CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 30 gennaio 2018 ( 1 )

Cause riunite C‑660/16 e C‑661/16

Finanzamt Dachau

contro

Achim Kollroß (C‑660/16)

e

Finanzamt Göppingen

contro

Erich Wirtl (C‑661/16)

[Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Bundesfinanzhof (Corte federale tributaria, Germania)]

(Fiscalità — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 65 — Acconto — Detrazione — Incertezza riguardante il fatto generatore dell’imposta — Articoli da 184 a 186 — Rettifica delle detrazioni — Rimborso dell’IVA indebitamente versata — Procedure nazionali)

1. 

Come ha scritto Benjamin Franklin in una famosa lettera a Jean-Baptiste Leroy nel 1789 «a questo mondo non vi è nulla di sicuro, se non la morte e le tasse».

2. 

Nei presenti procedimenti il giudice del rinvio – due diverse sezioni del Bundesfinanzhof (Corte federale tributaria, Germania) – chiede sostanzialmente di chiarire in quali circostanze una cessione futura di beni o una prestazione futura di servizi debba essere considerata, ai fini della disciplina relativa all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») di cui alla direttiva 2006/112/CE ( 2 ), sufficientemente certa per consentire la detrazione dell’IVA pagata dal destinatario sull’acconto, sebbene la cessione non abbia più luogo a causa di una frode perpetrata dal fornitore. Il giudice del rinvio chiede altresì alla Corte di chiarire le conseguenze giuridiche che ne derivano in termini di rettifiche della detrazione e di rimborsi da parte dell’amministrazione tributaria.

I. Quadro giuridico

A.   Normativa dell’Unione europea

3.

Conformemente all’articolo 63 della direttiva IVA, «il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi».

4.

Ai sensi dell’articolo 65 della medesima direttiva, in caso di pagamento di acconti anteriore alla cessione di beni o alla prestazione di servizi, l’imposta diventa esigibile al momento dell’incasso, a concorrenza dell’importo incassato.

5.

Conformemente all’articolo 167 della direttiva IVA, il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile.

6.

Ai sensi dell’articolo 184 della direttiva IVA, «la detrazione operata inizialmente è rettificata quando è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto».

7.

L’articolo 185 della direttiva IVA così dispone:

«1)   La rettifica ha luogo, in particolare, quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, in particolare, in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo.

2)   In deroga al paragrafo 1, la rettifica non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, in caso di distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati, nonché in caso di prelievi effettuati per dare regali di scarso valore e campioni di cui all’articolo 16.

In caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate e in caso di furto gli Stati membri possono tuttavia esigere la rettifica».

8.

L’articolo 186 della direttiva IVA impone agli Stati membri di determinare le modalità di applicazione degli articoli 184 e 185 della citata direttiva.

B.   Diritto nazionale

9.

L’articolo 15 dell’Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari) (in prosieguo: l’«UStG») stabilisce quanto segue:

«1)   L’imprenditore può detrarre i seguenti importi come imposta assolta a monte:

1.

l’imposta dovuta per legge per cessioni di beni e altre prestazioni di servizi eseguite da un’altra impresa a favore della sua impresa. L’esercizio del diritto alla detrazione presuppone che l’imprenditore sia in possesso di una fattura redatta ai sensi degli articoli 14 e 14a. L’importo dell’imposta indicato separatamente, ove riguardi un pagamento antecedente l’esecuzione delle suddette prestazioni, può essere portato in detrazione sin dal momento in cui sia disponibile la fattura ed il pagamento sia stato eseguito;

(…)».

10.

A norma dell’articolo 13, paragrafo 1, punto 1, lettera a), dell’UStG, l’imposta diviene esigibile, per cessioni di beni e altre prestazioni di servizi «in caso di calcolo dell’imposta sulla base del corrispettivo convenuto (articolo 16, paragrafo 1, prima frase), con il decorso del periodo contabile in cui sono state effettuate le prestazioni. Lo stesso vale per le prestazioni parziali. (…) Se il corrispettivo, o parte di esso, è percepito prima che la prestazione o la prestazione parziale siano state eseguite, l’imposta diviene esigibile al riguardo con il decorso del periodo contabile in cui è stato incassato il corrispettivo o il corrispettivo parziale».

11.

L’articolo 17 dell’UStG dispone quanto segue:

«1)   Nel caso in cui la base imponibile di un’operazione sia modificata ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, l’imprenditore che ha realizzato l’operazione stessa è tenuto a rettificare in maniera corrispondente l’importo dell’imposta dovuta. Allo stesso modo, l’imprenditore destinatario dell’operazione rettifica corrispondentemente l’importo dell’imposta che egli può portare in detrazione. (…)

2)   Il paragrafo 1 si applica per analogia

1.

se il prezzo concordato per una cessione imponibile, un’altra prestazione di servizi o un acquisto intracomunitario imponibile non può più essere riscosso. Se il corrispettivo viene incassato successivamente, l’importo dell’imposta e la detrazione devono essere nuovamente rettificati;

2.

nel caso in cui sia stato versato un corrispettivo per una concordata cessione di beni o altra prestazione di servizi, ma la cessione o la prestazione diversa non sono state effettuate;

(…)».

II. Fatti, procedimenti e questioni pregiudiziali

A.   Causa C‑660/16

12.

Il 10 aprile 2010 il sig. Achim Kollroß ordinava un impianto di cogenerazione dall’impresa G. La suddetta impresa confermava l’ordine il 12 aprile 2010 ed emetteva una fattura di acconto di EUR 30000 più IVA pari a EUR 5700. Il sig. Kollroß versava l’acconto richiesto alla G il 19 aprile 2010. La data di consegna dell’impianto non era stata ancora fissata.

13.

L’impianto ordinato non è mai stato consegnato. Sul patrimonio della G veniva aperta una procedura fallimentare ai sensi dell’Insolvenzordnung (legge fallimentare tedesca) che veniva sospesa per mancanza di massa attiva. Le persone che agivano per conto della G venivano condannate penalmente per truffa commessa a fini di lucro e in forma organizzata in 88 casi e per bancarotta fraudolenta a danno degli acquirenti degli impianti di cogenerazione, ma non per evasione fiscale.

14.

Per l’anno 2010 il sig. Kollroß chiedeva la detrazione dell’imposta a monte per il suo acconto alla G. Il Finanzamt Dachau (Ufficio delle imposte di Dachau), tuttavia, emetteva un avviso di accertamento fissando l’IVA pari a zero. Contro tale avviso il sig. Kollroß presentava opposizione, che veniva respinta.

15.

Successivamente il sig. Kollroß impugnava l’avviso dinanzi al Finanzgericht (tribunale tributario). Il Finanzgericht accoglieva la domanda. Esso muoveva dal presupposto che il ricorrente avesse diritto, sulla base dell’acconto, al riconoscimento della detrazione ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, prima frase, punto 1, e terza frase, dell’UStG. Esso riteneva inoltre che il sig. Kollroß non fosse tenuto a rettificare la detrazione ai sensi dell’articolo 17, paragrafi 1, seconda frase, e 2, punto 2, dell’UStG.

16.

Il Finanzamt Dachau (Ufficio delle imposte di Dachau) impugnava la suddetta sentenza dinanzi al Bundesfinanzhof (Corte federale tributaria). Nutrendo dubbi in ordine alla corretta interpretazione del diritto dell’Unione, detto giudice decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.

Se i requisiti della certezza dell’erogazione di una prestazione quale condizione per la detrazione sulla base di un acconto ai sensi della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa “Firin”, C‑107/13 [(“Firin”)], debbano essere accertati in maniera puramente oggettiva o dal punto di vista del soggetto che ha versato l’acconto in base alle circostanze da lui riconoscibili.

2)

Se gli Stati membri, tenuto conto del fatto che – a norma dell’articolo 167 della [direttiva IVA] – il diritto a detrazione insorge nello stesso momento in cui l’imposta diviene esigibile, e considerati i poteri di regolamentazione loro riconosciuti in base agli articoli 185, paragrafo 2, secondo comma, e 186 della direttiva succitata, possano subordinare al rimborso dell’acconto la rettifica tanto dell’imposta quanto della detrazione.

3)

Se l’agenzia tributaria competente per il soggetto che ha versato l’acconto debba rimborsare a quest’ultimo l’imposta sulla cifra d’affari qualora questi non possa ottenere il rimborso dell’acconto dal relativo destinatario. In caso affermativo, se ciò debba avvenire nell’ambito di un procedimento di determinazione dell’imposta o se sia a tal fine sufficiente un procedimento secondo equità».

B.   Causa C‑661/16

17.

Il 3 agosto 2010 il sig. Erich Wirtl ordinava un impianto di cogenerazione dall’impresa G al prezzo di EUR 30000 più IVA pari a EUR 5700. L’impianto doveva essere consegnato 14 settimane dal ricevimento del pagamento. Il sig. Wirtl pagava anticipatamente il prezzo d’acquisto.

18.

L’impianto, tuttavia, non è mai stato consegnato. Sul patrimonio della G veniva aperta una procedura fallimentare ai sensi dell’Insolvenzordnung, che veniva sospesa per mancanza di massa attiva. Le persone che agivano per conto della G venivano condannate penalmente per truffa commessa a fini di lucro e in forma organizzata in 88 casi e per bancarotta fraudolenta a danno degli acquirenti degli impianti di cogenerazione, ma non per evasione fiscale.

19.

Per l’anno 2010 il sig. Wirtl chiedeva la detrazione dell’imposta a monte relativa al suo pagamento alla G. Il Finanzamt Göppingen (Ufficio delle imposte di Göppingen), tuttavia, decideva di non accettare detta detrazione. Contro tale avviso il sig. Wirtl presentava opposizione avverso la decisione, che veniva respinta.

20.

Successivamente il sig. Wirtl impugnava la decisione dinanzi al Finanzgericht (tribunale tributario). Il Finanzgericht accoglieva la domanda. Esso muoveva dal presupposto che il sig. Wirtl avesse diritto, sulla base dell’acconto, al riconoscimento della detrazione ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, punto 1, terza frase, dell’UStG. Esso riteneva inoltre che il sig. Wirtl non fosse tenuto a rettificare la detrazione dell’imposta assolta a monte ai sensi dell’articolo 17, paragrafi 1, seconda frase, e 2, punto 2, dell’UStG.

21.

Il Finanzamt di Göppingen impugnava la suddetta sentenza dinanzi al Bundesfinanzhof (Corte federale tributaria). Nutrendo dubbi in ordine alla corretta interpretazione del diritto dell’Unione, detto giudice decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se, in base alla sentenza della Corte [nella causa Firin, punto 39], la detrazione sulla base di un acconto sia esclusa quando la realizzazione del fatto generatore dell’imposta è, al momento del versamento dell’acconto, incerta. Se tale incertezza debba essere valutata alla luce della situazione oggettiva o dal punto di vista del soggetto che ha versato l’acconto.

2)

Se la sentenza della Corte nella causa [Firin, punto 58] debba essere interpretata nel senso che, in base al diritto dell’Unione, una rettifica della detrazione compiuta dal soggetto che ha versato l’acconto sulla base della fattura a lui intestata e redatta ai fini del pagamento di un acconto concernente la cessione di beni, non presuppone — nei casi in cui la cessione di cui trattasi non è alla fine stata effettuata – il rimborso dell’acconto versato.

3)

In caso di risposta affermativa alla questione che precede: se l’articolo 186 della direttiva IVA, che permette agli Stati membri di determinare le modalità di applicazione della rettifica a norma dell’articolo 185 della direttiva succitata, autorizzi lo Stato membro Repubblica federale di Germania a prevedere, nella sua normativa nazionale, che solo con la restituzione dell’acconto si verifica una riduzione della base imponibile dell’imposta e si rende quindi necessaria una rettifica, contestuale e alle medesime condizioni, dell’imposta sulla cifra d’affari dovuta e della detrazione.

C.   Procedimento dinanzi alla Corte

22.

Con decisione del presidente della Corte del 19 gennaio 2017, le cause C‑660/16 e C‑661/16 sono state riunite ai fini della fase scritta del procedimento e della sentenza.

23.

Hanno presentato osservazioni scritte il sig. Kollroß, il governo tedesco e la Commissione europea.

III. Analisi

A.   Sulla prima questione sottoposta nelle cause C‑660/16 e C‑661/16

24.

Con la prima questione in entrambe le cause, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente alla Corte le modalità per stabilire, ai fini dell’articolo 65 della direttiva IVA, se una cessione di beni per cui sia stato versato un acconto sia incerta in caso di frode perpetrata dal fornitore. In particolare, il giudice del rinvio desidera sapere se, ove i beni non siano più stati ceduti a causa di una frode siffatta, il soggetto passivo abbia il diritto di detrarre l’IVA versata.

25.

Prima di affrontare gli specifici problemi sollevati dalle suddette questioni, appare utile richiamare le disposizioni fondamentali applicabili, secondo l’interpretazione costante datane dalla Corte.

26.

Secondo una giurisprudenza consolidata, il regime delle detrazioni è inteso a esonerare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il principio della neutralità fiscale posto alla base del sistema comune dell’IVA garantisce la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano di per sé soggette all’IVA ( 3 ).

27.

A norma dell’articolo 167 della direttiva IVA, il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile. Secondo la regola generale, l’IVA diviene esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi (articolo 63 della direttiva IVA). Tuttavia, in caso di pagamento di acconti, l’articolo 65 della direttiva IVA dispone che l’IVA diviene esigibile al momento dell’incasso, a concorrenza dell’importo incassato.

28.

Sulla base di una costante giurisprudenza della Corte, affinché l’IVA diventi esigibile (e quindi anche detraibile) nel caso di versamento di un acconto, tutti gli elementi qualificanti il fatto generatore futuro devono essere già noti ( 4 ). La Corte ha anche statuito che l’articolo 65 della direttiva IVA non può essere applicato qualora la realizzazione del fatto generatore sia incerta ( 5 ).

29.

A questo proposito, il presente procedimento solleva due questioni distinte ma collegate. Il giudice del rinvio chiede in primo luogo come debba essere valutata la suddetta incertezza e, in secondo luogo, se a tale proposito rilevi il fatto che la data di consegna delle merci acquistate non era indicata nel contratto fra il destinatario e il fornitore.

30.

Per quanto attiene alla prima delle suddette questioni, il giudice del rinvio afferma che, in situazioni come quelle in discussione nei procedimenti principali, la suddetta incertezza può essere valutata sulla base delle informazioni di cui dispone il destinatario o sulla base delle informazioni di cui dispone il fornitore. In altre parole, il giudice del rinvio si chiede se l’intenzione del fornitore di commettere una frode, di cui il destinatario non era a conoscenza, debba essere considerata rilevante in sede di valutazione della certezza (o, piuttosto, dell’incertezza) circa il verificarsi del fatto generatore.

31.

Sono dell’avviso che l’intenzione fraudolenta del fornitore non debba avere alcuna rilevanza sul diritto del destinatario di detrarre l’IVA assolta sull’acconto, a meno che quest’ultimo conoscesse, o avrebbe dovuto conoscere, il suddetto intento fraudolento.

32.

La suddetta conclusione sembra discendere dalla giurisprudenza della Corte, soprattutto dalle sentenze Bonik ( 6 ) e FIRIN ( 7 ). Nelle suddette cause, la Corte ha sottolineato che i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione e che la lotta contro l’evasione, l’elusione fiscale e gli eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e promosso dalla direttiva IVA. Conseguentemente, la Corte ha dichiarato che le autorità nazionali dovrebbero negare il beneficio del diritto a detrazione quando questo è invocato fraudolentemente o abusivamente ( 8 ). Ciò si verifica, in particolare, nel caso di evasione fiscale commessa dallo stesso soggetto passivo ( 9 ). Per contro, non è compatibile con le disposizioni della direttiva IVA negare tale diritto a un soggetto passivo che non sapeva, e non avrebbe potuto sapere, che l’operazione interessata si collocava nell’ambito di un’evasione commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di cessioni ( 10 ).

33.

In applicazione dei suddetti principi alle cause in questione, il fatto che i fornitori non avessero mai avuto l’intenzione di consegnare le merci acquistate dai destinatari non può, di per sé, giustificare il diniego delle autorità nazionali di accettare le detrazioni fatte valere da tali destinatari. Le suddette autorità possono negare le detrazioni solo se dimostrano adeguatamente che i destinatari sapevano, o avrebbero dovuto sapere, che il fornitore non avesse ab origine alcuna intenzione di rispettare i contratti ( 11 ).

34.

Invero, quando, analogamente alla causa Firin ( 12 ), sia il fornitore sia il destinatario sanno (o dovrebbero sapere) che non vi sarà alcuna cessione, ci si potrebbe chiedere se esista realmente un contratto di cessione, almeno ai fini delle norme IVA. Più in generale, l’articolo 65 della direttiva IVA non può trovare applicazione quando, laddove sia pagato un acconto, esistano seri dubbi circa la debita esecuzione della prestazione imponibile ( 13 ).

35.

Per contro, laddove il destinatario ignori e non possa conoscere le intenzioni fraudolente o abusive del fornitore – e a maggior ragione laddove, come in situazioni di cui trattasi nei procedimenti principali, il fornitore sembra avere debitamente assolto l’IVA ricevuta dallo Stato – non vi è alcun motivo oggettivo per negargli il diritto iniziale alla detrazione. Un siffatto diniego da un lato andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario ( 14 ) e, dall’altro, imporrebbe un onere eccessivo agli acquirenti. Nella normale prassi commerciale non è inusuale che un fornitore chieda ai propri clienti di versare un acconto prima della cessione dei beni o di altre prestazioni. Come osserva il giudice del rinvio nella sua ordinanza nella causa C‑660/16, sembrerebbe eccessivo far gravare tutti i rischi legati alla possibilità che i beni acquistati non siano consegnati o i servizi acquistati non siano erogati sui destinatari che, anche prestando la dovuta diligenza, potrebbero non conoscere le cattive intenzioni dei propri fornitori.

36.

Resta poi da stabilire se la mancata previsione della data di consegna dei beni in un contratto di cessione comporti la mancata conoscenza di tutti gli elementi qualificanti il fatto generatore futuro e, conseguentemente, il diniego della detrazione.

37.

A questo proposito, ritengo che la mera assenza di una data di consegna non possa essere considerata come un fattore che determina incertezza circa il sorgere dell’evento generatore. Anche in questo caso non è inusuale, nella normale prassi commerciale, che le parti concordino una cessione di beni o prestazione di servizi senza essere in grado di stabilire la data precisa in cui la cessione o la prestazione avrà luogo. Nella misura in cui l’acquirente non disponga di alcun motivo di mettere in dubbio la capacità e l’intenzione del fornitore di adempiere le proprie obbligazioni, non vi è motivo per ritenere che, al momento del versamento dell’acconto, la cessione sia incerta.

38.

Ovviamente, come evidenziato nell’introduzione delle presenti conclusioni, tutto ciò che si presume avvenga in futuro è, entro determinati limiti, incerto. La suddetta logica, tuttavia, non è applicabile al presente contesto, in quanto svuoterebbe di significato l’articolo 65 della direttiva IVA. Non vedo neanche il motivo per cui la mera indicazione di una data specifica in un contratto renderebbe più certa (o, al contrario, meno incerta) la cessione futura.

39.

Nella sentenza BUPA Hospitals, la Corte ha statuito che l’articolo 65 della direttiva IVA non si applicava a una situazione in cui le parti sono autorizzate a recedere unilateralmente dal contratto in qualsiasi momento e sono stati pagati acconti per la cessione di beni la cui identità e quantità doveva essere ancora determinata ( 15 ). La situazione, tuttavia, deve essere distinta dalle circostanze di cui trattasi nei procedimenti principali: nella sentenza BUPA Hospitals, nel momento in cui è stato effettuato il pagamento era incerto anche se l’operazione sarebbe stata effettuata. Per contro, nei casi in esame, almeno dal punto di vista dei destinatari, solo il momento della cessione doveva ancora essere determinato.

40.

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle prime questioni poste nelle cause C‑660/16 e C‑661/16 che l’articolo 65 della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che il diritto alla detrazione non può essere negato a un soggetto passivo che ha versato un acconto per beni o servizi che non sono più stati ceduti o prestati se questi non conosceva, e non avrebbe potuto conoscere, l’intenzione del fornitore di non onorare il contratto. La mera mancanza di indicazione della data di consegna nel contratto non rende incerto l’adempimento dello stesso ai fini della suddetta disposizione.

B.   Sulla seconda questione pregiudiziale nella causa C‑660/16 e sulla seconda e sulla terza questione pregiudiziale nella causa C‑661/16

41.

Con la sua seconda questione nella causa C‑660/16 e con la seconda e terza questione nella causa C‑661/16, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se, in circostanze quali quelle in discussione nei procedimenti principali, gli articoli da 184 a 186 della direttiva IVA ostino ad una normativa nazionale che richiede una rettifica delle detrazioni, ma subordina detta rettifica al rimborso dell’acconto versato.

42.

Occorre ricordare preliminarmente che il sistema di detrazioni previsto dalla direttiva IVA è inteso ad esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di tali attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA ( 16 ).

43.

Ne consegue che il criterio determinante ai fini della detraibilità dell’IVA a monte è l’utilizzazione che viene fatta di tali beni o di tali servizi, ovvero per essi prevista. Tale utilizzazione determina la detrazione iniziale cui il contribuente ha diritto e l’entità di eventuali rettifiche, che devono essere effettuate conformemente ai requisiti indicati agli articoli da 185 a 187 della direttiva IVA ( 17 ).

44.

Il meccanismo della rettifica previsto da tali articoli della direttiva costituisce parte integrante del sistema di detrazione dell’IVA istituito dalla direttiva medesima. Le suddette norme mirano ad aumentare la precisione delle detrazioni, così da assicurare la neutralità dell’IVA. Con le dette norme, la direttiva IVA ha così lo scopo di stabilire una relazione stretta e diretta tra il diritto alla detrazione dell’IVA a monte e l’utilizzo dei beni e dei servizi di cui trattasi per operazioni soggette ad imposta a valle ( 18 ).

45.

Per quanto riguarda il momento della nascita di un eventuale obbligo di rettifica della detrazione dell’IVA effettuata a titolo di imposta pagata a monte, l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva stabilisce il principio secondo il quale tale rettifica deve essere operata in particolare quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono intervenuti dei mutamenti degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo mutato della suddetta detrazione ( 19 ).

46.

La prima questione da affrontare in questo contesto, pertanto, è se circostanze quali quelle in discussione nei procedimenti principali rientrino in linea di principio fra quelle disciplinate dall’articolo 185 della direttiva IVA. Mi sembra proprio che questo sia il caso.

47.

Nella sentenza PIGI, la Corte ha statuito che un soggetto passivo che fosse stato vittima del furto dei beni relativamente ai quali aveva detratto l’IVA assolta a monte, era tenuto, in linea di principio, ad adeguare la detrazione da esso operata ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA. La Corte, tuttavia, ha evidenziato che, in deroga, il paragrafo 2 dell’articolo 185, al primo comma, prevede che non occorre procedere a rettifica in caso di «furto debitamente provat[o]» e che, a termini del secondo comma di quest’ultima disposizione, tale deroga riveste carattere facoltativo. Conseguentemente, la Corte ha dichiarato che gli Stati membri possono legittimamente prevedere la rettifica delle detrazioni dell’IVA operata a monte in tutti i casi di furto di beni che consentano il diritto alla detrazione dell’imposta ( 20 ).

48.

Analogamente, nella sentenza FIRIN, la Corte ha stabilito che in circostanze dalle quali emerge che la cessione di beni per la quale un soggetto passivo ha versato un acconto non si realizzerà, l’amministrazione finanziaria può esigere la rettifica dell’IVA detratta da tale soggetto passivo. Ciò indipendentemente dal fatto che l’IVA dovuta dal debitore sia stata essa stessa rettificata o meno ( 21 ).

49.

Gli stessi principi, pertanto, dovrebbero applicarsi al presente procedimento. Il fatto che i beni acquistati e per i quali era stato versato un acconto non siano stati consegnati, rappresenta ai fini degli articoli da 184 a 186 della direttiva IVA un mutamento degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo da detrarre, intervenuto successivamente alla dichiarazione dell’IVA. I beni acquistati non potrebbero mai essere utilizzati dal soggetto passivo per le operazioni tassate a valle ( 22 ). Conseguentemente, in via di principio è richiesta una rettifica della detrazione, conformemente al disposto dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA.

50.

Detto ciò, la questione successiva da dirimere è se la deroga al suddetto principio, di cui all’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA, sia applicabile a circostanze quali quelle del caso di specie. Al riguardo, sono dell’avviso che quando la mancata consegna di beni acquistati sia dovuta a una frode perpetrata dal fornitore ai danni del destinatario, la suddetta deroga sia applicabile.

51.

Ritengo infatti che una siffatta frode dovrebbe essere considerata come un «furto», situazione relativamente alla quale la suddetta disposizione rende facoltativa la rettifica. Per essere più precisi, la rettifica non è obbligatoria a meno che uno Stato membro non decida altrimenti. Ritengo che vi siano due motivi al riguardo. In primo luogo, la ratio dell’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA sembra sostenere la suddetta posizione e, in secondo luogo, nella sentenza PIGI la Corte ha già respinto un’interpretazione formalistica della nozione di «furto».

52.

Innanzitutto, l’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA riguarda situazioni per le quali il legislatore dell’Unione ha ritenuto che, sebbene in linea di principio dovrebbero comportare una rettifica delle detrazioni, la suddetta rettifica non dovrebbe o non potrebbe essere richiesta. In particolare, la deroga relativa alla «distruzione, perdita o furto» sembra riguardare situazioni in cui un soggetto passivo abbia pagato l’IVA a monte sui beni acquistati con l’intenzione di utilizzarli per operazioni imponibili a valle, ma che, per motivi indipendenti dalla volontà di detto soggetto, finiscono col non potere essere utilizzati per detta finalità.

53.

In situazioni del genere, la spesa del soggetto passivo per i beni distrutti, persi o rubati è, genericamente parlando, collegata alla sua attività economica. Il fatto che i suddetti beni alla fine non siano stati utilizzati per le finalità di operazioni imponibili è meramente accidentale. È pertanto giusto che il soggetto passivo che ha assolto l’IVA a monte sui suddetti beni possa continuare a beneficiare di una detrazione. Se il soggetto passivo fosse obbligato a rinunciare alla detrazione, subirebbe un’ulteriore perdita. La finalità di tutelare soggetto passivo da una perdita ingiusta dovrebbe essere confrontata con gli esempi forniti all’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA relativamente a situazioni in cui si dovrebbe effettuare una rettifica, ossia «in caso di annullamento di acquisto o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo». Queste sono situazioni in cui, in assenza di una rettifica, il soggetto passivo beneficerebbe di un vantaggio ingiusto.

54.

In secondo luogo, nella sentenza PIGI la Corte ha precisato che la nozione di «furto» ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA dovrebbe essere interpretata in senso atecnico e includere, ad esempio, attività criminali che producono un ammanco di beni che non possono essere utilizzati per operazioni imponibili a valle ( 23 ).

55.

Sebbene la delimitazione delle fattispecie di «furto» e «frode» possa variare nei diversi Stati membri, queste due nozioni, a mio avviso, hanno molte caratteristiche importanti in comune: entrambe costituiscono reati contro il patrimonio che determinano un vantaggio illecito per l’autore e un’ingiusta perdita per la vittima. La principale differenza riguarda il modo in cui il bene è illegittimamente sottratto alla vittima: senza il consenso del titolare, in caso di furto, e mediante un inganno deliberato, in caso di frode. Tuttavia, non riesco a vedere il motivo per cui una siffatta differenza nella condotta dell’autore rilevi ai fini degli articoli da 184 a 186 della direttiva IVA.

56.

Inoltre, mi sembra che, almeno da un punto di vista pratico ed economico, non vi sia una differenza sostanziale fra determinati tipi di furto e frode: ad esempio, tra i beni acquistati e pagati ma non consegnati, in quanto rubati durante il trasporto, e beni equivalenti che non sono consegnati a causa di una frode sul lato del fornitore. In entrambe le situazioni sono ravvisabili motivi di equità e di neutralità che depongono a favore della possibilità che il soggetto passivo continui a beneficiare delle detrazioni dell’IVA assolta a monte.

57.

Pertanto, casi di frode commessa dai fornitori a spese dei propri clienti, come quella di cui ai procedimenti principali dovrebbero essere trattati, a mio parere, come casi di «furto» ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA. Ciò posto, il secondo comma della suddetta disposizione rende facoltativa la deroga: sebbene di norma non sia necessaria una rettifica, uno Stato membro può sempre decidere altrimenti e, quindi, richiedere una rettifica in casi di furto.

58.

A quanto ho capito, in base alla normativa tedesca pertinente, secondo l’interpretazione dei giudici nazionali una rettifica in un caso di frode è necessaria solo ove il soggetto passivo vittima della stessa abbia ricevuto un risarcimento dal fornitore.

59.

Se le cose stanno così, una normativa nazionale siffatta è, a mio parere, compatibile con gli articoli da 184 a 186 della direttiva IVA: le autorità tedesche hanno deciso di avvalersi della possibilità, offerta dall’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, di tale direttiva, di richiedere una rettifica delle detrazioni in caso di furto.

60.

Il fatto che abbiano deciso di fare un uso limitato della suddetta opzione – decidendo di subordinare la rettifica al rimborso dell’importo precedentemente pagato dal fornitore al destinatario – sembra rientrare nella discrezionalità concessa agli Stati membri dalla direttiva IVA agli articoli 185, paragrafo 2, e 186 di quest’ultima. A mio avviso, inoltre, questa condizione è ragionevole. Essa impedisce il verificarsi di una situazione in cui i soggetti passivi potrebbero effettivamente beneficiare dell’arricchimento indebito che deriverebbe dal conservare la detrazione mentre si è ricevuto un rimborso delle somme precedentemente pagate. Del pari, laddove non sia effettuato un rimborso, ciò assicura che un soggetto passivo che accetta di versare un acconto non debba sopportare rischi eccessivi nel caso in cui questi non conosca o non possa conoscere l’intento fraudolento del suo fornitore ( 24 ).

61.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo di rispondere alla seconda questione nella causa C‑660/16 e alla seconda e terza questione nella causa C‑661/16 nel senso che, in circostanze quali quelle di cui ai procedimenti principali, gli articoli da 184 a 186 della direttiva IVA non ostano a una normativa nazionale che richiede una rettifica delle detrazioni e subordina detta rettifica al rimborso dell’acconto versato.

C.   Sulla terza questione sottoposta nella causa C‑660/16

62.

Con la sua terza questione pregiudiziale nella causa C‑660/16, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente, in primo luogo se le disposizioni della direttiva IVA e il principio di effettività prescrivano agli Stati membri di consentire a un soggetto passivo di agire contro le autorità tributarie per un rimborso dell’IVA indebitamente pagata su un acconto che il fornitore ha versato all’Erario, laddove il rimborso dell’IVA dal fornitore sia impossibile. In caso affermativo, il giudice del rinvio desidera sapere, in secondo luogo, se il soggetto passivo possa fare valere i propri diritti nell’ambito del procedimento ordinario di determinazione dell’imposta, o se gli possa essere chiesto di agire nell’ambito di un procedimento secondo equità.

63.

Sono dell’avviso che, ove la Corte condivida le mie risposte alle altre questioni sottoposte dal giudice del rinvio, non vi sia necessità di rispondere alla presente questione nel contesto del presente procedimento. Infatti, se i soggetti passivi non riescono ad ottenere il rimborso dell’acconto versato (con la corrispondente IVA) dai loro fornitori, essi non sono tenuti a effettuare la rettifica delle detrazioni e, pertanto, possono continuare a beneficiare della detrazione dell’IVA versata ai fornitori.

64.

Vorrei tuttavia fornire alcune riflessioni sulla problematica sollevata dalla presente questione nel caso in cui la Corte dovesse dissentire da me circa le risposte da dare alle altre questioni sottoposte dal giudice del rinvio.

65.

I dubbi del giudice del rinvio sono motivati dalla sentenza della Corte nella causa Reemtsma Cigarettenfabriken ( 25 ).

66.

Nella suddetta causa, il giudice del rinvio aveva sottoposto alla Corte una serie di questioni riguardanti l’interpretazione delle disposizioni dell’Ottava direttiva ( 26 ) alla luce dei principi di neutralità, effettività e non discriminazione. Nella sua sentenza, la Corte ha statuito, fra l’altro, che le suddette disposizioni e i suddetti principi non ostavano ad una legislazione nazionale secondo cui soltanto il prestatore di servizi è legittimato a chiedere il rimborso delle somme indebitamente versate alle autorità tributarie a titolo di IVA, mentre il destinatario dei servizi può esercitare un’azione civilistica di ripetizione dell’indebito nei confronti del prestatore.

67.

La Corte ha tuttavia anche aggiunto che, nel caso in cui il rimborso dell’IVA divenga impossibile o eccessivamente difficile, gli Stati membri devono prevedere, in ossequio al principio di effettività, gli strumenti necessari per consentire a tale destinatario di recuperare l’imposta indebitamente fatturata, all’occorrenza direttamente dalle autorità tributarie ( 27 ).

68.

Il presente procedimento, pertanto, solleva la questione se i principi sviluppati dalla Corte nella sentenza Reemtsma Cigarettenfabriken debbano essere applicati anche ad una situazione simile a quella in discussione nel procedimento principale, che è disciplinato dalle disposizioni della direttiva IVA e non già da quelle dell’Ottava direttiva.

69.

Nutro dubbi circa il fatto che i suddetti principi possano essere trasposti immediatamente e agevolmente ai casi in questione.

70.

Deve essere subito sottolineato che la direttiva IVA non prevede espressamente un meccanismo che consenta alle autorità tributarie di rimborsare l’IVA direttamente al destinatario nel caso in cui il fornitore divenga insolvente. Il pagamento dell’IVA versata su un acconto al fornitore da parte del destinatario e il pagamento della stessa IVA alle autorità tributarie da parte del fornitore sono, in linea di principio, operazioni distinte. Pertanto, secondo il normale svolgimento delle cose, il destinatario dovrebbe chiedere il rimborso al fornitore, il quale a sua volta può chiedere il rimborso all’ufficio delle imposte. La direttiva IVA, pertanto, non richiede – espressamente o implicitamente – agli Stati membri di prevedere un’azione diretta esperibile dal destinatario nei confronti dell’ufficio delle imposte.

71.

A tale riguardo occorre ricordare che, in mancanza di disciplina dell’Unione in materia di domande di rimborso delle imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possono essere presentate, purché i requisiti in questione rispettino i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire, non siano meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi basati su norme di natura interna e non siano congegnati in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione ( 28 ).

72.

Ciò significa che la disciplina nazionale non deve prescrivere una forma di azione che consenta in via generale ai destinatari che si trovino in situazioni simili a quelle di cui al procedimento principale di agire direttamente contro l’ufficio delle imposte.

73.

Detto questo, la mia lettura della sentenza Reemtsma Cigarettenfabriken è che secondo la Corte la procedura ivi discussa – indubbiamente di carattere estremamente eccezionale – era necessaria solo in virtù della situazione molto particolare di cui trattavasi: quella di un soggetto passivo che ha indebitamente versato l’IVA (ossia l’ha versata su un’operazione esente) e che è stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui l’IVA è stata versata. La sentenza, ovviamente, mirava a evitare un indebito arricchimento dell’Erario in una situazione in cui era stato commesso un errore nella fatturazione dell’IVA e, in virtù della natura transfrontaliera dell’operazione, le normali procedure di rimborso potevano essere complicate e inefficaci.

74.

Non mi è chiaro se le situazioni di cui trattasi nel procedimento principale richiedano una siffatta soluzione estrema. Spetta tuttavia al giudice del rinvio valutare se, in una data situazione, la disciplina nazionale non fornisca strumenti adeguati ai soggetti passivi che si trovano in una situazione simile a quella di cui al procedimento principale per ottenere il rimborso dell’IVA indebitamente pagata dal fornitore e se, in caso affermativo, si renda necessario un meccanismo quale quello individuato nella sentenza Reemtsma Cigarettenfabriken al fine di rispettare al principio di effettività.

75.

L’aspetto successivo della terza questione proposta nella causa C‑660/16 è il seguente: qualora il giudice del rinvio dovesse, in ossequio al principio di effettività, concludere per la necessità di una forma di azione diretta da parte del destinatario nei confronti dell’ufficio delle imposte, una procedura quale quella secondo equità disciplinata dalla normativa tedesca sarebbe sufficiente per assicurare il rispetto del suddetto principio?

76.

In altre parole, il giudice del rinvio chiede se la disciplina nazionale debba consentire a soggetti passivi come il sig. Kollroß e il sig. Wirtl di far valere i propri diritti nell’ambito del procedimento ordinario di determinazione dell’imposta.

77.

Come ho avuto occasione di evidenziare nelle conclusioni da me presentate nella causa Geissel e Butin ( 29 ), anche la decisione della suddetta questione spetta al giudice del rinvio. La Corte non dispone di informazioni sufficientemente dettagliate in merito al procedimento speciale secondo equità (e sulle differenze tra tale procedimento e il procedimento ordinario di determinazione delle imposte) per poter stabilire se disposizioni procedurali nazionali come quelle oggetto del procedimento principale rispettino il principio di effettività.

78.

A questo proposito occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, la questione se una disposizione processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile per i singoli esercitare diritti derivanti dall’ordinamento giuridico dell’Unione dev’essere esaminata tenendo conto del ruolo di detta disposizione nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo, si devono prendere in considerazione i principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento ( 30 ). In linea di principio, spetta al giudice del rinvio valutare la compatibilità dei provvedimenti nazionali di cui trattasi con tali principi alla luce di tutte le circostanze del caso.

79.

Laddove la disciplina nazionale preveda una procedura speciale o distinta (quale quella, se ben capisco, secondo equità prevista dalla normativa tedesca) i giudici del rinvio dovrebbero, a mio avviso, valutare segnatamente se la lunghezza, la complessità e i costi associati alla suddetta procedura determinino, a carico del soggetto passivo, difficoltà sproporzionate ( 31 ). Nei casi in questione, tuttavia, si dovrebbe avere riguardo anche per la natura eccezionale dei diritti dei ricorrenti. Pertanto, qualora il giudice del rinvio concluda per la necessità di una procedura quale quella analizzata dalla Corte nella sentenza Reemtsma Cigarettenfabriken, non riterrei irragionevole il ricorso ad una procedura nazionale basata sull’equità.

IV. Conclusione

80.

In conclusione, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sottoposte dal Bundesfinanzhof (Corte federale tributaria, Germania) nei seguenti termini:

L’articolo 65 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che il diritto alla detrazione non può essere negato a un soggetto passivo che ha versato un acconto per beni o servizi che non sono più stati ceduti o prestati se questi non conosceva, e non avrebbe potuto conoscere, l’intenzione del fornitore di non onorare il contratto di cessione di beni o prestazione di servizi. La mera mancanza di indicazione della data di consegna nel contratto non rende incerto l’adempimento dello stesso ai fini della suddetta disposizione.

Gli articoli da 184 a 186 della direttiva 2006/112 non ostano a una normativa nazionale che, in circostanze quali quelle di cui ai procedimenti principali, richiede una rettifica delle detrazioni e subordina detta rettifica al rimborso dell’acconto versato.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Direttiva del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva IVA»).

( 3 ) Sentenza del 14 febbraio 1985, Rompelman, 268/83, EU:C:1985:74, punto 19.

( 4 ) V., ex multis, sentenze del 21 febbraio 2006, BUPA Hospitals e Goldsborough Developments, C‑419/02, EU:C:2006:122, punto 48; del 16 dicembre 2010, Macdonald Resorts, C‑270/09, EU:C:2010:780, punto 31, nonché del 3 maggio 2012, Lebara, C‑520/10, EU:C:2012:264, punto 26.

( 5 ) Sentenza del 13 marzo 2014, FIRIN, C‑107/13, EU:C:2014:151, punto 39.

( 6 ) Sentenza del 6 dicembre 2012, Bonik, C‑285/11, EU:C:2012:774.

( 7 ) Sentenza del 13 marzo 2014, FIRIN, C‑107/13, EU:C:2014:151.

( 8 ) Sentenze del 6 dicembre 2012, Bonik, C‑285/11, EU:C:2012:774, punti da 35 a 37, e del 13 marzo 2014, FIRIN, C‑107/13, EU:C:2014:151, punto 40.

( 9 ) Sentenze del 6 dicembre 2012, Bonik, C‑285/11, EU:C:2012:774, punto 38, e del 13 marzo 2014, FIRIN, C‑107/13, EU:C:2014:151, punto 41.

( 10 ) Sentenza del 6 dicembre 2012, Bonik, C‑285/11, EU:C:2012:774, punto 41, e del 13 marzo 2014, FIRIN, C‑107/13, EU:C:2014:151, punto 42.

( 11 ) Sentenza del 13 marzo 2014, FIRIN, C‑107/13, EU:C:2014:151, punto 44.

( 12 ) V. sentenza del 13 marzo 2014, FIRIN, C‑107/13, EU:C:2014:151, in particolare punti 22 e segg., e conclusioni dell’avvocato generale Kokott presentate nella stessa causa, EU:C:2013:872, paragrafo 28.

( 13 ) Conclusioni dell’avvocato generale Kokott presentate nella causa FIRIN, C‑107/13, EU:C:2013:872, paragrafo 26.

( 14 ) V. sentenza del 13 marzo 2014, FIRIN, C‑107/13, EU:C:2014:151, punto 43, e giurisprudenza ivi citata.

( 15 ) Sentenza del 21 febbraio 2006, BUPA Hospitals e Goldsborough Developments, C‑419/02, EU:C:2006:122.

( 16 ) V. sentenza del 18 ottobre 2012, TETS Haskovo, C‑234/11, EU:C:2012:644, punto 27, e giurisprudenza ivi citata.

( 17 ) V., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 2012, TETS Haskovo, C‑234/11, EU:C:2012:644, punto 29 e del 4 ottobre 2012, PIGI, C‑550/11, EU:C:2012:614, punto 23.

( 18 ) V., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 2012, TETS Haskovo, C‑234/11, EU:C:2012:644, punti 3031, e del 4 ottobre 2012, PIGI, C‑550/11, EU:C:2012:614, punti 2425.

( 19 ) V., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 2012, TETS Haskovo, C‑234/11, EU:C:2012:644, punto 32, e del 4 ottobre 2012, PIGI, C‑550/11, EU:C:2012:614, punto 26.

( 20 ) Sentenza del 4 ottobre 2012, PIGI, C‑550/11, EU:C:2012:614, punti da 27 a 29.

( 21 ) Sentenza del 13 marzo 2014, FIRIN, C‑107/13, EU:C:2014:151, punti 5253. A questo riguardo potrebbe essere utile evidenziare che dissento dall’interpretazione restrittiva della sentenza FIRIN proposta dalla Commissione, secondo cui la rettifica delle detrazioni era richiesta dalla Corte solo perché la causa riguardava una truffa in cui erano coinvolti sia il fornitore sia il destinatario. Una siffatta lettura della sentenza FIRIN è manifestamente insostenibile. Infatti, come risulta in modo piuttosto chiaro sia dal punto 47 della sentenza (sia dal paragrafo 30 delle conclusioni dell’avvocato generale) pronunciata in tale causa, la Corte ha fornito l’interpretazione dell’articolo 185 della direttiva IVA chiesta dal giudice del rinvio, senza fare riferimento alla fattispecie in discussione nel procedimento principale. Invero, dal momento che la frode non consentiva tout court al destinatario di detrarre l’IVA assolta a monte, non avrebbe avuto senso esaminare l’eventuale necessità di una rettifica delle detrazioni. Questa lettura della sentenza FIRIN è ulteriormente corroborata dalla sentenza del 18 luglio 2013, Evita-K, C‑78/12, EU:C:2013:486, punti 5960.

( 22 ) V., per analogia, sentenza del 4 ottobre 2012, PIGI, C‑550/11, EU:C:2012:614, punto 27.

( 23 ) Sentenza del 4 ottobre 2012, PIGI, C‑550/11, EU:C:2012:614, punti 2937.

( 24 ) V. paragrafo 35 supra.

( 25 ) Sentenza del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C‑35/05, EU:C:2007:167.

( 26 ) Ottava direttiva del Consiglio 6 dicembre 1979, 79/1072/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Modalità per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti all’interno del paese (GU L 331, pag. 11).

( 27 ) Sentenza del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C‑35/05, EU:C:2007:167, punti 3441.

( 28 ) V., ad esempio, sentenza del 26 aprile 2017, Farkas, C‑564/15, EU:C:2017:302, punto 50.

( 29 ) V. conclusioni nelle cause riunite Geissel e Butin, C‑374/16 e C‑375/16, EU:C:2017:515, paragrafo 67 e segg.

( 30 ) Sentenza del 12 febbraio 2015, Surgicare, C‑662/13, EU:C:2015:89, punto 28.

( 31 ) V. conclusioni da me presentate nelle cause riunite Geissel e Butin, C‑374/16 e C‑375/16, EU:C:2017:515, paragrafo 73.