SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

13 luglio 2016 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Articolo 56 TFUE — Libera prestazione dei servizi — Restrizioni — Normativa tributaria — Assoggettamento ad imposta degli interessi percepiti — Differenza di trattamento tra gli istituti di credito residenti e gli istituti di credito non residenti»

Nella causa C‑18/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Supremo Tribunal Administrativo (Corte amministrativa suprema, Portogallo), con decisione del 29 ottobre 2014, pervenuta in cancelleria il 19 gennaio 2015, nel procedimento

Brisal – Auto Estradas do Litoral SA,

KBC Finance Ireland

contro

Fazenda Pública

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da J. L. da Cruz Vilaça, presidente di sezione, F. Biltgen (relatore), A. Borg Barthet, E. Levits e M. Berger, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 gennaio 2016,

considerate le osservazioni presentate:

per la Brisal – Auto Estradas do Litoral SA e la KBC Finance Ireland, da J. Lampreia, R. Seabra Moura e F. Antas, advogados;

per il governo portoghese, da L. Inez Fernandes, J. Martins da Silva e M. Rebelo, in qualità di agenti;

per il governo belga, da J.-C. Halleux, N. Zimmer e M. Jacobs, in qualità di agenti;

per il governo danese, da C. Thorning e M. Wolff, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da W. Roels e P. Guerra e Andrade, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 marzo 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 56 TFUE.

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Brisal – Auto Estradas do Litoral SA (in prosieguo: la «Brisal»), con sede in Portogallo, nonché la KBC Finance Ireland (in prosieguo: la «KBC»), istituto bancario avente sede in Irlanda, e la Fazenda Pública (Agenzia delle entrate, Portogallo), in merito al calcolo dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche (in prosieguo: l’«IRC») relativamente ai redditi da interessi percepiti dalla KBC e alla ritenuta alla fonte di tale imposta.

Contesto normativo

Diritto portoghese

3

Conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, del Código do Imposto sobre o Rendimento das Pessoas Colectivas (codice delle imposte sul reddito delle persone giuridiche), approvato dal Decreto-Lei n. 442-B/88 (decreto legge n. 442‑B/88), del 30 novembre 1988 (Diário da República I, serie I-A, n. 277, del 30 novembre 1988), nella sua versione derivante dal Decreto-Lei n. 211/2005 (decreto legge n. 211/2005), del 7 dicembre 2005 (Diário da República I, serie I‑A, n. 234, del 7 dicembre 2005) (in prosieguo: il «CIRC»), le persone giuridiche e gli altri enti che non abbiano la loro sede o direzione effettiva nel territorio nazionale sono soggette all’IRC solo in relazione ai redditi conseguiti in tale territorio. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, lettera c), del CIRC, tra i redditi interessati figurano gli interessi pagati da debitori che risiedano o abbiano la loro sede o direzione effettiva nel territorio nazionale, o il cui pagamento sia imputabile ad una stabile organizzazione stabilita in tale Stato.

4

In mancanza di convenzione volta ad evitare la doppia imposizione, siffatti redditi sono assoggettati ad imposta, in applicazione dell’articolo 80, paragrafo 2, lettera c), del CIRC, in linea di principio, con un’aliquota del 20% e la base imponibile è costituita dai redditi lordi ottenuti in Portogallo. L’IRC, conformemente all’articolo 88, paragrafo 1, lettera c), all’articolo 88, paragrafo 3, lettera b), nonché all’articolo 88, paragrafo 5, del CIRC, è prelevata tramite ritenuta alla fonte avente carattere definitivo.

5

Ai sensi dell’articolo 80, paragrafo 1, del CIRC, tutti i redditi da interessi percepiti da istituti di credito residenti sono soggetti ad un’imposta con l’aliquota del 25%. Tuttavia, la base imponibile è costituita unicamente dall’importo netto degli interessi percepiti. Inoltre, conformemente all’articolo 90, paragrafo 1, lettera a), del CIRC, l’IRC non è prelevata, per quanto riguarda tali istituti di credito, mediante ritenuta alla fonte.

Convenzione relativa alla doppia imposizione tra la Repubblica portoghese e l’Irlanda

6

L’articolo 11 della Convenção entre a República Portuguesa e a Irlanda para Evitar a Dupla Tributação e Prevenir a Evasão Fiscal em Matéria de Impostos sobre o Rendimento (convenzione tra la Repubblica portoghese e l’Irlanda volta ad evitare la doppia imposizione e a prevenire l’evasione fiscale in materia di imposta sul reddito), conclusa a Dublino il 1o giugno 1993 (Diário da República I, serie I-A, n. 144, del 24 giugno 1994, pag. 3310), prevede quanto segue:

«1 –   Gli interessi provenienti da uno Stato contraente e attribuiti a un soggetto residente in un altro Stato contraente sono soggetti ad imposta in tale altro Stato.

2 –   Tuttavia, tali interessi possono anche essere tassati nello Stato contraente dal quale provengono e conformemente alla normativa di tale Stato, ma, se la persona che percepisce tali interessi ne è l’effettivo beneficiario, l’imposta così determinata non può eccedere il 15% dell’importo lordo di tali interessi.

Le autorità competenti degli Stati contraenti stabiliscono, di comune accordo, la modalità di applicazione di tale limite.

(...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

7

Il 30 settembre 2004, la Brisal ha stipulato un contratto di finanziamento esterno, denominato Loan, Bond and Guarantee Facilities, per l’importo di EUR 262726055, al fine di garantire l’esecuzione di tutte le attività comprese in un contratto di concessione già concluso con lo Stato portoghese. Tale contratto di finanziamento esterno è stato concluso con un consorzio di banche delle quali solo alcune erano residenti nel territorio portoghese.

8

Il 29 marzo 2005, mediante una cessione di posizione contrattuale, tale consorzio è stato esteso ad altri istituti di credito, tra i quali la KBC.

9

Per quanto riguarda la parte del contratto relativa alla KBC, la Brisal ha ritenuto alla fonte e ha corrisposto allo Stato portoghese, a titolo dell’IRC, l’importo di EUR 59386. Tale importo era calcolato sugli interessi maturati a favore della KBC tra i mesi di settembre 2005 e settembre 2007, il cui valore era di EUR 350806,07.

10

Il 28 settembre 2007, la Brisal e la KBC hanno proposto ricorso amministrativo contro tale imposta dinanzi all’ufficio delle imposte competente, adducendo che detta imposta era contraria all’articolo 56 TFUE.

11

In seguito al rigetto di detto ricorso, la Brisal e la KBC hanno presentato dinanzi al Tribunal Administrativo e Fiscal de Sintra (Tribunale amministrativo e tributario di Sintra, Portogallo) un ricorso che è stato anch’esso respinto. Tale giudice ha desunto dalla sentenza del 22 settembre 2008, Truck Center (C‑282/07, EU:C:2008:762), che il fatto che una normativa nazionale preveda un trattamento diverso per le società residenti e le società non residenti riguardo all’obbligo di ritenuta alla fonte dell’imposta sul reddito non costituisce, di per sé, una violazione del principio della libera prestazione dei servizi, poiché tali due categorie di società non si trovano in una situazione oggettivamente paragonabile. Inoltre, detto giudice ha aggiunto che la Corte aveva già respinto un ricorso per inadempimento presentato dalla Commissione europea contro la Repubblica portoghese, il quale era fondato sugli stessi motivi invocati dalla Brisal e dalla KBC nell’ambito della controversia principale.

12

A sostegno dell’appello proposto dinanzi al Supremo Tribunal Administrativo (Corte amministrativa suprema, Portogallo), la Brisal e la KBC fanno valere che gli interessi maturati in Portogallo da istituti di credito non residenti sono soggetti a ritenuta alla fonte con tasso ad effetto liberatorio pari al 20%, o ad un’aliquota inferiore in caso di applicazione di una convenzione volta ad evitare la doppia imposizione, aliquota applicata sui redditi lordi, mentre gli interessi percepiti dagli istituti di credito residenti, i quali non sono soggetti ad una ritenuta alla fonte, sono tassati sul loro valore netto con un’aliquota del 25%. Gli istituti di credito non residenti sarebbero dunque soggetti ad un carico fiscale maggiore rispetto agli istituti di credito residenti, il che sarebbe contrario alla libera prestazione dei servizi e alla libera circolazione dei capitali, previste rispettivamente dagli articoli 56 e 63 TFUE.

13

Il Supremo Tribunal Administrativo (Corte amministrativa suprema) rileva che la controversia principale riguarda la libera prestazione dei servizi e che gli effetti restrittivi sulla libera circolazione dei capitali nonché sulla libertà dei pagamenti sono solo la conseguenza diretta e naturale di eventuali restrizioni alla libera prestazione dei servizi. Si dovrebbe quindi accertare unicamente se l’articolo 80, paragrafo 2, lettera c), del CIRC sia conforme all’articolo 56 TFUE, come interpretato dalla Corte segnatamente nelle sue sentenze del 12 giugno 2003, Gerritse (C‑234/01, EU:C:2003:340), del 3 ottobre 2006, FKP Scorpio Konzertproduktionen (C‑290/04, EU:C:2006:630), e del 15 febbraio 2007, Centro Equestre da Lezíria Grande (C‑345/04, EU:C:2007:96).

14

Secondo tale giudice, sarebbe opportuno fare riferimento non alla sentenza del 22 dicembre 2008, Truck Center (C‑282/07, EU:C:2008:762), ai fini della soluzione della presente causa, bensì piuttosto alla sentenza del 12 giugno 2003, Gerritse (C‑234/01, EU:C:2003:340). Tuttavia, nonostante si possa considerare che la logica sottesa a quest’ultima sentenza presenti analogie con quella oggetto della causa principale, la Corte non si sarebbe pronunciata esplicitamente sulla tassazione dei pagamenti transfrontalieri di interessi mediante istituti di credito.

15

Resterebbe quindi aperta la questione di sapere se gli istituti di credito residenti e gli istituti di credito non residenti si trovino in una situazione paragonabile e se l’imposizione di cui trattasi debba tener conto, sia per gli uni che per gli altri, dei costi di finanziamento dei prestiti concessi o delle spese direttamente connesse all’attività economica esercitata nonché, in caso di risposta affermativa, quale sia il limite a partire dal quale si possa concludere che le istituzioni non residenti si trovano, concretamente, in una situazione sfavorevole rispetto alle istituzioni residenti. Tale problematica non sarebbe neanche stata affrontata nella sentenza del 17 giugno 2010, Commissione/Portogallo (C‑105/08, EU:C:2010:345).

16

Pertanto, il Supremo Tribunal Administrativo (Corte amministrativa suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 56 TFUE osti ad una normativa tributaria interna secondo la quale gli istituti di credito non residenti nel territorio portoghese sono soggetti a imposta sul reddito da interessi percepiti in detto territorio mediante ritenuta alla fonte definitiva al tasso del 20% (o con aliquota minore ove esista un accordo volto ad evitare la doppia tassazione), imposta che si applica al reddito lordo, senza possibilità di deduzione delle spese professionali direttamente connesse all’attività finanziaria svolta, mentre gli interessi percepiti dagli istituti di credito residenti sono incorporati nel reddito imponibile globale, con possibilità di deduzione delle spese connesse all’attività svolta quando si calcola il profitto ai fini della tassazione tramite [IRC], applicandosi in tal modo l’aliquota generale del 25% sul reddito da interessi netto.

2)

Se detta disposizione osti alla suddetta normativa nazionale anche nell’ipotesi in cui alla base imponibile degli istituti di credito residenti venga applicata o possa venire applicata, dedotti i costi di finanziamento connessi ai redditi da interessi o le spese direttamente sostenute in funzione di tali redditi, un’imposta più elevata rispetto a quella ritenuta alla fonte per gli istituti non residenti e applicata al loro reddito lordo.

3)

Se, a tal fine, dei costi di finanziamento connessi ai prestiti concessi o delle spese direttamente sostenute in funzione dei redditi da interessi maturati possa essere data prova mediante dati forniti dall’Euribor (Euro Interbank Offered Rate) e dal Libor (London Interbank Offered Rate), che rappresentano i tassi di interesse medi praticati nei finanziamenti interbancari cui le banche ricorrono per svolgere la loro attività».

Sulle questioni pregiudiziali

17

In via preliminare occorre constatare che, poiché i fatti della causa principale si sono svolti prima del 1o dicembre 2009, quindi prima dell’entrata in vigore del Trattato FUE, si deve considerare l’interpretazione richiesta dal giudice del rinvio come riguardante l’articolo 49 CE e non l’articolo 56 TFUE.

18

Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, da un lato, se l’articolo 49 CE debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, che assoggetta ad imposta gli istituti di credito non residenti, mediante una ritenuta alla fonte, per i redditi da interessi percepiti all’interno del paese senza possibilità di deduzione delle spese professionali, mentre gli istituti di credito residenti non sono assoggettati a una siffatta ritenuta alla fonte e possono dedurre le spese professionali direttamente connesse all’attività finanziaria esercitata e, dall’altro, come si debbano definire tali spese.

19

Per rispondere a tali questioni occorre, anzitutto, esaminare se l’articolo 49 CE osti ad una normativa nazionale ai sensi della quale una ritenuta alla fonte dell’imposta è applicata alla remunerazione degli istituti di credito non residenti, mentre la remunerazione versata agli istituti di credito residenti non è soggetta ad una siffatta ritenuta. Occorre, inoltre, determinare se la circostanza che i primi, diversamente dai secondi, non possono dedurre le spese professionali direttamente connesse all’attività finanziaria di cui trattasi, costituisca una restrizione ai sensi di tale disposizione e, in caso affermativo, se una siffatta restrizione possa essere giustificata. Si deve, infine, precisare se si possa considerare che i tassi d’interesse medi, come quelli di cui trattasi nella domanda di pronuncia pregiudiziale, costituiscano spese professionali direttamente connesse con l’attività finanziaria in esame.

20

Riguardo al primo di tali aspetti, emerge dalla domanda di pronuncia pregiudiziale che il giudice del rinvio stesso considera che la disparità di trattamento oggetto della causa principale non risulti tanto dall’applicazione di due tecniche impositive diverse, quanto dal rifiuto di accordare agli istituti di credito non residenti la facoltà di dedurre le spese professionali mentre gli istituti di credito residenti dispongono di una siffatta facoltà. Inoltre, il fascicolo sottoposto alla Corte non contiene alcun altro elemento in relazione a tale primo aspetto della domanda di pronuncia pregiudiziale.

21

Pertanto, basti rammentare, come ha fatto l’avvocato generale al paragrafo 22 delle sue conclusioni, che emerge dalla giurisprudenza della Corte che l’applicazione ai prestatori di servizi non residenti della ritenuta alla fonte quale meccanismo di percezione, mentre i prestatori residenti non sono soggetti ad una siffatta ritenuta, anche se costituisce una restrizione alla libera prestazione di servizi, può essere giustificata da motivi imperativi d’interesse generale quali, ad esempio, la necessità di garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta (v., in tal senso, sentenze del 3 ottobre 2006, FKP Scorpio Konzertproduktionen, C‑290/04, EU:C:2006:630, punto 35, e del 18 ottobre 2012, X, C‑498/10, EU:C:2012:635, punto 39).

22

Quindi, l’articolo 49 CE dev’essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale come quella controversa nel caso di specie, in forza della quale una procedura di ritenuta alla fonte dell’imposta è applicata alla remunerazione degli istituti di credito non residenti nello Stato membro nel quale sono forniti i servizi, mentre la remunerazione versata agli istituti di credito residenti di tale Stato membro non è soggetta ad una siffatta ritenuta alla fonte, a condizione che l’applicazione agli istituti di credito non residenti della ritenuta alla fonte sia giustificata da motivi imperativi d’interesse generale e non ecceda quanto necessario per conseguire l’obiettivo perseguito.

23

Per quanto riguarda il secondo aspetto della domanda di pronuncia pregiudiziale, occorre rammentare che la Corte ha già statuito che, relativamente alla considerazione delle spese professionali direttamente connesse all’attività esercitata, i prestatori residenti e quelli non residenti sono posti in una situazione analoga (v., in tal senso, sentenze del 12 giugno 2003, Gerritse, C‑234/01, EU:C:2003:340, punto 27; del 6 luglio 2006, Conijn, C‑346/04, EU:C:2006:445, punto 20, e del 15 febbraio 2007, Centro Equestre da Lezíria Grande, C‑345/04, EU:C:2007:96, punto 23).

24

La Corte ne deduce che l’articolo 49 CE osta ad una normativa tributaria nazionale la quale, di regola, in sede di imposizione fiscale dei non residenti, prende in considerazione i redditi lordi, senza deduzione delle spese professionali, mentre i residenti sono tassati sui loro redditi netti, previa deduzione di tali spese (sentenze del 12 giugno 2003, Gerritse, C‑234/01, EU:C:2003:340, punti 2955; del 3 ottobre 2006, FKP Scorpio Konzertproduktionen, C‑290/04, EU:C:2006:630, punto 42, e del 15 febbraio 2007, Centro Equestre da Lezíria Grande, C‑345/04, EU:C:2007:96, punto 23).

25

Nella specie, e in considerazione dell’argomento, sollevato in particolare dalla Repubblica portoghese, secondo il quale le prestazioni di servizi fornite dagli istituti di credito, alla luce del principio della libera prestazione dei servizi di cui all’articolo 49 CE, devono essere trattate in modo diverso, in linea di principio, rispetto alle prestazioni di servizi fornite in altri settori d’attività, dal momento che sarebbe impossibile stabilire un qualsivoglia nesso caratteristico tra i costi sopportati e i redditi da interessi percepiti, il giudice del rinvio si chiede se la giurisprudenza citata al punto precedente possa essere trasposta alla controversia oggetto del procedimento principale.

26

A tale proposito, occorre precisare che la Corte non ha stabilito alcuna distinzione tra le diverse categorie di prestazioni di servizi. Inoltre, l’articolo 49 CE, in combinato disposto con l’articolo 50 CE, si riferisce in modo indifferenziato a tutte le categorie di prestazioni di servizi elencate in quest’ultima disposizione. Solo l’articolo 51, paragrafo 2, CE dispone che la liberalizzazione dei servizi delle banche che sono vincolati a movimenti di capitale deve essere attuata in armonia con la liberalizzazione della circolazione dei capitali. Orbene, le disposizioni del Trattato CE relative alla libera circolazione dei capitali non contengono alcun elemento atto a corroborare la tesi secondo la quale i servizi delle banche dovrebbero essere trattati in modo diverso dalle altre prestazioni di servizi in quanto sarebbe impossibile stabilire un nesso caratteristico tra i costi sopportati e i redditi da interessi percepiti.

27

Quindi, le prestazioni di servizi fornite dagli istituti di credito non possono essere trattate, alla luce del principio della libera prestazione dei servizi di cui all’articolo 49 CE, in linea di principio, in modo diverso rispetto alle prestazioni di servizi fornite in altri settori d’attività.

28

Ne consegue che una normativa nazionale come quella controversa nella causa principale, in forza della quale gli istituti di credito non residenti sono tassati sui redditi da interessi percepiti all’interno dello Stato membro interessato senza ottenere la possibilità di dedurre le spese professionali direttamente connesse con l’attività di cui trattasi, mentre una siffatta possibilità è concessa agli istituti di credito residenti, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi vietata, in linea di principio, in forza dell’articolo 49 CE.

29

Tuttavia, come risulta da una giurisprudenza costante della Corte, una restrizione alla libera prestazione dei servizi può essere ammessa solo se è giustificata da motivi imperativi di interesse generale. È tuttavia ancora necessario, in tal caso, che l’applicazione di tale restrizione sia atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguire tale obiettivo (sentenza del 18 ottobre 2012, X, C‑498/10, EU:C:2012:635, punto 36).

30

Occorre pertanto accertare se una restrizione come quella oggetto della causa principale possa essere validamente giustificata dalle ragioni sollevate nel caso di specie.

31

A tale proposito, da un lato, emerge dalla decisione di rinvio che la giustificazione invocata dinanzi al giudice del rinvio è attinente all’applicazione agli istituti di credito non residenti di un tasso d’imposta più favorevole di quello applicato agli istituti di credito residenti.

32

Tuttavia, la Corte ha reiteratamente dichiarato che un trattamento fiscale sfavorevole in contrasto con una libertà fondamentale non può essere considerato compatibile con il diritto dell’Unione per l’esistenza di altri vantaggi, anche supponendo che tali vantaggi esistano (v., in tal senso, sentenze del 1o luglio 2010, Dijkman e Dijkman-Lavaleije, C‑233/09, EU:C:2010:397, punto 41, nonché del 18 ottobre 2012, X, C‑498/10, EU:C:2012:635, punto 31).

33

Ne consegue che una restrizione alla libera prestazione dei servizi come quella oggetto della causa principale non può essere giustificata dalla circostanza che gli istituti di credito non residenti sono soggetti ad un tasso d’imposta meno elevato rispetto agli istituti di credito residenti.

34

D’altra parte, nell’ambito del procedimento dinanzi alla Corte, la Repubblica portoghese ha sostenuto che la normativa controversa nella causa principale è giustificata dalla necessità di tutelare la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, dalla volontà di prevenire la doppia deduzione delle spese professionali e dalla necessità di garantire l’efficacia della riscossione delle imposte.

35

Relativamente, in primo luogo, alla ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, si deve ricordare che la Corte ha certo riconosciuto che il mantenimento della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri costituisce un obiettivo legittimo e che, in mancanza di disposizioni di unificazione o di armonizzazione adottate dall’Unione europea, gli Stati membri rimangono competenti a definire, in via convenzionale o unilaterale, i criteri di ripartizione del loro potere impositivo, in particolare, al fine di eliminare le doppie imposizioni (sentenza del 21 maggio 2015, Verder LabTec, C‑657/13, EU:C:2015:331, punto 42).

36

Tuttavia, emerge parimenti dalla giurisprudenza della Corte che, quando gli Stati membri si avvalgono di tale libertà e stabiliscono, nell’ambito di convenzioni bilaterali dirette ad evitare le doppie imposizioni, i fattori di collegamento per la ripartizione della competenza tributaria, sono tenuti a rispettare il principio di parità di trattamento e le libertà di circolazione garantite dal diritto primario dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 19 novembre 2015, Bukovansky, C‑241/14, EU:C:2015:766, punto 37).

37

Orbene, come rilevato dall’avvocato generale nei paragrafi da 59 a 62 delle sue conclusioni, non si rintracciano, nella specie, elementi tali da spiegare in che modo la ripartizione dei poteri impositivi imporrebbe che gli istituti di credito non residenti, relativamente alla deduzione delle spese professionali direttamente connesse con i loro redditi imponibili in tale Stato membro, siano trattati in modo meno favorevole rispetto agli istituti di credito residenti.

38

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la volontà di prevenire la doppia deduzione delle spese professionali, che può essere collegata alla lotta alla frode fiscale, è sufficiente rilevare che, limitandosi a menzionare, senza ulteriori precisazioni, l’eventuale esistenza di un rischio che le spese in esame possano essere dedotte una seconda volta nello Stato di residenza del prestatore dei servizi, senza stabilire in che modo l’attuazione delle disposizioni della direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri in materia di imposte dirette e di imposte sui premi assicurativi (GU 1977, L 336, pag. 15), come modificata dalla direttiva 2001/106/CE del Consiglio, del 16 novembre 2004 (GU 2004, L 359, pag. 30), vigente al momento del verificarsi dei fatti oggetto della causa principale, non avrebbe consentito di evitare tale rischio, la Repubblica portoghese non mette la Corte in grado di valutare la portata di tale argomento (v., in tal senso, sentenza del 24 febbraio 2015, Grünewald, C‑559/13, EU:C:2015:109, punto 52).

39

Relativamente, in terzo luogo, alla necessità di garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta, si deve rammentare che, anche se la Corte ha dichiarato che un siffatto obiettivo costituisce un motivo imperativo di interesse generale che può giustificare un restrizione alla libera prestazione dei servizi (v., in particolare, sentenze del 3 ottobre 2006, FKP Scorpio Konzertproduktionen, C‑290/04, EU:C:2006:630, punti 3536, nonché del 18 ottobre 2012, X, C‑498/10, EU:C:2012:635, punto 39), è tuttavia ancora necessario che l’applicazione di tale restrizione sia atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguirlo (sentenza del 18 ottobre 2012, X, C‑498/10, EU:C:2012:635, punto 36).

40

Orbene, in merito ad una restrizione come quella controversa nella causa principale, occorre constatare che essa non è necessaria per garantire l’efficacia della riscossione dell’IRC.

41

Infatti, come rilevato dall’avvocato generale nei paragrafi da 70 a 72 delle sue conclusioni, occorre anzitutto evidenziare che l’argomento sollevato dalla Repubblica portoghese, secondo il quale il riconoscimento alle persone parzialmente soggette ad imposta della facoltà di dedurre le spese professionali direttamente connesse con le prestazioni effettuate nel territorio di tale Stato membro causerebbe un onere amministrativo per le autorità tributarie nazionale, è parimenti valido, mutatis mutandis, per le persone integralmente assoggettate ad imposta.

42

Inoltre, un onere amministrativo supplementare a carico, eventualmente, del destinatario del servizio allorché quest’ultimo deve procedere a prendere in considerazione le spese professionali che il prestatore vuole dedurre esiste unicamente in un sistema che prevede che tale deduzione dev’essere effettuata prima che sia applicata la ritenuta alla fonte e può dunque essere evitato se il prestatore è autorizzato a far valere il suo diritto a deduzione direttamente presso l’amministrazione e dopo il prelievo dell’IRC. In una fattispecie simile, il diritto a deduzione si concretizza in un rimborso di parte dell’imposta ritenuto alla fonte.

43

Infine, spetta al prestatore di servizi decidere se ritiene opportuno investire risorse nella redazione e traduzione di documenti volti a dimostrare l’esistenza e l’importo effettivo delle spese professionali delle quali chiede la deduzione.

44

In merito al terzo aspetto della domanda di pronuncia pregiudiziale, ossia il modo di determinazione delle spese professionali direttamente connesse ai redditi da interessi attinenti ad un contratto di prestito finanziario come quello oggetto della causa principale, si deve rammentare che la Corte ha stabilito che uno Stato membro che riconosce ai residenti la facoltà di dedurre siffatte spese non può, in linea di principio, escludere la presa in considerazione di tali stesse spese per i non residenti (sentenza del 15 febbraio 2007, Centro Equestre da Lezíria Grande, C‑345/04, EU:C:2007:96, punto 23).

45

Ne consegue che, per quanto riguarda la presa in considerazione delle citate spese, in linea di principio, i non residenti devono essere trattati allo stesso modo dei residenti e devono poter dedurre le spese aventi stessa natura di quelle che questi ultimi sono autorizzati a dedurre.

46

Peraltro, emerge dalla giurisprudenza della Corte che, per spese professionali direttamente connesse ai redditi percepiti nello Stato membro in cui si esercita l’attività si devono intendere le spese originate da tale attività e dunque necessarie per lo svolgimento della medesima (v., in tal senso, sentenza del 24 febbraio 2015, Grünewald, C‑559/13, EU:C:2015:109, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata).

47

Sulla prestazione di servizi oggetto della causa principale, ossia la concessione di un prestito finanziario, va constatato che lo svolgimento di una siffatta prestazione dà necessariamente luogo a spese professionali, quali, ad esempio, le spese di viaggio, di alloggio nonché quelle per la consulenza legale o tributaria, per le quali è relativamente facile sia stabilire il nesso diretto con il prestito in questione sia provarne l’importo effettivo. Poiché le persone parzialmente assoggettate ad imposta devono poter beneficiare dello stesso trattamento delle persone integralmente assoggettate, esse devono poter ottenere, per quanto riguarda tali spese, le stesse possibilità di deduzione, pur restando soggetti agli stessi requisiti per quanto riguarda, in particolare, l’onere della prova.

48

È rilevante aggiungere che l’esercizio di tale attività genera anche delle spese di finanziamento che, in linea di principio, devono essere considerate necessarie all’esercizio della citata attività, ma per le quali può risultare più difficile stabilire il nesso diretto con un prestito finanziario determinato o l’importo effettivo. La stessa osservazione vale, come rilevato dall’avvocato generale nel paragrafo 39 delle sue conclusioni, relativamente alla quota delle spese generali dell’istituto di credito idonea ad essere considerata necessaria alla concessione di un determinato prestito finanziario.

49

Tuttavia, la mera circostanza che tale prova è più difficile da fornire non può autorizzare uno Stato membro a negare, incondizionatamente, ai non residenti, persone parzialmente assoggettate ad imposta, una deduzione che concede ai residenti, persone integralmente assoggettate, in quanto non può escludersi a priori che un non residente sia in grado di produrre validi documenti probatori che consentano alle autorità tributarie dello Stato membro d’imposizione di verificare, in modo chiaro e preciso, la reale esistenza e la natura delle spese professionali delle quali si richiede la deduzione (v., per analogia, sentenze del 27 gennaio 2009, Persche, C‑318/07, EU:C:2009:33, punto 53, nonché del 26 maggio 2016, Kohll e Kohll-Schlesser, C‑300/15, EU:C:2016:361, punto 54).

50

Nulla impedisce, infatti, alle autorità fiscali interessate di richiedere ai non residenti le prove a loro avviso necessarie per valutare se siano soddisfatte le condizioni di deducibilità delle spese previste dalla normativa in esame e, di conseguenza, se debba concedersi o meno la deduzione richiesta (v., per analogia, sentenze del 27 gennaio 2009, Persche, C 318/07, EU:C:2009:33, punto 54, nonché del 26 maggio 2016, Kohll e Kohll-Schlesser, C‑300/15, EU:C:2016:361, punto 55).

51

Pertanto, si deve constatare che il governo portoghese non ha fornito alcuna indicazione sui motivi che potrebbero ostare a che le autorità tributarie nazionali tengano conto degli elementi di prova forniti dagli istituti di credito non residenti.

52

Spetta al giudice del rinvio, il quale è investito della controversia principale e deve assumersi la responsabilità della futura pronuncia giurisdizionale, valutare, nell’ambito di tale controversia, da un lato, quale sia, tra le spese dichiarate dalla KBC, quelle che si possano considerare come spese professionali direttamente connesse all’attività finanziaria in parola, ai sensi della normativa nazionale e, dall’altro, quale sia la quota delle spese generali che si può considerare direttamente connessa a tale attività (v., per analogia, sentenza del 15 febbraio 2007, Centro Equestre da Lezíria Grande, C‑345/04, EU:C:2007:96, punto 26).

53

A tale proposito occorre aggiungere che, salvo se la normativa nazionale autorizza gli istituti di credito residenti ad applicare, per il calcolo delle spese di finanziamento sostenute, tassi d’interesse come quelli cui fa riferimento il giudice del rinvio nella sua terza questione pregiudiziale, tale giudice, in una situazione come quella oggetto della causa principale, non può tener conto di tali tassi.

54

Infatti, questi costituiscono solo tassi medi praticati nell’ambito di finanziamenti interbancari e non corrispondono alle spese di finanziamento effettivamente sostenute. In aggiunta, come emerge dal fascicolo sottoposto alla Corte, il prestito oggetto della causa principale non è stato esclusivamente finanziato da fondi presi a prestito dalla società madre della KBC e da altre banche, ma lo è stato anche mediante fondi depositati dai clienti della KBC.

55

Pertanto, alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre risolvere le questioni pregiudiziali nel senso che:

l’articolo 49 CE non osta ad una normativa nazionale ai sensi della quale una procedura di ritenuta alla fonte dell’imposta è applicata alla remunerazione degli istituti di credito non residenti dello Stato membro nel quale sono forniti i servizi, mentre la remunerazione versata agli istituti di credito residenti di tale Stato membro non è soggetta ad una siffatta ritenuta, a condizione che l’applicazione agli istituti di credito non residenti della ritenuta alla fonte sia giustificata da un motivo imperativo d’interesse generale e non ecceda quanto necessario per conseguire l’obiettivo perseguito;

l’articolo 49 CE osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, che, di norma, assoggetta ad imposta gli istituti di credito non residenti per i redditi da interessi percepiti all’interno dello Stato membro interessato, senza riconoscere loro la possibilità di deduzione delle spese professionali direttamente connesse all’attività in parola, mentre una siffatta possibilità è riconosciuta agli istituti di credito residenti;

spetta al giudice nazionale valutare, sulla base del suo diritto nazionale, quali siano le spese professionali che possono essere considerate direttamente connesse con l’attività in esame.

Sulle spese

56

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

 

L’articolo 49 CE non osta ad una normativa nazionale ai sensi della quale una procedura di ritenuta alla fonte dell’imposta è applicata alla remunerazione degli istituti di credito non residenti dello Stato membro nel quale sono forniti i servizi, mentre la remunerazione versata agli istituti di credito residenti di tale Stato membro non è soggetta ad una siffatta ritenuta, a condizione che l’applicazione agli istituti di credito non residenti della ritenuta alla fonte sia giustificata da un motivo imperativo d’interesse generale e non ecceda quanto necessario per conseguire l’obiettivo perseguito.

 

L’articolo 49 CE osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, che, di norma, assoggetta ad imposta gli istituti di credito non residenti per i redditi da interessi percepiti all’interno dello Stato membro interessato, senza riconoscere loro la possibilità di deduzione delle spese professionali direttamente connesse all’attività in parola, mentre una siffatta possibilità è riconosciuta agli istituti di credito residenti.

 

Spetta al giudice nazionale valutare, sulla base del suo diritto nazionale, quali siano le spese professionali che possono essere considerate direttamente connesse con l’attività in esame.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il portoghese.