SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

21 giugno 2016 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Libera circolazione delle merci — Divieto di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative all’esportazione — Articolo 35 TFUE — Società con sede nella regione di lingua neerlandese del Regno del Belgio — Normativa che impone che le fatture siano redatte in lingua neerlandese a pena di nullità assoluta — Contratto di concessione a carattere transfrontaliero — Restrizione — Giustificazione — Mancanza di proporzionalità»

Nella causa C‑15/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal rechtbank van koophandel te Gent (Tribunale commerciale di Gand, Belgio), con decisione del 18 dicembre 2014, pervenuta in cancelleria il 16 gennaio 2015, nel procedimento

New Valmar BVBA

contro

Global Pharmacies Partner Health Srl,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, L. Bay Larsen, A. Arabadjiev e F. Biltgen, presidenti di sezione, J. Malenovský, J.-C. Bonichot, C. Vajda, S. Rodin e E. Regan (relatore), giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 gennaio 2016,

considerate le osservazioni presentate:

per la New Valmar BVBA, da P. Devos, advocaat;

per il governo belga, da J. Van Holm e L. Van den Broeck, in qualità di agenti, assistite da H. De Bauw et B. Martel, advocaten;

per il governo lituano, da D. Kriaučiūnas e R. Dzikovič, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da E. Manhaeve, M. van Beek e G. Wilms, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 aprile 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 45 TFUE.

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la New Valmar BVBA e la Global Pharmacies Partner Health Srl (in prosieguo: la «GPPH») in merito al mancato pagamento di diverse fatture.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

L’articolo 226 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010 (GU 2010, L 189, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 2006/112»), elenca le indicazioni che devono obbligatoriamente essere presenti sulle fatture.

4

L’articolo 248 bis della direttiva dispone quanto segue:

«A fini di controllo, e per quanto riguarda le fatture relative a cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate nel loro territorio nonché le fatture ricevute dai soggetti passivi stabiliti nel loro territorio, gli Stati membri possono prescrivere, per taluni soggetti passivi o in determinati casi, la traduzione nelle loro lingue ufficiali. Gli Stati membri non possono, tuttavia, imporre un obbligo generale di traduzione delle fatture».

Diritto belga

5

L’articolo 4 della Grondwet (Costituzione), nella sua versione coordinata del 17 febbraio 1994 (Belgisch Staatsblad, 17 febbraio 1994, pag. 4054), dispone quanto segue:

«Il Belgio comprende quattro regioni linguistiche: la regione di lingua francese, la regione di lingua neerlandese, la regione bilingue di Bruxelles‑Capitale e la regione di lingua tedesca.

Ogni comune del Regno fa parte di una delle suddette regioni linguistiche.

(…)».

6

L’articolo 129, paragrafo 1, punto 3, della Costituzione dispone che:

«I Parlamenti della Comunità francese e della Comunità fiamminga, ciascuno per quanto di propria competenza, disciplinano con legge regionale, con esclusione del legislatore federale, l’impiego delle lingue per:

(…)

3.

le relazioni sociali tra i datori di lavoro e i loro dipendenti, così come per gli atti e i documenti delle imprese richiesti dalle leggi e dai regolamenti».

7

Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, primo comma, delle wetten op het gebruik van de talen in bestuurzaken (leggi sull’uso delle lingue nel settore amministrativo), coordinate dal regio decreto del 18 luglio 1966 (Belgisch Staatsblad, 2 agosto 1966, pag. 7798) (in prosieguo: la «legge sull’uso delle lingue»):

«Le imprese industriali, commerciali o finanziarie impiegano, per gli atti e i documenti prescritti dalla legge e dai regolamenti (...), la lingua della regione in cui è stabilita la propria sede o in cui sono stabilite le loro diverse sedi di gestione».

8

Il decreet tot regeling van het gebruik van de talen voor de sociale betrekkingen tussen de werkgevers en de werknemers, alsmede van de door de wet en de verordeningen voorgeschreven akten en bescheiden van de ondernemingen (legge regionale che disciplina l’uso delle lingue per i rapporti sociali tra i datori di lavoro e i lavoratori, nonché per gli atti e i documenti delle imprese prescritti dalla legge e dai regolamenti), della Vlaamse Gemeenschap (Comunità fiamminga, Belgio), del 19 luglio 1973 (Belgisch Staatsblad, 6 settembre 1973, pag.10089; in prosieguo: la «legge regionale sull’uso delle lingue»), è stato adottato sulla base dell’articolo 129, paragrafo 1, punto 3, della Costituzione.

9

L’articolo 1 di tale legge regionale così dispone:

«La presente legge regionale si applica alle persone fisiche e giuridiche che hanno una sede di gestione nella regione linguistica neerlandese. Essa disciplina l’uso delle lingue per i rapporti sociali tra i datori di lavoro e i lavoratori, nonché per gli atti e i documenti delle imprese prescritti dalla legge.

(…)».

10

L’articolo 2 di tale legge regionale dispone che «[l]a lingua da utilizzare per i rapporti tra i datori di lavoro e i lavoratori, nonché per gli atti e i documenti delle imprese prescritti dalla legge e dai regolamenti, è il neerlandese».

11

Ai sensi dell’articolo 10 della medesima legge regionale:

«I documenti o gli atti in contrasto con le disposizioni della presente legge regionale sono nulli. La nullità viene dichiarata d’ufficio dal giudice.

(…)

La sentenza dispone d’ufficio la sostituzione dei documenti di cui trattasi.

La sanatoria della nullità spiega effetti soltanto a decorrere dal giorno in cui è intervenuta la sostituzione: per i documenti scritti a partire dal giorno del deposito dei documenti sostitutivi nella cancelleria del Tribunale del lavoro.

(…)».

Fatti e questione pregiudiziale

12

Il 12 novembre 2010, la New Valmar, società di diritto belga con sede a Evergem (Belgio), e la GPPH, società di diritto italiano con sede a Milano (Italia), hanno stipulato un contratto con cui quest’ultima veniva nominata concessionario esclusivo della New Valmar in Italia per la distribuzione di articoli per bambini. La scadenza di tale contratto era prevista per il 31 dicembre 2014.

13

Il contratto di concessione era disciplinato, ai sensi dell’articolo 18 del medesimo, dal diritto italiano e competenti a conoscere delle eventuali controversie tra le parti erano i giudici di Gent (Gand, Belgio).

14

Con lettera raccomandata del 29 dicembre 2011, la New Valmar ha risolto anticipatamente detto contratto con decorrenza dal 1o giugno 2012.

15

Con atto di citazione del 30 marzo 2012, la New Valmar ha adito il Rechtbank van koophandel te Gent (Tribunale commerciale di Gand, Belgio) al fine di ottenere la condanna della GPPH a versarle un importo di circa EUR 234192 a saldo di varie fatture insolute.

16

La GPPH ha chiesto, con domanda riconvenzionale, la condanna della New Valmar al pagamento di un risarcimento di importo pari a EUR 1467448 per risoluzione illegittima del contratto di concessione.

17

Per contestare la domanda della New Valmar, la GPPH ha eccepito la nullità delle fatture di cui al procedimento principale, adducendo che, pur trattandosi di «atti e documenti prescritti dalla legge e dai regolamenti» ai sensi della legge sull’uso delle lingue e della legge regionale sull’uso delle lingue (in prosieguo, congiuntamente, la «normativa di cui al procedimento principale»), tali fatture non rispettavano le disposizioni di ordine pubblico ivi contenute, dal momento che, a parte i dati relativi all’identità della New Valmar, all’imposta sul valore aggiunto (IVA) e alla banca, tutte le indicazioni presenti su tali fatture, ivi comprese le condizioni generali, erano state redatte in una lingua diversa da quella neerlandese, ossia in lingua italiana, nonostante la New Valmar avesse la propria sede nella regione di lingua neerlandese del Regno del Belgio.

18

Il 14 gennaio 2014, in pendenza del procedimento, la New Valmar ha inviato alla GPPH una traduzione in lingua neerlandese delle fatture in questione. Tuttavia, dal fascicolo sottoposto alla Corte emerge che queste sono e restano viziate da nullità assoluta in forza della normativa di cui al procedimento principale.

19

La New Valmar non nega che le fatture in parola violino la normativa di cui al procedimento principale. Essa afferma, tuttavia, che detta normativa è contraria, in particolare, alle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di libera circolazione delle merci e, segnatamente, all’articolo 26, paragrafo 2, TFUE e agli articoli 34 TFUE e 35 TFUE.

20

Il giudice del rinvio si chiede se, alla luce della sentenza del 16 aprile 2013, Las (C‑202/11, EU:C:2013:239), l’obbligo spettante alle imprese che hanno sede nella regione di lingua neerlandese del Regno del Belgio di emettere le loro fatture in lingua neerlandese, a pena di nullità, possa costituire un ostacolo agli scambi internazionali, se tale ostacolo possa eventualmente essere giustificato da uno o più obiettivi di interesse generale, quali la promozione o lo stimolo all’uso di una lingua ufficiale o la garanzia dell’efficacia dei controlli amministrativi, e se tale ostacolo eventuale sia proporzionato agli obiettivi perseguiti.

21

Alla luce di tali circostanze, il rechtbank van koophandel te Gent (Tribunale commerciale di Gand) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 45 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a un regime di un ente federato di uno Stato membro, come nella fattispecie della Comunità fiamminga dello Stato federale del Belgio, che impone a tutte le imprese aventi la loro sede di gestione nel territorio di questa regione, in forza dell’articolo 52 del[la legge sull’uso delle lingue] in combinato disposto con l’articolo 10 del[la legge regionale sull’uso delle lingue], l’obbligo di redigere le fatture di carattere transfrontaliero esclusivamente nella lingua ufficiale di questo ente federato, a pena di nullità delle fatture in parola, che deve essere dichiarata d’ufficio dal giudice».

Sulla questione pregiudiziale

Sulla ricevibilità e la portata della questione

22

In primo luogo, emerge dalla decisione di rinvio che il contratto di cui al procedimento principale prevedeva espressamente il suo assoggettamento al diritto italiano. Orbene, la questione si basa sulla premessa secondo cui, nonostante l’applicazione di tale diritto al contratto in parola, la normativa di cui al procedimento principale è applicabile nell’ambito della controversia di cui trattasi nel procedimento principale.

23

A tale riguardo, è opportuno ricordare che, poiché spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze del caso, sia la necessità sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte (v., in particolare, sentenza del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC, C‑49/14, EU:C:2016:98, punto 27), occorre rispondere alla questione posta sulla base di tale premessa, la cui valutazione nel merito spetta comunque al giudice del rinvio, tenuto conto, in particolare, e come rilevato dall’avvocato generale nei paragrafi da 25 a 28 delle sue conclusioni, delle disposizioni del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU 2008, L 177, pag. 6).

24

In secondo luogo, sia nelle sue osservazioni scritte che durante l’udienza, il governo belga ha affermato che, contrariamente a quanto indicato dal giudice del rinvio nella sua decisione, la normativa di cui al procedimento principale non impone l’uso della lingua neerlandese per tutte le indicazioni presenti sulla fattura, bensì solamente per le indicazioni obbligatorie per legge ai sensi della normativa applicabile in materia di IVA. Orbene, poiché queste ultime indicazioni sono elencate all’articolo 226 della direttiva 2006/112, non risulta difficile ottenerne la traduzione in tutte le lingue dell’Unione europea.

25

A tale proposito, occorre ricordare che la Corte è tenuta a prendere in considerazione, nell’ambito della ripartizione delle competenze tra i giudici dell’Unione e i giudici nazionali, il contesto fattuale e normativo nel quale si inseriscono le questioni pregiudiziali, come definito dal provvedimento di rinvio. Di conseguenza, a prescindere dalle censure mosse dal governo belga all’interpretazione del diritto nazionale effettuata dal giudice del rinvio, l’esame del presente rinvio pregiudiziale deve essere compiuto facendo riferimento all’interpretazione di tale diritto operata da tale giudice (v., in tal senso, in particolare, sentenza del 29 ottobre 2009, Pontin, C‑63/08, EU:C:2009:666, punto 38).

26

Nel caso di specie, occorre quindi fornire una risposta alla questione posta dal giudice del rinvio basandosi sulla premessa secondo cui tutte le indicazioni presenti sulla fattura devono essere redatte, in ossequio alla normativa di cui al procedimento principale, in lingua neerlandese.

27

In terzo luogo, nelle sue osservazioni scritte, il governo belga sostiene che, in mancanza di un collegamento tra la fattispecie di cui al procedimento principale e la libera circolazione dei lavoratori, la presente domanda pregiudiziale è irricevibile o, quantomeno, non necessita di una risposta, dal momento che essa verte sull’interpretazione dell’articolo 45 TFUE.

28

In proposito, è sufficiente rilevare che, nel contesto della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. La Corte ha, infatti, il compito di interpretare tutte le disposizioni del diritto dell’Unione che possano essere utili ai giudici nazionali al fine di dirimere le controversie di cui sono investiti, anche qualora tali disposizioni non siano espressamente indicate nelle questioni ad essa sottoposte da detti giudici (v., in particolare, sentenza del 17 dicembre 2015, Szemerey, C‑330/14, EU:C:2015:826, punto 30).

29

Di conseguenza, benché formalmente il giudice del rinvio abbia limitato la sua questione all’interpretazione del solo articolo 45 TFUE, tale circostanza non osta a che la Corte gli fornisca tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano essere utili per definire la controversia di cui è investito, a prescindere dal fatto che detto giudice vi abbia fatto, o meno, riferimento nel formulare la propria questione. A tale proposito, spetta alla Corte trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi del suddetto diritto che richiedono un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia di cui al procedimento principale (v., per analogia, in particolare, sentenza del 17 dicembre 2015, Szemerey, C‑330/14, EU:C:2015:826, punto 31).

30

Nel caso di specie, nonostante nella questione pregiudiziale si menzioni l’articolo 45 TFUE, emerge chiaramente dalla motivazione della decisione di rinvio che il giudice del rinvio vuole capire se la normativa di cui al procedimento principale sia conforme alle norme previste dal trattato FUE in materia di libera circolazione delle merci, ricordando esplicitamente, a tale riguardo, che la New Valmar ha invocato, nel procedimento principale, l’articolo 26, paragrafo 2, TFUE nonché gli articoli 34 TFUE e 35 TFUE.

31

Dal momento che la causa di cui al procedimento principale riguarda non l’importazione, bensì l’esportazione delle merci dal Belgio verso un altro Stato membro, nel caso di specie l’Italia, occorre rilevare che solamente l’articolo 35 TFUE, che vieta le misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative all’esportazione, può trovare applicazione.

32

Il governo belga sostiene, tuttavia, che la normativa di cui al procedimento principale deve essere esaminata non alla luce del diritto primario dell’Unione, bensì solamente alla luce della direttiva 2006/112, in quanto essa ha realizzato un’armonizzazione completa della materia. L’articolo 248 bis di tale direttiva, infatti, permetterebbe agli Stati membri di imporre, nella loro normativa nazionale, che le fatture emesse in un contesto transfrontaliero siano redatte in una lingua diversa da quella dello Stato membro di destinazione dei servizi o delle merci. Tra l’altro, prevedendo la facoltà, per gli Stati membri, di richiedere, per quanto concerne le cessioni di beni o le prestazioni di servizi effettuate sul loro territorio, una traduzione delle fatture nella loro lingua ufficiale, siffatta disposizione implicherebbe che, in generale, le fatture siano redatte nella lingua ufficiale dello Stato membro in cui ha sede l’impresa che emette la fattura.

33

A tale riguardo, occorre tuttavia ricordare che il regime dell’Unione in materia di IVA opera solamente un’armonizzazione graduale e parziale delle normative nazionali (v. in tal senso, in particolare, sentenza del 26 febbraio 2015, VDP Dental Laboratory e a., C‑144/13, C‑154/13 e C‑160/13, EU:C:2015:116, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

34

Pertanto, né l’articolo 226 della direttiva 2006/112, che verte sul contenuto delle fatture, né l’articolo 248 bis di tale direttiva, che permette agli Stati membri di destinazione di imporre, in determinati casi, la traduzione, in una delle loro lingue ufficiali, di una fattura relativa a una concessione di natura transfrontaliera, disciplinano, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 45 a 48 delle sue conclusioni, la possibilità per gli Stati membri di obbligare le imprese con sede sul loro territorio a redigere tutte le fatture nella loro lingua ufficiale o in quella di tale territorio.

35

Alla luce delle considerazioni che precedono, è opportuno riformulare la questione nel senso che, con essa, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 35 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di un ente federato di uno Stato membro, quale la Comunità fiamminga del Regno del Belgio, che impone a tutte le imprese che hanno la propria sede di gestione nel territorio di tale ente di redigere tutte le indicazioni presenti sulle fatture relative a operazioni negoziali transfrontaliere solamente nella lingua ufficiale di tale ente, a pena di nullità di tali fatture, che deve essere rilevata d’ufficio dal giudice.

Sull’esistenza di una restrizione ai sensi dell’articolo 35 TFUE

36

La Corte ha statuito che una misura nazionale applicabile a tutti gli operatori attivi sul territorio nazionale che, di fatto, incide maggiormente sull’uscita dei prodotti dal mercato dello Stato membro di esportazione che sulla commercializzazione degli stessi sul mercato nazionale di detto Stato membro rientra nel divieto di cui all’articolo 35 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2008, Gysbrechts e Santurel Inter, C‑205/07, EU:C:2008:730, punti da 40 a 43).

37

Occorre, peraltro, ricordare che il trattato FUE vieta tutte le restrizioni, anche se di minore importanza, a una delle libertà fondamentali previste dal trattato medesimo (v., in tal senso, sentenza del 1o aprile 2008, Gouvernement de la Communauté française e Gouvernement wallon, C‑212/06, EU:C:2008:178, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

38

Nel caso in esame, dalla decisione di rinvio emerge che, ai sensi della normativa di cui al procedimento principale, le fatture, ivi comprese quelle relative alle operazioni negoziali transfrontaliere, emesse dalle imprese che hanno la propria sede di gestione nella regione di lingua neerlandese del Regno del Belgio, devono essere imperativamente redatte, a pena di nullità rilevata d’ufficio dal giudice, in lingua neerlandese, che è la sola a far fede.

39

Secondo il governo belga, una normativa di questo tipo non può essere considerata come una restrizione alla libera circolazione delle merci, dal momento che le fatture, che costituiscono l’oggetto esclusivo di detta normativa, non fanno altro che confermare il credito derivante da un contratto intercorso tra le parti interessate. Orbene, tale normativa, a differenza di quella di cui trattasi nella causa che ha dato origine alla sentenza del 16 aprile 2013, Las (C‑202/11, EU:C:2013:239), non pregiudicherebbe la libertà delle parti di redigere un contratto nella lingua da loro scelta e, pertanto, non vizierebbe lo scambio dei consensi tra esse. Non si può dunque considerare che la normativa di cui al procedimento principale incida sugli scambi tra gli Stati membri.

40

Tuttavia, privando gli operatori interessati della possibilità di scegliere liberamente una lingua, che entrambi padroneggiano, per la redazione delle loro fatture e imponendo, a tal fine, una lingua che non corrisponde necessariamente a quella che le parti hanno convenuto di utilizzare nei rapporti contrattuali, una normativa come quella di cui al procedimento principale può far aumentare il rischio di contestazione e mancato pagamento delle fatture, dal momento che i loro destinatari potrebbero essere invogliati, al fine di opporsi al pagamento, a far valere la loro incapacità, reale o asserita, a comprenderne il contenuto.

41

Viceversa, il destinatario di una fattura redatta in una lingua diversa da quella neerlandese, tenuto conto della nullità assoluta che vizia una fattura di questo tipo, potrebbe essere invogliato a contestarne la validità per questa sola ragione, anche se la fattura è stata redatta in una lingua che comprende. Inoltre, tale tipo di nullità potrebbe arrecare all’emittente della fattura svantaggi notevoli quali, in particolare, la perdita degli interessi di mora, dal momento che risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte che, in mancanza di disposizioni contrattuali in senso contrario, tali interessi si producono, in principio, a partire dall’emissione di una nuova fattura redatta in lingua neerlandese.

42

Ne consegue che una normativa come quella di cui al procedimento principale, benché verta sulla versione linguistica in cui devono essere redatte le indicazioni presenti sulla fattura e non sul contenuto del rapporto contrattuale sottostante, produce, in ragione dell’incertezza del diritto che essa genera, effetti restrittivi sugli scambi commerciali che sono tali da disincentivare la conclusione o il prosieguo di rapporti contrattuali con un’impresa con sede nella regione di lingua neerlandese del Regno del Belgio.

43

Orbene, anche se una normativa di questo tipo, per il fatto che si applica indistintamente a tutte le fatture emesse da un’impresa che ha la propria sede di gestione in tale regione, può incidere sia sugli scambi interni allo Stato membro interessato che sugli scambi transfrontalieri, essa può ledere maggiormente questi ultimi, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 61 a 68 delle sue conclusioni, in quanto è meno probabile che un acquirente con sede in uno Stato membro diverso dal Regno del Belgio sia in grado di comprendere la lingua neerlandese rispetto ad un acquirente con sede in quest’ultimo Stato membro, ove tale lingua costituisce una delle lingue ufficiali.

44

Tenuto conto dell’argomentazione del governo belga relativa alla portata della normativa di cui al procedimento principale e menzionata al punto 24 della presente sentenza, occorre precisare che il carattere restrittivo di una normativa di questo tipo non verrebbe meno neanche se si dovesse accertare, compito che spetta al giudice del rinvio, che solamente le indicazioni obbligatorie elencate all’articolo 226 della direttiva 2006/112 devono essere redatte in lingua neerlandese, dal momento che si genererebbe comunque, in tal caso, un’incertezza del diritto come quella constatata nel punto 42 della presente sentenza.

45

Peraltro, gli effetti restrittivi indotti da tale normativa non possono essere ritenuti come troppo aleatori o troppo indiretti, affinché tale obbligo possa essere considerato, conformemente alla giurisprudenza della Corte derivante, in particolare, dalle sentenze del 7 marzo 1990, Krantz (C‑69/88, EU:C:1990:97, punti 1011), e del 13 ottobre 1993, CMC Motorradcenter (C‑93/92, EU:C:1993:838, punti da 10 a 12), inidoneo a costituire una restrizione ai sensi dell’articolo 35 TFUE.

46

Infatti, come emerge dai punti da 40 a 43 della presente sentenza, una normativa del genere può incidere, seppur in maniera lieve, sui rapporti contrattuali, a maggior ragione per il fatto che, come è stato affermato durante l’udienza, non è raro che tali rapporti si concretizzino solamente nell’emissione di una fattura. Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 69 delle sue conclusioni, tale impatto non dipende da un evento futuro e ipotetico, bensì da un semplice esercizio del diritto alla libera circolazione delle merci (v., per analogia, in particolare, sentenza del 1o aprile 2008, Gouvernement de la Communauté française e Gouvernement wallon, C‑212/06, EU:C:2008:178, punto 51).

47

Ne deriva che una normativa, come quella di cui al procedimento principale, costituisce una restrizione ai sensi dell’articolo 35 TFUE.

Sull’esistenza di una giustificazione

48

Secondo consolidata giurisprudenza, una misura nazionale che limiti l’esercizio delle libertà fondamentali garantite è ammissibile unicamente a condizione che essa persegua un obiettivo di interesse generale, che sia idonea a garantire il perseguimento dell’obiettivo stesso e che non ecceda quanto necessario per il suo raggiungimento (v., in tal senso, in particolare, sentenza del 1o ottobre 2015, Trijber e Harmsen, C‑340/14 e C‑341/14, EU:C:2015:641, punto 70).

49

Nel caso in esame, il governo belga afferma che la normativa di cui al procedimento principale mira, da un lato, a stimolare l’uso della lingua ufficiale della regione linguistica interessata e, dall’altro, a garantire l’efficacia dei controlli svolti dai servizi competenti in materia di IVA.

50

A tale riguardo, si ricorda che l’obiettivo di promuovere e stimolare l’uso di una delle lingue ufficiali di uno Stato membro costituisce un obiettivo legittimo tale da giustificare, in linea di principio, una restrizione agli obblighi imposti dal diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 28 novembre 1989, Groener, C‑379/87, EU:C:1989:599, punto 19; del 12 maggio 2011, Runevič-Vardyn e Wardyn, C‑391/09, EU:C:2011:291, punto 85, e del 16 aprile 2013, Las, C‑202/11, EU:C:2013:239, punti da 25 a 27).

51

La Corte ha peraltro già affermato che la necessità di preservare l’efficacia dei controlli fiscali costituisce un obiettivo di interesse generale tale da giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali riconosciute dai trattati (v., in tal senso, in particolare, sentenze del 20 febbraio 1979, Rewe-Zentral, 120/78, EU:C:1979:42, punto 8, e del 15 maggio 1997, Futura Participations e Singer, C‑250/95, EU:C:1997:239, punto 31).

52

Occorre considerare che una normativa come quella di cui al procedimento principale è idonea al perseguimento di questi due obiettivi, dal momento che essa, da un lato, permette di conservare l’uso corrente della lingua neerlandese per la redazione di documenti ufficiali, quali le fatture, e, dall’altro, consente di facilitare i controlli su tali documenti da parte delle autorità nazionali competenti.

53

Tuttavia, per soddisfare gli obblighi imposti dal diritto dell’Unione, una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale deve essere proporzionata a tali obiettivi.

54

Orbene, nel caso in esame, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 90 a 92 delle sue conclusioni, una normativa di uno Stato membro che non solo imponga l’uso della lingua ufficiale del medesimo per la redazione di fatture relative a operazioni negoziali transfrontaliere, ma che consenta altresì di redigere una versione autentica di tali fatture anche in una lingua conosciuta da tutte le parti interessate, sarebbe meno lesiva della libera circolazione delle merci rispetto alla normativa di cui al procedimento principale, pur garantendo gli obiettivi perseguiti dalla normativa medesima (v., per analogia, sentenza del 16 aprile 2013, Las, C‑202/11, EU:C:2013:239, punto 32).

55

Infatti, per quanto concerne l’obiettivo consistente nel garantire l’efficacia dei controlli fiscali, il governo belga ha esso stesso indicato, durante l’udienza, che, secondo una circolare amministrativa del 23 gennaio 2013, l’amministrazione fiscale non può negare il diritto a detrazione dell’IVA per il solo motivo che le indicazioni, prescritte dalla legge, di una fattura sono state redatte in una lingua diversa da quella neerlandese, il che lascia intendere che l’utilizzo di un’altra lingua non impedisce il raggiungimento di tale obiettivo.

56

Alla luce di tali considerazioni, si deve ritenere che una normativa come quella di cui al procedimento principale eccede quanto necessario per raggiungere gli obiettivi menzionati ai punti da 49 a 51 della presente sentenza e non può quindi essere considerata proporzionata.

57

Di conseguenza, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 35 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di un ente federato di uno Stato membro, come la Comunità fiamminga del Regno del Belgio, che impone a tutte le imprese che hanno la propria sede di gestione nel territorio di tale ente di redigere tutte le indicazioni presenti sulle fatture relative ad operazioni negoziali transfrontaliere solamente nella lingua ufficiale di tale ente, a pena di nullità di tali fatture, che deve essere rilevata d’ufficio dal giudice.

Sulle spese

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Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

L’articolo 35 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di un ente federato di uno Stato membro, come la Comunità fiamminga del Regno del Belgio, che impone a tutte le imprese che hanno la propria sede di gestione nel territorio di tale ente di redigere tutte le indicazioni presenti sulle fatture relative ad operazioni negoziali transfrontaliere solamente nella lingua ufficiale di tale ente, a pena di nullità di tali fatture, che deve essere rilevata d’ufficio dal giudice.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il neerlandese.