SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

14 novembre 2017 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione – Articolo 21 TFUE – Direttiva 2004/38/CE – Aventi diritto – Doppia cittadinanza – Cittadino dell’Unione che ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante conservando al contempo la propria cittadinanza d’origine – Diritto di soggiorno, in tale Stato membro, di un cittadino di uno Stato terzo, familiare del cittadino dell’Unione»

Nella causa C‑165/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del Queen’s Bench (sezione amministrativa), Regno Unito], con decisione dell’8 marzo 2016, pervenuta in cancelleria il 21 marzo 2016, nel procedimento

Toufik Lounes

contro

Secretary of State for the Home Department,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano (relatore), vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, M. Ilešič, J.L. da Cruz Vilaça, J. Malenovský, E. Levits, C.G. Fernlund e C. Vajda, presidenti di sezione, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev, S. Rodin, F. Biltgen, K. Jürimäe e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: I. Illéssy, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 maggio 2017,

considerate le osservazioni presentate:

per T. Lounes, da P. Saini, barrister, nonché da R. Matharu, solicitor;

per il governo del Regno Unito, da M. Holt, C. Crane e C. Brodie, in qualità di agenti, assistiti da D. Blundell, barrister;

per il governo spagnolo, da V. Ester Casas, in qualità di agente;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da E. Montaguti e M. Wilderspin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 maggio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, e rettifica in GU 2004, L 229, pag. 35).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Toufik Lounes ed il Secretary of State for the Home Department (ministro dell’Interno, Regno Unito), in merito al rifiuto di rilasciare una carta di soggiorno all’interessato.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

I considerando 5 e 18 della direttiva 2004/38 così recitano:

«(5)

Il diritto di ciascun cittadino dell’Unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri presuppone, affinché possa essere esercitato in oggettive condizioni di libertà e di dignità, la concessione di un analogo diritto ai familiari, qualunque sia la loro cittadinanza. (…)

(…)

(18)

Per costituire un autentico mezzo di integrazione nella società dello Stato membro ospitante in cui il cittadino dell’Unione soggiorna, il diritto di soggiorno permanente non dovrebbe, una volta ottenuto, essere sottoposto ad alcuna condizione».

4

L’articolo 1 di tale direttiva così dispone:

«La presente direttiva determina:

a)

le modalità d’esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri da parte dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;

b)

il diritto di soggiorno permanente nel territorio degli Stati membri dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;

(…)».

5

Ai sensi dell’articolo 2 di detta direttiva:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1)

“cittadino dell’Unione”: qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro;

2)

“familiare”:

a)

il coniuge;

(…)

3)

“Stato membro ospitante”: lo Stato membro nel quale il cittadino dell’Unione si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno».

6

L’articolo 3 della direttiva 2004/38, intitolato «Aventi diritto», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo».

7

L’articolo 6 di tale direttiva, intitolato «Diritto di soggiorno sino a tre mesi», così dispone:

«1.   I cittadini dell’Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio di un altro Stato membro per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalità, salvo il possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità.

2.   Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari in possesso di un passaporto in corso di validità non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che accompagnino o raggiungano il cittadino dell’Unione».

8

L’articolo 7 di detta direttiva, intitolato «Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi», prevede quanto segue ai suoi paragrafi 1 e 2:

«1.   Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:

a)

di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o

b)

di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o

c)

di essere iscritto presso un istituto pubblico o privato, riconosciuto o finanziato dallo Stato membro ospitante in base alla sua legislazione o prassi amministrativa, per seguirvi a titolo principale un corso di studi inclusa una formazione professionale,

di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente, con una dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo periodo di soggiorno; o

(…)

2.   Il diritto di soggiorno di cui al paragrafo 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato membro ospitante il cittadino dell’Unione, purché questi risponda all[e] condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c)».

9

L’articolo 16 della stessa direttiva, che figura al capo IV della medesima, intitolato «Diritto di soggiorno permanente», è così formulato:

«1.   Il cittadino dell’Unione che abbia soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nello Stato membro ospitante ha diritto al soggiorno permanente in detto Stato. Tale diritto non è subordinato alle condizioni di cui al capo III.

2.   Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che abbiano soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni assieme al cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante.

(…)

4.   Una volta acquisito, il diritto di soggiorno permanente si perde soltanto a seguito di assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a due anni consecutivi».

Diritto del Regno Unito

10

La direttiva 2004/38 è stata recepita nel diritto del Regno Unito dall’Immigration (European Economic Area) Regulations 2006 [regolamento del 2006 sull’immigrazione (Spazio economico europeo); in prosieguo: il «regolamento del 2006»]. Tale regolamento utilizza i termini «cittadino [dello Spazio economico europeo (SEE)]» in luogo dei termini «cittadino dell’Unione».

11

Nella sua versione iniziale, l’articolo 2 di detto regolamento definiva la nozione di «cittadino del SEE» come riguardante «qualsiasi cittadino di uno Stato del SEE», precisando che il Regno Unito era escluso dalla nozione di «Stato del SEE».

12

A seguito di due modifiche successive del medesimo regolamento da parte dell’Immigration (European Economic Area) (Amendment) Regulations 2012 (2012/1547) [regolamento modificativo sull’immigrazione (Spazio economico europeo) del 2012 (2012/1547); in prosieguo: il «regolamento 2012/1547»], ed in un secondo momento dall’Immigration (European Economic Area) (Amendment) (No 2) Regulations 2012 (2012/2560) [secondo regolamento modificativo sull’immigrazione (Spazio economico europeo) del 2012 (2012/2560); in prosieguo: il «regolamento 2012/2560»], tale articolo dispone quanto segue:

«Si intende per “cittadino del SEE” qualsiasi cittadino di uno Stato del SEE che non sia anche cittadino britannico».

13

Gli articoli 6, 7, 14 e 15 del regolamento del 2006 recepiscono, nel diritto del Regno Unito, gli articoli 2, 7 e 16 della direttiva 2004/38.

Procedimento principale e questione pregiudiziale

14

Nel settembre del 1996 la sig.ra Ormazabal, cittadina spagnola, si è recata nel Regno Unito per seguire un corso di studi. Da allora vi soggiorna e lavora a tempo pieno dal settembre del 2004.

15

Il 12 agosto 2009 ha acquisito la cittadinanza britannica per naturalizzazione e le è stato rilasciato un passaporto britannico, mantenendo al contempo anche la sua cittadinanza spagnola.

16

Nel 2013 ha avviato una relazione con il sig. Lounes, cittadino algerino, che il 20 gennaio 2010 era entrato nel Regno Unito con un visto per scopo di visita valido sei mesi ed ha continuato a restarvi illegalmente oltre tale periodo. La sig.ra Ormazabal e il sig. Lounes hanno contratto matrimonio religioso il 1o gennaio 2014 e successivamente matrimonio civile a Londra (Regno Unito) il 16 maggio 2014. Da allora risiedono nel Regno Unito.

17

Il 15 aprile 2014, il sig. Lounes ha presentato al ministro dell’Interno una domanda di carta di soggiorno in qualità di familiare di un cittadino del SEE, in forza del regolamento del 2006.

18

Il 14 maggio 2014 gli è stato notificato un avviso, indirizzato a persona passibile di allontanamento, accompagnato da una decisione di allontanamento dal Regno Unito, con la motivazione che aveva superato la durata del soggiorno autorizzato in tale Stato membro in violazione dei controlli in materia di immigrazione.

19

Con lettera del 22 maggio 2014, il ministro dell’Interno ha comunicato al sig. Lounes la sua decisione di respingere la domanda di carta di soggiorno da quest’ultimo presentata nonché i motivi di tale rigetto. Tale lettera indicava, in sostanza, che, in seguito alla modifica dell’articolo 2 del regolamento del 2006 ad opera dei regolamenti 2012/1547 e 2012/2560, la sig.ra Ormazabal non era più considerata una «cittadin[a] del SEE» ai sensi di tale primo regolamento in quanto aveva acquisito la cittadinanza britannica il 12 agosto 2009, e ciò nonostante avesse conservato anche la cittadinanza spagnola. Essa pertanto non beneficiava più dei diritti conferiti nel Regno Unito da detto regolamento, nonché dalla direttiva 2004/38. Il sig. Lounes, dunque, non poteva richiedere una carta di soggiorno in qualità di familiare di un cittadino del SEE ai sensi di detto regolamento.

20

Dalla decisione di rinvio risulta, infatti, che, prima di tale modifica, i cittadini britannici che avevano anche la cittadinanza di un altro Stato membro del SEE, come la sig.ra Ormazabal, erano, a differenza di quelli che non erano in possesso di tale doppia cittadinanza, considerati cittadini del SEE ai sensi dell’articolo 2 del regolamento del 2006 e potevano dunque beneficiare dei diritti conferiti da tale regolamento. Tuttavia, dopo detta modifica, tali cittadini non sarebbero più considerati in tal modo e non beneficerebbero pertanto più di tali diritti, cosicché nemmeno i loro familiari cittadini di Stati terzi potrebbero beneficiare, in tale qualità, di un diritto di soggiorno nel Regno Unito.

21

Il sig. Lounes ha presentato ricorso dinanzi al giudice del rinvio avverso la decisione del 22 maggio 2014, di cui al punto 19 della presente sentenza.

22

Tale giudice esprime dubbi sulla compatibilità di tale decisione, nonché dell’articolo 2 del regolamento del 2006, come modificato dai regolamenti 2012/1547 e 2012/2560, con l’articolo 21 TFUE e la direttiva 2004/38.

23

A tale riguardo, egli rileva che, secondo la nota esplicativa relativa al regolamento 2012/1547, nonché secondo i preamboli di tale regolamento e del regolamento 2012/2560, la modifica di detto articolo 2 fa seguito alla sentenza del 5 maggio 2011, McCarthy (C‑434/09, EU:C:2011:277), nella quale la Corte ha dichiarato che tale direttiva non è applicabile ad un cittadino dell’Unione che non abbia mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione, che abbia sempre soggiornato in uno Stato membro del quale possiede la cittadinanza e che goda, inoltre, della cittadinanza di un altro Stato membro.

24

Nel caso di specie sarebbe tuttavia pacifico che, prima di ottenere la cittadinanza britannica, la sig.ra Ormazabal aveva esercitato la propria libertà di circolazione e aveva acquisito un diritto di soggiorno nel Regno Unito in qualità di cittadina spagnola in forza di detta direttiva.

25

In tale contesto, il giudice del rinvio si chiede, in sostanza, se, come sostiene il ministro dell’Interno, la sig.ra Ormazabal abbia perso il beneficio della direttiva 2004/38 nel Regno Unito a partire dalla data della sua naturalizzazione in tale Stato membro, oppure se, come afferma il sig. Lounes, nonostante abbia ottenuto la cittadinanza britannica, la sig.ra Ormazabal debba continuare ad essere considerata un’«avente diritto» di tale direttiva, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della stessa, e possa continuare ad avvalersi in tale Stato membro dei diritti garantiti da detta direttiva avendo conservato la sua cittadinanza spagnola. Infatti, nel primo caso, il sig. Lounes non potrebbe beneficiare di un diritto di soggiorno derivato nel Regno Unito in qualità di familiare di un cittadino dell’Unione in forza della medesima direttiva, mentre, nel secondo caso, potrebbe essergli riconosciuto tale diritto.

26

In tale contesto, tale giudice si chiede anche se la risposta a tale questione differirebbe a seconda che la sig.ra Ormazabal avesse acquisito un diritto di soggiorno permanente nel Regno Unito in forza dell’articolo 16 della direttiva 2004/38, prima di ottenere la cittadinanza britannica, o che disponesse, in tale momento, soltanto di un diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi in forza dell’articolo 7 di tale direttiva. Infatti, il tipo di diritto di soggiorno di cui beneficiava la sig.ra Ormazabal prima della sua naturalizzazione sarebbe oggetto di discussione tra le parti nel procedimento principale e dovrebbe ancora essere determinato.

27

Ciò premesso, la High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del Queen’s Bench (sezione amministrativa), Regno Unito] ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, qualora una cittadina spagnola e dell’Unione:

si rechi nel Regno Unito, esercitando il proprio diritto di libera circolazione ai sensi della direttiva [2004/38],

soggiorni nel Regno Unito, esercitando il proprio diritto ai sensi dell’articolo 7 o dell’articolo 16 della direttiva [2004/38],

acquisisca successivamente la cittadinanza britannica, in aggiunta alla cittadinanza spagnola, divenendo così titolare di doppia cittadinanza, e

alcuni anni dopo aver acquisito la cittadinanza britannica, contragga matrimonio con un cittadino di uno Stato terzo con il quale risiede nel Regno Unito,

essa – residente nel Regno Unito e in possesso sia della cittadinanza spagnola sia di quella britannica – e il suo coniuge siano entrambi beneficiari della direttiva [2004/38], ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 1».

Sulla questione pregiudiziale

28

In via preliminare, occorre rilevare che, conformemente a una costante giurisprudenza della Corte, anche laddove formalmente il giudice del rinvio abbia limitato la propria questione all’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, tale circostanza non osta a che la Corte gli fornisca tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano essere utili per definire la controversia di cui è investito, a prescindere dal fatto che esso vi abbia fatto o no riferimento nel formulare la suddetta questione (v., per analogia, sentenza del 5 maggio 2011, McCarthy, C‑434/09, EU:C:2011:277, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

29

Nel caso di specie, dalle indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che i dubbi espressi dal giudice del rinvio nel procedimento principale non riguardano soltanto la direttiva 2004/38, ma anche l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE.

30

Si deve pertanto ritenere che, con la sua questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se la direttiva 2004/38 e l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE debbano essere interpretati nel senso che, in una situazione in cui un cittadino dell’Unione abbia esercitato la propria libertà di circolazione recandosi e soggiornando in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza in forza dell’articolo 7, paragrafo 1, o dell’articolo 16, paragrafo 1, di tale direttiva, abbia successivamente acquisito la cittadinanza di tale Stato membro, conservando al contempo anche la propria cittadinanza d’origine, e, alcuni anni dopo, abbia contratto matrimonio con un cittadino di uno Stato terzo con il quale continui a risiedere nel territorio di detto Stato membro, tale cittadino benefici di un diritto di soggiorno in tale Stato membro, sulla base delle disposizioni di detta direttiva o dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE.

Sull’interpretazione della direttiva 2004/38

31

Conformemente ad una costante giurisprudenza della Corte, la direttiva 2004/38 mira ad agevolare l’esercizio del diritto primario e individuale di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, conferito direttamente ai cittadini dell’Unione dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, ed a rafforzare tale diritto. Il considerando 5 di tale direttiva sottolinea che detto diritto presuppone, affinché possa essere esercitato in oggettive condizioni di dignità, la concessione di un analogo diritto ai familiari di tali cittadini, qualunque sia la loro cittadinanza (sentenza del 18 dicembre 2014, McCarthy e a., C‑202/13, EU:C:2014:2450, punti 3133 e giurisprudenza ivi citata).

32

Detta direttiva non conferisce tuttavia alcun diritto autonomo ai familiari di un cittadino dell’Unione che siano cittadini di uno Stato terzo. Quindi, gli eventuali diritti conferiti a tali cittadini dalla medesima direttiva sono derivati da quelli di cui gode il cittadino dell’Unione considerato a seguito dell’esercizio della sua libertà di circolazione (v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2014, McCarthy e a., C‑202/13, EU:C:2014:2450, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

33

Ebbene, come la Corte ha più volte dichiarato, da un’interpretazione letterale, sistematica e teleologica delle disposizioni della direttiva 2004/38 risulta che quest’ultima disciplina unicamente le condizioni di ingresso e di soggiorno di un cittadino dell’Unione negli Stati membri diversi da quello di cui egli ha la cittadinanza e che non consente di fondare un diritto di soggiorno derivato a favore dei cittadini di uno Stato terzo, familiari di un cittadino dell’Unione, nello Stato membro di cui tale cittadino possieda la cittadinanza (v., in tal senso, sentenze del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 37, nonché del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a., C‑133/15, EU:C:2017:354, punto 53).

34

Infatti, in primo luogo, dalla formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva risulta che rientrano nel suo ambito di applicazione e beneficiano dei diritti dalla stessa riconosciuti i cittadini dell’Unione che si recano o soggiornano in uno «Stato membro diverso da quello di cui [hanno] la cittadinanza», nonché i loro familiari, come definiti dall’articolo 2, punto 2, di detta direttiva, che li accompagnino o raggiungano (sentenza del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 38).

35

In secondo luogo, le altre disposizioni della direttiva 2004/38, segnatamente l’articolo 6, l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 16, paragrafi 1 e 2, di quest’ultima, riguardano il diritto di soggiorno di un cittadino dell’Unione e il diritto di soggiorno derivato dei suoi familiari o in «un altro Stato membro», o nello «Stato membro ospitante» (sentenza del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

36

In terzo luogo, sebbene, come ricordato al punto 31 della presente sentenza, tale direttiva miri ad agevolare e a rafforzare l’esercizio del diritto dei cittadini dell’Unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, resta il fatto che l’oggetto di detta direttiva riguarda, come risulta dal suo articolo 1, lettera a), le modalità di esercizio di tale diritto (sentenze del 5 maggio 2011, McCarthy, C‑434/09, EU:C:2011:277, punto 33, nonché del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 41).

37

La Corte ha quindi dichiarato che, dal momento che uno Stato membro, in forza di un principio di diritto internazionale, non può negare ai propri cittadini il diritto di fare ingresso nel suo territorio e di soggiornarvi e che questi ultimi ivi godono pertanto di un diritto di soggiorno incondizionato, detta direttiva non è volta a disciplinare il soggiorno di un cittadino dell’Unione nello Stato membro del quale possiede la cittadinanza. Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 32 della presente sentenza, la direttiva non è nemmeno volta a conferire, nel territorio del medesimo Stato membro, un diritto di soggiorno derivato ai familiari di tale cittadino, che siano cittadini di uno Stato terzo (v., in tal senso, sentenze del 5 maggio 2011, McCarthy, C‑434/09, EU:C:2011:277, punti 29, 3442, nonché del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punti 4243).

38

Nel caso di specie, è pacifico che la sig.ra Ormazabal, che è cittadina spagnola, abbia esercitato la propria libertà di circolazione recandosi e soggiornando in uno Stato membro diverso da quello di cui possedeva la cittadinanza quando è partita dalla Spagna per trasferirsi nel Regno Unito nel 1996. È parimenti pacifico che essa fosse qualificabile come un’«avente diritto» della direttiva 2004/38, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della stessa, e che soggiornasse nel Regno Unito in forza dell’articolo 7, paragrafo 1, oppure – come sembra del resto riconoscere il governo del Regno Unito – dell’articolo 16, paragrafo 1, di tale direttiva, almeno sino a quando ha acquisito la cittadinanza britannica mediante naturalizzazione.

39

Tuttavia, come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 48 e 63 delle conclusioni, l’acquisizione di tale cittadinanza ha determinato, nei confronti della sig.ra Ormazabal, un cambiamento di regime giuridico alla luce sia del diritto nazionale che di detta direttiva.

40

Infatti, la sig.ra Ormazabal soggiorna, da allora, in uno degli Stati membri di cui possiede la cittadinanza e dove beneficia, di conseguenza, di un diritto di soggiorno incondizionato, conformemente al principio di diritto internazionale di cui al punto 37 della presente sentenza.

41

Ne consegue che, da quando ha acquisito la cittadinanza britannica, da un lato, la sig.ra Ormazabal non soddisfa più la definizione della nozione di «avente diritto» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, quale richiamata al punto 34 della presente sentenza. Dall’altro, alla luce delle considerazioni di cui ai punti 36 e 37 della presente sentenza, detta direttiva non può più disciplinare il suo soggiorno nel Regno Unito poiché esso è, per natura, incondizionato.

42

In tali condizioni, occorre ritenere che la direttiva 2004/38 non sia più applicabile alla situazione della sig.ra Ormazabal da quando quest’ultima è stata naturalizzata nel Regno Unito.

43

Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dalla circostanza che la sig.ra Ormazabal ha esercitato la propria libertà di circolazione recandosi e soggiornando nel Regno Unito ed ha conservato la sua cittadinanza spagnola in aggiunta a quella britannica. Infatti, malgrado tale doppia circostanza, rimane il fatto che, dall’acquisizione di tale cittadinanza, la sig.ra Ormazabal non soggiorna più in uno «Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, e non rientra pertanto più nella nozione di «avente diritto» di tale direttiva, ai sensi di tale disposizione.

44

Tenuto conto della giurisprudenza richiamata ai punti 32 e 37 della presente sentenza, neppure il suo coniuge cittadino di uno Stato terzo, il sig. Lounes, rientra in tale nozione e non può dunque beneficiare di un diritto di soggiorno derivato nel Regno Unito sulla base della medesima direttiva.

Sull’interpretazione dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE

45

Dal momento che la direttiva 2004/38 non può fondare un diritto di soggiorno derivato in favore di un cittadino di uno Stato terzo in una situazione come quella del sig. Lounes, occorre determinare se tale diritto di soggiorno possa cionondimeno essere desunto dalle disposizioni del Trattato FUE sulla cittadinanza dell’Unione, in particolare dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, il quale conferisce ad ogni cittadino dell’Unione il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve in particolare le limitazioni e le condizioni previste dai trattati.

46

Occorre infatti ricordare che la Corte ha già riconosciuto, in alcuni casi, che cittadini di Stati terzi, familiari di un cittadino dell’Unione, che non potevano beneficiare, sulla base delle disposizioni della direttiva 2004/38, di un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro di cui tale cittadino avesse la cittadinanza, potevano tuttavia vedersi riconosciuto tale diritto sulla base dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punti da 44 a 50, nonché del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a., C‑133/15, EU:C:2017:354, punto 54).

47

Tuttavia, al pari della direttiva 2004/38, tale ultima disposizione non conferisce alcun diritto di soggiorno autonomo a tale cittadino, ma soltanto un diritto derivato da quelli di cui gode il cittadino dell’Unione considerato (sentenze dell’8 novembre 2012, Iida, C‑40/11, EU:C:2012:691, punti 6667, nonché del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 36).

48

Pertanto, un diritto di soggiorno derivato in favore di un cittadino di uno Stato terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, esiste, in linea di principio, solo quando è necessario per assicurare l’effettivo esercizio da parte di tale cittadino della sua libertà di circolazione. La finalità e la ratio di tale diritto derivato si basano quindi sulla constatazione che negarne il riconoscimento pregiudicherebbe, in particolare, tale libertà, nonché l’esercizio e l’effetto utile dei diritti che al cittadino dell’Unione considerato derivano dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenze dell’8 novembre 2012, Iida, C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 68; del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 45, nonché del 13 settembre 2016, Rendón Marín, C‑165/14, EU:C:2016:675, punti 3673).

49

Nel caso di specie, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostiene, in sostanza, il governo del Regno Unito, la situazione di un cittadino di uno Stato membro, quale la sig.ra Ormazabal, che ha esercitato la propria libertà di circolazione recandosi e soggiornando legalmente nel territorio di un altro Stato membro, non può essere assimilata ad una situazione puramente interna per il solo fatto che tale cittadino, durante tale soggiorno, abbia acquisito la cittadinanza di tale Stato membro ospitante in aggiunta alla propria cittadinanza d’origine.

50

La Corte ha infatti già riconosciuto che un collegamento con il diritto dell’Unione sussiste nei confronti di persone che sono cittadini di uno Stato membro e che soggiornano legalmente sul territorio di un altro Stato membro di cui parimenti possiedono la cittadinanza (v., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 2017, Freitag, C‑541/15, EU:C:2017:432, punto 34).

51

Pertanto, la sig.ra Ormazabal, che è cittadina di due Stati membri ed ha, nella sua qualità di cittadina dell’Unione, esercitato la propria libertà di circolare e di soggiornare in uno Stato membro diverso dal suo Stato membro d’origine, può avvalersi dei diritti connessi a tale qualità, in particolare di quelli previsti all’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, anche nei confronti di uno di tali due Stati membri.

52

I diritti riconosciuti da tale disposizione ai cittadini degli Stati membri includono quello di condurre una normale vita familiare nello Stato membro ospitante, beneficiando della vicinanza dei loro familiari (v., per analogia, sentenza del 25 luglio 2008, Metock e a., C‑127/08, EU:C:2008:449, punto 62).

53

La circostanza che un cittadino di uno Stato membro, che si è recato e soggiorna in un altro Stato membro, acquisisca, successivamente, la cittadinanza di tale ultimo Stato membro in aggiunta alla propria cittadinanza d’origine non può comportare che egli sia privato di tale diritto, salvo compromettere l’effetto utile dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE.

54

Infatti, in primo luogo, ciò porterebbe a trattare tale cittadino allo stesso modo di un cittadino dello Stato membro ospitante che non abbia mai lasciato quest’ultimo, senza tenere conto della circostanza che detto cittadino ha esercitato la propria libertà di circolazione stabilendosi nel territorio di detto Stato membro e che ha conservato la propria cittadinanza d’origine.

55

Ebbene, uno Stato membro non può limitare gli effetti derivanti dal possesso della cittadinanza di un altro Stato membro, in particolare i diritti ad essa collegati in forza del diritto dell’Unione, e che risultano dall’esercizio, da parte di un cittadino, della propria libertà di circolazione.

56

In secondo luogo, occorre sottolineare che i diritti conferiti ad un cittadino dell’Unione dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, compresi i diritti derivati di cui godono i suoi familiari, sono volti, in particolare, a favorire la progressiva integrazione del cittadino dell’Unione interessato nella società dello Stato membro ospitante.

57

Ebbene, un cittadino dell’Unione, come la sig.ra Ormazabal, che, dopo essersi recato, nell’esercizio della propria libertà di circolazione, ed aver soggiornato per diversi anni nel territorio dello Stato membro ospitante in forza e conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, ovvero all’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, acquisisce la cittadinanza di tale Stato membro, tende ad integrarsi stabilmente nella società di detto Stato.

58

Come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 86 delle conclusioni, ritenere che tale cittadino, cui sono stati riconosciuti diritti in forza dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE per aver esercitato la propria libertà di circolazione, debba rinunciare al beneficio di tali diritti, in particolare di quello di condurre una vita familiare nello Stato membro ospitante, per il motivo che ha ricercato, mediante la naturalizzazione in tale Stato membro, un inserimento più approfondito nella società di quest’ultimo, sarebbe contrario alla logica dell’integrazione progressiva che tale disposizione favorisce.

59

Ne conseguirebbe inoltre che un cittadino dell’Unione che abbia esercitato la propria libertà di circolazione e che abbia acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante in aggiunta alla propria cittadinanza d’origine sarebbe, per quanto riguarda la sua vita familiare, trattato in modo meno favorevole rispetto ad un cittadino dell’Unione che abbia anch’esso esercitato tale libertà ma che possieda soltanto la propria cittadinanza d’origine. In tal modo, i diritti conferiti ad un cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante, in particolare quello di condurre una vita familiare con un cittadino di uno Stato terzo, diminuirebbero a seconda del suo inserimento nella società di tale Stato membro ed in funzione del numero di cittadinanze di cui è in possesso.

60

Da quanto precede risulta che l’effetto utile dei diritti conferiti ai cittadini dell’Unione dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE richiede che un cittadino che si trovi in una situazione come quella della sig.ra Ormazabal possa continuare a godere, nello Stato membro ospitante, dei diritti derivanti da detta disposizione, dopo aver acquisito la cittadinanza di tale Stato membro in aggiunta alla propria cittadinanza d’origine, e, in particolare, possa sviluppare una vita familiare con il proprio coniuge cittadino di uno Stato terzo, mediante il riconoscimento a quest’ultimo di un diritto di soggiorno derivato.

61

Per quanto riguarda le condizioni di concessione di tale diritto di soggiorno derivato, queste non devono essere più rigorose di quelle previste dalla direttiva 2004/38 per la concessione di tale diritto di soggiorno a un cittadino di uno Stato terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha esercitato il proprio diritto di libera circolazione stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui possiede la cittadinanza. Infatti, anche se tale direttiva non ricomprende una situazione come quella di cui al punto precedente della presente sentenza, essa deve essere applicata per analogia a tale situazione (v., per analogia, sentenze del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punti 5061, nonché del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a., C‑133/15, EU:C:2017:354, punti 5455).

62

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che la direttiva 2004/38 deve essere interpretata nel senso che, in una situazione in cui un cittadino dell’Unione abbia esercitato la propria libertà di circolazione recandosi e soggiornando in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza in forza dell’articolo 7, paragrafo 1, o dell’articolo 16, paragrafo 1, di tale direttiva, abbia successivamente acquisito la cittadinanza di tale Stato membro, conservando al contempo anche la propria cittadinanza d’origine, e, alcuni anni dopo, abbia contratto matrimonio con un cittadino di uno Stato terzo con il quale continui a risiedere nel territorio di detto Stato membro, quest’ultimo cittadino non beneficia di un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro in questione sulla base delle disposizioni di detta direttiva. Egli può tuttavia beneficiare di tale diritto di soggiorno in forza dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, a condizioni che non devono essere più rigorose di quelle previste dalla direttiva 2004/38 per la concessione di detto diritto a un cittadino di uno Stato terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha esercitato il proprio diritto di libera circolazione stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui possiede la cittadinanza.

Sulle spese

63

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

La direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, deve essere interpretata nel senso che, in una situazione in cui un cittadino dell’Unione europea abbia esercitato la propria libertà di circolazione recandosi e soggiornando in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza in forza dell’articolo 7, paragrafo 1, o dell’articolo 16, paragrafo 1, di tale direttiva, abbia successivamente acquisito la cittadinanza di tale Stato membro, conservando al contempo anche la propria cittadinanza d’origine, e, alcuni anni dopo, abbia contratto matrimonio con un cittadino di uno Stato terzo con il quale continui a risiedere nel territorio di detto Stato membro, quest’ultimo cittadino non beneficia di un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro in questione sulla base delle disposizioni di detta direttiva. Egli può tuttavia beneficiare di tale diritto di soggiorno in forza dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, a condizioni che non devono essere più rigorose di quelle previste dalla direttiva 2004/38 per la concessione di detto diritto a un cittadino di uno Stato terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha esercitato il proprio diritto di libera circolazione stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui possiede la cittadinanza.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.