SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

21 settembre 2017 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Licenziamenti collettivi – Direttiva 98/59/CE – Articolo 1, paragrafo 1, e articolo 2 – Nozione di “licenziamento” – Assimilazione ai licenziamenti delle “cessazioni del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro” – Modifica unilaterale, da parte del datore di lavoro, delle condizioni di lavoro e salariali – Determinazione dell’“intenzione” del datore di lavoro di procedere a licenziamenti»

Nella causa C‑429/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sąd Okręgowy w Łodzi, VII Wydział Pracy i Ubezpieczeń Społecznych (tribunale regionale di Łódź, VII sezione lavoro e previdenza sociale, Polonia), con decisione del 30 giugno 2016, pervenuta in cancelleria il 2 agosto 2016, nel procedimento

Małgorzata Ciupa,

Jolanta Deszczka,

Ewa Kowalska,

Anna Stańczyk,

Marta Krzesińska,

Marzena Musielak,

Halina Kaźmierska,

Joanna Siedlecka,

Szymon Wiaderek,

Izabela Grzegora

contro

II Szpital Miejski im. L. Rydygiera w Łodzi obecnie Szpital Ginekologiczno-Położniczy im dr L. Rydygiera sp. z o.o. w Łodzi,

LA CORTE (Decima Sezione),

composta da M. Berger, presidente di sezione, A. Borg Barthet e F. Biltgen (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: A.Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per il II Szpital Miejski im. L. Rydygiera w Łodzi obecnie Szpital Ginekologiczno-Położniczy im dr L. Rydygiera sp. z o.o. w Łodzi, da B. Marchel, radca prawny;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da A. Stobiecka-Kuik, L. Baumgart e M. Kellerbauer, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, e dell’articolo 2 della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU 1998, L 225, pag. 16).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Małgorzata Ciupa e a. e il loro datore di lavoro, il II Szpital Miejski im. L. Rydygiera w Łodzi obecnie Szpital Ginekologiczno-Położniczy im. dr L. Rydygiera sp. z o.o. w Łodzi (ospedale comunale n. 2 L. Rydygier di Łódź, attualmente ospedale di ginecologia e ostetricia dottor L. Rydygier di Łódź, Polonia; in prosieguo: l’«ospedale di Łódź»), vertente sulla decisione dell’ospedale di Łódź di notificare ai lavoratori avvisi di modifica delle condizioni di lavoro, che sono sfociati nella cessazione dei rapporti di lavoro di taluni di detti lavoratori senza che sia stata seguita la procedura di licenziamento prevista dalla legge nazionale adottata per trasporre la direttiva in parola.

Contesto normativo

Direttiva 98/59

3

L’articolo 1 della direttiva 98/59, rubricato «Definizione e campo di applicazione», così recita:

«1.   Ai fini dell’applicazione della presente direttiva:

a)

per licenziamento collettivo si intende ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore se il numero dei licenziamenti effettuati è, a scelta degli Stati membri:

i)

per un periodo di 30 giorni:

almeno pari a 10 negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori;

almeno pari al 10% del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 100 e meno di 300 lavoratori;

almeno pari a 30 negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 300 lavoratori;

ii)

oppure, per un periodo di 90 giorni, almeno pari a 20, indipendentemente dal numero di lavoratori abitualmente occupati negli stabilimenti interessati;

b)

per rappresentanti dei lavoratori si intendono i rappresentanti dei lavoratori previsti dal diritto o dalla pratica in vigore negli Stati membri.

Per il calcolo del numero dei licenziamenti previsti nel primo comma, lettera a), sono assimilate ai licenziamenti le cessazioni del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, purché i licenziamenti siano almeno cinque.

2.   La presente direttiva non si applica:

(…)

b)

ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni o degli enti di diritto pubblico (o, negli Stati membri in cui tale nozione è sconosciuta, degli enti equivalenti);

(…)».

4

L’articolo 2 della direttiva 98/59 è così formulato:

«1.   Quando il datore di lavoro prevede di effettuare licenziamenti collettivi, deve procedere in tempo utile a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere ad un accordo.

2.   Nelle consultazioni devono essere esaminate le possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi, nonché di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati.

(…)».

5

L’articolo 5 della medesima direttiva così dispone:

«La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o favorire o consentire l’applicazione di disposizioni contrattuali più favorevoli ai lavoratori».

Diritto polacco

6

L’articolo 231 del Kodeks Pracy (codice del lavoro), adottato con legge del 26 giugno 1974 (Dz. U. del 1974, n. 24, posizione 141), come modificato (in prosieguo: il «codice del lavoro»), relativo alle conseguenze del trasferimento di uno stabilimento, dispone:

«§ 1.   In caso di trasferimento di uno stabilimento o di una parte di esso a un altro datore di lavoro, quest’ultimo diventa, per legge, parte dei rapporti di lavoro esistenti, fatte salve le disposizioni del paragrafo 5.

§ 2.   Il precedente ed il nuovo datore di lavoro sono responsabili in solido degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro sorti prima del trasferimento di una parte dello stabilimento al nuovo datore di lavoro.

§ 3.   Qualora presso i datori di lavoro di cui al paragrafo 1 non operino rappresentanze sindacali aziendali, il precedente ed il nuovo datore di lavoro comunicano per iscritto ai propri lavoratori la data prevista per il trasferimento dello stabilimento o di una parte di esso al nuovo datore di lavoro, i motivi del trasferimento, le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori, nonché le azioni previste relativamente alle condizioni d’impiego dei lavoratori, in particolare alle condizioni di lavoro, salariali e di riqualificazione; la comunicazione deve essere effettuata almeno 30 giorni prima della data prevista per il trasferimento dello stabilimento o di una parte di esso al nuovo datore di lavoro.

§ 4.   Entro un termine di due mesi dal trasferimento dello stabilimento o di una parte di esso al nuovo datore di lavoro, il lavoratore può, senza dover rispettare il preavviso legale ordinario, previa comunicazione con sette giorni di anticipo, recedere dal rapporto di lavoro. La risoluzione del rapporto di lavoro secondo tale modalità produce, nei confronti del lavoratore, gli stessi effetti che sono previsti dalle disposizioni del diritto del lavoro per l’ipotesi di risoluzione di un rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro con preavviso.

§ 5.   Alla data del trasferimento dello stabilimento o di una parte di esso il datore di lavoro ha l’obbligo di proporre nuove condizioni di lavoro e salariali ai lavoratori che fino ad allora svolgevano il lavoro su una base diversa da un contratto di lavoro nonché di indicare il termine, di almeno sette giorni, entro il quale i lavoratori possono rendere le dichiarazioni in merito all’accettazione o al rifiuto delle condizioni proposte. In caso di mancato accordo circa le nuove condizioni di lavoro e salariali, il rapporto di lavoro esistente cessa alla scadenza del termine corrispondente al periodo di preavviso, calcolato a decorrere dalla data in cui il lavoratore ha reso la dichiarazione di rifiuto delle condizioni proposte, o dalla data entro la quale esso avrebbe potuto rendere tale dichiarazione. Le disposizioni del paragrafo 4, seconda frase, si applicano, mutatis mutandis.

§ 6.   Il trasferimento dello stabilimento o di una parte di esso ad un nuovo datore di lavoro non può costituire un motivo idoneo a giustificare che il datore di lavoro ponga fine al rapporto di lavoro».

7

L’articolo 42 del codice del lavoro prevede, al suo paragrafo 1, che le disposizioni relative alla risoluzione del contratto di lavoro si applicano in via analogica alla modifica delle condizioni di lavoro e salariali derivanti dal contratto di lavoro mediante avviso di modifica. Ai sensi di tale articolo, paragrafo 2, le condizioni di lavoro o salariali si considerano modificate qualora nuove condizioni siano state proposte ai lavoratori in forma scritta. Detto articolo, al paragrafo 3, prevede che, nel caso in cui il lavoratore rifiuti di accettare le nuove condizioni di lavoro o salariali proposte, il contratto di lavoro è risolto alla scadenza del periodo di preavviso comunicato. Se, prima della scadenza della metà di tale periodo di preavviso, il lavoratore non ha dichiarato di opporsi alle condizioni proposte, si considera che le abbia accettate.

8

L’articolo 2417 del codice del lavoro, concernente le norme di cessazione e di recesso dal contratto collettivo, al suo paragrafo 1, enuncia:

«Il contratto collettivo è risolto:

1)

sulla base di una dichiarazione congiunta delle parti;

2)

alla scadenza del periodo per il quale è stato stipulato;

3)

alla scadenza del termine di preavviso comunicato da una delle parti».

9

L’articolo 2418 del codice del lavoro, in materia di applicazione delle disposizioni contrattuali in seguito al trasferimento dello stabilimento, al suo paragrafo 2, così dispone:

«Dopo la scadenza del periodo di applicazione del contratto collettivo esistente, le condizioni risultanti da tale contratto collettivo contenute nei contratti di lavoro o in altri atti che costituiscono la base dei rapporti di lavoro, si applicano fino alla scadenza del termine indicato nell’avviso di modifica di dette condizioni. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 24113, paragrafo 2, seconda frase».

10

L’articolo 24113, paragrafo 2, del codice del lavoro così dispone:

«Le disposizioni del contratto collettivo meno favorevoli per i lavoratori sono introdotte mediante la notifica ai lavoratori degli avvisi di modifica delle condizioni esistenti del contratto di lavoro o di un altro atto che costituisce la base del rapporto di lavoro. In sede di avviso di modifica delle condizioni iniziali di un contratto di lavoro o di un altro atto che costituisce la base del rapporto di lavoro non si applicano le disposizioni che limitano l’ammissibilità degli avvisi di modifica delle condizioni di tale contratto o atto».

11

L’articolo 1 della ustawa o szczególnych zasadach rozwiązywania z pracownikami stosunków pracy z przyczyn niedotyczących pracowników (legge relativa alle norme specifiche sulla risoluzione dei rapporti di lavoro per motivi non inerenti ai lavoratori), del 13 marzo 2003 (Dz. U. del 2003, n. 90, posizione 844), come modificata (in prosieguo: la «legge del 2003») recita:

«1.   Le disposizioni della presente legge si applicano qualora per un datore di lavoro che occupa almeno 20 lavoratori sia necessario procedere a licenziamenti, per motivi non inerenti ai lavoratori stessi, mediante risoluzione effettuata dal datore di lavoro o anche per comune volontà delle parti, purché, nell’arco di un periodo non superiore a 30 giorni, i licenziamenti riguardino almeno:

1)

10 lavoratori, se il datore di lavoro occupa meno di 100 lavoratori;

2)

il 10% dei lavoratori, se il datore di lavoro occupa almeno 100 lavoratori, ma meno di 300;

3)

30 lavoratori, se il datore di lavoro occupa almeno 300 o più lavoratori (…)».

12

L’articolo 2 della legge del 2003 è così formulato:

«1.   Il datore di lavoro è obbligato a consultare, nell’ambito dei licenziamenti collettivi previsti, le rappresentanze sindacali operanti presso l’azienda.

2.   La consultazione di cui al paragrafo 1 riguarda, in particolare, la possibilità di evitare il licenziamento o di ridurne la portata nonché le questioni relative ai lavoratori interessati, per quanto riguarda, in particolare, le possibilità di riconversione o di formazione professionale nonché di ottenimento di un altro impiego da parte dei lavoratori licenziati.

3.   Il datore di lavoro è tenuto a comunicare per iscritto alle rappresentanze sindacali aziendali le ragioni del licenziamento collettivo previsto, il numero dei lavoratori impiegati e le categorie professionali alle quali essi appartengono, le categorie professionali dei lavoratori interessati dal licenziamento collettivo, il periodo in cui sarà effettuato tale licenziamento, i criteri proposti per la selezione dei lavoratori da includere nel licenziamento collettivo, l’ordine in cui saranno effettuati i licenziamenti dei lavoratori, le proposte di soluzione delle questioni riguardanti i lavoratori interessati dal licenziamento collettivo previsto, e, qualora queste comprendano prestazioni pecuniarie, il datore di lavoro è tenuto, inoltre, a comunicare le modalità di determinazione del loro ammontare.

(…)».

13

L’articolo 3, paragrafo 1, della legge del 2003 prevede che entro il termine di 20 giorni dalla data della comunicazione di cui all’articolo 2, paragrafo 3, di tale legge, il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali aziendali concludano un accordo. Ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo, l’accordo in parola determina le regole da seguire per i lavoratori interessati dal licenziamento collettivo previsto nonché gli obblighi del datore di lavoro nella misura necessaria a risolvere le altre questioni dei lavoratori coinvolti nel prospettato licenziamento collettivo.

14

L’articolo 5 della legge del 2003, applicabile alla data dei fatti di cui al procedimento principale, così disponeva:

«1.   Alla risoluzione dei rapporti di lavoro per iniziativa del datore di lavoro nel quadro di un licenziamento collettivo non si applicano gli articoli 38 e 41 del codice del lavoro, fatti salvi i paragrafi da 2 a 4, né le disposizioni specifiche che concernono la tutela particolare dei lavoratori contro il licenziamento o contro la cessazione del rapporto di lavoro, fatto salvo il paragrafo 5.

2.   In caso di mancata conclusione dell’accordo di cui all’articolo 3, l’articolo 38 del codice del lavoro si applica alla risoluzione dei rapporti di lavoro per iniziativa del datore di lavoro nonché agli avvisi di modifica.

(…)

5.   Durante il periodo di particolare tutela contro il licenziamento o la cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro può soltanto modificare le condizioni di lavoro e salariali fino ad allora vigenti nei confronti:

1)

di un lavoratore al quale mancano non più di 4 anni all’età di pensionamento, alla lavoratrice in stato di gravidanza, ai lavoratori in congedo di maternità, in congedo di adozione, in congedo parentale;

2)

di un lavoratore membro del comitato del personale di un’impresa statale;

3)

di un lavoratore membro dell’ufficio della rappresentanza sindacale aziendale;

(…)

6.   Laddove la modifica delle condizioni di lavoro e salariali tramite avviso comporti una riduzione della retribuzione, ai lavoratori di cui al paragrafo 5 spetta, fino alla fine del periodo durante il quale beneficerebbero della particolare tutela contro il licenziamento o la cessazione del rapporto di lavoro, un’indennità compensativa calcolata secondo le modalità risultanti dal codice del lavoro.

7.   Nel caso la cessazione dei rapporti di lavoro avvenga nel quadro di un licenziamento collettivo, i contratti di lavoro a tempo determinato o per la fornitura di un lavoro determinato possono essere risolti da ciascuna delle parti con preavviso di due settimane».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

15

La sig.ra Ciupa e a. sono impiegati presso l’ospedale di Łódź a tempo pieno in forza di contratti di lavoro a tempo indeterminato.

16

A partire dal 2009, le perdite finanziarie dell’ospedale di Łódź sono cresciute di anno in anno. Nel 2013, si è optato per la trasformazione dell’ospedale di Łódź in una società commerciale, in luogo della sua liquidazione che avrebbe comportato la soppressione di più di cento posti di lavoro. Al momento di tale trasformazione non era stato previsto di ridurre i posti di lavoro, affinché l’ospedale di Łódź mantenesse il contratto per la fornitura di prestazioni sanitarie stipulato con il fondo nazionale per la salute. Dopo aver esaurito tutte le possibilità di tagli di spesa diverse da quelle salariali, l’ospedale di Łódź si è trovato di fronte alla necessità di ridurre il livello delle retribuzioni di tutto il suo personale. Pertanto, esso ha proposto a tutti i lavoratori una riduzione salariale temporanea del 15%. Circa il 20% di tali lavoratori ha accettato la riduzione in parola. Agli altri lavoratori è stato notificato un avviso di modifica, avente ad oggetto la revisione delle condizioni di lavoro e salariali motivata dalla «necessità di attuare una ristrutturazione delle spese per il personale [dell’ospedale di Łódź] dettata dalla difficile situazione finanziaria». In tale lettera, ai lavoratori veniva proposta, allo scadere del termine di preavviso, una riduzione dei salari con effetto fino al 1o febbraio 2015.

17

La sig.ra Ciupa e a. hanno adito il Sąd Rejonowy dla Łodzi-Śródmieścia w Łodzi (tribunale circondariale di Łódź-Śródmieście a Łódź, Polonia) affinché fosse dichiarata l’inefficacia della modifica delle loro condizioni di lavoro e salariali. La loro domanda è stata respinta da tale giudice. L’ospedale di Łódź, pur avendo consultato individualmente i lavoratori membri della rappresentanza sindacale aziendale in merito a tale progetto di modifica, non ha previsto di procedere a un licenziamento collettivo e, pertanto, non ha avviato la procedura applicabile a tale tipo di licenziamento.

18

A parere del giudice del rinvio, investito dell’appello presentato dalla sig.ra Ciupa e a. avverso la decisione del Sąd Rejonowy dla Łodzi-Śródmieścia w Łodzi (tribunale circondariale di Łódź-Śródmieście a Łódź), la giurisprudenza del Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) relativa alla questione se gli obblighi di cui agli articoli da 2 a 4 della legge del 2003 si impongano al datore di lavoro qualora invii ai suoi dipendenti un avviso di modifica, non sarebbe chiaramente definita. Tuttavia, il giudice del rinvio ritiene che tale giurisprudenza vada piuttosto nel senso dell’applicazione di tali articoli a una fattispecie quale quella di cui al procedimento principale.

19

Il giudice del rinvio considera inoltre che, nel caso di un datore di lavoro che occupi almeno 20 lavoratori e che intenda modificare le condizioni contrattuali di lavoratori il cui numero è pari o superiore al numero di lavoratori indicato all’articolo 1, paragrafo 1, della legge del 2003, l’obbligo di consultazione dei sindacati va di pari passo con quello di seguire le procedure previste da tale legge, segnatamente agli articoli da 2 a 4 e 6 della stessa. In un’ipotesi di tal genere, il numero di cessazioni del rapporto di lavoro in seguito al rifiuto delle nuove condizioni di impiego proposte dal datore di lavoro e il fatto che tali cessazioni derivino dalla volontà dei lavoratori sarebbero irrilevanti. Infatti, assumerebbe rilievo solo il fatto che la modifica delle condizioni di impiego sia avviata dal datore di lavoro e che, successivamente, la risoluzione del contratto che ne consegue non dipenda dalla volontà del datore di lavoro. Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della legge del 2003, qualora il datore di lavoro preveda di effettuare licenziamenti collettivi, il medesimo sarebbe tenuto a consultare le rappresentanze sindacali aziendali. Tali consultazioni verterebbero dunque sull’«intenzione» del datore di lavoro e non sulle modifiche accettate o sulle risoluzioni di contratti di lavoro che possano derivare dai rifiuti dei lavoratori. Così, il datore di lavoro che prevede di inviare avvisi di modifica ai suoi lavoratori dovrebbe prendere in considerazione il numero di tali avvisi di modifica al fine di stabilire se le modifiche previste rientrino nell’ambito di applicazione delle disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e, pertanto, se egli sia tenuto a consultare i sindacati.

20

Tuttavia, poiché la Corte non si è ancora pronunciata sulla questione di come occorra qualificare gli avvisi di modifica alla luce della direttiva 98/59, il giudice del rinvio nutre dubbi sulla lettura che esso dà di tale direttiva.

21

In tali condizioni, il Sąd Okręgowy w Łodzi, VII Wydział Pracy i Ubezpieczeń Społecznych (tribunale regionale di Łódź, VII sezione lavoro e previdenza sociale, Polonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 2 della direttiva 98/59 (…) debba essere interpretato nel senso che il datore di lavoro, che occupa almeno 20 lavoratori, che intenda notificare avvisi di modifica delle condizioni contrattuali a lavoratori il cui numero corrisponde al numero di lavoratori indicato all’articolo 1, paragrafo 1, della [legge del 2003] ha l’obbligo di applicare le procedure di cui agli articoli da 2 a 4 e 6 della legge in parola, vale a dire, se un siffatto obbligo riguardi le fattispecie previste dagli articoli:

24113, paragrafo 2, in combinato disposto con gli articoli 2418, paragrafo 2, e 231 del [codice del lavoro];

24113, paragrafo 2, in combinato disposto con gli articoli 772, paragrafo 5, o 2417, paragrafo 1, del codice del lavoro; e

42, paragrafo 1, del codice del lavoro, in combinato disposto con l’articolo 45, paragrafo 1, del codice del lavoro».

Sulla questione pregiudiziale

22

In via preliminare, occorre rilevare che, nella sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio fa riferimento a una pluralità di disposizioni di diritto nazionale, considerando diverse possibili qualificazioni, in base al diritto nazionale, della fattispecie di cui al procedimento principale.

23

Orbene, occorre rammentare che, per quanto riguarda l’interpretazione delle disposizioni dell’ordinamento giuridico nazionale, la Corte è in linea di principio tenuta a fondarsi sulle qualificazioni contenute nella decisione di rinvio. Infatti, secondo costante giurisprudenza, la Corte non è competente a pronunciarsi sull’interpretazione della normativa interna di uno Stato membro (sentenza del 17 marzo 2011, Naftiliaki Etaireia Thasou e Amaltheia I Naftiki Etaireia, C‑128/10 e C‑129/10, EU:C:2011:163, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

24

Pertanto, la Corte deve pronunciarsi sulla domanda pregiudiziale alla luce delle premesse che emergono dalla decisione di rinvio senza tuttavia procedere a un’interpretazione del diritto nazionale in funzione delle tre fattispecie astratte contemplate dalla questione.

25

In tali condizioni, occorre considerare che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 98/59 debba essere interpretato nel senso che una modifica unilaterale delle condizioni salariali da parte del datore di lavoro, a sfavore dei lavoratori, che, in caso di rifiuto del lavoratore, comporta la cessazione del contratto di lavoro, deve essere qualificata come «licenziamento» ai sensi di tale disposizione, e se l’articolo 2 di tale direttiva debba essere interpretato nel senso che un datore di lavoro è tenuto a procedere alle consultazioni di cui a quest’ultimo articolo 2 qualora intenda effettuare una siffatta modifica unilaterale delle condizioni salariali.

26

Al fine di rispondere a tale questione, occorre, anzitutto, rammentare che dall’articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 98/59, da cui emerge che tale direttiva si applica solo a condizione che i «licenziamenti» siano almeno cinque, discende che la direttiva in parola distingue i «licenziamenti» dalle «cessazioni del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore» (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 2015, Pujante Rivera, C‑422/14, EU:C:2015:743, punti 4445).

27

Per quanto riguarda la nozione di «licenziamento» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59, la Corte ha dichiarato che tale direttiva deve essere interpretata nel senso che il fatto che un datore di lavoro proceda, unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, a una modifica sostanziale degli elementi essenziali del suo contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona del lavoratore stesso rientra in tale nozione (sentenza dell’11 novembre 2015, Pujante Rivera, C‑422/14, EU:C:2015:743, punto 55).

28

Ne discende che il fatto che un datore di lavoro proceda, unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, a una modifica non sostanziale di un elemento essenziale del contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona di tale lavoratore o a una modifica sostanziale di un elemento non essenziale di detto contratto per ragioni non inerenti alla persona di tale lavoratore non può essere qualificato come «licenziamento» ai sensi della citata direttiva.

29

Per quanto riguarda l’avviso di modifica di cui trattasi nel procedimento principale, occorre rilevare che quest’ultimo prevede una riduzione temporanea del 15% dell’importo della retribuzione e, dopo diversi mesi, il ritorno di tale remunerazione al suo livello iniziale. Orbene, benché non si possa contestare che la retribuzione costituisce un elemento essenziale del contratto di lavoro e che una riduzione del 15% di questa potrebbe, in linea di principio, essere qualificata come «modifica sostanziale», ciò non toglie che il carattere temporaneo di tale riduzione diminuisce sensibilmente la portata della modifica del contratto di lavoro prevista.

30

Tuttavia, spetta in definitiva al giudice del rinvio, che è il solo competente a valutare i fatti, determinare, tenuto conto di tutte le circostanze del caso di specie, se la riduzione temporanea della retribuzione in questione debba essere qualificata come modifica sostanziale.

31

In ogni caso, anche supponendo che il giudice del rinvio ritenga che l’avviso di modifica di cui al procedimento principale non rientri nella nozione di «licenziamento», la risoluzione del contratto di lavoro conseguente al rifiuto da parte del lavoratore di accettare una modifica come quella proposta nell’avviso di modifica deve essere considerata una cessazione del contratto di lavoro verificatasi su iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 98/59, e che pertanto è necessario tenerne conto ai fini del calcolo del numero complessivo di licenziamenti effettuati.

32

Per quanto riguarda la questione di stabilire il momento a partire dal quale un datore di lavoro è tenuto a procedere alle consultazioni di cui all’articolo 2 di detta direttiva, occorre ricordare che la Corte ha stabilito che gli obblighi di consultazione e di notifica sorgono anteriormente a una decisione del datore di lavoro di risolvere il contratto di lavoro (sentenze del 27 gennaio 2005, Junk,C‑188/03, EU:C:2005:59, punto 37, e del 10 settembre 2009, Akavan Erityisalojen Keskusliitto AEK e a., C‑44/08, EU:C:2009:533, punto 38) e che la realizzazione dell’obiettivo, indicato all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 98/59, di evitare risoluzioni di contratti di lavoro o di ridurne il numero sarebbe compromessa qualora la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori fosse posteriore alla decisione del datore di lavoro (sentenze del 27 gennaio 2005, Junk,C‑188/03, EU:C:2005:59, punto 38, e del 10 settembre 2009, Akavan Erityisalojen Keskusliitto AEK e a., C‑44/08, EU:C:2009:533, punto 46).

33

È necessario aggiungere che la fattispecie di cui al procedimento principale, così come la causa all’origine della sentenza del 10 settembre 2009, Akavan Erityisalojen Keskusliitto AEK e a. (C‑44/08, EU:C:2009:533, punto 37), è connessa a decisioni economiche che non avevano, come risulta dalla decisione di rinvio, direttamente per oggetto di porre fine a rapporti di lavoro specifici, ma che potevano tuttavia avere ripercussioni sull’occupazione di un certo numero di lavoratori.

34

Orbene, al punto 48 della sua sentenza del 10 settembre 2009, Akavan Erityisalojen Keskusliitto AEK e a. (C‑44/08, EU:C:2009:533), la Corte ha stabilito che la procedura di consultazione di cui all’articolo 2 della direttiva 98/59 deve essere avviata dal datore di lavoro nel momento in cui è stata adottata una decisione strategica o commerciale che lo costringe a prevedere o a progettare licenziamenti collettivi.

35

Nel caso di specie, come emerge dal punto 16 della presente sentenza, al fine di evitare una liquidazione dell’ospedale di Łódź e soppressioni di posti di lavoro, è stato effettuato un certo numero di cambiamenti. Poiché tali cambiamenti si sono rivelati insufficienti per assicurare la continuità dell’ospedale di Łódź, quest’ultimo ha considerato che era necessario procedere alle modifiche proposte al fine di evitare di dovere prendere decisioni aventi direttamente per oggetto la cessazione di specifici rapporti di lavoro. Orbene, in una situazione di tal genere, l’ospedale di Łódź doveva ragionevolmente attendersi che un certo numero di lavoratori non accettasse la modifica delle relative condizioni di lavoro e che, conseguentemente, il loro contratto venisse risolto.

36

Pertanto, dal momento che la decisione di procedere alla notifica degli avvisi di modifica comportava necessariamente che l’ospedale di Łódź prevedesse licenziamenti collettivi, esso era tenuto, nei limiti in cui erano soddisfatte le condizioni definite all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 98/59, ad avviare la procedura di consultazione di cui all’articolo 2 di tale direttiva.

37

Tale conclusione si impone a maggior ragione ove si consideri che la finalità dell’obbligo di consultazione previsto all’articolo 2 della direttiva in parola, vale a dire evitare risoluzioni di contratti di lavoro o ridurne il numero nonché attenuarne le conseguenze (sentenza del 10 settembre 2009, Akavan Erityisalojen Keskusliitto AEK e a., C‑44/08, EU:C:2009:533, punto 46), e l’obiettivo perseguito, stando al giudice del rinvio, dagli avvisi di modifica, ossia prevenire licenziamenti individuali, coincidono ampiamente. Infatti, qualora una decisione che comporta una modifica delle condizioni di lavoro sia atta a consentire che siano evitati licenziamenti collettivi, la procedura di consultazione prevista all’articolo 2 della stessa direttiva deve essere avviata al momento in cui il datore di lavoro considera di procedere a siffatte modifiche (v., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2009, Akavan Erityisalojen Keskusliitto AEK e a., C‑44/08, EU:C:2009:533, punto 47).

38

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alla questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 98/59 deve essere interpretato nel senso che una modifica unilaterale delle condizioni salariali, a sfavore dei lavoratori, da parte del datore del lavoro, modifica che, in caso di rifiuto del lavoratore, comporta la cessazione del contratto di lavoro, può essere qualificata come «licenziamento» ai sensi di tale disposizione, e che l’articolo 2 di tale direttiva deve essere interpretato nel senso che un datore di lavoro è tenuto a procedere alle consultazioni di cui a quest’ultimo articolo, qualora intenda effettuare una siffatta modifica unilaterale delle condizioni salariali, nei limiti in cui siano soddisfatte le condizioni previste dall’articolo 1 di tale direttiva, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare.

Sulle spese

39

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:

 

L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, deve essere interpretato nel senso che una modifica unilaterale delle condizioni salariali, a sfavore dei lavoratori, da parte del datore del lavoro, modifica che, in caso di rifiuto del lavoratore, comporta la cessazione del contratto di lavoro, può essere qualificata come «licenziamento» ai sensi di tale disposizione, e l’articolo 2 di tale direttiva deve essere interpretato nel senso che un datore di lavoro è tenuto a procedere alle consultazioni di cui a quest’ultimo articolo qualora intenda effettuare una siffatta modifica unilaterale delle condizioni salariali, nei limiti in cui siano soddisfatte le condizioni previste dall’articolo 1 di tale direttiva, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il polacco.