PARERE 2/15 DELLA CORTE (Seduta plenaria)16 maggio 2017

Indice

 

I – La domanda di parere

 

II – L’accordo previsto

 

III – Le valutazioni formulate dalla Commissione nella sua domanda di parere

 

IV – Sunto delle principali osservazioni presentate dinanzi alla Corte

 

V – Presa di posizione della Corte

 

Sulla competenza contemplata dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE

 

Gli impegni relativi all’accesso al mercato

 

Gli impegni relativi alla protezione degli investimenti

 

Gli impegni relativi alla protezione della proprietà intellettuale

 

Gli impegni in materia di concorrenza

 

Gli impegni in materia di sviluppo sostenibile

 

Sulla competenza contemplata dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE

 

Gli impegni in materia di servizi nel settore dei trasporti

 

Gli impegni in materia di appalti pubblici nel settore dei trasporti

 

Gli impegni in materia di investimenti diversi da quelli diretti

 

Sulla competenza ad approvare le disposizioni istituzionali dell’accordo previsto

 

Scambio di informazioni, notifica, verifica, cooperazione, mediazione e potere decisionale

 

– Trasparenza

 

Risoluzione delle controversie

 

– Risoluzione delle controversie tra investitori e Stati

 

– Risoluzione delle controversie tra le Parti

 

Risposta alla domanda di parere

«Parere emesso ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE — Accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Repubblica di Singapore — Accordo “di nuova generazione” negoziato dopo l’entrata in vigore dei Trattati UE e FUE — Competenza a concludere l’accordo — Articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE — Politica commerciale comune — Articolo 207, paragrafo 1, TFUE — Scambi di merci e di servizi — Investimenti esteri diretti — Appalti pubblici — Aspetti commerciali della proprietà intellettuale — Concorrenza — Commercio con gli Stati terzi e sviluppo sostenibile — Protezione sociale dei lavoratori — Tutela dell’ambiente — Articolo 207, paragrafo 5, TFUE — Servizi nel settore dei trasporti — Articolo 3, paragrafo 2, TFUE — Accordo internazionale che può incidere su norme comuni o modificarne la portata — Norme di diritto derivato dell’Unione in materia di libera prestazione dei servizi nel settore dei trasporti — Investimenti esteri diversi da quelli diretti — Articolo 216 TFUE — Accordo necessario per realizzare uno degli obiettivi dei Trattati — Libera circolazione dei capitali e dei pagamenti tra Stati membri e Stati terzi — Successione di trattati in materia di investimenti — Sostituzione degli accordi di investimento tra Stati membri e la Repubblica di Singapore — Disposizioni istituzionali dell’accordo — Risoluzione delle controversie tra investitori e Stati — Risoluzione delle controversie tra le Parti»

Nel procedimento di parere 2/15,

avente ad oggetto una domanda di parere ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE, proposta il 10 luglio 2015 dalla Commissione europea,

LA CORTE (Seduta plenaria)

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, M. Ilešič (relatore), L. Bay Larsen, T. von Danwitz, J.L. da Cruz Vilaça, E. Juhász, M. Berger, A. Prechal, M. Vilaras ed E. Regan, presidenti di sezione, A. Rosas, A. Borg Barthet, J. Malenovský, J.‑C. Bonichot, A. Arabadjiev, C. Toader, D. Šváby, E. Jarašiūnas, C.G. Fernlund, C. Vajda, F. Biltgen, K. Jürimäe e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e a seguito dell’udienza nei giorni 12 e 13 settembre 2016,

considerate le osservazioni presentate:

per la Commissione europea, da U. Wölker, B. De Meester, R. Vidal‑Puig e M. Kocjan, in qualità di agenti;

per il governo belga, da J. Van Holm e C. Pochet, in qualità di agenti;

per il governo bulgaro, da E. Petranova e L. Zaharieva, in qualità di agenti;

per il governo ceco, da M. Smolek, E. Ruffer e M. Hedvábná, in qualità di agenti;

per il governo danese, da C. Thorning e M.N. Lyshøj, in qualità di agenti;

per il governo tedesco, da T. Henze, B. Beutler e K. Stranz, in qualità di agenti;

per l’Irlanda, da E. Creedon e J. Quaney, in qualità di agenti, assistite da S. Kingston, BL;

per il governo ellenico, da G. Karipsiadis, K. Boskovits e S. Chala, in qualità di agenti;

per il governo spagnolo, da S. Centeno Huerta e M. Sampol Pucurull, in qualità di agenti;

per il governo francese, da G. de Bergues, D. Colas, F. Fize e D. Segoin, in qualità di agenti;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Fiorentino e C. Colelli, avvocati dello Stato;

per il governo cipriota, da E. Zachariadou,ed E. Symeonidou, in qualità di agenti, assistite da I. Roussou, dikigoros;

per il governo lettone, da I. Kalniņš e D. Pelše, in qualità di agenti;

per il governo lituano, da D. Kriaučiūnas e R. Dzikovič, in qualità di agenti;

per il governo lussemburghese, da A. Germeaux, in qualità di agente, assistito da P. Kinsch, avocat;

per il governo ungherese, da M.Z. Fehér, G. Koós, M. Bóra e M.M. Tátrai, in qualità di agenti;

per il governo maltese, da A. Buhagiar e J. Ciantar, in qualità di agenti;

per il governo neerlandese, da M.K. Bulterman, M. Gijzen, C. Schillemans e J. Langer, in qualità di agenti;

per il governo austriaco, da C. Pesendorfer e M. Klamert, in qualità di agenti;

per il governo polacco, da B. Majczyna e A. Miłkowska, in qualità di agenti;

per il governo portoghese, da L. Inez Fernandes, M. Figueiredo e J.P. Salgado, in qualità di agenti;

per il governo rumeno, da R.‑H. Radu, R.‑M. Mangu, A. Voicu ed E. Gane, in qualità di agenti;

per il governo sloveno, da A. Grum, in qualità di agente;

per il governo slovacco, da M. Kianička, in qualità di agente;

per il governo finlandese, da J. Heliskoski, in qualità di agente;

per il governo del Regno Unito, da M. Holt, in qualità di agente, assistito da D. Beard, QC, e G. Facenna, barrister;

per il Parlamento europeo, da R. Passos, A. Neergaard, A. Auersperger Matić e J. Etienne, in qualità di agenti;

per il Consiglio dell’Unione europea, da S. Boelaert, R. Wiemann e B. Driessen, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni presentate dall’avvocato generale all’udienza del 21 dicembre 2016,

emette il presente

Parere

I – La domanda di parere

1.

La domanda di parere presentata alla Corte dalla Commissione europea è così formulata:

«L’Unione europea ha la competenza richiesta per firmare e concludere da sola l’accordo di libero scambio con la Repubblica di Singapore? Più specificamente:

1.

quali disposizioni dell’accordo ricadono nella competenza esclusiva dell’Unione?

2.

quali disposizioni dell’accordo ricadono nella competenza concorrente dell’Unione? e

3.

vi sono disposizioni dell’accordo che ricadono nella competenza esclusiva degli Stati membri?»

2.

La Commissione ha allegato alla propria domanda di parere il testo dell’accordo quale previsto alla data del 10 luglio 2015, giorno di presentazione di detta domanda.

II – L’accordo previsto

3.

L’8 dicembre 2006, la Commissione ha rivolto una raccomandazione al Consiglio delle Comunità europee affinché quest’ultimo la autorizzasse ad avviare dei negoziati in vista della conclusione di un accordo di libero scambio con i paesi dell’Associazione delle nazioni del Sud‑est asiatico (ASEAN). Il Consiglio ha dato seguito favorevole a tale raccomandazione.

4.

L’autorizzazione alla negoziazione rilasciata dal Consiglio prevedeva che, nell’ipotesi in cui non fosse stato possibile giungere ad un accordo congiuntamente con tutti i paesi membri dell’ASEAN, il Consiglio avrebbe potuto autorizzare la Commissione ad avviare negoziati in forma bilaterale.

5.

Il 22 dicembre 2009, il Consiglio ha così autorizzato la Commissione ad avviare negoziati bilaterali con la Repubblica di Singapore.

6.

I negoziati con questo Stato terzo hanno avuto inizio nel mese di marzo 2010 e sono stati condotti con la consultazione del Comitato per la politica commerciale, facente funzioni di comitato speciale designato dal Consiglio ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 3, e dell’articolo 218, paragrafo 4, TFUE.

7.

Nel mese di febbraio 2011, la Commissione ha rivolto al Consiglio una raccomandazione affinché quest’ultimo modificasse le direttive di negoziazione al fine di includervi la protezione degli investimenti. Nel mese di settembre 2011, il Consiglio ha deciso di integrare in tal senso le direttive suddette.

8.

I negoziati sono stati conclusi, nel mese di dicembre 2012, sull’insieme dei capi dell’accordo, ad eccezione di quello riguardante la protezione degli investimenti. I negoziati su quest’ultimo capo si sono conclusi nel mese di ottobre 2014.

9.

Il 26 giugno 2015 la Commissione ha fatto sapere al Comitato per la politica commerciale che l’accordo previsto era stato siglato.

10.

L’accordo previsto contiene 17 capi:

il capo 1 enuncia l’oggetto e le finalità dell’accordo, e contiene un insieme di definizioni di applicazione generale;

il capo 2 riguarda l’importazione e l’esportazione di merci;

il capo 3 verte sulle misure antidumping, sulle misure compensative e sulle misure di salvaguardia;

i capi 4 e 5 riguardano gli ostacoli non tariffari agli scambi di merci risultanti da normative tecniche e da misure sanitarie e fitosanitarie;

il capo 6 reca disposizioni in materia doganale;

il capo 7 riguarda gli ostacoli non tariffari al commercio e agli investimenti nel settore della produzione di energie rinnovabili;

il capo 8 verte sui servizi, sullo stabilimento e sul commercio elettronico;

il capo 9 riguarda gli investimenti;

il capo 10 concerne gli appalti pubblici;

il capo 11 ha ad oggetto la proprietà intellettuale;

il capo 12 riguarda la concorrenza;

il capo 13 concerne il commercio e lo sviluppo sostenibile;

il capo 14 fissa regole di trasparenza applicabili alle materie disciplinate da altri capi;

i capi 15 e 16 istituiscono, rispettivamente, un meccanismo di risoluzione delle controversie e un meccanismo di mediazione; e

il capo 17 istituisce un Comitato per il commercio e vari altri comitati specializzati. Esso reca altresì disposizioni generali e finali.

11.

A motivo delle divergenze di opinioni manifestatesi in occasione delle consultazioni in seno al Comitato per la politica commerciale in merito alla natura della competenza dell’Unione a concludere l’accordo previsto, la Commissione ha proposto la presente domanda di parere.

III – Le valutazioni formulate dalla Commissione nella sua domanda di parere

12.

La Commissione ritiene che l’Unione disponga della competenza esclusiva a firmare e concludere l’accordo previsto.

13.

Essa sostiene, anzitutto, che tutte le disposizioni di tale accordo, fatta eccezione per quelle riguardanti i servizi di trasporto transfrontalieri e gli investimenti esteri diversi da quelli diretti, rientrano nella politica commerciale comune quale definita all’articolo 207, paragrafo 1, TFUE e, dunque, nella competenza esclusiva dell’Unione prevista dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE.

14.

La Commissione fa poi valere che i servizi di trasporto transfrontalieri rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione prevista dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, alla luce delle norme di diritto derivato dell’Unione che sono in vigore in tale settore.

15.

A questo proposito, la Commissione cita, in particolare:

il regolamento (CEE) n. 4055/86 del Consiglio, del 22 dicembre 1986, che applica il principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi (GU 1986, L 378, pag. 1);

il regolamento (CE) n. 1071/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che stabilisce norme comuni sulle condizioni da rispettare per esercitare l’attività di trasportatore su strada e abroga la direttiva 96/26/CE del Consiglio (GU 2009, L 300, pag. 51);

il regolamento (CE) n. 1072/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale del trasporto di merci su strada (GU 2009, L 300, pag. 72);

il regolamento (CE) n. 1073/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus e che modifica il regolamento (CE) n. 561/2006 (GU 2009, L 300, pag. 88), e

la direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico (GU 2012, L 343, pag. 32).

16.

Infine, la Commissione sostiene che, anche nella misura in cui l’accordo previsto verte su investimenti esteri diversi da quelli diretti, l’Unione dispone di una competenza esclusiva ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, a motivo della sovrapposizione tra, da un lato, gli impegni contenuti in detto accordo in merito a tali investimenti e, dall’altro, il divieto di restrizioni ai movimenti di capitali e ai pagamenti tra gli Stati membri e gli Stati terzi enunciato all’articolo 63 TFUE.

IV – Sunto delle principali osservazioni presentate dinanzi alla Corte

17.

Il Parlamento europeo sottolinea che l’accordo previsto è uno dei primi accordi di libero scambio bilaterali cosiddetti di «nuova generazione», ossia un accordo commerciale che contiene, oltre alle tradizionali disposizioni riguardanti la riduzione dei dazi doganali e degli ostacoli non tariffari incidenti sugli scambi di merci e di servizi, anche disposizioni in diverse materie connesse al commercio, quali la tutela della proprietà intellettuale, gli investimenti, gli appalti pubblici, la concorrenza e lo sviluppo sostenibile.

18.

Alla luce del tenore letterale delle disposizioni dei Trattati UE e FUE sull’azione esterna dell’Unione in generale e sulla politica commerciale comune in particolare, il Parlamento afferma di condividere le valutazioni della Commissione e sostiene, al pari di quest’ultima, che l’accordo previsto rientra nella competenza esclusiva dell’Unione.

19.

Per contro, il Consiglio, nonché tutti gli Stati membri che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte, sostengono che alcune disposizioni dell’accordo previsto non rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione. L’accordo avrebbe le caratteristiche di un «accordo misto».

20.

Le disposizioni relative al settore dei trasporti contenute nel capo 8 dell’accordo previsto rientrerebbero nella politica comune dei trasporti. Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione e dal Parlamento, la maggior parte di tali disposizioni non potrebbe «incidere su norme comuni o modificarne la portata», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Pertanto, esse non rientrerebbero nella competenza esclusiva dell’Unione prevista dalla citata disposizione del Trattato FUE, bensì sarebbero oggetto di una competenza concorrente dell’Unione e degli Stati membri a titolo dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera g), TFUE.

21.

Sempre in relazione al capo 8 dell’accordo, l’Irlanda fa riferimento al Protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato ai Trattati UE e FUE. Il capo suddetto inciderebbe su tale protocollo.

22.

Le disposizioni in materia di tutela dell’ambiente, di protezione sociale e di tutela della proprietà intellettuale, contenute nei capi 7, 11 e 13 dell’accordo previsto, rientrano, ad avviso del Consiglio e degli Stati membri che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte, nelle competenze concorrenti dell’Unione e degli Stati membri in tali settori. Le disposizioni suddette non presenterebbero alcun nesso specifico con gli scambi commerciali internazionali. Il rinvio, operato nei capi suddetti, a convenzioni internazionali che non sono direttamente connesse al commercio, sarebbe esemplare al riguardo.

23.

L’accordo previsto conterrebbe inoltre disposizioni ricadenti in competenze che spettano in via esclusiva agli Stati membri.

24.

Sarebbe questo il caso, in particolare, delle disposizioni di cui al capo 14 del citato accordo, che fissano norme in materia di trasparenza, nonché delle disposizioni di cui al capo 9 del medesimo accordo, nella misura in cui queste riguardano investimenti esteri diversi da quelli diretti.

25.

A quest’ultimo proposito, il Consiglio e gli Stati membri che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte fanno osservare che il Trattato FUE non conferisce alcuna competenza all’Unione nel settore degli investimenti non rientranti tra gli «investimenti diretti». Essi aggiungono che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, le «norme comuni», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, non possono essere costituite da norme di diritto primario dell’Unione, come l’articolo 63 TFUE. L’argomentazione della Commissione non sarebbe conforme alla giurisprudenza della Corte in materia di competenze esterne implicite dell’Unione.

26.

A sostegno della sua argomentazione relativa alla mancanza di competenza esclusiva dell’Unione in relazione al capo 9 dell’accordo previsto, il Consiglio cita alcune disposizioni di tale capo che, a suo avviso, ricadono nella competenza degli Stati membri, quali quelle che vertono sull’ordine pubblico, sulla sicurezza pubblica e su altri interessi pubblici, sulla fiscalità, sugli indennizzi in caso di distruzione di investimenti ad opera delle forze armate, sulle eccezioni alla libertà di trasferimento di fondi giustificate sulla base delle leggi in materia di crimini e delitti, di sicurezza sociale e di pensioni, sull’espropriazione, nonché sulla sostituzione, per effetto dell’accordo previsto, dei trattati bilaterali di investimento conclusi tra gli Stati membri e la Repubblica di Singapore.

27.

Il Consiglio e alcuni degli Stati membri che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte fanno inoltre osservare che il capo 9 dell’accordo previsto verte soltanto sulla protezione degli investimenti e non sull’ammissione di questi ultimi. Ne risulterebbe che tale capo, anche nella misura in cui riguarda gli investimenti esteri diretti, non può essere approvato dall’Unione da sola. Non essendo specificamente connessa agli scambi commerciali internazionali, la protezione degli investimenti non rientrerebbe nella politica commerciale comune.

V – Presa di posizione della Corte

28.

Ai sensi dell’articolo 196, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte ed in conformità della consolidata giurisprudenza [v., segnatamente, parere 1/03 (Nuova convenzione di Lugano), del 7 febbraio 2006, EU:C:2006:81, punto 112 e la giurisprudenza ivi citata], una domanda di parere ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE può vertere tanto sulla compatibilità dell’accordo previsto con le disposizioni dei Trattati, quanto sulla competenza dell’Unione o di una delle sue istituzioni a concludere tale accordo.

29.

Nel caso di specie, la domanda di parere verte sulla questione se l’accordo previsto potrà essere firmato e concluso dall’Unione da sola, o se esso dovrà invece essere firmato e concluso tanto dall’Unione quanto da ciascuno degli Stati membri di quest’ultima (accordo cosiddetto «misto»).

30.

Di conseguenza, il presente parere della Corte verte soltanto sulla natura della competenza dell’Unione a firmare e concludere l’accordo previsto. Tale parere non pregiudica in alcun modo la questione se il contenuto delle disposizioni di detto accordo sia compatibile con il diritto dell’Unione.

31.

Fornita tale precisazione preliminare, occorre esaminare se le disposizioni dell’accordo previsto rientrino nella competenza esclusiva dell’Unione, o in una competenza concorrente dell’Unione e degli Stati membri, oppure in una competenza spettante unicamente agli Stati membri.

32.

Tenuto conto dell’oggetto e delle finalità dell’accordo previsto, che consistono, ai sensi degli articoli 1.1 e 1.2 di quest’ultimo, nell’«istituire una zona di libero scambio» e nel «liberalizzare e (...) facilitare il commercio e gli investimenti tra le Parti», occorre esaminare anzitutto in quale misura le disposizioni di tale accordo rientrino nella competenza esclusiva dell’Unione, contemplata dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE, relativa alla politica commerciale comune.

Sulla competenza contemplata dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE

33.

A norma dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE, l’Unione dispone di una competenza esclusiva nel settore della politica commerciale comune.

34.

A mente dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, tale politica «è fondata su principi uniformi‚ in particolare per quanto concerne le modificazioni tariffarie‚ la conclusione di accordi tariffari e commerciali relativi agli scambi di merci e servizi, e gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale‚ gli investimenti esteri diretti, l’uniformazione delle misure di liberalizzazione‚ la politica di esportazione e le misure di protezione commerciale‚ tra cui quelle da adottarsi nei casi di dumping e di sovvenzioni. La politica commerciale comune è condotta nel quadro dei principi e obiettivi dell’azione esterna dell’Unione».

35.

Risulta da detta disposizione, e in particolare dalla sua seconda frase, ai termini della quale la politica commerciale comune si inscrive nell’«azione esterna dell’Unione», che tale politica riguarda gli scambi commerciali con gli Stati terzi (sentenze del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi‑Aventis Deutschland, C‑414/11, EU:C:2013:520, punto 50, nonché del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio, C‑137/12, EU:C:2013:675, punto 56).

36.

A questo proposito, secondo una costante giurisprudenza, la semplice circostanza che un atto dell’Unione, come un accordo concluso da quest’ultima, possa avere talune implicazioni sugli scambi commerciali con uno o più Stati terzi non è sufficiente per concludere che tale atto debba essere classificato nella categoria di quelli che rientrano nella politica commerciale comune. Per contro, un atto dell’Unione rientra in tale politica qualora riguardi specificamente gli scambi suddetti, in quanto esso sia essenzialmente destinato a promuoverli, a facilitarli o a disciplinarli ed abbia effetti diretti ed immediati su di essi [v., in particolare, sentenze del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi‑Aventis Deutschland, C‑414/11, EU:C:2013:520, punto 51, e del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio, C‑137/12, EU:C:2013:675, punto 57, nonché parere 3/15 (Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate), del 14 febbraio 2017, EU:C:2017:114, punto 61].

37.

Ne consegue che soltanto le componenti dell’accordo previsto che presentino un nesso specifico, nel senso sopra richiamato, con gli scambi commerciali tra l’Unione e la Repubblica di Singapore rientrano nel settore della politica commerciale comune.

38.

Pertanto, occorre verificare se gli impegni contenuti nell’accordo suddetto siano destinati a promuovere, a facilitare o a disciplinare tali scambi e abbiano effetti diretti e immediati su questi ultimi.

39.

Gli impegni contenuti nell’accordo previsto riguardano, in primo luogo, l’accesso al mercato, in secondo luogo, la protezione degli investimenti, in terzo luogo, la tutela della proprietà intellettuale, in quarto luogo, la concorrenza, nonché, in quinto luogo, lo sviluppo sostenibile.

Gli impegni relativi all’accesso al mercato

40.

Il capo 2 dell’accordo previsto, intitolato «Trattamento nazionale e accesso al mercato per le merci», stabilisce che ciascuna Parte concede un trattamento non discriminatorio alle merci provenienti dall’altra Parte e riduce od elimina, in conformità degli impegni specifici allegati a questo medesimo capo 2, i propri dazi all’importazione e all’esportazione. Tale capo stabilisce altresì che ciascuna Parte si astiene dall’adottare o dal mantenere restrizioni non tariffarie all’importazione e all’esportazione delle merci.

41.

Tale capo è dunque costituito da impegni «tariffari e commerciali relativi agli scambi di merci», ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE. Di conseguenza, esso rientra nella competenza esclusiva dell’Unione prevista dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE.

42.

Il capo 3 dell’accordo previsto, intitolato «Misure di difesa commerciale», precisa le modalità con le quali ciascuna Parte può, ove siano soddisfatti i requisiti scaturenti dalle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), adottare misure antidumping e compensative nonché misure di salvaguardia aventi ad oggetto importazioni provenienti dall’altra Parte.

43.

Tale capo ha dunque ad oggetto «misure di protezione commerciale», ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE. Pertanto, anch’esso rientra nella competenza esclusiva dell’Unione contemplata dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE.

44.

I capi 4 e 5 dell’accordo previsto, intitolati rispettivamente «Ostacoli tecnici al commercio» e «Misure sanitarie e fitosanitarie», enunciano delle norme che, pur permettendo a ciascuna Parte di applicare le proprie norme tecniche e sanitarie conformemente alle regole dell’OMC, mirano a ridurre per quanto possibile gli ostacoli agli scambi di merci tra le Parti che ne deriverebbero. Risulta in particolare dai capi suddetti, da un lato, che i prodotti esportati da una Parte devono rispondere alle norme previste dalla Parte che li importa e, dall’altro, che i prodotti importati da quest’ultima Parte non devono essere assoggettati a norme discriminatorie o sproporzionate rispetto a quelle che vengono applicate ai prodotti di quest’ultima.

45.

Tali capi 4 e 5 hanno dunque come specifica finalità quella di facilitare gli scambi di merci tra l’Unione e la Repubblica di Singapore. Inoltre, le disposizioni in essi contenute e gli impegni specifici ad essi allegati alleviano notevolmente le condizioni di importazione di tali merci e sono dunque idonei ad avere effetti diretti e immediati sugli scambi commerciali internazionali. Di conseguenza, i capi suddetti rispondono ai criteri ricordati al punto 36 del presente parere e rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione prevista dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE.

46.

Il capo 6 dell’accordo previsto, intitolato «Dogane e facilitazione degli scambi commerciali», stabilisce che la legislazione di ciascuna Parte in materia doganale sarà non discriminatoria, e che i diritti e le tasse istituiti per i servizi forniti in occasione dell’importazione o dell’esportazione di tali merci non eccederanno il costo approssimativo dei servizi stessi. Detto capo obbliga inoltre le Parti a semplificare, preferibilmente mediante sistemi di sportello unico, le condizioni e le formalità di svincolo, di sdoganamento, di trasbordo e di transito. Esso impone inoltre che venga offerta la possibilità di effettuare il trattamento prima dell’arrivo e di ricevere decisioni anticipate.

47.

Il capo summenzionato mira dunque essenzialmente a disciplinare e a facilitare gli scambi di merci tra le Parti.

48.

Il suddetto capo 6 ha inoltre come effetto diretto e immediato di rendere gli scambi di merci tra l’Unione e la Repubblica di Singapore più fluidi e meno onerosi. Pertanto, esso soddisfa i criteri ricordati al punto 36 del presente parere e rientra dunque nella competenza esclusiva dell’Unione prevista dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE.

49.

Mentre i capi da 2 a 6 dell’accordo previsto riguardano gli scambi di merci tra l’Unione e la Repubblica di Singapore, gli scambi di servizi tra le Parti sono invece disciplinati dal capo 8 del medesimo accordo.

50.

Tale capo 8, intitolato «Servizi, stabilimento e commercio elettronico», prevede gli impegni di ciascuna Parte a ridurre, a beneficio degli operatori economici dell’altra Parte, gli ostacoli alla prestazione transfrontaliera di servizi, allo stabilimento e alla presenza temporanea di persone fisiche.

51.

Pur escludendo dal proprio ambito di applicazione la cittadinanza, la residenza, l’impiego in via permanente e, in generale, l’accesso al mercato del lavoro, il citato capo 8 obbliga ciascuna delle Parti a concedere ai servizi, agli stabilimenti e agli imprenditori dell’altra Parte un trattamento non meno favorevole di quello che essa concede ai propri servizi, stabilimenti e imprenditori analoghi, tenuto conto delle modalità e delle limitazioni precisate nell’elenco degli impegni specifici dell’accordo e fatte salve le eccezioni generali previste da quest’ultimo.

52.

Ne consegue che il capo 8 dell’accordo previsto è essenzialmente destinato ad aprire, in una certa misura, il mercato singaporiano ai prestatori di servizi dell’Unione, e viceversa. Esso ha dunque l’obiettivo di promuovere, di facilitare e di disciplinare gli scambi.

53.

Gli impegni relativi all’accesso al mercato contenuti nel capo in questione sono inoltre idonei ad avere effetti diretti e immediati sugli scambi di servizi tra l’Unione e la Repubblica di Singapore. Come illustrato dall’avvocato generale ai paragrafi 204 e 205 delle sue conclusioni, tale constatazione vale – contrariamente a quanto sostenuto da alcuni degli Stati membri che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte – per la totalità degli articoli contenuti nel capo suddetto, ivi compresi quelli riguardanti i servizi finanziari e il reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali.

54.

Del resto, come la Corte ha già rilevato, le quattro modalità di prestazione di servizi rispondenti alla classificazione impiegata dall’OMC – vale a dire, la fornitura di un servizio in provenienza dal territorio di un Membro dell’OMC e a destinazione del territorio di un altro Membro (modalità 1), la fornitura di un servizio nel territorio di un Membro nei confronti di un consumatore di un altro Membro (modalità 2), la fornitura di un servizio da parte di un prestatore di un Membro grazie ad una presenza commerciale nel territorio di un altro Membro (modalità 3) e la fornitura di un servizio da parte di un prestatore di un Membro grazie alla presenza di persone fisiche di un Membro nel territorio di un altro Membro (modalità 4) – rientrano tutte nella politica commerciale comune [parere 1/08 (Accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS), del 30 novembre 2009, EU:C:2009:739, punti 4, 118119]. Tale interpretazione, che è stata fornita nell’ambito dell’esame compiuto dalla Corte riguardo alla competenza della Comunità a partecipare alla conclusione di accordi contemplati dall’articolo 133 CE, e che pertanto verteva sulla nozione di «scambi di servizi» contenuta in tale disposizione del Trattato CE, è trasponibile alla nozione di «scambi di servizi» contemplata dall’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, il cui contenuto è in sostanza identico.

55.

Di conseguenza, non vi sono motivi per distinguere tra le disposizioni del capo 8 dell’accordo previsto che vertono sulla prestazione transfrontaliera di servizi (servizi della «modalità 1» e della «modalità 2» ai sensi della classificazione dei tipi di fornitura di servizi impiegata dall’OMC) e le disposizioni di tale capo che riguardano la fornitura di servizi mediante lo stabilimento (servizi della «modalità 3») o tramite la presenza di persone fisiche (servizi della «modalità 4»).

56.

Malgrado quanto sopra esposto, la competenza dell’Unione ad approvare il capo 8 dell’accordo previsto non può basarsi soltanto sull’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE.

57.

Infatti, il capo suddetto verte, tra l’altro, sulla fornitura di servizi nel settore dei trasporti. Tale settore è escluso dalla politica commerciale comune in virtù del disposto dell’articolo 207, paragrafo 5, TFUE, a mente del quale la negoziazione e la conclusione di «accordi internazionali nel settore dei trasporti» sono soggette al «titolo VI della parte terza [del Trattato FUE] (…)». Tale titolo riguarda la politica comune dei trasporti.

58.

Chiamata ad interpretare l’articolo 133, paragrafo 6, terzo comma, CE, la Corte ha rilevato che tale disposizione mirava, per quanto riguardava gli scambi internazionali dei servizi di trasporto, a mantenere un parallelismo di principio tra la competenza interna dell’Unione, che si esercita attraverso l’adozione unilaterale di norme dell’Unione, e la competenza esterna di quest’ultima, che opera tramite la conclusione di accordi internazionali, l’una e l’altra competenza restando, come in precedenza, basate sul titolo del Trattato specificamente afferente la politica comune dei trasporti [parere 1/08 (Accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS), del 30 novembre 2009, EU:C:2009:739, punto 164].

59.

L’articolo 207, paragrafo 5, TFUE corrisponde in sostanza all’articolo 133, paragrafo 6, terzo comma, CE. Inoltre, non risulta né dal Trattato FUE, né dagli elementi afferenti la genesi storica, l’economia generale o la finalità di tale Trattato che gli autori dello stesso abbiano avuto l’intenzione di modificare la ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri quanto alla negoziazione e alla conclusione di accordi internazionali relativi agli scambi commerciali nel settore dei trasporti.

60.

La posizione della Commissione secondo cui il settore dei trasporti è escluso, a norma dell’articolo 207, paragrafo 5, TFUE, dalla politica commerciale comune unicamente per quanto riguarda la fornitura transfrontaliera di servizi, vale a dire i servizi delle modalità 1 e 2, è priva di fondamento. Una posizione siffatta disattende infatti il tenore letterale della disposizione suddetta, che esclude dalla summenzionata politica commerciale comune gli «accordi internazionali nel settore dei trasporti» nella loro totalità.

61.

Tenuto conto della portata dell’articolo 207, paragrafo 5, TFUE, occorre poi stabilire quali impegni contenuti nel capo 8 dell’accordo previsto siano, a norma di detta disposizione, esclusi dalla politica commerciale comune. A tal fine, occorre tener conto della giurisprudenza secondo cui la nozione di servizi «nel settore dei trasporti» ricomprende non soltanto i servizi di trasporto considerati come tali, bensì anche altri servizi, a condizione però che questi ultimi siano intrinsecamente connessi a un atto fisico di trasferimento di persone o di merci da un luogo a un altro tramite un mezzo di trasporto (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2015, Grupo Itevelesa e a., C‑168/14, EU:C:2015:685, punti 45 nonché 46).

62.

Nel caso di specie, i servizi consistenti nel trasferimento di persone o merci da un luogo a un altro sono elencati al punto 11 delle appendici 8‑A‑1 e 8‑B‑1 nonché al punto 16 delle appendici 8‑A‑2 e 8‑A‑3 degli allegati del capo 8 dell’accordo previsto. Essi riguardano il trasporto marittimo internazionale, il trasporto ferroviario, il trasporto su strada e il trasporto per via navigabile interna, mentre i servizi di trasporto aereo interno e internazionale non sono contemplati dall’accordo suddetto, come viene indicato negli articoli 8.3, lettera c), e 8.9, lettera e), dello stesso.

63.

I servizi intrinsecamente connessi ai servizi di trasporto marittimo, ferroviario, su strada e per via navigabile interna sono elencati al punto 12 dell’appendice 8‑A‑1, al punto 17 delle appendici 8‑A‑2 e 8‑A‑3, nonché al punto 11 dell’appendice 8‑B‑1 dei suddetti allegati.

64.

I «servizi di riparazione e manutenzione di aeromobili durante i quali il velivolo è ritirato dal servizio», «la vendita o la commercializzazione di servizi di trasporto aereo», nonché i «servizi connessi ai sistemi informatizzati di prenotazione» vengono menzionati negli articoli 8.3 e 8.9 dell’accordo previsto come inclusi nell’ambito di applicazione del capo 8 di tale accordo, al contrario dei servizi di trasporto aereo di per sé intesi.

65.

Nelle appendici degli allegati di tale capo 8, i summenzionati servizi di riparazione e di manutenzione di aeromobili, nonché di prenotazione e di vendita di servizi di trasporto aereo non compaiono nei punti che elencano i servizi ausiliari nel settore dei trasporti, bensì vengono classificati come «servizi commerciali» situati al di fuori di tale settore.

66.

A questo proposito, occorre rilevare che né i servizi di «riparazione e manutenzione di aeromobili durante i quali il velivolo è ritirato dal servizio», né i servizi di vendita, di commercializzazione o di prenotazione di servizi di trasporto aereo, siano essi forniti da agenzie di viaggi o da altri prestatori commerciali, sono intrinsecamente connessi ai servizi di trasporto, nel senso precisato dalla giurisprudenza ricordata al punto 61 del presente parere.

67.

Infatti, in primo luogo, i «servizi di riparazione e di manutenzione di aeromobili durante i quali il velivolo è ritirato dal servizio» presentano tutt’al più un nesso lontano con l’atto di trasferire persone o merci da un luogo a un altro. In secondo luogo, per quanto riguarda i servizi di vendita, di commercializzazione o di prenotazione di servizi di trasporto aereo, risulta dal considerando 33 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), che i servizi interessati da tale direttiva, la quale ha come base giuridica l’articolo 47, paragrafo 2, e l’articolo 55 CE, includono anche le agenzie di viaggi, che sono i principali promotori di tali servizi.

68.

Poiché i «servizi di riparazione e manutenzione di aeromobili durante i quali il velivolo è ritirato dal servizio», «la vendita o la commercializzazione di servizi di trasporto aereo», nonché i «servizi connessi ai sistemi informatizzati di prenotazione» non ricadono, di conseguenza, sotto l’articolo 207, paragrafo 5, TFUE, essi fanno parte dei servizi contemplati dal paragrafo 1 di tale articolo.

69.

Risulta dai punti da 50 a 68 del presente parere che il capo 8 dell’accordo previsto rientra nell’ambito della politica commerciale comune, tranne là dove gli impegni in esso contenuti vertono sui servizi elencati ai punti 11 e 12 dell’appendice 8‑A‑1, ai punti 16 e 17 delle appendici 8‑A‑2 e 8‑A‑3, nonché al punto 11 dell’appendice 8‑B‑1 degli allegati di tale capo.

70.

La questione se, per questi ultimi impegni, l’Unione disponga, in virtù di altre disposizioni del Trattato FUE, di una competenza esclusiva, di modo che essa potrebbe approvare da sola il capo 8 dell’accordo previsto, viene esaminata ai punti da 168 a 217 del presente parere.

71.

Infine, il rispettivo accesso al mercato dell’Unione e al mercato singaporiano delle merci e dei servizi provenienti dall’altra Parte è disciplinato anche dalle disposizioni dei capi 7 e 10 dell’accordo previsto.

72.

Il capo 7 di detto accordo, intitolato «Ostacoli non tariffari al commercio e agli investimenti nella produzione di energie rinnovabili», ha per obiettivo di disciplinare e facilitare l’accesso al mercato nel settore della produzione di energia a partire da fonti non fossili e sostenibili.

73.

Infatti, tale capo, il quale non introduce alcuna norma ambientale in materia, dispone che ciascuna Parte deve astenersi dall’adottare misure che esigano la costituzione di partenariati con imprese locali in questo settore, deve garantire che qualsiasi norma in materia di autorizzazioni, di certificazioni e di rilascio di licenze sia non discriminatoria nei confronti degli operatori dell’altra Parte e deve accettare le dichiarazioni di conformità emesse dall’altra Parte.

74.

Mirando dunque ad aprire il mercato di ciascuna delle Parti, il capo summenzionato è altresì idoneo ad avere un effetto diretto e immediato sugli scambi di merci e di servizi tra l’Unione e la Repubblica di Singapore nel suddetto settore, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 36 del presente parere. Esso rientra dunque nella competenza esclusiva dell’Unione a titolo dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE.

75.

Il capo 10 dell’accordo previsto, intitolato «Appalti pubblici», contiene gli impegni in virtù dei quali ciascuna Parte garantisce ai fornitori di merci e di servizi dell’altra Parte un trattamento non meno favorevole di quello che essa riserva ai propri operatori in occasione dell’affidamento di appalti per le necessità degli organi pubblici. Esso contiene altresì un vasto insieme di norme intese a disciplinare l’affidamento di appalti pubblici, a Singapore così come nell’Unione, prevedendo che tali appalti verranno attribuiti soltanto al termine di una procedura di affidamento comportante un bando di gara completo, cui i candidati avranno potuto avere facilmente accesso, nonché recante appropriate condizioni di partecipazione e di selezione.

76.

Tale capo ha dunque per obiettivo specifico di stabilire le modalità con le quali gli operatori economici di ciascuna Parte possono partecipare alle procedure di affidamento degli appalti organizzate dalle pubbliche amministrazioni dell’altra Parte. Inoltre, tali modalità, essendo fondate su considerazioni di accesso non discriminatorio, di trasparenza e di efficacia, sono idonee ad avere effetti diretti e immediati sugli scambi di merci e di servizi tra le Parti.

77.

Il capo 10 dell’accordo previsto rientra, di conseguenza, nella competenza esclusiva dell’Unione a titolo dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE, fatta salva però la stessa riserva formulata al punto 69 del presente parere riguardo ai servizi elencati ai punti 11 e 12 delle appendici 8‑A‑1 e 8‑B‑1 nonché ai punti 16 e 17 delle appendici 8‑A‑2 e 8‑A‑3 degli allegati del capo 8 dell’accordo previsto. La natura della competenza dell’Unione quanto all’approvazione degli impegni riguardanti gli appalti pubblici di servizi di trasporto marittimo internazionale, di trasporto ferroviario, di trasporto su strada e di trasporto per via navigabile interna, nonché gli appalti pubblici di servizi intrinsecamente connessi a tali servizi di trasporto, viene esaminata ai punti da 219 a 224 del presente parere.

Gli impegni relativi alla protezione degli investimenti

78.

Come enunciato all’articolo 9.1 dell’accordo previsto, il capo 9 di quest’ultimo riguarda «qualsiasi tipo di attivo patrimoniale che presenti le caratteristiche di un investimento, compresi l’impegno di capitale o di altre risorse, l’aspettativa di guadagno o di utili, l’assunzione di un rischio o una certa durata», purché tale attivo sia «detenuto o controllato direttamente o indirettamente da [una persona fisica o giuridica] di una Parte nel territorio dell’altra Parte».

79.

Risulta da detto articolo che il capo in questione verte sia sugli investimenti diretti che su qualsiasi altro tipo di investimento.

80.

Per quanto riguarda gli investimenti diretti, risulta da una consolidata giurisprudenza che questi ultimi consistono in investimenti di qualsiasi tipo effettuati da persone fisiche o giuridiche e aventi lo scopo di creare o di mantenere legami durevoli e diretti fra l’investitore di fondi e l’impresa cui tali fondi sono destinati ai fini dell’esercizio di un’attività economica. Un’assunzione di partecipazioni in un’impresa costituita in forma di società per azioni è un investimento diretto qualora le azioni detenute dall’azionista conferiscano a quest’ultimo la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione di tale società o al suo controllo (v., in particolare, sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, C‑446/04, EU:C:2006:774, punti 181182; del 26 marzo 2009, Commissione/Italia, C‑326/07, EU:C:2009:193, punto 35, nonché del 24 novembre 2016, SECIL, C‑464/14, EU:C:2016:896, punti 7576).

81.

L’articolo 207, paragrafo 1, TFUE stabilisce che gli atti dell’Unione in materia di «investimenti esteri diretti» rientrano nella politica commerciale comune.

82.

Ne consegue che l’Unione dispone della competenza esclusiva, a titolo dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE, ad approvare qualsiasi impegno nei confronti di uno Stato terzo relativo agli investimenti realizzati da persone fisiche o giuridiche di tale Stato terzo nell’Unione e viceversa, i quali diano la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione o al controllo di una società esercente un’attività economica.

83.

L’impiego, da parte degli autori del Trattato FUE, dei termini «investimenti esteri diretti» all’articolo 207, paragrafo 1, TFUE esprime senza ambiguità la loro volontà di non includere altri investimenti esteri nella politica commerciale comune. Pertanto, occorre considerare che eventuali impegni nei confronti di uno Stato terzo vertenti su questi altri investimenti non rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione a titolo dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE.

84.

Tale delimitazione dell’ambito di applicazione della politica commerciale comune riguardo agli investimenti esteri rispecchia la circostanza che qualsiasi atto dell’Unione, il quale promuova, faciliti o disciplini la partecipazione, da parte di una persona fisica o giuridica di uno Stato terzo nell’Unione e viceversa, alla gestione o al controllo di una società esercente un’attività economica, è idoneo ad avere effetti diretti e immediati sugli scambi commerciali tra detto Stato terzo e l’Unione, mentre un siffatto nesso specifico con questi scambi risulta assente nel caso di investimenti che non portino ad una partecipazione di questo tipo.

85.

Il Consiglio e alcuni degli Stati membri che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte sostengono che il capo 9 dell’accordo previsto, anche là dove esso riguarda gli investimenti diretti, non può rientrare nella politica commerciale comune, dato che il capo in questione verte unicamente sulla protezione di tali investimenti e non sull’ammissione degli stessi.

86.

Vero è che – come evidenziato dalle parti suddette intervenute nel presente procedimento – le sole disposizioni di merito del capo 9 dell’accordo previsto sono contenute nella sezione A del capo stesso e che tale sezione, intitolata «Protezione degli investimenti», verte unicamente sul trattamento degli investimenti dopo che questi sono stati ammessi a norma della legislazione in vigore, a seconda dei casi, nella Repubblica di Singapore o nell’Unione. Il fatto che l’ammissione di investimenti esula dall’ambito di applicazione dell’accordo previsto risulta d’altronde confermato dall’articolo 9.2 di quest’ultimo, ai sensi del quale «[i]l presente capo si applica agli (...) investimenti (...) che siano stati effettuati in conformità del diritto applicabile (...)».

87.

Tuttavia, tale circostanza non esclude affatto che le norme concordate tra l’Unione e la Repubblica di Singapore in materia di protezione degli investimenti diretti rientrino nella politica commerciale comune qualora esse presentino un nesso specifico con gli scambi commerciali tra l’Unione e detto Stato terzo. Infatti, l’articolo 207, paragrafo 1, TFUE si riferisce in via generale agli atti dell’Unione in materia di «investimenti esteri diretti», senza distinguere a seconda che si tratti di atti aventi ad oggetto l’ammissione oppure la protezione di tali investimenti.

88.

Nel caso di specie, la protezione conferita dal capo 9 dell’accordo previsto consiste, in primo luogo, nell’obbligo per ciascuna Parte, a norma dell’articolo 9.3 dell’accordo, di concedere agli investitori dell’altra Parte «un trattamento non meno favorevole di quello da essa accordato, in situazioni analoghe, ai propri investitori e ai loro investimenti per quanto riguarda l’esecuzione, la gestione, la conduzione, il mantenimento, l’impiego, il godimento, nonché la vendita o qualsiasi altro atto di disposizione di tali investimenti».

89.

Essa comporta, in secondo luogo, l’obbligo, enunciato all’articolo 9.4 dell’accordo previsto, di concedere agli investitori dell’altra Parte e ai loro investimenti un trattamento giusto ed equo, nonché una protezione ed una sicurezza piene, tenendo presente che tale protezione e tale sicurezza devono in particolare essere caratterizzate dall’assenza di atti arbitrari e di qualsiasi forma di molestia o di coercizione, nonché dal rispetto del legittimo affidamento degli investitori e del loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

90.

In terzo luogo, la protezione degli investimenti è garantita dall’obbligo per ciascuna Parte, disposto all’articolo 9.5 dell’accordo previsto, di trattare gli investitori dell’altra Parte allo stesso modo che i propri investitori per quanto riguarda l’indennizzazione delle perdite subite a motivo di situazioni di guerra o di conflitto armato, di rivoluzione, di stato d’urgenza, di rivolta, di sommossa o di insurrezione, ivi compreso il caso di distruzione di un investimento ad opera delle autorità pubbliche o delle forze armate.

91.

In quarto luogo, l’accordo previsto tutela gli investitori dell’Unione e della Repubblica di Singapore contro qualsiasi espropriazione arbitraria o non indennizzata nel territorio dell’altra Parte, enunciando, all’articolo 9.6, che nessuna Parte può nazionalizzare o espropriare gli investimenti contemplati degli investitori dell’altra Parte ovvero assoggettarli a misure aventi effetti equivalenti ad una nazionalizzazione o ad una espropriazione, tranne quando ciò avvenga per finalità di pubblico interesse, in conformità dei principi della corretta applicazione della legge, in modo non discriminatorio, e con il pagamento rapido ed effettivo di un indennizzo sufficiente.

92.

In quinto luogo, l’accordo previsto stabilisce, all’articolo 9.7, che i trasferimenti correlati ad un investimento, come gli apporti di capitale per accrescere l’investimento e la riscossione di dividendi o di altri redditi, possano essere effettuati senza restrizioni, in una valuta liberamente convertibile.

93.

In sesto e ultimo luogo, l’articolo 9.8 dell’accordo previsto obbliga ciascuna Parte a riconoscere le surrogazioni, i trasferimenti di diritti o di titoli e le cessioni di crediti relativamente agli investimenti effettuati nel suo territorio dalle persone fisiche o giuridiche dell’altra Parte.

94.

Tale insieme di impegni ad un «trattamento non meno favorevole» e di divieti di trattamento arbitrario, riguardanti segnatamente la gestione, l’incremento e la vendita, da parte delle persone fisiche e giuridiche di ciascuna Parte, delle loro partecipazioni nelle società esercenti attività economiche e situate nel territorio dell’altra Parte, contribuisce alla sicurezza giuridica degli investitori. L’istituzione di un siffatto quadro normativo mira a promuovere, a facilitare e a disciplinare gli scambi commerciali tra l’Unione e la Repubblica di Singapore, nel senso di cui alla giurisprudenza ricordata al punto 36 del presente parere.

95.

Inoltre, le disposizioni della sezione A del capo 9 dell’accordo previsto, nella misura in cui riguardano gli investimenti diretti, sono idonee ad avere effetti diretti e immediati su detti scambi, in quanto esse concernono il trattamento delle partecipazioni degli imprenditori di una Parte alla gestione o al controllo di società esercenti attività economiche nel territorio dell’altra Parte.

96.

Ne consegue che tali disposizioni presentano, conformemente ai criteri ricordati al punto 36 del presente parere, un nesso specifico con gli scambi summenzionati.

97.

La circostanza, evidenziata dal Consiglio e da alcuni degli Stati membri che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte, che la citata sezione A contiene disposizioni che consentono agli Stati membri di valutare se l’applicazione dell’accordo previsto sia conforme alle loro esigenze imperative attinenti all’ordine pubblico e alla sicurezza pubblica nonché ad altri obiettivi di interesse pubblico, o che riguardano il diritto di proprietà, il diritto penale, il diritto tributario e la sicurezza sociale, è irrilevante a questo proposito.

98.

Per quanto riguarda, da un lato, il potere di ciascuno Stato membro dell’Unione di valutare se le suddette esigenze imperative e gli altri obiettivi di cui sopra siano, nei propri confronti, preservati, il Consiglio e i citati Stati membri rinviano all’articolo 9.3, paragrafo 3, dell’accordo previsto, il quale stabilisce – al pari di analoghe disposizioni contenute in altri capi del medesimo accordo – che, in deroga all’obbligo di applicare un «trattamento non meno favorevole» imposto dai paragrafi 1 e 2 dell’articolo summenzionato, un trattamento meno favorevole può essere applicato qualora esso non costituisca una restrizione dissimulata e sia necessario per il mantenimento dell’ordine pubblico, per la tutela della sicurezza pubblica o per la protezione di uno degli altri interessi pubblici elencati nel citato paragrafo 3.

99.

Il Consiglio e gli Stati membri di cui sopra fanno altresì riferimento all’articolo 9.5 dell’accordo previsto, il quale garantisce agli investitori un trattamento non meno favorevole per quanto riguarda l’indennizzazione delle perdite subite a motivo di una delle situazioni elencate in tale articolo, tra cui rientrano lo stato di guerra, lo stato di urgenza nazionale e la distruzione di un investimento ad opera delle autorità pubbliche o delle forze armate.

100.

A questo proposito, essi fanno valere che l’Unione non può assumere impegni al posto degli Stati membri in materie che, per loro natura, rientrano in una competenza spettante esclusivamente a questi ultimi.

101.

Orbene, occorre constatare che l’articolo 9.3, paragrafo 3, dell’accordo previsto contempla non già un impegno, bensì la possibilità di introdurre una deroga. In applicazione di quest’ultima, uno Stato membro potrà applicare, per ragioni imperative di ordine pubblico, di sicurezza pubblica ovvero attinenti ad uno degli altri interessi pubblici contemplati dal citato paragrafo 3, un trattamento meno favorevole nei confronti degli investitori singaporiani rispetto a quello applicato nei confronti dei propri investitori. Autorizzando una deroga siffatta, la disposizione di cui sopra non crea alcun impegno internazionale in materia di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di altri interessi pubblici.

102.

Il suddetto articolo 9.3, paragrafo 3, esige che qualsiasi trattamento meno favorevole nei confronti di investitori singaporiani sia «necessario» e non costituisca una «restrizione dissimulata». Queste due condizioni permettono di garantire che l’impegno ad applicare un «trattamento non meno favorevole», enunciato all’articolo 9.3, paragrafi 1 e 2, dell’accordo previsto, non venga privato del suo effetto utile. Come illustrato dall’avvocato generale al paragrafo 335 delle sue conclusioni, la limitazione del potere discrezionale degli Stati membri risultante dal suddetto paragrafo 3 è inerente alla conduzione degli scambi commerciali internazionali, i quali rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione. La disposizione comune che ricorda le suddette condizioni è dunque riconducibile a tale competenza.

103.

Ne consegue che l’articolo 9.3, paragrafo 3, dell’accordo previsto non invade le competenze degli Stati membri in materia di ordine pubblico, di sicurezza pubblica e di altri interessi pubblici, ma obbliga gli Stati membri ad esercitare tali competenze in una maniera tale da non privare del loro effetto utile gli impegni commerciali assunti dall’Unione a mente dell’articolo 9.3, paragrafi 1 e 2, del citato accordo.

104.

Un’analoga conclusione si impone per quanto riguarda l’articolo 9.5 dell’accordo previsto. Tale articolo non pregiudica il potere discrezionale degli Stati membri quanto all’impiego delle loro forze armate o alla dichiarazione dello stato di urgenza nazionale, ma si limita a stabilire che, qualora degli investimenti abbiano subito perdite a motivo di una delle situazioni elencate nella norma suddetta, gli investitori singaporiani nonché quelli dell’Unione devono vedersi applicare la medesima normativa in materia di indennizzi o di compensazioni.

105.

Per quanto riguarda, dall’altro lato, le disposizioni relative al diritto di proprietà, al diritto penale, al diritto tributario e alla sicurezza sociale, il Consiglio e gli Stati membri che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte fanno riferimento agli articoli 9.6 e 9.7 dell’accordo previsto. Il primo di tali articoli mira a proteggere gli investitori di ciascuna Parte contro qualsiasi espropriazione arbitraria o non indennizzata nel territorio dell’altra Parte, mentre il secondo di essi, che verte sulla possibilità per gli investitori di effettuare senza restrizioni trasferimenti correlati ai loro investimenti, stabilisce, al paragrafo 2, che «[n]essuna disposizione del presente articolo può essere interpretata nel senso che impedisca ad una Parte di applicare, in modo equo e non discriminatorio, la propria legislazione in materia di (...) crimini e delitti, (...) di sicurezza sociale, (...) di pensioni (...) o di risparmio obbligatorio, [nonché di] fiscalità».

106.

Il Consiglio reputa, in particolare, che l’articolo 9.6 dell’accordo previsto rientri nelle competenze spettanti unicamente agli Stati membri nel settore del diritto di proprietà. Esso cita, in tale contesto, l’articolo 345 TFUE, a mente del quale i Trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri.

107.

A questo proposito, come la Corte ha già affermato, l’articolo 345 TFUE esprime la neutralità dell’Unione riguardo ai regimi di proprietà esistenti negli Stati membri, ma non ha come effetto di sottrarre tali regimi alle norme fondamentali dell’Unione (v. sentenza del 22 ottobre 2013, Essent e a., da C‑105/12 a C‑107/12, EU:C:2013:677, punti 29 nonché 36). Nel caso di specie, l’articolo 9.6 dell’accordo previsto, il cui contenuto viene illustrato in sostanza al punto 91 del presente parere, non comporta alcun impegno riguardante il regime della proprietà esistente negli Stati membri. Tale articolo intende unicamente apporre ad eventuali decisioni di nazionalizzazione o di espropriazione dei limiti intesi a garantire agli investitori che una decisione siffatta verrà presa a condizioni eque e nel rispetto dei principi generali e dei diritti fondamentali, e segnatamente del principio di non discriminazione. Detto articolo riflette dunque la semplice circostanza che, se certo gli Stati membri restano liberi di esercitare le loro competenze in materia di diritto di proprietà e di modificare di conseguenza il regime della proprietà per quanto li riguarda, essi non sfuggono per questo all’obbligo di rispettare i suddetti principi e diritti fondamentali.

108.

Quanto all’articolo 9.7 dell’accordo previsto, esso non contiene alcun impegno per gli Stati membri riguardante il loro diritto penale, il loro diritto tributario o la loro sicurezza sociale, bensì si limita, in sostanza, a prevedere che qualsiasi applicazione, nell’Unione o a Singapore, di una normativa in materia ad un investitore dell’altra Parte deve avvenire «in modo equo e non discriminatorio», così come viene precisato nel paragrafo 2 del citato articolo 9.7.

109.

Risulta dall’insieme degli elementi sopra esposti che le disposizioni della sezione A del capo 9 dell’accordo previsto rientrano nella politica commerciale comune nella misura in cui esse riguardano gli investimenti esteri diretti tra l’Unione e la Repubblica di Singapore.

110.

Tuttavia, tale constatazione non è sufficiente per concludere che l’Unione sia competente ad approvare da sola detta sezione del capo 9. Infatti, questa verte anche sugli investimenti esteri diversi da quelli diretti. L’incidenza che l’applicazione di tale sezione a questi altri investimenti esplica sulla natura della competenza dell’Unione ad approvare questa parte dell’accordo previsto verrà esaminata ai punti da 226 a 243 del presente parere.

Gli impegni relativi alla protezione della proprietà intellettuale

111.

Ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, la politica commerciale comune include «gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale».

112.

Gli impegni internazionali assunti dall’Unione in materia di proprietà intellettuale rientrano tra i suddetti «aspetti commerciali» qualora presentino un nesso specifico con gli scambi commerciali internazionali, in quanto essi siano essenzialmente destinati a promuovere, a facilitare o a disciplinare tali scambi ed abbiano effetti diretti e immediati su di essi [sentenza del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi‑Aventis Deutschland, C‑414/11, EU:C:2013:520, punti da 49 a 52, nonché parere 3/15 (Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate), del 14 febbraio 2017, EU:C:2017:114, punto 78].

113.

Gli impegni in materia di proprietà intellettuale contenuti nell’accordo previsto vengono enunciati nel capo 11 di quest’ultimo ed integrano – come viene precisato dall’articolo 11.2 di tale accordo – i diritti e gli obblighi delle Parti risultanti dall’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio [allegato 1 C dell’Accordo istitutivo dell’OMC, firmato a Marrakech il 15 aprile 1994 e approvato mediante la decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU 1994, L 336, pag. 1; in prosieguo: l’«Accordo istitutivo dell’OMC»)] e dalle altre convenzioni multilaterali nel settore della proprietà intellettuale concluse dalle Parti suddette.

114.

In materia di diritto d’autore e di diritti connessi, l’accordo previsto ricorda, all’articolo 11.4, intitolato «Protezione concessa», gli obblighi delle Parti a titolo di diverse convenzioni internazionali, tra le quali figurano la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, firmata a Berna il 9 settembre 1886 (Atto di Parigi del 24 luglio 1971), nella versione risultante dalla modifica del 28 settembre 1979, nonché il Trattato dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) sul diritto d’autore, firmato il 20 dicembre 1996 a Ginevra, che è stato approvato a nome dell’Unione mediante la decisione 2000/278/CE del Consiglio, del 16 marzo 2000 (GU 2000, L 89, pag. 6). Inoltre, esso detta, essenzialmente, norme riguardanti la durata minima della protezione di diverse categorie di opere (articolo 11.5) e l’obbligo di tutelare gli autori contro l’elusione delle misure tecniche da essi messe in campo per evitare il compimento di atti non autorizzati (articolo 11.9).

115.

In materia di marchi, l’accordo previsto stabilisce, all’articolo 11.13, che ciascuna Parte creerà una banca dati elettronica pubblica delle domande di registrazione e delle registrazioni dei marchi. Inoltre, ciascuna Parte deve garantire che qualsiasi diniego di registrazione costituirà l’oggetto di una decisione scritta motivata impugnabile con un ricorso. I terzi dovranno avere la facoltà di proporre opposizione contro le domande di registrazione.

116.

In materia di indicazioni geografiche, l’articolo 11.17, paragrafo 1, dell’accordo previsto obbliga ciascuna Parte a istituire «sistemi per la registrazione e la protezione delle indicazioni geografiche nel proprio territorio, per le categorie di vini, bevande alcoliche, prodotti agricoli e derrate alimentari da essa giudicate pertinenti». Tali sistemi devono prevedere talune modalità procedurali, descritte nel paragrafo 2 del citato articolo 11.17, che permettano in particolare di prendere in considerazione i legittimi interessi dei terzi. Il paragrafo 3 del medesimo articolo aggiunge che le indicazioni geografiche protette da ciascuna Parte saranno iscritte in un elenco gestito dal Comitato per il commercio istituito dall’accordo previsto. Le indicazioni geografiche contenute in tale elenco dovranno, a norma dell’articolo 11.19 dell’accordo, essere protette da ciascuna Parte in modo che gli imprenditori interessati possano impedire a soggetti terzi di indurre il pubblico in errore o di compiere altri atti di concorrenza sleale.

117.

In materia di disegni o modelli, ciascuna Parte deve, in conformità degli articoli da 11.24 a 11.26 dell’accordo previsto, proteggere, per una durata di almeno dieci anni a partire dalla data della domanda di protezione, i disegni o i modelli che siano stati creati in modo indipendente e siano nuovi od originali. Il citato articolo 11.24 precisa che sono esclusi da tale protezione i disegni o modelli che siano essenzialmente dettati da considerazioni di ordine tecnico o funzionale, nonché quelli che siano contrari all’ordine pubblico o ai buoni costumi.

118.

In materia di brevetti, l’accordo previsto ricorda, all’articolo 11.29, gli obblighi delle Parti a titolo di taluni accordi internazionali e prevede un impegno di cooperazione. Inoltre, all’articolo 11.31, esso enuncia che «[l]e Parti riconoscono che i prodotti farmaceutici protetti da un brevetto nei loro rispettivi territori possono costituire l’oggetto di un procedimento amministrativo di autorizzazione alla commercializzazione prima di essere immessi sui rispettivi mercati», che dette Parti «prevedono la possibilità di una proroga della durata di validità dei diritti conferiti dal brevetto al fine di compensare il titolare di quest’ultimo per qualsiasi riduzione del periodo di vita effettivo del brevetto stesso derivante dal procedimento amministrativo di autorizzazione alla commercializzazione», e che «la proroga della durata di validità dei diritti conferiti dal brevetto non può eccedere cinque anni».

119.

L’articolo 11.33 dell’accordo previsto aggiunge che, «[q]ualora una Parte subordini l’autorizzazione alla commercializzazione di un prodotto farmaceutico alla presentazione di dati di sperimentazioni o di studi riguardanti la sicurezza e l’efficacia del medesimo, essa non può, per un periodo di almeno cinque anni a partire dalla data di autorizzazione nel suo territorio, autorizzare soggetti terzi a commercializzare un prodotto identico o simile, sulla base dell’autorizzazione alla commercializzazione concessa alla parte che ha fornito i dati di sperimentazioni o gli studi, a meno che tale parte non abbia espresso il proprio consenso». L’articolo 11.34 dell’accordo suddetto enuncia regole simili riguardanti la protezione dei dati di sperimentazioni presentati per ottenere un’autorizzazione amministrativa alla commercializzazione in vista dell’immissione sul mercato di un prodotto chimico per l’agricoltura.

120.

Infine, in materia di varietà vegetali, l’articolo 11.35 dell’accordo previsto ricorda gli obblighi delle Parti a titolo di una convenzione internazionale.

121.

Questo insieme di disposizioni relative ai diritti d’autore e ai diritti connessi, ai marchi, alle indicazioni geografiche, ai disegni o modelli, ai brevetti, ai dati di sperimentazioni e alle varietà vegetali, costituito da un richiamo agli obblighi internazionali multilaterali esistenti, da un lato, e da impegni bilaterali, dall’altro, ha come finalità essenziale, in conformità di quanto enunciato all’articolo 11.1, paragrafo 1, lettera b), dell’accordo, di assicurare agli imprenditori dell’Unione e singaporiani «un livello appropriato» di protezione dei loro diritti di proprietà intellettuale.

122.

Le disposizioni summenzionate del capo 11 dell’accordo previsto permettono agli imprenditori dell’Unione e singaporiani di beneficiare, nel territorio dell’altra Parte, di standard di protezione dei diritti di proprietà intellettuale caratterizzati da una certa omogeneità, e contribuiscono dunque alla loro partecipazione su un piede di parità al libero scambio di merci e di servizi tra l’Unione e la Repubblica di Singapore.

123.

Lo stesso vale per gli articoli da 11.36 a 11.47 dell’accordo previsto, i quali obbligano ciascuna Parte a prevedere alcune categorie di procedure e di misure giudiziarie civili che consentano agli interessati di invocare e di far rispettare i loro diritti di proprietà intellettuale. Tali disposizioni garantiscono una certa omogeneità tra i livelli di tutela giurisdizionale di cui godono i titolari di diritti di proprietà intellettuale, rispettivamente, nell’Unione e a Singapore.

124.

Altrettanto dicasi per gli articoli da 11.48 a 11.50 dell’accordo, i quali obbligano ciascuna Parte ad istituire metodi per l’identificazione, da parte delle autorità doganali, delle merci contraffatte o usurpative e a prevedere la possibilità, per i titolari di diritti di proprietà intellettuale, di ottenere, in caso di sospetto di contraffazione o di usurpazione, la sospensione dell’immissione in libera circolazione di tali merci. Tali disposizioni creano una certa omogeneità tra gli strumenti disponibili per proteggere i titolari di diritti di proprietà intellettuale contro l’ingresso di merci contraffatte o usurpative, rispettivamente, nell’Unione e a Singapore.

125.

Risulta dall’insieme di tali elementi, anzitutto, che le disposizioni del capo 11 dell’accordo previsto mirano effettivamente, così come enunciato all’articolo 11.1, paragrafo 1, di tale accordo, a «facilitare la produzione e la commercializzazione di prodotti innovativi e creativi e la fornitura di servizi tra le Parti» e ad «accrescere i vantaggi risultanti dagli scambi commerciali e dagli investimenti».

126.

Deriva poi dagli elementi suddetti che il capo 11 non si inscrive assolutamente nel contesto dell’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri dell’Unione, bensì si propone di disciplinare la liberalizzazione degli scambi tra l’Unione e la Repubblica di Singapore.

127.

Risulta infine che, tenuto conto del ruolo essenziale, ricordato dall’avvocato generale al paragrafo 436 delle sue conclusioni, che occupa la protezione dei diritti di proprietà intellettuale negli scambi di merci e di servizi in generale e nella lotta contro il commercio illecito in particolare, le disposizioni del capo 11 dell’accordo previsto sono idonee ad avere effetti diretti e immediati sugli scambi commerciali tra l’Unione e la Repubblica di Singapore.

128.

Ne consegue, in applicazione dei criteri ricordati ai punti 36 e 112 del presente parere, che il capo 11 dell’accordo previsto riguarda «aspetti commerciali della proprietà intellettuale» ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE.

129.

Alcuni degli Stati membri che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte sostengono che il capo 11 dell’accordo previsto riguarda altresì aspetti non commerciali della proprietà intellettuale per il fatto che il suo articolo 11.4 rinvia, in merito al diritto di autore e ai diritti connessi, a convenzioni multilaterali che contengono una disposizione in materia di diritti morali. Tuttavia, il rinvio ad opera dell’accordo previsto alle convenzioni suddette non è sufficiente, al fine di stabilire la natura della competenza dell’Unione a concludere l’accordo stesso, per ritenere che tale materia costituisca una componente a pieno titolo di quest’ultimo, il quale non menziona i diritti morali.

130.

Risulta da quanto precede che il capo 11 dell’accordo previsto ha per obiettivo essenziale di facilitare e disciplinare gli scambi commerciali tra l’Unione e la Repubblica di Singapore, e che le sue disposizioni sono idonee ad avere effetti diretti e immediati su tali scambi, ai sensi della giurisprudenza ricordata ai punti 36 e 112 del presente parere. Il capo suddetto rientra di conseguenza nella competenza esclusiva dell’Unione a titolo dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE.

Gli impegni in materia di concorrenza

131.

Ai sensi dell’articolo 12.1, paragrafo 1, dell’accordo previsto, le Parti riconoscono, al tempo stesso, «l’importanza di una concorrenza libera e non falsata nelle loro relazioni commerciali» e «che pratiche o transazioni commerciali anticoncorrenziali possono alterare il corretto funzionamento dei loro mercati e diminuire i vantaggi della liberalizzazione degli scambi».

132.

L’articolo 12.1, paragrafo 2, di detto accordo obbliga a questi scopi ciascuna Parte a disporre di una normativa che le consenta di lottare efficacemente contro gli accordi tra imprese, le decisioni di associazioni di imprese e le pratiche concordate aventi per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, nonché contro gli sfruttamenti abusivi di posizioni dominanti e le concentrazioni tra imprese che determinino una diminuzione significativa della concorrenza o che ostacolino notevolmente quest’ultima, se e in quanto gli accordi, le decisioni, le pratiche, gli sfruttamenti e le concentrazioni di cui sopra pregiudichino il commercio tra l’Unione e la Repubblica di Singapore.

133.

L’articolo 12.2 del suddetto accordo aggiunge che ciascuna Parte si impegna a conferire a specifiche autorità il compito di attuare la propria rispettiva normativa, contemplata dal paragrafo 2 del citato articolo 12.1, e ad applicare quest’ultima in modo trasparente e non discriminatorio nonché nel rispetto dei principi di equità procedurale e dei diritti della difesa.

134.

Tali disposizioni dell’accordo previsto si inseriscono inequivocabilmente nell’ambito della liberalizzazione degli scambi tra l’Unione e la Repubblica di Singapore. Infatti, esse riguardano specificamente la lotta contro le attività anticoncorrenziali e contro le concentrazioni che abbiano per oggetto o per effetto di impedire che gli scambi commerciali tra l’Unione e questo Stato terzo abbiano luogo in sane condizioni di concorrenza.

135.

Di conseguenza, le suddette disposizioni rientrano nel settore della politica commerciale comune, e non in quello del mercato interno. Il fatto che l’accordo previsto non verta in alcun modo sull’armonizzazione delle normative degli Stati membri dell’Unione o sul commercio tra questi ultimi è d’altronde suffragato dalla prima frase dell’articolo 12.2 dell’accordo stesso, a tenore della quale «[c]iascuna Parte conserva la propria autonomia quanto all’elaborazione e all’applicazione della propria legislazione», nonché dalla precisazione contenuta nell’articolo 12.1 di detto accordo, secondo cui il capo 12 non concerne gli accordi, le decisioni, le pratiche, gli sfruttamenti di posizione dominante e le concentrazioni anticoncorrenziali se non nella misura in cui essi pregiudichino il commercio tra l’Unione e la Repubblica di Singapore.

136.

Gli articoli 12.3 e 12.4 di detto accordo presentano anch’essi un nesso specifico con gli scambi commerciali tra l’Unione e la Repubblica di Singapore. Infatti, dette disposizioni stabiliscono, essenzialmente, che tutte le imprese pubbliche, tutte le imprese beneficianti di diritti speciali o esclusivi e tutti i monopoli di Stato concedono un trattamento non discriminatorio alle merci e ai fornitori di servizi dell’altra Parte.

137.

Il capo 12 dell’accordo previsto contiene altresì delle disposizioni in materia di sovvenzioni. Queste ultime ricordano gli obblighi delle Parti a titolo dell’Accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative, facente parte dell’allegato 1 A dell’Accordo istitutivo dell’OMC, stabiliscono quali sovvenzioni correlate al commercio delle merci e dei servizi tra l’Unione e la Repubblica di Singapore sono proibite e obbligano ciascuna Parte ad attivarsi in ogni modo al fine di neutralizzare o di eliminare gli effetti delle sovvenzioni non proibite sugli scambi con l’altra Parte.

138.

Risulta dall’insieme degli elementi sopra esposti che il capo 12 dell’accordo previsto rientra, in applicazione dei criteri ricordati al punto 36 del presente parere, nella competenza esclusiva dell’Unione contemplata dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE.

Gli impegni in materia di sviluppo sostenibile

139.

Come risulta dal punto 5 del presente parere, l’autorizzazione ad avviare negoziati con la Repubblica di Singapore in vista della conclusione di un accordo di libero scambio è stata conferita il 22 dicembre 2009.

140.

Come sottolineato dal Parlamento nelle sue osservazioni, tali negoziati hanno avuto lo scopo di giungere ad un accordo di libero scambio «di nuova generazione», vale a dire un accordo commerciale comprendente, oltre agli elementi abitualmente presenti in simili accordi, come la riduzione degli ostacoli sia tariffari che non tariffari agli scambi di merci e servizi, anche altri aspetti pertinenti, o addirittura indispensabili, per tali scambi.

141.

I Trattati UE e FUE sono entrati in vigore il 1o dicembre 2009. Per quanto riguarda la politica commerciale comune, il Trattato FUE differisce sensibilmente dal Trattato CE precedentemente in vigore, in quanto include nella politica suddetta nuovi aspetti del commercio internazionale contemporaneo. L’estensione dell’ambito della politica commerciale comune ad opera del Trattato FUE costituisce un’evoluzione significativa del diritto primario dell’Unione (v. sentenza del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi‑Aventis Deutschland, C‑414/11, EU:C:2013:520, punti 46 nonché 48).

142.

Tale evoluzione è caratterizzata, tra l’altro, dalla norma enunciata all’articolo 207, paragrafo 1, seconda frase, TFUE secondo cui «[l]a politica commerciale comune è condotta nel quadro dei principi e obiettivi dell’azione esterna dell’Unione». Tali principi e tali obiettivi vengono precisati all’articolo 21, paragrafi 1 e 2, TUE e vertono tra l’altro, come viene indicato al paragrafo 2, lettera f), di tale articolo 21, sullo sviluppo sostenibile connesso alla preservazione e al miglioramento della qualità dell’ambiente e alla gestione sostenibile delle risorse naturali mondiali.

143.

L’obbligo per l’Unione di recepire i suddetti obiettivi e principi nella gestione della propria politica commerciale comune deriva da una lettura congiunta dell’articolo 207, paragrafo 1, seconda frase, TFUE, dell’articolo 21, paragrafo 3, TUE e dell’articolo 205 TFUE.

144.

Infatti, a mente dell’articolo 21, paragrafo 3, TUE, «[n]ell’elaborazione e attuazione dell’azione esterna nei vari settori compresi nel presente titolo e nella parte quinta del trattato [FUE] (...), l’Unione (...) persegue gli obiettivi di cui ai paragrafi 1 e 2». La Parte quinta del Trattato FUE include segnatamente la politica commerciale comune.

145.

L’articolo 205 TFUE esprime il medesimo obbligo, enunciando che «[l]’azione dell’Unione sulla scena internazionale, ai sensi della [Parte quinta del Trattato FUE], si fonda sui principi, persegue gli obiettivi ed è condotta in conformità delle disposizioni generali di cui al capo 1 del titolo V del [Trattato UE]». Il capo 1 del titolo V del Trattato UE contiene in particolare l’articolo 21 TUE.

146.

Inoltre, occorre tener conto degli articoli 9 e 11 TFUE, i quali stabiliscono, rispettivamente, che, «[n]ella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione tiene conto delle esigenze connesse con (...) la garanzia di un’adeguata protezione sociale», e che «[l]e esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile» (v., per analogia, sentenza del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis, C‑201/15, EU:C:2016:972, punto 78). Inoltre, l’articolo 3, paragrafo 5, TUE obbliga l’Unione a contribuire, nelle sue relazioni col resto del mondo, al commercio «libero ed equo».

147.

Ne consegue che l’obiettivo dello sviluppo sostenibile costituisce ormai parte integrante della politica commerciale comune.

148.

Nel caso di specie, le Parti si dichiarano, nel preambolo dell’accordo previsto, «determinate a rafforzare le loro relazioni economiche, commerciali e in materia di investimenti in conformità dell’obiettivo di uno sviluppo sostenibile, nella sua dimensione economica, sociale e ambientale». In tale prospettiva, il capo 13 di detto accordo afferma, agli articoli 13.1 e 13.2, che lo sviluppo sostenibile, di cui la protezione sociale dei lavoratori e la tutela dell’ambiente costituiscono componenti che si rafforzano reciprocamente, costituisce parte degli obiettivi delle relazioni commerciali tra l’Unione e la Repubblica di Singapore.

149.

Per quanto riguarda la protezione sociale dei lavoratori, gli articoli da 13.3 a 13.5 dell’accordo previsto stabiliscono, oltre a vari impegni delle Parti a cooperare, a scambiarsi informazioni e a tener conto delle informazioni scientifiche, l’obbligo per ciascuna di esse di applicare in modo effettivo i principi afferenti i diritti fondamentali nel lavoro. Tali principi sono elencati all’articolo 13.3, paragrafo 3, di detto accordo e prevedono, in virtù degli atti adottati nell’ambito dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), «la libertà di associazione e il riconoscimento effettivo del diritto di negoziazione collettiva», «l’eliminazione di qualsiasi forma di lavoro coatto od obbligatorio», «l’abolizione effettiva del lavoro minorile», nonché «l’eliminazione della discriminazione nell’ambito del lavoro e dell’occupazione». I suddetti principi corrispondono a quelli della Dichiarazione dell’OIL relativa ai principi e ai diritti fondamentali nel lavoro e suoi seguiti, adottata il 18 giugno 1998 a Ginevra (allegato riveduto il 15 giugno 2010), e sono, come viene sottolineato nel considerando 3 del preambolo di detta dichiarazione, associati all’obiettivo dello sviluppo sostenibile.

150.

Per quanto riguarda la tutela dell’ambiente, gli articoli da 13.6 a 13.10 dell’accordo previsto stabiliscono, oltre a diversi impegni delle Parti a cooperare, a scambiarsi informazioni e a tener conto delle informazioni scientifiche, l’obbligo per esse di attuare effettivamente gli accordi multilaterali in materia di ambiente cui esse aderiscono (articolo 13.6, paragrafo 2), di lottare contro il commercio del legname e dei prodotti derivati frutto di raccolta illegittima [articolo 13.7, lettera b)], di praticare una gestione sostenibile delle risorse alieutiche quale definita negli strumenti internazionali ratificati dalle Parti [articolo 13.8, lettera a)], di lottare contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata [articolo 13.8, lettera b)], nonché di adottare misure di monitoraggio e di controllo efficaci al fine di garantire il rispetto delle misure di conservazione [articolo 13.8, lettera c)].

151.

L’articolo 13.6, paragrafo 4, di detto accordo precisa che è vietato alle Parti applicare le misure adottate o mantenute al fine di attuare un accordo multilaterale in materia di ambiente in un modo che costituisca un mezzo di discriminazione arbitraria o ingiustificata tra dette Parti oppure una restrizione dissimulata del commercio.

152.

Mediante le suddette disposizioni del capo 13 dell’accordo previsto, l’Unione e la Repubblica di Singapore si impegnano, sostanzialmente, a garantire che gli scambi commerciali tra di esse abbiano luogo nel rispetto degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di protezione sociale dei lavoratori e di tutela dell’ambiente cui esse aderiscono.

153.

Tale constatazione non viene rimessa in discussione dal fatto che gli impegni internazionali ricordati nel capo 13 dell’accordo previsto, vale a dire in particolare quelli illustrati ai punti 149 e 150 del presente parere, non riguardano soltanto gli scambi commerciali tra l’Unione e la Repubblica di Singapore. Infatti, tenuto conto della difficoltà di distinguere, ai fini del rispetto di tali impegni, tra i prodotti e i servizi costituenti l’oggetto degli scambi commerciali tra l’Unione e il suddetto Stato terzo e quelli non attinenti a tali scambi, la necessità di garantire in maniera efficace che gli impegni di cui sopra vengano rispettati nell’ambito degli scambi in questione giustifica che questi stessi impegni riguardino la totalità delle attività nei settori interessati.

154.

Inoltre, la portata degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali cui l’accordo previsto si riferisce costituisce l’oggetto dei meccanismi di interpretazione, di mediazione e di risoluzione delle controversie che sono in vigore per queste convenzioni. L’accordo previsto fa salva l’applicazione di tali meccanismi esterni, disponendo, all’articolo 13.16, che il meccanismo di risoluzione delle controversie e il meccanismo di mediazione che esso contempla nei propri capi 15 e 16 non sono applicabili al capo 13.

155.

Ne consegue che tale capo 13 non concerne né la portata delle convenzioni internazionali cui esso si riferisce, né le competenze dell’Unione o degli Stati membri relative a tali convenzioni. Per contro, detto capo presenta un nesso specifico con gli scambi commerciali tra l’Unione e la Repubblica di Singapore.

156.

Infatti, il suddetto capo 13 disciplina tali scambi assicurando che questi ultimi avvengano nel rispetto delle convenzioni sopra citate e garantendo che nessuna misura adottata in virtù di tali convenzioni venga applicata in modo da creare una discriminazione arbitraria o ingiustificata, ovvero una restrizione dissimulata negli scambi di cui sopra.

157.

Questo medesimo capo è altresì idoneo ad avere effetti diretti ed immediati sugli scambi in questione.

158.

Simili effetti derivano, in primo luogo, dall’impegno delle Parti, risultante dall’articolo 13.1, paragrafo 3, dell’accordo previsto, da un lato, a non incoraggiare il commercio tramite un abbassamento dei livelli di protezione sociale e di tutela ambientale nel proprio rispettivo territorio al di sotto degli standard previsti dagli impegni internazionali e, dall’altro, a non attuare tali standard in modo protezionistico.

159.

In secondo luogo, le disposizioni stabilite nel capo 13 dell’accordo previsto sono idonee ad avere effetti diretti e immediati sugli scambi commerciali tra l’Unione e la Repubblica di Singapore, in quanto esse riducono il rischio di differenze sproporzionate tra i costi di produzione delle merci e di fornitura dei servizi nell’Unione, da un lato, e a Singapore, dall’altro, e contribuiscono dunque alla partecipazione al libero scambio su un piede di parità degli imprenditori dell’Unione e degli imprenditori di tale Stato terzo.

160.

In terzo luogo, per quanto riguarda in particolare gli impegni aventi per obiettivo di lottare contro il commercio del legname e dei prodotti derivati ottenuti da una raccolta illegittima, nonché contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, contemplati al punto 150 del presente parere, le Parti si obbligano, nell’accordo previsto, a realizzare o a favorire sistemi di documentazione, di verifica e di certificazione. Siffatti sistemi sono idonei ad influire direttamente sul commercio dei prodotti in questione (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2002, Commissione/Consiglio, C‑281/01, EU:C:2002:761, punto 40).

161.

Infine, la specificità del nesso che le disposizioni del capo 13 dell’accordo previsto presentano con gli scambi commerciali tra l’Unione e la Repubblica di Singapore deriva anche dal fatto che una violazione delle disposizioni in materia di protezione sociale dei lavoratori e di tutela dell’ambiente, contenute nel capo summenzionato, autorizza l’altra Parte – in conformità della norma consuetudinaria di diritto internazionale codificata all’articolo 60, paragrafo 1, della Convenzione sul diritto dei trattati, firmata a Vienna il 23 maggio 1969 (Recueil des Traités des Nations unies, vol. 1155, pag. 331; in prosieguo: la «convenzione di Vienna»), applicabile nelle relazioni tra l’Unione e gli Stati terzi (v., riguardo all’applicabilità alle relazioni esterne dell’Unione delle norme di diritto consuetudinario codificate nella convenzione di Vienna, sentenze del 25 febbraio 2010, Brita, C‑386/08, EU:C:2010:91, punti 4142, nonché del 21 dicembre 2016, Consiglio/Front Polisario, C‑104/16 P, EU:C:2016:973, punti 100, 107, 110113) – a porre fine alla liberalizzazione di questi scambi prevista nelle altre disposizioni dell’accordo summenzionato, ovvero a sospenderla.

162.

Infatti, occorre constatare che tale capo 13 occupa un posto essenziale nell’accordo previsto.

163.

Sarebbe del resto incoerente ritenere che le disposizioni che liberalizzano gli scambi tra l’Unione e uno Stato terzo rientrino nella politica commerciale comune, e che non vi rientrino quelle intese a garantire che tale liberalizzazione degli scambi abbia luogo nel rispetto dello sviluppo sostenibile. Infatti, la gestione degli scambi commerciali in conformità dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile costituisce, come evidenziato al punto 147 del presente parere, parte integrante della citata politica commerciale comune.

164.

Certo, la competenza esclusiva dell’Unione contemplata dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE non può essere esercitata per disciplinare i livelli di protezione sociale e ambientale nel rispettivo territorio delle Parti. L’adozione di simili norme rientrerebbe nella ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri prevista, in particolare, all’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), e all’articolo 3, paragrafo 2, nonché all’articolo 4, paragrafo 2, lettere b) ed e), TFUE. Infatti, l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE non prevale su queste ulteriori disposizioni del Trattato FUE, tenendo peraltro presente che l’articolo 207, paragrafo 6, TFUE dichiara che «[l]’esercizio delle competenze attribuite (...) nel settore della politica commerciale comune non pregiudica la ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri (...)».

165.

Tuttavia, nel caso di specie, risulta dall’articolo 13.1, paragrafo 4, dell’accordo previsto che le Parti «non hanno l’intenzione di armonizzare le loro norme in materia di lavoro o di ambiente», e dall’articolo 13.2, paragrafo 1, del medesimo accordo che esse si riconoscono reciprocamente il diritto di stabilire i propri livelli di tutela ambientale e di protezione sociale e di adottare o modificare di conseguenza le proprie legislazioni e politiche in modo coerente con i loro impegni internazionali in queste materie.

166.

Risulta dall’insieme di tali elementi che le disposizioni del capo 13 dell’accordo previsto hanno per obiettivo non già di regolamentare i livelli di protezione sociale e di tutela ambientale nel rispettivo territorio delle Parti, bensì di disciplinare gli scambi commerciali tra l’Unione e la Repubblica di Singapore subordinando la liberalizzazione degli stessi alla condizione che le Parti rispettino i propri obblighi internazionali in materia di protezione sociale dei lavoratori e di tutela dell’ambiente.

167.

Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, il capo 13 dell’accordo previsto rientra, in conformità dei criteri ricordati al punto 36 del presente parere, nella politica commerciale comune e, di conseguenza, nella competenza esclusiva dell’Unione contemplata dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE.

Sulla competenza contemplata dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE

Gli impegni in materia di servizi nel settore dei trasporti

168.

Per le ragioni esposte ai punti da 56 a 68 del presente parere, nella misura in cui gli impegni stabiliti nel capo 8 dell’accordo previsto riguardano i servizi di trasporto marittimo internazionale, di trasporto ferroviario, di trasporto su strada e di trasporto per via navigabile interna, nonché i servizi intrinsecamente connessi a tali servizi di trasporto, essi non rientrano nella politica commerciale comune, bensì devono essere approvati in conformità della ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri nel settore della politica comune dei trasporti.

169.

Tale politica comune è disciplinata, nell’ambito della Parte terza del Trattato FUE, dal titolo VI di quest’ultima, il quale raggruppa gli articoli da 90 a 100 TFUE. Tale articolo 100 enuncia, al paragrafo 1, che le disposizioni del titolo sopra citato si applicano ai trasporti ferroviari nonché ai trasporti su strada e per vie navigabili, e, al paragrafo 2, conferisce al legislatore dell’Unione il potere di stabilire le opportune disposizioni per la navigazione marittima e aerea. L’articolo 91, paragrafo 1, TFUE autorizza detto legislatore ad adottare, nell’ambito della politica comune dei trasporti, delle «norme comuni».

170.

Al punto 17 della sua sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (22/70, EU:C:1971:32), la Corte ha rilevato che, qualora l’Unione abbia adottato delle disposizioni contenenti, sotto qualsivoglia forma, norme comuni, gli Stati membri non hanno più il potere, né individualmente, né collettivamente, di contrarre con gli Stati terzi obblighi che incidano su dette norme (v. anche, segnatamente, sentenza del 5 novembre 2002, Commissione/Danimarca, C‑467/98, EU:C:2002:625, punti da 77 a 80).

171.

In linea con tale giurisprudenza, l’articolo 216 TFUE attribuisce all’Unione la competenza a concludere, in particolare, qualsiasi accordo internazionale che «possa incidere su norme comuni o alterarne la portata».

172.

In conformità dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, la competenza di cui l’Unione dispone per concludere un accordo siffatto ha carattere esclusivo.

173.

La Commissione ritiene che gli impegni stabiliti nel capo 8 dell’accordo previsto e riguardanti il settore dei trasporti possano incidere su norme comuni o alterarne la portata. Il Parlamento condivide tale posizione, contrariamente al Consiglio e agli Stati membri che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte.

174.

Occorre esaminare tale questione per l’insieme delle vie di trasporto menzionate negli elenchi degli impegni allegati al capo 8 dell’accordo previsto. Tenuto conto della particolare attenzione dedicata da tale accordo ai trasporti marittimi, occorre esaminare questi ultimi prima degli altri.

Trasporti marittimi

175.

Se certo il capo 8 dell’accordo previsto esclude dal proprio ambito di applicazione, agli articoli 8.3 e 8.9, al punto 11.A delle appendici 8‑A‑1 e 8‑B‑1, nonché al punto 16.A delle appendici 8‑A‑2 e 8‑A‑3 degli allegati del capo suddetto, il cabotaggio marittimo nazionale, esso dedica invece una sottosezione ai servizi di trasporto marittimo internazionale. Tale sottosezione è costituita dall’articolo 8.56 di detto accordo, che è formulato come segue:

«1.   La presente sottosezione definisce i principi riguardanti la liberalizzazione dei servizi di trasporto marittimo internazionale in conformità delle sezioni B (Fornitura transfrontaliera di servizi), C (Stabilimento) e D (Presenza temporanea di persone fisiche per motivi professionali).

2.   Ai fini della presente sottosezione:

il “trasporto marittimo internazionale” include le operazioni di trasporto porta a porta e multimodali, vale a dire il trasporto di merci mediante varie modalità di trasporto, comprendente una tratta marittima, con un unico titolo di trasporto, e incluso, a questo effetto, il diritto di concludere contratti direttamente con imprese che propongono altre modalità di trasporto.

3.   Per quanto riguarda il trasporto marittimo internazionale, le Parti convengono di garantire un’applicazione effettiva dei principi dell’accesso illimitato ai carichi su base commerciale, della libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo internazionale, nonché del trattamento nazionale nell’ambito della fornitura di questo tipo di servizi.

Tenuto conto dei livelli esistenti di liberalizzazione tra le Parti per quanto riguarda il trasporto marittimo internazionale:

a)

le Parti applicheranno effettivamente il principio dell’accesso illimitato ai mercati e agli scambi nel settore del trasporto marittimo internazionale su una base commerciale e non discriminatoria;

b)

ciascuna Parte accorderà alle navi battenti bandiera dell’altra Parte o gestite da prestatori di servizi dell’altra Parte un trattamento non meno favorevole di quello che essa concede alle proprie navi o, se migliore, a quelle di paesi terzi, per quanto riguarda tra l’altro l’accesso ai porti, l’uso delle infrastrutture e dei servizi marittimi ausiliari dei porti, i relativi diritti e oneri, le installazioni doganali e l’accesso agli ormeggi ed alle infrastrutture per il carico e lo scarico.

4.   Nell’applicare tali principi, le Parti:

a)

si astengono dall’introdurre clausole concernenti la ripartizione dei carichi marittimi nei futuri accordi con paesi terzi riguardanti i servizi di trasporto marittimo, ivi compresi i carichi secchi e liquidi alla rinfusa e il traffico commerciale di linea, e abrogano entro un termine ragionevole simili clausole di ripartizione qualora previste in accordi precedenti;

b)

dall’entrata in vigore del presente accordo, aboliscono e si astengono dall’introdurre misure unilaterali e ostacoli amministrativi, tecnici o di altra natura che potrebbero costituire una restrizione dissimulata o avere effetti discriminatori sulla libera prestazione di servizi nel trasporto marittimo internazionale.

5.   Ciascuna Parte autorizza i prestatori di servizi di trasporto marittimo internazionale dell’altra Parte ad avere uno stabilimento nel suo territorio, applicando, per lo stabilimento e l’esercizio dell’attività, condizioni conformi a quelle inserite nel proprio Elenco di impegni specifici.

6.   Le Parti mettono a disposizione dei prestatori di servizi di trasporto marittimo internazionale dell’altra Parte, con modalità ed a condizioni ragionevoli e non discriminatorie, i seguenti servizi portuali:

a)

pilotaggio;

b)

rimorchio e assistenza prestata da un rimorchiatore;

c)

vettovagliamento;

d)

rifornimento di carburante e acqua;

e)

raccolta dei rifiuti e smaltimento delle acque di zavorra;

f)

servizi di capitaneria;

g)

aiuti alla navigazione;

h)

servizi operativi a terra indispensabili per la gestione delle navi, comprese le comunicazioni e le forniture idriche e elettriche, le infrastrutture per le riparazioni in caso di urgenza, i servizi di ancoraggio e di ormeggio».

176.

Tale articolo 8.56 deve essere letto in combinazione con gli impegni specifici che sono allegati al capo 8 dell’accordo previsto. Infatti, gli articoli 8.7 e 8.12 di tale accordo enunciano che «[i] settori liberalizzati da una Parte (...) nonché le limitazioni (...), istituite tramite riserve, sono precisati nell’Elenco degli impegni specifici della Parte di cui trattasi».

177.

Risulta dal punto 11.A delle appendici 8‑A‑1 e 8‑B‑1 degli allegati di tale capo che l’Unione e la Repubblica di Singapore non hanno apportato agli impegni contemplati dal citato articolo 8.56 alcuna limitazione in merito alla fornitura transfrontaliera dei servizi di trasporto marittimo internazionale (modalità 1 e 2).

178.

Per quanto riguarda, invece, la fornitura di servizi di trasporto marittimo internazionale mediante la presenza di persone fisiche (modalità 4), occorre rilevare come l’accordo previsto mantenga lo status quo nelle relazioni tra l’Unione e la Repubblica di Singapore. Infatti, dal punto 16.A dell’appendice 8‑A‑3 degli allegati del capo 8 di detto accordo, a mente del quale possono essere mantenuti requisiti di nazionalità nell’Unione, e dal punto 11.A dell’appendice 8‑B‑1 di questi stessi allegati, in forza del quale la Repubblica di Singapore non è tenuta a liberalizzare la fornitura di questi servizi secondo la modalità 4, risulta che le Parti non si impegnano a liberalizzare tale modalità di fornitura di servizi.

179.

Quanto alla fornitura di servizi di trasporto marittimo internazionale mediante una presenza commerciale nel territorio dell’altra Parte (modalità 3), l’impegno enunciato all’articolo 8.56, paragrafo 5, dell’accordo previsto, secondo cui ciascuna Parte autorizza i fornitori di servizi di trasporto marittimo internazionale dell’altra Parte a disporre di uno stabilimento nel suo territorio, è limitato dai punti 16.A dell’appendice 8‑A‑2 e 11.A dell’appendice 8‑B‑1 degli allegati del capo 8 dell’accordo previsto, che circoscrivono la possibilità per i fornitori dell’altra Parte di stabilirsi al fine di esercire navi battenti bandiera dello Stato di stabilimento.

180.

Al fine di valutare se tali impegni per i servizi forniti nelle modalità 1 e 2 e quelli, limitati, per i servizi forniti nella modalità 3 «[possano] incidere su norme comuni o modificarne la portata», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, occorre fondarsi sulla consolidata giurisprudenza della Corte secondo cui tale rischio sussiste allorquando detti impegni rientrano nell’ambito di applicazione delle norme comuni di cui trattasi [v., in particolare, sentenza del 4 settembre 2014,Commissione/Consiglio, C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 68; parere 1/13 (Adesione di Stati terzi alla Convenzione dell’Aja), del 14 ottobre 2014, EU:C:2014:2303, punto 71; sentenza del 26 novembre 2014, Green Network, C‑66/13, EU:C:2014:2399, punto 29, e parere 3/15 (Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate), del 14 febbraio 2017, EU:C:2017:114, punto 105].

181.

La constatazione dell’esistenza di un rischio siffatto non presuppone una concordanza completa tra il settore disciplinato dagli impegni internazionali e quello disciplinato dalla normativa dell’Unione. Tali impegni possono incidere sulla portata delle norme comuni dell’Unione o modificarla anche quando essi rientrino in un settore già disciplinato in gran parte dalle norme comuni suddette [v. parere 1/03 (Nuova convenzione di Lugano), del 7 febbraio 2006, EU:C:2006:81, punto 126; sentenza del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio, C‑114/12, EU:C:2014:2151, punti 6970; parere 1/13 (Adesione di Stati terzi alla Convenzione dell’Aja), del 14 ottobre 2014, EU:C:2014:2303, punti 7273, nonché parere 3/15 (Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate), del 14 febbraio 2017, EU:C:2017:114, punti 106107].

182.

Nel caso di specie, il settore in cui rientrano i suddetti impegni contenuti nell’accordo previsto è in gran parte disciplinato dalle norme comuni enunciate dal regolamento n. 4055/86, il quale definisce l’applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri e tra Stati membri e Stati terzi.

183.

Tale regolamento permette a due categorie di soggetti, definite al suo articolo 1, di beneficiare della libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo internazionale, vale a dire, da un lato, ai cittadini di uno Stato membro stabiliti in uno Stato membro diverso da quello del destinatario dei servizi e, dall’altro, ai cittadini di uno Stato membro stabiliti in uno Stato terzo nonché alle società di navigazione stabilite in uno Stato terzo e controllate da cittadini di uno Stato membro.

184.

Il legislatore dell’Unione ha altresì fissato un requisito di collegamento, stabilendo, mediante l’impiego, all’articolo 1, paragrafo 2, del citato regolamento, dei termini «se le loro navi sono registrate in tale Stato membro conformemente alla sua legislazione», che i cittadini di uno Stato membro che operano a partire da uno stabilimento situato in uno Stato terzo sono esclusi dalla libera prestazione dei servizi se le loro navi non battono la bandiera di tale Stato membro (v. sentenza dell’8 luglio 2014, Fonnship e Svenska Transportarbetareförbundet, C‑83/13, EU:C:2014:2053, punto 34).

185.

Nella maniera così circoscritta, il regolamento n. 4055/86 estende la libera prestazione dei servizi ai servizi di trasporto marittimo internazionale.

186.

Esso precisa inoltre, all’articolo 1, paragrafo 3, che «[l]e disposizioni degli articoli [da 51 a 54 TFUE] sono applicabili ai settori disciplinati dal presente regolamento».

187.

L’articolo 6, paragrafi 1 e 2, del citato regolamento aggiunge quanto segue:

«1.   Se i cittadini o le società di navigazione di uno Stato membro (...) si trovano, o rischiano di trovarsi, in una situazione in cui [essi] non abbiano la possibilità effettiva di effettuare traffici in provenienza ed a destinazione di un particolare paese terzo, lo Stato membro interessato ne informa quanto prima gli altri Stati membri e la Commissione.

2.   Il Consiglio, (...) su proposta della Commissione, decide l’azione necessaria. Tale azione può includere (...) la negoziazione e la conclusione di clausole in materia di ripartizione dei carichi».

188.

La fornitura di servizi di trasporto marittimo tra l’Unione e la Repubblica di Singapore ricade sotto le norme comuni fissate dal regolamento n. 4055/86. Queste hanno in particolare per effetto di conferire ai fornitori di detti servizi stabiliti in uno Stato membro, nonché ai cittadini di uno Stato membro che controllano una società di navigazione situata a Singapore e che forniscono siffatti servizi mediante navi battenti bandiera di uno Stato membro, un accesso in linea di principio libero al traffico diretto verso e proveniente dal suddetto Stato terzo. Per contro, i prestatori di servizi di trasporto marittimo tra l’Unione e il citato Stato terzo che non soddisfano tali requisiti di collegamento non beneficiano di un accesso siffatto.

189.

Gli impegni contenuti nell’accordo previsto incidono su, o addirittura modificano, considerevolmente, per i servizi di trasporto marittimo tra l’Unione e la Repubblica di Singapore, la portata delle suddette norme comuni fissate dal regolamento n. 4055/86.

190.

Infatti, risulta dall’articolo 8.56, paragrafo 3, di detto accordo che i fornitori di servizi di trasporto marittimo dell’Unione nonché i cittadini di uno Stato membro che controllano una società di navigazione stabilita a Singapore avranno libero accesso al traffico diretto verso e proveniente da tale Stato terzo, e ciò senza che sia richiesto a questi ultimi che le loro navi battano bandiera di uno Stato membro. Tale regime differisce sensibilmente da quello stabilito dal regolamento n. 4055/86.

191.

L’accordo previsto incide parimenti sulle norme dettate dall’articolo 6 del citato regolamento. Infatti, mentre da tale articolo 6 risulta che il Consiglio può autorizzare la negoziazione e la conclusione di clausole in materia di ripartizione dei carichi qualora un cittadino o una società di navigazione di uno Stato membro incontri difficoltà di accesso al traffico diretto verso uno Stato terzo e proveniente da quest’ultimo, l’articolo 8.56, paragrafo 4, del citato accordo prevede la soppressione progressiva di siffatte clausole in materia di ripartizione dei carichi.

192.

Di conseguenza, gli impegni dell’accordo previsto vertenti sui servizi di trasporto marittimo tra l’Unione e la Repubblica di Singapore possono incidere su, o addirittura modificare, le norme comuni enunciate dal regolamento n. 4055/86, che si applicano alla prestazione di detti servizi.

193.

La competenza dell’Unione ad approvare tali impegni è dunque esclusiva a titolo dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

194.

Lo stesso vale necessariamente anche per gli impegni intesi a prevedere, insieme all’accesso ai suddetti servizi di trasporto, un libero accesso ai servizi ausiliari intrinsecamente connessi ai primi, ed elencati all’articolo 8.56, paragrafo 6, dell’accordo previsto, nonché al punto 12 dell’appendice 8‑A‑1, al punto 17 delle appendici 8‑A‑2 e 8‑A‑3, e al punto 11 dell’appendice 8‑B‑1 degli allegati del capo 8 del suddetto accordo.

– Trasporti ferroviari

195.

Risulta dai principi enunciati nel capo 8 dell’accordo previsto, riepilogati al punto 51 del presente parere, letti in combinato disposto con il punto 11.C dell’appendice 8‑A‑1, con il punto 16.C delle appendici 8‑A‑2 e 8‑A‑3, nonché con il punto 11.B dell’appendice 8‑B‑1 degli allegati del capo summenzionato, che quest’ultimo liberalizza i servizi di trasporto ferroviario tra l’Unione e la Repubblica di Singapore forniti con le modalità 2 e 3.

196.

Di conseguenza, in tale settore di servizi, l’Unione si impegna a permettere ai prestatori singaporiani di accedere alle reti e alle attività ferroviarie nell’Unione e, se del caso, a stabilirvisi, a condizioni non meno favorevoli di quelle che si applicano ai prestatori dell’Unione. La Repubblica di Singapore si impegna in modo analogo nei confronti dei prestatori dell’Unione per quanto riguarda l’accesso alle reti e alle attività ferroviarie situate nel suo territorio.

197.

I suddetti impegni dell’Unione rientrano in un ambito ampiamente disciplinato da norme comuni di quest’ultima.

198.

Infatti, le condizioni non meno favorevoli di cui i prestatori singaporiani beneficeranno, in conformità degli impegni di cui sopra, per accedere alle reti e alle attività di trasporto ferroviario nell’Unione, e per stabilirsi in quest’ultima, corrispondono agli elementi disciplinati dalle norme dello spazio ferroviario europeo unico, previste dalla direttiva 2012/34.

199.

Tale direttiva, che è stata adottata sulla base dell’articolo 91 TFUE, dichiara, al considerando 7, che, «[n]ell’applicare al settore dei trasporti ferroviari il principio della libertà di prestare servizi, è opportuno tener conto delle caratteristiche peculiari di tale settore». Risulta dall’articolo 1 della medesima direttiva che quest’ultima «si applica all’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria adibita a servizi ferroviari» e stabilisce, in particolare, «le regole relative alla gestione dell’infrastruttura ferroviaria e alle attività di trasporto per ferrovia delle imprese ferroviarie stabilite o che si stabiliranno in uno Stato membro», nonché «i criteri che disciplinano il rilascio, la proroga o la modifica a opera di uno Stato membro delle licenze destinate alle imprese ferroviarie che sono stabilite o si stabiliranno nell’Unione».

200.

A partire dall’entrata in vigore dell’accordo previsto, i servizi di trasporto ferroviario forniti nell’Unione da prestatori singaporiani rientreranno, conformemente agli impegni derivanti dall’accordo medesimo, nell’ambito di un regime di accesso e di stabilimento che disciplinerà i medesimi aspetti regolamentati dal regime istituito dalla direttiva 2012/34 e che non dovrà essere meno favorevole di quest’ultimo.

201.

Come la Corte ha già constatato, qualora un accordo tra l’Unione e uno Stato terzo preveda l’applicazione, ai rapporti internazionali disciplinati da tale accordo, di norme che si sovrapporranno in larga parte alle norme comuni dell’Unione applicabili alle situazioni intracomunitarie, tale accordo deve essere considerato idoneo ad incidere sulla portata di tali norme comuni o a modificarla. Infatti, malgrado l’assenza di contraddizione con le citate norme comuni, il senso, la portata e l’efficacia di queste ultime possono venire influenzati [v., in particolare, parere 1/03 (Nuova convenzione di Lugano), del 7 febbraio 2006, EU:C:2006:81, punti 143 e da 151 a 153; parere 1/13 (Adesione di Stati terzi alla Convenzione dell’Aja), del 14 ottobre 2014, EU:C:2014:2303, punti da 84 a 90, nonché sentenza del 26 novembre 2014, Green Network, C‑66/13, EU:C:2014:2399, punti 4849].

202.

Dal momento che gli impegni contenuti nell’accordo previsto in merito ai servizi di trasporto ferroviario rientrano in un settore già disciplinato in gran parte da norme comuni dell’Unione e che tali impegni possono incidere sulla portata di queste norme o modificarla, la competenza dell’Unione ad approvare detti impegni è esclusiva, in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

203.

Lo stesso vale necessariamente anche per gli impegni intesi a prevedere, insieme all’accesso ai suddetti servizi di trasporto, un libero accesso ai servizi ausiliari intrinsecamente connessi ai primi, ed elencati al punto 12 dell’appendice 8‑A‑1, al punto 17 dell’appendice 8‑A‑2 e al punto 11 dell’appendice 8‑B‑1 degli allegati del capo 8 dell’accordo previsto.

– Trasporto su strada

204.

Risulta dai principi del capo 8 dell’accordo previsto, riepilogati al punto 51 del presente parere, letti in combinato disposto con il punto 11.D dell’appendice 8‑A‑1, con il punto 16.D delle appendici 8‑A‑2 e 8‑A‑3, nonché con il punto 11.C dell’appendice 8‑B‑1 degli allegati di tale capo, che quest’ultimo liberalizza senza limitazioni i servizi di trasporto su strada nell’Unione e a Singapore, forniti con la modalità 2, e che esso liberalizza, in una certa misura, quelli forniti con le modalità 3 e 4.

205.

L’Unione si impegna dunque a permettere ai prestatori singaporiani di esercitare, nell’Unione, attività di trasporto di passeggeri e di merci su strada a condizioni non meno favorevoli di quelle che si applicano ai prestatori dell’Unione. La Repubblica di Singapore si impegna in modo analogo per quanto riguarda i prestatori dell’Unione.

206.

I suddetti impegni dell’Unione rientrano in un settore ampiamente disciplinato da norme comuni di quest’ultima.

207.

Infatti, le condizioni non meno favorevoli di cui i prestatori singaporiani beneficeranno, in conformità degli impegni summenzionati, per fornire servizi di trasporto su strada nell’Unione, corrispondono in larga misura agli aspetti disciplinati dalle norme comuni enunciate nei regolamenti n. 1071/2009, n. 1072/2009 e n. 1073/2009.

208.

Tali regolamenti, che rientrano nella politica comune dei trasporti, stabiliscono, ai sensi dell’articolo 1 di ciascuno di essi, norme comuni riguardanti, rispettivamente, l’accesso alla «professione di trasportatore su strada e l’esercizio della stessa», l’accesso ai «trasporti internazionali di merci su strada [nell’Unione]», e l’accesso ai «trasporti internazionali di passeggeri effettuati con autobus [nell’Unione]».

209.

A partire dall’entrata in vigore dell’accordo previsto, i servizi di trasporto su strada forniti nell’Unione da prestatori singaporiani dovranno, in conformità degli impegni contenuti in tale accordo, ricadere in un regime di accesso che disciplinerà aspetti identici a quelli regolamentati dai regimi istituiti, in particolare, dai regolamenti n. 1072/2009 e n. 1073/2009 e che non dovrà essere meno favorevole di questi ultimi.

210.

Per ragioni identiche a quelle esposte al punto 201 del presente parere, occorre considerare che siffatti impegni internazionali rientrano in un settore già disciplinato in gran parte da norme comuni dell’Unione e possono incidere sulla portata di queste ultime ovvero modificarla.

211.

La competenza dell’Unione ad approvare gli impegni riguardanti i servizi di trasporto su strada è dunque esclusiva, a titolo dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

212.

Lo stesso vale necessariamente anche per gli impegni riguardanti i servizi ausiliari che sono intrinsecamente connessi a tali servizi di trasporto, ed elencati al punto 12 dell’appendice 8‑A‑1, al punto 17 dell’appendice 8‑A‑2 e al punto 11 dell’appendice 8‑B‑1 degli allegati del capo 8 dell’accordo previsto.

– Trasporti per via navigabile interna

213.

I trasporti per via navigabile interna che restano circoscritti nel territorio di uno Stato membro dell’Unione o in quello della Repubblica di Singapore, non vengono menzionati nell’accordo previsto e dunque, a norma degli articoli 8.7 e 8.12 di tale accordo, non rientrano nella liberalizzazione prevista dal capo 8 di quest’ultimo.

214.

Non vengono liberalizzati neppure i trasporti per via navigabile interna tra gli Stati membri dell’Unione, pur essendo essi menzionati nell’elenco degli impegni specifici dell’Unione per i servizi forniti con le modalità 1, 2 e 3. Infatti, a motivo delle limitazioni elencate al punto 11.B dell’appendice 8‑A‑1 e al punto 16.B dell’appendice 8‑A‑2 degli allegati del capo 8 dell’accordo previsto, gli imprenditori singaporiani non dispongono, in sostanza, di un diritto di accesso a tali attività di trasporto.

215.

Le appendici suddette enunciano, in particolare, il mantenimento di requisiti di nazionalità. Inoltre, i territori di tredici Stati membri sono esclusi dalla prestazione transfrontaliera di tali servizi di trasporto. A motivo della situazione geografica di questi Stati membri, le vie di navigazione interna tra Stati membri che non sono interessate da tale esclusione sono essenzialmente limitate a quelle che collegano la Germania, l’Austria, la Francia, il Lussemburgo e i Paesi Bassi, nonché quelle che collegano il Belgio, la Francia e i Paesi Bassi. Tuttavia, l’accesso a queste vie navigabili è riservato in virtù di accordi esistenti, il cui mantenimento, senza estensione a favore degli imprenditori singaporiani, è espressamente previsto dalle appendici sopra citate.

216.

Ne consegue che la menzione, nell’accordo previsto, dei trasporti per via navigabile interna è accompagnata, tutt’al più, da impegni di portata estremamente limitata.

217.

Per giurisprudenza consolidata, nell’esaminare la natura della competenza a concludere un accordo internazionale, non occorre tener conto delle disposizioni di tale accordo che abbiano una portata estremamente limitata [v., in particolare, parere 1/08 (Accordi che modificano gli elenchi di impegni specifici a titolo del GATS), del 30 novembre 2009, EU:C:2009:739, punto 166 e la giurisprudenza ivi citata]. Pertanto, nel caso di specie, occorre stabilire la natura della competenza dell’Unione riguardo agli impegni contenuti nel capo 8 dell’accordo previsto nel settore dei trasporti tenendo conto degli impegni relativi ai trasporti marittimi, ferroviari e su strada. Poiché, per le ragioni illustrate ai punti da 175 a 212 del presente parere, l’Unione è competente in via esclusiva, a norma dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, ad approvare i suddetti impegni, ne consegue – in virtù dell’effetto cumulato di tale conclusione e di quella enunciata al punto 69 del presente parere – che l’Unione è competente in via esclusiva riguardo al suddetto capo 8 nella sua integralità.

218.

Contrariamente a quanto sostenuto dall’Irlanda, tale conclusione non viene infirmata dal Protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato ai Trattati UE e TFUE. A questo proposito, è sufficiente rilevare che la politica commerciale comune e la politica comune dei trasporti non sono interessate da detto protocollo, e ricordare altresì che sono la finalità e il contenuto dell’atto in questione a determinare i protocolli eventualmente applicabili, e non viceversa (v., per analogia, sentenza del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio, C‑137/12, EU:C:2013:675, punti 7475). Poiché l’accordo previsto non verte sugli aspetti disciplinati dalla Parte terza, titolo V, del Trattato FUE, il protocollo di cui sopra non è pertinente nell’ambito del presente procedimento. Lo stesso vale per il Protocollo (n. 22) sulla posizione della Danimarca, allegato ai Trattati UE e TFUE, così come del resto evidenziato dal Regno di Danimarca all’udienza.

Gli impegni in materia di appalti pubblici nel settore dei trasporti

219.

Come rilevato al punto 77 del presente parere, nella misura in cui gli impegni contenuti nel capo 10 dell’accordo previsto riguardano gli appalti pubblici di servizi di trasporto marittimo internazionale, di trasporto ferroviario, di trasporto su strada e di trasporto per via navigabile interna, nonché gli appalti pubblici di servizi intrinsecamente connessi a tali servizi di trasporto, detti impegni non rientrano nella politica commerciale comune.

220.

Date tali circostanze, occorre esaminare se l’Unione disponga, per gli impegni riguardanti tali appalti pubblici di servizi, di una competenza esterna esclusiva a titolo dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

221.

Come si è rilevato ai punti 75 e 76 del presente parere, il capo 10 dell’accordo previsto contiene un insieme di norme tese a creare una cornice normativa per l’affidamento di appalti pubblici nell’Unione e a Singapore, in modo da garantire che le procedure di attribuzione di tali appalti si svolgano nel rispetto dei principi di non discriminazione e di trasparenza.

222.

La direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94, pag. 65), nonché la direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU 2014, L 94, pag. 243), istituiscono un insieme di norme comuni preordinate, in sostanza, a garantire che gli affidamenti di appalti pubblici, tra l’altro, nel settore dei trasporti siano conformi, nell’ambito dell’Unione, a questi stessi principi di cui sopra, come viene precisato nel considerando 1 e all’articolo 18 della direttiva 2014/24, come pure nel considerando 2 e all’articolo 36 della direttiva 2014/25.

223.

Dunque, a partire dall’entrata in vigore dell’accordo previsto, l’accesso dei prestatori singaporiani agli appalti pubblici dell’Unione nel settore dei trasporti ricadrà nell’ambito di impegni disciplinanti aspetti identici a quelli disciplinati dalle direttive 2014/24 e 2014/25.

224.

Pertanto, in conformità della giurisprudenza ricordata al punto 201 del presente parere, l’Unione è titolare di una competenza esterna esclusiva, a titolo dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, per gli impegni internazionali contenuti nel capo 10 di detto accordo in materia di appalti pubblici di servizi nel settore dei trasporti, dato che infatti tali impegni rientrano in un settore già disciplinato in gran parte da norme comuni dell’Unione e possono incidere sulla portata di queste norme o modificarla.

Gli impegni in materia di investimenti diversi da quelli diretti

225.

Per le ragioni chiarite ai punti da 80 a 109 del presente parere, gli impegni contenuti nella sezione A del capo 9 dell’accordo previsto in merito alla protezione degli investimenti rientrano nella politica commerciale comune dell’Unione e, dunque, nella competenza esclusiva di quest’ultima, a titolo dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE, nella misura in cui essi riguardano gli «investimenti esteri diretti», ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, tra l’Unione e la Repubblica di Singapore.

226.

Occorre a questo punto stabilire se l’Unione sia del pari competente in via esclusiva a titolo dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE nella misura in cui la citata sezione A verte su altri investimenti esteri tra l’Unione e il summenzionato Stato terzo.

227.

A questo proposito, occorre anzitutto ricordare che gli investimenti esteri diversi da quelli diretti possono, tra l’altro, aver luogo sotto forma di acquisizioni di titoli societari con l’intento di realizzare un investimento finanziario senza l’intenzione di esercitare un’influenza sulla gestione e sul controllo dell’impresa (investimenti cosiddetti «di portafoglio»), e che tali investimenti costituiscono movimenti di capitali ai sensi dell’articolo 63 TFUE (v., in particolare, sentenze del 28 settembre 2006, Commissione/Paesi Bassi, C‑282/04 e C‑283/04, EU:C:2006:208, punto 19; del 21 ottobre 2010, Idryma Typou, C‑81/09, EU:C:2010:622, punto 48, nonché del 10 novembre 2011, Commissione/Portogallo, C‑212/09, EU:C:2011:717, punto 47).

228.

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 367 delle sue conclusioni, anche tipi di investimenti diversi dall’acquisizione di titoli societari, come alcune categorie di investimenti immobiliari o il ricorso al prestito, costituiscono investimenti ricadenti sotto il capo 9 dell’accordo previsto e possono, al pari di un’acquisizione di titoli societari, implicare movimenti di capitali o pagamenti.

229.

Fondandosi essenzialmente sulla giurisprudenza ricordata al punto 201 del presente parere, secondo la quale un accordo concluso dall’Unione può, anche in assenza di contraddizione con norme comuni dell’Unione, «incidere» su queste ultime, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, la Commissione fa valere che la sezione A del capo 9 dell’accordo previsto può incidere sull’articolo 63 TFUE e rientra dunque nella competenza esclusiva dell’Unione contemplata dal citato articolo 3, paragrafo 2.

230.

Orbene, come sostenuto dal Consiglio e dagli Stati membri che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte, la giurisprudenza suddetta non può essere trasposta ad una situazione nella quale la norma dell’Unione interessata sia una disposizione del Trattato FUE e non una norma adottata sul fondamento di quest’ultimo.

231.

Infatti, da un lato, tale giurisprudenza, la cui sostanza viene espressa nell’ultima parte di frase dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, trae origine dalla sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (22/70, EU:C:1971:32).

232.

Ai punti da 17 a 19 di tale sentenza, la Corte ha formulato le seguenti considerazioni:

«17

In particolare, tutte le volte che (per la realizzazione di una politica comune prevista dal trattato) la Comunità ha adottato delle disposizioni contenenti, sotto qualsivoglia forma, norme comuni, gli Stati membri non hanno più il potere – né individualmente, né collettivamente – di contrarre con gli Stati terzi obbligazioni che incidano su dette norme.

18

Man mano che queste norme comuni vengono adottate, infatti, si accentra nella Comunità la competenza ad assumere e ad adempiere – con effetto per l’intera sfera in cui vige l’ordinamento comunitario – degli impegni nei confronti degli Stati terzi.

19

Di conseguenza, nell’attuare le disposizioni del trattato non è possibile separare il regime dei provvedimenti interni alla Comunità da quello delle relazioni esterne».

233.

Risulta da tali passaggi della sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (22/70, EU:C:1971:32), che costituiscono «norme comuni» le disposizioni di diritto derivato che la Comunità, divenuta l’Unione, ha progressivamente introdotto, e che, quando l’Unione ha in tal modo esercitato la propria competenza interna, essa deve, in parallelo, beneficiare di una competenza esterna esclusiva, al fine di evitare che gli Stati membri assumano impegni internazionali che possano incidere su tali norme comuni ovvero modificarne la portata.

234.

Verrebbe disattesa la motivazione inerente alla regola di competenza esterna esclusiva contenuta nella sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (22/70, EU:C:1971:32), come confermata dalla successiva giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenza del 5 novembre 2002, Commissione/Danimarca, C‑467/98, EU:C:2002:625, punti da 77 a 80), nel caso in cui la portata della regola suddetta – attualmente sancita all’articolo 3, paragrafo 2, ultima parte di frase, TFUE – fosse estesa ad una fattispecie vertente, come nelle presenti circostanze, non già su norme di diritto derivato introdotte dall’Unione nell’ambito dell’esercizio di una competenza interna ad essa conferita dai Trattati, bensì su una norma di diritto primario dell’Unione adottata dagli autori di tali Trattati.

235.

Dall’altro lato, considerato il primato dei Trattati UE e FUE sugli atti adottati sulla base dei Trattati stessi, questi atti, ivi compresi gli accordi conclusi dall’Unione con Stati terzi, trovano la loro legittimità nei Trattati di cui sopra e non possono, per contro, esercitare un’influenza sul senso o sulla portata delle disposizioni di questi ultimi. Gli accordi summenzionati non possono pertanto «incidere» su norme di diritto primario dell’Unione o «modificarne la portata», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

236.

La conclusione di un accordo internazionale, nella fattispecie con la Repubblica di Singapore, in materia di investimenti esteri diversi da quelli diretti non è neppure, allo stato attuale del diritto dell’Unione, «prevista in un atto legislativo dell’Unione», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

237.

Inoltre, come espressamente indicato dalla Commissione nelle sue osservazioni presentate dinanzi alla Corte, la conclusione di un accordo siffatto non appare «necessaria per consentir[e all’Unione] di esercitare le sue competenze a livello interno», ai sensi del summenzionato articolo 3, paragrafo 2.

238.

Ne consegue che l’Unione non dispone della competenza esclusiva a concludere con la Repubblica di Singapore un accordo internazionale nella misura in cui quest’ultimo verte sulla tutela di investimenti esteri diversi da quelli diretti.

239.

Per contro, la conclusione da parte dell’Unione di un accordo internazionale correlato a investimenti siffatti può rivelarsi «necessaria per realizzare, nell’ambito delle politiche dell’Unione, uno degli obiettivi fissati dai trattati», ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE.

240.

In particolare, tenuto conto del fatto che la libera circolazione dei capitali e dei pagamenti tra gli Stati membri e gli Stati terzi, prevista dall’articolo 63 TFUE, non è formalmente opponibile agli Stati terzi, la conclusione di accordi internazionali che contribuiscano all’instaurazione di tale libera circolazione su una base di reciprocità può essere qualificata come necessaria per realizzare pienamente tale libera circolazione, che è uno degli obiettivi del titolo IV («Libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali») della Parte terza («Politiche e azioni interne dell’Unione») del Trattato FUE.

241.

Tale titolo IV rientra nella competenza concorrente dell’Unione e degli Stati membri, a titolo dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), TFUE, relativa al mercato interno.

242.

La competenza attribuita all’Unione dall’articolo 216, paragrafo 1, TFUE riguardo alla conclusione di un accordo che sia «necessaria per realizzare, nell’ambito delle politiche dell’Unione, uno degli obiettivi fissati dai trattati» ha anch’essa carattere concorrente, dal momento che l’articolo 4, paragrafo 1, TFUE stabilisce che l’Unione «ha competenza concorrente con quella degli Stati membri quando i trattati le attribuiscono una competenza che non rientra nei settori di cui agli articoli 3 e 6», situazione questa che si verifica nel caso di specie.

243.

Risulta dai punti da 80 a 109 e da 226 a 242 del presente parere che gli impegni contenuti nella sezione A del capo 9 dell’accordo previsto rientrano nella politica commerciale comune dell’Unione e dunque nella competenza esclusiva di quest’ultima a titolo dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE, nella misura in cui essi riguardano gli investimenti esteri diretti di cittadini singaporiani nell’Unione e viceversa. Di contro, detti impegni sono l’oggetto di una competenza concorrente dell’Unione e degli Stati membri a titolo dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, lettera a), TFUE, nella misura in cui essi riguardano altri tipi di investimenti.

244.

Ne consegue che la sezione A del summenzionato capo dell’accordo previsto non può essere approvata dall’Unione da sola.

245.

Per quanto riguarda tale sezione A, occorre infine esaminare la posizione espressa da vari Stati membri nell’ambito delle loro osservazioni scritte e orali presentate dinanzi alla Corte, secondo cui l’articolo 9.10 dell’accordo previsto non può essere oggetto né di una competenza esclusiva dell’Unione, né di una competenza concorrente di quest’ultima e degli Stati membri, e rientrerebbe pertanto nella competenza esclusiva degli Stati membri.

246.

Il citato articolo 9.10, intitolato «Rapporti con altri accordi», è la disposizione finale della summenzionata sezione A ed enuncia, nel suo paragrafo 1, quanto segue:

«A partire dall’entrata in vigore del presente accordo, gli accordi [bilaterali di investimento] conclusi tra Stati membri dell’Unione e Singapore (...), compresi i diritti e gli obblighi che ne derivano, cessano di produrre effetti e sono sostituiti dal presente accordo».

247.

La circostanza che l’Unione e la Repubblica di Singapore abbiano inserito, nell’accordo previsto, una disposizione da cui risulta espressamente che gli accordi bilaterali di investimento tra gli Stati membri dell’Unione e tale Stato terzo sono abrogati, e dunque non producono più diritti ed obblighi a partire dall’entrata in vigore di tale accordo concluso con questo Stato terzo a livello dell’Unione, non può essere considerata lesiva di una competenza degli Stati membri, nei limiti in cui detta disposizione riguarda un settore per il quale l’Unione detiene una competenza esclusiva.

248.

Infatti, quando l’Unione negozia e conclude con uno Stato terzo un accordo riguardante un settore per il quale essa ha acquisito una competenza esclusiva, essa si sostituisce ai propri Stati membri. A questo proposito, occorre ricordare come sia pacifico, a partire dalla sentenza del 12 dicembre 1972, International Fruit Company e a. (da 21/72 a 24/72, EU:C:1972:115, punti da 10 a 18), che l’Unione può succedere agli Stati membri nei loro impegni internazionali qualora tali Stati abbiano trasferito all’Unione, mediante uno dei Trattati istitutivi di quest’ultima, le proprie competenze relative a detti impegni e l’Unione eserciti queste competenze.

249.

Ne consegue che, a partire dal 1o dicembre 2009, data di entrata in vigore del Trattato FUE, che attribuisce una competenza esclusiva all’Unione in materia di investimenti esteri diretti, l’Unione è competente ad approvare, da sola, una disposizione di un accordo da essa concluso con uno Stato terzo, la quale stabilisca che gli impegni in materia di investimenti diretti contenuti in accordi bilaterali precedentemente conclusi tra Stati membri dell’Unione e detto Stato terzo devono, a partire dall’entrata in vigore di tale accordo concluso dall’Unione, considerarsi sostituiti da quest’ultimo.

250.

A questo proposito occorre ricordare che, a norma dell’articolo 2, paragrafo 1, TFUE, agli Stati membri è vietato, salvo autorizzazione concessa dall’Unione, adottare atti che producano effetti giuridici nei settori rientranti in una competenza esclusiva dell’Unione. Orbene, il regolamento (UE) n. 1219/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, che stabilisce disposizioni transitorie per gli accordi bilaterali conclusi tra Stati membri e paesi terzi in materia di investimenti (GU 2012, L 351, pag. 40), certo autorizza gli Stati membri, a condizioni rigorose, a mantenere in vigore, o persino a concludere, accordi bilaterali in materia di investimenti diretti con uno Stato terzo fintantoché non esista un accordo in materia di investimenti diretti tra l’Unione e tale Stato terzo. Per contro, una volta che un accordo siffatto tra l’Unione e il citato Stato terzo sia entrato in vigore, detta autorizzazione viene meno.

251.

Di conseguenza, non può essere accolta l’argomentazione secondo cui gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di adottare, dopo l’entrata in vigore di impegni in materia di investimenti esteri diretti contenuti in un accordo concluso dall’Unione, atti che stabiliscano la sorte degli impegni in materia contenuti negli accordi bilaterali che essi hanno precedentemente concluso con il medesimo Stato terzo.

252.

Risulta da quanto precede che l’articolo 9.10 dell’accordo previsto rientra, al pari delle altre disposizioni della sezione A del capo 9 di tale accordo, nella competenza esclusiva dell’Unione, nella misura in cui esso riguarda gli impegni in materia di investimenti esteri diretti contenuti negli accordi bilaterali di investimento conclusi tra Stati membri e la Repubblica di Singapore.

253.

Dal momento che risulta dall’allegato 9‑D dell’accordo previsto che vari Stati membri hanno concluso un accordo bilaterale di investimento con la Repubblica di Singapore prima della loro adesione all’Unione, occorre precisare che la conclusione enunciata poc’anzi non viene infirmata dall’articolo 351 TFUE, a mente del quale «[l]e disposizioni dei trattati non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse, anteriormente al 1o gennaio 1958 o, per gli Stati aderenti, anteriormente alla data della loro adesione, tra uno o più Stati membri da una Parte e uno o più Stati terzi dall’altra».

254.

A questo proposito, occorre ricordare che l’articolo 351 TFUE mira a consentire agli Stati membri di rispettare i diritti che, in conformità del diritto internazionale, gli Stati terzi vantano sulla base delle suddette convenzioni precedenti (v., riguardo agli articoli 234 CEE e 307 CE, il cui tenore letterale viene in sostanza ripreso all’articolo 351 TFUE, sentenze del 14 ottobre 1980, Burgoa, 812/79, EU:C:1980:231, punto 8; del 4 luglio 2000, Commissione/Portogallo, C‑84/98, EU:C:2000:359, punto 53, e del 3 marzo 2009, Commissione/Austria, C‑205/06, EU:C:2009:118, punto 33). Orbene, nel caso di specie, non occorre consentire agli Stati membri di rispettare dei diritti che la Repubblica di Singapore intenderebbe in avvenire vedersi riconoscere sulla base degli accordi bilaterali di cui trattasi. Risulta infatti dall’articolo 9.10 dell’accordo previsto che detto Stato terzo esprime il proprio desiderio che gli accordi bilaterali di cui sopra prendano fine a partire dall’entrata in vigore di tale accordo.

255.

Se invero risulta dall’insieme degli elementi sopra esposti che l’Unione si sostituisce agli Stati membri per quanto riguarda gli impegni internazionali assunti in settori che, come quello degli investimenti esteri diretti, rientrano nella sua competenza esclusiva, ciò non toglie che, nella versione della sezione A del capo 9 dell’accordo previsto presentata alla Corte nell’ambito della presente procedura di parere, l’articolo 9.10 di tale accordo riguarda anche gli impegni che potrebbero, negli accordi bilaterali di investimento conclusi tra Stati membri e la Repubblica di Singapore, avere ad oggetto tipi di investimenti diversi da quelli diretti.

256.

Per l’insieme delle ragioni esposte ai punti da 245 a 255 del presente parere, l’argomentazione secondo cui una disposizione come l’articolo 9.10 dell’accordo previsto non può figurare in un accordo concluso dall’Unione, in quanto essa rientra in una competenza spettante unicamente agli Stati membri, non può essere accolta. La natura della competenza dell’Unione ad approvare il citato articolo 9.10 corrisponde a quella constatata al punto 243 del presente parere per quanto riguarda l’approvazione delle altre disposizioni della sezione A del capo 9 di tale accordo.

Sulla competenza ad approvare le disposizioni istituzionali dell’accordo previsto

Scambio di informazioni, notifica, verifica, cooperazione, mediazione e potere decisionale

257.

L’accordo previsto istituisce vari obblighi e procedure di scambio di informazioni, di notifica, di verifica, di cooperazione e di mediazione, e prevede alcuni poteri decisionali. A questo scopo esso crea un quadro istituzionale specifico, costituito da un Comitato per il commercio e da quattro comitati specializzati a questo collegati, vale a dire un Comitato per gli scambi di merci, un Comitato per le misure sanitarie e fitosanitarie, un Comitato doganale e un Comitato per gli scambi di servizi, gli investimenti e gli appalti pubblici. L’istituzione di tale Comitato per il commercio e dei suddetti comitati specializzati è prevista, rispettivamente, agli articoli 17.1 e 17.2 dell’accordo summenzionato.

258.

Il capo 2 di tale accordo, relativo agli scambi di merci, prevede, all’articolo 2.11, l’obbligo per ciascuna Parte di notificare le proprie procedure di rilascio di licenze di esportazione al Comitato per gli scambi di merci e fissa le modalità con le quali occorre rispondere alle richieste di informazioni dell’altra Parte riguardanti qualsiasi procedura di rilascio di licenze di importazione o di esportazione.

259.

Inoltre, a norma degli articoli 2.13 e 2.15 dell’accordo di cui sopra, tale comitato specializzato si riunirà su richiesta di una Parte o del Comitato per il commercio, sorveglierà l’attuazione di tale capo e potrà, mediante decisione, modificare gli allegati di quest’ultimo.

260.

Il capo 3 dell’accordo previsto, disciplinante le misure di difesa commerciale, detta, nei suoi articoli 3.2, 3.7 e 3.11, le modalità procedurali per l’istituzione di misure antidumping, di misure compensative o di misure di salvaguardia. Gli articoli 3.12 e 3.13 del citato accordo impongono delle consultazioni in merito all’applicazione di tali misure.

261.

Il capo 4 dell’accordo previsto, in materia di ostacoli tecnici al commercio, dispone, nei suoi articoli da 4.4 a 4.11, lo scambio di informazioni ed una cooperazione nel settore della normalizzazione e della valutazione della conformità, al fine di facilitare l’accesso al mercato. Inoltre, l’articolo 4.12 di detto accordo prevede che le Parti possano, con decisione del Comitato per gli scambi di merci, adottare qualsiasi disposizione applicativa di tale capo 4.

262.

Il capo 5 dell’accordo previsto, che tratta delle misure sanitarie e fitosanitarie, enuncia, nei suoi articoli 5.8 e 5.9, le modalità in base alle quali una Parte può, nella sua qualità di parte importatrice di merci in provenienza dall’altra Parte, effettuare visite di verifica presso quest’ultima o esigere informazioni da essa.

263.

Inoltre, l’articolo 5.10 di detto accordo istituisce regole di cooperazione e di accettazione per quanto riguarda la determinazione di zone corrispondenti allo stato di salute degli animali e allo stato dei vegetali che sono in esse presenti. Tale disposizione descrive i compiti che il Comitato per le misure sanitarie e fitosanitarie deve assolvere in proposito. Altri compiti di tale comitato vengono elencati negli articoli 5.15 e 5.16 del citato accordo.

264.

Gli articoli 5.11 e 5.12 dell’accordo previsto dettano obblighi di scambio di informazioni e di notifica.

265.

Il capo 6 dell’accordo previsto, in materia di dogane e facilitazione degli scambi, prevede, nei suoi articoli 6.3, 6.4 e 6.11, un obbligo per le Parti di provvedere affinché le loro autorità cooperino e si scambino informazioni, segnatamente riguardo alla determinazione del valore doganale. Nel medesimo capo 6, inoltre, l’articolo 6.17 enuncia i compiti del Comitato doganale ed autorizza le Parti ad adottare, in seno a questo comitato, talune decisioni.

266.

L’articolo 7.7 dell’accordo previsto prevede una cooperazione nell’ambito del capo 7 relativo alla produzione di energie rinnovabili e la possibilità di adottare decisioni di attuazione in seno al Comitato per il commercio.

267.

Il capo 8 dell’accordo in questione, che disciplina i servizi, lo stabilimento e il commercio elettronico, stabilisce, all’articolo 8.16, che le autorità competenti nell’Unione e a Singapore elaboreranno una raccomandazione comune in merito al reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali e la trasmetteranno al Comitato per gli scambi di servizi, gli investimenti e gli appalti pubblici. Tale capo prevede altresì una cooperazione in materia di telecomunicazioni (articolo 8.48) e di commercio elettronico (articolo 8.61).

268.

L’articolo 9.4, paragrafo 3, dell’accordo previsto prevede che le Parti possano, con decisione del Comitato per il commercio, convenire che alcuni tipi di misure devono essere considerati, al pari di quelli elencati nel paragrafo 2 del medesimo articolo, come violazioni dell’obbligo di concedere un trattamento giusto ed equo agli investimenti rientranti nel capo 9 di tale accordo.

269.

Gli articoli da 10.18 a 10.20 dell’accordo previsto stabiliscono le consultazioni che possono aver luogo e le decisioni che possono essere prese, in seno al Comitato per gli scambi di servizi, gli investimenti e gli appalti pubblici, per la materia disciplinata dal capo 10 sugli appalti pubblici.

270.

Il capo 11 di detto accordo, in materia di proprietà intellettuale, prevede, all’articolo 11.8, una cooperazione tra le società di gestione collettiva dei diritti d’autore. Esso conferisce inoltre, all’articolo 11.23 del medesimo accordo, alcuni poteri decisionali al Comitato per il commercio ed impone alle Parti, agli articoli 11.51 e 11.52, un obbligo di scambio di informazioni.

271.

Per quanto riguarda il capo 12 dell’accordo previsto, relativo alla concorrenza e alle questioni connesse, esso prevede una cooperazione in materia di applicazione delle normative delle Parti (articolo 12.11) ed un dovere di consultazione quando una di tali Parti lo richieda (articolo 12.13).

272.

L’articolo 13.15 dell’accordo previsto istituisce l’obbligo, per le Parti, di designare un ufficio chiamato a fungere da punto di contatto con l’altra Parte ai fini dell’attuazione del capo 13 sul commercio e sullo sviluppo sostenibile. Detto articolo prevede inoltre l’istituzione di un Consiglio per il commercio e lo sviluppo sostenibile al fine di sovrintendere all’attuazione suddetta. L’articolo 13.16 di tale capo precisa i compiti che tali uffici in veste di punti di contatto e questo consiglio devono assolvere in caso di disaccordo tra le Parti su una questione relativa al capo 13 stesso. L’articolo 13.17 di quest’ultimo aggiunge che, nel caso che un tale disaccordo non venga risolto in maniera soddisfacente dal consiglio summenzionato, un gruppo di esperti sarà chiamato ad esaminarlo. Questo stesso articolo precisa le modalità procedurali di tale esame.

273.

Ulteriori disposizioni del capo 13 dell’accordo previsto prevedono numerose modalità di cooperazione e di scambio di informazioni in materia di protezione sociale dei lavoratori (articolo 13.4) e di tutela dell’ambiente (articoli 13.7 e 13.10).

274.

Il capo 16 dell’accordo previsto istituisce un meccanismo di mediazione tra le Parti. In virtù dell’articolo 13.16 di detto accordo, tale meccanismo non si applica al capo 13 dell’accordo stesso. Il suddetto capo 16 consente alle Parti di ricercare soluzioni di comune accordo in caso di divergenza di opinioni sui capi da 2 a 12 dell’accordo previsto.

275.

Le disposizioni e i meccanismi menzionati ai punti da 257 a 274 del presente parere mirano a garantire l’efficacia delle disposizioni di merito dell’accordo previsto, essenzialmente istituendo una struttura organica, strumenti di cooperazione, obblighi di scambio di informazioni, nonché alcuni poteri decisionali.

276.

La Corte ha già avuto modo di rilevare che la competenza dell’Unione a contrarre impegni internazionali include il potere di dettare disposizioni istituzionali a contorno di tali impegni. La presenza di queste disposizioni nell’accordo non ha alcuna incidenza sulla natura della competenza a concludere l’accordo medesimo. Infatti, dette disposizioni hanno carattere ausiliario e sono dunque riconducibili alla medesima competenza cui risalgono le disposizioni di merito che esse accompagnano [v. in tal senso, in particolare, parere 1/76 (Accordo relativo all’istituzione di un Fondo europeo d’immobilizzazione della navigazione interna), del 26 aprile 1977, EU:C:1977:63, punto 5; parere 1/78 (Accordo internazionale sulla gomma naturale), del 4 ottobre 1979, EU:C:1979:224, punto 56, nonché sentenza del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio, C‑137/12, EU:C:2013:675, punti 7071].

277.

Poiché risulta dal presente parere che l’insieme delle disposizioni di merito dei capi da 2 a 8 e da 10 a 13 dell’accordo previsto ricade nella competenza esclusiva dell’Unione, le disposizioni contemplate ai punti da 258 a 267 e da 269 a 273 di questo parere rientrano anch’esse in detta competenza, per la ragione illustrata al punto precedente del presente parere. Lo stesso vale per il capo 17 dell’accordo previsto, nella misura in cui esso riguarda il Comitato per gli scambi di merci, il Comitato per le misure sanitarie e fitosanitarie e il Comitato doganale.

278.

L’articolo 9.4, paragrafo 3, dell’accordo previsto, preso in considerazione al punto 268 del presente parere, fa parte della sezione A del capo 9 di detto accordo e per esso valgono dunque le constatazioni formulate ai punti 243 e 244 del presente parere.

279.

Il capo 16 dell’accordo previsto, relativo al meccanismo di mediazione, come pure le disposizioni istituzionali e finali, diverse da quelle riguardanti il Comitato per gli scambi di merci, il Comitato per le misure sanitarie e fitosanitarie e il Comitato doganale, contenute nel capo 17 del medesimo accordo, sono relativi, tra l’altro, alle disposizioni della sezione A del capo 9 dell’accordo stesso e dunque non possono, per le ragioni indicate ai punti 243 e 244 del presente parere, essere concluse dall’Unione da sola. Lo stesso vale, inoltre, per il capo 1 dell’accordo previsto, in quanto tale capo enuncia l’oggetto e le finalità dell’accordo nel suo insieme e riguarda dunque, tra l’altro, la sezione A del capo 9 di quest’ultimo.

–Trasparenza

280.

Il capo 14 dell’accordo previsto, intitolato «Trasparenza», stabilisce delle norme che si applicano ai settori contemplati dagli altri capi del medesimo accordo, fatte salve le disposizioni più specifiche contenute in questi ultimi in merito alla trasparenza.

281.

Mediante gli impegni stabiliti in questo capo, le Parti garantiscono, anzitutto, che qualsiasi misura di applicazione generale connessa ad un aspetto rilevante dell’accordo previsto sarà chiara e facilmente accessibile, e che sarà previsto un periodo di tempo sufficiente tra la pubblicazione e l’entrata in vigore di una misura siffatta (articolo 14.3). Esse si impegnano poi ad agevolare la comunicazione su qualsiasi questione disciplinata dall’accordo suddetto designando punti di contatto e rispondendo ad alcuni tipi di richieste di informazioni (articolo 14.4). Le Parti garantiscono, infine, che qualsiasi procedura condotta nell’ambito dell’accordo previsto e incidente sugli interessi delle persone, delle merci o dei servizi dell’altra Parte sarà conforme ai principi di buona amministrazione e potrà essere impugnata con un ricorso dinanzi ad un tribunale imparziale e indipendente (articoli da 14.5 a 14.7).

282.

Tali impegni si applicano alle misure che le Parti adotteranno nei settori contemplati nei capi da 2 a 13 dell’accordo previsto. Le regole di trasparenza da cui detti impegni sono accompagnati mirano a garantire l’efficacia delle disposizioni di merito dei capi sopra indicati. Queste regole hanno dunque carattere ausiliario e sono riconducibili alla stessa competenza cui risalgono le citate disposizioni di merito. Poiché tali disposizioni di merito rientrano, nella misura indicata al punto 243 del presente parere, in una competenza che l’Unione condivide con gli Stati membri, il capo 14 dell’accordo previsto non può essere approvato dall’Unione da sola.

283.

Per contro, le regole specifiche in materia di trasparenza che sono enunciate per uno solo dei capi da 2 a 8 e da 10 a 13 dell’accordo previsto, come quelle contenute negli articoli 4.8, 6.15, 8.17, 8.45, 12.9 e 13.3 di detto accordo, rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione.

284.

Nella misura in cui alcuni Stati membri hanno fatto valere che le suddette regole di trasparenza, obbligando le autorità nell’Unione, comprese quelle degli Stati membri, a rispettare i principi di buona amministrazione e di tutela giurisdizionale effettiva, rientrano nelle competenze spettanti unicamente agli Stati membri in materia di procedimento amministrativo e giurisdizionale, è sufficiente rilevare che le regole contenute nel capo 14 dell’accordo previsto e nelle disposizioni menzionate al punto precedente del presente parere non comportano alcun impegno riguardante l’organizzazione amministrativa o giudiziaria degli Stati membri, ma riflettono il fatto che tanto l’Unione quanto gli Stati membri dovranno, in sede di applicazione di questo accordo, rispettare i principi generali e i diritti fondamentali dell’Unione, quali quelli di buona amministrazione e di tutela giurisdizionale effettiva. Tale capo 14 non può dunque essere considerato lesivo di competenze spettanti ai soli Stati membri.

Risoluzione delle controversie

– Risoluzione delle controversie tra investitori e Stati

285.

Come enunciato dall’articolo 9.11, paragrafo 1, dell’accordo previsto, la sezione B del capo 9 di quest’ultimo istituisce un regime di risoluzione delle «controversie tra un ricorrente di una Parte contraente e l’altra Parte, relative a un trattamento che si asserisce lesivo delle disposizioni della sezione A (Protezione degli investimenti) e che avrebbe asseritamente causato perdite o danni a detto ricorrente o alla sua impresa stabilita in loco».

286.

Risulta dall’articolo 9.11, paragrafo 2, lettere a) ed e), di detto accordo che non soltanto l’Unione, ma anche gli Stati membri dell’Unione possono essere parti di tali controversie, in qualità di convenuti, sia che essi siano stati designati come tali dall’Unione, a norma dell’articolo 9.15, paragrafo 2, dell’accordo previsto, sia che essi debbano vedersi assegnare tale veste in virtù dell’articolo 9.15, paragrafo 3, di quest’ultimo.

287.

Qualora una controversia non possa essere risolta in via amichevole o mediante consultazioni ai sensi dell’articolo 9.12 o dell’articolo 9.13 dell’accordo previsto, l’investitore interessato può, in conformità dell’articolo 9.15 del citato accordo, notificare la propria intenzione di ricorrere al procedimento arbitrale. L’articolo 9.16, paragrafo 1, del medesimo accordo enuncia che, dopo la scadenza di un periodo di tre mesi a partire dalla data della suddetta notifica, tale investitore può «presentare la domanda per avvalersi di uno dei meccanismi di risoluzione delle controversie» che esso elenca.

288.

L’articolo 9.16, paragrafo 2, dell’accordo previsto precisa che il paragrafo 1 del medesimo articolo «costituisce il consenso del convenuto alla presentazione della domanda di arbitrato».

289.

L’articolo 9.17 di detto accordo elenca l’insieme delle condizioni che devono essere soddisfatte perché una controversia possa essere sottoposta a procedura arbitrale. Ai sensi del paragrafo 1, lettera f), di detto articolo, una di queste condizioni è che il ricorrente «ritiri ogni eventuale altra domanda pendente depositata davanti ad organi giurisdizionali nazionali in relazione allo stesso trattamento che egli asserisce lesivo delle disposizioni di cui alla sezione A (Protezione degli investimenti)».

290.

Fatto salvo quanto indicato al punto 30 del presente parere, spetta alla Corte pronunciarsi sulla natura della competenza ad istituire un siffatto regime di risoluzione delle controversie. A questo proposito, se è pur vero che, come risulta dall’articolo 9.17 dell’accordo previsto, quest’ultimo non esclude la possibilità che una controversia insorta tra un investitore singaporiano e uno Stato membro possa essere portata dinanzi ai giudici di tale Stato membro, ciò non toglie che si tratta di una semplice possibilità rimessa alla discrezione dell’investitore ricorrente.

291.

Quest’ultimo può, infatti, decidere, in applicazione dell’articolo 9.16 di detto accordo, di sottoporre tale controversia alla procedura arbitrale, senza che lo Stato membro di cui trattasi possa opporvisi, stante che il suo consenso al riguardo si reputa acquisito in conformità dell’articolo 9.16, paragrafo 2, dell’accordo cui sopra.

292.

Orbene, un regime siffatto, che sottrae delle controversie alla competenza giurisdizionale degli Stati membri, non può avere carattere puramente ausiliario ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 276 del presente parere e non può dunque essere istituito senza il consenso di detti Stati.

293.

Ne consegue che l’approvazione della sezione B del capo 9 dell’accordo previsto non rientra nella competenza esclusiva dell’Unione, bensì in una competenza concorrente dell’Unione e degli Stati membri.

– Risoluzione delle controversie tra le Parti

294.

Il capo 15 dell’accordo previsto ha come finalità di prevenire e risolvere le controversie che possono insorgere tra le Parti. Ai termini dell’articolo 15.2 dell’accordo previsto, tale capo si applica a «qualsiasi divergenza di interpretazione e di applicazione delle disposizioni del presente accordo, salvo espressa disposizione contraria».

295.

Come si è chiarito al punto 154 del presente parere, il regime di risoluzione delle controversie contemplato al capo 15 dell’accordo previsto non si applica al capo 13 del medesimo accordo. Per contro, il regime di cui sopra può applicarsi tra le Parti al fine di risolvere divergenze riguardanti, in particolare, l’interpretazione e l’applicazione delle disposizioni di merito dei capi da 2 a 12 dell’accordo previsto.

296.

L’articolo 15.4 dell’accordo previsto stabilisce che, se le Parti non pervengono a risolvere la loro controversia mediante consultazioni, la Parte reclamante può chiedere la costituzione di un collegio arbitrale. Ai sensi dell’articolo 15.19 del medesimo accordo, qualsiasi decisione di tale collegio è vincolante per le Parti.

297.

L’articolo 15.21 dell’accordo previsto precisa che la Parte reclamante ha la facoltà di non fare ricorso al suddetto regime di risoluzione delle controversie intentando al posto dello stesso un’azione nell’ambito dell’OMC, restando inteso che, una volta che un procedimento sia stato avviato secondo uno dei due regimi di risoluzione delle controversie così disponibili, nessuna procedura avente il medesimo oggetto può essere instaurata seguendo l’altro regime.

298.

Quanto alla competenza dell’Unione ad approvare il suddetto capo 15, occorre ricordare, anzitutto, che la competenza dell’Unione in materia di relazioni internazionali e la sua capacità di concludere accordi internazionali implicano necessariamente la facoltà di assoggettarsi alle decisioni di un organo giurisdizionale istituito o designato in forza di tali accordi, per quanto concerne l’interpretazione e l’applicazione delle loro disposizioni [parere 1/91 (Accordo SEE – I), del 14 dicembre 1991, EU:C:1991:490, punti 4070; parere 1/09 (Accordo relativo alla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell’8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punto 74, e parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 182].

299.

Allo stesso modo, la competenza dell’Unione a concludere accordi internazionali implica necessariamente la facoltà di assoggettarsi alle decisioni di un organo che, pur non essendo formalmente un giudice, svolga in sostanza funzioni giurisdizionali, come l’organo di risoluzione delle controversie creato nell’ambito dell’Accordo istitutivo dell’OMC.

300.

Come chiarito al punto 30 del presente parere e ricordato poi al punto 290, il presente procedimento non verte sulla questione se le disposizioni dell’accordo previsto siano compatibili con il diritto dell’Unione.

301.

Pertanto, contrariamente alle situazioni che si presentavano nei procedimenti di parere menzionati al punto 298 del presente parere, non occorre verificare se il regime di risoluzione delle controversie contemplato dal capo 15 dell’accordo previsto soddisfi i criteri enunciati negli altri pareri di cui sopra, e segnatamente il criterio relativo al rispetto dell’autonomia del diritto dell’Unione.

302.

Stante che il capo 15 di detto accordo ha ad oggetto controversie tra l’Unione e la Repubblica di Singapore riguardanti l’interpretazione e l’applicazione dell’accordo medesimo, il presente parere non verte neppure sulla questione della competenza della Corte per quanto riguarda la risoluzione delle controversie in seno all’Unione riguardanti l’interpretazione del diritto di quest’ultima [v. segnatamente, riguardo a questa competenza, sentenza del 30 maggio 2006, Commissione/Irlanda (stabilimento MOX), C‑459/03, EU:C:2006:345, punto 132, e parere 1/09 (Accordo relativo alla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell’8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punto 78].

303.

Nell’ambito del presente procedimento, è sufficiente constatare che il regime di risoluzione delle controversie contemplato da tale capo fa parte della cornice istituzionale che accompagna le disposizioni di merito dell’accordo previsto. Poiché tale regime fa riferimento a controversie tra l’Unione e la Repubblica di Singapore, esso non è, a differenza del regime di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati contemplato dalla sezione B del capo 9 dell’accordo previsto, idoneo a sottrarre delle controversie alla competenza dei giudici degli Stati membri o dell’Unione. Date tali circostanze, la regola giurisprudenziale ricordata al punto 276 del presente parere è applicabile.

304.

Le controversie disciplinate dal suddetto capo 15 possono vertere, tra l’altro, sulle disposizioni della sezione A del capo 9 dell’accordo previsto. Di conseguenza, per ragioni identiche a quelle indicate ai punti 243 e 244 del presente parere, il summenzionato capo 15 non può essere approvato dall’Unione da sola.

Risposta alla domanda di parere

305.

Risulta dall’insieme delle suesposte considerazioni che l’accordo previsto rientra nella competenza esclusiva dell’Unione, fatta eccezione per le seguenti disposizioni, che costituiscono l’oggetto di una competenza concorrente dell’Unione e degli Stati membri:

le disposizioni della sezione A (Protezione degli investimenti) del capo 9 (Investimenti) dell’accordo suddetto, nei limiti in cui esse si riferiscono agli investimenti tra l’Unione e la Repubblica di Singapore diversi da quelli diretti;

le disposizioni della sezione B (Risoluzione delle controversie tra investitori e Stati) del citato capo 9, e

le disposizioni dei capi 1 (Obiettivi e definizioni generali), 14 (Trasparenza), 15 (Risoluzione delle controversie tra le Parti), 16 (Meccanismo di mediazione) e 17 (Disposizioni istituzionali, generali e finali) dell’accordo di cui sopra, nei limiti in cui esse si riferiscono alle disposizioni del summenzionato capo 9 e nella misura in cui queste ultime rientrano in una competenza concorrente dell’Unione e degli Stati membri.

Di conseguenza, la Corte (Seduta plenaria) emette il seguente parere:

L’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Repubblica di Singapore rientra nella competenza esclusiva dell’Unione, fatta eccezione per le seguenti disposizioni, che costituiscono l’oggetto di una competenza concorrente dell’Unione e degli Stati membri:

le disposizioni della sezione A (Protezione degli investimenti) del capo 9 (Investimenti) dell’accordo suddetto, nei limiti in cui esse si riferiscono agli investimenti tra l’Unione e la Repubblica di Singapore diversi da quelli diretti;

le disposizioni della sezione B (Risoluzione delle controversie tra investitori e Stati) del citato capo 9, e

le disposizioni dei capi 1 (Obiettivi e definizioni generali), 14 (Trasparenza), 15 (Risoluzione delle controversie tra le Parti), 16 (Meccanismo di mediazione) e 17 (Disposizioni istituzionali, generali e finali) dell’accordo di cui sopra, nei limiti in cui esse si riferiscono alle disposizioni del summenzionato capo 9 e nella misura in cui queste ultime rientrano in una competenza concorrente dell’Unione e degli Stati membri.

Lenaerts Tizzano Silva de Lapuerta

Ilešič Bay Larsen von Danwitz

Da Cruz Vilaça Juhász Berger

Prechal Vilaras Regan

Rosas Borg Barthet Malenovský

Bonichot Arabadjiev Toader

Šváby Jarašiūnas Fernlund

Vajda Biltgen Jürimäe

Lycourgos

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 maggio 2017.

Il cancelliere Il presidente

A. Calot Escobar K. Lenaerts