SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

22 dicembre 2017 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale – Mandato d’arresto europeo – Decisione quadro 2002/584/GAI – Procedure di consegna tra Stati membri – Condizioni di esecuzione – Motivi di non esecuzione facoltativa – Articolo 4 bis, paragrafo 1, inserito dalla decisione quadro 2009/299/GAI – Mandato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà – Nozione di “processo terminato con la decisione” – Portata – Persona definitivamente condannata a una pena privativa della libertà al termine di un processo svoltosi in sua presenza – Pena la cui esecuzione è stata in seguito sospesa in parte e a determinate condizioni – Procedimento successivo che ha dato luogo alla revoca della sospensione a causa dell’inosservanza di tali condizioni – Procedimento di revoca svoltosi in assenza dell’interessato»

Nella causa C‑571/17 PPU,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi), con decisione del 28 settembre 2017, pervenuta in cancelleria il medesimo giorno, nel procedimento relativo all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di

Samet Ardic,

LA CORTE (Quinta Sezione)

composta da J.L. da Cruz Vilaça, presidente di sezione, E. Levits, A. Borg Barthet, M. Berger e F. Biltgen (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 novembre 2017,

considerate le osservazioni presentate:

per l’Openbaar Ministerie, da K. van der Schaft e U.E.A. Weitzel, in qualità di agenti;

per S. Ardic, da T.O.M. Dieben, L.J. Woltring e J.W. Ebbink, advocaten;

per il governo dei Paesi Bassi, da J. Langer e M.K. Bulterman, in qualità di agenti;

per il governo tedesco, da T. Henze e M. Hellmann, in qualità di agenti;

per l’Irlanda, da G. Hodge, in qualità di agente, assistita da G. Mullan, BL;

per la Commissione europea, da R. Troosters e S. Grünheid, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 dicembre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (GU 2009, L 81, pag. 24) (in prosieguo: la «decisione quadro 2002/584»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito dell’esecuzione, nei Paesi Bassi, di un mandato d’arresto europeo emesso dalla Staatsanwaltschaft Stuttgart (Procura di Stoccarda, Germania) nei confronti del sig. Samet Ardic ai fini dell’esecuzione, in Germania, di due pene privative della libertà.

Contesto normativo

Diritto internazionale

3

Intitolato «Diritto a un equo processo», l’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), enuncia quanto segue:

«1.   Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. (…)

2.   Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.

3.   In particolare, ogni accusato ha diritto di:

a)

essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico;

b)

disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa;

c)

difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia;

d)

esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico;

e)

farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienza».

Diritto dell’Unione

La Carta

4

Gli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») fanno parte del suo titolo VI, intitolato «Giustizia».

5

Ai sensi dell’articolo 47 della Carta, intitolato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale»:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

(…)».

6

Le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17) precisano, a proposito dell’articolo 47, secondo comma, della Carta, che tale disposizione corrisponde all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU.

7

L’articolo 48 della Carta, intitolato «Presunzione di innocenza e diritti della difesa», dispone quanto segue:

«1.   Ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata.

2.   Il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato».

8

Le spiegazioni menzionate al punto 6 della presente sentenza precisano, a tale riguardo, quanto segue:

«L’articolo 48 corrisponde all’articolo 6, paragrafi 2 e 3, della CEDU (…)

(…)

Conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, questo diritto ha significato e portata identici al diritto garantito dalla CEDU».

9

Ai sensi dell’articolo 52 della Carta, intitolato «Portata e interpretazione dei diritti e dei principi»:

«(…)

3.   Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla [CEDU], il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa.

(…)

7.   I giudici dell’Unione e degli Stati membri tengono nel debito conto le spiegazioni elaborate al fine di fornire orientamenti per l’interpretazione della presente Carta».

Decisioni quadro 2002/584 e 2009/299

10

L’articolo 1 della decisione quadro 2002/584, intitolato «Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione», prevede quanto segue:

«1.   Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2.   Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

3.   L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 [UE] non può essere modificat[o] per effetto della presente decisione quadro».

11

Gli articoli 3, 4 e 4 bis di detta decisione quadro enunciano, in maniera tassativa, i motivi di non esecuzione obbligatoria e facoltativa del mandato d’arresto europeo.

12

La decisione quadro 2009/299 precisa i motivi in base ai quali l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di uno Stato membro può rifiutarsi di eseguire il mandato d’arresto europeo nel caso in cui la persona interessata non sia comparsa al proprio processo.

13

Ai sensi dell’articolo 1 della decisione quadro 2009/299, intitolato «Obiettivi e ambito di applicazione»:

«1.   La presente decisione quadro ha lo scopo di rafforzare i diritti processuali delle persone sottoposte a procedimento penale, di facilitare la cooperazione giudiziaria in materia penale e, in particolare, di migliorare il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie tra gli Stati membri.

2.   L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i principi giuridici fondamentali sanciti dall’articolo 6 del trattato, incluso il diritto di difesa delle persone sottoposte a procedimento penale, non è modificato per effetto della presente decisione quadro e qualsiasi obbligo che incombe alle autorità giudiziarie al riguardo rimane impregiudicato.

3.   La presente decisione quadro stabilisce norme comuni per il riconoscimento e/o l’esecuzione in uno Stato membro (lo Stato membro di esecuzione) di decisioni giudiziarie emesse da un altro Stato membro (lo Stato membro di emissione) in seguito a un procedimento al quale l’interessato non era presente (…)».

14

L’articolo 4 bis della decisione quadro 2002/584, inserito dall’articolo 2 della decisione quadro 2009/299, è intitolato «Decisioni pronunciate al termine di un processo a cui l’interessato non è comparso personalmente». Il paragrafo 1 è così formulato:

«L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può altresì rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà se l’interessato non è comparso personalmente al processo terminato con la decisione, salvo che il mandato d’arresto europeo indichi che l’interessato, conformemente agli ulteriori requisiti processuali definiti nel diritto interno dello Stato membro emittente:

a)

a tempo debito:

i)

è stato citato personalmente ed è quindi stato informato della data e del luogo fissati per il processo terminato con la decisione o è stato di fatto informato ufficialmente con altri mezzi della data e del luogo fissati per il processo, in modo tale che si è stabilito inequivocabilmente che era al corrente del processo fissato;

e

ii)

è stato informato del fatto che una decisione poteva essere emessa in caso di mancata comparizione in giudizio;

o

b)

essendo al corrente della data fissata, aveva conferito un mandato ad un difensore, nominato dall’interessato o dallo Stato, per patrocinarlo in giudizio, ed è stato in effetti patrocinato in giudizio da tale difensore;

o

c)

dopo aver ricevuto la notifica della decisione ed essere stato espressamente informato del diritto a un nuovo processo o ad un ricorso in appello cui l’interessato ha il diritto di partecipare e che consente di riesaminare il merito della causa, comprese le nuove prove, e può condurre alla riforma della decisione originaria:

i)

ha dichiarato espressamente di non opporsi alla decisione;

o

ii)

non ha richiesto un nuovo processo o presentato ricorso in appello entro il termine stabilito;

o

d)

non ha ricevuto personalmente la notifica della decisione, ma:

i)

riceverà personalmente e senza indugio la notifica dopo la consegna e sarà espressamente informato del diritto a un nuovo processo o ad un ricorso in appello cui l’interessato ha il diritto di partecipare e che consente di riesaminare il merito della causa, comprese le nuove prove, e può condurre alla riforma della decisione originaria;

e

ii)

sarà informato del termine entro cui deve richiedere un nuovo processo o presentare ricorso in appello, come stabilito nel mandato d’arresto europeo pertinente».

15

L’articolo 8, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584 è così formulato:

«Il mandato d’arresto europeo contiene le informazioni seguenti, nella presentazione stabilita dal modello allegato:

a)

identità e cittadinanza del ricercato;

b)

il nome, l’indirizzo, il numero di telefono e di fax, l’indirizzo di posta elettronica dell’autorità giudiziaria emittente;

c)

indicazione dell’esistenza di una sentenza esecutiva, di un mandato d’arresto o di qualsiasi altra decisione giudiziaria esecutiva che abbia la stessa forza e che rientri nel campo d’applicazione degli articoli 1 e 2;

d)

natura e qualificazione giuridica del reato, in particolare tenendo conto dell’articolo 2;

e)

descrizione delle circostanze della commissione del reato, compreso il momento, il luogo e il grado di partecipazione del ricercato;

f)

pena inflitta, se vi è una sentenza definitiva, ovvero, negli altri casi, pena minima e massima stabilita dalla legge dello Stato di emissione;

g)

per quanto possibile, le altre conseguenze del reato».

16

L’articolo 15 di tale decisione quadro, intitolato «Decisione sulla consegna», prevede quanto segue:

«1.   L’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide la consegna della persona nei termini e alle condizioni stabilite dalla presente decisione quadro.

2.   L’autorità giudiziaria dell’esecuzione che non ritiene le informazioni comunicatele dallo Stato membro emittente sufficienti per permetterle di prendere una decisione sulla consegna, richiede urgentemente le informazioni complementari necessarie segnatamente in relazione agli articoli 3, 4, 5 e 8 e può stabilire un termine per la ricezione delle stesse, tenendo conto dell’esigenza di rispettare i termini fissati all’articolo 17.

3.   L’autorità giudiziaria emittente può, in qualsiasi momento, trasmettere tutte le informazioni supplementari utili all’autorità giudiziaria dell’esecuzione».

Diritto nazionale

Diritto dei Paesi Bassi

17

L’Overleveringswet (legge relativa alla consegna), del 29 aprile 2004 (Stb. 2004, n. 195), recepisce nel diritto dei Paesi Bassi la decisione quadro 2002/584.

18

L’articolo 12 di tale legge è così formulato:

«La consegna non è autorizzata quando il mandato d’arresto europeo è inteso a dare esecuzione a una sentenza qualora l’imputato non sia comparso personalmente alla discussione in udienza terminata con la predetta sentenza, salvo che il mandato d’arresto europeo indichi che, conformemente ai requisiti processuali definiti dallo Stato membro emittente:

a)

l’imputato è stato citato in tempo utile e personalmente ed è quindi stato informato della data e del luogo fissati per la discussione in udienza, terminata con la decisione, o è stato di fatto informato ufficialmente con altri mezzi della data e del luogo fissati per il processo, in modo tale che si è stabilito inequivocabilmente che era al corrente del processo fissato, ed è stato informato del fatto che una decisione poteva essere emessa in caso di mancata comparizione in giudizio; o

b)

l’imputato era al corrente della fissazione dell’udienza ed ha conferito un mandato ad un difensore, nominato dall’imputato o dallo Stato, per patrocinarlo in giudizio, ed è stato in effetti patrocinato in giudizio da tale difensore; o

c)

dopo aver ricevuto la notifica della decisione ed essere stato espressamente informato del diritto a un nuovo processo o ad un ricorso in appello cui egli ha il diritto di partecipare e che consente di riesaminare il merito della causa, comprese le nuove prove, e che può condurre alla riforma della decisione originaria, l’imputato:

1.

ha dichiarato espressamente di non opporsi a tale decisione; o

2.

non ha richiesto un nuovo processo o presentato ricorso in appello entro il termine stabilito; o

d)

l’imputato non ha ricevuto personalmente la notifica della decisione, ma

1.

riceverà personalmente e senza indugio la notifica dopo la consegna e sarà espressamente informato del diritto a un nuovo processo o ad un ricorso in appello cui l’interessato ha il diritto di partecipare e che consente di riesaminare il merito della causa, comprese le nuove prove, e che può condurre alla riforma della decisione originaria, e

2.

sarà informato del termine entro cui deve richiedere un nuovo processo o presentare un ricorso in appello, come stabilito nel mandato d’arresto europeo pertinente».

Diritto tedesco

19

L’articolo 56a dello Strafgesetzbuch (codice penale; in prosieguo: lo «StGB») dispone quanto segue:

«1.   Il tribunale fissa la durata del periodo di messa alla prova. Tale periodo non può essere superiore a cinque anni né inferiore a due anni.

2.   Il periodo di messa alla prova inizia quando la decisione sulla sospensione dell’esecuzione della pena ha acquisito forza di giudicato. Esso può essere ridotto, in seguito, fino alla durata minima o portato, prima della sua scadenza, alla durata massima».

20

Ai sensi dell’articolo 56b dello StGB:

«1.   Il tribunale può imporre al condannato condizioni volte a risarcire il danno causato. Il condannato non può essere sottoposto a obblighi il cui adempimento sia eccessivamente difficile.

2.   Il tribunale può imporre al condannato di risarcire, secondo le sue possibilità, il danno causato dal suo comportamento, di versare una somma di denaro ad un istituto di pubblica utilità, qualora la natura dell’atto e la personalità dell’autore lo rendano opportuno, di eseguire prestazioni di pubblica utilità o di versare una somma di denaro all’erario.

(…)».

21

L’articolo 56c dello StGB è così formulato:

«1.   Il tribunale impartisce al condannato prescrizioni per la durata del periodo di messa alla prova qualora egli abbia bisogno di aiuto per non commettere più reati. Al condannato non possono essere imposti a tale titolo obblighi relativi al suo stile di vita il cui adempimento sia eccessivamente difficile.

2.   Il tribunale può in particolare ordinare al condannato di rispettare prescrizioni riguardanti il soggiorno, la formazione, il lavoro o il tempo libero o l’organizzazione delle sue risorse economiche, di presentarsi in determinanti momenti in tribunale o in altro luogo, di non contattare, frequentare, assumere, formare od ospitare la vittima o determinate persone o persone di un determinato gruppo che possano dargli occasione di o indurlo a commettere nuovi reati, di non possedere, far consegnare o conservare determinati oggetti idonei ad offrirgli l’opportunità di o ad indurlo a commettere nuovi reati o di adempiere obbligazioni alimentari.

(…)».

22

L’articolo 56d dello StGB così recita:

«1.   Qualora sia opportuno al fine di impedirgli di commettere reati, il tribunale pone il condannato sotto il controllo e la guida di un funzionario incaricato della sorveglianza per l’intero periodo di messa alla prova, o per una parte di esso.

2.   Il tribunale adotta di regola la misura di cui al paragrafo 1 qualora sospenda l’esecuzione di una pena privativa della libertà di più di nove mesi e il condannato non abbia ancora compiuto ventisette anni.

3.   Il funzionario incaricato della sorveglianza affianca il condannato controllandolo e offrendogli assistenza. Di concerto con il tribunale, egli sorveglia il rispetto delle condizioni e prescrizioni nonché delle offerte e promesse e riferisce sullo stile di vita del condannato con la periodicità fissata dal tribunale. Il funzionario incaricato della sorveglianza informa il tribunale delle violazioni flagranti o persistenti delle condizioni, prescrizioni, offerte o promesse.

(…)».

23

L’articolo 56f dello StGB, intitolato «Revoca della sospensione», prevede quanto segue:

«1.   Il tribunale revoca la sospensione qualora il condannato commetta un reato durante il periodo di messa alla prova, così mostrando che le aspettative alla base della sospensione dell’esecuzione della pena sono state disattese, violi prescrizioni in modo flagrante o persistente o continui a sottrarsi al controllo e alla guida del funzionario incaricato della sorveglianza, così suscitando il timore di una recidiva, o violi le condizioni in modo flagrante o persistente. (…)

2.   Tuttavia, il tribunale non revoca la sospensione qualora sia sufficiente imporre ulteriori condizioni o prescrizioni, in particolare sottoporre la persona condannata al controllo di un funzionario incaricato della sorveglianza o prorogare il periodo di messa alla prova o di controllo. Nella seconda ipotesi, il periodo di messa alla prova non può essere prorogato di oltre la metà del periodo di messa alla prova inizialmente imposto.

(…)».

24

Ai sensi dell’articolo 57 dello StGB, intitolato «Sospensione dell’esecuzione della parte residua di una pena privativa della libertà limitata nel tempo»:

«1.   Qualora siano stati scontati i due terzi della pena inflitta, con un minimo di due mesi, il tribunale sospende l’esecuzione della parte residua di una pena privativa della libertà limitata nel tempo con messa alla prova, valutando se gli interessi della pubblica sicurezza possano giustificarlo e con il consenso del condannato. Il tribunale decide considerando, in particolare, la personalità del condannato, i suoi precedenti, le circostanze che hanno caratterizzato l’atto da lui commesso, l’importanza del bene giuridico tutelato che sarebbe minacciato in caso di recidiva, il comportamento del condannato durante l’esecuzione della pena, le sue condizioni di vita e gli effetti che una sospensione potrebbe verosimilmente avere sul medesimo.

2.   Non appena sia stata scontata la metà di una pena privativa della libertà limitata nel tempo, comunque con un minimo di sei mesi, il tribunale può sospendere l’esecuzione della parte residua con messa alla prova qualora il condannato stia scontando per la prima volta una pena privativa della libertà e quest’ultima non superi due anni, oppure qualora la valutazione globale dell’atto commesso, della personalità della persona condannata e della sua evoluzione durante l’esecuzione della pena dimostri la sussistenza di circostanze particolari, e siano soddisfatte le altre condizioni di cui al paragrafo 1.

3.   Gli articoli da 56a a 56e si applicano mutatis mutandis; anche se è successivamente ridotto, il periodo di messa alla prova non può essere inferiore alla durata della pena residua. Qualora il condannato abbia scontato almeno un anno della propria pena prima della sospensione dell’esecuzione della parte residua con messa alla prova, il tribunale lo pone in linea di principio sotto il controllo e la guida di un funzionario incaricato della sorveglianza per l’intero periodo di messa alla prova o per una parte di esso.

4.   Nella misura in cui una pena privativa della libertà sia eseguita mediante imputazione, essa si considera scontata ai sensi dei paragrafi da 1 a 3.

5.   Si applicano mutatis mutandis gli articoli 56f e 56g. Il tribunale revoca inoltre la sospensione dell’esecuzione di una pena qualora, nell’intervallo tra la condanna e la decisione sulla sospensione, il condannato abbia commesso un reato che il tribunale non ha potuto prendere in considerazione per motivi materiali nel momento in cui ha deciso sulla sospensione e che avrebbe condotto a un diniego di quest’ultima qualora fosse stato preso in considerazione. Per condanna si intende la sentenza nella quale le constatazioni di fatto nel merito siano state esaminate per l’ultima volta.

6.   Il tribunale può astenersi dal sospendere l’esecuzione della parte residua di una pena privativa della libertà limitata nel tempo con messa alla prova qualora la persona condannata fornisca indicazioni insufficienti o false sul luogo in cui si trovano oggetti confiscati in quanto prodotti del reato.

(…)».

25

L’articolo 33a della Strafprozeßordnung (codice di procedura penale; in prosieguo: la «StPO»), intitolato «Ripristino nello stato anteriore in caso di violazione del diritto ad essere ascoltati», prevede quanto segue:

«Qualora il tribunale abbia statuito in violazione del diritto di una parte ad essere ascoltata, in un modo che abbia inciso sulla decisione, e avverso quest’ultima non possa proporsi un ricorso o un altro mezzo d’impugnazione, esso riporta il procedimento con ordinanza, d’ufficio o su richiesta, nello stato in cui si trovava prima dell’adozione della decisione, purché il pregiudizio per la parte sia ancora esistente. Si applica mutatis mutandis l’articolo 47».

26

L’articolo 35 della StPO, intitolato «Comunicazione», è così formulato:

«1.   Le decisioni emesse in presenza dell’interessato gli sono comunicate con la pronuncia. Su sua richiesta, gliene viene rilasciata copia.

2.   Le altre decisioni sono comunicate mediante notifica. Qualora la comunicazione della decisione non determini la decorrenza di un termine, è sufficiente una semplice comunicazione senza una particolare forma.

3.   La persona che non si trova in stato di libertà può chiedere che il documento notificato le venga letto».

27

L’articolo 37 della StPO, intitolato «Procedimento di notifica», così dispone:

«1.   I procedimenti di notifica sono disciplinati, mutatis mutandis, dalle disposizioni del codice di procedura civile.

2.   Qualora la notifica destinata ad una parte sia effettuata a più persone abilitate a riceverla, il termine si calcola a partire dall’ultima notifica effettuata.

(…)».

28

Ai sensi dell’articolo 40 della StPO, intitolato «Notifica pubblica»:

«1.   La notifica pubblica è ammessa qualora una notifica ad un imputato al quale una citazione a comparire all’udienza principale non sia ancora stata notificata non possa essere effettuata in Germania nelle forme prescritte e l’applicazione delle norme che disciplinano le notifiche all’estero appaia irrealizzabile o destinata all’insuccesso. La notifica si considera perfezionata dopo due settimane dall’affissione dell’avviso.

2.   Qualora la citazione a comparire all’udienza principale sia già stata notificata all’imputato, la notifica pubblica è ammessa nei suoi confronti quando non sia possibile effettuare una notifica in Germania nelle forme prescritte.

3.   La notifica pubblica è ammessa nel procedimento d’appello avviato dall’imputato a partire dal momento in cui non sia possibile effettuare una notifica all’indirizzo al quale l’ultima notifica è stata effettuata o che l’imputato ha dichiarato per ultimo».

29

Ai sensi dell’articolo 311 della StPO, intitolato «Ricorso immediato»:

«1.   Il ricorso immediato è disciplinato dalle seguenti disposizioni particolari.

2.   Il ricorso deve essere proposto entro una settimana; il termine inizia a decorrere dalla comunicazione (articolo 35) della decisione.

3.   Il tribunale non è competente a modificare la propria decisione impugnata con ricorso. Esso accoglie tuttavia il ricorso qualora abbia utilizzato a sfavore del ricorrente fatti o elementi di prova sui quali quest’ultimo non è ancora stato ascoltato, e le affermazioni successive del ricorrente lo inducano a ritenere fondato il ricorso».

30

L’articolo 453 della StPO, intitolato «Decisione successiva sulla sospensione dell’esecuzione di una pena con messa alla prova o sull’ammonimento», così dispone:

«1.   Le decisioni successive relative alla sospensione dell’esecuzione di una pena con messa alla prova o all’ammonimento (articoli da 56a a 56g, 58, 59a e 59b dello StGB) sono adottate dal tribunale, senza udienza di discussione, mediante ordinanza. Il pubblico ministero e l’imputato devono essere ascoltati. Si applicano mutatis mutandis l’articolo 246a, paragrafo 2, e l’articolo 454, paragrafo 2, quarta frase. Qualora il tribunale debba decidere sulla revoca di una sospensione dell’esecuzione di una pena per violazione delle condizioni o prescrizioni, esso deve concedere al condannato l’opportunità di essere ascoltato. Se è stato nominato un funzionario incaricato della sorveglianza, il tribunale lo informa qualora intenda statuire sulla revoca della sospensione dell’esecuzione di una pena o sulla riduzione della pena; il tribunale lo informa di ciò che abbia appreso in altri procedimenti penali qualora ciò sia opportuno ai fini dell’obiettivo del controllo della messa alla prova.

2.   Le decisioni di cui al paragrafo 1 sono impugnabili mediante ricorso. Quest’ultimo può vertere soltanto sull’illegittimità di un’ingiunzione o della proroga successiva del periodo di messa alla prova. La revoca della sospensione, la riduzione della pena, la revoca della riduzione, la condanna alla pena riservata e l’intimazione di attenersi all’ammonimento (articoli 56f, 56g e 59b dello StGB) possono essere impugnate con ricorso immediato».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

31

Dalla decisione di rinvio risulta che, il 13 giugno 2017, il giudice del rinvio, nella fattispecie il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi), è stato adito dall’officier van justitie bij de Rechtbank (pubblico ministero presso il tribunale, Paesi Bassi) con una domanda volta all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso il 9 maggio 2017 dalla Staatsanwaltschaft Stuttgart (Procura di Stoccarda).

32

Tale mandato d’arresto europeo mira all’arresto e alla consegna del sig. Ardic, cittadino tedesco residente nei Paesi Bassi, ai fini dell’esecuzione in Germania di due pene privative della libertà della durata di un anno e otto mesi ciascuna, inflitte con sentenze del 4 marzo 2009 e del 10 novembre 2010, divenute definitive, emesse rispettivamente dall’Amtsgericht Böblingen (Tribunale circoscrizionale di Böblingen, Germania) e dall’Amtsgericht Stuttgart-Bad Cannstatt (Tribunale circoscrizionale di Stuttgart-Bad Cannstatt, Germania), al termine di processi a cui l’interessato è comparso personalmente.

33

Dalla decisione di rinvio risulta che, dopo che il sig. Ardic aveva scontato una parte di tali due pene, i giudici tedeschi competenti hanno pronunciato la sospensione dell’esecuzione della parte residua di queste ultime. Tuttavia, con decisioni del 4 aprile e del 18 aprile 2013, l’Amtsgericht Stuttgart-Bad Cannstatt (Tribunale circoscrizionale di Stuttgart-Bad Cannstatt) ha revocato tali sospensioni e ordinato l’esecuzione della parte residua di dette pene, vale a dire 338 e 340 giorni, in quanto l’interessato aveva continuato a non rispettare le condizioni prescritte e a sottrarsi al controllo e alla guida del funzionario incaricato della sua sorveglianza nonché al controllo dei tribunali.

34

Dalle informazioni contenute nel mandato d’arresto europeo di cui trattasi nel procedimento principale, il giudice del rinvio desume che il sig. Ardic non è comparso ai procedimenti che hanno dato luogo a dette decisioni di revoca.

35

Detto mandato d’arresto europeo indica inoltre che le decisioni di revoca di cui al procedimento principale sono state oggetto soltanto di una notifica pubblica ai sensi dell’articolo 40 della StPO, cosicché al sig. Ardic dovrà essere concesso il diritto di essere ascoltato a posteriori riguardo a tali decisioni, senza che ciò incida tuttavia sulla loro esecutività.

36

Il sig. Ardic ha confermato di non essere comparso ai procedimenti che hanno condotto alle decisioni di revoca di cui trattasi nel procedimento principale e ha dichiarato che, se fosse stato a conoscenza della data e del luogo di detti procedimenti, egli vi sarebbe comparso per cercare di convincere i giudici tedeschi a non disporre tali revoche.

37

Secondo il giudice del rinvio, i giudici tedeschi devono revocare la sospensione, segnatamente, se il condannato continui a sottrarsi al controllo e alla guida del funzionario incaricato della sorveglianza o a non rispettare le condizioni stabilite. Detti giudici devono invece astenersi dal disporre la revoca della sospensione se, in sostanza, sia sufficiente imporre ulteriori condizioni o prorogare il periodo di messa alla prova.

38

Dalle decisioni di revoca di cui al procedimento principale risulta che l’Amtsgericht Stuttgart-Bad Cannstatt (Tribunale circoscrizionale di Stuttgart-Bad Cannstatt) ha constatato che non era sufficiente imporre ulteriori condizioni o prorogare il periodo di prova, e che la revoca delle sospensioni rispettava il principio di proporzionalità.

39

Il giudice del rinvio ne trae la conclusione che, allorché decide sulla revoca, il giudice tedesco dispone di un margine di discrezionalità che gli consente di prendere in considerazione la situazione o la personalità dell’interessato.

40

In tale contesto, detto giudice rileva che, nella sentenza del 10 agosto 2017, Zdziaszek (C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629), la Corte ha operato una distinzione tra le misure che modificano il quantum di una pena privativa della libertà inflitta e quelle relative alle modalità di esecuzione di una tale pena. Al punto 85 di tale sentenza, la Corte ha infatti dichiarato che, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU non si applica a misure relative alle modalità di esecuzione di una pena privativa della libertà, «segnatamente a quelle riguardanti la rimessa in libertà provvisoria».

41

Orbene, nella fattispecie, le decisioni di revoca di cui trattasi nel procedimento principale non avrebbero modificato il quantum delle pene privative della libertà inflitte al sig. Ardic, il quale deve infatti scontare la durata totale di tali pene, al netto della durata già espiata.

42

Secondo il giudice del rinvio, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulta effettivamente che le questioni relative all’esecuzione delle pene non riguardano la fondatezza di un’accusa penale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU (Corte EDU, 17 settembre 2009, Enea c. Italia, CE:ECHR:2009:0917JUD007491201, § 97, e 23 ottobre 2012, Ciok c. Polonia, CE:ECHR:2012:1023DEC000049810, § 38).

43

Tale orientamento sarebbe conforme alla giurisprudenza della medesima Corte europea dei diritti dell’uomo relativa al termine «condannato» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della CEDU, giurisprudenza secondo la quale tale termine sarebbe strettamente legato alla nozione di «[decisione sulla] fondatezza di [un’]accusa penale» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. Infatti, tale organo giurisdizionale avrebbe dichiarato che in una siffatta condanna non rientrerebbero neppure le questioni relative all’esecuzione delle pene (Corte EDU, 10 luglio 2003, Grava c. Italia, CE:ECHR:2003:0710JUD004352298, § 51, e 23 ottobre 2012, Giza c. Polonia, CE:ECHR:2012:1023DEC000199711, § 36).

44

Il giudice del rinvio prosegue osservando che la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 3 aprile 2012, Boulois c. Lussemburgo (CE:ECHR:2012:0403JUD003757504), a cui la Corte ha fatto riferimento al punto 85 della sentenza del 10 agosto 2017, Zdziaszek (C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629), nonché le altre sentenze della medesima Corte europea dei diritti dell’uomo, a cui quest’ultimo organo giurisdizionale ha fatto riferimento al § 87 della prima sentenza, avrebbero riguardato detenuti che avevano presentato ricorsi aventi ad oggetto rispettivamente la concessione di un permesso di uscita temporanea dalla prigione, la cessazione della carcerazione preventiva, la collocazione in un carcere di massima sicurezza e la concessione di un’amnistia.

45

Il giudice del rinvio precisa inoltre che la Commissione europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che un procedimento relativo alla revoca della sospensione dell’esecuzione di una pena privativa della libertà o alla revoca di una messa in libertà condizionale non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. In effetti, nell’ambito di tali procedimenti, non si tratterebbe di pronunciarsi su controversie sui diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di un’accusa penale (Commissione EDU, 5 ottobre 1967, X. c. Repubblica federale di Germania, CE:ECHR:1967:1005DEC000242865; 6 dicembre 1977, X. c. Svizzera, CE:ECHR:1977:1206DEC000764876, e 9 maggio 1994, Sampson c. Cipro, CE:ECHR:1994:0509DEC001977492).

46

Il giudice del rinvio ne deduce che l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU non si applica alle decisioni di revoca come quelle di cui al procedimento principale.

47

Tuttavia, non ne deriverebbe necessariamente che tali decisioni non rientrino neanche nel campo di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584.

48

Infatti, da una parte, dette decisioni non sarebbero della stessa natura di quelle discusse nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 10 agosto 2017, Zdziaszek (C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629).

49

Dall’altra, sebbene l’articolo 47, secondo comma, della Carta corrisponda effettivamente all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, cosicché il significato e la portata dei diritti garantiti dalla prima di tali disposizioni devono essere uguali a quelli conferiti dalla CEDU, il diritto dell’Unione potrebbe comunque, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, concedere una protezione più estesa di quella derivante da detto articolo 6, paragrafo 1.

50

A tale riguardo, il giudice del rinvio rileva che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’articolo 4 bis della decisione quadro 2002/584 mira a garantire un livello elevato di tutela (sentenze del 24 maggio 2016, Dworzecki, C‑108/16 PPU, EU:C:2016:346, punto 37, e del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 58).

51

Inoltre, si potrebbe sostenere che una decisione di revoca di una sospensione dell’esecuzione di una pena privativa della libertà, a causa delle sue conseguenze sulla libertà personale, ha, per la persona condannata, la stessa importanza di una «sentenza che dispone una pena cumulativa», con cui viene nuovamente fissata la durata delle pene privative della libertà inflitte, cosicché a tale persona, per questo motivo, dovrebbe essere consentito di esercitare i propri diritti di difesa in un procedimento che possa portare ad una revoca della sospensione e nell’ambito del quale il giudice disponga di un margine di discrezionalità per adottare tale decisione (v., per analogia, sentenza del 10 agosto 2017, Zdziaszek, C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629, punto 88).

52

In definitiva, benché il punto 85 della sentenza del 10 agosto 2017, Zdziaszek (C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629), tenda a indicare che le decisioni di revoca di una sospensione non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, il giudice del rinvio osserva che tale circostanza non può costituire, tenuto conto delle considerazioni che precedono, un motivo sufficiente per giudicare in maniera autonoma che detta disposizione non si applichi effettivamente nel caso di specie.

53

In tale contesto, il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Qualora la persona ricercata sia stata definitivamente dichiarata colpevole in un procedimento svolto in sua presenza e sia condannata ad una pena privativa della libertà la cui esecuzione è stata sospesa condizionalmente, se il procedimento successivo, in cui il giudice, senza la presenza della persona ricercata, disponga la revoca di detta sospensione a causa dell’inosservanza delle condizioni e della sottrazione al controllo e alla guida di un funzionario incaricato della sorveglianza (reclasseringsambtenaar), configuri un “processo terminato con la decisione”, ai sensi dell’articolo 4 bis della decisione quadro [2002/584]».

Sul procedimento pregiudiziale d’urgenza

54

Il giudice del rinvio ha chiesto di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto dall’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

55

A sostegno della sua domanda, tale giudice adduce la circostanza che il sig. Ardic si trova attualmente in stato di detenzione nei Paesi Bassi, in attesa della decisione in merito all’esecuzione del mandato d’arresto europeo di cui trattasi nel procedimento principale, emesso nei suoi confronti dalle autorità competenti della Repubblica federale di Germania.

56

Il giudice del rinvio afferma inoltre di non poter prendere decisioni al riguardo prima che la Corte abbia statuito sulla presente domanda di pronuncia pregiudiziale. La risposta della Corte alla questione sollevata avrebbe pertanto un’incidenza diretta e determinante sulla durata della detenzione del sig. Ardic nei Paesi Bassi in vista della sua eventuale consegna in esecuzione del mandato d’arresto europeo di cui trattasi nel procedimento principale.

57

A tale riguardo, occorre constatare, in primo luogo, che il presente rinvio pregiudiziale verte sull’interpretazione della decisione quadro 2002/584, la quale rientra nei settori disciplinati dal titolo V della terza parte del Trattato FUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Di conseguenza, tale rinvio può essere sottoposto al procedimento pregiudiziale d’urgenza.

58

In secondo luogo, quanto al criterio relativo all’urgenza, occorre, secondo una giurisprudenza costante della Corte, prendere in considerazione la circostanza che la persona interessata nel procedimento principale è attualmente privata della sua libertà e che il suo mantenimento in detenzione dipende dalla soluzione della controversia principale. Inoltre, la situazione della persona interessata dev’essere valutata quale si presenta alla data dell’esame della domanda diretta a ottenere che al rinvio pregiudiziale sia applicata la procedura pregiudiziale d’urgenza (sentenze del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 45 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 10 agosto 2017, Zdziaszek, C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

59

Orbene, nella fattispecie, da un lato, è pacifico che, a tale data, il sig. Ardic era privato della sua libertà. Dall’altro, il mantenimento di quest’ultimo in detenzione dipende dall’esito della controversia principale, dal momento che la misura detentiva che lo riguarda è stata disposta, secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, nel contesto dell’esecuzione del mandato d’arresto europeo di cui trattasi nel procedimento principale.

60

Alla luce di tali circostanze, la Quinta Sezione della Corte ha deciso, il 12 ottobre 2017, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di accogliere la richiesta del giudice del rinvio di trattare il presente rinvio pregiudiziale con procedimento d’urgenza.

Sulla questione pregiudiziale

61

In via preliminare, occorre rilevare che, nel caso di specie, sebbene il sig. Ardic sia comparso personalmente ai processi terminati con le sentenze che lo hanno definitivamente condannato a pene privative della libertà, è pacifico che le decisioni di revoca della sospensione di cui trattasi nel procedimento principale, intervenute in seguito, sono state adottate in contumacia.

62

Ciò premesso, la questione sollevata dal giudice del rinvio dev’essere intesa come diretta, in sostanza, a determinare se, nell’ipotesi in cui, come nel procedimento principale, l’interessato sia comparso personalmente al processo penale conclusosi con la decisione giurisdizionale che lo ha definitivamente dichiarato colpevole di un reato e gli ha, pertanto, inflitto una pena privativa della libertà la cui esecuzione è stata in seguito sospesa in parte subordinatamente al rispetto di talune condizioni, la nozione di «processo terminato con la decisione», ai sensi dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, debba essere interpretata nel senso che essa comprende anche un procedimento successivo di revoca di tale sospensione, fondato sulla violazione di dette condizioni durante il periodo di messa alla prova.

63

Al fine di rispondere a tale questione, va ricordato, in primo luogo, che la nozione di «processo terminato con la decisione», ai sensi dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, deve essere oggetto di un’interpretazione autonoma e uniforme all’interno dell’Unione, indipendentemente dalle qualificazioni e dalle norme sostanziali e procedurali, per loro natura divergenti, in materia penale, nei vari Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punti 65, 6776).

64

In secondo luogo, la Corte ha già avuto l’opportunità di dichiarare che tale nozione deve essere interpretata come indicante il procedimento che ha condotto alla decisione giudiziaria recante la condanna definitiva della persona di cui è chiesta la consegna nell’ambito dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo (sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 74).

65

Nel caso in cui il processo penale abbia comportato vari gradi che hanno dato luogo a decisioni in successione tra loro, la Corte ha dichiarato che detta nozione si riferisce all’ultimo grado di tale processo nel corso del quale un giudice, dopo aver esaminato la causa tanto in fatto quanto in diritto, ha statuito in modo definitivo in merito alla colpevolezza dell’interessato e lo ha condannato a una pena privativa della libertà (v., in tal senso, sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punti 81, 83, 89, 9098).

66

La Corte ha inoltre precisato che detta nozione comprende anche un procedimento successivo, al termine del quale viene emessa una decisione giudiziaria che modifica definitivamente l’entità di una o più pene inflitte in precedenza, nei limiti in cui l’autorità che ha adottato quest’ultima decisione abbia beneficiato a tale riguardo di un margine di discrezionalità (v., in tal senso, sentenza del 10 agosto 2017, Zdziaszek, C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629, punti 83, 9096).

67

Da quanto precede, risulta che l’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «decisione» che vi è menzionata si riferisce alla o alle decisioni giurisdizionali relative alla condanna penale dell’interessato, vale a dire a quella o a quelle con le quali si è statuito definitivamente, dopo un esame della causa tanto in fatto quanto in diritto, sulla colpevolezza di quest’ultimo e, se del caso, sulla pena privativa della libertà che gli è inflitta.

68

Nel caso di specie, occorre determinare se una decisione che revoca la sospensione dell’esecuzione di una pena privativa della libertà inflitta in precedenza sia tale da poter essere assimilata, ai fini dell’applicazione di detta disposizione, a una decisione come quella circoscritta al punto precedente.

69

A tale riguardo, va rammentato che la decisione quadro 2002/584 ha lo scopo, mediante l’istituzione di un sistema semplificato ed efficace di consegna delle persone condannate o sospettate di aver violato la legge penale, di facilitare e di accelerare la cooperazione giudiziaria al fine di contribuire a realizzare l’obiettivo assegnato all’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia fondandosi sull’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri, conformemente al principio del riconoscimento reciproco (v., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 2013, Melloni, C‑399/11, EU:C:2013:107, punti 3637, nonché del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punti 7576).

70

In tale prospettiva, detta decisione quadro stabilisce, al suo articolo 1, paragrafo 2, la regola secondo cui gli Stati membri sono obbligati a dare esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della stessa decisione quadro. Salvo circostanze eccezionali, le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono dunque rifiutarsi di eseguire un siffatto mandato solo nei casi, tassativamente elencati, di non esecuzione previsti dalla decisione quadro 2002/584, e possono subordinare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo esclusivamente a una delle condizioni da essa tassativamente previste. Di conseguenza, dato che l’esecuzione del mandato d’arresto europeo costituisce il principio, il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che dev’essere oggetto di interpretazione restrittiva (sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

71

Per quanto riguarda più in particolare l’articolo 4 bis della decisione quadro 2002/584, inserito dall’articolo 2 della decisione quadro 2009/299, esso tende a limitare la possibilità di rifiutare l’esecuzione del mandato di arresto europeo stabilendo, in modo dettagliato e uniforme, le condizioni alle quali il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione pronunciata al termine di un processo al quale l’interessato non è comparso personalmente non possono essere rifiutati (sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

72

In forza di tale disposizione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione è tenuta a procedere all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, nonostante l’assenza dell’interessato al processo terminato con la decisione, in presenza di una delle circostanze previste al paragrafo 1, lettere a), b), c) o d), di quest’ultima (sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 55).

73

In tal senso, detta disposizione mira a migliorare la cooperazione giudiziaria in materia penale, attraverso l’armonizzazione delle condizioni di esecuzione dei mandati d’arresto europei emessi ai fini dell’esecuzione delle decisioni pronunciate in contumacia, il che è idoneo ad agevolare il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie tra gli Stati membri. Al tempo stesso, tale disposizione rafforza i diritti processuali delle persone sottoposte a un procedimento penale, garantendo loro un livello elevato di tutela mediante il pieno rispetto dei loro diritti della difesa, che derivano dal diritto a un processo equo sancito, in particolare, dall’articolo 6 della CEDU (v., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 2013, Melloni, C‑399/11, EU:C:2013:107, punto 51, e del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punti da 58 a 60).

74

A tal fine, la Corte assicura che l’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584 sia interpretato e applicato conformemente ai requisiti di cui all’articolo 6 della CEDU e alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ad essi relativa (v., in tal senso, sentenze del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punti da 78 a 80, e del 10 agosto 2017, Zdziaszek, C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629, punti da 87 a 89).

75

Orbene, mentre la decisione giudiziaria definitiva di condanna dell’interessato, ivi compresa quella che fissa la pena privativa della libertà da scontare, rientra pienamente nel campo di applicazione di detto articolo 6 della CEDU, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulta che tale disposizione non si applica, invece, a questioni relative alle modalità di esecuzione o di applicazione di una tale pena privativa della libertà (v., in tal senso, Corte EDU, 3 aprile 2012, Boulois c. Lussemburgo, CE:ECHR:2012:0403JUD003757504, § 87; 25 novembre 2014, Vasilescu c. Belgio, CE:ECHR:2014:1125JUD006468212, § 121, e 2 giugno 2015, Pacula c. Belgio CE:ECHR:2015:0602DEC006849512, § 47).

76

Quanto detto non si applica soltanto nel caso in cui, a seguito di una decisione che ha statuito sulla colpevolezza dell’interessato e lo ha condannato ad una pena privativa della libertà, una nuova decisione giudiziaria modifichi la natura o il quantum della pena inflitta in precedenza, come avviene quando una pena detentiva sia sostituita da una misura di espulsione (Corte EDU, 15 dicembre 2009, Gurguchiani c. Spagna, CE:ECHR:2009:1215JUD001601206, §§ 40, 47 e 48) o quando la durata della detenzione inflitta in precedenza sia aumentata (Corte EDU, 9 ottobre 2003, Ezeh e Connors c. Regno Unito, CE:ECHR:2003:1009JUD003966598).

77

Alla luce di quanto precede, si deve quindi ritenere che, ai fini dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, la nozione di «decisione» che vi è menzionata non comprenda una decisione relativa all’esecuzione o all’applicazione di una pena privativa della libertà inflitta in precedenza, a meno che tale decisione abbia per oggetto o per effetto di modificare la natura o il quantum di detta pena e l’autorità che l’ha emessa abbia beneficiato, a tale riguardo, di un margine di discrezionalità (v., in tal senso, sentenze del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punti da 78 a 80, nonché del 10 agosto 2017, Zdziaszek, C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629, punti 85, 9096).

78

Per quanto riguarda, più specificamente, le decisioni di revoca della sospensione dell’esecuzione di pene privative della libertà inflitte in precedenza, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, dal fascicolo a disposizione della Corte risulta che, nella fattispecie, queste ultime decisioni non hanno inciso né sulla natura, né sul quantum delle pene privative della libertà inflitte dalle sentenze anteriori di condanna definitiva dell’interessato, le quali costituiscono il fondamento del mandato d’arresto europeo di cui le autorità tedesche chiedono l’esecuzione nei Paesi Bassi.

79

Infatti, i procedimenti che hanno dato luogo a dette decisioni di revoca non hanno avuto ad oggetto il riesame delle cause nel merito, ma hanno riguardato soltanto le conseguenze che, dal punto di vista dell’applicazione delle pene inizialmente inflitte e la cui esecuzione era stata, in seguito, parzialmente sospesa subordinatamente al rispetto di talune condizioni, occorreva trarre dalla circostanza che il condannato non avesse rispettato dette condizioni durante il periodo di messa alla prova.

80

In tale contesto, ai sensi della normativa nazionale pertinente, il giudice competente doveva determinare soltanto se una tale circostanza giustificasse il fatto che il condannato fosse effettivamente tenuto a scontare, parzialmente o se del caso integralmente, le pene privative della libertà che erano state fissate inizialmente e la cui esecuzione è stata, in seguito, parzialmente sospesa. Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 71 delle sue conclusioni, sebbene tale giudice abbia beneficiato, a questo riguardo, di un margine di discrezionalità, tale margine ha riguardato non già l’entità o la natura delle pene inflitte all’interessato, ma soltanto la questione se le sospensioni dovessero essere revocate o potessero essere mantenute, se del caso accompagnate da ulteriori condizioni.

81

Pertanto, le decisioni di revoca della sospensione, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, hanno il solo effetto di far sì che l’interessato debba scontare tutt’al più la parte restante della pena quale gli era stata inflitta inizialmente. Qualora, come nel procedimento principale, la sospensione sia revocata integralmente, la condanna produce nuovamente tutti i suoi effetti e la determinazione del quantum della pena che resta da scontare scaturisce da un’operazione puramente aritmetica, in quanto il numero di giorni di detenzione già scontati viene semplicemente detratto dalla pena totale quale inflitta dalla sentenza definitiva di condanna.

82

Ciò considerato, e alla luce di quanto esposto al punto 77 della presente sentenza, le decisioni di revoca della sospensione, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, poiché tali decisioni lasciano immutate le pene inflitte dalle decisioni di condanna divenute definitive per quanto riguarda sia la loro natura che la loro entità.

83

Sebbene sia incontestabile che una misura di revoca di una sospensione sia tale da incidere sulla situazione dell’interessato, ciò non toglie che quest’ultimo non può ignorare le conseguenze che una violazione delle condizioni cui è subordinato il beneficio di tale sospensione può comportare.

84

Per di più, nella specie, è proprio il fatto che l’interessato abbia lasciato il territorio tedesco, in violazione di una condizione alla quale la concessione della sospensione era stata espressamente subordinata, che ha determinato l’impossibilità, per le autorità tedesche competenti, di notificargli personalmente l’informazione relativa all’avvio di procedimenti volti a una possibile revoca delle sospensioni precedentemente accordate e, pertanto, all’adozione in sua assenza delle decisioni di revoca di cui trattasi nel procedimento principale.

85

Tuttavia, anche nel caso in cui, come nel procedimento principale, una persona condannata sia stata oggetto di una decisione di revoca di una sospensione adottata al termine di un procedimento a cui essa non è comparsa, tale persona non rimane priva di qualunque diritto, poiché dispone, come risulta dalla normativa nazionale pertinente, segnatamente della facoltà di essere ascoltata a posteriori dal giudice, e quest’ultimo è tenuto ad accertare se, alla luce di tale audizione, la decisione di revoca della sospensione debba essere modificata.

86

In ogni caso, nell’ambito dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, il criterio pertinente idoneo ad essere applicato uniformemente è quello fondato sulla natura della «decisione» ivi menzionata, come risulta dai punti da 75 a 77 della presente sentenza.

87

Inoltre, come già rilevato al punto 70 della presente sentenza, un’interpretazione della nozione di «decisione», ai sensi dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, più ampia di quella esposta al punto 77 di questa stessa sentenza rischierebbe di compromettere l’efficacia del meccanismo del mandato d’arresto europeo.

88

Occorre aggiungere, inoltre, che l’interpretazione fornita dalla Corte in detto punto 77 implica soltanto che una decisione che verta unicamente sull’esecuzione o sull’applicazione di una pena privativa della libertà definitivamente inflitta al termine del processo penale, e che non incida né sulla dichiarazione di colpevolezza né sulla natura o sull’entità di tale pena, non rientra nel campo di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, cosicché l’assenza dell’interessato nel corso del procedimento che ha condotto a tale decisione non può costituire un motivo valido per rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo.

89

Per contro, come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 76 e 77 delle sue conclusioni, e come risulta peraltro espressamente dall’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro 2009/299, tale interpretazione non significa affatto che gli Stati membri siano esentati dall’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i principi giuridici fondamentali sanciti dall’articolo 6 TUE, ivi compreso il diritto di difesa delle persone sottoposte a un procedimento penale, né da quello di far rispettare detti diritti e principi dalle loro autorità giudiziarie.

90

Un tale obbligo rafforza, precisamente, l’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri e, pertanto, il principio del riconoscimento reciproco su cui si fonda il meccanismo del mandato d’arresto europeo. Infatti, detto principio si basa sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri circa il fatto che i rispettivi ordinamenti giuridici nazionali siano in grado di fornire una tutela equivalente ed effettiva dei diritti fondamentali riconosciuti a livello dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 30 maggio 2013, F., C‑168/13 PPU, EU:C:2013:358, punti 4950, nonché del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punti 7778).

91

In tale contesto e nell’ottica di una cooperazione giudiziaria efficace in materia penale, le autorità giudiziarie di emissione e di esecuzione devono utilizzare appieno gli strumenti previsti in particolare dall’articolo 8, paragrafo 1, e dall’articolo 15 della decisione quadro 2002/584, in modo da promuovere la fiducia reciproca alla base di tale cooperazione.

92

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che, nell’ipotesi in cui l’interessato sia comparso personalmente al processo penale conclusosi con la decisione giurisdizionale che lo ha definitivamente dichiarato colpevole di un reato e gli ha, pertanto, inflitto una pena privativa della libertà la cui esecuzione è stata in seguito parzialmente sospesa subordinatamente al rispetto di talune condizioni, la nozione di «processo terminato con la decisione», ai sensi dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, dev’essere interpretata nel senso che essa non riguarda un procedimento successivo di revoca di tale sospensione basato sulla violazione di dette condizioni durante il periodo di messa alla prova, purché la decisione di revoca adottata a conclusione di tale procedimento non modifichi né la natura né l’entità della pena inizialmente inflitta.

Sulle spese

93

Nei confronti delle parti del procedimento principale, la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

 

Nell’ipotesi in cui l’interessato sia comparso personalmente al processo penale conclusosi con la decisione giurisdizionale che lo ha definitivamente dichiarato colpevole di un reato e gli ha, pertanto, inflitto una pena privativa della libertà la cui esecuzione è stata in seguito parzialmente sospesa subordinatamente al rispetto di talune condizioni, la nozione di «processo terminato con la decisione», ai sensi dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, dev’essere interpretata nel senso che essa non riguarda un procedimento successivo di revoca di tale sospensione basato sulla violazione di dette condizioni durante il periodo di messa alla prova, purché la decisione di revoca adottata a conclusione di tale procedimento non modifichi né la natura né l’entità della pena inizialmente inflitta.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il neerlandese.