CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 22 settembre 2016 ( 1 )

Causa C‑471/15

Sjelle Autogenbrug I/S

contro

Skatteministeriet

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Vestre Landsret (Corte d’appello della regione Ovest, Danimarca)]

«Rinvio pregiudiziale — Direttiva 2006/112/CE — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime speciale per i soggetti passivi-rivenditori — Regime del margine di profitto — Vendite di ricambi per autoveicoli — Nozione di “beni d’occasione”»

1. 

Nella causa in esame si chiede alla Corte di stabilire se i pezzi di ricambio di autoveicoli possano essere classificati come «beni d’occasione» ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112/CE ( 2 ).

2. 

Tale questione riveste un’importanza non trascurabile per la ricorrente nel procedimento principale, dal momento che, in forza di detta direttiva, i beni d’occasione beneficiano del regime speciale del margine, ai sensi del quale la base imponibile delle operazioni assoggettate a tale regime, ossia il margine globale del soggetto passivo-rivenditore, è costituita dalla differenza tra il prezzo di vendita del bene chiesto dal soggetto passivo-rivenditore ed il suo prezzo di acquisto.

3. 

Nelle presenti conclusioni illustrerò i motivi per cui ritengo che l’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva de qua debba essere interpretato nel senso che la nozione di «beni d’occasione» comprenda le parti di automobili che, una volta asportate da un veicolo fuori uso acquistato presso un privato da un’impresa di riciclaggio di autoveicoli, siano rivendute come pezzi di ricambio, consentendo in tal modo al soggetto passivo-rivenditore di beneficiare del regime del margine.

I – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione

4.

L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2006/112 così recita:

«Il principio del sistema comune [dell’imposta sul valore aggiunto (IVA)] consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sui consumi esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero delle operazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase d’imposizione.

A ciascuna operazione, l’IVA, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al bene o servizio in questione, è esigibile previa detrazione dell’ammontare dell’imposta che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo.

(…)».

5.

L’articolo 73 della direttiva medesima così dispone:

«Per le cessioni di beni (…), la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».

6.

Il titolo XII della direttiva 2006/112, rubricato «Regimi speciali», contiene il capo 4, intitolato «Regimi speciali applicabili ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato», costituito dagli articoli da 311 a 343.

7.

Ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punti 1 e 5, della direttiva 2006/112:

«1.   Ai fini del presente capo, e salvo altre disposizioni comunitarie, sono considerati:

1)

“beni d’occasione”, i beni mobili materiali suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione, diversi dagli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione e non costituiti da metalli preziosi o pietre preziose come definiti dagli Stati membri;

(…)

5)

“soggetto passivo – rivenditore”, il soggetto passivo che, nell’ambito della sua attività economica, acquista o utilizza ai fini della sua impresa o importa per rivenderli beni d’occasione, oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione, sia che agisca in proprio sia per conto terzi in virtù di un contratto di commissione per l’acquisto o per la vendita».

8.

Il successivo articolo 312 così dispone:

«Ai fini della presente sottosezione si intende per:

1)

“prezzo di vendita”, tutto ciò che costituisce il corrispettivo che il soggetto passivo-rivenditore ha ottenuto o deve ottenere dall’acquirente o da un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con l’operazione, le imposte, i dazi, i prelievi e le tasse, le spese accessorie quali commissioni, spese di imballaggio, di trasporto e di assicurazione addebitate dal soggetto passivo – rivenditore all’acquirente, ma esclusi gli importi di cui all’articolo 79;

2)

“prezzo d’acquisto”, tutto ciò che costituisce il corrispettivo definito al punto 1), che il fornitore ha ottenuto o deve ottenere dal soggetto passivo-rivenditore».

9.

A termini del successivo articolo 313, paragrafo 1:

«Gli Stati membri applicano alle cessioni di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato, effettuate da soggetti passivi-rivenditori un regime speciale d’imposizione del margine realizzato dal soggetto passivo-rivenditore, conformemente alle disposizioni della presente sottosezione».

10.

Il successivo articolo 314 così recita:

«Il regime del margine si applica alle cessioni di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato effettuate da un soggetto passivo-rivenditore, quando tali beni gli siano stati ceduti nella Comunità da una delle persone seguenti:

a)

una persona che non sia soggetto passivo.

(…)».

11.

L’articolo 315 della direttiva medesima così dispone:

«La base imponibile delle cessioni di beni di cui all’articolo 314 è costituita dal margine realizzato dal soggetto passivo-rivenditore, diminuito dell’importo dell’IVA relativa al margine stesso.

Il margine del soggetto passivo-rivenditore è pari alla differenza tra il prezzo di vendita chiesto dal soggetto passivo-rivenditore per il bene e il prezzo di acquisto».

12.

Ai sensi del successivo articolo 318:

«1.   Per semplificare la riscossione dell’imposta e previa consultazione del comitato IVA, gli Stati membri possono prevedere, per determinate operazioni o per determinate categorie di soggetti passivi-rivenditori, che la base imponibile delle cessioni di beni assoggettate al regime del margine sia determinata per ciascun periodo d’imposta a titolo del quale il soggetto passivo-rivenditore deve presentare la dichiarazione IVA di cui all’articolo 250.

Nel caso di cui al primo comma, la base imponibile per le cessioni di beni cui si applica la medesima aliquota IVA è costituita dal margine globale realizzato dal soggetto passivo-rivenditore, diminuito dell’importo dell’IVA relativa a tale margine.

2.   Il margine globale è pari alla differenza tra i due importi seguenti:

a)

l’importo totale delle cessioni di beni assoggettate al regime del margine effettuate dal soggetto passivo-rivenditore nel corso del periodo d’imposta a cui si riferisce la dichiarazione, ossia l’importo totale dei prezzi di vendita;

b)

l’importo totale degli acquisti di beni di cui all’articolo 314 effettuati, nel corso del periodo d’imposta a cui si riferisce la dichiarazione, dal soggetto passivo-rivenditore, ossia l’importo totale dei prezzi d’acquisto.

3.   Gli Stati membri adottano le misure necessarie per evitare che i soggetti passivi di cui al paragrafo 1 possano beneficiare di vantaggi ingiustificati o subire danni ingiustificati».

B – Diritto danese

13.

La Momsloven (legge sull’IVA), del 23 gennaio 2013 (in prosieguo: la «legge del 2013 sull’IVA»), ha recepito nell’ordinamento giuridico danese la direttiva 2006/112. Nel capo 17 di tale legge, intitolato «Disposizioni particolari per i beni d’occasione, gli oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato», l’articolo 69, paragrafo 1, punto 1, prevede che le imprese che, ai fini della successiva rivendita, acquistino, inter alia, beni d’occasione, oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato possono, al momento della rivendita, liquidare l’imposta sui beni d’occasione in questione, ai sensi delle disposizioni contenute nel capo medesimo. L’applicazione di tali disposizioni, con particolare riguardo ai beni d’occasione, è soggetta alla condizione preliminare che si tratti di una cessione effettuata da persona che non sia soggetto passivo proveniente dalla Danimarca o da un altro Stato membro.

14.

Ai sensi del paragrafo 3 del medesimo articolo 69, per «beni d’occasione» s’intendono beni mobili materiali suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione, diversi dalle opere d’arte, dagli oggetti da collezione e di antiquariato, nonché dalle pietre e dai metalli preziosi. D’altro canto, in forza di tale disposizione, un mezzo di trasporto ceduto a un altro Stato membro o da un altro Stato membro diverso dal Regno di Danimarca viene considerato un bene d’occasione laddove non ricada nella definizione di cui all’articolo 11, paragrafo 6, della medesima legge.

15.

Il Vestre Landsret (Corte d’appello della regione Ovest, Danimarca) precisa che, come indicato nei lavori preparatori della Momsloven (legge sull’IVA), del 18 maggio 1994, l’obiettivo delle norme proposte è quello di evitare che l’IVA sia interamente pagata sugli stessi beni per due o più volte. Ciò accade, ad esempio, quando i clienti di un privato acquistano beni d’occasione per rivenderli. Inoltre, dai lavori preparatori emerge anche che la nozione di «beni d’occasione» designa i beni mobili materiali suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione. Ne consegue che i beni mobili materiali devono conservare la propria identità ( 3 ).

16.

In una circolare informativa del 10 febbraio 2006 riguardante l’IVA sulla rottamazione di veicoli, l’amministrazione finanziaria ha dichiarato che le norme sull’IVA applicabile ai beni d’occasione non si applicano alla rivendita di pezzi di ricambio da parte di un’impresa demolitrice di automobili (impresa di rottamazione), poiché il veicolo, essendo trasformato in pezzi di ricambio, cambia la propria natura.

II – Fatti del procedimento principale e questione pregiudiziale

17.

La Sjelle Autogenbrug I/S è un’impresa di riciclaggio di autoveicoli, la cui attività principale consiste nella rivendita di pezzi di ricambio prelevati da autoveicoli fuori uso.

18.

A titolo accessorio, la Sjelle Autogenbrug svolge altresì attività di disinquinamento e trattamento dei rifiuti di veicoli fuori uso, prestazioni per le quali l’impresa fattura un prezzo standard. Infine, una parte minore del fatturato complessivo dell’impresa deriva dalla vendita di rottami metallici (rottami di ferro), che residuano dopo il prelievo delle parti di autoveicoli.

19.

La Sjelle Autogenbrug acquista i veicoli fuori uso, vale a dire, veicoli a fine vita o veicoli interamente danneggiati da privati o compagnie di assicurazione che non dichiarano l’IVA sulle vendite così realizzate.

20.

La Sjelle Autogenbrug dichiara attualmente l’IVA secondo le norme generali applicabili. Il 15 luglio 2010 essa chiedeva all’amministrazione finanziaria di applicare alla propria attività di vendita di pezzi di seconda mano per autoveicoli, prelevati da veicoli fuori uso, il regime speciale del margine previsto per i beni d’occasione.

21.

Con decisione del 6 agosto 2010 l’amministrazione finanziaria negava alla Sjelle Autogenbrug il diritto di avvalersi del regime del margine, poiché i ricambi auto in questione non rientrerebbero nella nozione di «beni d’occasione» ai sensi della normativa vigente.

22.

Con provvedimento del 12 dicembre 2011, il Landsskatteretten (tribunale tributario, Danimarca) confermava la decisione dell’amministrazione finanziaria. La Sjelle Autogenbrug impugnava quindi tale provvedimento dinanzi al giudice del rinvio.

23.

Il Vestre Landsret (Corte d’appello della regione Ovest), a fronte di dubbi circa la corretta interpretazione dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, nelle circostanze del caso di specie, si possano considerare “beni d’occasione” ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112 le parti di veicoli fuori uso che un’impresa di riciclaggio di veicoli, registrata ai fini dell’IVA, rimuove da un veicolo per rivenderle come ricambi auto».

III – Analisi

24.

In limine, è utile ricordare che l’attuale regime generale dell’IVA garantisce, grazie al sistema della detrazione, la perfetta neutralità dell’IVA per gli operatori economici che liquidano l’IVA percepita nell’ambito delle proprie attività economiche. Così, per ciascuna operazione economica, l’operatore soggetto al pagamento dell’IVA può detrarre dall’importo dell’IVA incassata sulla vendita del prodotto l’importo dell’IVA versata a monte sugli acquisti serviti per la propria attività commerciale. Tale sistema di detrazione garantisce che l’IVA sia un’imposta prelevata sul prodotto e non sul fatturato degli operatori economici e altresì che il consumatore finale sia l’unico a sopportare l’onere dell’IVA.

25.

Per quanto riguarda i privati, nella misura in cui non svolgono attività economiche, non sono soggetti all’IVA. Pertanto, quando un privato vende un bene d’occasione ad un altro privato o ad un soggetto passivo, l’operazione non è gravata da IVA.

26.

Il problema si pone allora se l’acquirente è un soggetto passivo-rivenditore. Infatti, poiché il bene ceduto viene reintegrato nel circuito commerciale, il soggetto passivo-rivenditore è responsabile del pagamento dell’IVA quando procede alla rivendita del bene in questione. Tuttavia, il soggetto passivo-rivenditore, poiché non ha versato l’IVA al privato non soggetto all’IVA al momento dell’acquisto del bene d’occasione, non potrà portare in detrazione l’imposta dall’importo dovuto allo Stato, importo che sarà allora costituito esclusivamente dall’IVA gravante sulla rivendita di tale bene. In tali casi si verifica, pertanto, un’interruzione della neutralità dell’IVA e una doppia imposizione del bene in questione.

27.

Il regime del margine, istituito dalla direttiva 94/5/CE ( 4 ) e incorporato negli articoli da 311 a 343 della direttiva 2006/112, è stato adottato con il fine di ovviare a tale difficoltà. Tale regime mira, da un lato, ad armonizzare i regimi applicabili ai beni acquistati nuovi e gravati dall’IVA, che siano successivamente rivenduti come oggetti d’occasione e, dall’altro, ad evitare le doppie imposizioni e le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi nel settore dei beni d’occasione ( 5 ).

28.

Per beneficiare di tale regime, il soggetto passivo-rivenditore deve quindi mettere in vendita prodotti ricompresi nella nozione di «beni d’occasione» ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112.

29.

Orbene, nella specie, il giudice del rinvio chiede appunto, in sostanza, se detta disposizione debba essere interpretata nel senso che la nozione di «beni d’occasione» comprenda le parti di automobili che, una volta asportate da un veicolo fuori uso acquistato presso privati da un’impresa di riciclaggio di automobili, siano rivendute come pezzi di ricambio, consentendo in tal modo al soggetto passivo-rivenditore di beneficiare del regime del margine.

30.

Il governo danese sostiene che dall’impiego, nella disposizione in esame, dei termini «nello stato originario» emerge che, per poter essere considerato «bene d’occasione», un bene deve conservare la propria identità, ciò che non accadrebbe nel caso dei pezzi di ricambio, in quanto la Sjelle Autogenbrug acquista, anzitutto, un veicolo intero. D’altra parte, tale governo sostiene che, anche se i detti pezzi di ricambio fossero qualificabili come «beni d’occasione», non sarebbe possibile applicare il regime del margine, dato che il prezzo di acquisto di tali pezzi di ricambio non può essere determinato con esattezza.

31.

Non condivido tale tesi per le ragioni qui di seguito esposte.

32.

Ricordo che, conformemente all’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112, i beni d’occasione sono definiti come «i beni mobili materiali, suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione, diversi dagli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione e non costituiti da metalli preziosi o pietre preziose come definiti dagli Stati membri».

33.

Nulla indica, in tale disposizione o nel testo della direttiva, che il legislatore dell’Unione abbia voluto escludere dalla nozione de qua i beni provenienti, originariamente, da un unico insieme, ma separabili dal medesimo, quali i pezzi di ricambio asportati dai veicoli fuori uso.

34.

L’utilizzo dei termini «suscettibili di reimpiego», nella definizione richiamata, dimostra che, per essere qualificato come «bene d’occasione» ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112, un bene deve poter essere impiegato nuovamente, il che esclude senza dubbio i beni nuovi. Tale nuovo utilizzo può aver luogo senza che sia necessario riparare il bene oppure previa riparazione. Questo è, a mio avviso, il significato da dare ai termini «nello stato originario o previa riparazione».

35.

Alla luce della definizione data dal legislatore dell’Unione, l’elemento essenziale ai fini della qualifica come «bene d’occasione» è costituito, a mio avviso, dal fatto che il bene usato abbia conservato le caratteristiche che possedeva originariamente. Del resto, osservo che, all’articolo 2, punto 6, della direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa ai veicoli fuori uso ( 6 ), il legislatore dell’Unione definisce il termine «reimpiego» come «le operazioni in virtù delle quali i componenti di un veicolo fuori uso sono utilizzati allo stesso scopo per cui erano stati originariamente concepiti». I componenti di un’automobile rispondono perfettamente a tale esigenza, nei limiti in cui, anche quando vengono asportati da un veicolo, conservano le loro caratteristiche iniziali, dal momento che saranno reimpiegati per gli stessi fini in un altro veicolo. Poco importa, quindi, il fatto che tali componenti siano stati asportati da un veicolo.

36.

D’altra parte, occorre ricordare che il riutilizzo delle parti di ricambio prelevate dagli autoveicoli fuori uso è esplicitamente raccomandato dal legislatore dell’Unione. Quest’ultimo, al considerando 5 della direttiva 2000/53, indica precisamente che esiste un principio fondamentale secondo cui i rifiuti dovrebbero essere reimpiegati e recuperati e si dovrebbero privilegiare il reimpiego e il riciclaggio. Tale obiettivo potrebbe risultare compromesso qualora un soggetto passivo-rivenditore come la Sjelle Autogenbrug, che acquista automobili per recuperarne le parti e rivenderle successivamente come pezzi di ricambio, non potesse beneficiare del regime del margine.

37.

Infine, se le parti prelevate da autoveicoli fuori uso e vendute come pezzi di ricambio non potessero essere qualificate come «beni d’occasione», ai sensi della direttiva 2006/112, nei limiti in cui non possono neppure essere considerate «beni nuovi», si verrebbe a creare un vuoto giuridico in relazione al trattamento fiscale da applicare a tali beni.

38.

Di conseguenza, le parti di automobili che, dopo essere state prelevate da un veicolo fuori uso acquistato presso privati da un’impresa di riciclaggio di automobili, siano rivendute come pezzi di ricambio, vanno qualificate come «beni d’occasione».

39.

Ciò detto, occorre esaminare se il regime del margine sia applicabile a tale categoria di beni costituita dalle parti di ricambio. Infatti, anche se la questione verte unicamente sulla nozione di «beni d’occasione», essa è stata nondimeno formulata nel contesto della controversia principale, in cui ci si chiede se la Sjelle Autogenbrug possa beneficiare del regime speciale del margine, tenuto conto della natura particolare dei beni di cui trattasi. Secondo costante giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia ad esso sottoposta ( 7 ). Pertanto, al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre esaminare se la natura particolare dei beni d’occasione di cui trattasi osti, come sostiene il governo danese, all’applicazione del regime del margine nei confronti della Sjelle Autogenbrug.

40.

L’articolo 315 della direttiva 2006/112 afferma che la base imponibile del regime in esame, ossia il margine realizzato dal soggetto passivo-rivenditore, è pari alla differenza tra il prezzo di vendita chiesto dal soggetto passivo-rivenditore per il bene e il prezzo di acquisto del bene medesimo. Le difficoltà che si presentano nel caso di specie riguardano la determinazione del prezzo di acquisto. Difatti, le parti di ricambio sono state acquistate non in quanto tali, bensì come parti di un tutto, segnatamente di un veicolo, per il quale il soggetto passivo-rivenditore ha pagato un prezzo globale.

41.

A parere dei governi danese e greco, la complessità dell’operazione effettuata al momento della demolizione (non solo prelievo, ma anche disinquinamento, trattamento dei rifiuti ecc.) rende impossibile determinare il prezzo di acquisto delle parti di ricambio. Il governo danese ritiene, in particolare, che, in tale contesto, consentire l’applicazione del regime speciale del margine comporterebbe un rischio di abuso o di elusione di tale regime, considerato che l’impresa in questione avrebbe la possibilità di concordare i prezzi di acquisto in maniera tale da ottenere un margine il più basso possibile e, quindi, ottenere un vantaggio in termini di IVA.

42.

A mio avviso, dal momento in cui bene è stato qualificato come «bene d’occasione» ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112, lo Stato membro sul territorio del quale opera il soggetto passivo che rivende tale bene deve applicare il regime del margine, a prescindere dal bene d’occasione di cui trattasi.

43.

Ricordo, infatti, che, a tenore dell’articolo 313, paragrafo 1, della citata direttiva, «[g]li Stati membri applicano alle cessioni di beni d’occasione (…), effettuate da soggetti passivi-rivenditori un regime speciale d’imposizione del margine realizzato dal soggetto passivo-rivenditore» ( 8 ). L’utilizzo dell’indicativo presente in tale paragrafo non lascia, a mio parere, alcun margine discrezionale allo Stato membro interessato riguardo all’applicazione di detto regime speciale.

44.

Il regime del margine consente di rispettare pienamente il principio della neutralità fiscale. A tal proposito, la Corte ha affermato che la neutralità fiscale costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dal diritto dell’Unione in materia ( 9 ). La Corte ha altresì dichiarato che dalla propria giurisprudenza in materia risulta che detto principio, inerente al sistema comune dell’IVA, osta a che l’imposizione delle attività professionali di un soggetto fiscale generi una doppia imposizione ( 10 ).

45.

La Corte ha inoltre affermato che il principio della neutralità fiscale dev’essere interpretato nel senso che una differenza di trattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto di due prestazioni di servizi identiche o simili dal punto di vista del consumatore e che soddisfino le medesime esigenze di quest’ultimo è sufficiente a dimostrare una violazione di tale principio ( 11 ), precisando, poi, che il detto principio osta, in particolare, a che prestazioni di servizi analoghe, che si trovino quindi in concorrenza tra di loro, siano trattate in maniera diversa sotto il profilo dell’IVA ( 12 ). La Corte ha aggiunto che il principio di neutralità fiscale include il principio di eliminazione delle distorsioni della concorrenza risultanti da un trattamento differenziato sotto il profilo dell’IVA. Pertanto, la distorsione risulta provata una volta constatato che le prestazioni di servizi si trovino in una situazione di concorrenza e siano trattate in maniera diversa sotto il profilo dell’IVA ( 13 ).

46.

Quindi, in base al principio di neutralità dell’IVA, il regime del margine mira ad evitare le doppie imposizioni nonché le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi, in particolare nel settore dei beni d’occasione. La Corte ha ricordato il duplice obiettivo di tale regime ai punti 47 e 48 della sentenza del 3 marzo 2011, Auto Nikolovi (C‑203/10, EU:C:2011:118).

47.

Infatti, applicando l’imposta non sul prezzo di rivendita del bene ma solamente sul margine, il regime riesce ad evitare, da un lato, che il bene rivenduto sia gravato da doppia imposizione e, dall’altro, che il soggetto passivo-rivenditore sia costretto a versare allo Stato membro un importo di IVA dal quale non potrebbe detrarre l’imposta assolta a monte, il che avrebbe l’effetto di creare una distorsione della concorrenza.

48.

Orbene, i pezzi di ricambio di un autoveicolo, sebbene inizialmente facciano parte di un unico bene, sono stati assoggettati all’imposta a monte nel momento in cui il veicolo in questione è stato acquistato da un soggetto privato. Una parte del prezzo di vendita di tali ricambi è quindi costituita dal prezzo di acquisto del veicolo fuori uso, sul quale il venditore privato ha già pagato un importo di IVA che né quest’ultimo né il soggetto passivo-rivenditore hanno potuto portare in detrazione. Pertanto, è giocoforza constatare che l’obiettivo di evitare le doppie imposizioni risulterebbe compromesso se beni d’occasione come i ricambi auto non potessero beneficiare del regime del margine. In tal modo, il principio di neutralità dell’IVA risulterebbe direttamente compromesso ( 14 ).

49.

Con riguardo all’obiettivo inteso ad evitare le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi, va osservato che, ai sensi del considerando 7 della direttiva 2006/112, il sistema comune dell’IVA dovrebbe realizzare, ancorché le aliquote e le esenzioni non siano completamente armonizzate, ad una neutralità dell’imposta ai fini della concorrenza, nel senso che, nel territorio di ciascuno Stato membro, sui beni e sui servizi di uno stesso tipo gravi lo stesso carico fiscale, a prescindere dalla lunghezza del circuito di produzione e di distribuzione.

50.

Orbene, il diniego di applicazione del regime del margine ad un’attività come quella oggetto del procedimento principale produrrebbe l’effetto di creare, appunto, una distorsione della concorrenza sul mercato delle vendite dei pezzi di ricambio d’occasione tra i soggetti passivi-rivenditori, quali la Sjelle Autogenbrug, che vendano i pezzi di ricambio dopo averli prelevati da veicoli fuori uso, e i soggetti passivi-rivenditori che abbiano acquistato i pezzi di ricambio come tali.

51.

Infatti, i primi, non potendo beneficiare del regime speciale del margine, sarebbero costretti a versare allo Stato membro l’IVA riscossa sul totale dei prezzi di vendita dei pezzi di ricambio senza poter beneficiare del diritto a detrazione. I prezzi di vendita applicati dai primi soggetti passivi-rivenditori sarebbero quindi necessariamente più elevati di quelli applicati dai secondi che beneficiano del regime del margine, con una conseguente perdita di competitività sul mercato dei pezzi di ricambio d’occasione, salvo rinunciare ad una parte del proprio fatturato. Tale distorsione della concorrenza avrebbe l’effetto di generare una differenza di trattamento ai fini dell’IVA tra due prestatori di servizi che sono simili dal punto di vista del consumatore e che soddisfano le medesime esigenze di quest’ultimo.

52.

Per quanto riguarda l’applicazione concreta del regime del margine a beni d’occasione come i pezzi di ricambio di autoveicoli, ritengo che spetti al giudice nazionale stabilire, alla luce della normativa nazionale applicabile, le modalità di applicazione di tale regime alla fattispecie oggetto del procedimento principale. Vari Stati membri hanno adottato soluzioni che consentono di ovviare alle difficoltà legate alla determinazione del prezzo di acquisto delle parti di ricambio.

53.

In particolare, in Francia e in Lussemburgo si prevede, in relazione alle opere d’arte, qualora non sia possibile determinare con precisione il prezzo di acquisto pagato al venditore da un soggetto passivo-rivenditore o allorché tale prezzo non sia considerevole, che la base imponibile possa essere costituita da una frazione del prezzo di vendita pari al 30% di quest’ultimo ( 15 ).

54.

Se è pur vero che tale soluzione riguarda le opere d’arte, mi sembra tuttavia possibile prevederne l’applicazione ai beni d’occasione per i quali il prezzo di acquisto sia parimenti difficile da determinare.

55.

A tal riguardo, osservo che al punto 310 del Bulletin officiel des finances publiques-Impôts (Francia) ( 16 ) si afferma che «[g]li acquirenti di lotti eterogenei (per esempio, nel caso di uno stabilimento dismesso o di materiale destinato alla demolizione) devono procedere ad uno smistamento al termine del quale stabiliscono la natura esatta dei prodotti da rivendere; alcuni prodotti possono costituire materiali di recupero destinati ad entrare in un nuovo ciclo di produzione mentre altri costituiscono beni d’occasione suscettibili di reimpiego. Per questi ultimi, in mancanza della conoscenza esatta del corrispondente prezzo di acquisto, è consentito che la base imponibile venga fissata alla metà del prezzo di cessione» ( 17 ).

56.

D’altro canto, peraltro, si deve parimenti considerare l’applicazione del metodo globale quale soluzione alternativa ai fini del calcolo del margine. Infatti, l’articolo 318 della direttiva 2006/112, recepito dall’articolo 70, paragrafo 5, della legge del 2013 sull’IVA, afferma che gli Stati membri possono prevedere che la base imponibile sia determinata non per ogni singola cessione di beni, ma per ciascun periodo d’imposta. In tal caso, la base imponibile si calcola, per il periodo di riferimento, come differenza tra l’importo totale delle cessioni di beni assoggettate al regime del margine, realizzate dal soggetto passivo-rivenditore nel periodo d’imposta a cui si riferisce la dichiarazione, ossia l’importo totale dei prezzi di vendita, e l’importo totale degli acquisti di beni di cui all’articolo 314 della direttiva 2006/112 effettuati, nel corso del periodo d’imposta a cui si riferisce la dichiarazione, dal soggetto passivo-rivenditore, ossia l’importo totale dei prezzi d’acquisto.

57.

Sembrerebbe che, come sostiene la Sjelle Autogenbrug, secondo la prassi danese, tale metodo globale risulti applicabile al soggetto passivo-rivenditore che acquisti beni appartenenti ad un insieme la cui fattura o i cui documenti di fatturazione riporti il prezzo non di ciascuna merce, bensì un prezzo globale per tutto l’insieme, ove il prezzo di ciascun bene individuale non sia noto.

58.

Ritengo, pertanto, che il metodo globale sia trasferibile alla situazione di cui al procedimento principale. In tal modo il margine verrebbe calcolato su un determinato periodo di riferimento. Tale margine sarebbe pari alla differenza tra la somma delle vendite dei pezzi di ricambio realizzate in tale periodo e la somma degli acquisti dei pezzi medesimi. Per calcolare quest’ultima cifra, si potrebbe prevedere di sottrarre dalla somma degli acquisti degli autoveicoli fuori uso l’importo corrispondente alle operazioni di disinquinamento e al trattamento dei rifiuti, prestazioni per le quali la Sjelle Autogenbrug fattura un prezzo standard, e l’importo della vendita di rottami, o di qualsiasi altra prestazione. Così, una volta sottratti i detti importi dal prezzo di acquisto degli autoveicoli, resterebbe una somma corrispondente al prezzo di acquisto dell’insieme delle parti di ricambio asportate da ciascun veicolo nel periodo di riferimento.

59.

In ogni caso, come osservato in precedenza, spetta al giudice nazionale stabilire le modalità di applicazione del regime del margine alla situazione di cui al procedimento principale.

60.

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, ritengo che l’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112, debba essere interpretato nel senso che la nozione di «beni d’occasione» comprenda le parti di automobili che, dopo essere state prelevate da un autoveicolo fuori uso acquistato presso un privato da un’impresa di riciclaggio di automobili, siano rivendute come pezzi di ricambio, consentendo in tal modo al soggetto passivo-rivenditore di beneficiare del regime del margine.

IV – Conclusione

61.

A fronte dei suesposti rilievi, suggerisco alla Corte di rispondere al Vestre Landsret (Corte d’appello della regione Ovest, Danimarca) nei seguenti termini:

L’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «beni d’occasione» comprende le parti di automobili che, dopo essere state prelevate da un autoveicolo fuori uso, acquistato presso un privato da un’impresa di riciclaggio di automobili, siano rivendute come pezzi di ricambio, consentendo in tal modo al soggetto passivo‑rivenditore di beneficiare del regime del margine.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Direttiva del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).

( 3 ) V. punto 2.1, pag. 11 dell’ordinanza di rinvio.

( 4 ) Direttiva del Consiglio del 14 febbraio 1994, che completa il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto e modifica la direttiva 77/388/CEE - Regime particolare applicabile ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione (GU 1994, L 60, pag. 16).

( 5 ) V. considerando 51 della direttiva 2006/112 e sentenza del 3 marzo 2011, Auto Nikolovi (C‑203/10, EU:C:2011:118, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

( 6 ) GU 2000, L 269, pag. 34.

( 7 ) V. sentenza del 28 aprile 2016, Oniors Bio (C‑233/15, EU:C:2016:305, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

( 8 ) Il corsivo è mio.

( 9 ) V. sentenza del 23 aprile 2015, GST – Sarviz Germania (C‑111/14, EU:C:2015:267, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

( 10 ) V. sentenza del 2 luglio 2015, NLB Leasing (C‑209/14, EU:C:2015:440, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

( 11 ) V. sentenza del 10 novembre 2011, The Rank Group (C‑259/10 e C‑260/10, EU:C:2011:719, punto 36).

( 12 ) V. sentenza del 19 luglio 2012, A (C‑33/11, EU:C:2012:482, punto 32 e giurisprudenza ivi citata). V., inoltre, sentenza del 15 novembre 2012, Zimmermann (C‑174/11, EU:C:2012:716, punto 48).

( 13 ) V. sentenza del 19 luglio 2012, A (C‑33/11, EU:C:2012:482, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

( 14 ) V., in tal senso, sentenze del 23 aprile 2009, Puffer (C‑460/07, EU:C:2009:254, punti 4546, e giurisprudenza ivi citata), e del 22 marzo 2012, Klub (C‑153/11, EU:C:2012:163, punto 42).

( 15 ) V., rispettivamente, l’articolo 297 A, III, del codice generale delle imposte (Francia) e l’articolo 56 ter-1, paragrafo 4, della legge riguardante l’imposta sul valore aggiunto (Lussemburgo).

( 16 ) BOI-TVA-SECT‑90-20-20150506.

( 17 ) Il corsivo è mio.