SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

19 settembre 2019 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Articolo 3, paragrafi 1 e 3 – Allegato della direttiva 93/13/CEE – Punto 1, lettere m) e q) – Contratto di prestito ipotecario – Atto notarile – Apposizione della formula esecutiva da parte di un notaio – Inversione dell’onere della prova – Articolo 5, paragrafo 1 – Formulazione chiara e comprensibile»

Nella causa C‑34/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Fővárosi Ítélőtábla (Corte d’appello regionale di Budapest, Ungheria), con decisione del 9 gennaio 2018, pervenuta in cancelleria il 18 gennaio 2018, nel procedimento

Ottília Lovasné Tóth

contro

ERSTE Bank Hungary Zrt.,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da A. Prechal (relatrice), presidente di sezione, F. Biltgen, J. Malenovský, C.G. Fernlund e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: G. Hogan

cancelliere: R. Şereş, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 23 gennaio 2019,

considerate le osservazioni presentate:

per O. Lovasné Tóth, da G. Némethi, ügyvéd;

per la ERSTE Bank Hungary Zrt., da T. Kende e P. Sonnevend, ügyvédek;

per il governo ungherese, da M.Z. Fehér, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da N. Ruiz García e A. Tokár, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 marzo 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 3 e 5 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29), e del punto 1, lettere m) e q) dell’allegato della direttiva citata.

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Ottília Lovasné Tóth (in prosieugo: la «mutuataria») e la ERSTE Bank Hungary Zrt. (in prosieguo: la «banca») relativa a una domanda di accertamento del carattere asseritamente abusivo di una clausola contenuta in un contratto di mutuo ipotecario espresso in valuta estera.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

Ai sensi del quinto considerando della direttiva 93/13:

«considerando che normalmente i consumatori non conoscono le norme giuridiche che disciplinano, negli Stati membri diversi dai loro, i contratti relativi alla vendita di beni o all’offerta di servizi; che tale ignoranza può distoglierli dalle transazioni dirette per l’acquisto di beni o la prestazione di servizi in un altro Stato membro».

4

L’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, prevede quanto segue:

«Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

5

L’articolo 3, paragrafo 3, della suddetta direttiva fa riferimento all’allegato di quest’ultima che contiene un «elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive».

6

L’articolo 5, prima frase, della medesima direttiva precisa quanto segue:

«Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono essere sempre redatte in modo chiaro e comprensibile».

7

Ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/13:

«Gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore».

8

Il punto 1 dell’allegato di tale direttiva è formulato come segue:

«Clausole che hanno per oggetto o per effetto di:

(…)

m)

permettere al professionista di stabilire se il bene venduto o il servizio prestato è conforme a quanto stipulato nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo di interpretare una clausola qualsiasi del contratto;

(…)

q)

sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali o vie di ricorso del consumatore, in particolare obbligando il consumatore a rivolgersi esclusivamente a una giurisdizione di arbitrato non disciplinata da disposizioni giuridiche, limitando indebitamente i mezzi di prova a disposizione del consumatore o imponendogli un onere della prova che, ai sensi della legislazione applicabile, incomberebbe a un’altra parte del contratto».

Diritto ungherese

Codice civile

9

La Polgári Törvénykönyvről szóló 1959. évi IV. Törvény (legge n. IV del 1959, sul codice civile) nella sua versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «codice civile»), dispone quanto segue al suo articolo 205/A:

«1.   Devono essere considerate condizioni generali di contratto le clausole contrattuali che una parte abbia predisposto preventivamente, unilateralmente e senza la partecipazione della controparte, in vista della stipulazione di più contratti, e che non siano state oggetto di specifica trattativa tra le parti.

(…)

3.   Ai fini della qualificazione come condizioni generali di contratto risultano irrilevanti la portata e la modalità di formulazione delle clausole nonché le modalità con cui sono state incorporate nel contratto e la circostanza che risultino predisposte nel documento contrattuale o in un documento a parte».

10

L’articolo 209 del codice civile così dispone:

«1.   Le condizioni generali di contratto e le clausole di un contratto stipulato con un consumatore che non siano state oggetto di negoziato individuale sono abusive se, in violazione dei requisiti di buona fede e di equità, determinano i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto, in modo unilaterale e ingiustificato, a detrimento della parte contraente che non è l’autore delle clausole.

2.   Al fine di valutare il carattere abusivo di una clausola, occorre esaminare, da una parte, tutte le circostanze esistenti al momento della stipulazione del contratto che hanno indotto le parti a concluderlo e, dall’altra, la natura della prestazione prevista ed i rapporti della clausola controversa con le altre clausole del contratto o con altri contratti.

3.   Disposizioni speciali possono designare le clausole dei contratti stipulati con i consumatori ritenute abusive o da considerare tali sino a prova contraria».

11

Ai sensi dell’articolo 209/A del codice civile:

«1.   La parte danneggiata può impugnare le clausole abusive figuranti nel contratto quali condizioni generali di contratto.

2.   Sono nulle le clausole abusive figuranti in contratti stipulati con consumatori quali condizioni generali di contratto o che il professionista abbia stabilito in modo unilaterale, predeterminato e senza negoziato individuale. La nullità può essere invocata solo nell’interesse del consumatore».

12

L’articolo 242 del codice civile così dispone:

«1.   Il riconoscimento del debito non ne modifica il titolo giuridico; tuttavia, incombe a chi proceda a tale riconoscimento fornire la prova dell’insussistenza del suo debito, del fatto che la sua esecuzione non possa essere fatta valere in sede giurisdizionale o dell’invalidità del contratto.

2.   Il riconoscimento del debito viene effettuato mediante dichiarazione scritta rivolta all’altra parte contraente».

13

L’articolo 523 del codice civile prevede quanto segue:

«1.   In forza di un contratto di mutuo, l’impresa finanziaria o un diverso soggetto finanziatore deve porre la somma convenuta a disposizione del mutuatario; il mutuatario deve rimborsare detta somma secondo quanto previsto dal contratto.

2.   In assenza di disposizioni contrarie, se il mutuante è un’impresa finanziaria il mutuatario deve corrispondere gli interessi (mutuo bancario)».

14

Ai sensi dell’articolo 688 del codice civile, quest’ultimo è volto, in particolare, alla trasposizione della direttiva 93/13 nel diritto ungherese.

Decreto governativo

15

Il Fogyasztóval kötött szerződésben tisztességtelennek minősülő feltételekről szóló 18/1999. (II. 5.) Kormányrendelet [decreto governativo 18/1999 (II. 5.), relativo alle clausole dei contratti stipulati con i consumatori considerate abusive], nella sua versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto governativo»), prevede, all’articolo 1, paragrafo 1, che si considerano abusive, in particolare, le clausole contrattuali che:

«(…)

b)

consentano esclusivamente alla parte che stipula il contratto con il consumatore di determinare se il contratto sia stato stipulato conformemente agli accordi;

(…)

i)

escludano o limitino i mezzi a disposizione del consumatore per far valere i suoi diritti, in forza di legge o di accordi tra le parti, ove tali mezzi non siano sostituiti da una modalità per dirimere le controversie prevista per legge;

j)

comportino l’inversione dell’onere della prova a danno del consumatore».

16

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del decreto in oggetto:

«Il presente decreto, unitamente alle pertinenti disposizioni del codice civile, traspone nel diritto ungherese la direttiva [93/13]».

Codice di procedura civile

17

La Polgári perrendtartásról szóló 1952. évi III. törvény (legge n. III del 1952, sul codice di procedura civile) nella sua versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «codice di procedura civile»), dispone quanto segue al suo articolo 164, paragrafo 1:

«La dimostrazione dei fatti necessari ai fini della definizione della controversia incombe, in linea di principio, alla parte interessata a che il giudice li consideri provati».

Legge ungherese n. LIII del 1994

18

La Bírósági végrehajtásról szóló 1994. évi LIII törvény (legge ungherese n. LIII del 1994, sulle esecuzioni giudiziarie), nella sua versione applicabile alla data della firma del contratto di cui al procedimento principale, prevede quanto segue al suo articolo 10:

«L’esecuzione giudiziaria viene promossa previa presentazione di un titolo esecutivo. Costituiscono titoli esecutivi:

(…)

b)

i documenti sui quali un organo giurisdizionale ha apposto la formula esecutiva».

19

Dal 1o giugno 2010 tale disposizione è del seguente tenore:

«L’esecuzione giudiziaria viene promossa previa presentazione di un titolo esecutivo. Costituiscono titoli esecutivi:

(…)

b)

i documenti sui quali un organo giurisdizionale o un notaio ha apposto la formula esecutiva».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

20

Il 27 ottobre 2008 la mutuataria e la banca hanno stipulato un contratto di mutuo immobiliare (in prosieguo: il «contratto di mutuo») espresso in franchi svizzeri (CHF). Con tale contratto, la banca si è impegnata a mettere a disposizione della mutuataria un importo di CHF 132848 (circa EUR 118140) al fine di rifinanziare un credito. Lo stesso giorno la mutuataria ha redatto, tramite notaio, un atto pubblico, intitolato «dichiarazione unilaterale di riconoscimento di debito», in cui comparivano le clausole del contratto di mutuo.

21

Il punto I.4 del contratto di mutuo, il cui contenuto figura altresì in detto atto notarile, è formulato come segue:

«Al fine di dirimere qualsiasi controversia in materia di rendiconto o di soddisfare una pretesa della banca, al fine di determinare l’importo del mutuo o di qualsiasi altro debito in essere in un determinato momento in conformità al documento di cui trattasi e al fine di stabilire la data effettiva del versamento e la scadenza di un obbligo di pagamento, nonché per determinare qualsiasi altro fatto o dato necessario in vista di un’esecuzione giudiziaria diretta, le parti si impegnano ad accettare, come elemento di prova facente fede, un documento probatorio stipulato in forma di atto pubblico notarile e redatto in conformità ai conti del debitore presso la banca e ai registri e libri contabili della banca stessa.

Conformemente a ciò, le parti s’impegnano a riconoscere, tramite la sottoscrizione del presente documento, che, in caso di mancato rimborso dell’importo principale e dei suoi oneri accessori o nel caso in cui il rimborso non sia conforme a quanto pattuito nel contratto, il documento probatorio stipulato in forma di atto pubblico notarile e redatto in conformità ai conti del debitore presso la banca e ai registri o libri contabili della banca stessa fungerà da prova del credito e dei suoi oneri accessori esistenti in un determinato periodo, in aggiunta al presente documento e ai fini dell’esecuzione forzata, nonché dei fatti precedentemente menzionati.

Per l’ipotesi in cui venga promosso su istanza della banca un procedimento di esecuzione forzata, le parti o il debitore chiederanno al notaio che ha certificato il presente documento, o al notaio che sia altrimenti competente, di attestare con un atto notarile redatto in conformità ai conti del debitore presso la banca o ai registri e ai libri contabili della banca, dopo avere esaminato la documentazione, in cui sia enunciato l’importo del mutuo, degli interessi e dei suoi oneri accessori o di qualsiasi altro debito al riguardo esistenti e derivanti dal mutuo anteriormente menzionato e dai fatti e dati citati supra; gli stessi acconsentono a che venga meno il segreto bancario in relazione a dette informazioni».

22

Dalla decisione di rinvio risulta che il contratto di mutuo autorizza la banca a risolvere quest’ultimo con effetto immediato in caso di grave inadempimento del contratto da parte della mutuataria, quale l’inadempimento di un obbligo di pagamento. Poiché tutti i crediti basati su tale contratto sono esigibili a seguito della risoluzione, la banca ha diritto all’immediato rimborso dell’importo residuo dovuto.

23

Il 5 gennaio 2016 la mutuataria ha proposto ricorso dinanzi al giudice ungherese competente in primo grado. Ella ha affermato che la clausola contenuta al punto I.4 del contratto di mutuo e la corrispondente disposizione dell’atto pubblico redatto in occasione della stipulazione del contratto di mutuo erano abusive sulla base del rilievo che, con tale clausola, ella si sarebbe impegnata ad accettare che la banca potesse stabilire unilateralmente un inadempimento da parte sua, nonché l’importo del debito, e procedere direttamente all’esecuzione sulla base di tale atto pubblico, dotato di efficacia probatoria, essendo munito della formula esecutiva. Secondo la mutuataria, detta clausola invertirebbe l’onere della prova a danno del consumatore, poiché spetterebbe a quest’ultimo, in caso di disaccordo, adire un giudice per opporsi all’esecuzione forzata.

24

La banca ha chiesto il rigetto del ricorso. Secondo la banca, la clausola di cui trattasi nel procedimento principale non consentirebbe di stabilire unilateralmente se la mutuataria abbia adempiuto i propri obblighi. Essa non invertirebbe l’onere della prova, né priverebbe la mutuataria della possibilità di far valere le sue pretese. Anche in presenza di un atto notarile attestante l’importo del debito, il diritto ungherese consentirebbe sempre di fornire prove contrarie. Inoltre, anche nell’ambito di una procedura semplificata di esecuzione forzata, spetterebbe sempre alla banca provare l’importo del credito. Detta clausola non consentirebbe alla banca di determinare unilateralmente l’importo del debito né di imporre la propria interpretazione delle disposizioni del contratto di mutuo.

25

Il giudice ungherese competente in primo grado ha respinto il ricorso della mutuataria, con la motivazione che la clausola di cui trattasi nel procedimento principale non sarebbe abusiva, in quanto si limiterebbe a precisare le modalità da rispettare al fine di attestare il debito. Per quanto riguarda l’esecuzione, tale giudice ha considerato che, una volta disposta, non vi è modo di verificare se la mutuataria sia inadempiente. Tuttavia, quest’ultima potrebbe dichiarare all’ufficiale giudiziario di aver adempiuto le proprie obbligazioni e, se necessario, potrebbe avviare un procedimento volto ad escludere l’esecuzione forzata. In suddetto procedimento, la mutuataria potrebbe contestare il credito.

26

La mutuataria ha proposto appello dinanzi al giudice del rinvio. Ella ha sottolineato il fatto che la clausola di cui trattasi nel procedimento principale può generare uno squilibrio a danno del consumatore, ai sensi della direttiva 93/13, semplificando le possibilità per la banca di far valere le sue pretese e rendendo più difficile la difesa del consumatore.

27

Il giudice del rinvio, il quale ricorda che, ai sensi dell’articolo 242 del codice civile, spetta all’autore di un riconoscimento del debito fornire la prova dell’insussistenza del debito stesso, del fatto che la sua esecuzione non possa essere fatta valere in sede giurisdizionale o dell’invalidità del contratto, ritiene che tale articolo non sia applicabile alla clausola contenuta al punto I.4 del contratto di mutuo. Secondo il giudice del rinvio, detto articolo, che invertirebbe l’onere della prova per i debiti riconosciuti, si applicherebbe solo laddove l’importo del debito sia chiaro e definito. Orbene, siffatta ipotesi non ricorre nel caso di specie.

28

Il giudice del rinvio ritiene, inoltre, che il punto I.4 del contratto di mutuo abbia lo stesso effetto dell’articolo 242 del codice civile quanto all’inversione dell’onere della prova, in quanto spetterebbe, in caso di disaccordo, alla mutuataria dover provare che la banca non può esercitare il suo diritto e adire un giudice al fine di contestare il carattere legittimo dell’esecuzione forzata o la validità del contratto di mutuo. In un procedimento diretto alla limitazione o all’esclusione dell’esecuzione forzata, i requisiti in materia di termini e di prove sarebbero più rigorosi che nei procedimenti civili ordinari. Pertanto, imporre con una clausola che il debito, anche senza essere necessariamente riconosciuto dal debitore, sia attestato da un atto pubblico dotato di efficacia probatoria sul fondamento dei libri della banca, comporterebbe uno squilibrio a danno del consumatore.

29

Il giudice del rinvio nutre dubbi sul punto se detta clausola rientri nell’ambito di applicazione del punto 1, lettere m) e q), dell’allegato della direttiva 93/13 e sul modo in cui dovrebbe valutare se una tale clausola abbia carattere abusivo. A tal riguardo, detto giudice osserva che l’allegato in parola è stato trasposto nel diritto ungherese e che le clausole di cui all’articolo 1, paragrafo 1, del decreto governativo si considerano abusive senza che sia necessario alcun esame supplementare.

30

Tale giudice rileva che, ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/13, gli Stati membri possono adottare, nel settore disciplinato dalla direttiva menzionata, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore. Sarebbe quindi consentito al legislatore nazionale dichiarare abusive, senza procedere ad un ulteriore esame, le clausole di cui all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13, in combinato disposto con il punto 1 dell’allegato della direttiva in parola.

31

Per quanto riguarda l’aspetto se una clausola come quella di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione del punto 1, lettera q), dell’allegato della direttiva 93/13, il giudice del rinvio osserva che, sebbene la versione in lingua ungherese di tale disposizione riguardi clausole «che hanno per oggetto o per effetto (…)», altre versioni linguistiche della medesima disposizione, in particolare le versioni in lingua tedesca, polacca, ceca e slovena, fanno riferimento a clausole che «hanno per finalità o per effetto (…)». Sul fondamento di queste ultime versioni linguistiche, si dovrebbe ritenere che l’istituto finanziario interessato, inserendo tale clausola nel contratto di cui trattasi, abbia avuto come scopo di invertire l’onere della prova.

32

A tal riguardo, detto giudice si pone la questione se l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13, in combinato disposto con il punto 1, lettera q), dell’allegato della medesima direttiva, debba essere interpretato nel senso che esso si riferisce ad una clausola che ha per finalità di invertire l’onere della prova, per poter procedere a un’esecuzione forzata semplificata in caso di grave inadempimento del consumatore, anche se siffatta procedura semplificata di esecuzione forzata può parimenti essere fondata sul diritto nazionale, indipendentemente da detta clausola.

33

Secondo il giudice del rinvio, anche se la clausola di cui trattasi nel procedimento principale costituisce la traduzione di un procedimento di esecuzione notarile già previsto dalla legge ungherese, tale clausola potrebbe essere abusiva in quanto avrebbe come conseguenza, lasciando alla banca la possibilità di stabilire l’importo residuo dovuto, di evitare qualsiasi negoziazione equa e leale con la mutuataria e di obbligare quest’ultima ad avviare un procedimento giudiziario oneroso. Infine, le conseguenze potenziali di detta clausola in caso di controversia non sarebbero completamente comprensibili per il consumatore medio al momento della conclusione del contratto.

34

Il giudice del rinvio rileva che una situazione analoga a quella in discussione nel procedimento principale è all’origine della sentenza del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary (C‑32/14, EU:C:2015:637). Tuttavia, tale sentenza sarebbe stata oggetto di applicazioni divergenti da parte dei giudici ungheresi per quanto riguarda clausole come quelle di cui trattasi nel procedimento principale.

35

Il giudice del rinvio sottolinea che, secondo la Kúria (Corte suprema, Ungheria) in caso di emissione della formula esecutiva sull’atto pubblico, il debitore può, ai sensi dell’articolo 369 del codice di procedura civile, contestare il debito soltanto nell’ambito di un procedimento con cui si chiede l’estinzione o la limitazione dell’esecuzione. Si tratterebbe, tuttavia, di una soluzione derivante da norme procedurali applicabili agli atti pubblici notarili e alla formula esecutiva. Le clausole analoghe a quella in discussione nel procedimento principale non inciderebbero quindi sulla posizione giuridica del consumatore e non comporterebbero nemmeno alcun tipo di svantaggio al riguardo. A ben vedere, il fatto che l’onere della prova incomba sul consumatore, in forza dell’articolo 164, paragrafo 1, del codice di procedura civile, sarebbe inerente alle procedure con cui si chiede l’estinzione o la limitazione dell’esecuzione forzata, cosicché l’atto pubblico notarile non renderebbe più gravoso l’onere della prova per il consumatore.

36

Nondimeno, giudici diversi dalla Kúria (Corte suprema) avrebbero dichiarato che una tale clausola può invertire l’onere della prova a danno del consumatore.

37

Peraltro, il giudice del rinvio rileva che la clausola di cui al procedimento principale potrebbe essere considerata come una clausola ai sensi del punto 1, lettera m), dell’allegato della direttiva 93/13, avente per oggetto o per effetto di permettere al professionista di stabilire se il bene venduto o il servizio prestato è conforme a quanto stipulato nel contratto o di conferirgli il diritto esclusivo di interpretare una clausola qualsiasi del contratto.

38

Alla luce di quanto sopra esposto, la Fővárosi Ítélőtábla (Corte d’appello regionale di Budapest, Ungheria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se si debba interpretare la lettera q) contenuta nel punto 1 dell’allegato alla direttiva [93/13] nel senso che – quale norma dell’Unione avente rango di norma di ordine pubblico – vieta, in un modo generale e che rende superfluo procedere a ulteriori analisi, che un soggetto mutuante imponga al debitore avente la qualità di consumatore una disposizione contrattuale, nella forma di una clausola generale o non negoziata individualmente, la cui finalità o il cui effetto sia quello di invertire l’onere della prova.

2)

Nel caso in cui risulti necessario valutare, sulla base della lettera q) contenuta nel punto 1 dell’allegato alla direttiva [93/13], la finalità o l’effetto della clausola contrattuale, se si possa stabilire che osta all’esercizio dei diritti dei consumatori una clausola contrattuale:

in considerazione della quale il debitore che rivesta la condizione di consumatore abbia motivi fondati per ritenere che debba adempiere al contratto nella sua interezza, con tutte le sue clausole, nel modo e nella misura imposti dal soggetto mutuante e ciò anche sebbene il debitore ritenga che la prestazione richiesta dal soggetto mutuante non sia esigibile in tutto o in parte, o

il cui effetto consiste nel fatto che si limita o si esclude l’accesso del consumatore a una modalità di risoluzione di controversie fondata su una leale negoziazione, a causa del fatto che per il soggetto mutuante è sufficiente invocare tale clausola contrattuale al fine di considerare definita la controversia.

3)

Nel caso in cui si debba prendere una decisione anche in merito al carattere abusivo delle clausole contrattuali elencate nell’allegato alla direttiva [93/13] alla luce dei criteri stabiliti all’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, se soddisfi il requisito relativo alla redazione in modo chiaro e comprensibile previsto all’articolo 5 della direttiva di cui trattasi una clausola contrattuale che incide sulle decisioni del consumatore in relazione all’adempimento del contratto, alla soluzione di controversie con il mutuante mediante rimedi giudiziali e stragiudiziali o all’esercizio di diritti la quale, sebbene risulti redatta in modo grammaticalmente chiaro, produce effetti giuridici che possono essere determinati esclusivamente mediante l’interpretazione di norme nazionali, riguardo alle quali non esiste una prassi giurisdizionale uniforme al momento della stipulazione del contratto, e tale pratica non si sia consolidata nemmeno negli anni successivi.

4)

Se si debba interpretare la lettera m) contenuta nel punto 1 dell’allegato alla direttiva [93/13] nel senso che una clausola contrattuale non negoziata individualmente può essere abusiva anche nell’ipotesi in cui legittimi la controparte contrattuale del consumatore a determinare unilateralmente se la prestazione di quest’ultimo sia conforme a quanto disposto nel contratto e nel caso in cui il consumatore riconosca di essere vincolato dalla stessa, e ciò ancor prima che i contraenti abbiano effettuato una qualsivoglia prestazione».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità delle questioni

39

La banca eccepisce l’irricevibilità delle questioni sollevate con la motivazione che, in sostanza, esse sarebbero di natura teorica. Relativamente alle prime due questioni, la banca sostiene che il giudice del rinvio si basa sull’erroneo presupposto per il quale la clausola di cui trattasi nel procedimento principale inverta l’onere della prova a danno del consumatore. Inoltre, tale clausola non potrebbe limitare l’esercizio di azioni legali o mezzi di ricorso del consumatore. Pertanto, il punto 1, lettera q), dell’allegato della direttiva 93/13 non sarebbe applicabile nel procedimento principale. Per quanto riguarda la terza questione, la banca sostiene che la giurisprudenza relativa alle clausole come quella di cui trattasi nel procedimento principale era uniforme al momento della conclusione del contratto di mutuo, poiché la Kúria (Corte suprema) ha più volte dichiarato che clausole del genere non modificavano i diritti né gli obblighi del consumatore rispetto alle norme di diritto nazionale applicabili. Per ciò che attiene, infine, alla quarta questione, la banca fa valere che il punto 1, lettera m), dell’allegato della direttiva 93/13 non è applicabile alla clausola di cui trattasi nel procedimento principale, dato che quest’ultima non permette al professionista di stabilire se le prestazioni del consumatore siano conformi a quanto stipulato nel contratto di mutuo.

40

Si deve anzitutto ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione poste dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli definisce sotto la propria responsabilità, e di cui non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da parte della Corte di statuire su una questione proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o l’oggetto del procedimento principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 20 settembre 2018, OTP Bank e OTP Faktoring, C‑51/17, EU:C:2018:750, punto 37 e giurisprudenza citata).

41

A tal riguardo, come altresì rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non risulta in modo evidente che le ipotesi considerate dal giudice del rinvio non corrispondano alla situazione di cui trattasi nel procedimento principale.

42

Inoltre, occorre rilevare che, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti e del diritto nazionale rientra nella competenza del giudice nazionale (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2019, Associação Peço a Palavra e a., C‑563/17, EU:C:2019:144, punto 36 e giurisprudenza citata). Pertanto, spetta al solo giudice del rinvio, nel caso di specie, valutare il significato e la portata della clausola di cui trattasi nel procedimento principale.

43

Ne consegue che le questioni proposte sono ricevibili.

Sulla prima questione

44

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13, in combinato disposto con il punto 1, lettera q), dell’allegato di tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che esso definisce abusiva, in modo generale e senza un ulteriore esame, una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale e avente per oggetto o per effetto di invertire l’onere della prova a danno del consumatore.

45

Dalla formulazione dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13 risulta che l’allegato della direttiva medesima fornisce un elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive. Certamente, l’allegato della direttiva 93/13 costituisce, come la Corte ha già dichiarato, un elemento essenziale sul quale il giudice competente può fondare la sua valutazione del carattere abusivo di una clausola (v., in tal senso, ordinanza del 3 aprile 2014, Sebestyén, C‑342/13, EU:C:2014:1857, punto 32 e giurisprudenza citata). Tuttavia, è pacifico che una clausola che figura nell’elenco del suddetto allegato non deve essere necessariamente considerata abusiva e che, viceversa, una clausola che non vi figura può nondimeno essere dichiarata abusiva (v., in tal senso, sentenza del 7 maggio 2002, Commissione/Svezia, C‑478/99, EU:C:2002:281, punto 20).

46

Ne consegue che spetta al giudice nazionale, in presenza di una clausola di un contratto, verificare, in forza dell’articolo 3, paragrafi 1 e 3, della direttiva 93/13, in combinato disposto con il punto 1, lettera q), dell’allegato della medesima direttiva, se tale clausola determini, contravvenendo al requisito della buona fede, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

47

Tuttavia, ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/13, gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore. Pertanto, gli Stati membri sono liberi, in linea di principio, di estendere la tutela prevista dall’articolo 3, paragrafi 1 e 3, di tale direttiva, in combinato disposto con il punto 1 dell’allegato della suddetta direttiva, dichiarando abusive in modo generale le clausole tipo elencate al punto in parola, senza che sia richiesto un esame ulteriore secondo i criteri di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13.

48

Dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta – circostanza che il giudice del rinvio è tenuto tuttavia a verificare – che, ai sensi del diritto ungherese, le clausole di cui al punto 1, lettera q), dell’allegato della direttiva 93/13 sono effettivamente considerate abusive, e ciò senza che sia necessario un ulteriore esame. In caso affermativo, spetta ancora al giudice del rinvio determinare se la clausola di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera j), del decreto governativo.

49

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13, in combinato disposto con il punto 1, lettera q), dell’allegato di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non definisce abusiva, in modo generale e senza un ulteriore esame, una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale e avente per effetto o per oggetto di invertire l’onere della prova a danno del consumatore.

Sulla seconda questione

50

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13, in combinato disposto con il punto 1, lettera q), dell’allegato di tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che esso si riferisce a una clausola avente per oggetto o per effetto, da un lato, di lasciar legittimamente supporre al consumatore che egli è tenuto ad adempiere tutte le sue obbligazioni contrattuali, anche qualora esso ritenga che talune prestazioni non siano dovute e, dall’altro, di limitare l’esercizio, da parte del consumatore, di azioni in giudizio o vie di ricorso, qualora l’importo residuo dovuto da quest’ultimo in forza del contratto sia stabilito mediante atto notarile dotato di efficacia probatoria, consentendo al creditore di porre fine alla controversia.

51

Dalla formulazione del punto 1, lettera q), dell’allegato della direttiva 93/13 risulta che tale punto riguarda clausole che hanno per oggetto o per effetto di sopprimere o di limitare l’esercizio, da parte del consumatore, di azioni in giudizio o di vie di ricorso.

52

La Corte ha già dichiarato, per quanto riguarda le clausole che possono rientrare nell’ambito di applicazione del punto 1, lettera q), dell’allegato della direttiva 93/13, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, della medesima direttiva, che il giudice nazionale dovrà valutare se, ed eventualmente in che misura, la clausola in discussione deroghi alle norme applicabili in assenza di accordo tra le parti, rendendo più arduo per il consumatore, visti gli strumenti processuali di cui dispone, l’accesso alla giustizia e l’esercizio dei diritti della difesa (v., in tal senso, sentenza del 14 marzo 2013, Aziz, C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 75).

53

Ne consegue che una clausola che non è idonea a mettere il consumatore in una situazione giuridica meno favorevole di quella prevista dal diritto nazionale in vigore non rientra nell’ambito di applicazione del punto 1, lettera q), dell’allegato della direttiva 93/13, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, della stessa direttiva. Il punto 1, lettera q), di tale allegato riguarda quindi clausole aventi conseguenze giuridiche che possono essere stabilite in modo obiettivo. Questa considerazione non è alterata dal fatto che l’inserimento di una clausola del genere in un contratto possa dare l’impressione al consumatore che le vie di ricorso sono ristrette e che, pertanto, quest’ultimo è tenuto ad adempiere tutte le obbligazioni contenute nel contratto, in quanto la clausola di cui trattasi non pregiudica la sua posizione giuridica, tenuto conto della normativa nazionale applicabile.

54

Nel caso di specie, secondo il giudice del rinvio, la clausola di cui trattasi nel procedimento principale traduce, in particolare, la possibilità per il creditore, quale prevista dal diritto ungherese, di avviare, in caso di inadempimento grave delle obbligazioni contrattuali da parte del consumatore, l’esecuzione forzata del pagamento dell’importo residuo dovuto da quest’ultimo sulla base di un atto notarile recante la formula esecutiva. Tale giudice indica altresì che il debitore può avviare un procedimento volto all’estinzione o alla limitazione dell’esecuzione forzata.

55

Per quanto riguarda detta stessa procedura semplificata di esecuzione forzata, è stato rilevato al punto 60 della sentenza del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary (C‑32/14, EU:C:2015:637) che il consumatore può, da una parte, in applicazione dell’articolo 209/A, paragrafo 1, del codice civile, introdurre un ricorso di contestazione della validità del contratto e, dall’altra parte, in applicazione dell’articolo 369 del codice di procedura civile, avviare un procedimento diretto all’estinzione o alla limitazione dell’esecuzione forzata. Nell’ambito di quest’ultimo procedimento, il consumatore, ai sensi dell’articolo 370 del codice di procedura civile, può chiedere la sospensione dell’esecuzione forzata del contratto.

56

In siffatte circostanze, pare, ciò che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare, che la clausola di cui trattasi nel procedimento principale non alteri la posizione giuridica del consumatore in quanto non elimina né limita l’esercizio, da parte di quest’ultimo, di azioni in giudizio o di vie di ricorso, ai sensi del punto 1, lettera q), dell’allegato della direttiva 93/13.

57

Per contro, una clausola che consentisse al creditore di porre fine a qualsiasi controversia in modo unilaterale ‑ poiché l’importo residuo dovuto sarebbe stabilito, sulla base dei libri della banca, con atto notarile, che il notaio può munire di formula esecutiva ‑ può rientrare nell’ambito di applicazione del punto 1, lettera q), dell’allegato della direttiva 93/13. Infatti, nei limiti in cui una siffatta clausola conferisce al professionista il diritto di decidere in modo definitivo di eventuali controversie relative alle obbligazioni contrattuali, essa elimina o limita l’esercizio, da parte del consumatore, di azioni in giudizio o di vie di ricorso ai sensi di detta disposizione.

58

Tuttavia, come rilevato al punto 54 della presente sentenza, risulta che la clausola di cui trattasi nel procedimento principale non sopprime né limita l’esercizio di azioni in giudizio o vie di ricorso, tenuto conto delle modalità procedurali previste dal diritto ungherese applicabile, circostanza che spetta nondimeno al giudice del rinvio verificare.

59

A detto riguardo, occorre ricordare che la Corte ha già avuto modo di dichiarare che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che consente a un notaio che abbia redatto, in osservanza dei requisiti formali, un atto pubblico riguardante un contratto concluso tra un professionista e un consumatore, di procedere all’apposizione della formula esecutiva su tale atto o di rifiutare di sopprimerla senza che, in nessuna fase, sia stato esaminato il carattere abusivo delle clausole di detto contratto, a condizione tuttavia che le modalità procedurali dei ricorsi previste dal diritto nazionale garantiscano, nelle circostanze del caso di specie, una tutela giurisdizionale effettiva al consumatore, aspetto che incombe al giudice nazionale verificare (v., in tal senso, sentenza del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary, C‑32/14, EU:C:2015:637, punti 6465).

60

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13, in combinato disposto con il punto 1, lettera q), dell’allegato di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che, da un lato, esso non riguarda una clausola avente per oggetto o per effetto di lasciar legittimamente supporre al consumatore che egli è tenuto ad adempiere tutte le sue obbligazioni contrattuali, anche qualora esso ritenga che talune prestazioni non siano dovute, dal momento che siffatta clausola non altera la posizione giuridica del consumatore tenuto conto della normativa nazionale applicabile e, dall’altro, che esso riguarda una clausola avente per oggetto o per effetto di limitare l’esercizio, da parte del consumatore, di azioni in giudizio o vie di ricorso, qualora l’importo residuo dovuto sia stabilito con atto notarile dotato di efficacia probatoria, consentendo al creditore di porre fine alla controversia in modo unilaterale e definitivo.

Sulla terza questione

61

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 5 della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che tale disposizione richiede che il professionista fornisca informazioni complementari relative ad una clausola redatta in modo chiaro, ma i cui effetti giuridici possano essere stabiliti solo per mezzo di un’interpretazione di disposizioni del diritto nazionale che non sono oggetto di una giurisprudenza uniforme.

62

Occorre anzitutto ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’obbligo di trasparenza delle clausole contrattuali, richiamato, segnatamente, all’articolo 5 della direttiva 93/13, impone non solo che la clausola di cui trattasi sia intelligibile per il consumatore su un piano grammaticale, ma anche che essa permetta al consumatore di valutare, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche che gli derivano (v., in tal senso, sentenza del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai, C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 75 e del 9 luglio 2015, Bucura, C‑348/14, non pubblicata, EU:C:2015:447, punto 55).

63

La giurisprudenza menzionata richiede, in sostanza, che i meccanismi per il calcolo del debito e dell’importo che il consumatore deve rimborsare siano trasparenti e comprensibili e che, se del caso, il professionista fornisca ulteriori informazioni necessarie a tal fine (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a., C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 51).

64

Sempre a proposito del requisito di trasparenza quanto alle conseguenze economiche per il consumatore derivanti da un contratto, la Corte ha dichiarato che, in una situazione in cui alcuni aspetti delle modalità di variazione delle spese collegate al servizio da prestare erano descritti dalle disposizioni legislative o regolamentari imperative di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13, o in cui dette disposizioni prevedevano, per un consumatore, la facoltà di porre termine al contratto, era essenziale che il professionista informi il consumatore in relazione a dette disposizioni (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2012, Invitel, C‑472/10, EU:C:2012:242, punto 29).

65

Inoltre, la Corte ha dichiarato, in un altro contesto, per quanto concerne una clausola che prevede l’applicazione del diritto dello Stato di stabilimento del venditore, che quest’ultimo è tenuto, in linea di principio, a informare il consumatore dell’esistenza di disposizioni imperative quali l’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU 2008, L 177, pag. 6), il quale dispone che la scelta della legge applicabile non può valere a privare il consumatore della protezione assicuratagli dalle disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente ai sensi della legge che sarebbe stata applicabile in mancanza di scelta (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2016, Verein für Konsumenteninformation, C‑191/15, EU:C:2016:612, punto 69).

66

Tuttavia, dalla giurisprudenza citata ai punti 64 e 65 della presente sentenza non discende che il professionista sia anche tenuto a informare il consumatore, prima della conclusione di un contratto, quanto alle disposizioni procedurali generali del diritto interno del proprio Stato di residenza, come quelle relative alla ripartizione dell’onere della prova, e alla relativa giurisprudenza.

67

Nel procedimento principale, in particolare, non si fa riferimento a una clausola di designazione del diritto applicabile a favore del diritto dello Stato membro in cui ha sede il professionista, laddove invece il consumatore risiede in un altro Stato membro. Per quanto riguarda una tale situazione, risulta dalla direttiva 93/13, come conferma in particolare il suo quinto considerando, che il legislatore dell’Unione presume che il consumatore non conosca le norme giuridiche che disciplinano, negli Stati membri diversi dal proprio, i contratti relativi alla vendita di beni o all’offerta di servizi.

68

Diversamente dalle cause all’origine delle sentenze citate ai punti 64 e 65 della presente sentenza, il procedimento principale non verte sull’obbligo, a carico del professionista, di informare il consumatore dell’esistenza di disposizioni imperative di diritto internazionale privato. Esso non riguarda neppure l’obbligo che incombe al professionista di informare il consumatore sulle disposizioni imperative in forza delle quali l’importo che il consumatore deve pagare può variare e che hanno, pertanto, un effetto diretto sulle conseguenze economiche per il consumatore che derivano dal contratto. Nel procedimento principale si discute invece sull’informazione del consumatore che riguarderebbe l’esistenza di disposizioni procedurali generali relative alla ripartizione dell’onere della prova e alla loro interpretazione giurisprudenziale alla data della conclusione del contratto.

69

In siffatte circostanze, imporre al professionista un obbligo di informare il consumatore dell’esistenza di disposizioni procedurali generali e di una relativa giurisprudenza, eccederebbe quanto si potrebbe ragionevolmente attendere dallo stesso nell’ambito dell’esigenza di trasparenza.

70

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla terza questione che l’articolo 5 della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che esso non richiede che il professionista fornisca informazioni complementari relative a una clausola redatta in modo chiaro, ma i cui effetti giuridici possono essere stabiliti solo per mezzo di un’interpretazione di disposizioni del diritto nazionale che non sono oggetto di una giurisprudenza uniforme.

Sulla quarta questione

71

Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13, in combinato disposto con il punto 1, lettera m), dell’allegato a tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che esso si riferisce a una clausola contrattuale che autorizza il professionista a valutare unilateralmente se la prestazione che incombe al consumatore sia stata eseguita conformemente al contratto.

72

Il punto 1, lettera m), dell’allegato della direttiva 93/13 riguarda clausole che hanno per oggetto o per effetto di conferire al professionista il diritto di determinare se il bene venduto o il servizio prestato sia conforme alle clausole del contratto o di conferirgli il diritto esclusivo di interpretare ogni clausola del contratto.

73

Dato che, in linea di principio, è il professionista che agisce in qualità di venditore o prestatore di servizi, tale disposizione deve essere considerata come riguardante clausole che consentono al professionista, in caso di denuncia o di contestazione da parte del consumatore relative al servizio fornito o al bene consegnato, di determinare unilateralmente se la sua prestazione sia conforme al contratto.

74

È pacifico, infatti, che il punto 1, lettera m), dell’allegato della direttiva 93/13 non fa riferimento alle obbligazioni del consumatore derivanti dal contratto, ma soltanto alle obbligazioni del professionista. Pertanto, tale disposizione non riguarda clausole che autorizzerebbero il professionista a valutare unilateralmente se la controprestazione del consumatore, consistente nell’ammortizzare un debito e nel pagare le relative spese, sia stata eseguita conformemente al contratto.

75

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla quarta questione che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13, in combinato disposto con il punto 1, lettera m), dell’allegato a tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non si riferisce a una clausola contrattuale che autorizza il professionista a valutare unilateralmente se la prestazione che incombe al consumatore sia stata eseguita conformemente al contratto.

Sulle spese

76

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, in combinato disposto con il punto 1, lettera q), dell’allegato di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non definisce abusiva, in modo generale e senza un ulteriore esame, una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale e avente per effetto o per oggetto di invertire l’onere della prova a danno del consumatore.

 

2)

L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13, in combinato disposto con il punto 1, lettera q), dell’allegato di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che, da un lato, esso non riguarda una clausola avente per oggetto o per effetto di far legittimamente supporre al consumatore che egli è tenuto ad adempiere tutte le sue obbligazioni contrattuali, anche qualora esso ritenga che talune prestazioni non siano dovute, dal momento che siffatta clausola non altera la posizione giuridica del consumatore tenuto conto della normativa nazionale applicabile e, dall’altro, che esso riguarda una clausola avente per oggetto o per effetto di limitare l’esercizio, da parte del consumatore, di azioni giudiziarie o vie di ricorso, quando l’importo residuo dovuto sia stabilito con atto notarile dotato di efficacia probatoria, consentendo al creditore di porre fine alla controversia in modo unilaterale e definitivo.

 

3)

L’articolo 5 della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che esso non richiede che il professionista fornisca informazioni complementari relative a una clausola redatta in modo chiaro, ma i cui effetti giuridici possono essere stabiliti solo per mezzo di un’interpretazione di disposizioni del diritto nazionale che non siano oggetto di una giurisprudenza uniforme.

 

4)

L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13, in combinato disposto con il punto 1, lettera m), dell’allegato a tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non si riferisce a una clausola contrattuale che autorizza il professionista a valutare unilateralmente se la prestazione che incombe al consumatore sia stata eseguita conformemente al contratto.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’ungherese.