione delle prestazioni di un’associazione) non si escludono a vicenda. Devono solo essere coordinati tra loro.

109.

Solo se i membri dell’associazione sono costituiti da persone che fanno tutte parte di uno stesso gruppo IVA, l’articolo 11 rappresenta una lex specialis rispetto all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA. La tassazione del gruppo ai sensi dell’articolo 11 della direttiva IVA è la disposizione più ampia, dato che non prevede la tassazione di alcun tipo di prestazioni all’interno del gruppo. Per contro, l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA esenta soltanto le prestazioni dell’associazione ai suoi membri (e non viceversa o tra i membri). Pertanto, con la tassazione del gruppo viene meno l’applicazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA.

110.

Il fatto che alcuni membri dell’associazione facciano anche parte di un gruppo IVA nel Regno Unito non osta quindi all’applicazione dell’esenzione fiscale di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA.

VI. Conclusione

111.

Propongo pertanto di rispondere alle questioni sollevate dal First-Tier Tribunal (Tribunale di primo grado, Regno Unito) come segue:

1.

La disposizione di esenzione fiscale di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA non si estende a un’associazione avente sede in un paese terzo.

2.

L’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che l’esenzione delle prestazioni di servizi rese da un’associazione ai suoi membri in cambio dell’esatto rimborso delle spese non comporta in linea di principio una distorsione della concorrenza, salvo i casi di applicazione incompatibile con la finalità della disposizione.

Possono costituire indizi di un’applicazione incompatibile con la finalità della disposizione, ad esempio:

(1)

il fatto che l’associazione fornisca, in quantità notevoli, le medesime prestazioni a titolo oneroso a soggetti non membri e così facendo agisca sul mercato principalmente come concorrente piuttosto che come associazione di membri che cooperano;

(2)

il fatto che l’associazione non fornisca prestazioni specificamente concepite per le esigenze dei suoi membri, ma si limiti a trasmettere prestazioni acquistate;

(3)

il fatto che risulti preponderante la sola ottimizzazione dell’onere IVA a monte e non la reciproca collaborazione al fine di evitare uno svantaggio concorrenziale.

L’onere della prova dei suddetti indizi è a carico dell’amministrazione tributaria. Tuttavia, essa non è tenuta, sotto il profilo del diritto dell’Unione, a richiedere una valutazione peritale specifica o un esame analogo. In definitiva spetta al giudice del rinvio valutare tali indizi.

3.

Il fatto che alcuni membri dell’associazione facciano anche parte di un gruppo IVA non osta all’applicazione dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA. Vige tuttavia la priorità della tassazione del gruppo, di più ampia portata, in conformità dell’articolo 11 della direttiva IVA. Pertanto, l’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA non trova applicazione se tutti i membri dell’associazione fanno parte di uno stesso gruppo IVA.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) Sentenze del 20 novembre 2019, Infohos (C‑400/18, EU:C:2019:992); del 21 settembre 2017, Aviva (C‑605/15, EU:C:2017:718); del 21 settembre 2017, DNB Banka (C‑326/15, EU:C:2017:719); del 21 settembre 2017, Commissione/Germania (C‑616/15, EU:C:2017:721), e del 4 maggio 2017, Commissione/Lussemburgo (C‑274/15, EU:C:2017:333).

( 3 ) GU 2006, L 347, pag. 1.

( 4 ) In merito a tale conseguenza giuridica v., ex multis, la sentenza del 14 febbraio 2019, Vetsch Int. Transporte (C‑531/17, EU:C:2019:114, punto 45).

( 5 ) V. la motivazione relativa all’articolo 4, paragrafo 4, a pag. 4 della proposta della Commissione del 20 giugno 1973, COM(73) 950 def.

( 6 ) Sentenze del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C‑108/14 e C‑109/24, EU:C:2015:496, punto 40); del 25 aprile 2013, Commissione/Svezia (C‑480/10, EU:C:2013:263, punto 37), e del 9 aprile 2013, Commissione/Irlanda (C‑85/11, EU:C:2013:217, punti 4748).

( 7 ) V. le mie conclusioni nelle cause Aviva (C‑605/15, EU:C:2017:150, paragrafi 36 e segg), e DNB Bank (C‑326/15, EU:C:2017:145, paragrafi 45 e segg.).

( 8 ) Sentenze del 21 settembre 2017, Aviva (C‑605/15, EU:C:2017:718), e del 21 settembre 2017, DNB Banka (C‑326/15, EU:C:2017:719).

( 9 ) Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1).

( 10 ) Conformemente al terzo considerando, con l’adozione della direttiva IVA si è proceduto soltanto alla rifusione della struttura e del testo, senza però apportare modifiche contenutistiche alla normativa esistente. Tuttavia, le modifiche sostanziali intervenute sono riportate in maniera esaustiva nelle disposizioni sull’attuazione e l’entrata in vigore della direttiva. Per quanto riguarda l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva IVA non si riscontra alcun elemento in tal senso.

( 11 ) Si otterrebbe un analogo modello di ottimizzazione fiscale nel caso in cui l’associazione scegliesse come paese in cui stabilire la propria sede lo Stato membro all’interno dell’Unione con l’aliquota IVA più bassa.

( 12 ) Su questo motivo di giustificazione, v., inter alia, sentenze del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punti 4546); del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 48); del 21 maggio 2015, Verder LabTec (C‑657/13, EU:C:2015:331, punto 47), e del 21 gennaio 2010, SGI (C‑311/08, EU:C:2010:26, punto 60).

( 13 ) In senso contrario anche T. Ehrke-Rabel, VAT Grouping: The Relevance of the Territorial Restriction of Article 11 of the VAT Directive, World Journal of VAT/GST Law, vol. 1, n. 1, luglio 2012, pag. 61 (pagg. 70 e segg.); Casper Bjerregaard Eskildsen, VAT Grouping versus Freedom of Establishment, 20 EC Tax Review, Ed. 3, pagg. 114–120; v. in dettaglio anche H. Stadie, in Rau/Dürrwächter, UStG, § 2 nota 812 e segg. (174a edizione - ottobre 2017).

Altra opinione contraria: A. van Doesum, H. van Kesteren, G.-J. van Norden, The Internal Market and VAT: intra-group transactions of branches, subsidiaries and VAT groups, (2007) 16 EC Tax Review, numero 1, pag. 34 (41).

( 14 ) V. punti 56 e segg. delle osservazioni scritte.

( 15 ) Sentenza del 16 settembre 2008, Isle of Wight Council e a. (C‑288/07, EU:C:2008:505, punti 49 e segg).

( 16 ) Ciò emerge con evidenza nel caso in cui l’associazione proceda, in un determinato paese, alla detrazione dell’imposta versata a monte in quanto l’esenzione è stata negata in ragione della riconosciuta presenza di distorsioni della concorrenza. Di contro, nello Stato membro del destinatario della prestazione, l’esenzione è riconosciuta sulla base dell’inversione contabile a carico del membro dell’associazione, non essendo state ivi ravvisate distorsioni.

( 17 ) V., in tal senso, le sentenze del 20 novembre 2019, Infohos (C‑400/18, EU:C:2019:992, punto 36); del 21 settembre 2017, Commissione/Germania (C‑616/15, EU:C:2017:721, punto 56), e dell’11 dicembre 2008, Stichting Centraal Begeleidingsorgaan voor de Intercollegiale Toetsing (C‑407/07, EU:C:2008:713, punto 37). V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Mischo nella causa Taksatorringen (C‑8/01, EU:C:2002:562, paragrafo 118).

( 18 ) Conclusioni da me presentate nella causa Aviva (C‑605/15, EU:C:2017:150, paragrafi 20 e segg.), e nella causa DNB Banka (C‑326/15, EU:C:2017:145, paragrafo 51).

( 19 ) V. punto 11 delle osservazioni scritte.

( 20 ) In tal senso, già le conclusioni dell’avvocato generale Mischo nella causa Taksatorringen (C‑8/01, EU:C:2002:562, paragrafi 125 e segg.) – «va rilevato che [il mercato] si presenta sotto una luce molto particolare». V. anche le mie conclusioni nella causa Aviva (C‑605/15, EU:C:2017:150, paragrafo 67).

( 21 ) V., inter alia, sentenza del 28 settembre 2006, Commissione/Austria (C‑128/05, EU:C:2006:612, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

V. anche, in relazione alle esenzioni previste dalla direttiva IVA, le sentenze del 21 settembre 2017, Aviva (C‑605/15, EU:C:2017:718, punto 30); del 21 settembre 2017, Commissione/Germania (C‑616/15, EU:C:2017:721, punto 49), e del 5 ottobre 2016, TMD (C‑412/15, EU:C:2016:738, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

( 22 ) Così, espressamente, sulle norme in materia di esenzione fiscale di cui all’articolo 132 della direttiva IVA, la sentenza del 21 settembre 2017, Aviva (C‑605/15, EU:C:2017:718, punto 30).

( 23 ) Sentenze del 20 novembre 2019, Infohos (C‑400/18, EU:C:2019:992, punto 30); del 4 maggio 2017, Commissione/Lussemburgo (C‑274/15, EU:C:2017:333, punto 50); del 28 novembre 2013, MDDP (C‑319/12, EU:C:2013:778, punto 25); del 21 marzo 2013, PFC Clinic (C‑91/12, EU:C:2013:198, punto 23); dell’11 dicembre 2008, Stichting Centraal Begeleidingsorgaan voor de Intercollegiale Toetsing (C‑407/07, EU:C:2008:713, punto 30); del 14 giugno 2007, Horizon College (C‑434/05, EU:C:2007:343, punto 16), e del 20 giugno 2002, Commissione/Germania (C‑287/00, EU:C:2002:388, punto 47).

( 24 ) V. sentenze del 20 novembre 2019, Infohos (C‑400/18, EU:C:2019:992, punto 48), e del 20 novembre 2003, Taksatorringen (C‑8/01, EU:C:2003:621, punto 64).

( 25 ) Sentenza del 20 novembre 2019, Infohos (C‑400/18, EU:C:2019:992, punto 47).

( 26 ) V. sentenza del 20 novembre 2003, Taksatorringen (C‑8/01, EU:C:2003:621, punto 59), e le conclusioni dell’avvocato generale Mischo nella causa Taksatorringen (C‑8/01, EU:C:2002:562, paragrafi 131 e segg.).

( 27 ) In merito all’onere della prova sull’esistenza di pratiche abusive nella legislazione in materia di IVA, v., a titolo esemplificativo, la sentenza del 10 luglio 2019, Kuršu zeme (C-273/18, EU:C:2019:588, punti 3538).