CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 5 febbraio 2019 ( 1 )

Causa C‑676/17

Oana Mădălina Călin

contro

Direcţia Regională a Finanţelor Publice Ploieşti – Administraţia Judeţeană a Finanţelor Publice Dâmboviţa

Statul Român – Ministerul Finanţelor Publice

Administraţia Fondului pentru Mediu

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Ploieşti (Corte d’appello di Ploieşti, Romania)]

«Rinvio pregiudiziale – Principi di leale cooperazione, certezza del diritto, equivalenza ed effettività – Rimborso di una tassa riscossa in violazione del diritto dell’Unione – Richiesta di revocazione di una decisione giudiziale definitiva di rigetto del rimborso di una tassa siffatta – Termine di proposizione della domanda di revocazione – Dies a quo di detto termine»

I. Introduzione

1.

Ai fini dell’immatricolazione in Romania di un’autovettura usata acquistata in Germania, la sig.ra Oana Mădălina Călin era costretta a versare un bollo ambientale. Ritenendo che detta tassa fosse stata riscossa in violazione del diritto dell’Unione, agiva chiedendone il rimborso, ma l’azione veniva respinta. La sig.ra Călin non presentava impugnazione e la sentenza diveniva pertanto definitiva.

2.

La sig.ra Călin chiedeva, in due occasioni, la revocazione della sentenza di cui trattasi. Ciascuna domanda si fondava su una nuova sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (in prosieguo: la «Corte») che stabiliva la contrarietà al diritto dell’Unione di una tassa come quella da lei versata. La prima domanda veniva respinta, mentre la seconda veniva ammessa con conseguente accoglimento della sua richiesta iniziale. Tuttavia, in sede di impugnazione, la sentenza di accoglimento della richiesta veniva annullata. Basandosi su un’interpretazione del diritto nazionale fornita, nel frattempo, dalla Înalta Curte de Casație şi Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania), la domanda di revocazione veniva considerata tardiva.

3.

Mediante una nuova richiesta di revocazione, la sig.ra Călin contesta ora tale interpretazione e, più in generale, la procedura nazionale prevista per la revocazione. Essa le ritiene incompatibili con il diritto dell’Unione, poiché in pratica rendono impossibile ottenere il rimborso di un’imposta successivamente dichiarata incompatibile con il diritto dell’Unione mediante sentenza della Corte di giustizia. In tali circostanze, la Curtea de Apel Ploieşti (Corte d’appello di Ploieşti, Romania) decideva di chiedere a questa Corte di pronunciarsi sulla compatibilità di tale interpretazione, in particolare, con i principi di certezza del diritto, di equivalenza e di effettività.

II. Quadro normativo

A.   Diritto rumeno

1. Codice di procedura civile

4.

L’articolo 509, paragrafo 1, del Codul de procedură civilă (Codice di procedura civile) ( 2 ) indica i motivi di revocazione di una sentenza. In particolare, ai punti 10 e 11, esso prevede che sia possibile presentare una richiesta di revocazione se:

«10.   la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accertato una violazione dei diritti o delle libertà fondamentali in ragione di una decisione giurisdizionale e le conseguenze gravi di tale violazione sono tuttora in essere;

11.   dopo il passaggio in giudicato della sentenza, la Curtea Constituțională [Corte costituzionale, Romania] si è pronunciata sulla contestazione ivi sollevata dichiarando incostituzionale la disposizione oggetto di contestazione».

5.

L’articolo 511 del Codice di procedura civile indica diversi termini per la proposizione della domanda di revocazione e il dies a quo ai fini del loro calcolo. Sia i termini che il rispettivo dies a quo variano a seconda del motivo di revocazione pertinente. Il paragrafo 1 prevede un termine generale di un mese.

6.

L’articolo 511, paragrafo 3, è formulato come segue: «Con riferimento ai motivi indicati nell’articolo 509, paragrafo 1, punti 10 e 11, il termine è pari a tre mesi dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo o della decisione della Curtea Constituțională [Corte costituzionale] nel Monitorul Oficial al României, Partea I».

2. Legge n. 554/2004 e relativa giurisprudenza nazionale

7.

L’articolo 21 della Legea contenciosului administrativ nr. 554/2004 (legge n. 554/2004 sui procedimenti amministrativi) ( 3 ) (in prosieguo: la «legge n. 554/2004») reca il titolo «Mezzi d’impugnazione straordinari». Inizialmente, il suo paragrafo 2 era formulato come segue:

«Costituiscono motivo di revocazione, in aggiunta a quelli previsti dal Codice di procedura civile, la pronuncia di sentenze definitive passate in giudicato che violano il principio del primato del diritto [dell’Unione] disciplinato dall’articolo 148, paragrafo 2, in combinato disposto con l’articolo 20, paragrafo 2, della Costituzione rumena, come modificata. La domanda di revocazione deve essere presentata entro 15 giorni dalla notifica e si effettua, in deroga alla regola sancita dall’articolo 17, paragrafo 3, mediante domanda delle parti interessate motivata in modo circostanziato entro 15 giorni dalla pronuncia. La domanda di revocazione viene esaminata con urgenza e in via prioritaria, entro un termine massimo di 60 giorni dal deposito».

8.

Con sentenza n. 1609/2010 del 9 dicembre 2010 ( 4 ), la Curtea Constituţională (Corte costituzionale) dichiarava l’articolo 21, paragrafo 2, secondo periodo, della legge n. 554/2004 incostituzionale, in ragione della sua infelice formulazione, fonte di incertezze idonee a integrare un ostacolo all’esercizio effettivo del diritto di accesso alla giustizia.

9.

In seguito, la Legea nr. 299/2011 pentru abrogarea alin. (2) al art. 21 din Legea contenciosului administrativ nr. 554/2004 (legge n. 299/2011 che abroga il paragrafo 2 dell’articolo 21 della legge n. 554/2004 sui procedimenti amministrativi) ( 5 ) (in prosieguo: la «legge n. 299/2011») abrogava integralmente l’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004.

10.

Tuttavia, la legge n. 299/2011 veniva, a sua volta, dichiarata incostituzionale con sentenza n. 1039/2012 del 5 dicembre 2012 della Curtea Constituţională (Corte costituzionale) ( 6 ). In detta sentenza, la Curtea Constituţională (Corte costituzionale) stabiliva quanto segue: «L’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 continuerà a produrre effetti giuridici a seguito della pubblicazione della presente sentenza nel Monitorul Oficial al României, fatta eccezione per le disposizioni contenute nel secondo periodo di detto testo, dichiarate incostituzionali con decisione n. 1609 del 9 dicembre 2010 (…). Tali disposizioni hanno cessato di produrre effetti giuridici (…). Per quanto concerne le disposizioni dell’articolo 21, paragrafo 2, primo e terzo periodo, esse continueranno a produrre effetti giuridici».

11.

Pertanto, a seguito della pubblicazione della sentenza n. 1039/2012 della Curtea Constituţională (Corte costituzionale) nel Monitorul Oficial al României, il 29 gennaio 2013, il primo e il terzo periodo dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 tornavano ad essere parte della normativa vigente. Per contro, il secondo periodo della succitata disposizione che fissa il termine per la presentazione della domanda di revocazione e il relativo dies a quo restava privo di effetti giuridici.

12.

Il 12 dicembre 2016 la Înalta Curte de Casație și Justiție – Completul pentru dezlegarea unor chestiuni de drept (Alta Corte di cassazione e di giustizia – Sezione competente per la soluzione delle questioni di diritto) (in prosieguo: la «ICCJ») pronunciava la decisione n. 45/2016 ( 7 ), resa conformemente ad una procedura preliminare finalizzata alla definizione di una questione di diritto. In tale decisione, la ICCJ ha stabilito quanto segue:

«Nell’interpretare e applicare le disposizioni dell’articolo 21, paragrafo 2, primo periodo, della legge n. 554/2004 e successive modifiche e integrazioni, la domanda di revocazione è ricevibile sulla base di alcune sentenze della [Corte], indipendentemente dal momento della loro pronuncia e dalla circostanza dell’aver invocato o meno nella controversia principale disposizioni di diritto dell’Unione preesistenti, violate dalla sentenza di cui si chiede la revocazione.

Il termine entro il quale può essere formulata la domanda di revocazione fondata sull’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 è di un mese dalla data della notifica della sentenza definitiva oggetto di revocazione».

13.

Pertanto, in forza della decisione n. 45/2016, la ICCJ fissava il termine di presentazione delle domande di revocazione sulla base dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 e il relativo dies a quo, vale a dire un mese dalla data di notifica della sentenza oggetto di revocazione.

III. Fatti, procedimento nazionale e questione pregiudiziale

14.

Il 12 aprile 2013 la sig.ra Călin acquistava un’autovettura usata precedentemente immatricolata in Germania.

15.

Il Serviciul Public Comunitar Regim Permise de Conducere și Înmatriculare a Vehiculelor Târgoviște (Servizio pubblico locale – Sistema delle patenti di guida e delle immatricolazioni degli autoveicoli di Târgoviște, Romania) subordinava l’immatricolazione di detta autovettura al pagamento del bollo ambientale previsto dall’Ordonanţa de urgenţă nr. 9/2013 privind timbrul de mediu pentru autovehicule (decreto legge n. 9/2013 relativo al bollo ambientale per gli autoveicoli) ( 8 ) (in prosieguo: l’«OUG n. 9/2013»). Il 12 giugno 2013 la sig.ra Călin provvedeva a versare tale tassa, per un importo di 968 lei rumeni (RON).

16.

La sig.ra Călin adiva il Tribunalul Dâmbovița (Tribunale superiore di Dâmbovița, Romania; in prosieguo: il «giudice di primo grado»), chiedendo il rimborso dell’importo versato a titolo di bollo ambientale, maggiorato degli interessi. A fondamento della propria azione, deduceva l’incompatibilità della tassa di cui trattasi con il diritto dell’Unione.

17.

Con sentenza del 15 maggio 2014, il giudice di primo grado respingeva l’azione, negando che le disposizioni dell’OUG n. 9/2013 fossero incompatibili con il diritto dell’Unione. A fronte della mancata impugnazione da parte della sig.ra Călin, la sentenza precedentemente citata diveniva definitiva.

18.

Il 28 aprile 2015 la sig.ra Călin proponeva dinanzi al giudice di primo grado una (prima) domanda di revocazione della predetta sentenza, affermando che, alla luce della sentenza della Corte del 14 aprile 2015, Manea (C‑76/14, EU:C:2015:216), il bollo ambientale era incompatibile con il diritto dell’Unione e doveva pertanto essere rimborsato. Con sentenza del 16 giugno 2015, il giudice di primo grado respingeva la suddetta domanda di revocazione, ritenendo che la soluzione adottata nella sentenza Manea non incidesse in alcun modo sulla conclusione raggiunta nella sentenza oggetto di revocazione.

19.

Avverso quest’ultima sentenza, la sig.ra Călin ha presentato appello dinanzi alla Curtea de Apel Ploiești (Corte d’appello di Ploieşti; in prosieguo: il «giudice di secondo grado»), il quale veniva respinto. La sentenza del 16 giugno 2015 diveniva pertanto definitiva.

20.

Il 17 agosto 2016 la sig.ra Călin proponeva una (seconda) domanda di revocazione della sentenza pronunciata dal giudice di primo grado il 15 maggio 2014. Tale domanda si fondava sulla sentenza della Corte del 9 giugno 2016, Budișan (C‑586/14, EU:C:2016:421). Con sentenza dell’11 ottobre 2016, il giudice di primo grado accoglieva la domanda di revocazione. Fondandosi, in particolare, sulla sentenza Budișan, esso riteneva che, nel caso di specie, trovasse applicazione l’articolo 21 della legge n. 554/2004, che ammette la revocazione delle decisioni che ledono il principio del primato del diritto dell’Unione. La sentenza del 15 maggio 2014 veniva quindi integralmente modificata e, quanto al merito, la domanda iniziale proposta dalla sig.ra Călin veniva accolta. Infatti, detto giudice stabiliva che la tassa di cui trattasi era incompatibile con il diritto dell’Unione e, per l’effetto, ne ordinava il rimborso, unitamente agli interessi maturati.

21.

Con sentenza del 16 gennaio 2017, il giudice di secondo grado accoglieva un’impugnazione proposta dall’autorità pubblica e annullava in toto la sentenza dell’11 ottobre 2016. Detto giudice accoglieva l’eccezione secondo cui la domanda di revocazione in esame sarebbe stata presentata tardivamente alla luce della sentenza n. 45/2016 pronunciata dall’ICCJ il 12 dicembre 2016, in base alla quale il termine di presentazione di siffatta domanda era di un mese dalla data di notifica della sentenza definitiva oggetto di revocazione ( 9 ). Nell’applicare tale pronuncia, il giudice di secondo grado osservava che la sentenza di cui era chiesta la revocazione (vale a dire la sentenza emanata dal giudice di primo grado il 15 maggio 2014) era stata notificata il 26 maggio 2014, mentre la (seconda) domanda di revocazione era stata presentata il 17 agosto 2016, ben oltre la scadenza del termine di un mese.

22.

Il 7 marzo 2017 la sig.ra Călin presentava una (terza) domanda di revocazione con riferimento alla sentenza del giudice di secondo grado del 16 gennaio 2017. Tale domanda costituisce l’oggetto del procedimento principale. La sig.ra Călin ivi sostiene che la sentenza del 16 gennaio 2017 viola, in particolare, il principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE. A suo giudizio, nella misura in cui applica la decisione n. 45/2016 dell’ICCJ, tale sentenza rende impossibile ottenere il rimborso di una tassa che la Corte, nella sentenza Budișan, ha ritenuto incompatibile con il diritto dell’Unione.

23.

Il giudice di secondo grado, la Curtea de Apel Ploieşti (Corte d’appello di Ploieşti; in prosieguo: il «giudice del rinvio») condivide in sostanza i dubbi della sig.ra Călin in merito alla compatibilità dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004, come interpretato dalla sentenza n. 45/2016 dell’ICCJ, con il diritto dell’Unione e, più nello specifico, inter alia, con i principi di leale cooperazione, certezza del diritto, equivalenza ed efficacia. Nel contempo, il giudice del rinvio richiama la giurisprudenza della Corte secondo cui il diritto dell’Unione non impone a un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono forza di giudicato a una pronuncia giurisdizionale, neanche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una situazione nazionale contrastante con il diritto dell’Unione. Inoltre, il giudice del rinvio sottolinea che la Corte ha anche osservato che, qualora le norme procedurali interne applicabili prevedano la possibilità, a determinate condizioni, per il giudice nazionale di ritornare su una decisione munita di autorità di giudicato, per rendere la situazione compatibile con il diritto nazionale, tale possibilità deve essere esercitata, conformemente ai principi di equivalenza e di effettività, e sempre che dette condizioni siano soddisfatte, per ripristinare la conformità della situazione considerata alla normativa dell’Unione.

24.

Con riferimento alle azioni proposte per ottenere il rimborso del bollo ambientale, definitivamente respinte prima della pronuncia della sentenza Budișan da parte della Corte, nella domanda di pronuncia pregiudiziale si osserva che l’unico mezzo processuale allo stato disponibile sarebbe la presentazione di una domanda di revocazione a norma dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004. Pertanto, se il giudice del rinvio dovesse dare applicazione alla sentenza n. 45/2016 dell’ICCJ, la sig.ra Călin non sarebbe più in grado di chiedere la revocazione della sentenza del 16 gennaio 2017 e, di conseguenza, non potrebbe ottenere il rimborso di tale tassa.

25.

In tali circostanze, la Curtea de Apel Ploieşti (Corte d’appello di Ploieşti) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, che fa riferimento al principio di leale cooperazione, gli articoli 17, 20, 21 e 47 della Carta dei diritti fondamentali, l’articolo 110 TFUE[,] il principio della certezza del diritto, [i] princip[i] di equivalenza [e] di effettività derivanti dal principio di autonomia procedurale possano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, segnatamente l’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 sul procedimento amministrativo, come interpretata dalla decisione n. 45/2016 della Înalta Curte de Casație și Justiție (ICCJ) – Completul pentru dezlegarea unor chestiuni de drept [Alta Corte di cassazione e di giustizia – Sezione competente per la soluzione delle questioni di diritto], secondo la quale il termine entro cui può essere proposta la domanda di revocazione fondata sulle disposizioni dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 è di un mese e decorre dalla data della notifica della sentenza definitiva, sottoposta alla revocazione».

26.

Hanno presentato osservazioni scritte il governo rumeno e la Commissione europea. Entrambe le parti interessate hanno presentato osservazioni orali all’udienza tenutasi il 28 novembre 2018.

IV. Analisi

27.

Le presenti conclusioni sono strutturate come segue: inizierò chiarendo le ragioni per cui, a mio giudizio, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile (A). Successivamente, dopo aver formulato due osservazioni preliminari (B), esaminerò la questione proposta alla luce dei principi di certezza del diritto, di equivalenza e di effettività (C). Posto che, anche dopo aver effettuato tale valutazione, continuo a nutrire talune perplessità quanto all’esatta natura del mezzo di ricorso nazionale di cui trattasi, concluderò con alcune osservazioni sulle alternative che il diritto dell’Unione prevede nei casi in cui il rimborso di un tributo riscosso in violazione del diritto dell’Unione è richiesto in un momento in cui non è più possibile tornare su una pronuncia giudiziale definitiva (D).

A.   Sulla ricevibilità del rinvio pregiudiziale

28.

È ricevibile una questione pregiudiziale concernente l’interpretazione dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004, formulata dall’ICCJ nella sentenza n. 45/2016 che, a quanto pare, in conformità al diritto nazionale, non costituiva un’interpretazione vincolante all’epoca dell’adozione della decisione sulla seconda domanda di revocazione?

29.

La sentenza dell’ICCJ è stata pronunciata nel quadro di una procedura preliminare finalizzata a definire una questione di diritto. Con riferimento a tale tipologia di procedura, nella domanda di pronuncia pregiudiziale si osserva che l’articolo 521, paragrafo 3, del Codice di procedura civile stabilisce che «la soluzione fornita in diritto è vincolante per il giudice che ne ha fatto richiesta a decorrere dalla data della pronuncia della decisione e per gli altri giudici dalla sua pubblicazione nel Monitorul Oficial al României, Partea I».

30.

Dalle osservazioni scritte presentate dal governo rumeno e dalla Commissione emerge che la sentenza n. 45/2016, pur essendo stata pronunciata il 12 dicembre 2016, veniva pubblicata nel Monitorul Oficial al României solo il 23 maggio 2017. Inoltre, tale sentenza era stata emanata al fine di definire una questione di diritto sottoposta all’ICCJ dalla Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj, Romania). Pertanto, conformemente all’articolo 521, paragrafo 3, del Codice di procedura civile, la sentenza di cui trattasi era vincolante per il suddetto giudice a decorrere dal giorno della sua pronuncia. Tuttavia, solo dalla data della sua pubblicazione nel Monitorul Oficial al României, il 23 maggio 2017, essa diveniva vincolante per gli altri giudici, compreso il giudice del rinvio, la Curtea de Apel Ploieşti (Corte d’appello di Ploieşti).

31.

Di conseguenza, si potrebbe dubitare del fatto che, nella sua sentenza del 16 gennaio 2017, nel decidere in merito alla seconda domanda di revocazione, il giudice del rinvio fosse tenuto ad applicare l’interpretazione dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 fornita dall’ICCJ. È infatti la succitata interpretazione ad essere al centro della questione pregiudiziale, posto che, da quanto capisco, è stata proprio tale decisione dell’ICCJ a fissare, in pratica, il termine di un mese dalla data di notifica della sentenza definitiva.

32.

A mio parere, benché nell’ambito della presente causa vi siano diversi elementi che possono in effetti generare un certo scetticismo, la ricevibilità del rinvio pregiudiziale non è uno di questi.

33.

In virtù di una giurisprudenza costante, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate da un giudice nazionale godono di una presunzione di rilevanza ( 10 ). Non spetta alla Corte, nell’ambito del sistema di cooperazione giudiziaria istituito dall’articolo 267 TFUE, rimettere in questione o verificare l’esattezza dell’interpretazione del diritto nazionale operata dal giudice del rinvio, poiché detta interpretazione rientra nella competenza esclusiva di quest’ultimo ( 11 ).

34.

In risposta a un quesito scritto posto dalla Corte, il governo rumeno ha confermato che la sentenza n. 45/2016 è stata pronunciata il 12 dicembre 2016 e resa pubblica il giorno stesso. Esso ha anche confermato che, sebbene la sentenza n. 45/2016 non fosse ancora formalmente vincolante per il giudice del rinvio quando ha pronunciato la sentenza del 16 gennaio 2017, tale giudice – come ogni altro giudice rumeno – era già a conoscenza della sua esistenza e del suo contenuto.

35.

La complessa storia dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 è stata illustrata supra ( 12 ). La disposizione in parola è stata in un primo momento introdotta dal legislatore nel 2004; essa è stata poi dichiarata parzialmente incostituzionale nel 2010 e, quindi, abrogata dal legislatore nel 2011, salvo essere successivamente ripristinata in parte nel 2012 a fronte di un’altra decisione della Curtea Constituțională (Corte costituzionale), tuttavia, a quanto pare, senza che fosse fissato alcun limite temporale, introdotto in seguito con una decisione interpretativa dell’ICCJ. Alla luce di quanto precede, sembra che, nel periodo compreso tra il secondo annullamento da parte della Curtea Constituțională (Corte costituzionale), con effetto a decorrere dal 29 gennaio 2013, e la pronuncia della sentenza n. 45/2016 del 12 dicembre 2016 da parte dell’ICCJ, i giudici rumeni si siano trovati ad affrontare una situazione in cui non esisteva alcun termine (chiaro) di presentazione della domanda di revocazione o in cui, addirittura, tale termine era del tutto assente.

36.

Prendo atto che, come osservato dal governo rumeno, nella prassi dei giudici rumeni è conseguita durante tale periodo una notevole «diversità interpretativa». In tale contesto, è del tutto comprensibile che un supremo organo giurisdizionale nazionale cerchi di superare tale diversità interpretativa.

37.

Tuttavia, ciò che è forse più discutibile è il modo in cui, a livello nazionale, è stato fissato un siffatto termine che, in pratica, limita o addirittura priva alcune delle parti del diritto di accesso alla giustizia. Eventuali limitazioni ai diritti fondamentali e, analogamente, eventuali condizioni di accesso alla giustizia, dovrebbero, in particolare, essere previste dalla legge. Tale requisito comprende taluni standard concernenti le caratteristiche di tale legge, compresa la sua accessibilità per le persone interessate e la formulazione sufficientemente precisa e prevedibile ( 13 ). Benché tali standard non siano equivalenti, ad esempio, ai criteri per la detenzione degli stranieri in attesa del loro trasferimento in un altro Stato membro, che corrisponde in effetti a una privazione della libertà e che pertanto può essere prevista unicamente da norme cogenti di portata generale (fissate dal diritto scritto, e non in via giurisprudenziale) ( 14 ), ci si potrebbe in effetti chiedere in che misura la storia da «condannato a morte» dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 soddisfi tali requisiti, in particolare quelli connessi alla prevedibilità.

38.

Tuttavia, tale aspetto non fa oggetto del caso di specie, almeno non direttamente. Vi è certamente «un che di retroattivo» nel fatto che un giudice abbia applicato un termine che, all’epoca dell’adozione della decisione, non era formalmente ancora applicabile. Tuttavia, a quanto pare, in ragione della regnante «diversità interpretativa» a livello nazionale, sembra che tale giudice avesse in ogni caso una certa discrezionalità nella scelta del termine da applicare. Pertanto, non vedo come, in una situazione siffatta, si possa contestare a un giudice nazionale di aver preso in considerazione un termine fissato da una decisione di una giurisdizione superiore (emanata proprio nell’ottica di uniformare tale situazione), anche se in quel momento esso non era ancora formalmente vincolato dall’applicazione di tale termine, mentre lo sarebbe stato entro breve.

39.

Pertanto, alla luce delle considerazioni che precedono, tenuto conto però anche della duratura e costante rilevanza della questione per il giudice del rinvio ( 15 ), ritengo non vi sia motivo per mettere in dubbio la ricevibilità della presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

B.   Osservazioni preliminari

40.

Si rendono necessarie due osservazioni preliminari concernenti, in primis, le disposizioni del diritto dell’Unione pertinenti ai fini della definizione della presente controversia e, in secondo luogo, il rapporto esistente tra la presente causa e quella che ha dato luogo alla sentenza Târșia ( 16 ).

41.

In primo luogo, nella sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio richiama varie disposizioni e principi del diritto dell’Unione: l’articolo 4, paragrafo 3, TUE (il principio di leale cooperazione); gli articoli 17, 20, 21 e 47 della Carta dei diritti fondamentali (in prosieguo: la «Carta»); l’articolo 110 TFUE; il principio di certezza del diritto e i principi di equivalenza ed effettività derivanti dal principio di autonomia procedurale.

42.

Al fine di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata, ritengo sia sufficiente esaminare la compatibilità di una normativa come quella oggetto del procedimento principale con i principi di certezza del diritto, di equivalenza e di effettività, alla luce del principio generale di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE ( 17 ). L’articolo 47 della Carta (il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale) può dare uno slancio ulteriore all’esame del requisito di effettività, in particolare in relazione alla nozione di ricorso effettivo dinanzi a una corte o un tribunale.

43.

In secondo luogo, va ricordato che la Corte è già stata chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 con il diritto dell’Unione nella sentenza Târșia ( 18 ).

44.

La questione pregiudiziale sollevata nell’ambito di tale causa era simile a quella qui in esame. Si è cercato di valutare la compatibilità dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 con pressoché le medesime disposizioni e i medesimi principi del diritto dell’Unione ( 19 ). Tuttavia, la questione della compatibilità dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 con il diritto dell’Unione era stata affrontata sotto un profilo diverso.

45.

Il sig. Târșia versava una tassa per autoveicoli che egli reputava incompatibile con l’articolo 110 TFUE. Egli avviava un procedimento civile volto ad ottenerne la restituzione. La domanda veniva accolta in primo grado nel 2007, ma respinta in parte in appello, nel 2008. Nel 2011, a seguito della sentenza [della Corte] del 7 aprile 2011, Tatu (C‑402/09, EU:C:2011:219), il sig. Târșia chiedeva la revocazione della sentenza d’appello ritenendo che la tassa dovesse essergli rimborsata integralmente. Benché la sentenza di cui chiedeva la revocazione fosse stata emanata nell’ambito di unprocedimento civile, egli presentava la domanda di revocazione sulla base dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004, vale a dire della legge sui procedimenti amministrativi. Ciò in ragione del fatto che le norme procedurali applicabili ai procedimenti civili non prevedevano alcuna possibilità di agire per ottenere la revocazione di una sentenza definitiva in forza di una violazione del diritto dell’Unione.

46.

In tale contesto procedurale, il giudice del rinvio nella causa Târșia cercava di stabilire se il fatto che l’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 ammetteva la revocazione di sentenze definitive lesive del diritto dell’UE unicamente nei procedimenti amministrativi e non nei procedimenti civili fosse compatibile con il diritto dell’Unione. La Corte stabiliva che il diritto dell’Unione e, in particolare, i requisiti di equivalenza e di effettività non ostavano a una situazione siffatta ( 20 ).

47.

Per contro, la presente causa riguarda solo le condizioni in cui una richiesta di revocazione presentata sulla base dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 può essere proposta rispetto a una decisione adottata nel corso di un procedimento amministrativo. Pertanto, la sentenza pronunciata nella causa Târșia, pur offrendo taluni spunti ai fini della formulazione dei requisiti di equivalenza e di effettività nell’ambito della presente causa, non fornisce alcuna risposta alla specifica questione sollevata dal giudice del rinvio.

C.   Sull’obbligo di rimborsare i tributi indebitamente riscossi: certezza del diritto ed effettività del diritto dell’Unione

48.

Secondo costante giurisprudenza, il diritto di ottenere il rimborso di tributi riscossi da uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti ai singoli dalle disposizioni del diritto dell’Unione che vietano tali tributi. Gli Stati membri sono quindi tenuti, in linea di principio, a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto dell’Unione, maggiorati di interessi ( 21 ). Spetta a ciascuno Stato membro, in virtù del principio dell’autonomia processuale, stabilire le modalità processuali dei ricorsi finalizzati all’ottenimento del rimborso di detti tributi, nel rispetto dei requisiti di equivalenza e di effettività ( 22 ).

49.

Per quanto riguarda l’interazione tra questi requisiti e il principio della certezza del diritto, di cui il principio dell’autorità di cosa giudicata è un’espressione ( 23 ), la Corte ha anche stabilito che «le modalità di attuazione del principio dell’intangibilità del giudicato rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, ai sensi del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi, nel rispetto tuttavia dei principi di equivalenza e di effettività» ( 24 ).

50.

La Corte ha ripetutamente sottolineato l’importanza che riveste, sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione europea che negli ordinamenti giuridici nazionali, il principio dell’intangibilità del giudicato. Essa ha stabilito che, al fine di garantire tanto la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici quanto una buona amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l’esaurimento dei mezzi di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per tali ricorsi non possano più essere rimesse in discussione, neanche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una situazione nazionale contrastante con il diritto dell’Unione ( 25 ).

51.

Così, sotto il profilo del diritto dell’Unione, gli Stati membri non sono tenuti a tornare su una decisione definitiva al fine di tener conto dell’interpretazione di una disposizione pertinente di tale diritto offerta dalla Corte posteriormente alla decisione di cui trattasi ( 26 ).

52.

Tuttavia, nelle sentenze Impresa Pizzarotti e Târșia, la Corte ha anche osservato che, qualora le norme processuali interne applicabili prevedano la possibilità, a determinate condizioni, per il giudice nazionale di ritornare su una decisione munita di autorità di giudicato, per rendere la situazione compatibile con il diritto nazionale, tale possibilità deve essere esercitata, conformemente ai principi di equivalenza e di effettività, e sempre che dette condizioni siano soddisfatte, per ripristinare la conformità della situazione oggetto del procedimento principale al diritto dell’Unione ( 27 ).

53.

In sintesi, il diritto dell’Unione non imponeva alla Romania di adottare l’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004, una disposizione che consente di ritornare su una decisione giudiziaria definitiva. Tuttavia, posto che la Romania ha deciso di farlo, tale disposizione deve rispettare i requisiti di equivalenza e di effettività. Passo dunque all’esame di tali requisiti nel contesto della presente causa.

1. Sull’equivalenza

54.

Il requisito di equivalenza vieta a uno Stato membro di stabilire modalità processuali meno favorevoli per le domande di rimborso di un tributo fondate su una violazione del diritto dell’Unione rispetto a quelle applicabili ai ricorsi analoghi fondati su una violazione del diritto interno ( 28 ). Per verificare se un’azione nazionale possa essere considerata analoga a un ricorso finalizzato alla tutela del diritto dell’Unione, è necessario tener conto dell’oggetto, della causa e degli elementi fondamentali di tali azioni ( 29 ).

55.

Nel caso di specie, il giudice del rinvio menziona il requisito dell’equivalenza come uno dei possibili criteri di valutazione della compatibilità dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 con il diritto dell’Unione. Tuttavia, esso non indica alcun ricorso analogo interno che potrebbe essere impiegato ai fini della valutazione del requisito dell’equivalenza.

56.

Secondo il governo rumeno, non esiste alcun motivo di revocazione fondato su una violazione del diritto nazionale analogo allo (specifico) motivo di revocazione previsto dall’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004. Il suddetto governo osserva che la disposizione di cui trattasi ammette la proposizione di una domanda di revocazione sulla base della violazione di una disposizione di diritto dell’Unione e indipendentemente dal fatto che tale disposizione fosse stata invocata nel procedimento originario. Per contro, il Codice di procedura civile, contenente le norme generali in materia di revocazione, consentirebbe la presentazione di una domanda di revocazione unicamente sulla base di una violazione di uno dei motivi indicati nel suo articolo 509, paragrafo 1, che si riferiscono essenzialmente a nuove circostanze di cui il giudice non era a conoscenza all’atto dell’emanazione della sua sentenza.

57.

Per contro, la Commissione ritiene sussista un motivo di revocazione fondato su violazioni del diritto nazionale analogo a quello dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004. Si tratta del motivo di revocazione indicato nell’articolo 509, paragrafo 1, punto 11, del Codice di procedura civile, che ammette la proposizione di una domanda di revocazione quando «successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, la Curtea Constituțională [Corte costituzionale] si è pronunciata sulla contestazione ivi sollevata dichiarando incostituzionale la disposizione oggetto di contestazione». Secondo la Commissione, i diversi termini (un mese per le domande a norma della legge n. 554/2004 e tre mesi ai sensi dell’articolo 511, paragrafo 3, del Codice di procedura civile) e i differenti dies a quo (nel primo caso, la data di notifica della sentenza definitiva oggetto di revocazione; nel secondo caso, la data di pubblicazione della decisione della Curtea Constituțională (Corte costituzionale) nel Monitorul Oficial al României) sono incompatibili con il requisito di equivalenza.

a) Sulla revocazione ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 e sulla revocazione ai sensi dell’articolo 509 del Codice di procedura civile

58.

L’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 prevede un mezzo di ricorso oltremodo specifico che permette la revocatoria di una sentenza definitiva. Tale mezzo di ricorso è circoscritto a un settore determinato, vale a dire il procedimento amministrativo, e può essere fatto valere unicamente in ragione della contrarietà di una sentenza definitiva al diritto dell’Unione. Dal titolo dell’articolo 21 e dalla circostanza che esso consente di ritornare su una decisione definitiva, sembrerebbe trattarsi effettivamente di un mezzo di ricorso straordinario.

59.

In base all’ordinanza di rinvio, detto articolo non è la sola disposizione nel diritto rumeno che consente di chiedere la revocazione di una sentenza definitiva. L’articolo 509 del Codice di procedura civile contiene le disposizioni generali in materia di revocazione. Esse definiscono una serie di casi nei quali è possibile chiedere la revocazione di una sentenza definitiva e si applicano, di norma, a tutti gli ambiti del diritto, compresi i procedimenti amministrativi ( 30 ).

60.

Nelle sue osservazioni scritte, il governo rumeno afferma che i motivi di revocazione di cui all’articolo 509 del Codice di procedura civile si basano sulla comparsa di nuove circostanze che erano ignote al giudice nazionale al momento della pronuncia della sentenza oggetto di revocazione. Osservo, a questo riguardo, che i termini previsti dall’articolo 511 del Codice di procedura civile concernenti ciascuno di tali motivi di revocazione cominciano a decorrere, in generale, dal momento in cui è emersa la circostanza nuova o dal momento in cui la parte interessata era, o avrebbe dovuto, esserne a conoscenza.

61.

Alla luce delle succitate disposizioni e anche delle osservazioni presentate al riguardo dalle parti interessate per iscritto e in udienza, devo ammettere che non ravviso una piena corrispondenza tra la revocazione prevista dall’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 e le principali caratteristiche della revocazione come disciplinata dal Codice di procedura civile. Ciò è dovuto al fatto che l’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 non sembra collegarsi alla comparsa di una circostanza nuova ignota alle parti e al giudice nazionale al momento in cui ha pronunciato la propria sentenza.

62.

Infatti, già nella versione iniziale dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 ( 31 ), il termine di proposizione della domanda di revocazione iniziava a decorrere dalla data di emanazione della sentenza oggetto di revocazione. Lo stesso vale, in effetti, a seguito della sentenza n. 45/2016 della ICCJ, benché il termine succitato sia calcolato in modo diverso.

b) Sulla natura della revocazione ai sensi dell’articolo 509, paragrafo 1, punto 11, del Codice di procedura civile

63.

Nel quadro della disposizione generale in materia di revocazione di cui all’articolo 509 del Codice di procedura civile, due specifici motivi di revocazione sono degni di nota. Nelle proprie osservazioni la Commissione ne sottolinea uno in particolare: la revocazione di una sentenza definitiva a seguito di una decisione della Curtea Constituțională (Corte costituzionale) come prevista nell’articolo 509, paragrafo 1, punto 11, del Codice di procedura civile. Tale motivo è formulato in termini analoghi all’articolo 509, paragrafo 1, punto 10, del Codice di procedura civile che prevede la revocazione delle sentenze definitive a seguito della constatazione di una violazione da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»).

64.

L’articolo 509, paragrafo 1, punto 11, consente di ritornare su sentenze definitive in virtù di una decisione della Curtea Constituțională (Corte costituzionale). Tuttavia, in questo caso, il fattore che fa decorrere il termine è la pronuncia di tale giudice successiva al passaggio in giudicato della decisione giudiziaria. Una siffatta procedura si giustifica, come confermato dal governo rumeno in udienza, in ragione del fatto che, ai sensi del diritto nazionale, la Curtea Constituțională (Corte costituzionale) non può essa stessa annullare o modificare la decisione definitiva dei giudici (ordinari) che ha portato alla revisione costituzionale. Pertanto, il succitato tipo di revocazione mira a fornire un meccanismo che consenta, alla luce di una decisione della Curtea Constituțională (Corte costituzionale), la revocazione della sentenza definitiva sulla cui base è stato avviato il procedimento dinanzi a tale organo giurisdizionale.

65.

Si potrebbe aggiungere che un tale sistema sembra condividere la ratio della disposizione vicina, vale a dire l’articolo 509, paragrafo 1, punto 10, del Codice di procedura civile. Nel caso di una decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo che dichiara che un firmatario ha violato le disposizioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU») mediante una decisione giudiziaria, l’unico modo in cui tale provvedimento potrebbe riflettersi nel singolo caso che ha dato origine al ricorso individuale è attraverso la riapertura dell’originario procedimento giudiziario nazionale. Anche in questo caso, il termine per richiedere tale riapertura comincerà a decorrere dalla data di pronuncia della decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo di cui trattasi.

c) Sulla valutazione dell’equivalenza: oggetto, causa ed elementi fondamentali

66.

Spetterà in definitiva al giudice del rinvio, che ha conoscenza diretta delle norme processuali nazionali, esaminare se sussista un ricorso interno analogo all’azione di cui all’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004.

67.

Tuttavia, sulla base dei fatti e degli elementi di diritto nazionale presentati a questa Corte e alla luce sia del contesto di analisi di recente confermato dalla Corte nella sentenza XC e a. ( 32 ), sia dell’esito cui si è pervenuti in tale causa, i motivi di revocazione a norma dell’articolo 509, paragrafo 1, punto 11, del Codice di procedura civile e il tipo di revocazione previsto dall’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 mi sembrano piuttosto differenti sotto il profilo del rispettivo oggetto, causa ed elementi fondamentali.

68.

Di certo, come si analizzerà più in dettaglio infra ( 33 ), si può discutere su cosa, esattamente, intendesse prevedere il legislatore nazionale nell’emanare l’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004. Tuttavia, le due tipologie di revocazione sembrano ancora voler soddisfare esigenze sistemiche piuttosto diverse.

69.

In primis, l’oggetto dell’articolo 509, paragrafo 1, punto 11, del Codice di procedura civile (e del suo articolo 509, paragrafo 1, punto 10) è porre rimedio a una violazione della costituzione nazionale (o della CEDU) nei singoli casi in cui una siffatta violazione è stata accertata mediante una decisione che, per definizione, sarà sempre successiva alla decisione definitiva del giudice (ordinario). Per contro, l’oggetto dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 sembra essere la correzione in itinere di un’errata applicazione del diritto dell’Unione da parte di un giudice nazionale, senza tuttavia richiedere l’esistenza di un collegamento tra la sentenza oggetto di revocazione e una specifica decisione di questa Corte ( 34 ). La decisione della Corte, ove presente, potrebbe essere anteriore o successiva alla sentenza oggetto di revocazione. Tuttavia, tenuto conto del termine relativamente breve, nella stragrande maggioranza dei casi è verosimile che la sentenza di questa Corte sia stata resa prima che sia emanata la decisione nazionale oggetto di revocazione.

70.

In secondo luogo, la causa, nel senso dell’evento che comporta l’applicabilità di un siffatto mezzo di ricorso, è, nel caso dell’articolo 509, paragrafo 1, punto 11, del Codice di procedura civile, la pronuncia da parte della Curtea Constituțională (Corte costituzionale) di una decisione che dichiara l’incostituzionalità di una determinata disposizione nazionale. Per contro, per quanto riguarda l’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004, l’evento scaturente sembra essere una presunta violazione del diritto dell’Unione già contenuta nella sentenza di cui è chiesta la revocazione.

71.

In terzo luogo, gli elementi fondamentali di un mezzo di ricorso non sono soltanto quelli collegati alle modalità generali di svolgimento del procedimento, ma anche l’esito di detto procedimento. Anche in questo caso, l’esito delle due procedure è sostanzialmente diverso, certamente per quanto attiene al loro impatto sui singoli casi. Così, mentre l’articolo 509, paragrafo 1, punto 11, del Codice di procedura civile comporta, in linea di principio, unicamente la possibilità di tornare sulla singola sentenza da cui è scaturito il riesame costituzionale, l’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 può, in linea di principio, permettere di tornare su una qualsiasi sentenza lesiva del diritto dell’Unione.

72.

A mio giudizio, quest’ultimo punto porta alla questione centrale al riguardo: da una parte, come siano rese esattamente le decisioni individuali della Corte in via pregiudiziale e, dall’altra, in che modo occorra tener conto delle decisioni individuali del giudice costituzionale nazionale all’interno di sistemi in cui tali giudici non dispongono del potere di pronunciarsi su ricorsi costituzionali individuali (vale a dire, il potere di annullare le decisioni dei giudici ordinari in singoli casi) e delle decisioni – sotto questo profilo funzionalmente simili – della Corte EDU (che può solo accertare una violazione del contraente in uno specifico caso) nell’ambito delle specifiche controversie sfociate nella decisione di detti giudici (conseguenze essenzialmente inter partes).

73.

Una pronuncia pregiudiziale di questa Corte è resa sempre prima della decisione del giudice nazionale nel procedimento in cui è compiuto il rinvio pregiudiziale e deve essere presa in considerazione all’interno di detto procedimento pendente. Ove una decisione della Corte sia emanata dopo che la decisione nazionale è divenuta definitiva, fatte salve talune marginali eccezioni ( 35 ), il diritto dell’Unione non impone la revisione della decisione nazionale finale, né la riapertura della causa.

74.

Al contrario, come già indicato, il funzionamento del sistema della Corte europea dei diritti dell’uomo e, del resto, delle corti costituzionali nazionali che non dispongono del potere di riesaminare e annullare singole decisioni giudiziarie per motivi riguardanti la loro costituzionalità, è diverso. Con riferimento al caso specifico che ha portato al riesame considerato, la decisione della Corte EDU o della Corte costituzionale sarà sempre emanata ex post, dopo che la decisione giurisdizionale originaria è divenuta definitiva. Se la decisione di una siffatta autorità giudiziaria deve riflettersi su detto singolo caso, la causa deve allora essere riaperta ( 36 ).

75.

Muovendo da tali esigenze oggettivamente differenti, sono poste in essere procedure tra loro diverse e difficilmente comparabili sotto il profilo dell’oggetto, della causa e degli elementi essenziali.

76.

Desidero aggiungere un’ulteriore considerazione: in relazione alle procedure che permettono di ritornare su decisioni giudiziali definitive, la valutazione della somiglianza deve essere compiuta alla luce delle conseguenze inter partes della specifica decisione emanata. È questo infatti l’obiettivo delle procedure di cui trattasi. Affermare che, in relazione a tale oggetto, le procedure non sono comparabili perché mirano a soddisfare esigenze strutturali e sistemiche tra loro differenti è ben diverso dal sostenere che le sentenze e gli orientamenti emananti dai giudici costituzionali o europei non possono spiegare la medesima forza normativa erga omnes, in tutti i casi pendenti e futuri. Si tratta semplicemente di una questione diversa.

77.

Potrebbe essere utile sottolineare, in conclusione, tale elemento specifico, dal momento che sembra essere oggetto di una certa confusione nelle argomentazioni avanzate dalla Commissione a favore di un’equivalenza tra la revocazione ai sensi dell’articolo 509, paragrafo 1, punto 11, del Codice di procedura civile e in conformità all’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004. Le procedure succitate sono sistematicamente diverse in quanto volte a garantire un diverso tipo di efficacia vincolante delle sentenze: la riapertura di uno specifico caso dopo l’annullamento, da parte del giudice costituzionale, del fondamento normativo sulla cui base era stata emanata la sentenza (effetti vincolanti inter partes) oppure, dall’altra parte, la revocazione fondata sulla mancata corretta presa in considerazione del diritto dell’Unione, come interpretato da una sentenza della Corte resa in un procedimento diverso (effetti vincolanti erga omnes).

78.

Tuttavia, tale differenza rispetto a un siffatto specifico mezzo di revocazione non significa naturalmente che le sentenze di tali giudici costituzionali o europei non debbano essere prese adeguatamente in considerazione in tutti i casi pendenti e futuri dinanzi ai giudici nazionali. Infatti, fatte salve le norme costituzionali nazionali, da questo punto di vista potrebbe non esserci alcuna differenza tra le sentenze emanate da questa Corte e le sentenze di un giudice costituzionale nazionale o della Corte EDU. Tutte infatti possono spiegare pro futuro effetti normativi erga omnes.

79.

A mio giudizio, per le ragioni esposte nella presente sezione, l’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 e l’articolo 509, paragrafo 1, punto 11, del Codice di procedura civile non presentano un oggetto, una causa ed elementi essenziali comuni. Pertanto, essi non possono essere considerati come azioni analoghe e, di conseguenza, i diversi regimi procedurali delle due azioni, in particolare per quanto concerne i termini di proposizione, non integrano una violazione del requisito dell’equivalenza.

2. Sull’effettività

a) Sull’assenza di un obbligo di ritornare sulle decisioni giudiziarie definitive

80.

Salvo in circostanze eccezionali, la Corte non ha mai richiesto di revocare, in nome dell’effettività, l’efficacia di cosa giudicata riconosciuta alle decisioni definitive. Non esiste pertanto alcun obbligo generale di ritornare su sentenze definitive per garantire l’applicazione effettiva del diritto dell’Unione o, più nello specifico, delle decisioni della Corte ( 37 ).

81.

Tuttavia, la giurisprudenza della Corte ha previsto due casi eccezionali in cui tale principio generale è stato in qualche modo relativizzato.

82.

Il primo caso trae origine dalla causa Kühne & Heitz. Esso si riferisce all’obbligo, previsto a carico degli organi amministrativi, di riesaminare, ove siano soddisfatte una serie di condizioni, le decisioni amministrative definitive per tener conto di una successiva interpretazione accolta dalla Corte ( 38 ). Tuttavia, tale eccezione implica unicamente un obbligo di ritornare sulle decisioni amministrative definitive, non sulle decisioni giudiziali.

83.

Il secondo caso eccezionale è stato previsto nella sentenza Lucchini. Nell’ambito di tale causa, la Corte ha stabilito che il diritto dell’Unione ostava all’applicazione di una disposizione del diritto nazionale che sanciva il principio dell’autorità di cosa giudicata, poiché tale applicazione impediva il recupero di un aiuto di Stato erogato in contrasto con il diritto dell’Unione e la cui incompatibilità con il mercato comune era stata dichiarata con decisione della Commissione divenuta definitiva ( 39 ). Secondo la ratio alla base di tale eccezione, la decisione nazionale, essendo stata adottata in violazione della ripartizione delle competenze tra Stati membri e Unione europea, era chiaramente illegittima e pertanto non poteva aver mai acquisito forza di giudicato ( 40 ).

84.

Nessuna di queste eccezioni sembra essere pertinente nel caso di specie. Quale regola generale sull’equilibrio tra requisito di effettività come limite all’autonomia procedurale nazionale e l’obbligo di ritornare su decisioni giudiziali definitive, continua quindi a valere che il diritto dell’Unione non impone, in linea di principio, alcun obbligo a carico degli Stati membri di istituire nuovi mezzi di ricorso ( 41 ), in particolare ove ciò comporti l’inosservanza delle regole nazionali in materia di autorità della cosa giudicata. Tuttavia, se il diritto nazionale contempla tale possibilità, allora la normativa di cui trattasi deve soddisfare non soltanto il requisito di equivalenza, ma anche quello di effettività ( 42 ).

b) Sulla revocazione a norma dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004: impugnazione o nuovo processo?

85.

La valutazione dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 alla luce del requisito dell’effettività è piuttosto complessa. L’effettività di un mezzo di ricorso può essere valutata solo ove si comprenda l’obiettivo che esso è chiamato a realizzare. Lo stesso vale quando se ne valuta l’effettività tenendo conto del suo termine di proposizione (un mese) e del relativo dies a quo (data di pronuncia della sentenza oggetto di revocazione). A cosa si riferisce l’effettività? Quale obiettivo è chiamato a conseguire il mezzo di ricorso?

86.

La questione centrale a questo proposito è se l’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 fosse destinato ad operare come ulteriore mezzo di riesame di una sentenza, analogamente ad altri mezzi di ricorso straordinari, quali le seconde impugnazioni (o ricorsi per cassazione), o se esso dovesse integrare una revisione. I modelli in ciascun caso differiscono.

87.

Da un lato, le seconde impugnazioni sono tendenzialmente proposte in punto di diritto, vale a dire sulla base di un’asserita violazione di regole di diritto e con possibilità molto contenute di riesaminare gli accertamenti compiuti e la valutazione dei fatti. Esse sono generalmente proposte dinanzi a un giudice gerarchicamente superiore all’organo giurisdizionale che ha emesso la decisione oggetto della seconda impugnazione, anche se talvolta possono essere promossi anche dinanzi al giudice che ha emesso tale decisione di ultimo grado contestata (una sorta di «misura autocorrettiva»). Di norma, aspetto questo importante, il termine di proposizione di una seconda impugnazione inizia a decorrere dalla pronuncia o dalla notifica della decisione impugnata. Infine, per definizione, le seconde impugnazioni non sono proposte avverso decisioni finali o definitive nel senso indicato dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui le decisioni divengono definitive «dopo l’esaurimento dei mezzi di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per tali ricorsi» ( 43 ).

88.

Dall’altra, i nuovi processi si basano di norma sul sopravvenire di fatti o di prove nuove di cui le parti e il giudice non erano a conoscenza al momento della pronuncia della decisione originaria, a condizione che tali fatti o prove possano incidere sulla decisione. L’accoglimento di una domanda di nuovo processo comporta, di norma, che il nuovo processo o il riesame della decisione originaria debbano essere compiuti dall’autorità giurisdizionale che ha deciso in primo grado, in quanto è verosimile che i fatti debbano essere nuovamente valutati. Per quanto riguarda i termini, nella misura in cui il nuovo processo si fonda sulla comparsa di un fatto nuovo, il relativo termine decorre di norma nel momento in cui la parte interessata viene a conoscenza di tale fatto. Talvolta, inoltre, a tale termine soggettivo si accompagna un termine di carattere maggiormente oggettivo, in base al quale la domanda di nuovo processo può essere proposta unicamente entro un determinato numero di anni dalla pronuncia della decisione originaria. Infine, le richieste di nuovo processo sono, per definizione, proposte a fronte di decisioni finali o definitive, nel senso indicato dalla giurisprudenza della Corte citata al paragrafo che precede delle presenti conclusioni.

c) Effettività a quale titolo esattamente?

89.

Se confronto il meccanismo di revocazione previsto nell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 con i due modelli ideali di mezzi straordinari di ricorso che ho appena delineato, non mi è chiaro quali tra i succitati modelli intendesse seguire tale meccanismo. Nella misura in cui la relativa domanda è proposta avverso decisioni definitive, la revocazione sembra in un primo momento avvicinarsi di più a un nuovo processo. Tuttavia, nella misura in cui essa si fonda sulla violazione di norme giuridiche (molto verosimilmente preesistenti) e il termine, relativamente breve, inizia a decorrere nel momento in cui è emanata la decisione originaria, il meccanismo di revocazione sembra integrare un mezzo di impugnazione straordinario. Tuttavia, d’altra parte, in tal caso, è piuttosto sorprendente che la revocazione ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 debba essere proposta dinanzi al medesimo giudice che ha emesso la decisione originaria, soprattutto in considerazione del fatto che detto giudice sarà chiamato a riesaminare una decisione che ha assunto soltanto alcuni giorni o settimane prima e sulla base di disposizioni di diritto dell’Unione che già esistevano e che, con ogni probabilità, ha già preso in considerazione nell’emanare la decisione di cui trattasi.

90.

Nel quadro del principio di autonomia procedurale, gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità nel definire il proprio sistema di mezzi giuridici di ricorso. La scelta tra diversi modelli implica, quindi, logicamente, la libertà di creare modelli ibridi e variazioni procedurali, ove gli Stati membri lo desiderino.

91.

Tuttavia, tali ibridi devono essere efficaci. Essi devono essere in grado di fornire la tutela che sono chiamati a garantire, senza interferire indebitamente o ledere altri valori di pari importanza. Come ripetutamente sottolineato nei paragrafi che precedono delle presenti conclusioni ( 44 ), un altro valore riconosciuto e sottolineato dalla Corte è quello della certezza del diritto e dell’importanza dell’autorità della cosa giudicata. Il bilanciamento e il contemperamento di tali valori a livello di Unione ha indotto la Corte a dichiarare chiaramente che l’importanza della certezza giuridica delle sentenze passate in giudicato e della stabilità giuridica è talmente elevata da non poter essere superata dall’esigenza di effettività del diritto dell’Unione, nemmeno ove, in tal modo, possano essere corretti degli errori nell’applicazione nazionale del diritto dell’UE. Le sentenze definitive non sono tali perché necessariamente impeccabili. Esse sono definitive in quanto, a un certo momento, è necessario che una causa si concluda.

92.

Spetterà in definitiva al giudice nazionale valutare, nel quadro di tali considerazioni, l’effettività del meccanismo di revocazione introdotto dall’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004. Tuttavia, dalla mia limitata comprensione del diritto e del contesto procedurale nazionali pertinenti, come illustrati nell’ambito del procedimento dinanzi a questo giudice, tale meccanismo sembrerebbe semplicemente finire tra l’incudine e il martello.

93.

Da un lato, esso appare, come mezzo di impugnazione, discutibile, dal momento che chiama a porre rimedio lo stesso giudice che, solo pochi giorni o settimane prima, ha pronunciato la sentenza oggetto di revocazione, verosimilmente alla luce e potenzialmente in violazione delle stesse disposizioni del diritto dell’Unione e delle stesse sentenze della Corte, posto che è inverosimile che molto sia cambiato nel mese successivo alla pronuncia di detta sentenza ( 45 ).

94.

Dall’altro lato, esso è uno strumento discutibile anche se inteso come nuovo processo. Il termine per richiedere la revocazione è calcolato a decorrere dalla data della decisione iniziale e non dalla data di comparsa del nuovo elemento che consente di richiedere la revisione, vale a dire una nuova sentenza della Corte. Infatti, il requisito dell’effettività dovrebbe essere interpretato nel senso che impone un obbligo di fissare un termine ragionevole ( 46 ), il che incide non soltanto sulla durata del termine, ma anche sul momento in cui esso inizia a decorrere. Inoltre, il fatto che l’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004, contenesse inizialmente regole incomprensibili in materia di termini ( 47 ) salvo poi (sino alla pronuncia n. 45/2016 dell’ICCJ) essere privo, a quanto consta, di ogni termine, aumenta ancor più la confusione ( 48 ). Il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva impone che le limitazioni al diritto di adire un giudice, come quelle dovute ai termini, siano chiare e prevedibili ( 49 ).

95.

Pertanto, l’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 potrebbe presentare alcuni ostacoli al soddisfacimento dei requisiti di efficacia che, nel contesto dei mezzi di ricorsi giurisdizionali, sono sanciti anche nel primo paragrafo dell’articolo 47 della Carta. Tale disposizione esige esplicitamente un «ricorso effettivo dinanzi a un giudice». L’articolo 47 non comprende quindi unicamente il diritto di accesso a un giudice ( 50 ) (nel senso stretto di accesso, ossia di autorizzazione a proporre l’azione), ma anche il requisito secondo cui detto accesso deve esprimersi in un diritto a un ricorso effettivo ( 51 ) (nel senso che deve aver luogo effettivamente un qualche riesame), in quest’ultimo senso sovrapponendosi al principio generale della tutela giurisdizionale effettiva, anch’esso presente nell’articolo 47 ( 52 ).

96.

Infine, la dubbia natura del mezzo di ricorso di cui all’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 è comprovata piuttosto chiaramente anche dai fatti della causa qui in esame. Anche dopo aver presentato tre domande di revocazione fondate sulla succitata disposizione, la sig.ra Călin non è riuscita ad ottenere il rimborso dell’importo pagato a titolo di bollo ambientale. È opportuno sottolineare che tale situazione non è dovuta a una valutazione nel merito a suo sfavore, dal momento che l’unica decisione sostanziale mai emessa sulla revocazione era, nel suo caso, favorevole. La sig.ra Călin è stata impossibilitata a beneficiare di detto accertamento a causa della (mancata) applicazione del termine per la proposizione della revocazione. Nel contempo, la presente causa dimostra anche che detto mezzo di ricorso lede significativamente i principi di certezza del diritto e di stabilità della legge e dei rapporti giuridici, la cui importanza è stata anch’essa chiaramente sancita nella giurisprudenza della Corte ( 53 ).

D.   Le alternative

97.

Si afferma spesso che la via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. La manifesta intenzione del legislatore nazionale di garantire un’applicazione efficace del diritto dell’Unione a livello nazionale non può che essere apprezzata. Tuttavia, è discutibile se i mezzi scelti per la realizzazione di tale obiettivo siano quelli ottimali. L’effettività del diritto dell’Unione difficilmente può essere realizzata attraverso interminabili contenziosi giudiziari caratterizzati da un’infinita serie di nuovi processi.

98.

Se il giudice nazionale, con la sua piena conoscenza del diritto e della procedura nazionali, giunge alla conclusione che la procedura di revocazione ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 non soddisfa il requisito di effettività come illustrato nella sezione precedente, allora la questione delle opzioni alternative per ottenere il rimborso di tributi e diritti riscossi in violazione del diritto dell’Unione si pone con rinnovata importanza. Nell’ottica di fornire assistenza al giudice del rinvio, desidero formulare le seguenti osservazioni conclusive.

99.

Può essere utile osservare fin da subito che, già qualche tempo fa, la giurisprudenza della Corte ha sancito l’obbligo di non riscuotere tasse come quella oggetto nel procedimento principale, con riferimento non solo alla Romania ( 54 ), ma anche ad altri Stati membri ( 55 ). Da questo punto di vista, la discussione se l’obbligo di rimborso della tassa in questione sia sorto dopo la decisione della Corte nella causa Manea o nella causa Budișan e da quale di dette due sentenze inizi a decorrere l’obbligo di revisione potrebbe essere considerata in una certa misura artificiosa.

100.

Ciò detto, desidero anche sottolineare che l’ordinamento giuridico dell’Unione prevede già mezzi di ricorso per l’eventualità che gli Stati membri non rispettino l’obbligo di astenersi dal riscuotere tali tributi, il che forse comporta di per sé un equilibrio più sottile tra il principio della certezza del diritto e il requisito di un’applicazione efficace del diritto dell’Unione.

101.

In primo luogo, esiste un obbligo generale, gravante sulle autorità amministrative, in particolare sulle autorità tributarie, quali autorità di uno Stato membro, di rimborsare i tributi indebitamente riscossi. Ritengo che una siffatta possibilità non dipenda necessariamente dall’esistenza di una decisione giurisdizionale nazionale di revisione o di annullamento di una prima decisione definitiva accertante l’obbligo di pagamento di tale imposta. Ovviamente, la legislazione nazionale può (in taluni casi, per determinate tipologie di pagamenti precedentemente riscossi) prevedere il rimborso senza richiedere che la decisione giudiziale con cui è stato inizialmente accertato l’obbligo di pagamento del tributo debba essere preventivamente annullata. Parimenti, il rispetto a livello amministrativo dell’obbligo di rimborso non presuppone necessariamente che le autorità amministrative riesaminino la decisione amministrativa originaria, nella misura in cui, ai sensi della legislazione nazionale, è possibile limitarsi ad adottare una nuova decisione amministrativa che riconosce il diritto al rimborso del tributo indebitamente riscosso.

102.

In secondo luogo, quand’anche il legislatore nazionale volesse negare a sé stesso il potere di decidere ab origine dei pagamenti mediante risorse pubbliche, il che parrebbe alquanto sorprendente, sarebbe in ogni caso ancora possibile riesaminare le decisioni amministrative originarie emanate nei singoli casi, in conformità delle condizioni previste dalla Corte nella sentenza Kühne & Heitz ( 56 ).

103.

In terzo luogo, a una persona nella posizione della sig.ra Călin è anche riconosciuta la possibilità di azionare un procedimento per responsabilità dello Stato nei confronti dello Stato membro che non ha proceduto al rimborso del tributo indebitamente riscosso.

104.

A tal riguardo, nell’ordinanza di rinvio il giudice afferma che, all’epoca dei fatti, la domanda di revocazione era l’unico mezzo di ricorso processuale a disposizione della sig.ra Călin. Tuttavia, nelle sue osservazioni scritte, il governo rumeno afferma, da parte sua, che la sig.ra Călin ha ancora la possibilità di far valere giudizialmente la responsabilità dello Stato.

105.

Di recente, la Corte ha ricordato che «il principio dell’autorità di cosa giudicata non osta al riconoscimento del principio della responsabilità dello Stato per la decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado (…) Infatti, poiché, di norma, quando una siffatta decisione viola i diritti riconosciuti dal diritto dell’Unione, tale violazione non può più costituire oggetto di riparazione, i singoli non possono essere privati della possibilità di far valere la responsabilità dello Stato al fine di ottenere con tale mezzo una tutela giuridica dei loro diritti» ( 57 ).

106.

È pertanto chiaro che un procedimento per responsabilità dello Stato non presuppone una decisione nazionale che annulli ufficialmente la precedente decisione giurisdizionale definitiva di diniego del rimborso del tributo indebitamente riscosso ( 58 ). Tuttavia, ciò che risulta un po’ meno chiaro è se il procedimento per responsabilità dello Stato sia ammesso solo laddove la decisione giurisdizionale di cui trattasi sia stata adottata da un giudice che si pronuncia in ultimo grado – vale a dire un giudice le cui decisioni non possono fare oggetto di impugnazione ordinaria ( 59 ).

107.

A mio giudizio, nel contesto dei procedimenti per responsabilità dello Stato, non vi è dubbio che la condizione secondo cui il giudice che avrebbe asseritamente violato il diritto dell’Unione deve essere quello chiamato a pronunciarsi in ultimo grado, è pienamente giustificata quando l’asserita violazione del diritto dell’Unione consiste in una violazione dell’obbligo di proporre una domanda di pronuncia pregiudiziale previsto a carico di tali giudici dall’articolo 267, terzo comma, TFUE ( 60 ).

108.

Ritengo tuttavia che resti aperta la questione se lo stesso requisito possa essere imposto in altri casi, in particolare in quelli in cui l’asserita violazione costituisce una violazione sufficientemente qualificata di una norma del diritto dell’Unione.

109.

Una lettura letterale della giurisprudenza della Corte potrebbe suggerire che un siffatto requisito sia imposto nei casi di responsabilità dello Stato per errori giudiziari. Tuttavia, è utile ricordare che dette affermazioni sono state compiute nell’ambito di casi che riguardavano un obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE ( 61 ). Così, l’asserita illegalità stessa (l’errore) consisteva, in parte ( 62 ), nel mancato rinvio alla Corte. Tuttavia, si può affermare anche che ciò escluderebbe automaticamente la responsabilità di altri giudici nazionali per violazioni del diritto dell’Unione di natura diversa (o indipendenti) dall’obbligo di rinvio? ( 63 )

110.

A mio parere, se la violazione del diritto dell’Unione non consiste, in tutto o in parte, nel mancato rinvio pregiudiziale da parte di un giudice tenuto a procedere in tal senso in conformità dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, ma nella violazione di una diversa disposizione di diritto dell’Unione, allora la natura dell’illecito non può imporre necessariamente l’esaurimento di tutti i mezzi nazionali di ricorso prima di poter proporre un ricorso per responsabilità dello Stato ( 64 ).

V. Conclusione

111.

Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione sollevata dalla Curtea de Apel Ploieşti (Corte d’appello di Ploieşti, Romania) nel seguente modo:

In circostanze come quelle oggetto della controversia di cui al procedimento principale, il requisito dell’equivalenza deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, secondo la quale il termine entro cui può essere proposta una domanda di revocazione di una sentenza definitiva lesiva del diritto dell’Unione è di un mese e decorre dalla data della notifica della sentenza definitiva sottoposta a revocazione. Per contro, il requisito dell’effettività e il primo paragrafo dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea possono ostare a un mezzo di ricorso che, pur interferendo considerevolmente con i principi di certezza del diritto e dell’autorità della cosa giudicata, non integra uno strumento efficace per conseguire gli obiettivi che esso cerca di raggiungere. Spetta al giudice del rinvio definire tali obiettivi e verificare se il mezzo di ricorso in esame nel procedimento principale soddisfi tali obiettivi.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Monitorul Oficial al României, parte I, n. 485 del 15 luglio 2010, e successive modifiche.

( 3 ) Monitorul Oficial al României, Parte I, n. 1154 del 7 dicembre 2004.

( 4 ) Monitorul Oficial al României, Parte I, n. 70 del 27 gennaio 2011.

( 5 ) Monitorul Oficial al României, Parte I, n. 916 del 22 dicembre 2011.

( 6 ) Monitorul Oficial al României, Parte I, n. 61 del 29 gennaio 2013.

( 7 ) Monitorul Oficial al României, Parte I, n. 386 del 23 maggio 2017.

( 8 ) Monitorul Oficial al României, Parte I, n. 119 del 4 marzo 2013.

( 9 ) V. supra, paragrafi 12 e 13.

( 10 ) Per un esempio recente, v. sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a. (C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 16).

( 11 ) Sentenza del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 13).

( 12 ) Supra, paragrafi da 7 a 13.

( 13 ) V., ad esempio, sentenza della Corte EDU del 13 febbraio 2003, Refah Partisi (The Welfare Party) e a. c. Turchia (CE:ECHR:2003:0213JUD004134098, § 57); del 9 luglio 2009, Mooren c. Germania (CE:ECHR:2009:0709JUD001136403, § 76); o del 21 ottobre 2013, Del Río Prada c. Spagna, (CE:ECHR:2013:1021JUD004275009, § 125).

( 14 ) Di recente, ad esempio, sentenza del 15 marzo 2017, Al Chodor (C‑528/15, EU:C:2017:213, punti da 42 a 44).

( 15 ) Benché si possa discutere in che misura il giudice nazionale fosse vincolato dalla decisione interpretativa della ICCJ nel pronunciarsi sulla seconda domanda di revocazione nel gennaio 2017, non vi è dubbio che detto stesso giudice è tenuto a rispettare tale decisione nell’esprimersi ora sulla terza domanda. A mio giudizio, lo stesso varrebbe oggi anche per tutti gli altri organi giurisdizionali rumeni.

( 16 ) Sentenza del 6 ottobre 2015 (C‑69/14, EU:C:2015:662).

( 17 ) Infatti, il principio di leale cooperazione sembra essere un principio generale di cui i requisiti di equivalenza e effettività sono espressioni più specifiche: v., in tal senso, sentenze del 27 giugno 2013, Agrokonsulting-04 (C‑93/12, EU:C:2013:432, punto 36); del 19 ottobre 2017, Raimund (C‑425/16, EU:C:2017:776, punto 41), e del 24 ottobre 2018, XC e a. (C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 22).

( 18 ) Sentenza del 6 ottobre 2015 (C‑69/14, EU:C:2015:662).

( 19 ) Vale a dire gli articoli 17, 20, 21 e 47 della Carta, l’articolo 6 TUE, l’articolo 110 TFUE e il principio della certezza del diritto.

( 20 ) Sentenza del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 41).

( 21 ) Sentenza del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punti 2425 e la giurisprudenza citata).

( 22 ) Sentenza del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punti 2627, nonché giurisprudenza ivi citata).

( 23 ) Sentenza del 1o giugno 1999, Eco Swiss (C‑126/97, EU:C:1999:269, punto 46).

( 24 ) Sentenze del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti (C‑213/13, EU:C:2014:2067, punto 54), e del 24 ottobre 2018, XC e a. (C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 21).

( 25 ) Sentenza del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punti 2829). V. anche sentenze del 30 settembre 2003, Köbler (C‑224/01, EU:C:2003:513, punto 38); del 16 marzo 2006, Kapferer (C‑234/04, EU:C:2006:178, punti 2021); e del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti (C‑213/13, EU:C:2014:2067, punti 5859).

( 26 ) Sentenze del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti (C‑213/13, EU:C:2014:2067, punto 60), e del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 38).

( 27 ) Sentenze del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti (C‑213/13, EU:C:2014:2067, punto 62), e del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 30).

( 28 ) Sentenza del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 32 e la giurisprudenza citata).

( 29 ) V., di recente, sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a. (C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 27).

( 30 ) In base alle osservazioni scritte del governo rumeno, conformemente all’articolo 28, paragrafo 1, della legge n. 554/2004, le disposizioni di detta legge sono integrate, in particolare, dalle norme del Codice di procedura civile. Osservo, inoltre, che il testo stesso dell’articolo 21, paragrafo 2, della legge n. 554/2004 prevede che il motivo di revocazione ivi previsto si applichi «in aggiunta a quelli previsti dal Codul de procedurâ civilâ (Codice di procedura civile)».

( 31 ) V. supra, paragrafo 7.

( 32 ) V. sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a. (C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 27).

( 33 ) Infra, paragrafi da 85 a 95.

( 34 ) Fermo restando che, almeno per me, resta aperta la questione se debba essere fatto riferimento a una sentenza della Corte (come, in pratica, richiede l’interpretazione dell’articolo 21, paragrafo 2, secondo periodo, della legge n. 554/2004 fornita dalla ICCJ) o se sia sufficiente invocare una violazione del primato del diritto dell’Unione come stabilito dall’articolo 148, paragrafo 2, della Costituzione rumena (come richiesto dal primo periodo di detta stessa disposizione). A prima vista, sembrerebbe che l’attivazione della procedura di revocazione ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, non sia circoscritta a una sentenza della Corte. Sulla base del suo primo periodo, potrebbero essere invocati anche altri motivi (quali la violazione di una direttiva o di un regolamento che non è stato ancora oggetto di interpretazione da parte della Corte ma con cui la decisione nazionale oggetto di revocazione è asseritamente incompatibile).

( 35 ) Supra, paragrafo 51, e anche infra, paragrafi da 80 a 83.

( 36 ) V., per analogia, sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a. (C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 46), relativa ad un’azione interna che consente il riesame di un procedimento penale chiuso mediante decisione passata in giudicato sulla base del successivo accertamento di una violazione della CEDU.

( 37 ) Sentenza del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 38). V. anche sentenza del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti (C‑213/13, EU:C:2014:2067, punto 60).

( 38 ) Sentenza del 13 gennaio 2004, Kühne & Heitz (C‑453/00, EU:C:2004:17, punto 28).

( 39 ) Sentenza del 18 luglio 2007, Lucchini (C‑119/05, EU:C:2007:434, punto 63).

( 40 ) Sentenze del 3 settembre 2009, Fallimento Olimpiclub (C‑2/08, EU:C:2009:506, punto 25), e del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti (C‑213/13, EU:C:2014:2067, punto 61).

( 41 ) Sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a. (C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 51).

( 42 ) Sentenze del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti (C‑213/13, EU:C:2014:2067, punto 62), e del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 30).

( 43 ) Sentenza del 30 settembre 2003, Köbler (C‑224/01, EU:C:2003:513, punto 38); del 16 marzo 2006, Kapferer (C‑234/04, EU:C:2006:178, punto 20); del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti (C‑213/13, EU:C:2014:2067, punto 58), o del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 28). Il corsivo è mio.

( 44 ) Supra, paragrafi 49, 50 e 80.

( 45 ) Occorre sottolineare che, in termini generali, una prima fase caratterizzata da una «misura autocorrettiva» è certamente possibile se, nel caso di una decisione negativa, tale causa sia rimessa a un’autorità giudiziaria diversa o quantomeno, a latere, a un giudice diverso. Tuttavia, se tutti gli elementi del procedimento precedente restano in pratica invariati, non si può che ripetere la battuta già utilizzata in un diverso contesto: «La follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi» [v. le mie conclusioni nella causa El Hassani (C‑403/16, EU:C:2017:659, paragrafo 66 e nota 17)].

( 46 ) V., ad esempio, sentenza del 12 febbraio 2008, Kempter (C‑2/06, EU:C:2008:78, punti 5859), o del 19 settembre 2006, i-21 Germany e Arcor (C‑392/04 e C‑422/04, EU:C:2006:586, punti 5859).

( 47 ) V. supra, paragrafo 8.

( 48 ) Supra, paragrafi 35 e 37.

( 49 ) V., in tal senso, anche l’ordinanza del 16 novembre 2010, Internationale Fruchtimport Gesellschaft Weichert/Commissione (C‑73/10 P, EU:C:2010:684, punto 56).

( 50 ) V. sentenza del 6 novembre 2012, Otis e a. (C‑199/11, EU:C:2012:684, punto 48).

( 51 ) Sentenza del 6 ottobre 2015, Orizzonte Salute (C‑61/14, EU:C:2015:655, punto 48).

( 52 ) Sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 54).

( 53 ) Sentenza del 30 settembre 2003, Köbler (C‑224/01, EU:C:2003:513, punto 38); del 16 marzo 2006, Kapferer (C‑234/04, EU:C:2006:178, punto 20); del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti (C‑213/13, EU:C:2014:2067, punto 58); o del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 28).

( 54 ) A decorrere dalla sentenza del 7 aprile 2011, Tatu (C‑402/09, EU:C:2011:219).

( 55 ) V., ad esempio, sentenza del 5 ottobre 2006, Nádasdi e Németh (C‑290/05 e C‑333/05, EU:C:2006:652) (relativa all’Ungheria), o del 18 gennaio 2007, Brzeziński (C‑313/05, EU:C:2007:33) (relativa alla Polonia).

( 56 ) Sentenza del 13 gennaio 2004 (C‑453/00, EU:C:2004:17, punto 28).

( 57 ) Sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a. (C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 58).

( 58 ) Né richiede una preliminare sentenza pregiudiziale della Corte con cui sia accertata, nello specifico caso, l’esistenza di una violazione del diritto dell’Unione: v. sentenze del 26 gennaio 2010, Transportes Urbanos y Servicios Generales (C‑118/08, EU:C:2010:39, punto 38).

( 59 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Tomášová (C‑168/15, EU:C:2016:260, paragrafi da 37 a 48), e sentenza del 28 luglio 2016, Tomášová (C‑168/15, EU:C:2016:602, punti 2021).

( 60 ) Sentenza del 30 settembre 2003, Köbler (C‑224/01, EU:C:2003:513, punti 3536).

( 61 ) V. sentenze del 30 settembre 2003, Köbler (C‑224/01, EU:C:2003:513); del 13 giugno 2006, Traghetti del Mediterraneo (C‑173/03, EU:C:2006:391), e del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 40)

( 62 ) Posto che, di norma, tale illegalità si accompagna a un’altra violazione delle pertinenti regole dell’Unione, suggerendo essenzialmente che il giudice nazionale, pervenendo a una determinata interpretazione del diritto dell’Unione omettendo nel contempo di compiere un rinvio pregiudiziale alla Corte pur essendo un giudice di ultimo grado, ha commesso una violazione (sufficientemente qualificata) del diritto dell’Unione.

( 63 ) Si potrebbe semplicemente osservare che numerosi sistemi nazionali di responsabilità dello Stato richiedono, in caso di inadempimento, che l’illegalità presenti un certo grado di gravità, senza imporre nel contempo, in termini generali, l’esaurimento di tutti i mezzi di ricorso giurisdizionali. Potrebbero esservi casi in cui, per un qualche motivo, non vi è esaurimento dei mezzi di ricorso, ma la violazione della legge è comunque sufficientemente qualificata da fondare la responsabilità dello Stato. Ad esempio, si potrebbe ipotizzare una decisione di un giudice di primo grado ottenuta con la frode o mediante corruzione e contro la quale la parte lesa non ha presentato impugnazione, non essendo, all’epoca, a conoscenza di tale circostanza. Tuttavia, se la suddetta parte viene successivamente a conoscenza della corruzione, forse anche dopo la scadenza del termine per richiedere un nuovo processo, ove tale decisione avesse anche violato il diritto dell’UE la responsabilità dello Stato dovrebbe ritenersi esclusa? Analogamente, cosa accade a una decisione amministrativa definitiva che non è stata impugnata dinanzi a un’autorità giudiziaria, ma che si basava su una normativa nazionale che è stata poi dichiarata incompatibile con il diritto dell’Unione? Alla parte che asserisce di aver patito un danno in ragione di tale decisione amministrativa è preclusa la possibilità di intentare un’azione per responsabilità dello Stato in virtù del fatto che essa non ha impugnato tale decisione dinanzi alle autorità giudiziaria se la decisione stessa era definitiva?

( 64 ) Restando ovviamente invariate tutte le condizioni per riconoscere la responsabilità dello Stato: v., ad esempio, sentenza del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punto 51), o del 30 settembre 2003, Köbler (C‑224/01, EU:C:2003:513, punto 51).