SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

4 febbraio 2016 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Marchio comunitario — Regolamento (CE) n. 207/2009 — Articolo 23 — Licenza — Registro dei marchi comunitari — Diritto del licenziatario di agire per contraffazione nonostante la mancata iscrizione della licenza nel registro»

Nella causa C‑163/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Oberlandesgericht Düsseldorf (Corte d’appello di Düsseldorf, Germania), con decisione del 31 marzo 2015, pervenuta in cancelleria il 9 aprile 2015, nel procedimento

Youssef Hassan

contro

Breiding Vertriebsgesellschaft mbH,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da C. Toader, presidente di sezione, A. Prechal e E. Jarašiūnas (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la Breiding Vertriebsgesellschaft mbH, da K. Schulze Horn, Rechtsanwältin;

per il governo tedesco, da T. Henze e J. Kemper, in qualità di agenti;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da J. Samnadda e T. Scharf, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 dicembre 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 23, paragrafo 1, prima frase, del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Hassan e la Breiding Vertriebsgesellschaft mbH (in prosieguo: la «Breiding») in merito a un’azione per contraffazione di un marchio comunitario promossa dalla Breiding nei confronti del sig. Hassan.

Contesto normativo

3

Il considerando 11 del regolamento così recita:

«Il marchio comunitario dovrebbe essere trattato come oggetto di proprietà indipendente dall’impresa di cui esso designa i prodotti o i servizi. Subordinatamente all’esigenza imperativa che il trasferimento non induca il pubblico in errore, il marchio comunitario dovrebbe poter essere trasferito; esso deve inoltre poter essere dato in pegno a un terzo o costituire oggetto di licenze».

4

L’articolo 17 di tale regolamento, intitolato «Trasferimento», prevede quanto segue:

«1.   Il marchio comunitario, indipendentemente dal trasferimento dell’impresa, può essere trasferito per la totalità o parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato.

2.   Il trasferimento della totalità dell’impresa implica il trasferimento del marchio comunitario, salvo che, conformemente alla legislazione applicabile al trasferimento, si sia diversamente concordato oppure le circostanze impongano chiaramente il contrario. Tale disposizione si applica all’obbligo contrattuale di trasferire l’impresa.

(...)

5.   Su richiesta di una delle parti il trasferimento è iscritto nel registro e pubblicato.

6.   Finché il trasferimento non è iscritto nel registro, l’avente causa non può invocare i diritti derivanti dalla registrazione del marchio comunitario.

(...)».

5

Ai sensi dell’articolo 19 di detto regolamento, intitolato «Diritti reali»:

«1.   Il marchio comunitario può, indipendentemente dall’impresa, essere dato in pegno o essere oggetto di un altro diritto reale.

2.   A richiesta di una delle parti, i diritti di cui al paragrafo 1 sono iscritti nel registro e pubblicati».

6

L’articolo 22 del regolamento, intitolato «Licenza», dispone quanto segue:

«1.   Il marchio comunitario può essere oggetto di licenza per la totalità o parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, e per la totalità o parte della Comunità. Le licenze possono essere esclusive o non esclusive.

(...)

3.   Fatte salve le clausole del contratto di licenza, il licenziatario può avviare un’azione per contraffazione di un marchio comunitario soltanto con il consenso del titolare del medesimo. Tuttavia il titolare di una licenza esclusiva può avviare una siffatta azione se il titolare del marchio, previa messa in mora, non avvia lui stesso un’azione per contraffazione entro termini appropriati.

4.   Un licenziatario può intervenire nella procedura per contraffazione, avviata dal titolare del marchio comunitario, per ottenere il risarcimento del danno da lui subito.

5.   Su richiesta di una delle parti, la concessione o il trasferimento di una licenza di marchio comunitario sono iscritti nel registro e pubblicati».

7

L’articolo 23 del regolamento, intitolato «Opponibilità ai terzi», prevede quanto segue:

«1.   Gli atti giuridici di cui agli articoli 17, 19 e 22, riguardanti il marchio comunitario, sono opponibili ai terzi in tutti gli Stati membri soltanto dopo essere stati iscritti nel registro. Tuttavia, prima della sua iscrizione, un atto è opponibile ai terzi che hanno acquisito diritti sul marchio dopo la data dell’atto, ma che erano a conoscenza di tale atto al momento dell’acquisizione di detti diritti.

2.   Il paragrafo 1 non è applicabile nei confronti di una persona che ha acquisito il marchio comunitario o un diritto sul marchio comunitario mediante trasferimento dell’impresa nella sua totalità o mediante qualsiasi altra successione a titolo universale.

(...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

8

Dal 2 gennaio 2011, la Breiding è titolare di una licenza, non iscritta nel registro dei marchi comunitari (in prosieguo: il «registro»), relativa al marchio denominativo comunitario ARKTIS, depositato il 15 agosto 2002 e registrato l’11 febbraio 2004 con il numero CTM 002818680, di cui è titolare la KBT & Co. Ernst Kruchen agenzia commerciale società e che si applica, segnatamente, alla biancheria da letto e alle coperte. Il contratto di licenza prevede che la Breiding agisca in nome proprio per contraffazione di tale marchio.

9

Il sig. Hassan è l’amministratore della OVL Onlinevertrieb & -logistik GmbH & Co. KG, la quale ha rilevato, il 1o maggio 2010, la ditta individuale che egli gestiva. Tali imprese hanno offerto sul sito Internet «schoene-traeume.de», rispettivamente il 27 ottobre 2009 e il 30 ottobre 2012, vari piumini con le denominazioni «Arktis 90», «Arktis 90 HS» e «innoBETT selection Arktis».

10

A seguito delle prime offerte e della diffida inviatagli dalla società che era all’epoca licenziataria del marchio ARKTIS, il sig. Hassan, il 3 febbraio 2010, ha sottoscritto un atto, denominato «dichiarazione di astensione», con cui si impegnava ad astenersi dall’utilizzo della denominazione «Arktis» per la biancheria da letto, pena l’applicazione di una penale contrattuale fissata discrezionalmente dalla licenziataria.

11

Adito dalla Breiding, il tribunale di primo grado ha dichiarato la validità di tale convenzione, ha imposto al sig. Hassan di fornire informazioni e di ritirare i prodotti contraffatti al fine di distruggerli, e lo ha condannato al risarcimento dei danni.

12

Il giudice del rinvio, dinanzi al quale il sig. Hassan ha proposto ricorso avverso tale decisione, ritiene che l’accoglimento del ricorso dipenda dalla questione se la Breiding – la quale, secondo il contratto di licenza, dispone del consenso del titolare del marchio richiesto dall’articolo 22, paragrafo 3, del regolamento – possa agire per contraffazione di detto marchio ancorché la licenza non sia iscritta nel registro.

13

Detto giudice rileva che, in una precedente decisione, ha sostenuto che l’articolo 23, paragrafo 1, prima frase, del regolamento disciplina soltanto l’ipotesi dell’acquisto in buona fede. Esso osserva che, effettivamente, una lettura strettamente letterale di tale disposizione, la quale afferma in generale che gli atti di cui agli articoli 17, 19 e 22, riguardanti il marchio comunitario, sono opponibili ai terzi in tutti gli Stati membri soltanto dopo essere stati iscritti nel registro, potrebbe condurre a far rientrare tra tali atti anche le azioni per contraffazione intentate dal licenziatario. Tuttavia, a suo parere, poiché la seconda frase di tale paragrafo 1 e il paragrafo 2 riguarderebbero soltanto l’acquisto in buona fede, un’interpretazione sistematica della citata disposizione condurrebbe a considerare che così è anche per la prima frase.

14

Esso rileva che un giudice spagnolo ha tuttavia considerato che il licenziatario possa agire nei confronti di terzi soltanto in seguito all’iscrizione della licenza nel registro.

15

Peraltro, il giudice del rinvio illustra che, qualora la registrazione della licenza si consideri un presupposto per azionare i diritti del licenziatario, si pone allora la questione se il licenziatario non registrato possa esercitare in nome proprio, quale sostituto processuale, i diritti del titolare del marchio, il che sarebbe ammesso dal diritto tedesco a determinate condizioni, soddisfatte nel caso di specie.

16

È in tale contesto che l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Corte d’appello di Düsseldorf) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 23, paragrafo 1, prima frase, del [regolamento] osti alla proposizione di azioni per contraffazione di un marchio comunitario da parte di un licenziatario che non è iscritto nel registro (...).

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione: se l’articolo 23, paragrafo 1, prima frase, del [regolamento] osti a una prassi nazionale in base alla quale il licenziatario può far valere in giudizio i diritti del titolare del marchio contro il contraffattore tramite sostituzione processuale (“Prozessstandschaft”)».

Sulle questioni pregiudiziali

17

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 23, paragrafo 1, prima frase, del regolamento debba essere interpretato nel senso che esso osta a che il licenziatario possa agire per contraffazione del marchio comunitario oggetto della licenza qualora quest’ultima non sia stata iscritta nel registro.

18

Emerge dalla prima frase dell’articolo 23, paragrafo 1, del regolamento, ai sensi della quale «[g]li atti giuridici di cui agli articoli 17, 19 e 22, riguardanti il marchio comunitario, sono opponibili ai terzi in tutti gli Stati membri soltanto dopo essere stati iscritti nel registro», che gli atti giuridici di cui trattasi sono il trasferimento del marchio comunitario, la costituzione di diritti reali su quest’ultimo e la concessione di una licenza. Letta isolatamente, tale frase potrebbe essere interpretata nel senso che il licenziatario, qualora la licenza non sia iscritta nel registro, non può far valere i diritti da essa conferiti nei confronti dei terzi, ivi compreso il contraffattore del marchio.

19

Occorre tuttavia, ai fini dell’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione, tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenze Brain Products, C 219/11, EU:C:2012:742, punto 13, nonché Lanigan, C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474, punto 35, e giurisprudenza ivi citata).

20

Relativamente al contesto in cui si situa l’articolo 23, paragrafo 1, prima frase, del regolamento, si osserva, anzitutto, che la seconda frase di tale paragrafo mitiga la norma sancita in tale prima frase per quanto riguarda i «terzi che hanno acquisito diritti» sul marchio dopo la data dell’atto giuridico di cui trattasi, ma che erano a conoscenza di tale atto al momento dell’acquisizione di detti diritti. Il paragrafo 2 di tale articolo 23 stabilisce, da parte sua, un’eccezione a tale norma nei confronti di una «persona che ha acquisito il marchio comunitario o un diritto sul marchio comunitario» mediante trasferimento dell’impresa nella sua totalità o mediante qualsiasi altra successione a titolo universale. Quindi, un’interpretazione sia letterale che sistematica dell’articolo 23, paragrafi 1 e 2, del regolamento sostiene l’idea che esso, nel suo insieme, abbia ad oggetto la disciplina dell’opponibilità degli atti giuridici di cui agli articoli 17, 19 e 22 del regolamento nei confronti dei terzi che vantano o possono vantare diritti sul marchio comunitario.

21

Inoltre, è importante osservare che la sezione 4 del titolo II del regolamento, nella quale è inserito l’articolo 23 del regolamento, è intitolata «Marchio comunitario come oggetto di proprietà». Di conseguenza, tutti gli articoli di tale sezione disciplinano il marchio comunitario come oggetto di proprietà. Lo stesso vale per gli articoli 17, 19 e 22 del regolamento, come anche emerge dal considerando 11 dello stesso. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 21 delle sue conclusioni, questi ultimi articoli fanno riferimento ad atti il cui elemento comune è di avere per oggetto o per effetto la creazione o il trasferimento di un diritto sul marchio.

22

Infine, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3, prima frase, del regolamento, il diritto del licenziatario di avviare un’azione per contraffazione di un marchio comunitario, fatte salve le clausole del contratto di licenza, è subordinato unicamente al consenso del titolare del medesimo.

23

Va parimenti osservato che, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 5, del regolamento, l’iscrizione della licenza nel registro è effettuata su richiesta di una delle parti. Tuttavia, tale articolo, così come l’articolo 19 del regolamento, non contiene disposizioni analoghe a quelle dell’articolo 17, paragrafo 6, del regolamento, ai sensi del quale «[f]inché il trasferimento non è iscritto nel registro, l’avente causa non può invocare i diritti derivanti dalla registrazione del marchio comunitario».

24

Peraltro, l’articolo 17, paragrafo 6, del regolamento sarebbe inutile se l’articolo 23, paragrafo 1, del regolamento dovesse essere interpretato nel senso che esso impedisce di far valere nei confronti di qualsivoglia terzo l’insieme degli atti giuridici di cui agli articoli 17, 19 e 22 del regolamento finché essi non siano iscritti nel registro.

25

Relativamente allo scopo della disciplina sancita nell’articolo 23, paragrafo 1, prima frase, del regolamento, occorre osservare che, alla luce di quanto stabilito nei punti 20 e 21 della presente sentenza, l’inopponibilità ai terzi degli atti giuridici di cui agli articoli 17, 19 e 22 del regolamento che non sono stati iscritti nel registro è volta a tutelare chi vanta o può vantare diritti su un marchio comunitario come oggetto di proprietà. Ne consegue che l’articolo 23, paragrafo 1, prima frase, del regolamento non si applica ad una situazione come quella del procedimento principale nella quale un terzo, nel contraffare il marchio, viola i diritti conferiti dal marchio comunitario.

26

Alla luce di tutti questi elementi, occorre risolvere la prima questione dichiarando che l’articolo 23, paragrafo 1, prima frase, del regolamento dev’essere interpretato nel senso che il licenziatario può agire per contraffazione del marchio comunitario oggetto della licenza anche qualora quest’ultima non sia stata iscritta nel registro.

27

Tenuto conto di tale risposta, non occorre risolvere la seconda questione pregiudiziale.

Sulle spese

28

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

 

L’articolo 23, paragrafo 1, prima frase, del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario, dev’essere interpretato nel senso che il licenziatario può agire per contraffazione del marchio comunitario oggetto della licenza anche qualora quest’ultima non sia stata iscritta nel registro dei marchi comunitari.

 

Firme


( *1 )   Lingua processuale: il tedesco.