SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

20 dicembre 2017 ( *1 )

«Ricorso di annullamento – Decisione d’esecuzione (UE) 2015/1289 – Irrogazione di un’ammenda a uno Stato membro nel contesto della sorveglianza economica e di bilancio della zona euro – Manipolazione di dati statistici relativi al disavanzo dello Stato membro interessato – Competenza giurisdizionale – Regolamento (UE) n. 1173/2011 – Articolo 8, paragrafi 1 e 3 – Decisione delegata 2012/678/UE – Articolo 2, paragrafi 1 e 3, e articolo 14, paragrafo 2 – Regolamento (CE) n. 479/2009 – Articolo 3, paragrafo 1, articolo 8, paragrafo 1, e articoli 11 e 11 bis – Diritti della difesa – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 41, paragrafo 1 – Diritto a una buona amministrazione – Articoli 121, 126 e 136 TFUE – Protocollo n. 12 sulla procedura per i disavanzi eccessivi – Effettività dell’infrazione – Errata rappresentazione – Determinazione dell’ammenda – Principio dell’irretroattività delle norme penali»

Nella causa C‑521/15,

avente ad oggetto il ricorso di annullamento, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, proposto il 29 settembre 2015,

Regno di Spagna, rappresentato da A. Gavela Llopis, A. Rubio González e A. Sampol Pucurull, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da E. Dumitriu-Segnana, A. F. Jensen e A. de Gregorio Merino, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Commissione europea, rappresentata da J. Baquero Cruz, J.-P. Keppenne, M. Clausen e F. Simonetti, in qualità di agenti,

interveniente,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, M. Ilešič, J. L. da Cruz Vilaça e J. Malenovský (relatore), presidenti di sezione, E. Juhász, A. Borg Barthet, D. Šváby, A. Prechal, C. Lycourgos, M. Vilaras e E. Regan, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 aprile 2017,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 1o giugno 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso, il Regno di Spagna chiede l’annullamento della decisione d’esecuzione (UE) 2015/1289 del Consiglio, del 13 luglio 2015, che impone un’ammenda alla Spagna per manipolazione dei dati sul disavanzo pubblico nella comunità autonoma di Valencia (GU 2015, L 198, pag. 19, e rettifica GU 2015, L 291, pag. 10; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

Contesto normativo

Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea

2

L’articolo 51 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea è formulato nei seguenti termini:

«In deroga alla norma di cui all’articolo 256, paragrafo 1 [TFUE], sono di competenza della Corte di giustizia i ricorsi previsti agli articoli 263 e 265 [TFUE], proposti da uno Stato membro:

a)

contro un atto o un’astensione dal pronunciarsi del Parlamento europeo o del Consiglio o di queste due istituzioni che statuiscono congiuntamente, salvo che si tratti:

di decisioni adottate dal Consiglio ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, terzo comma [TFUE];

di atti del Consiglio in forza di un suo regolamento concernente misure di difesa commerciale ai sensi dell’articolo 207 [TFUE];

di atti del Consiglio con cui quest’ultimo esercita competenze di esecuzione ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, [TFUE];

(…)».

Disposizioni relative alla politica economica e monetaria

Diritto primario

3

Ai sensi dell’articolo 119, paragrafo 1, TFUE, l’azione dell’Unione europea e degli Stati membri comprende l’adozione di una politica economica fondata, tra l’altro, sullo stretto coordinamento delle politiche economiche di questi ultimi e sulla definizione di obiettivi comuni.

4

In questo contesto, l’articolo 121, paragrafo 3, e l’articolo 126, paragrafo 2, TFUE, investono segnatamente la Commissione europea di un ruolo consistente nell’esaminare la situazione economica e di bilancio degli Stati membri sulla base delle informazioni trasmesse da questi ultimi, e nell’assistere il Consiglio nella missione di sorveglianza affidatagli in questo settore.

5

Il Consiglio dispone da parte sua, in conformità all’articolo 121, paragrafi 3 e 4, TFUE, del potere di sorvegliare e di valutare l’evoluzione economica degli Stati membri e l’osservanza degli indirizzi di massima di politica economica definiti per ciascuno di essi, nonché di rivolgere loro le necessarie raccomandazioni a norma dell’articolo 126, paragrafi 6, 7, 9 e 11, TFUE. Inoltre, esso è autorizzato a considerare che uno Stato membro versa, o rischia di versare, in una situazione di disavanzo eccessivo e a rivolgergli diverse raccomandazioni e decisioni, tra cui si annoverano decisioni di intimargli di prendere misure volte alla riduzione del suo disavanzo nonché decisioni che gli infliggono un’ammenda. Infine, il Consiglio dispone della facoltà di adottare, in base all’articolo 136, paragrafo 1, TFUE, misure specifiche per gli Stati membri la cui moneta è l’euro, al fine di rafforzare il coordinamento e la sorveglianza della loro disciplina di bilancio nonché di elaborare, per quanto riguarda tali Stati membri, gli orientamenti di politica economica e di garantirne la sorveglianza.

6

Tali disposizioni sono completate dal protocollo n. 12 sulla procedura per i disavanzi eccessivi, accluso ai trattati UE e FUE (in prosieguo: il «protocollo n. 12»).

Diritto derivato

7

Il 7 luglio 1997 il Consiglio ha emanato una serie di atti, raggruppati sotto la denominazione di «patto di stabilità e crescita», che comprendeva segnatamente i regolamenti (CE) n. 1466/97, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (GU 1997, L 209, pag. 1), e (CE) n. 1467/97, volto ad accelerare e chiarire le modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (GU 1997, L 209, pag. 6 e rettifica GU 1998, L 46, pag. 20).

8

Il 16 novembre 2011 il Parlamento e il Consiglio hanno adottato cinque regolamenti e una direttiva intesi a riformare profondamente il patto di stabilità e di crescita. Due di tali regolamenti hanno modificato, rispettivamente, i regolamenti nn. 1466/97 e 1467/97. Gli altri tre mirano a rafforzare la sorveglianza economica e di bilancio svolta dal Consiglio e dalla Commissione in forza degli articoli 121 e 126 TFUE.

– Regolamento (UE) n. 1173/2011

9

Nel novero dei regolamenti menzionati al punto precedente figura il regolamento (UE) n. 1173/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, relativo all’effettiva esecuzione della sorveglianza di bilancio nella zona euro (GU 2011, L 306, pag. 1 e rettifica GU 2014, L 325, pag. 30), che rappresenta la base giuridica della decisione impugnata e che a sua volta poggia sugli articoli 121 e 136 TFUE.

10

I considerando 7, 8, 16, 17 e 25 di tale regolamento così recitano:

«(7)

La Commissione dovrebbe svolgere un ruolo più attivo nella procedura di sorveglianza rafforzata, per quanto concerne le valutazioni specifiche per ciascuno Stato membro, il monitoraggio, le missioni in loco, le raccomandazioni e gli avvertimenti (…).

(8)

Onde garantire un dialogo permanente con gli Stati membri volto a conseguire gli obiettivi di cui al presente regolamento, la Commissione dovrebbe effettuare missioni di sorveglianza.

(…)

(16)

Onde evitare un’errata rappresentazione, volontaria o per negligenza grave, dei dati sul disavanzo pubblico e sul debito pubblico, dati che costituiscono un input fondamentale per il coordinamento delle politiche economiche nell’Unione, è opportuno imporre ammende agli Stati membri che se ne rendono responsabili.

(17)

Al fine di integrare le norme sul calcolo delle ammende imposte per la manipolazione delle statistiche e le norme sulla procedura che deve seguire la Commissione per indagare su tali azioni, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all’articolo 290 TFUE, riguardo ai criteri dettagliati per la determinazione dell’entità dell’ammenda e per lo svolgimento delle indagini da parte della Commissione (…).

(…)

(25)

Al Consiglio dovrebbe essere conferito il potere di adottare decisioni individuali per l’applicazione delle sanzioni di cui al presente regolamento. In quanto elementi del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri in seno al Consiglio, ai sensi dell’articolo 121, paragrafo 1, TFUE, tali decisioni individuali fanno parte integrante del seguito dato alle misure adottate dal Consiglio, conformemente agli articoli 121 e 126 TFUE e ai regolamenti [nn. 1466/97 e 1467/97]».

11

L’articolo 8 del citato regolamento, intitolato «Sanzioni relative alle manipolazioni delle statistiche», prevede quanto segue:

«1.   Il Consiglio, deliberando su raccomandazione della Commissione, può decidere di imporre un’ammenda a uno Stato membro che, volontariamente o per negligenza grave, fornisce un’errata rappresentazione dei dati relativi al disavanzo e al debito rilevanti ai fini dell’applicazione degli articoli 121 o 126 TFUE, ovvero dell’applicazione del Protocollo [n. 12] sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato al TUE e al TFUE.

2.   Le ammende di cui al paragrafo 1 sono efficaci, dissuasive e commisurate alla natura, alla gravità e alla durata della errata rappresentazione. L’importo dell’ammenda non è superiore allo 0,2% del [prodotto interno lordo (PIL)] dello Stato membro interessato.

3.   La Commissione può avviare tutte le indagini necessarie ad accertare l’esistenza delle errate rappresentazioni di cui al paragrafo 1. Essa può decidere di avviare un’indagine ove riscontri la presenza di serie indicazioni sull’esistenza di fatti idonei a configurare tale errata rappresentazione. La Commissione indaga sulle presunte errate rappresentazioni, tenendo conto delle eventuali osservazioni presentate dallo Stato membro interessato (…).

Al termine della sua indagine e prima di presentare eventuali proposte al Consiglio, la Commissione concede allo Stato membro interessato la possibilità di essere ascoltato in merito alle questioni oggetto di indagine. La Commissione fonda la propria proposta al Consiglio unicamente sui fatti in merito ai quali lo Stato membro interessato ha avuto la possibilità di presentare osservazioni.

La Commissione rispetta pienamente i diritti della difesa dello Stato membro interessato.

4.   La Commissione ha il potere di adottare atti delegati ai sensi dell’articolo 11 riguardo:

a)

ai criteri dettagliati per la determinazione dell’entità dell’ammenda;

(…)

c)

alle norme procedurali dettagliate volte a garantire i diritti della difesa, l’accesso al fascicolo, la rappresentanza legale, la riservatezza, le disposizioni transitorie e la riscossione delle ammende.

(…)».

12

A norma dell’articolo 9 dello stesso regolamento, rubricato «Natura amministrativa delle sanzioni», le sanzioni imposte, segnatamente, ai sensi del suo articolo 8 hanno natura amministrativa.

13

In conformità al suo articolo 14, il regolamento n. 1173/2011 è entrato in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione, il 23 novembre 2011, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, ossia il 13 dicembre 2011.

– Decisione delegata 2012/678/UE

14

La Commissione ha adottato, sul fondamento dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 1173/2011, la decisione delegata 2012/678/UE, del 29 giugno 2012, sulle indagini e sulle ammende connesse alla manipolazione delle statistiche di cui al regolamento n. 1173/2011 (GU 2012, L 306, pag. 21), entrata in vigore, conformemente al suo articolo 16, il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione, avvenuta il 6 novembre 2012, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, ossia il 26 novembre 2012.

15

L’articolo 2 di tale decisione delegata, recante il titolo «Avvio delle indagini», dispone in particolare, ai paragrafi 1 e 3:

«1.   La Commissione notifica allo Stato membro interessato la decisione di avviare un’indagine, includendo le informazioni relative ai seri indizi riscontrati dell’esistenza di fatti che possano costituire un’errata rappresentazione dei dati relativi al disavanzo pubblico e al debito pubblico dovuta alla manipolazione, volontaria o causata da grave negligenza, di tali dati.

(…)

3.   La Commissione può decidere di non svolgere tale indagine fino a che non sia stata svolta una visita metodologica in conformità di una decisione adottata dalla Commissione (Eurostat) a norma [del regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (GU 2009, L 145, pag. 1)]».

16

L’articolo 14 della citata decisione delegata, intitolato «Criteri relativi all’entità dell’ammenda», così dispone:

«1.   La Commissione si assicura che l’ammenda raccomandata sia efficace, proporzionata e dissuasiva. L’ammenda è determinata sulla base di un importo di riferimento che può essere modulato al rialzo o al ribasso prendendo in considerazione le circostanze specifiche di cui al paragrafo 3.

2.   L’importo di riferimento è pari al 5% dell’impatto più ampio dell’errata rappresentazione sul livello del disavanzo pubblico o del debito pubblico dello Stato membro per gli anni pertinenti cui si riferisce la notifica nell’ambito della procedura per i disavanzi eccessivi.

3.   Tenuto conto dell’importo massimo di cui all’articolo 13, la Commissione prende in considerazione in ciascun caso, ove opportuno, le seguenti circostanze:

(…)

c)

il fatto che l’errata rappresentazione sia stata prodotta da un’unica entità o, in alternativa, che sia il risultato dell’azione concertata di due o più entità;

(…)

e)

il livello di diligenza e di cooperazione, o in alternativa il livello di ostruzionismo, mostrato dallo Stato membro interessato nell’individuazione dell’errata rappresentazione e nel corso delle indagini».

– Regolamento n. 479/2009

17

Il regolamento n. 479/2009, come modificato dal regolamento (UE) n. 679/2010 del Consiglio, del 26 luglio 2010 (GU 2010, L 198, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento n. 479/2009»), come enuncia il suo considerando 1, è stato emanato allo scopo di codificare il regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio, del 22 novembre 1993, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al Trattato che istituisce la Comunità europea (GU 1993, L 332, pag. 7), entrato in vigore il 1o gennaio 1994 e che aveva successivamente subito ulteriori modifiche. A norma del suo articolo 19, il regolamento n. 479/2009 è entrato in vigore il ventesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione, avvenuta il 10 giugno 2009, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, vale a dire il 30 giugno 2009.

18

I considerando 9 e 10 del regolamento n. 479/2009 così recitano:

«(9)

In tale contesto, il ruolo della Commissione quale autorità statistica è esercitato in maniera specifica per conto di questa da Eurostat. In qualità di servizio della Commissione responsabile dell’esecuzione dei compiti ad essa affidati nel settore della produzione di statistiche comunitarie, Eurostat è tenuto a espletare i propri compiti nel rispetto dei principi di imparzialità, affidabilità, pertinenza, economicità, riservatezza statistica e trasparenza (…). L’applicazione della raccomandazione della Commissione del 25 maggio 2005, relativa all’indipendenza, all’integrità e alla responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’autorità statistica comunitaria, da parte delle autorità statistiche nazionali e comunitarie dovrebbe potenziare il principio di indipendenza professionale, adeguatezza delle risorse e qualità dei dati statistici.

(10)

Eurostat è responsabile, per conto della Commissione, di valutare la qualità dei dati e di fornire i dati da utilizzare ai fini della procedura per i disavanzi eccessivi (…)».

19

Nel Capo II, intitolato «Norme e campo d’applicazione relativi alla comunicazione», di tale regolamento, figurano, segnatamente, gli articoli 3 e 6.

20

L’articolo 3, paragrafi 1 e 2 del citato regolamento, stabilisce, in particolare, quanto segue:

«1.   Gli Stati membri comunicano alla Commissione (Eurostat) due volte l’anno, la prima entro il 1o aprile dell’anno corrente (anno n) e la seconda entro il 1o ottobre dell’anno n, l’ammontare previsto ed effettivo del disavanzo pubblico e del debito pubblico.

(…)

2.   Anteriormente al 1o aprile dell’anno n gli Stati membri:

a)

comunicano alla Commissione (Eurostat) il disavanzo pubblico previsto per l’anno n, la stima aggiornata del disavanzo pubblico effettivo per l’anno n-1 e i disavanzi pubblici effettivi per gli anni n-2, n-3 e n-4;

(…)».

21

L’articolo 6, paragrafo 1, del medesimo regolamento è formulato nei termini seguenti:

«Gli Stati membri informano la Commissione (Eurostat) di ogni revisione importante dei dati relativi al debito pubblico e al disavanzo pubblico previsti ed effettivi già trasmessi, non appena tali dati sono disponibili».

22

Il Capo III, rubricato «Qualità dei dati», del regolamento n. 479/2009 contiene, in particolare, gli articoli 8, 11 e 11 bis.

23

L’articolo 8, paragrafo 1, di questo regolamento stabilisce che:

«La Commissione (Eurostat) valuta periodicamente la qualità sia dei dati effettivi trasmessi dagli Stati membri sia dei conti pubblici settoriali sottostanti compilati a norma del SEC 95 (…). Per qualità dei dati effettivi si intende che essi ottemperano alle norme contabili e che sono dati statistici completi, affidabili, tempestivi e coerenti (…)».

24

L’articolo 11 del predetto regolamento dispone quanto segue:

«1.   La Commissione (Eurostat) provvede a un dialogo permanente con le autorità statistiche degli Stati membri. A tal fine la Commissione (Eurostat) effettua in tutti gli Stati membri visite di dialogo periodiche ed eventuali visite metodologiche.

2.   Quando effettua le visite di dialogo e le visite metodologiche, la Commissione (Eurostat) trasmette i risultati provvisori agli Stati membri interessati affinché formulino osservazioni in merito».

25

Ai sensi dell’articolo 11 bis del medesimo regolamento:

«Le visite di dialogo sono intese a verificare i dati effettivi trasmessi (…), ad esaminare le questioni metodologiche, a discutere i procedimenti e le fonti statistici illustrati negli inventari e a valutare l’ottemperanza alle norme contabili. Le visite di dialogo sono utilizzate per individuare i rischi o i potenziali problemi riguardo alla qualità dei dati trasmessi».

Fatti e decisione impugnata

26

Il 30 marzo 2012 il Regno di Spagna notificava all’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat) l’importo dei suoi disavanzi pubblici effettivi e previsti per gli anni compresi tra il 2008 e il 2012, corredato dei corrispondenti dati (in prosieguo: la «notifica del 30 marzo 2012»).

27

Il 17 maggio 2012 il Regno di Spagna informava Eurostat che occorreva rivedere l’importo di tali disavanzi al fine di tener conto della circostanza che talune comunità autonome, negli anni dal 2008 al 2011, avevano sostenuto spese superiori a quelle considerate per quantificare gli importi comunicati nel contesto della notifica del 30 marzo 2012. Tali spese non dichiarate ammontavano a EUR 4,5 miliardi (circa lo 0,4% del PIL); di questi, EUR 1,9 miliardi (ossia circa lo 0,2% del PIL) per la sola Comunitat Valenciana (Comunità autonoma di Valencia, Spagna).

28

Tale informazione ha indotto Eurostat ad effettuare una serie di visite in Spagna nei mesi di maggio, giugno e settembre 2012, nonché settembre 2013.

29

A norma dell’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento n. 1173/2011, la Commissione ha emanato la decisione C(2014) 4856, dell’11 luglio 2014, relativa all’avvio di un’indagine sulla manipolazione delle statistiche in Spagna (in prosieguo: la «decisione di avvio dell’indagine»).

30

Il 7 maggio 2015 la Commissione ha adottato una relazione in cui ha tratto la conclusione che il Regno di Spagna aveva fornito un’errata rappresentazione dei dati relativi al suo disavanzo, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011. Più nello specifico, essa ha considerato che tale Stato membro si fosse reso colpevole di negligenza grave trasmettendo, nella sua notifica del 30 marzo 2012, dati errati relativi ai conti della Comunità autonoma di Valencia, sebbene la Sindicatura de Comptes de la Comunitat Valenciana (Corte dei conti della Comunità autonoma di Valencia, Spagna) segnalasse ogni anno che l’Intervención General de la Generalitat Valenciana (Ufficio per la Revisione contabile della Comunità autonoma di Valencia, Spagna) convalidava conti intaccati da irregolarità connesse all’omessa registrazione di talune spese nel settore sanitario e all’inosservanza del principio della contabilità per competenza. Per questo motivo, la Commissione raccomandava al Consiglio di infliggere un’ammenda al Regno di Spagna.

31

Il 13 luglio 2015 il Consiglio emanava la decisione impugnata, nella quale concludeva che nel mese di marzo 2012 il Regno di Spagna aveva fornito a Eurostat, per grave negligenza, un’errata rappresentazione (considerando 5), e procedeva a determinare l’importo dell’ammenda da irrogare a tale Stato membro (considerando da 6 a 13). A questo proposito, il Consiglio ha innanzitutto considerato che, alla luce dell’impatto delle dichiarazioni in oggetto, l’importo di riferimento dell’ammenda andava fissato, in conformità all’articolo 14, paragrafo 2, della decisione delegata 2012/678, in EUR 94,65 milioni. Esso ha poi ritenuto che occorresse ridurre tale importo onde tener conto di svariate circostanze attenuanti, attinenti segnatamente al fatto che autore di dette dichiarazioni era un’unica autorità regionale e alla circostanza che le autorità responsabili delle statistiche nazionali, da parte loro, avessero cooperato all’indagine.

32

L’articolo 1 della decisione impugnata così dispone:

«È imposta un’ammenda di 18,93 milioni di [euro] al [Regno di] Spagna per l’errata rappresentazione, causata da grave negligenza, dei dati relativi al disavanzo pubblico, secondo quanto illustrato nella relazione della Commissione (…) sull’indagine connessa alla manipolazione in Spagna delle statistiche di cui al regolamento (UE) n. 1173/2011».

33

La decisione impugnata è stata notificata al Regno di Spagna il 20 luglio 2015, prima di essere pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, il 28 luglio successivo.

Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

34

Il Regno di Spagna chiede che la Corte voglia:

in via principale, annullare la decisione impugnata;

in subordine, ridurre l’importo dell’ammenda irrogata dalla decisione impugnata, limitandolo al periodo successivo all’entrata in vigore del regolamento n. 1173/2011, e

condannare il Consiglio alle spese.

35

Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

dichiarare che il ricorso rientra nella competenza del Tribunale dell’Unione europea e rinviarlo a quest’ultimo;

altrimenti, respingere il ricorso, e

condannare il Regno di Spagna alle spese.

36

Con decisione del 26 gennaio 2016, il presidente della Corte ha ammesso la Commissione ad intervenire a sostegno del Consiglio.

Sulla competenza

Argomenti delle parti

37

Il Consiglio e la Commissione deducono in giudizio che il ricorso è rivolto contro un atto con il quale il Consiglio ha esercitato una competenza di esecuzione, ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, sicché il ricorso sarebbe riconducibile alla competenza del Tribunale, in applicazione dell’articolo 51, primo comma, lettera a), terzo trattino, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. Il potere di emanare decisioni che irrogano ammende agli Stati membri in caso di manipolazione delle statistiche, sancito all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011, potrebbe infatti essere considerato solo come rientrante nell’esercizio di una competenza di esecuzione, a norma dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, giacché esso partecipa all’attuazione uniforme di tale regolamento. Peraltro, e come reciterebbe il considerando 25 di detto regolamento, sarebbe giustificato attribuire una siffatta competenza al Consiglio, non già alla Commissione.

38

Il Regno di Spagna, in sostanza, replica che presentare la decisione impugnata come una decisione di esecuzione nell’accezione dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE è discutibile, giacché il considerando 25 del regolamento n. 1173/2011 collega le decisioni individuali con cui il Consiglio infligge sanzioni agli Stati membri in caso di manipolazione delle statistiche non già alla necessità di garantire condizioni uniformi di esecuzione di tale regolamento, bensì piuttosto alle competenze direttamente attribuite a tale istituzione dal Trattato FUE in materia economica.

Giudizio della Corte

39

A norma dell’articolo 51, primo comma, lettera a), dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in deroga alla norma di cui all’articolo 256, paragrafo 1, TFUE, sono di competenza della Corte i ricorsi di annullamento e in carenza disciplinati agli articoli 263 e 265 TFUE quando sono proposti da uno Stato membro, da un lato e diretti contro un atto del Parlamento, del Consiglio o di queste due istituzioni che statuiscono congiuntamente, dall’altro.

40

In forza del terzo trattino della medesima disposizione dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, sono tuttavia esclusi da tale riserva di competenza gli atti con cui il Consiglio esercita competenze di esecuzione ai sensi all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE.

41

Il caso di specie è incentrato su un ricorso di annullamento che è stato proposto da uno Stato membro, da una parte, e che è rivolto contro un atto del Consiglio, dall’altra. Tale ricorso, pertanto, rientra nella competenza della Corte, salvo che la decisione impugnata costituisca un atto con cui il Consiglio ha esercitato una competenza di esecuzione, ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE.

42

Quest’ultima disposizione prevede che, allorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione, tali atti conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici debitamente motivati e nel contesto della politica estera e di sicurezza comune (PESC), al Consiglio.

43

In proposito occorre rilevare anzitutto che l’articolo 291, paragrafo 2, TFUE non rappresenta l’unica disposizione di diritto dell’Unione che conferisca al Consiglio una competenza di esecuzione. Esistono infatti altre disposizioni del diritto primario che possono attribuirgli direttamente una siffatta competenza (v., in questo senso, sentenze del 26 novembre 2014, Parlamento e Commissione/Consiglio, C‑103/12 e C‑165/12, EU:C:2014:2400, punto 50, e del 7 settembre 2016,Germania/Parlamento e Consiglio, C‑113/14, EU:C:2016:635, punti 5556). Peraltro, atti di diritto derivato possono istituire competenze di esecuzione al di fuori del regime predisposto all’articolo 291 TFUE (v., in questo senso, sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio, C‑270/12, EU:C:2014:18, punti da 78 a 8698).

44

Inoltre, atteso che la decisione impugnata, dal momento che accerta l’esistenza di un’infrazione e infligge una sanzione al suo autore in applicazione dei poteri conferiti al Consiglio dall’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011, deve essere considerata alla stregua di un atto adottato nell’esercizio di una competenza di esecuzione (v., per analogia, sentenze del 27 ottobre 1992, Germania/Commissione, C‑240/90, EU:C:1992:408, punti 3839, e del 1o marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio, C‑440/14 P, EU:C:2016:128, punto 36), e che l’articolo 291, paragrafo 2, TFUE costituisce solo una possibile base giuridica tra altre per l’esercizio di una siffatta competenza ad opera del Consiglio, occorre determinare, nel caso di specie, se tale competenza si riallacci effettivamente a detta disposizione.

45

A questo proposito occorre prendere in considerazione l’articolo 291 TFUE nel suo complesso, dato che il suo paragrafo 2 non può essere letto a prescindere del suo paragrafo 1, il quale prevede che gli Stati membri adottano tutte le misure di diritto interno necessarie per l’attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione.

46

Per quanto l’articolo 291 TFUE figuri nella sezione 1, intitolata «Atti giuridici dell’Unione», del capo 2 del titolo I della sesta parte del Trattato FUE, vertente sulle disposizioni istituzionali e finanziarie, tale articolo, tuttavia, come si evince dai termini dei suoi paragrafi 1 e 2, non riguarda tutti gli atti giuridici dell’Unione, bensì esclusivamente una loro specifica categoria, vale a dire gli «atti giuridicamente vincolanti». Tale riferimento, comune ai suddetti paragrafi, alla nozione di «atti giuridicamente vincolanti» obbliga ad accertare il senso di questa per l’intero articolo 291 TFUE.

47

A questo proposito, mentre il paragrafo 1 dell’articolo 291 TFUE enuncia il principio secondo cui è ai vari Stati membri che spetta adottare tutte le misure di diritto interno necessarie per l’attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione, il paragrafo 2 dell’articolo medesimo prevede che questi stessi atti conferiscano le competenze di esecuzione alla Commissione o al Consiglio in tutti i casi in cui sia necessaria una loro esecuzione uniforme. Infatti, in una situazione del genere, l’obiettivo dell’esecuzione uniforme di predetti atti esclude che essi possano essere attuati dai diversi Stati membri mediante misure emanate in forza del loro rispettivo diritto interno, con il rischio evidente di disparità inerente alla coesistenza, nell’ordinamento giuridico dell’Unione, di misure di esecuzione nazionali potenzialmente disparate.

48

Di conseguenza, occorre considerare che l’articolo 291, paragrafo 2, TFUE riguarda unicamente gli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione che si prestino in linea di principio ad una attuazione da parte degli Stati membri, alla stregua di quelli cui si riferisce l’articolo 291, paragrafo 1, TFUE, ma che, contrariamente a questi, per un determinato motivo debbano essere eseguiti mediante misure adottate non già da ciascuno Stato membro interessato, bensì dalla Commissione o dal Consiglio, onde garantire un’uniforme applicazione del diritto dell’Unione.

49

Orbene, tale ipotesi chiaramente non ricorre nel caso di un atto che istituisca una competenza consistente nell’irrogare un’ammenda a uno Stato membro. Un atto del genere, infatti, non si presta affatto ad un’attuazione da parte degli Stati membri stessi, poiché siffatta attuazione implica l’adozione di una misura vincolante nei confronti di uno di essi.

50

Del resto, l’analisi suesposta è corroborata da un’esegesi congiunta delle eccezioni alla riserva di competenza a favore della Corte stabilite ai trattini secondo e terzo dell’articolo 51, primo comma, lettera a), dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. In proposito, un’interpretazione del terzo trattino di tale disposizione nel senso di ricondurre tutti gli atti di esecuzione emanati dal Consiglio all’eccezione da esso prevista priverebbe di qualsiasi effetto utile l’eccezione figurante al secondo trattino della medesima disposizione. Infatti, quest’ultima eccezione riguarda gli atti del Consiglio adottati in forza di un regolamento relativo alle misure di difesa commerciale ai sensi dell’articolo 207 TFUE, e concerne quindi proprio una situazione in cui tale istituzione esegue un atto dell’Unione.

51

Alla luce di questi elementi, una decisione come la decisione impugnata non può essere considerata come adottata nell’esercizio di una competenza di esecuzione, conferita al Consiglio conformemente all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE.

52

Del resto, occorre constatare che il regolamento n. 1173/2011, in forza del quale è stata emanata la decisione impugnata, non contiene alcun riferimento all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE.

53

Per di più, tale regolamento è fondato sugli articoli 121 e 136 TFUE, come spiegato al punto 9 della presente sentenza. Ora, l’attribuzione al Consiglio, sul fondamento di tali articoli, della competenza il cui esercizio viene concretizzato in tale decisione non è giustificata dalla necessità di garantire l’esecuzione uniforme del citato regolamento, bensì, come indicano i considerando 16 e 25 di quest’ultimo, dal perseguimento dell’obiettivo di dissuadere gli Stati membri dal fornire errate rappresentazioni su dati fondamentali per l’attivazione delle responsabilità che gli articoli 121 e 126 TFUE conferiscono al Consiglio in materia di coordinamento e di sorveglianza delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri.

54

Da quanto sopra discende che la Corte è competente a conoscere del presente ricorso.

Sul ricorso

55

A sostegno del suo ricorso il Regno di Spagna deduce in giudizio quattro motivi vertenti, rispettivamente, sulla violazione dei diritti della difesa, sulla violazione del diritto a una buona amministrazione, sull’assenza di infrazione e sul carattere sproporzionato dell’ammenda che gli è stata inflitta dal Consiglio.

Sul primo motivo, relativo alla violazione dei diritti della difesa

Argomenti delle parti

56

Il Regno di Spagna deduce in giudizio che la decisione impugnata viola i diritti della difesa, come garantiti dall’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento n. 1173/2011 nonché dalla decisione delegata 2012/678, laddove tale decisione gli imputa un’infrazione poggiando su informazioni che sono state raccolte in occasione di una serie di visite effettuate in Spagna, nei mesi di maggio, giugno e settembre 2012 nonché settembre 2013.

57

Infatti, da un lato, le prime tre visite nel corso delle quali tali informazioni sono state recensite sarebbero avvenute in un momento in cui l’osservanza dei diritti della difesa non era ancora garantita agli Stati membri destinatari di procedure di indagine fondate sull’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento n. 1173/2011, poiché la decisione delegata 2012/678 non era ancora entrata in vigore. Inoltre, l’insieme di tali informazioni sarebbe stato raccolto addirittura prima dell’avvio del procedimento di indagine, nel luglio 2014, e quindi a margine del procedimento previsto da tale decisione delegata e in violazione del diritto di essere informati che tale decisione delegata garantisce allo Stato membro coinvolto. Per di più, la medesima decisione delegata obbligherebbe la Commissione ad effettuare una visita metodologica prima dell’avvio di una procedimento di indagine, visita che, tuttavia, nel caso di specie non avrebbe avuto luogo.

58

D’altra parte, le condizioni in cui le citate informazioni sono state raccolte non sarebbero conformi ai requisiti sanciti dal legislatore dell’Unione per garantire l’osservanza dei diritti della difesa. A questo riguardo, il Regno di Spagna afferma che il regolamento n. 479/2009 non costituisce una base giuridica che autorizzi Eurostat a raccogliere informazioni relative a potenziali errate rappresentazioni, nell’accezione dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011, e che esso non è stato preventivamente informato dell’oggetto reale delle visite effettuate nel caso di specie. Ciò premesso, le autorità spagnole avrebbero cooperato con la Commissione senza considerare che le informazioni raccolte da tale istituzione potessero successivamente essere utilizzate per giustificare l’avvio di un procedimento di indagine.

59

Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, replica, in primo luogo, che le visite precedenti la decisione di avvio dell’indagine sono state organizzate sulla base del regolamento n. 479/2009 e allo scopo di fare il punto sui dati rivisti notificati dal Regno di Spagna nel mese di maggio 2012, successivamente a una trasmissione provvisoria nell’aprile 2012.

60

In secondo luogo, la Commissione avrebbe rispettato i diritti della difesa del Regno di Spagna a decorrere dalla decisione di avvio dell’indagine. In particolare, essa avrebbe comunicato a tale Stato membro, in occasione della notifica di tale decisione, le informazioni di cui disponeva in merito all’esistenza di indizi seri di fatti di natura tale da costituire errate rappresentazioni, conformemente alla decisione delegata 2012/678. Successivamente, la Commissione avrebbe rispettato i vari diritti garantiti al Regno di Spagna dall’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento n. 1173/2011. In ogni caso, anche se fosse stata commessa una violazione dei diritti della difesa, il Regno di Spagna non dimostrerebbe che essa abbia inciso sull’esito del procedimento e giustifichi per questo motivo l’annullamento della decisione impugnata.

Giudizio della Corte

61

Dalla giurisprudenza costante della Corte risulta che il rispetto dei diritti della difesa, in qualsiasi procedimento che sia stato promosso nei confronti di una persona e che possa concludersi con un atto ad essa pregiudizievole, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione che deve essere applicato anche in assenza di specifiche disposizioni in proposito, da un lato, e che esige che la persona avverso la quale una siffatta procedura è avviata sia messa in condizione di far conoscere proficuamente il suo punto di vista sui fatti e sulla violazione del diritto dell’Unione che le sono contestati prima che venga adottata una decisione che incida in modo significativo sui suoi interessi, dall’altro lato (v., in questo senso, sentenze del 10 luglio 1986, Belgio/Commissione, 40/85, EU:C:1986:305, punto 28; del 12 febbraio 1992, Paesi Bassi e a./Commissione, C‑48/90 e C‑66/90, EU:C:1992:63, punti 4445, nonché del 14 giugno 2016, Marchiani/Parlamento, C‑566/14 P, EU:C:2016:437, punto 51).

62

Nel caso di specie è pacifico che la decisione impugnata si fonda su informazioni che sono state attinte da un servizio della Commissione, ossia Eurostat, in occasione di visite effettuate in Spagna nei mesi di maggio, giugno e settembre 2012 nonché settembre 2013, vale a dire prima dell’emanazione della decisione di avvio dell’indagine, avvenuta l’11 luglio 2014 e, per talune visite, precedentemente all’entrata in vigore della decisione delegata 2012/678, occorsa il 26 novembre 2012.

63

Occorre pertanto esaminare, in primo luogo, se la circostanza che tali informazioni siano state raccolte prima di questi due eventi renda la decisione impugnata viziata da una lesione dei diritti della difesa.

64

Al riguardo occorre osservare che, per quanto attiene alle procedure di indagine del tipo di quella sfociata nella decisione impugnata, il Parlamento e il Consiglio hanno adottato specifiche disposizioni, al fine di garantire il rispetto dei diritti della difesa. Queste ultime sono contenute nell’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento n. 1173/2011 e sono applicabili sin dalla sua entrata in vigore, avvenuta il 13 dicembre 2011. Le citate disposizioni specifiche prevedono che la Commissione dispone della facoltà di decidere di avviare un’indagine ove riscontri la presenza di indicazioni serie sull’esistenza di fatti idonei a configurare errata rappresentazione. Inoltre, le medesime disposizioni obbligano la suddetta istituzione, laddove si sia avvalsa di tale facoltà, a rispettare pienamente i diritti della difesa dello Stato membro coinvolto e, più specificamente, a tener conto delle osservazioni presentate dallo Stato membro nel corso dell’indagine, nonché a sentirlo prima di sottoporre una proposta di decisione al Consiglio, cosicché quest’ultima risulti fondata esclusivamente sui fatti in merito ai quali detto Stato membro sia stato messo in condizione di formulare osservazioni.

65

Quindi la Commissione non solo è autorizzata sin dal 13 dicembre 2011 ad attingere informazioni concernenti l’esistenza di indicazioni serie di fatti idonei a configurare errata rappresentazione, nell’accezione dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011, ma è altresì obbligata a raccogliere siffatte informazioni prima di avviare qualsiasi procedura di indagine a norma dell’articolo 8, paragrafo 3, di tale regolamento, procedura nel cui contesto dovrà poi essere garantito il pieno rispetto dei diritti della difesa riconosciuti allo Stato membro coinvolto.

66

Ciò premesso, occorre considerare che, atteso che le varie visite effettuate nel caso di specie in Spagna sono state organizzate a partire dal maggio 2012, e dunque successivamente all’entrata in vigore del regolamento n. 1173/2011, avvenuta il 13 dicembre 2011, la circostanza che Eurostat, in occasione di tali visite, abbia raccolto le informazioni di cui al punto 62 della presente sentenza non rende la decisione impugnata viziata da una violazione dei diritti della difesa.

67

Per quanto riguarda, in secondo luogo, gli argomenti del Regno di Spagna vertenti sul fatto che le condizioni in cui le citate informazioni sono state attinte non sarebbero conformi ai requisiti sanciti dal legislatore dell’Unione allo scopo di garantire il rispetto dei diritti della difesa, occorre considerare che in linea di massima, come risulta dal punto 64 della presente sentenza, è solo successivamente all’avvio del procedimento di indagine previsto all’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento n. 1173/2011 che lo Stato membro implicato può far valere pienamente i suddetti diritti, dato che solo tale procedimento può approdare ad una decisione che irroghi una sanzione al citato Stato membro per il motivo che esso ha fornito un’errata rappresentazione nell’accezione del paragrafo 1 di tale articolo.

68

Ciò considerato, dalla giurisprudenza della Corte emerge altresì che, nel contesto di un procedimento idoneo a sfociare in un atto che dichiari l’esistenza di un’infrazione, occorre assicurare che l’esercizio dei diritti della difesa non sia compromesso qualora, previamente all’avvio di tale procedimento, siano organizzate operazioni che consentono di raccogliere informazioni che possano presentare un carattere dirimente ai fini dell’accertamento di una siffatta infrazione (v., in questo senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P et C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punti da 63 a 65, e del 27 aprile 2017, FSL e a./Commissione, C‑469/15 P, EU:C:2017:308, punto 43).

69

Nel caso di specie occorre constatare che per procedere alle quattro visite che hanno permesso di assumere le informazioni su cui poggia la decisione impugnata del Consiglio, Eurostat si è basato sul regolamento n. 479/2009. Infatti, come emerge dallo scambio di corrispondenza e dalle relazioni prodotte in allegato al ricorso, innanzitutto, le due visite che si sono svolte nel corso dei mesi di giugno e di settembre 2012 sono state organizzate in qualità di «visite di dialogo», ai sensi dell’articolo 11 bis di tale regolamento; poi, quella avvenuta nel mese di maggio 2012 lo è stata in qualità di «visita tecnica preparatoria» della prima di tali due visite di dialogo e, infine, quella organizzata nel settembre 2013 lo è stata in quanto «visita ad hoc».

70

In circostanze di questo genere occorre chiarire se il fatto di raccogliere informazioni inerenti all’esistenza di una potenziale errata rappresentazione nell’accezione dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011, sia autorizzato dal regolamento n. 479/2009 e, in caso di risposta affermativa, se le condizioni di organizzazione delle visite durante le quali dette informazioni sono state assunte abbiano nel caso di specie rispettato i requisiti procedurali istituiti dal legislatore dell’Unione e preservato la possibilità per il Regno di Spagna di esercitare i propri diritti della difesa nel contesto del successivo procedimento di indagine.

71

Sotto il primo profilo, per chiarire se il fatto di raccogliere informazioni attinenti all’esistenza di potenziali errate rappresentazioni sia autorizzato dal regolamento n. 479/2009, occorre rilevare, da un lato, che l’articolo 3, paragrafo 1, di tale regolamento obbliga gli Stati membri a notificare alla Commissione, due volte l’anno, i dati relativi al loro disavanzo pubblico e al livello del loro debito, previsti ed effettivi, onde consentire a tale istituzione e al Consiglio di esercitare le loro rispettive responsabilità a norma degli articoli 121 e 126 TFUE e del protocollo n. 12. Ora, è proprio quando tali dati formano oggetto di errata rappresentazione da parte di uno Stato membro che l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 permette al Consiglio di imputargli un’infrazione e di infliggergli un’ammenda, come ha sottolineato l’avvocato generale al paragrafo 66 delle conclusioni.

72

Dall’altro lato, l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 479/2009, in combinato disposto con i considerando 9 e 10 di tale regolamento, assegna specificamente a Eurostat la responsabilità di procedere, in nome della Commissione, ad una valutazione imparziale e indipendente della qualità di tali dati, verificando che essi ottemperino alle norme contabili, siano completi, affidabili, tempestivi e coerenti. A tal fine Eurostat, in virtù dell’articolo 11 bis del medesimo regolamento, dispone segnatamente della facoltà di effettuare visite definite «di dialogo» nello Stato membro, con lo scopo di verificare i dati trasmessi, procedere ad una loro valutazione metodologica e contabile nonché individuare i rischi o i potenziali problemi riguardo alla loro qualità. Tale servizio della Commissione è pertanto autorizzato a individuare in questo contesto, e in maniera generale, i rischi e i potenziali problemi per quanto attiene all’affidabilità dei dati in oggetto.

73

Quindi il regolamento n. 479/2009, e più precisamente il suo articolo 11 bis, costituiva una base giuridica che autorizzava Eurostat a raccogliere, nel corso di visite come le due visite di dialogo e la visita tecnica preparatoria descritte al punto 69 della presente sentenza, informazioni relative a possibili errate rappresentazioni.

74

Per quanto attiene alla quarta visita menzionata nel medesimo punto, svolta con la finalità di indagare specificamente sui conti della Comunità autonoma di Valencia, occorre invero constatare che tale visita non è espressamente prevista dal regolamento n. 479/2009.

75

Tuttavia, l’articolo 11 di tale regolamento prevede che Eurostat conduce un dialogo permanente con le autorità statistiche degli Stati membri. Orbene, un dialogo permanente siffatto implica inevitabilmente che Eurostat possa effettuare le varie visite e missioni richieste dall’esercizio delle sue responsabilità, oltre alle visite specificamente contemplate da detto articolo. Peraltro, i considerando 7 e 8 del regolamento n. 1173/2011 invitano specificamente la Commissione ad effettuare, nel contesto di tale dialogo permanente, missioni in loco e missioni di sorveglianza negli Stati membri.

76

Pertanto occorre considerare che l’articolo 11 del regolamento n. 479/2009 costituiva una base giuridica che autorizzava Eurostat a raccogliere informazioni relative a possibili errate rappresentazioni nel contesto di tale quarta visita.

77

Peraltro, per quanto attiene all’argomento del Regno di Spagna secondo cui una visita metodologica dovrebbe essere effettuata prima dell’avvio di un procedimento di indagine, basta constatare che la decisione delegata 2012/678, all’articolo 2, paragrafo 3, prevede che la Commissione può decidere di non svolgere tale indagine fino a che non sia stata svolta una siffatta visita e quindi non le impone alcun obbligo al riguardo.

78

Sotto un secondo profilo, per quanto attiene alla questione diretta a chiarire se le quattro visite controverse siano state condotte nell’osservanza dei requisiti procedurali sanciti dal legislatore dell’Unione e in maniera atta a non compromettere l’esercizio dei diritti della difesa garantiti al Regno di Spagna nel contesto del successivo procedimento di indagine, occorre rimarcare, per un canto, che l’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento n. 479/2009 dispone che i risultati provvisori tratti nell’ambito delle visite di dialogo organizzate negli Stati membri devono essere trasmessi a questi ultimi onde consentire loro di far valere le proprie osservazioni.

79

Nel caso di specie, i risultati provvisori ricavati nel contesto della visita tecnica preparatoria e delle due visite di dialogo menzionate al punto 69 della presente sentenza sono stati sottoposti al Regno di Spagna, affinché formulasse le sue osservazioni, come attesta la relazione dell’Eurostat prodotta in allegato all’atto introduttivo del ricorso, che integra le osservazioni presentate da detto Stato membro in seguito alla trasmissione di una versione provvisoria di tale documento. Inoltre, il citato Stato membro è stato preventivamente informato nei dettagli in merito all’oggetto esatto di tali visite, e in particolare in merito al fatto che avrebbero riguardato, tra le altre questioni, i dati relativi alla Comunità autonoma di Valencia, come emerge dai documenti citati al medesimo punto 69.

80

D’altra parte, il Regno di Spagna è stato informato in maniera adeguatamente chiara e precisa, prima della visita organizzata nel settembre del 2013, che essa avrebbe riguardato in particolare possibili errate rappresentazioni fornite in ordine ai dati relativi alla Comunità autonoma di Valencia, come emerge dagli stessi documenti.

81

In tali circostanze occorre considerare che le condizioni di organizzazione delle visite che Eurostat ha svolto in Spagna nei mesi di maggio, giugno, settembre 2012 nonché settembre 2013, e nel corso delle quali sono state raccolte le informazioni su cui poggia la decisione impugnata, hanno ottemperato ai requisiti di procedura sanciti dal diritto dell’Unione.

82

Occorre inoltre considerare che l’esercizio dei diritti della difesa del Regno di Spagna, nel contesto del procedimento di indagine che ha preceduto la decisione impugnata, non è stato compromesso dalle svariate visite che hanno condotto Eurostat a raccogliere dette informazioni prima dell’avvio di tale procedura.

83

Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il Consiglio non ha violato i diritti della difesa del Regno di Spagna fondandosi, nella decisione impugnata, sulle informazioni assunte nel corso di tali visite.

84

Pertanto, il primo motivo è infondato.

Sul secondo motivo, vertente sulla violazione del diritto ad una buona amministrazione

Argomenti delle parti

85

Il Regno di Spagna sostiene che la decisione impugnata viola il diritto a una buona amministrazione, sancito all’articolo 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

86

Non sarebbe infatti conforme al requisito di obiettiva imparzialità sotteso a tale diritto che la Commissione affidi l’istruttoria di una procedura di indagine basata sull’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento n. 1173/2011 alle persone che hanno precedentemente partecipato alle visite che hanno indotto tale istituzione a ritenere che esistessero serie indicazioni sull’esistenza di fatti atti a giustificare l’avvio di tale procedimento. Orbene, nel caso di specie, tre dei quattordici agenti che hanno partecipato alle visite effettuate da Eurostat in Spagna, prima dell’adozione della decisione di avvio delle indagini, avrebbero altresì fatto parte della squadra di quattro persone che è stata successivamente attivata dalla Commissione nel contesto di detto procedimento. Inoltre, il servizio cui appartengono queste tre persone, vale a dire Eurostat, sarebbe connotato da un rischio di parzialità in quanto è il responsabile della valutazione dei dati relativi al debito e al disavanzo trasmessi dagli Stati membri e nutrirebbe pertanto un interesse a che il procedimento di indagine sia istruito a carico dello Stato membro cui viene contestata la manipolazione di tali dati. Alla luce di ciò, occorrerebbe trarre la conclusione che il procedimento di indagine è stato condotto in condizioni che non garantivano l’obiettiva imparzialità della Commissione e che tale violazione del diritto ad una buona amministrazione rende la decisione impugnata, emanata dal Consiglio al termine di tale procedura, viziata da illegittimità.

87

Pur affermando che il Regno di Spagna non può avvalersi dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, essendo uno Stato membro e non già una persona nell’accezione di tale disposizione, il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, concorda sul fatto che tale Stato membro possa invocare a proprio favore il principio di buona amministrazione in quanto principio generale del diritto dell’Unione. Ciò premesso, la circostanza che la Commissione affidi l’istruttoria di un procedimento di indagine avviato in forza del regolamento n. 1173/2011 ad agenti che hanno precedentemente partecipato a visite organizzate in base al regolamento n. 479/2009 non violerebbe tale principio, poiché i due ambiti procedurali in causa sono giuridicamente diversi. Ciò varrebbe a maggior ragione perché, all’esito di un siffatto procedimento di indagine, è un’istituzione diversa dalla Commissione, ossia il Consiglio, che è chiamata ad adottare una decisione sull’esistenza di una manipolazione delle statistiche e ad irrogare un’ammenda allo Stato membro coinvolto.

Giudizio della Corte

88

L’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, rubricato «Diritto ad una buona amministrazione» e che fa parte delle disposizioni del Titolo V della Carta stessa, intitolato «Cittadinanza», proclama, segnatamente, che ogni individuo ha il diritto che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale dalle istituzioni dell’Unione.

89

Nel caso di specie, è uno Stato membro che deduce in giudizio questa disposizione. Senza esprimersi sulla circostanza che quest’ultimo possa essere considerato alla stregua di, o assimilato ad, una «persona», nell’accezione di detta disposizione, e possa, a tale titolo, avvalersi del diritto che essa enuncia – circostanza che il Consiglio e la Commissione contestano – occorre considerare che detto diritto riflette un principio generale di diritto dell’Unione (sentenza dell’8 maggio 2014, N., C‑604/12, EU:C:2014:302, punto 49), che può, di per sé, essere invocato dagli Stati membri, e alla luce del quale occorre quindi valutare la legittimità della decisione impugnata.

90

Dalla giurisprudenza della Corte si evince infatti che le istituzioni dell’Unione sono tenute a rispettare il citato principio generale di diritto nel contesto dei procedimenti amministrativi promossi a carico degli Stati membri e idonei a sfociare in decisioni che possano arrecare pregiudizio a questi ultimi (v., in questo senso, sentenze del 15 luglio 2004, Spagna/Commissione, C‑501/00, EU:C:2004:438, punto 52, e del 24 giugno 2015, Germania/Commissione, C‑549/12 P e C‑54/13 P, EU:C:2015:412, punto 89 e giurisprudenza citata).

91

Tali istituzioni sono in particolare tenute a rispettare il requisito di imparzialità, sotto i due profili in cui esso si articola, ossia, da un lato, il profilo soggettivo, secondo cui nessuno dei membri dell’istituzione interessata deve manifestare opinioni preconcette o pregiudizi personali e, dall’altro, il profilo oggettivo, in conformità al quale tale istituzione è tenuta ad offrire garanzie sufficienti per escludere qualsiasi legittimo dubbio in merito a un eventuale pregiudizio (sentenza dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punti 154155 nonché giurisprudenza citata).

92

Nel caso qui in esame, atteso che il Regno di Spagna non mette in dubbio il profilo soggettivo dell’imparzialità della Commissione, tale Stato membro reputa invece che la decisione impugnata sia viziata da un’illegittimità per il motivo che l’istituzione non ha rispettato il profilo oggettivo dell’imparzialità, giacché ha affidato l’istruttoria del procedimento di indagine ad una squadra composta, in larga misura, di agenti di Eurostat che già avevano partecipato alle visite organizzate da tale servizio in Spagna prima dell’avvio di tale procedimento.

93

In limine occorre osservare che, come afferma correttamente il Regno di Spagna, il Consiglio e la Commissione non possono legittimamente sostenere che il suddetto argomento deve essere respinto per il motivo che è il Consiglio, e non la Commissione, che ha adottato la decisione impugnata all’esito del procedimento di indagine.

94

In effetti, in considerazione della giurisprudenza della Corte citata al punto 91 della presente sentenza, occorre considerare che, laddove siano conferite a più istituzioni dell’Unione responsabilità proprie e distinte nel contesto di un procedimento promosso a carico di uno Stato membro e atto a sfociare in una decisione che arrechi pregiudizio a quest’ultimo, ciascuna di tali istituzioni, nei limiti di ciò che la riguarda, è tenuta a conformarsi al profilo oggettivo dell’imparzialità. Conseguentemente, anche nell’ipotesi in cui sia stata solo una di esse a violare tale requisito, siffatta violazione è idonea a rendere viziata per illegittimità la decisione emanata dall’altra al termine del procedimento in oggetto.

95

Pertanto, la Corte deve accertare se la Commissione offra garanzie sufficienti tali da escludere qualsiasi dubbio legittimo in merito a un eventuale pregiudizio da essa nutrito, nell’ipotesi in cui essa affidi l’istruttoria di un procedimento di indagine come quello da cui è scaturita la decisione impugnata a una squadra composta, in larga parte, di agenti di Eurostat che hanno già partecipato a visite organizzate da tale servizio nello Stato membro coinvolto, prima dell’avvio di detto procedimento.

96

Sotto questo profilo si constata che dette visite, da un canto, e tale procedimento di indagine, dall’altro, sono riconducibili a contesti giuridici distinti, che perseguono una finalità differente.

97

In effetti, le visite che Eurostat può effettuare negli Stati membri sul fondamento degli articoli 11 e 11 bis del regolamento n. 479/2009 mirano a consentire a tale servizio della Commissione di procedere, a norma dell’articolo 8, paragrafo 1, del medesimo regolamento, a valutare la qualità dei dati notificati due volte all’anno dagli Stati membri in ordine al loro debito pubblico e al loro disavanzo pubblico, come si inferisce dai punti 72 e 75 della presente sentenza.

98

Per quanto riguarda il procedimento d’indagine, esso è disciplinato dall’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento n. 1173/2011 e, come prevede tale disposizione, è preordinato a consentire alla Commissione di avviare tutte le indagini necessarie ad accertare l’esistenza di errate rappresentazioni relative ai dati, fornite volontariamente o per negligenza grave, quando questa ritenga che sussistano serie indicazioni di fatti idonei a configurare siffatte rappresentazioni.

99

Avuto riguardo a tali distinti contesti giuridici e a tali obiettivi differenti, occorre considerare che, per quanto i dati oggetto di queste visite, da un lato, e di tale procedimento di indagine, dall’altro, possano parzialmente coincidere, le valutazioni che Eurostat e la Commissione sono rispettivamente chiamati a svolgere in merito a questi dati risultano invece necessariamente diverse.

100

Pertanto, le valutazioni effettuate da Eurostat sulla qualità di alcuni di tali dati in esito alle visite svolte in uno Stato membro non pregiudicano, di per sé, la posizione che la Commissione potrebbe assumere in merito alla sussistenza di errate rappresentazioni relative ai medesimi dati laddove tale istituzione decidesse successivamente di promuovere un procedimento di indagine al riguardo.

101

Di conseguenza, attribuire l’istruttoria relativa a un procedimento di indagine fondato sull’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 ad una squadra composta, in larga parte, di agenti di Eurostat che avevano già preso parte a visite organizzate da tale servizio nello Stato membro coinvolto sul fondamento del regolamento n. 479/2009, prima dell’avvio di tale procedimento, di per sé non consente alla Corte di trarre la conclusione che la decisione emanata all’esito del citato procedimento sia viziata da illegittimità per una violazione del requisito del profilo oggettivo dell’imparzialità che la Commissione è tenuta a rispettare.

102

Per di più, va rilevato, da un lato, che non è ad Eurostat – le cui responsabilità sono chiaramente definite dal regolamento n. 479/2009, come illustrato al punto 72 della presente sentenza – bensì alla Commissione, e pertanto ai commissari che agiscono collegialmente – che l’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento n. 1173/2011 riserva, in primo luogo, il potere di decidere di avviare il procedimento di indagine; in secondo luogo, la responsabilità di condurre l’indagine e, in terzo luogo, la facoltà di sottoporre al Consiglio le raccomandazioni e le proposte che si rivelino necessarie all’esito di tale procedimento.

103

D’altro lato, il regolamento n. 1173/2011 non conferisce alcuna responsabilità propria agli agenti di Eurostat nello svolgimento del procedimento di indagine.

104

Ciò premesso, occorre considerare che il ruolo attribuito agli agenti di Eurostat nel citato procedimento di indagine non risulta dirimente né ai fini dello svolgimento, né ai fini dell’esito del suddetto procedimento.

105

Dalle considerazioni suesposte si inferisce che non vi è luogo a considerare che la circostanza di aver affidato l’istruttoria del procedimento di indagine ad una squadra composta, in larga parte, di agenti di Eurostat che avevano già preso parte a visite organizzate da tale servizio in Spagna, prima dell’avvio di tale procedimento, renda la decisione impugnata viziata per il motivo che la Commissione non avrebbe asseritamente rispettato il profilo oggettivo del requisito dell’imparzialità.

106

Pertanto, il secondo motivo è infondato.

Sul terzo motivo tratto dall’assenza di infrazione

Argomenti delle parti

107

Il Regno di Spagna adduce che nel caso di specie non ricorrevano le svariate condizioni poste dall’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 affinché il Consiglio potesse legittimamente dichiarare la sussistenza di un’infrazione.

108

In proposito, detto Stato membro sostiene, in primo luogo, che i fatti contestatigli non possono essere qualificati alla stregua di «errata rappresentazione». Bisognerebbe infatti distinguere i fatti che integrano un’errata rappresentazione, che costituiscono un’infrazione vietata dall’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011, da quelli riconducibili ad una mera revisione di dati preliminarmente notificati a Eurostat, la quale rappresenterebbe un’azione autorizzata dall’articolo 6 del regolamento n. 479/2009. Più precisamente, occorrerebbe intendere l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 nel senso che permette unicamente al Consiglio di sanzionare le errate rappresentazioni fornite dagli Stati membri in merito ai dati effettivi. Per converso, occorrerebbe ritenere che le errate rappresentazioni concernenti dati di previsione non ricadano nell’ambito di applicazione di tale disposizione. Infatti un’interpretazione contraria svuoterebbe della propria portata l’articolo 6 del regolamento n. 479/2009, atteso che quest’ultimo permette agli Stati membri di rivedere i dati di previsione che essi hanno precedentemente notificato a Eurostat. Orbene, nel caso qui in esame i fatti considerati nella decisione impugnata avrebbero dovuto essere ritenuti riconducibili ad una revisione dei dati di previsione comunicati alla Commissione nella notifica del 30 marzo 2012, circostanza di cui Eurostat avrebbe preso atto pubblicando i dati rivisti in causa.

109

In secondo luogo occorrerebbe considerare che l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 non autorizza il Consiglio a punire tutte le errate rappresentazioni, bensì unicamente quelle che producono l’effetto di compromettere il coordinamento e la sorveglianza economica e di bilancio garantite dal Consiglio e dalla Commissione in forza degli articoli 121 e 126 TFUE e del protocollo n. 12. Orbene, nel caso qui in esame le errate rappresentazioni imputate al Regno di Spagna non avrebbero ostacolato in modo significativo il Consiglio e la Commissione nell’esercizio delle loro responsabilità a tale titolo, vista la rapidità con cui i dati in oggetto sono stati successivamente sottoposti a revisione e l’importo delle spese implicate.

110

In terzo luogo, al Regno di Spagna non potrebbe essere imputata una negligenza grave. La decisione impugnata, infatti, si concentrerebbe sull’esistenza di errate rappresentazioni che riguardano esclusivamente il disavanzo di un’unica entità autonoma, all’interno del complesso del disavanzo pubblico, laddove lo Stato membro interessato, nel complesso, avrebbe dato prova di diligenza. Inoltre, tale decisione non terrebbe affatto conto della collaborazione dimostrata da detto Stato membro nel corso dell’indagine condotta dalla Commissione, dopo aver spontaneamente segnalato le irregolarità in oggetto a tale istituzione.

111

Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, obietta anzitutto che la circostanza che Eurostat pubblichi dati rivisti ai sensi dell’articolo 6 del regolamento n. 479/2009 non osta a che lo Stato membro coinvolto possa essere sanzionato in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 quando la pubblicazione di tali dati fa seguito a errate rappresentazioni.

112

Per di più, il Consiglio e la Commissione rilevano che l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 autorizza a punire le errate rappresentazioni di dati relativi al disavanzo e al debito rilevanti ai fini dell’applicazione degli articoli 121 e 126 TFUE nonché del protocollo n. 12. Tutti tali dati, infatti, sarebbero fondamentali per le loro missioni di coordinamento e di sorveglianza economica e di bilancio, come emerge dal considerando 16 del regolamento n. 1173/2011. Ciò premesso, l’effetto di un’errata rappresentazione dovrebbe essere considerato non già ai fini di ravvisare l’esistenza di un’infrazione, bensì solo per calcolare la corrispondente ammenda, come consente la decisione delegata 2012/678 e come sarebbe accaduto nel caso di specie.

113

Per quanto riguarda infine l’esistenza di una negligenza grave addebitabile al Regno di Spagna, il Consiglio e la Commissione ritengono, per un canto, che detto Stato membro debba essere considerato responsabile degli atti illegittimi delle proprie entità territoriali, come lo sarebbe nel contesto di un ricorso per inadempimento, e che non sia conforme ai fatti affermare che tale Stato membro ha spontaneamente segnalato alla Commissione l’esistenza di errate rappresentazioni. D’altro canto, la cooperazione di cui un tale Stato membro ha dato prova nel corso dell’indagine non inciderebbe sulla configurazione dell’infrazione prevista dall’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011, ma potrebbe tuttavia essere presa in considerazione quale circostanza attenuante nel contesto del calcolo dell’ammenda, come consente la decisione delegata 2012/678 e come sarebbe accaduto nel caso di specie.

Giudizio della Corte

114

Si constata, innanzitutto, che il Regno di Spagna non contesta i fatti addebitati dal Consiglio a suo carico. Pertanto è pacifico, anzitutto, che i dati che sono stati notificati da detto Stato membro a Eurostat il 30 marzo 2012 hanno sminuito i suoi disavanzi pubblici effettivi e previsti per gli anni dal 2008 al 2011 di 4,5 miliardi di euro, di cui EUR 1,9 miliardi per la sola Comunità autonoma di Valencia; poi, che la diminuzione relativa a tale entità si spiega col fatto che l’ufficio competente per la revisione contabile di tale Comunità autonoma ha convalidato per diversi anni conti viziati da irregolarità connesse all’omessa registrazione di talune spese inerenti alla sanità e all’inosservanza del principio della contabilità per competenza e, infine, che tale situazione è perdurata nonostante reiterate segnalazioni effettuate dalla Corte dei conti di detta comunità autonoma.

115

Il Regno di Spagna pone invece in discussione la qualificazione giuridica dei fatti in tal modo accolti dal Consiglio, deducendo tre serie di argomenti rammentate, sostanzialmente, ai punti da 108 a 110 della presente sentenza, la cui valutazione esige principalmente di interpretare l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011.

116

Ai sensi di tale disposizione, affinché il Consiglio possa dichiarare l’esistenza di un’infrazione è necessario che ricorrano tre condizioni. In primo luogo, lo Stato membro deve avere fornito un’errata rappresentazione; in secondo luogo, tale errata rappresentazione deve riguardare dati relativi al disavanzo e al debito rilevanti ai fini dell’applicazione degli articoli 121 e 126 TFUE o del protocollo n. 12 e, in terzo luogo, questo Stato membro deve aver agito volontariamente o per negligenza grave.

117

Per quanto attiene, innanzitutto, alla prima di queste tre condizioni, il Regno di Spagna, come emerge dal punto 108 della presente sentenza, afferma che l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 deve essere inteso nel senso che le errate rappresentazioni fornite in merito a dati di previsione non rientrano nell’ambito di applicazione di tale disposizione.

118

A questo riguardo, tuttavia, occorre rilevare che la formulazione dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 si riferisce al complesso delle errate rappresentazioni fornite dagli Stati membri, senza circoscrivere l’ambito di applicazione di tale disposizione a taluni tipi di dichiarazioni o di errori. Inoltre, il considerando 16 del regolamento n. 1173/2011, che illustra l’obiettivo perseguito da questa disposizione, recita che essa è finalizzata a dissuadere gli Stati membri dal fornire un’errata rappresentazione, senza distinguerne distinte tipologie.

119

Pertanto, occorre considerare che l’ambito di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011, interpretato alla luce del considerando 16 di tale regolamento, include tutte le errate rappresentazioni fornite dagli Stati membri in merito a dati relativi al loro disavanzo e al loro debito che debbano essere notificate a Eurostat in forza dell’articolo 3 del regolamento n. 479/2009, come menzionato al punto 71 della presente sentenza, ivi comprese quelle attinenti ai dati aventi carattere di previsione.

120

Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’argomento del Regno di Spagna secondo cui inglobare nell’ambito di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 errate rappresentazioni fornite in merito a dati di previsione priverebbe l’articolo 6 del regolamento n. 479/2009 della sua portata, in quanto questo consente agli Stati membri di rivedere i dati previsione che essi hanno precedentemente notificato a Eurostat.

121

Infatti, come emerge dalla sua stessa formulazione, l’articolo 6 del regolamento n. 479/2009 mira non già a conferire agli Stati membri la facoltà di informare Eurostat nel caso specifico in cui essi abbiano rivisto dati di previsione in seguito alla scoperta di un’errata rappresentazione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011, bensì ad obbligarli, in generale, ad informare tale servizio circa tutti i casi di significativa revisione di dati precedentemente notificati. Esso obbligo pertanto gli Stati membri a segnalare sia i casi di revisione di dati di previsione, sia quelli di revisione di dati effettivi, a prescindere dalla facoltà conferita al Consiglio di irrogare loro una sanzione laddove i dati in causa siano stati oggetto di rappresentazioni errate. La considerazione delle errate rappresentazioni relative ai dati di previsione nell’ambito di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 non incide pertanto in alcuna misura sulla portata dell’articolo 6 del regolamento n. 479/2009.

122

Di conseguenza, l’argomento del Regno di Spagna secondo il quale l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 deve essere inteso nel senso che le errate rappresentazioni fornite in merito a dati di previsione non sono riconducibili alla sfera di applicazione di questa disposizione non è fondato.

123

Per quanto concerne, poi, la seconda condizione considerata al punto 116 della presente sentenza, il Regno di Spagna sostiene che l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 permette al Consiglio di sanzionare unicamente le errate rappresentazioni che hanno innescato l’effetto di compromettere il coordinamento e la sorveglianza economica e di bilancio garantiti dal Consiglio e dalla Commissione in forza degli articoli 121 e 126 TFUE e del protocollo n. 12.

124

A questo proposito, occorre ricordare che, a norma dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011, il Consiglio è autorizzato a punire le errate rappresentazioni fornite dagli Stati membri in merito ai dati relativi al disavanzo e al debito rilevanti ai fini dell’applicazione degli articoli 121 e 126 TFUE e del protocollo n. 12. Questa disposizione definisce quindi siffatte dichiarazioni facendo riferimento all’oggetto dei dati interessati, vale a dire il disavanzo e il debito dello Stato membro in causa. Essa invece, contrariamente a quanto afferma il Regno di Spagna, non include alcun elemento che faccia rinvio a un preciso effetto che le citate dichiarazioni dovrebbero produrre.

125

Date le circostanze, l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 deve essere interpretato nel senso che autorizza il Consiglio a sanzionare tutte le errate rappresentazioni dei dati relativi al debito e al disavanzo dello Stato membro coinvolto, a prescindere dal fatto che esse producano l’effetto di compromettere il coordinamento e la sorveglianza economica e di bilancio garantiti dal Consiglio e dalla Commissione.

126

Pertanto, l’argomento del Regno di Spagna addotto al punto 123 della presente sentenza non è fondato.

127

Con riferimento, infine, alla terza condizione enunciata al punto 116 della presente sentenza, in virtù della quale lo Stato membro coinvolto deve aver agito volontariamente o per negligenza grave affinché gli si possa imputare un’infrazione, il Regno di Spagna afferma che non è possibile considerare che tale condizione ricorra, atteso che le errate rappresentazioni in causa nel caso in esame attenevano unicamente al deficit di una sola comunità autonoma, nel contesto del complesso del disavanzo pubblico, da un lato, e che esso ha cooperato all’indagine condotta dalla Commissione, dopo aver spontaneamente segnalato a tale istituzione le irregolarità in causa, dall’altro.

128

Per quanto attiene, in primo luogo, all’argomento tratto dal fatto che le errate rappresentazioni di cui è causa riguardano unicamente il disavanzo di una sola comunità autonoma nell’ambito del complesso del disavanzo pubblico, basta rilevare che la valutazione dell’esistenza di una negligenza grave in capo allo Stato membro coinvolto, ai fini della configurazione dell’infrazione codificata all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011, dipende non già dal carattere più o meno limitato delle irregolarità sfociate nelle errate rappresentazioni fornite da tale Stato membro, bensì dalla portata dell’infrazione che tale Stato membro ha inferto all’obbligo di diligenza cui è tenuto nell’elaborazione e nella verifica dei dati da notificare a Eurostat ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 479/2009.

129

In secondo luogo, per quanto attiene alla circostanza che il Regno di Spagna ha cooperato all’indagine condotta dalla Commissione, dopo aver spontaneamente segnalato a tale istituzione le irregolarità in causa, occorre ricordare, come rilevato al punto 65 della presente sentenza, che l’avvio del procedimento di indagine istituito all’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento n. 1173/2011 deve essere giustificato dalla presenza di serie indicazioni sull’esistenza di fatti idonei a configurare errate rappresentazioni fornite volontariamente o per negligenza grave.

130

Se ne evince che l’esistenza di detta negligenza grave deve essere considerata alla luce dei fatti che costituiscono errata rappresentazione, a prescindere dal comportamento adottato da tale Stato successivamente a siffatte rappresentazioni.

131

Pertanto, contrariamente a quanto afferma il Regno di Spagna, né la circostanza che le errate rappresentazioni in causa riguardano unicamente il disavanzo di una sola comunità autonoma, nel contesto del complesso del disavanzo pubblico, né la circostanza che tale Stato membro abbia cooperato all’indagine condotta dalla Commissione, dopo aver spontaneamente segnalato a tale istituzione le irregolarità in causa, sono idonee a rimettere in discussione la qualificazione di negligenza grave per cui ha optato il Consiglio.

132

Ciò premesso, occorre rilevare che, pur non incidendo sull’esistenza di un’infrazione, la circostanza che lo Stato membro coinvolto dia prova di cooperazione nel contesto dell’individuazione delle errate rappresentazioni e nel corso dell’indagine può essere presa in considerazione quale circostanza attenuante in occasione del calcolo dell’ammenda, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 3, lettera e), della decisione delegata 2012/678.

133

Alla luce del complesso delle ragioni suesposte, il terzo motivo, nel complesso, deve essere respinto in quanto infondato.

Sul quarto motivo: carattere sproporzionato dell’ammenda

Argomenti delle parti

134

Nel ricorso il Regno di Spagna ha sostenuto che l’ammenda irrogata con la decisione impugnata era sproporzionata a causa di una definizione errata del contesto temporale considerato per calcolarla.

135

A questo riguardo, detto Stato membro deduce in giudizio che il Consiglio aveva violato l’articolo 14, paragrafo 2, della decisione delegata 2012/678, ai sensi del quale l’ammenda deve essere calcolata sulla base di un importo di riferimento pari al 5% «dell’impatto più ampio dell’errata rappresentazione sul livello del disavanzo pubblico (…) per gli anni pertinenti cui si riferisce la notifica». Tale espressione, infatti, andrebbe intesa nel senso che il Consiglio deve anzitutto misurare l’impatto delle errate rappresentazioni sul livello del disavanzo per ciascuno degli anni coperti dalla notifica interessati da siffatte rappresentazioni, successivamente, determinare l’anno per il quale tale impatto è più significativo e, infine, fissare l’importo di riferimento basandosi unicamente su tale impatto. Nel caso di specie, una interpretazione del genere avrebbe dovuto indurre il Consiglio a fissare l’importo di riferimento fondandosi sulle spese non dichiarate dal Regno di Spagna per il solo anno 2011 (ossia EUR 862 milioni). Orbene, tale istituzione avrebbe determinato detto importo di riferimento basandosi sulle spese non dichiarate per l’insieme degli anni cui afferisce la notifica del 30 marzo 2012 e interessati dalle errate rappresentazioni, vale a dire gli anni dal 2008 al 2011 (ossia circa EUR 1,9 miliardi). Pertanto, sarebbe giustificato che la Corte correggesse tale errore riducendo l’importo di riferimento a EUR 43,1 milioni (invece di EUR 94,65 milioni) e, di riflesso, l’ammenda a EUR 8,62 milioni (invece di EUR 18,93 milioni).

136

Nella replica, e successivamente in sede di udienza, il Regno di Spagna ha aggiunto, in tale contesto, che l’errore in cui è incorso il Consiglio aveva indotto tale istituzione a violare anche il principio di irretroattività delle disposizioni penali.

137

Nel suo controricorso, il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, ha ribattuto che l’ammenda irrogata con la decisione impugnata era stata calcolata in conformità all’articolo 14, paragrafo 2, della decisione delegata 2012/678. Tale disposizione, infatti, dovrebbe essere intesa nel senso che il Consiglio, anzitutto, deve chiarire quali siano gli anni coperti dalla notifica e interessati dalle false rappresentazioni, successivamente, misurare l’impatto integrale di tali errate rappresentazioni sul livello del disavanzo per il complesso degli anni in causa e, infine, impiegare tale impatto integrale per fissare l’importo di riferimento dell’ammenda. Nel caso di specie, una siffatta interpretazione avrebbe condotto il Consiglio a fissare correttamente l’importo di riferimento fondandosi sulle spese non dichiarate dal Regno di Spagna per il complesso degli anni coperti dalla sua notifica del 30 marzo 2012 e interessati dalle errate rappresentazioni, ossia gli anni dal 2008 al 2011.

138

Nel medesimo controricorso, il Consiglio ha altresì sostenuto che, nei limiti in cui il Regno di Spagna lamenta un’applicazione retroattiva del regolamento n. 1173/2011, le errate rappresentazioni considerate per calcolare l’ammenda erano intervenute il 30 marzo 2012, ossia successivamente all’entrata in vigore del regolamento n. 1173/2011, il 13 dicembre 2011.

139

Tuttavia, in sede di udienza, il Consiglio e la Commissione hanno affermato che eccepire il principio di irretroattività delle disposizioni penali andava considerato alla stregua di un mezzo sollevato nella fase della controreplica, ossia un mezzo nuovo, nell’accezione dell’articolo 127, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, e irricevibile in forza di tale disposizione.

Giudizio della Corte

– Sulla ricevibilità

140

Ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 1, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

141

Ciò premesso, conformemente alla costante giurisprudenza della Corte, un argomento che costituisca l’ampliamento di un motivo già dedotto nell’atto introduttivo del ricorso e che presenti uno stretto nesso con questo non può essere dichiarato irricevibile (v., in questo senso, sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Parlamento e Consiglio, C‑88/14, EU:C:2015:499, punto 13 e la giurisprudenza ivi citata).

142

Nel caso di specie, occorre anzitutto constatare che l’argomento del Regno di Spagna secondo cui l’irrogazione dell’ammenda con la decisione impugnata è avvenuta in violazione del principio di irretroattività delle disposizioni penali è riconducibile agli argomenti della controreplica che costituiscono l’ampliamento del quarto motivo sollevato nell’atto introduttivo del ricorso. Inoltre, dall’analisi di tale argomento e di tale motivo emerge che essi censurano entrambi un unico aspetto della decisione impugnata, ossia il fatto che il Consiglio abbia calcolato l’importo di riferimento dell’ammenda che intendeva infliggere al Regno di Spagna tenendo conto del complesso delle errate rappresentazioni fornite da tale Stato membro nella notifica del 30 marzo 2012, in merito alle spese non dichiarate per gli anni dal 2008 al 2011, invece di tener conto unicamente delle rappresentazioni errate fornite da tale Stato membro per l’anno 2011. A tale titolo, l’argomento e il motivo in causa presentano uno stretto nesso.

143

Per questi motivi, l’argomento vertente sulla violazione del principio di irretroattività delle disposizioni penali deve essere dichiarato irricevibile.

– Nel merito

144

Occorre esaminare l’argomento tratto dalla violazione del principio di irretroattività delle disposizioni penali, laddove esso chiama in causa l’esistenza stessa dell’ammenda inflitta al Regno di Spagna, poi gli argomenti concernenti la violazione dell’articolo 14, paragrafo 2, della decisione delegata 2012/678, che riguardano unicamente le modalità di calcolo di tale ammenda.

145

Per quanto attiene, in primo luogo, all’argomento tratto dalla violazione del principio di irretroattività delle disposizioni penali, in via preliminare occorre rilevare che dalla giurisprudenza della Corte risulta come il principio di irretroattività delle disposizioni penali costituisca un principio generale del diritto dell’Unione (v., in questo senso, sentenze del 10 luglio 1984, Kirk, 63/83, EU:C:1984:255, punto 22, e dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione, C‑3/06 P, EU:C:2007:88, punto 87). Tale principio generale di diritto postula che l’infrazione imputata a una persona e la sanzione inflitta per tale infrazione debbano corrispondere a quelle che erano previste al momento in cui l’azione o l’omissione che integra tale infrazione è stata commessa (v., in questo senso, sentenze del 10 luglio 1984, Kirk, 63/83, EU:C:1984:255, punto 21, e dell’8 settembre 2015, Taricco e a., C‑105/14, EU:C:2015:555, punto 56).

146

Più specificamente, da un lato, detto principio generale di diritto trova applicazione anche ad ammende che rivestono una natura amministrativa (v., in questo senso, sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 202). Di conseguenza, l’irrogazione di un’ammenda in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011, non può essere sottratta all’applicazione del medesimo principio generale di diritto, nonostante il fatto che l’articolo 9 di tale regolamento precisi che una sanzione siffatta presenta una natura amministrativa.

147

D’altra parte, gli Stati membri sono altresì legittimati a far valere il principio generale di irretroattività delle disposizioni penali per mettere in discussione la legittimità delle ammende inflitte in caso di violazione del diritto dell’Unione (v., in questo senso, sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 51).

148

Quanto alla circostanza che detto principio generale di diritto sia stato o meno violato nella causa in esame, come sostiene il Regno di Spagna, occorre ricordare, anzitutto, che, a norma dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 479/2009 e della disposizione materialmente identica che figurava anteriormente nel regolamento n. 3605/93, entrato in vigore il 1o gennaio 1994, gli Stati membri sono tenuti, a partire da tale data, a comunicare a Eurostat, prima del 1o aprile di ciascun anno, il loro disavanzo pubblico previsto per l’anno il corso, la stima aggiornata del disavanzo pubblico effettivo previsto per l’anno n-1 e i disavanzi pubblici effettivi per gli anni n-2, n-3 e n-4.

149

È in forza di tale disposizione che il Regno di Spagna ha inviato a Eurostat la notifica del 30 marzo 2012, che riporta, segnatamente, i dati relativi ai suoi disavanzi pubblici per gli anni dal 2008 al 2011, come è pacifico tra le parti.

150

Inoltre, l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 prevede, sin dall’entrata in vigore di tale regolamento, il 13 dicembre 2011, che il fatto che uno Stato membro effettui, volontariamente o per negligenza grave, errate rappresentazioni dei dati figuranti in tale notifica costituisce un’infrazione idonea a comportare l’irrogazione di un’ammenda.

151

Orbene, nel caso di specie è pacifico tra le parti che la notifica del 30 marzo 2012, che è successiva all’entrata in vigore del regolamento n. 1173/2011, conteneva errate rappresentazioni in merito ai dati relativi ai disavanzi pubblici di tale Stato membro per gli anni dal 2008 al 2011 e, più in particolare, sminuiva i disavanzi della Comunità autonoma di Valencia per tali anni, come emerge dai punti 114, 135 e 137 della presente sentenza.

152

Di conseguenza, l’infrazione imputata al Regno di Spagna e la sanzione irrogata a tale Stato membro in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 corrispondono a quelle che erano previste nel momento in cui tali rappresentazioni sono state fornite. Di riflesso, l’affermazione secondo cui la decisione impugnata viola il principio di irretroattività delle disposizioni penali deve essere respinta in quanto infondata.

153

Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’argomento del Regno di Spagna tratto da una violazione dell’articolo 14, paragrafo 2, della decisione delegata 2012/678, per il motivo che il calcolo delle ammende inflitte a detto Stato membro era a suo avviso errato, si constata che, come emerge dal considerando 7 della decisione impugnata, il Consiglio ha determinato l’importo di riferimento di tale ammenda fondandosi sulla suddetta disposizione, che è stata a sua volta adottata sulla base dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n.°1173/2011 e al fine indicato nel considerando 17 di tale regolamento.

154

A norma dell’articolo 14, paragrafo 2, della decisione delegata 2012/678, nel presente caso il citato importo doveva essere fissato al 5% dell’impatto più ampio dell’errata rappresentazione del Regno di Spagna sul livello del suo disavanzo pubblico per gli anni pertinenti cui si riferisce la sua notifica del 30 marzo 2012.

155

A questo proposito, tra le parti è pacifico, anzitutto, che «gli anni pertinenti cui si riferisce» tale notifica, nell’accezione di questa disposizione, sono rappresentati dagli anni dal 2008 al 2011; poi, che «l’impatto» dell’errata rappresentazione sul livello del disavanzo del Regno di Spagna, ai sensi della medesima disposizione, corrisponde all’importo delle spese della Comunità autonoma di Valencia non dichiarate nel corso di tali anni e, da ultimo, che l’importo di tali spese è pari a EUR 29 milioni per l’anno 2008, a EUR 378 milioni per l’anno 2009, a EUR 624 milioni per l’anno 2010 e a EUR 862 milioni per l’anno 2011, vale a dire un totale di quasi EUR 1,9 miliardi.

156

Come spiegato ai punti 135 e 137 della presente sentenza, le parti controvertono invece sul modo in cui definire la nozione di «impatto più ampio», nell’accezione dell’articolo 14, paragrafo 2, della decisione delegata 2012/678, atteso che in quest’ultima decisione manca una definizione della stessa.

157

Orbene, le diverse versioni linguistiche della norma in cui è contenuta tale nozione non consentono di individuarne il senso in maniera chiara e univoca, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 163 delle conclusioni.

158

Alla luce di tale circostanza, la nozione in esame deve essere interpretata alla luce del contesto e dello scopo della citata disposizione (v., in questo senso, sentenza del 4 febbraio 2016, C & J Clark International e Puma, C‑659/13 e C‑34/14, EU:C:2016:74, punto 122 e giurisprudenza citata).

159

Al riguardo, atteso che l’articolo 14, paragrafo 2, della decisione delegata 2012/678 mira a precisare i criteri per stabilire l’importo delle ammende inflitte in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011, i suoi termini vanno interpretati nell’ottica della finalità perseguita da quest’ultima disposizione.

160

Come rilevato al punto 118 della presente sentenza, l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1173/2011 persegue la finalità di dissuadere gli Stati membri dal fornire errate rappresentazioni, consentendo al Consiglio di punire siffatte rappresentazioni. L’articolo 8, paragrafo 2, del medesimo regolamento precisa che le ammende di cui al paragrafo 1 devono essere efficaci, dissuasive e commisurate alla natura, alla gravità e alla durata dell’errata rappresentazione.

161

Ora, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 165 delle conclusioni, se la nozione «impatto più ampio» figurante all’articolo 14, paragrafo 2, della decisione delegata 2012/678 andasse intesa nel senso che l’ammenda deve essere calcolata basandosi sull’impatto che errate rappresentazioni hanno provocato nel corso di un solo anno, sebbene tali dichiarazioni riguardino più annate, essa non sarebbe né commisurata al periodo cui si riferiscono dette dichiarazioni né, di conseguenza, dissuasiva.

162

Ciò premesso, la nozione di «impatto più ampio», nell’accezione dell’articolo 14, paragrafo 2, della decisione delegata 2012/678, deve essere intesa, alla luce della finalità perseguita dalla disposizione in questione, nel senso che rimanda all’impatto integrale che le errate rappresentazioni hanno prodotto sul disavanzo pubblico o sul debito dello Stato membro che ne è l’autore, per il complesso degli anni cui si riferisce la sua notifica e che sono interessati da tali rappresentazioni.

163

Nel caso di specie, quindi, al considerando 7 della decisione impugnata il Consiglio poteva correttamente considerare che l’importo di riferimento della sanzione da infliggere al Regno di Spagna dovesse essere fissato al 5% dell’importo totale delle spese non dichiarate da tale Stato membro, per quanto attiene alla Comunità autonoma di Valencia, nel corso degli anni dal 2008 al 2011.

164

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve dichiarare il quarto motivo infondato.

165

Atteso che tutti i motivi dedotti in giudizio dal Regno di Spagna per corroborare il suo ricorso di annullamento devono essere respinti, occorre rigettare in toto tale ricorso.

Sulle spese

166

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Regno di Spagna è rimasto soccombente, occorre condannarlo a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dal Consiglio, conformemente alle conclusioni in tal senso di quest’ultima istituzione.

167

Peraltro, l’articolo 140, paragrafo 1, del medesimo regolamento dispone che gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Di conseguenza, la Commissione deve sopportare le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

Il Regno di Spagna è condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea.

 

3)

La Commissione sopporta le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: lo spagnolo.