SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

25 luglio 2018 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati – Mutagenesi – Direttiva 2001/18/CE – Articoli 2 e 3 – Allegati I A e I B – Nozione di “organismo geneticamente modificato” – Tecniche o metodi di modificazione genetica utilizzati convenzionalmente e considerati sicuri – Nuove tecniche e nuovi metodi di mutagenesi – Rischi per la salute umana e l’ambiente – Margine discrezionale degli Stati membri in fase di trasposizione della direttiva – Direttiva 2002/53/CE – Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole – Varietà di piante rese resistenti agli erbicidi – Articolo 4 – Ammissione nel catalogo comune delle varietà geneticamente modificate ottenute mediante mutagenesi – Requisito in materia di tutela della salute umana e dell’ambiente – Esenzione»

Nella causa C‑528/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), con decisione del 3 ottobre 2016, pervenuta in cancelleria il 17 ottobre 2016, nel procedimento

Confédération paysanne,

Réseau Semences Paysannes,

Les Amis de la Terre France,

Collectif Vigilance OGM et Pesticides 16,

Vigilance OG2M,

CSFV 49,

OGM dangers,

Vigilance OGM 33,

Fédération Nature et Progrès

contro

Premier ministre,

Ministre de l’Agriculture, de l’Agroalimentaire et de la Forêt,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, L. Bay Larsen (relatore), T. von Danwitz, J. L. da Cruz Vilaça, E. Levits, C. G. Fernlund e C. Vajda presidenti di sezione, J.‑C. Bonichot, A. Arabadjiev, C. Toader, M. Safjan, E. Jarašiūnas, S. Rodin e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: V. Giacobbo-Peyronnel, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 ottobre 2017,

considerate le osservazioni presentate:

per la Confédération paysanne, il Réseau Semences Paysannes, Les Amis de la Terre France, il Collectif vigilance OGM et Pesticides 16, Vigilance OG2M, CSFV 49, OGM dangers, Vigilance OGM 33 e la Fédération Nature et Progrès, da G. Tumerelle, avocat;

per il governo francese, da D. Colas, J. Traband e S. Horrenberger, in qualità di agenti;

per il governo ellenico, da G. Kanellopoulos e A. Vasilopoulou, in qualità di agenti;

per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e M.A.M. de Ree, in qualità di agenti;

per il governo austriaco, da G. Eberhard, in qualità di agente;

per il governo svedese, da A. Falk, C. Meyer-Seitz, H. Shev, L. Swedenborg e F. Bergius, in qualità di agenti;

per il governo del Regno Unito, da G. Brown, R. Fadoju e J. Kraehling, in qualità di agenti, assistite da C. Banner, barrister;

per il Parlamento europeo, da A. Tamás, D. Warin e I. McDowell, in qualità di agenti;

per il Consiglio dell’Unione europea, da M. Moore e M. Alver, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da C. Valero, B. Eggers e I. Galindo Martín, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18 gennaio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione e la validità degli articoli 2 e 3, nonché degli allegati I A e I B, della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU 2001, L 106, pag. 1), nonché sull’interpretazione dell’articolo 4 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole (GU 2002, L 193, pag. 1), come modificata dal regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003 (GU 2003, L 268, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 2002/53»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Confédération paysanne, il Réseau Semences Paysannes, Les Amis de la Terre France, il Collectif Vigilance OGM et Pesticides 16, Vigilance OG2M, il CSFV 49, OGM dangers, Vigilance OGM 33 e la Fédération Nature et Progrès e, dall’altro, il Premier ministre (Primo ministro, Francia) e il Ministre de l’Agriculture, de l’Agroalimentaire et de la Forêt (Ministro dell’Agricoltura, dell’Agroalimentare e delle Foreste, Francia) in merito al rifiuto di abrogare la disposizione nazionale in base alla quale non si considera, in linea di principio, che gli organismi ottenuti attraverso mutagenesi comportino una modificazione genetica e al rifiuto di vietare la coltivazione e la commercializzazione di varietà di colza rese resistenti agli erbicidi, ottenute attraverso mutagenesi.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 2001/18

3

I considerando da 4 a 6, 8, 17, 44 e 55 della direttiva 2001/18 sono così formulati:

«(4)

Gli organismi viventi immessi nell’ambiente in grandi o piccole quantità per scopi sperimentali o come prodotti commerciali possono riprodursi e diffondersi oltre le frontiere nazionali, interessando così altri Stati membri; gli effetti di tali emissioni [sull’ambiente] possono essere irreversibili.

(5)

La tutela della salute umana e dell’ambiente richiede che venga prestata la debita attenzione al controllo di rischi derivanti dall’immissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (OGM).

(6)

In base al trattato, l’azione della Comunità per la tutela dell’ambiente dovrebbe essere basata sul principio dell’azione preventiva.

(…)

(8)

Nell’elaborazione della presente direttiva è stato tenuto conto del principio precauzionale e di esso va tenuto conto nell’attuazione della stessa.

(…)

(17)

La presente direttiva non concerne gli organismi ottenuti attraverso determinate tecniche di modificazione genetica utilizzate convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza.

(…)

(44)

Gli Stati membri dovrebbero potere adottare ulteriori misure per il monitoraggio e il controllo, nel rispetto del trattato, degli OGM immessi in commercio come tali o contenuti in prodotti, per esempio per mezzo di servizi ufficiali.

(…)

(55)

È importante seguire attentamente lo sviluppo e l’uso di OGM».

4

Ai sensi dell’articolo 1 di tale direttiva:

«Nel rispetto del principio precauzionale, la presente direttiva mira al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri e alla tutela della salute umana e dell’ambiente quando:

si emettono deliberatamente nell’ambiente organismi geneticamente modificati a scopo diverso dall’immissione in commercio all’interno della Comunità,

si immettono in commercio all’interno della Comunità organismi geneticamente modificati come tali o contenuti in prodotti».

5

L’articolo 2 della direttiva in parola così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(…)

2)

“organismo geneticamente modificato (OGM)”, un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione (…) naturale.

Ai fini della presente definizione:

a)

una modificazione genetica è ottenuta almeno mediante l’impiego delle tecniche elencate nell’allegato I A, parte 1;

b)

le tecniche elencate nell’allegato I A, parte 2 non sono considerate tecniche che hanno per effetto una modificazione genetica;

3)

“emissione deliberata”: qualsiasi introduzione intenzionale nell’ambiente di un OGM o una combinazione di OGM per la quale non vengono usate misure specifiche di confinamento, al fine di limitare il contatto con la popolazione e con l’ambiente e per garantire un livello elevato di sicurezza per questi ultimi;

(…)».

6

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva medesima prevede quanto segue:

«La presente direttiva non si applica agli organismi ottenuti con le tecniche di modificazione genetica di cui all’allegato I B».

7

L’articolo 4 della direttiva 2001/18 stabilisce gli obblighi generali imposti agli Stati membri. Il suo paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Gli Stati membri, nel rispetto del principio precauzionale, provvedono affinché siano adottate tutte le misure atte ad evitare effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente che potrebbero derivare dall’emissione deliberata o dall’immissione in commercio di OGM. Gli OGM possono essere deliberatamente emessi o immessi in commercio solo a norma, rispettivamente, della parte B o della parte C».

8

L’articolo 36 di tale direttiva così dispone:

«1.   La direttiva 90/220/CEE [del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (GU 1990, L 117, pag. 15)] è abrogata il 17 ottobre 2002.

2.   I riferimenti fatti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti seconda la tabella di correlazione contenuta nell’allegato VIII».

9

L’allegato I A alla direttiva 2001/18, intitolato «Tecniche di cui all’articolo 2, [punto] 2», così dispone:

«PARTE 1

Le tecniche di modificazione genetica di cui all’articolo 2, [punto] 2, lettera a), comprendono tra l’altro:

1)

tecniche di ricombinazione dell’acido [desossiribo]nucleico che comportano la formazione di nuove combinazioni di materiale genetico mediante inserimento (…) di molecole di acido nucleico (…)

2)

tecniche che comportano l’introduzione diretta in un organismo di materiale ereditabile preparato al suo esterno, (…)

3)

fusione cellulare (inclusa la fusione di protoplasti) o tecniche di ibridazione (…)

PARTE 2

Tecniche di cui all’articolo 2, [punto] 2, lettera b), che non si ritiene producano modificazioni genetiche, a condizione che non comportino l’impiego di molecole di acido nucleico ricombinante o di organismi geneticamente modificati prodotti con tecniche o metodi diversi da quelli esclusi dall’allegato I B:

1)

fecondazione in vitro;

2)

processi naturali, quali la coniugazione, la trasduzione e la trasformazione;

3)

induzione della poliploidia».

10

L’allegato I B a tale direttiva, intitolato «Tecniche di cui all’articolo 3», prevede quanto segue:

«Le tecniche o i metodi di modificazione genetica che implicano l’esclusione degli organismi dal campo di applicazione della presente direttiva, a condizione che non comportino l’impiego di molecole di acido nucleico ricombinante o di organismi geneticamente modificati diversi da quelli prodotti mediante una o più tecniche oppure uno o più metodi elencati qui di seguito sono:

1)

la mutagenesi;

(…)».

Direttiva 2002/53

11

L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2002/53 così dispone:

«1.   La presente direttiva riguarda l’ammissione delle varietà di barbabietole, di piante foraggere, di cereali, di patate, di piante oleaginose e da fibra in un catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole le cui sementi o i cui materiali di moltiplicazione possono essere commercializzati (…)

2.   Il catalogo comune delle varietà viene compilato in base ai cataloghi nazionali degli Stati membri».

12

L’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53 così dispone:

«Nel caso di una varietà geneticamente modificata ai sensi dell’articolo 2, [punti] 1 e 2, della direttiva 90/220/CEE, la varietà può essere ammessa solo se sono state adottate tutte le misure appropriate atte ad evitare effetti nocivi sulla salute umana e sull’ambiente».

13

L’articolo 7, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2002/53 prevede quanto segue:

«Nel caso di una varietà geneticamente modificata di cui all’articolo 4, paragrafo 4, deve essere effettuata una valutazione del rischio per l’ambiente analoga a quella prevista dalla direttiva 90/220/CEE».

14

L’articolo 9, paragrafo 5, della direttiva 2002/53 così dispone:

«Gli Stati membri vigilano affinché le varietà geneticamente modificate che sono state ammesse siano chiaramente indicate come tali nel catalogo delle varietà. Essi provvedono inoltre affinché chiunque commercializzi tali varietà indichi chiaramente nel proprio catalogo di vendita che si tratta di specie geneticamente modificate».

Diritto francese

15

L’articolo L. 531-1 del Code de l’environnement (codice dell’ambiente) definisce l’organismo geneticamente modificato un «organismo il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso dall’accoppiamento o dalla ricombinazione naturale».

16

L’articolo L. 531-2 di tale codice prevede quanto segue:

«Non sono soggetti alle disposizioni del presente titolo e degli articoli L. 125-3 e L. 515-13 gli organismi geneticamente modificati ottenuti con tecniche che, per il loro carattere naturale, non sono considerate come determinanti una modificazione genetica o quelle che sono state oggetto di una pratica tradizionale che non presenta comprovati inconvenienti per la sanità pubblica o l’ambiente.

L’elenco di tali tecniche è stabilito con decreto previo parere dell’Haut Conseil des biotechnologies [Consiglio superiore per le biotecnologie]».

17

Ai sensi dell’articolo L. 531-2-1 del citato codice:

«Gli organismi geneticamente modificati possono essere coltivati, commercializzati o impiegati solo nel rispetto dell’ambiente e della sanità pubblica, delle strutture agricole, degli ecosistemi locali e delle filiere di produzione e commerciali qualificate “prive di organismi geneticamente modificati”, in modo trasparente (…)

Le autorizzazioni riguardanti gli organismi geneticamente modificati possono essere rilasciate solo dopo una valutazione preliminare indipendente e trasparente dei rischi per l’ambiente e la sanità pubblica. (…)».

18

L’articolo D. 531-2 dello stesso codice così recita:

«Le tecniche indicate all’articolo L. 531-2, che non sono considerate tecniche che hanno per effetto una modificazione genetica, sono le seguenti:

(…)

A condizione che esse non comportino l’impiego di organismi geneticamente modificati in quanto organismi riceventi o parentali:

a)

la mutagenesi;

(…)».

19

L’articolo D. 531-3 del codice dell’ambiente prevede quanto segue:

«Le tecniche e le definizioni di cui agli articoli D. 531-1 e D. 531-2 sono interpretate e applicate in base all’evoluzione delle conoscenze scientifiche nel campo dell’ingegneria genetica, della genetica molecolare e della biologia cellulare».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

20

Con ricorso del 12 marzo 2015 i ricorrenti nel procedimento principale, un sindacato agricolo francese nonché otto associazioni che hanno ad oggetto la tutela dell’ambiente e la diffusione d’informazioni riguardanti i pericoli che gli OGM comportano, hanno chiesto al giudice del rinvio di annullare la decisione implicita di rigetto, da parte del Primo ministro, della loro domanda diretta, segnatamente, ad abrogare l’articolo D. 531-2 del codice dell’ambiente, che traspone la direttiva 2001/18, il quale esclude la mutagenesi dalla definizione delle tecniche che hanno per effetto una modifica genetica, ai sensi dell’articolo L. 531-1 di detto codice, e a vietare la coltivazione e la commercializzazione delle varietà di colza rese resistenti agli erbicidi, ottenute attraverso mutagenesi, nonché d’ingiungere al Primo ministro, a pena di sanzione pecuniaria, di adottare tutte le misure necessarie per attuare una moratoria sulle varietà di piante rese resistenti agli erbicidi ottenute attraverso mutagenesi.

21

I ricorrenti di cui al procedimento principale sostengono dinanzi al giudice del rinvio che le tecniche di mutagenesi si sono evolute e consentono ormai di produrre, così come le tecniche di transgenesi, varietà resistenti a un erbicida. Orbene, gli obblighi di cui alla direttiva 2001/18 non sarebbero applicabili a tali varietà, sebbene queste ultime presentino rischi per l’ambiente o la salute derivanti segnatamente dalla disseminazione del materiale genetico di dette varietà che provoca la comparsa di erbe infestanti che hanno acquisito il gene resistente all’erbicida, dalla necessità conseguente di aumentare le quantità e di variare i tipi di erbicida utilizzati nonché dall’inquinamento dell’ambiente che ne risulta, o ancora dagli effetti involontari quali mutazioni indesiderate o fuori bersaglio su altre parti del genoma nonché dall’accumulo di molecole cancerogene o di interferenti endocrini in piante coltivate e destinate all’alimentazione umana o animale.

22

Secondo il Primo ministro nonché il Ministro dell’Agricoltura, dell’Agroalimentare e delle Foreste, tale ricorso deve essere respinto in quanto i motivi dedotti dai ricorrenti di cui al procedimento principale sono infondati. Infatti, i rischi asseriti deriverebbero non dai proprietari della pianta ottenuta grazie alle modificazioni genetiche, ma dalle pratiche di coltivazione degli agricoltori. Inoltre, le mutazioni ottenute attraverso le nuove tecniche di mutagenesi sito-diretta sarebbero simili alle mutazioni spontanee o indotte in modo casuale e le mutazioni involontarie potrebbero essere eliminate al momento della selezione varietale, mediante tecniche d’incrocio.

23

Secondo il giudice del rinvio i metodi di mutagenesi tradizionale in vivo sono stati utilizzati per diversi decenni senza generare rischi accertati per l’ambiente o la salute. Invece, a partire dall’adozione della direttiva 2001/18, nuove varietà, segnatamente quelle resistenti agli erbicidi, sarebbero state ottenute grazie a tecniche di mutagenesi casuale applicate in vitro a cellule vegetali nonché alle tecniche o ai metodi di mutagenesi sito-diretta che attuano nuove tecniche di ingegneria genetica, quali la mutagenesi diretta mediante oligonucleotide o la mutagenesi tramite nucleasi sito-diretta. Orbene, risulterebbe impossibile determinare con certezza l’esistenza e la rilevanza dei rischi che tali nuove varietà resistenti a un erbicida comportano per l’ambiente e la salute umana e animale poiché, ad oggi, le uniche valutazioni dei rischi sono state realizzate nell’ambito della procedura di autorizzazione all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari ai quali tali varietà sono state rese resistenti.

24

Il giudice del rinvio ritiene che tali rischi siano in parte simili a quelli che potrebbero risultare da sementi prodotte mediante transgenesi. Infatti, poiché si tratta segnatamente delle mutazioni ottenute mediante le nuove tecniche di mutagenesi sito-diretta, la modifica diretta del genoma che esse comportano genererebbe gli stessi effetti dell’introduzione di un gene estraneo, propria alla transgenesi. Inoltre, giacché lo sviluppo di nuove tecniche di mutagenesi consente un’accelerazione delle modificazioni del patrimonio genetico incomparabile rispetto alle modificazioni che possono intervenire naturalmente o casualmente, si moltiplicherebbero le probabilità che si verifichino danni derivanti da modificazioni involontarie del genoma o delle proprietà della pianta così ottenuta.

25

In tali circostanze, il Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se gli organismi ottenuti per mutagenesi costituiscano [OGM] ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2001/18, benché siano esentati in forza dell’articolo 3, e dell’allegato I B, d[i tale] direttiva dagli obblighi imposti ai fini dell’emissione e dell’immissione sul mercato di [OGM]. In particolare, se le tecniche di mutagenesi, segnatamente le nuove tecniche di mutagenesi sito diretta che applicano processi d’ingegneria genetica, possano considerarsi annoverate tra le tecniche elencate nell’allegato I A, cui rinvia l’articolo 2. Di conseguenza, se gli articoli 2 e 3, e gli allegati I A e I B, della direttiva [2001/18] debbano essere interpretati nel senso che esentano dalle misure precauzionali, di valutazione del rischio e di tracciabilità tutti gli organismi e le sementi geneticamente modificati ottenuti per mutagenesi, o soltanto gli organismi ottenuti con i metodi tradizionali di mutagenesi casuale mediante radiazioni ionizzanti o esposizione ad agenti chimici mutageni esistenti precedentemente all’adozione di tali norme.

2)

Se le varietà ottenute per mutagenesi costituiscano varietà geneticamente modificate ai sensi dell’articolo 4 della direttiva [2002/53], che non sarebbero esentate dagli obblighi previsti da tale direttiva. Ovvero se, al contrario, l’ambito di applicazione della direttiva in parola sia identico a quello [degli] articoli 2 e 3, e dell’allegato I B, della direttiva [2001/18] e comporti parimenti la deroga delle varietà ottenute per mutagenesi dagli obblighi previsti dalla direttiva [2002/53] ai fini dell’iscrizione di varietà geneticamente modificate nel catalogo comune delle specie di piante agricole.

3)

Se gli articoli 2 e 3, e l’allegato I B, della direttiva [2001/18] sull’emissione deliberata nell’ambiente di [OGM], poiché escludono la mutagenesi dall’ambito di applicazione degli obblighi previsti da [tale] direttiva, costituiscano una misura di armonizzazione completa, che vieta agli Stati membri di assoggettare gli organismi ottenuti per mutagenesi al rispetto totale o parziale degli obblighi previsti da [tale] direttiva o a qualsivoglia altro obbligo, o se gli Stati membri dispongano, in sede di trasposizione di tali articoli, di un margine di discrezionalità rispetto alla definizione del regime applicabile agli organismi ottenuti per mutagenesi.

4)

Se la validità degli articoli 2 e 3, e degli allegati I A e I B, della direttiva [2001/18] rispetto al principio di precauzione garantito dall’articolo [191, paragrafo 2], TFUE, in quanto tali disposizioni non assoggetterebbero gli [OGM] ottenuti per mutagenesi a misure precauzionali, di valutazione del rischio e di tracciabilità, possa essere messa in discussione tenendo conto dell’evoluzione dei processi dell’ingegneria genetica, della comparsa di nuove varietà di piante ottenute grazie a tali tecniche e delle attuali incertezze scientifiche sul loro impatto e sui potenziali rischi che possono derivarne per l’ambiente e la salute umana e animale».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

26

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza, innanzitutto, se l’articolo 2, punto 2, della direttiva 2001/18, debba essere interpretato nel senso che gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi costituiscono OGM, ai sensi di tale disposizione. Tale giudice chiede poi se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a tale direttiva e alla luce del considerando 17 di quest’ultima, debba essere interpretato nel senso che organismi siffatti sono esclusi dall’ambito di applicazione di questa stessa direttiva solo se sono stati ottenuti per mezzo di tecniche di mutagenesi utilizzate convenzionalmente in varie applicazioni, con una lunga tradizione di sicurezza.

Sulla qualifica di «OGM» degli organismi ottenuti attraverso mutagenesi

27

L’articolo 2, punto 2, della direttiva 2001/18 definisce un OGM come un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione naturale.

28

Tenuto conto delle informazioni fornite dal giudice del rinvio, si deve ritenere che, da un lato, le mutazioni provocate dalle tecniche o dai metodi di mutagenesi quali quelli di cui al procedimento principale, la cui attuazione è diretta a produrre varietà di specie vegetali resistenti a un erbicida, costituiscano modifiche arrecate al materiale genetico di un organismo, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, di tale direttiva.

29

Dall’altro lato, dal momento che, come emerge dalla decisione di rinvio, dette tecniche o detti metodi implicano, per alcuni di essi, il ricorso ad agenti mutageni chimici o fisici e, per altri, il ricorso all’ingegneria genetica, tali medesimi metodi o tecniche modificano il materiale genetico di un organismo secondo modalità non realizzate naturalmente, ai sensi della disposizione in parola.

30

Ne consegue che gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi devono essere considerati come OGM ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2001/18.

31

Tale interpretazione è rafforzata dall’impianto sistematico di tale direttiva, il quale fa parte degli elementi che devono essere presi in considerazione ai fini della sua interpretazione.

32

Infatti, si deve rilevare che la definizione di un OGM contenuta all’articolo 2, punto 2, di tale direttiva è esplicitata da una distinzione tra le tecniche il cui utilizzo comporta una modifica genetica e le tecniche che non sono considerate tali da comportare una siffatta modifica genetica.

33

A tal riguardo, l’articolo 2, punto 2, lettera a), della direttiva 2001/18 precisa che, ai fini della definizione di OGM, una modificazione genetica è ottenuta almeno mediante l’impiego delle tecniche elencate nell’allegato I A, parte 1, a tale direttiva.

34

Orbene, benché tale allegato I A, parte 1, della direttiva in parola non riguardi esplicitamente le tecniche o i metodi di mutagenesi, questa circostanza non è tale da escludere che gli organismi ottenuti mediante tali tecniche o metodi rientrino nella definizione di OGM di cui all’articolo 2, punto 2, di questa medesima direttiva.

35

Infatti, occorre rilevare che, da un lato, come emerge dall’espressione «tra l’altro» inclusa nel primo periodo della parte 1 dell’allegato I A alla direttiva 2001/18, l’elenco delle tecniche di modificazione genetica contenute in tale parte non è tassativo. Di conseguenza, non si può ritenere che tale elenco escluda altre tecniche di modificazione genetica rispetto a quelle che sono ivi esplicitamente considerate.

36

Dall’altro, occorre rilevare che il legislatore dell’Unione europea non ha incluso la mutagenesi nell’elenco tassativo delle tecniche che non comportano modificazioni genetiche, di cui all’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2001/18, in combinato disposto con la parte 2 dell’allegato I A a quest’ultima.

37

Al contrario, la mutagenesi è espressamente citata, nell’allegato I B a tale direttiva, tra le tecniche e i metodi di «modificazione genetica» ai quali fa riferimento l’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, relativo agli organismi che devono essere esclusi dall’ambito di applicazione di quest’ultima.

38

Tenuto conto degli elementi che precedono, l’articolo 2, punto 2, della direttiva 2001/18 deve essere interpretato nel senso che gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi costituiscono OGM ai sensi di tale disposizione.

Sull’esclusione di determinate tecniche o di determinati metodi di mutagenesi dall’ambito di applicazione della direttiva 2001/18

39

Dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, relativo alle deroghe, emerge che quest’ultima non si applica agli organismi ottenuti mediante le tecniche di modificazione genetica di cui all’allegato I B a tale direttiva.

40

A tal riguardo, l’allegato I B elenca le tecniche o i metodi di modificazione genetica che producono organismi i quali, a condizione di non comportare l’impiego di molecole di acido nucleico ricombinante o di OGM diversi da quelli prodotti mediante una o più tecniche oppure uno o più metodi elencati nell’allegato in parola, devono essere esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva di cui trattasi. Tra tali tecniche e metodi, il punto 1 del medesimo allegato menziona la mutagenesi.

41

Innanzitutto, occorre sottolineare che, in quanto disposizione che deroga al requisito di sottoporre OGM agli obblighi previsti dalla direttiva 2001/18, l’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, alla stessa, deve essere oggetto di interpretazione restrittiva [v., per analogia, sentenza del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 189 e giurisprudenza ivi citata].

42

Inoltre, ai fini dell’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi della normativa di cui essa fa parte (sentenza del 27 aprile 2017, Pinckernelle, C‑535/15, EU:C:2017:315, punto 31).

43

Per quanto riguarda, innanzitutto, la formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a quest’ultima, occorre rilevare che tale punto, facendo riferimento, in modo generale, alla mutagenesi, non fornisce, di per sé, indicazioni decisive in merito ai tipi di tecniche o metodi che il legislatore dell’Unione abbia inteso precisamente escludere dall’ambito di applicazione della direttiva in parola.

44

Per quanto riguarda poi il contesto in cui si colloca tale esclusione, si deve rilevare che, al considerando 17 della direttiva 2001/18, il legislatore dell’Unione ha precisato le condizioni alle quali taluni OGM dovrebbero essere esclusi dall’ambito di applicazione di tale direttiva.

45

Tale considerando 17 enuncia che la direttiva 2001/18 non concerne gli organismi ottenuti attraverso determinate tecniche di modificazione genetica utilizzate convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza.

46

Di conseguenza, la portata della deroga di cui all’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a quest’ultima, deve essere determinata alla luce delle precisazioni così apportate dal legislatore dell’Unione.

47

A tal riguardo, occorre sottolineare che il giudice del rinvio è chiamato a pronunciarsi, in particolare, su tecniche e metodi di mutagenesi sito‑diretta implicanti il ricorso all’ingegneria genetica, che sono emersi o si sono principalmente sviluppati dopo l’adozione della direttiva 2001/18 e i cui rischi per l’ambiente o per la salute umana non possono ad oggi essere dimostrati con certezza.

48

Orbene, come sottolinea in sostanza il giudice del rinvio, i rischi legati all’impiego di tali nuove tecniche o nuovi metodi di mutagenesi potrebbero essere simili a quelli risultanti dalla produzione e dalla diffusione di OGM tramite transgenesi. Pertanto, dagli elementi di cui dispone la Corte emerge che, da un lato, la modifica diretta del materiale genetico di un organismo tramite mutagenesi consente di ottenere i medesimi effetti dell’introduzione di un gene estraneo in detto organismo e, dall’altro, che lo sviluppo di tali nuove tecniche o nuovi metodi consente di produrre varietà geneticamente modificate a un ritmo e in quantità non paragonabili a quelli risultanti dall’applicazione di metodi tradizionali di mutagenesi casuale.

49

Inoltre, come precisato dal considerando 4 della direttiva 2001/18, gli organismi viventi immessi nell’ambiente, in grandi o piccole quantità, per scopi sperimentali o come prodotti commerciali, possono riprodursi nell’ambiente e diffondersi oltre le frontiere nazionali, interessando così altri Stati membri. Gli effetti di tali emissioni sull’ambiente possono essere irreversibili. Parimenti, il considerando 5 di tale direttiva sottolinea che la tutela della salute umana e dell’ambiente richiede che venga prestata la debita attenzione al controllo dei rischi derivanti da una siffatta immissione.

50

Si è peraltro sottolineato, al considerando 8 della direttiva in parola, che il principio di precauzione è stato preso in considerazione nell’elaborazione di quest’ultima e di esso va tenuto conto altresì nell’attuazione della stessa. L’accento è stato posto, inoltre, al considerando 55 della direttiva 2001/18, sulla necessità di seguire attentamente lo sviluppo e l’uso degli OGM.

51

In tali circostanze, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a quest’ultima, non può essere interpretato nel senso di escludere dall’ambito di applicazione di tale direttiva organismi ottenuti mediante nuove tecniche o nuovi metodi di mutagenesi, che sono emersi o si sono principalmente sviluppati dopo l’adozione della direttiva in parola. Infatti, un’interpretazione del genere porterebbe a disconoscere l’intenzione del legislatore dell’Unione, riflessa nel considerando 17 di tale direttiva, di escludere dal suo ambito di applicazione solo organismi ottenuti tramite tecniche o metodi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza

52

Tale conclusione è rafforzata dall’obiettivo della direttiva 2001/18 che, come emerge dall’articolo 1 di quest’ultima, mira, conformemente al principio di precauzione, alla tutela della salute umana e dell’ambiente, da un lato, quando si immettono deliberatamente nell’ambiente OGM per uno scopo diverso dall’immissione in commercio all’interno dell’Unione e, dall’altro, quando si immettono in commercio all’interno dell’Unione OGM come prodotti o all’interno di prodotti.

53

Infatti, come previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2001/18 spetta agli Stati membri, nel rispetto del principio di precauzione, provvedere affinché siano adottate tutte le misure atte ad evitare effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente che potrebbero derivare dall’emissione deliberata o dall’immissione in commercio di OGM. Ciò implica in particolare che una siffatta emissione deliberata o immissione sul mercato può avvenire solo al termine di procedure di valutazione dei rischi individuate rispettivamente nella parte B e nella parte C di tale direttiva. Orbene, com’è stato indicato al punto 48 della presente sentenza, i rischi per l’ambiente o la salute umana legati all’impiego di nuove tecniche o nuovi metodi di mutagenesi, ai quali fa riferimento il giudice del rinvio, potrebbero essere simili a quelli risultanti dalla produzione e dalla diffusione di OGM tramite transgenesi. Ne consegue che un’interpretazione della deroga contenuta all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a quest’ultima, che escludesse dall’ambito di applicazione di tale direttiva gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi, senza alcuna distinzione, pregiudicherebbe l’obiettivo di tutela perseguito dalla direttiva in parola e violerebbe il principio di precauzione che essa mira ad attuare.

54

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando quanto segue:

l’articolo 2, punto 2, della direttiva 2001/18 deve essere interpretato nel senso che gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi costituiscono OGM ai sensi di tale disposizione, e

l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a tale direttiva e alla luce del considerando 17 di quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che sono esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva in parola solo gli organismi ottenuti con tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza.

Sulla seconda questione

55

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53 debba essere interpretato nel senso che sono esentate dagli obblighi previsti da tale disposizione le varietà ottenute mediante tecniche o metodi di mutagenesi.

56

A tal riguardo, occorre rammentare che la direttiva 2002/53 riguarda, come emerge dal suo articolo 1, paragrafo 1, l’ammissione di varietà di determinate specie agricole in un catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole le cui sementi o i cui materiali di moltiplicazione possono essere commercializzati; tale catalogo comune è compilato, conformemente al paragrafo 2 di detto articolo, in base ai cataloghi nazionali degli Stati membri.

57

L’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53 stabilisce che, nel caso in cui si tratti di una varietà geneticamente modificata ai sensi dell’articolo 2, punti 1 e 2, della direttiva 90/220, tale varietà può essere ammessa solo se sono state adottate tutte le misure appropriate atte ad evitare effetti nocivi sulla salute umana e sull’ambiente.

58

Per quanto riguarda, in primo luogo, la portata della nozione di «varietà geneticamente modificata», di cui all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53, occorre rilevare che tale disposizione, senza fare riferimento esplicito alle varietà ottenute mediante tecniche o metodi di mutagenesi, rinvia alle definizioni di cui all’articolo 2, punti 1 e 2, della direttiva 90/220.

59

A tal riguardo, come precisato dall’articolo 36 della direttiva 2001/18, poiché la direttiva 90/220 è stata abrogata, i riferimenti a quest’ultima direttiva devono essere intesi come se fossero fatti alla direttiva 2001/18. Pertanto, secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato VIII a tale direttiva, il riferimento contenuto all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53 deve essere inteso nel senso che riguarda l’articolo 2, punti 1 e 2, della direttiva 2001/18.

60

Come constatato al punto 30 della presente sentenza, si deve ritenere che gli organismi prodotti con tecniche o metodi di mutagenesi come quelli di cui al procedimento principale rientrino nella nozione di OGM contenuta nell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2001/18. Di conseguenza, le varietà ottenute mediante tecniche o metodi di mutagenesi, come quelli a cui fa riferimento il giudice del rinvio, devono altresì essere ritenuti rientranti nella nozione di «varietà geneticamente modificate», di cui all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53.

61

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la questione se determinate varietà geneticamente modificante non rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53, occorre certamente constatare che tale disposizione non rinvia esplicitamente alla deroga di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a quest’ultima.

62

Tuttavia, si deve rilevare che l’articolo 7, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2002/53 prevede che, nel caso di una varietà geneticamente modificata di cui all’articolo 4, paragrafo 4, di tale direttiva, si deve effettuare una valutazione del rischio per l’ambiente analoga a quella prevista dalla direttiva 90/220 e, conformemente a quanto rammentato al punto 59 della presente sentenza, tale ultimo riferimento deve essere inteso nel senso che esso riguarda la direttiva 2001/18.

63

La Corte ha peraltro giudicato a tal riguardo, al punto 63 della sentenza del 16 luglio 2009, Commissione/Polonia (C‑165/08, EU:C:2009:473), che, qualora una varietà geneticamente modificata benefici di un’autorizzazione concessa ai sensi delle disposizioni della direttiva 2001/18, si suppone che tutte le misure appropriate riguardanti tale varietà siano state adottate per evitare i rischi per la salute umana, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53.

64

Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 161 delle sue conclusioni, sarebbe incoerente imporre alle varietà geneticamente modificate ai sensi della direttiva 2002/53 obblighi in materia di valutazione dei rischi per la salute e per l’ambiente, dai quali la direttiva 2001/18 le esenta esplicitamente.

65

Di conseguenza, il riferimento alla nozione di OGM di cui all’articolo 2, punto 2, della direttiva 2001/18 contenuto all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53, al fine di stabilire se una varietà sia geneticamente modificata, deve essere interpretato nel senso che esso comprende la deroga relativa agli organismi ottenuti tramite mutagenesi, di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a quest’ultima.

66

A tal riguardo, occorre rammentare che, come si è stabilito al punto 54 della presente sentenza, la deroga contenuta all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18 riguarda solo gli organismi ottenuti con tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza.

67

Ne consegue che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53, e degli obblighi in materia di tutela della salute e dell’ambiente che tale disposizione impone ai fini dell’ammissione delle varietà nel catalogo comune, le varietà geneticamente modificate ottenute mediante tecniche o metodi di mutagenesi come quelli di cui al procedimento principale, fatta eccezione per le varietà ottenute con tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza.

68

Tenuto conto di tutto quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53 deve essere interpretato nel senso che sono esentate dagli obblighi previsti da tale disposizione le varietà geneticamente modificate ottenute con tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza.

Sulla terza questione

69

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a quest’ultima, debba essere interpretato nel senso che esso ha come effetto di privare gli Stati membri della facoltà di assoggettare agli obblighi previsti dalla direttiva in parola, o ad altri obblighi, organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi esclusi dall’ambito di applicazione di detta direttiva.

Sulla ricevibilità

70

In via preliminare, la Commissione europea si interroga sulla ricevibilità della terza questione dal momento che, nell’ambito del procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio, i ricorrenti di cui al procedimento principale contestano la legittimità della disposizione nazionale di cui al procedimento principale, nel caso di specie l’articolo D. 531-2 del codice dell’ambiente, non in quanto tale disposizione assoggetterebbe gli organismi ottenuti tramite mutagenesi a obblighi non previsti dalla direttiva 2001/18, ma in quanto la disposizione in parola esenta tali organismi dal quadro normativo previsto dalle misure nazionali di trasposizione della direttiva di cui trattasi.

71

Secondo la Commissione, nei limiti in cui la direttiva 2001/18 esclude dal suo ambito di applicazione gli organismi ottenuti tramite mutagenesi, essa non vieta agli Stati membri di adottare misure che disciplinino tali organismi, purché siano rispettate altre norme derivanti dal diritto dell’Unione quali, segnatamente, quelle relative alla libera circolazione delle merci. Di conseguenza, la questione se gli Stati membri possano adottare misure che disciplinano detti organismi avrebbe carattere teorico.

72

A tal proposito, si deve anzitutto rammentare che, in forza di una giurisprudenza costante della Corte, nell’ambito del procedimento ex articolo 267 TFUE, spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità della futura pronuncia giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a pronunciarsi [sentenza del 22 febbraio 2018, Kubota (UK) e EP Barrus, C‑545/16, EU:C:2018:101, punto 18 e giurisprudenza ivi citata].

73

Infatti, nell’ambito della procedura di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, istituita dall’articolo 267 TFUE, le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. La Corte può rifiutarsi di statuire su una questione pregiudiziale sottoposta da un giudice nazionale, ai sensi di detto articolo, soltanto qualora, segnatamente, non siano rispettati i requisiti relativi al contenuto della domanda di pronuncia pregiudiziale riportati all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, o appaia in modo manifesto che l’interpretazione di una norma dell’Unione o il giudizio sulla sua validità chiesti da tale giudice non hanno alcuna relazione con la realtà materiale o con l’oggetto del procedimento principale, o qualora il problema sia di natura teorica [sentenza del 22 febbraio 2018, Kubota (UK) e EP Barrus, C‑545/16, EU:C:2018:101, punto 19 e giurisprudenza ivi citata].

74

Nel caso di specie, così come precisato dal giudice del rinvio, l’esame del ricorso presentato dai ricorrenti nel procedimento principale presuppone di determinare il margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri in sede di trasposizione della direttiva 2001/18, e ciò, al fine di stabilire se, nel caso di specie, le autorità francesi disponessero o meno, per quanto riguarda gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi esclusi dall’ambito di applicazione di tale direttiva, della facoltà di assoggettare siffatti organismi agli obblighi derivanti dalla direttiva in parola o ad altri obblighi.

75

Dalla decisione di rinvio emerge, infatti, che tale ricorso mira, in sostanza, a ingiungere alle autorità francesi di assoggettare alle disposizioni del codice dell’ambiente vertenti sugli OGM varietà di piante rese resistenti a un erbicida per mutagenesi, indipendentemente dalla tecnica o dal metodo di mutagenesi utilizzato.

76

Ne consegue che la terza questione pregiudiziale non è di natura teorica e deve, di conseguenza, essere ritenuta ricevibile.

Nel merito

77

Come stabilito al punto 54 della presente sentenza, gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi che non sono stati utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/18 e sono, pertanto, assoggettati agli obblighi che ne discendono.

78

Non rientrano, invece, nell’ambito di applicazione della direttiva in parola, ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 1, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a quest’ultima, gli organismi ottenuti attraverso tecniche o metodi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza.

79

Di conseguenza, e nei limiti in cui il legislatore dell’Unione non ha disciplinato tali ultimi organismi, gli Stati membri sono liberi di definirne il regime giuridico assoggettandoli, nel rispetto del diritto dell’Unione, in particolare delle norme relative alla libera circolazione delle merci sancite dagli articoli da 34 TFUE a 36 TFUE, agli obblighi di cui alla direttiva 2001/18 o ad altri obblighi.

80

Infatti, il legislatore dell’Unione ha escluso questi stessi organismi dall’ambito di applicazione di tale direttiva senza precisare, in alcun modo, il regime giuridico al quale possono essere assoggettati. In particolare, dalla direttiva in parola non emerge che la circostanza che gli organismi ottenuti attraverso tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni, con una lunga tradizione di sicurezza, siano esclusi da tale ambito di applicazione implichi che gli interessati potrebbero liberamente disseminarli nell’ambiente in modo deliberato o immettere sul mercato, all’interno dell’Unione, siffatti organismi in quanto prodotti o componenti di prodotti.

81

Pertanto, la deroga di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a quest’ultima, non può essere interpretata nel senso di impedire agli Stati membri di legiferare in tale settore.

82

In tali circostanze, si deve rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a quest’ultima, nei limiti in cui esclude dall’ambito di applicazione di tale direttiva gli organismi ottenuti con tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza, deve essere interpretato nel senso che esso non ha come effetto quello di privare gli Stati membri della facoltà di assoggettare siffatti organismi, nel rispetto del diritto dell’Unione, in particolare delle norme relative alla libera circolazione delle merci sancite dagli articoli da 34 TFUE a 36 TFUE, agli obblighi previsti dalla direttiva in parola, o ad altri obblighi.

Sulla quarta questione

83

Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio s’interroga, in sostanza, sulla validità, alla luce del principio di precauzione, quale garantito dall’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, dell’articolo 2 della direttiva 2001/18 e dell’articolo 3 di quest’ultima, in combinato disposto con l’allegato I B a tale direttiva.

84

A tal riguardo, occorre rilevare che, così come emerge dalla decisione di rinvio, una risposta a tale questione sarebbe necessaria solo nel caso in cui la Corte interpretasse l’articolo 2 della direttiva 2001/18 e l’articolo 3 di quest’ultima, in combinato disposto con l’allegato I B a tale direttiva, nel senso di escludere dall’ambito di applicazione della direttiva in parola tutti gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi, indipendentemente dalla tecnica utilizzata. Orbene, ciò non avviene una volta che, così come emerge dalla risposta alla prima questione, gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi che non sono stati utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza sono assoggettati, come altri OGM rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva in parola, agli obblighi da essa previsti.

85

In tali circostanze, non occorre rispondere alla quarta questione.

Sulle spese

86

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 2, punto 2, della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi costituiscono organismi geneticamente modificati ai sensi di tale disposizione.

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a tale direttiva e alla luce del considerando 17 di quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che sono esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva in parola solo gli organismi ottenuti con tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza.

 

2)

L’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, come modificata dal regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, deve essere interpretato nel senso che sono esentate dagli obblighi previsti da tale disposizione le varietà geneticamente modificate ottenute con tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza.

 

3)

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a quest’ultima, nei limiti in cui esclude dall’ambito di applicazione di tale direttiva gli organismi ottenuti con tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza, deve essere interpretato nel senso che esso non ha come effetto quello di privare gli Stati membri della facoltà di assoggettare siffatti organismi, nel rispetto del diritto dell’Unione, in particolare delle norme relative alla libera circolazione delle merci sancite dagli articoli da 34 TFUE a 36 TFUE, agli obblighi previsti dalla direttiva in parola, o ad altri obblighi.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.