CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 2 giugno 2016 ( 1 )

Causa C‑148/15

Deutsche Parkinson Vereinigung eV

contro

Zentrale zur Bekämpfung unlauteren Wettbewerbs eV

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberlandesgericht Düsseldorf (Corte d’appello di Düsseldorf, Germania)]

«Libera circolazione delle merci — Articoli 34 e 36 TFUE — Prezzi imposti dallo Stato per medicinali soggetti a prescrizione — Misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa — Modalità di vendita — Giustificazione per ragioni di sanità pubblica»

I – Introduzione

1.

La Corte è stata chiamata ad occuparsi di questioni vertenti sull’articolo 36 TFUE ( 2 ) prima di affrontare quelle in materia di effetto diretto o di primato ( 3 ). Decidere tra l’interesse dell’Unione europea alla libera circolazione e gli interessi degli Stati membri nel perseguire obiettivi non economici di ordine pubblico è un compito delicato che non è diminuito con il passare del tempo. Al contrario, le stesse questioni giuridiche si ripropongono in contesti di fatto diversi. La presente causa testimonia come le disposizioni del Trattato in materia di mercato interno e, in particolare, quelle attinenti alla libera circolazione delle merci continuino a costituire il cuore della struttura giuridica dell’UE e della sua costituzione economica.

2.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Oberlandesgericht Düsseldorf (Corte d’appello di Düsseldorf, Germania) e diretta a stabilire se sia conforme agli articoli 34 e 36 TFUE un sistema nel quale i medicinali soggetti a prescrizione possono essere soggetti a prezzi unitari, illustra chiaramente la rilevanza delle disposizioni in materia di libera circolazione delle merci.

3.

Indipendentemente da tale aspetto, e in maniera meno ovvia, la presente causa fornisce un ulteriore esempio dell’importanza del rinvio pregiudiziale. A seguito delle divergenze insorte nella giurisprudenza di due degli organi giurisdizionali supremi tedeschi, il Bundessozialgericht (Corte federale per la legislazione in materia sociale) e il Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione), quanto alla legittimità delle disposizioni di cui trattasi rispetto agli articoli 34 e 36 TFUE, il Gemeinsamer Senat (Sezione Unita) delle Corti federali superiori ( 4 ) ha stabilito che le disposizioni in parola sono conformi al diritto dell’Unione ( 5 ). Se non fosse per l’Oberlandesgericht Düsseldorf – che, a mio avviso, correttamente, solleva dubbi quanto a detta conformità – la causa non sarebbe mai arrivata dinanzi alla Corte.

4.

Infine, occorre dire le cose come stanno: questa è la terza volta che la Corte è chiamata a valutare la compatibilità di una misura tedesca con le disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione nell’ambito del tentativo di accedere al mercato tedesco da parte della farmacia olandese DocMorris. Nella prima causa, Deutscher Apothekerverband eV/0800 DocMorris NV e Jacques Waterval ( 6 ), la Corte è stata chiamata a stabilire se un divieto tedesco di vendita per corrispondenza di medicinali la cui vendita è riservata esclusivamente alle farmacie nello Stato membro considerato fosse compatibile con gli articoli 34 e 36 TFUE. La Corte ha stabilito che, benché la misura in esame costituisse una misura di effetto equivalente ai sensi dell’articolo 34 TFUE, l’articolo 36 TFUE poteva essere invocato rispetto ai medicinali soggetti a prescrizione in Germania, ma non rispetto a quelli che non lo erano. La seconda causa, le cause riunite Apothekerkammer des Saarlandes e a./Saarland, Ministerium für Justiz, Gesundheit und Soziales (C‑171/07) e Helga Neumann-Seiwert/Saarland, Ministerium für Justiz, Gesundheit und Soziales (C‑172/07) ( 7 ), verteva sulla questione se le disposizioni del Trattato in materia di stabilimento ( 8 ) ostassero alla normativa tedesca che impedisce a soggetti che non hanno il titolo di farmacista di possedere e gestire farmacie (il cosiddetto «Fremdbesitzverbot»). La Corte ha stabilito che la libertà di stabilimento non osta al «Fremdbesitzverbot».

5.

A seguito della prima causa DocMorris, la Germania ha modificato la propria normativa, autorizzando la vendita per corrispondenza non solo di medicinali non soggetti a prescrizione, ma anche di quelli soggetti. Sulla base delle informazioni fornite alla Corte, sembra che, almeno per un certo periodo, non vi fossero norme che imponessero prezzi unitari per i medicinali soggetti a prescrizione importati da altri Stati membri. Successivamente, tali norme sono poi state rese applicabili anche a detti prodotti. Ciò ci conduce al contesto normativo.

II – Contesto normativo

A – La legge tedesca sui medicinali

6.

L’articolo 78, paragrafo 1, prima frase, dell’Arzneimittelgesetz (legge sui medicinali; in prosieguo: l’«AMG») così recita:

«Il Ministero federale per l’Economia e la tecnologia è autorizzato a fissare

1.

fasce di prezzo per i medicinali distribuiti per la rivendita all’ingrosso, nelle farmacie o presso i veterinari (…)».

7.

L’articolo 78, paragrafo 2, dell’AMG è così formulato:

«I prezzi e le fasce di prezzo devono tener conto degli interessi legittimi dei consumatori di medicinali, dei veterinari, delle farmacie e del commercio all’ingrosso. Per i medicinali venduti solo in farmacia deve essere garantito un prezzo unitario per la vendita nelle farmacie (…)».

8.

Posto che la giurisprudenza degli organi giurisdizionali supremi tedeschi non era univoca nello stabilire se la disposizione in parola si applicasse anche ai medicinali soggetti a prescrizione ottenuti, per corrispondenza, da farmacie stabilite in un altro Stato membro, con la legge del 19 ottobre 2012 ( 9 ), il legislatore tedesco ha inserito nell’articolo 78, paragrafo 1, dell’AMG la seguente frase: «[l]’Arzneimittelpreisverordnung [regolamento sui prezzi dei medicinali], emanato sulla base della prima frase, si applica anche ai medicinali che sono fatti rientrare nell’ambito di applicazione della presente legge ai sensi dell’articolo 73, paragrafo 1, prima frase, punto 1a». Il richiamato punto 1a dell’articolo 73, paragrafo 1, dell’AMG riguarda medicinali che sono venduti per corrispondenza ai consumatori finali in Germania da parte di farmacie aventi sede in un altro Stato membro.

9.

Vista la divergente giurisprudenza dei giudici supremi tedeschi, con ordinanza del 22 agosto 2012, il Gemeinsamer Senat delle Corti federali superiori ha inoltre stabilito che l’AMG dovesse essere interpretato in tal senso anche nella sua formulazione iniziale.

B – Il regolamento tedesco sui prezzi dei medicinali

10.

L’Arzneimittelpreisverordnung prevede, per quanto qui di rilievo, che il produttore debba fissare per i suoi medicinali un prezzo (articolo 1) cui vengono applicate le maggiorazioni per la vendita all’ingrosso (articolo 2) e le maggiorazioni per la vendita in farmacia (articolo 3). Questo regolamento non si applica ai medicinali che non sono soggetti a prescrizione. L’articolo 7, paragrafo 1, punto 2, dell’Heilmittelgesetz (legge sui medicinali) vieta inoltre la concessione di sconti.

III – Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

11.

La Deutsche Parkinson Vereinigung eV (in prosieguo: la «DPV»), un’associazione registrata, è un’organizzazione di mutua assistenza avente come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita delle persone affette dal morbo di Parkinson e delle loro famiglie. Con lettera del luglio 2009, con cui promuoveva la sua collaborazione con la farmacia olandese DocMorris, che opera per corrispondenza, la DPV informava i suoi soci di un sistema di bonus in base al quale erano loro riconosciuti vari bonus in caso di acquisto dalla DocMorris di determinati medicinali per il morbo di Parkinson soggetti a prescrizione e acquistabili solo in farmacia.

12.

La Zentrale zur Bekämpfung unlauteren Wettbewerbs eV (in prosieguo: la «ZBW»), un’associazione di lotta contro la concorrenza sleale, ritiene che la suddetta pubblicità sia sleale ai sensi dell’articolo 4, punto 11, del Gesetz gegen den unlauteren Wettbewerb (legge contro la concorrenza sleale; in prosieguo: l’«UWG») in combinato disposto con l’articolo 78 dell’AMG, versione previgente, e con gli articoli 1 e 3 dell’Arzneimittelpreisverordnung, nonché ora, a seguito della modifica, con l’articolo 78, paragrafo 1, quarta frase, dell’AMG, dal momento che il modello pubblicizzato basato sui bonus contrasterebbe con la previsione ex lege di un prezzo unitario di vendita in farmacia.

13.

Il Landgericht (Tribunale) ha accolto il ricorso della ZBW e ha inibito alla DPV di promuovere, quando agisce in regime di concorrenza nell’ambito di una collaborazione con la farmacia DocMorris, operante per corrispondenza, il modello dei bonus di quest’ultima, se ciò avviene con modalità analoghe a quelle adottate con la missiva che ha dato origine alla presente controversia. Il Landgericht ha ritenuto che la domanda inibitoria fosse fondata in quanto la DPV, con la lettera controversa, avrebbe violato l’articolo 8, paragrafo 3, punto 2, l’articolo 3 e l’articolo 4, paragrafo 11, dell’UWG in combinato disposto con l’articolo 78 dell’AMG, nonché gli articoli 1 e 3 dell’Arzneimittelverordnung. A suo avviso, la missiva integrerebbe una pratica commerciale sleale della DPV in quanto il sistema di bonus pubblicizzato sarebbe inammissibile sotto il profilo della normativa in materia di concorrenza. Il Landgericht osservava inoltre che le disposizioni in parola sarebbero state applicabili, già all’epoca dei fatti, anche alle forniture effettuate dalla DocMorris, che non è stabilita in territorio tedesco. Ciò risulta oggi dall’articolo 78, paragrafo 1, quarta frase, dell’AMG, come modificato il 26 ottobre 2012.

14.

La DPV presentava impugnazione avverso la sentenza in parola, ribadendo la sua posizione, ossia che il ricorso della ZBW dovrebbe essere respinto.

15.

È nel contesto di detto procedimento che, con ordinanza del 24 marzo 2015, pervenuta alla Corte il 30 marzo 2015, l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Corte d’appello di Düsseldorf) ha sollevato le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 34 TFUE debba essere interpretato nel senso che un sistema di prezzi imposti previsto dal diritto nazionale per i medicinali soggetti a prescrizione costituisce una misura di effetto equivalente ai sensi dell’articolo 34 TFUE.

2)

In caso di risposta affermativa della Corte alla prima questione:

Se il sistema di prezzi imposti per i medicinali soggetti a prescrizione sia giustificato a norma dell’articolo 36 TFUE ai fini della tutela della salute e della vita delle persone, qualora esso sia l’unico sistema che consenta di garantire un approvvigionamento uniforme di medicinali della popolazione su tutto il territorio tedesco, ed in particolare nelle zone rurali.

3)

In caso di risposta affermativa della Corte anche alla seconda questione:

Quali requisiti debba soddisfare l’accertamento giudiziale dell’effettiva sussistenza della condizione di cui alla seconda parte della seconda questione».

IV – Analisi

A – Prima questione – Restrizione alla libera circolazione delle merci

16.

Un sistema di prezzi imposti previsto nel diritto nazionale applicabile ai medicinali soggetti a prescrizione costituisce una misura di effetto equivalente ai sensi dell’articolo 34 TFUE?

1. Dassonville

17.

La definizione di misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa è talmente nota che quasi non merita di essere ricordata. A partire dalla sentenza Dassonville, la Corte ha ritenuto che «[o]gni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari va considerata come una misura d’effetto equivalente a restrizioni quantitative» ( 10 ). Attualmente, la Corte tende a parlare di «misure» piuttosto che di «normativa commerciale degli Stati membri» ( 11 ), benché essa ritorni di tanto in tanto alla tradizionale formulazione della sentenza Dassonville ( 12 ). La Corte ha sintetizzato chiaramente l’obiettivo degli articoli 34 TFUE e seguenti come segue: «[r]isulta da giurisprudenza costante, a partire dalla sentenza (…) Dassonville (…), che [gli articoli 34 e 35 TFUE], inserit[i] nel loro contesto, devono essere intes[i] nel senso che ess[i] mirano ad eliminare qualsiasi ostacolo, diretto o indiretto, attuale o in potenza, alle correnti di scambi nel commercio intracomunitario» ( 13 ).

18.

I prezzi imposti sono una spina nel fianco di ogni operatore economico che non è presente su un mercato, posto che la concorrenza è determinata, per sua stessa natura, dal prezzo. Togliendo a un operatore economico la possibilità di scendere sotto un certo prezzo, lo si priva di un elemento che gli permette di essere competitivo. Le merci provenienti da Stati membri diversi dalla Germania si trovano così ad affrontare una serie di difficoltà quando cercano di accedere al mercato tedesco. Le disposizioni in parola possono ridurre le importazioni in Germania.

19.

Le disposizioni de quibus devono quindi essere qualificate, in linea con la sentenza Dassonville, come integranti una misura di effetto equivalente. Esse sono del tutto idonee a ostacolare gli scambi. Ciò è testimoniato anche dal calo, in Germania, delle vendite di medicinali soggetti a prescrizione da parte della DocMorris verificatosi dopo l’introduzione delle disposizioni in esame.

2. Keck

20.

Occorre poi esaminare se le disposizioni tedesche in esame costituiscano «talune modalità di vendita» ai sensi della giurisprudenza Keck e Mithouard. In caso affermativo, esse non ricadrebbero nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione delle merci.

21.

In quella che è probabilmente la più controversa decisione in materia di libera circolazione delle merci a norma del Trattato ( 14 ), la Corte ha stabilito, come noto, che «si deve ritenere, contrariamente a quanto sino ad ora statuito, che non può costituire ostacolo diretto o indiretto, in atto o in potenza, agli scambi commerciali tra gli Stati membri ai sensi della giurisprudenza Dassonville (…), l’assoggettamento di prodotti provenienti da altri Stati membri a disposizioni nazionali che limitino o vietino talune modalità di vendita, sempreché tali disposizioni valgano nei confronti di tutti gli operatori interessati che svolgano la propria attività sul territorio nazionale e sempreché incidano in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sullo smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri Stati membri» ( 15 ). La Corte ha poi dichiarato che, «ove tali requisiti siano soddisfatti, l’applicazione di normative di tal genere alla vendita di prodotti provenienti da un altro Stato membro e rispondenti alle norme stabilite da tale Stato non costituisce elemento atto ad impedire l’accesso di tali prodotti al mercato o ad ostacolarlo in misura maggiore rispetto all’ostacolo rappresentato per i prodotti nazionali. Normative siffatte esulano, quindi, dalla sfera di applicazione dell’articolo [34 TFUE]» ( 16 ).

22.

Ritengo che la sentenza Keck costituisca una risposta legittima della Corte al sempre maggiore affidamento, da parte degli operatori economici, sull’articolo 34 TFUE per ottenere dai giudici nazionali la rimozione di ogni misura atta a limitarli nell’esercizio della loro attività economica ( 17 ). Il problema non era, a mio avviso, tanto il numero dei casi sollevati, quanto piuttosto le questioni che essi implicavano ( 18 ). Un’interpretazione molto ampia dell’ambito di applicazione dell’articolo 34 TFUE comportava che la Corte dovesse occuparsi sempre più di questioni collegate solo marginalmente con l’effettiva libera circolazione delle merci e connesse piuttosto con delicate scelte di carattere sociale, quali gli orari di apertura dei negozi la domenica e così via.

23.

Tuttavia, i casi in cui la Corte ha effettivamente applicato l’eccezione prevista nella sentenza Keck sono rari ed essa non ha inoltre mai definito in modo esplicito cosa intenda, nello specifico, con «modalità di vendita» ( 19 ). Posto però che tali casi esistono, la sentenza Keck continua a spiegare effetti e deve essere esaminata nel caso di specie ( 20 ).

24.

Disposizioni, come quelle in esame, relative alla fissazione dei prezzi di determinati prodotti non possono, a prima vista, costituire «norme che dett[ano] requisiti ai quali le merci stesse devono rispondere (quali quelle riguardanti la denominazione, la forma, le dimensioni, il peso, la composizione, la presentazione, l’etichettatura, o il confezionamento» ( 21 ). Riferendosi a disposizioni nazionali sul prezzo dei libri, la Corte ha inoltre stabilito che, nei limiti in cui esse «non riguarda le caratteristiche di tali prodotti, ma esclusivamente le modalità secondo cui questi ultimi possono essere venduti», esse «riguarda[no] modalità di vendita ai sensi della citata sentenza Keck e Mithouard» ( 22 ) .

25.

Anche se, nella stessa causa, la Corte è arrivata a ritenere che le disposizioni in parola integrassero comunque una misura di effetto equivalente, in quanto esse determinavano «per i libri importati una disciplina distinta che ha l’effetto di trattare meno favorevolmente prodotti provenienti da altri Stati membri» ( 23 ), non mi sarei spinto a fare l’affermazione iniziale secondo cui una misura sui prezzi costituisce una modalità di vendita. Un prezzo fisso imposto per un determinato prodotto si avvicina di molto a una disposizione in materia di presentazione, etichettatura, o confezionamento. Dopo tutto, sui prodotti è spesso apposta un’etichetta fisica del prezzo che è parte del confezionamento. Inoltre, ogni misura che disciplina uno degli aspetti principali di un prodotto, come il prezzo, è a mio avviso, più di una modalità di vendita. Le misure sul prezzo incidono direttamente sul vantaggio competitivo di un operatore economico e sono molto più invasive, dal punto di vista degli operatori economici e delle regole in materia di libera di circolazione, ad esempio, del divieto di vendita in perdita o di disposizioni che regolamentano gli orari di apertura dei negozi. Esse non dovrebbero essere considerate «modalità di vendita». Ho quindi grandi difficoltà a qualificare una misura di fissazione del prezzo come modalità di vendita, con la conseguenza che occorre poi analizzare se la misura precluda l’accesso al mercato e/o sia discriminatoria.

26.

A mio avviso, sarebbe invece sufficiente esaminare se siano o meno soddisfatte le condizioni poste nella sentenza Dassonville. Ad ogni modo, tenuto conto della giurisprudenza esistente, analizzerò le disposizioni in esame come se esse costituissero «modalità di vendita».

27.

Un prezzo unitario per la vendita al dettaglio nelle farmacie, come quello oggetto della causa in esame, si applica indubbiamente, in diritto, sia alle farmacie tedesche che a quelle non tedesche e, per analogia, sia ai prodotti tedeschi che a quelli importati.

28.

La Germania afferma che lo stesso si può dire della situazione di fatto. Anche il Gemeinsamer Senat delle Corti federali superiori ritiene che il sistema dei prezzi imposti si applichi, in diritto come in fatto, allo stesso modo, alle farmacie nazionali e a quelle straniere ( 24 ).

29.

Di contro, la Commissione europea ritiene che si tratti di una misura di effetto equivalente. Essa sostiene che il sistema di prezzi imposti graverebbe in misura maggiore sulle farmacie straniere, in quanto esse potrebbero compensare lo svantaggio derivante dall’aver accesso al mercato tedesco solo per corrispondenza unicamente con il vantaggio derivante dalla possibilità di vendere i propri prodotti conformemente alle norme in materia di fissazione dei prezzi dello Stato membro in cui esse hanno la sede. Invece, per le farmacie tedesche la vendita per corrispondenza sarebbe soltanto un circuito di distribuzione aggiuntivo.

30.

Come osservano correttamente la DPV, il governo olandese e la Commissione, le farmacie che non sono stabilite in Germania hanno solo un mezzo per accedere al mercato tedesco, ossia le vendite online. La principale ragione di ciò è il «Fremdbesitzverbot» tedesco, ossia il fatto che il diritto di possedere e gestire una farmacia è limitato ai soli farmacisti ( 25 ). Una farmacia operante online stabilita al di fuori della Germania che intende commercializzare i suoi prodotti in tale paese si vede precluso ogni accesso al mercato tedesco se non può competere sui prezzi.

31.

La causa in esame presenta però implicazioni più ampie.

32.

Le misure che si applicano in diritto, ma non in fatto, allo stesso modo sono note, di norma, come misure discriminatorie indirette. L’accertamento di una discriminazione è sempre una questione delicata. Esso dipende dal termine di paragone da applicare, come mostra chiaramente la causa in esame. Se, in linea con il Gemeinsamer Senat, si ricorre quale termine di paragone alle farmacie online, risulta difficile individuare una discriminazione indiretta. Una farmacia con sede ad Amburgo (Germania) e una con sede a Heerlen (Paesi Bassi) che intendono rifornire pazienti a Treviri (Germania) saranno, di fatto, trattate allo stesso modo.

33.

Non è però questo il punto di vista corretto da cui analizzare la questione della discriminazione (indiretta) nel caso in esame.

34.

Non sono di certo le farmacie online a dover essere confrontate, ma le farmacie in generale. Emerge così un quadro diverso, per il semplice fatto che, come correttamente osservato dalla DPV, le farmacie tedesche e quelle non tedesche si avvalgono di Internet a livelli differenti. Di norma, una farmacia già presente in Germania ricorrerà a Internet, se vi ricorrerà, in modo limitato, mentre una farmacia con sede al di fuori della Germania non dispone, oltre ad Internet, di altri mezzi per rifornire clienti in Germania. In altri termini, mentre per una farmacia tedesca le vendite per corrispondenza costituiscono solo un canale di distribuzione aggiuntivo, per quelle non tedesche si tratta invece dell’unico canale di distribuzione.

35.

Nella sentenza Deutscher Apothekerverband, la Corte ha stabilito che un divieto di vendita di medicinali per corrispondenza arrecava «un pregiudizio più significativo alle farmacie situate fuori della Germania che a quelle situate sul territorio tedesco» ( 26 ). Essa dichiarava poi che, se rispetto a queste ultime è difficilmente contestabile che tale divieto le privi di un mezzo supplementare o alternativo per raggiungere il mercato tedesco dei consumatori finali di medicinali, cionondimeno esse conservano la possibilità di vendere i medicinali nelle loro farmacie. Internet costituirebbe invece un mezzo più importante per le farmacie che non sono stabilite sul territorio tedesco per raggiungere direttamente tale mercato. Un divieto che colpisse in misura maggiore le farmacie stabilite al di fuori del territorio tedesco potrebbe essere tale da ostacolare maggiormente l’accesso al mercato dei prodotti provenienti da altri Stati membri rispetto a quello dei prodotti nazionali ( 27 ).

36.

Nella sentenza Ker Optika, la Corte ha esteso tale ragionamento ad un divieto di vendita per corrispondenza di lenti a contatto. Essa ha ritenuto che un siffatto divieto privasse gli operatori provenienti da altri Stati membri di una modalità particolarmente efficace di commercializzazione di tali prodotti e, pertanto, ostacolasse considerevolmente l’accesso di questi ultimi al mercato dello Stato membro interessato ( 28 ).

37.

In una situazione in cui l’effetto di una misura è quello di bloccare o quantomeno di ridurre l’accesso al mercato alle farmacie online, che sono tipicamente straniere, così da mantenere una struttura solida per le farmacie fisiche, ritengo sia impossibile parlare di modalità di vendita indistintamente applicabili. Sarei pertanto del parere che la misura tedesca controversa, discriminando indirettamente le farmacie non tedesche, non integri una determinata «modalità di vendita» ai sensi della sentenza Keck e Mithouard e rappresenti in effetti un ostacolo al commercio di medicinali provenienti da altri Stati membri.

38.

Ciò mi porta a formulare una considerazione finale circa la classificazione delle disposizioni tedesche: la mia conclusione non è soltanto pienamente in linea con la formulazione della sentenza Keck e Mithouard, ma anche con la sua ratio, come sopra descritta. Questioni delicate di natura non economica che sono solo marginalmente collegate alla libera circolazione in quanto tale (e che non sono discriminatorie) dovrebbero essere lasciate agli Stati membri. Non vedo spazio per una tale attenzione quando la misura va a limitare la concorrenza e l’accesso al mercato degli operatori economici stranieri. Una misura siffatta è ben lontana dalle norme in materia di vendite sottocosto ( 29 ), dalle cause sulle aperture domenicali degli esercizi commerciali ( 30 ) o da quelle sulle restrizioni alla pubblicità ( 31 ).

B – Seconda e terza questione – Giustificazione per motivi di sanità pubblica

39.

Con la seconda e la terza questione, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede essenzialmente se le disposizioni di cui trattasi siano giustificate da motivi «di tutela della salute e della vita delle persone» ai sensi dell’articolo 36 TFUE. ( 32 )

1. Motivo di giustificazione invocato: la salute pubblica

40.

A partire dalla sentenza De Peijper, la prima causa vertente sull’eccezione relativa alla sanità pubblica, è giurisprudenza costante della Corte che «fra i beni o gli interessi protetti dall’articolo 36[ TFUE], la salute e la vita delle persone occupano il primo posto e spetta agli Stati membri, entro i limiti imposti dal Trattato, stabilire il livello al quale essi intendono assicurarne la tutela (...)» ( 33 ).

41.

La Germania, che richiama detto motivo di giustificazione, sottolinea che la misura di cui trattasi è necessaria, in primo luogo, a garantire un approvvigionamento uniforme di farmaci in tutta la Germania, in secondo luogo, a garantire la qualità di detta fornitura e tutelare i pazienti e, in terzo luogo, a controllare l’andamento dei costi nel settore sanitario.

42.

L’ultimo punto del motivo di giustificazione non può essere invocato. Posto che l’articolo 36 TFUE «contempla delle ipotesi di natura non economica» ( 34 ), le misure dirette a ridurre i costi dei sistemi previdenziali non possono essere giustificate per ragioni di salute ai sensi dell’articolo 36 TFUE ( 35 ). Solo il rischio di grave alterazione dell’equilibrio finanziario del sistema previdenziale può costituire un motivo imperativo di interesse generale ( 36 ), che, vista la natura eccezionale di tale motivo di giustificazione, chiaramente non ricorre nel caso di specie ( 37 ). A prescindere da quanto precede, se i prezzi non fossero imposti e la concorrenza aumentasse, ciò potrebbe di fatto portare a una contrazione dei prezzi con conseguenti potenziali benefici per i sistemi di previdenza sociale.

43.

Rispetto agli altri due punti del motivo di giustificazione, la Corte ha riconosciuto che, in linea di principio, il motivo di giustificazione attinente alla «salute» comprende misure relative alla necessità di fornire una consulenza personalizzata al cliente e di assicurare la tutela del medesimo al momento della consegna dei medicinali, nonché la necessità di controllare l’autenticità delle ricette mediche e di garantire un approvvigionamento in medicinali esteso e adeguato ai bisogni ( 38 ).

2. Proporzionalità

44.

In tale contesto, intendo esaminare la proporzionalità della misura tedesca rispetto alla necessità di garantire un approvvigionamento uniforme di medicinali su tutto il territorio tedesco, la qualità di detto approvvigionamento e la tutela dei pazienti. Nel farlo esaminerò l’idoneità e la necessità delle disposizioni controverse.

45.

In termini generali, la Germania ( 39 ) non presenta la presente causa come un tipico caso in cui l’applicazione delle disposizioni in materia di libera circolazione porterebbe a conseguenze disastrose in tale paese ( 40 ). La questione non sembra vertere sul riconoscimento reciproco o sull’affidamento reciproco ( 41 ). L’argomentazione della Germania è più radicale: un’asserita eccessiva concorrenza, ivi compresi prezzi inferiori per i pazienti e una circolazione più libera dei medicinali tra gli altri Stati membri e la Germania, avrebbe conseguenze negative per la tutela della sanità pubblica in Germania. Il fallimento, inevitabile, del mercato porterebbe a una concentrazione delle farmacie in determinate zone, lasciando indietro chi vive in zone isolate, le persone con mobilità ridotta, le persone maggiormente vulnerabili e gli anziani.

46.

La Germania teme che, in presenza di una maggiore concorrenza, le farmacie tradizionali tedesche di vendita al dettaglio, impegnate a garantire un elevato livello di professionalità nell’attività di consulenza che offrono ai clienti, sarebbero costrette a ridurre la qualità di tali servizi per tenere il passo con la concorrenza.

47.

Mi risulta difficile immaginare che, in condizioni di accresciuta concorrenza, i farmacisti ridurrebbero la qualità dei loro servizi. Mi aspetterei il contrario. Mi permetto di citare, al riguardo, l’avvocato generale Poiares Maduro che argomenta, nello stesso senso, con incisività ed eleganza, nella causa Blanco Perez ( 42 ).

a) Idoneità

48.

Al fine di soddisfare il requisito di proporzionalità, la misura deve anzitutto essere idonea (o appropriata o adeguata) ( 43 ) a garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito. Tale idoneità a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito può essere ammessa solo se risponde realmente all’intento di raggiungere quest’ultimo in modo coerente e sistematico ( 44 ). In generale, la Corte riconosce un ampio margine discrezionale agli Stati membri in tale fase ( 45 ). Se la misura nazionale non incide sul motivo di giustificazione, allora essa non è idonea. Lo stesso vale per una misura adottata sulla base di un errore manifesto di valutazione ( 46 ).

i) Approvvigionamento uniforme

49.

La ZBW e il governo tedesco ritengono che le disposizioni in questione siano idonee a garantire un approvvigionamento di medicinali uniforme e completo su tutto il territorio tedesco.

50.

Il Gemeinsamer Senat ha inoltre stabilito, tenuto conto del margine discrezionale riconosciuto al legislatore, che il sistema fosse giustificato in quanto non sembrerebbe esistere un altro concreto sistema che sia idoneo, come il sistema di prezzi imposti, a contrastare, nell’interesse di un approvvigionamento di medicinali sicuro e qualitativamente di alto livello alla popolazione, il pericolo di una rovinosa concorrenza di prezzo tra le farmacie, a garantire un approvvigionamento uniforme della popolazione in medicinali soggetti a prescrizione e a ridurre il rischio di un’assunzione errata o eccessiva degli stessi ( 47 ).

51.

Il collegamento tra la misura tedesca e l’obiettivo perseguito, ossia l’approvvigionamento uniforme di medicinali, mi sembra troppo labile, circostanza questa che mi porta a ritenere che la misura di cui trattasi non sia idonea a raggiungere l’obiettivo perseguito, per le ragioni di seguito indicate.

52.

In primis, come osserva correttamente la Commissione, non è il numero di farmacie a garantire automaticamente una copertura uniforme e completa su tutto il territorio tedesco. Chi può dire se un numero maggiore di farmacie comporterà un servizio migliore proprio nelle zone isolate e/o in quelle in cui vivono molte persone anziane? Al contrario, la concorrenza sui prezzi tra le farmacie potrebbe contribuire a una copertura uniforme dei medicinali. Ritengo che le aree isolate sarebbero meglio servite se si permettesse alle farmacie online di entrare in concorrenza. Le persone con ridotta mobilità potrebbero trarre grande beneficio dalla possibilità di ordinare online i medicinali e di riceverli in consegna direttamente a casa loro. Tali persone, anche se non sono pratiche della presunta complessità degli ordini online, hanno spesso qualcuno al proprio fianco (un assistente domiciliare, un figlio, un nipote, un vicino, ecc.) che lo è.

53.

In secondo luogo, per quanto riguarda i medicinali soggetti a prescrizione, occorrerebbe concentrarsi non tanto sulle farmacie, quanto piuttosto sul numero di medici. All’origine del problema si colloca di certo la cosiddetta «Ländlicher Ärztemangel», ossia la carenza di medici, in particolare nelle zone isolate, e non il numero di farmacie. Di norma, dove non c’è un medico che prescrive medicinali, non ci sarà una farmacia.

54.

In terzo luogo, quanto alla più delicata e sensibile questione dell’approvvigionamento in situazioni di emergenza, non si dovrebbe dimenticare che la Germania ha affrontato tale aspetto con una legge specifica, l’Apothekennotdienstsicherstellungsgesetz ( 48 ). La legge in parola, il cui obiettivo è quello di garantire un approvvigionamento uniforme e completo di medicinali in tutta la Germania, in particolare nelle aree rurali, al di fuori dei normali orari di apertura delle farmacie, prevede meccanismi di assistenza finanziaria alle farmacie che garantiscono il servizio di fornitura di emergenza di cui trattasi mediante un fondo amministrato dal Deutscher Apothekerverband. Sui medicinali venduti è riscosso un diritto. Per inciso, dalle informazioni disponibili risulta che anche i medicinali importati in Germania sono soggetti a detto diritto, il che significa che le farmacie straniere che vendono i loro prodotti sul mercato tedesco contribuiscono finanziariamente al fondo de quo ( 49 ).

55.

Non riesco a vedere come le disposizioni in esame possano anche contribuire a garantire l’approvvigionamento uniforme di medicinali.

ii) Qualità dell’approvvigionamento

56.

Per quanto riguarda la qualità dell’approvvigionamento, non si insisterà mai abbastanza sul fatto che oggetto della presente causa sono i medicinali soggetti a prescrizione. Desidero, a tal riguardo, ricordare la sentenza Venturini, in cui la Corte ha stabilito che «è irrilevante (…) il numero degli esercizi commerciali che vendono i medicinali soggetti a prescrizione, inclusi quelli che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, ma sono pagati interamente dall’acquirente. Dato che solo i medici sono autorizzati a prescrivere tali medicinali, né i titolari di farmacie né i titolari di parafarmacie hanno influenza diretta sul volume di distribuzione di detti medicinali e non possono quindi contribuire al loro eventuale sovra consumo» ( 50 ). Il prezzo di un medicinale non incide quindi sulla quantità di medicinali soggetti a prescrizione forniti a un paziente. I farmacisti hanno le mani legate.

iii) «Incertezze sull’esistenza o la portata di rischi per la salute delle persone»

57.

In questo contesto occorre inoltre ricordare che l’onere di provare il carattere giustificato e proporzionato grava sulla Germania. È detto Stato membro a dover provare l’idoneità della misura di cui trattasi. La Germania non ha fornito alcuna prova a sostegno della propria normativa. Essa richiama invece la costante giurisprudenza della Corte, in base alla quale «qualora sussistano incertezze sull’esistenza o la portata di rischi per la salute delle persone, lo Stato membro deve poter adottare misure di protezione senza dover attendere che la realtà di tali rischi sia pienamente dimostrata». Essa rimanda, a tal proposito, anche al principio di precauzione.

58.

La suddetta affermazione merita di essere meglio esaminata.

– Origine: giurisprudenza sul principio di precauzione

59.

In effetti, la Corte ripropone con regolarità tale passaggio. Esso trova origine nella giurisprudenza sul principio di precauzione. A quanto mi consta, esso è stato impiegato per la prima volta dalla Corte con riferimento alle istituzioni dell’Unione nel 1998 in due sentenze emanate nell’ambito della crisi della BSE [encefalopatia spongiforme bovina] ( 51 ). Da allora, esso è stato impiegato sia in relazione a misure delle istituzioni dell’Unione sia rispetto a misure degli Stati membri, in deroga alle disposizioni in materia di libera circolazione. Tutti i suddetti casi erano infatti accumunati dal fatto che mancava ogni certezza scientifica sull’esistenza o sulla portata di rischi per la salute delle persone. Essi vertevano, di norma, su prodotti alimentari arricchiti con vitamine o in altro modo ( 52 ), su nuovi prodotti alimentari ( 53 ), sugli obblighi di etichettatura applicabili agli alimenti e agli ingredienti alimentari consistenti in OGM o derivati da OGM ( 54 ) e, di nuovo, sulla BSE ( 55 ).

60.

In alcune occasioni, l’avvocato generale ha fatto riferimento al principio di precauzione, ma non la Corte.

61.

Nell’ambito di una causa in materia di mangimi composti, l’avvocato generale Tizzano proponeva, ad esempio, alla Corte di negare l’applicazione del principio di precauzione e specificava che la direttiva 2002/2/CE ( 56 ) non era «una misura specifica di gestione del rischio di natura provvisoria che vieta determinati prodotti o pratiche sulla cui pericolosità esistano dubbi scientifici. Si tratta invece di un atto normativo di portata generale che, allo scopo di migliorare il livello di protezione della salute pubblica (v. quarto e quinto “considerando”), armonizza i requisiti di etichettatura dei mangimi in maniera più restrittiva rispetto al passato» ( 57 ). Senza nemmeno menzionare il principio di precauzione, la Corte seguiva il ragionamento dell’avvocato generale e dichiarava che la direttiva in questione non era sproporzionata ( 58 ).

– Estensione alle farmacie

62.

Nel 2009 vi è stata una svolta nella giurisprudenza della Corte. Quest’ultima ha iniziato a fare riferimento alla «incertezze sull’esistenza o la portata di rischi per la salute delle persone» in contesti diversi da quelli sopra descritti.

63.

La causa Commissione/Italia verteva su una normativa che riservava il diritto di gestire una farmacia al dettaglio privata alle sole persone fisiche laureate in farmacia e alle società di gestione composte esclusivamente da soci farmacisti e su disposizioni normative che sancivano l’impossibilità, per le imprese di distribuzione di prodotti farmaceutici (in prosieguo: le «imprese di distribuzione»), di acquisire partecipazioni nelle società di gestione di farmacie comunali ( 59 ). La causa Apothekerkammer des Saarlandes e a. riguardava disposizioni di diritto nazionali che riservavano ai farmacisti il diritto di possedere una farmacia ( 60 ).

64.

In entrambi le suddette cause, la Corte, nel riferirsi alla giurisprudenza sul principio di precauzione, si serviva della succitata formula. Essa non menzionava però ulteriormente il suddetto principio in quanto tale.

65.

La Corte apportava tuttavia una precisazione importante, aggiungendo, in primo luogo, che uno Stato membro può adottare le misure che riducono, per quanto possibile, un rischio per la sanità pubblica, ivi compreso, in particolare, un rischio per la fornitura di medicinali sicura e di qualità alla popolazione ( 61 ); in secondo luogo, che occorre sottolineare il carattere del tutto particolare dei medicinali, che si distinguono sostanzialmente dalle altre merci per via dei loro effetti terapeutici ( 62 ); in terzo luogo, che in ragione di tali effetti terapeutici, i medicinali possono nuocere gravemente alla salute se assunti senza necessità o in modo sbagliato, senza che il paziente possa esserne consapevole al momento della loro somministrazione ( 63 ), e, in quarto luogo, che un consumo eccessivo o un uso sbagliato di medicinali comporta inoltre uno spreco di risorse finanziarie, tanto più grave se si considera che il settore farmaceutico genera costi considerevoli e deve rispondere a bisogni crescenti, mentre le risorse finanziarie che possono essere destinate alla sanità, qualunque sia il modo di finanziamento utilizzato, non sono illimitate ( 64 ).

66.

In tali cause la Corte ha ritenuto, in definitiva, che gli Stati membri possano sottoporre le persone che si occupano della distribuzione dei medicinali al dettaglio a condizioni severe, con riferimento in particolare alle modalità di commercializzazione di questi ultimi e alla finalità di lucro ( 65 ).

67.

Nella sentenza Blanco Pérez e Chao Gómez, la Corte abbandonava persino la precisazione di cui al paragrafo che precede, eccezion fatta per un aspetto. Chiamata a stabilire sino a che punto uno Stato membro possa intervenire con la propria disciplina al fine di evitare una concentrazione di farmacie in determinate aree, la Corte ripeteva la suddetta formula ( 66 ), ma affermava poi che uno Stato membro può adottare, tenuto conto del rischio di penuria di farmacie in talune parti del suo territorio, una normativa che preveda l’apertura di non più di una farmacia per un certo numero di abitanti ( 67 ).

68.

La Corte ha ripetuto la medesima affermazione nella sentenza Venturini ( 68 ).

– Nel caso di specie: assenza di incertezze sull’esistenza o sulla portata di rischi per la salute delle persone

69.

L’estensione, a partire dal 2009, della suddetta formula alle farmacie è infelice in quanto ingenera confusione circa la sua origine e il reale oggetto del il principio di precauzione: la gestione del rischio in un contesto di incertezza scientifica. Esso si applica sia quando la portata di un rischio è incerta che quando ne è dubbia la sua stessa esistenza. Esso non viene però in considerazione quando ad essere incerta è l’efficacia di una scelta politica diretta ad affrontare un rischio preventivamente individuato ( 69 ). La precauzione non deve essere confusa con la prevenzione. In quest’ultima nozione non vi è alcun elemento di incertezza quanto all’esistenza o alla portata di un rischio. Nel caso della prevenzione, il pericolo è individuato ( 70 ).

70.

Le cause sopra citate, a partire dal 2009, tuttavia, riguardavano le farmacie e non implicavano alcuna incertezza scientifica circa il rischio per la salute di un abuso o di un consumo eccessivo di medicinali. Inoltre, tali prodotti si trovano già legalmente sul mercato a seguito di un rigoroso processo di immissione in commercio. L’incertezza è limitata alla fattibilità o all’efficacia delle misure previste.

71.

Il principio di precauzione non svolge quindi un ruolo determinante nel dirimere il caso di specie. Ritengo pertanto che la Corte dovrebbe fare a meno di ricorrere, a sostegno delle sue argomentazioni, all’espressione «incertezze sull’esistenza o la portata di rischi per la salute delle persone».

iv) Onere della prova

72.

Come sopra evidenziato, l’onere di provare le ragioni per cui una misura è giustificata sulla base dell’articolo 36 TFUE grava sullo Stato membro. Ciò costituisce giurisprudenza consolidata della Corte ( 71 ). Come illustrato da una dottrina autorevole in materia, «la Corte non ha esitato ad applicare detta regola nei casi in cui è la vita umana ad essere a rischio» ( 72 ). È importante osservare che essa è applicata nel contesto sia dei rinvii pregiudiziali che delle procedure di infrazione. Negli anni, la Corte ha precisato tale principio come volto a imporre specifici obblighi a carico degli Stati membri. Essa ha stabilito che un rischio «deve essere valutato non già alla stregua di considerazioni di ordine generale, bensì alla luce di specifiche ricerche scientifiche» ( 73 ).

73.

La Corte ricorre oggi, di norma, alla seguente formula: «[l]e giustificazioni che possono essere addotte da uno Stato membro devono essere corredate di un’analisi dell’idoneità e della proporzionalità del provvedimento adottato dallo Stato medesimo, nonché da precisi elementi che consentano di avvalorarne il ragionamento» ( 74 ).

74.

Tale prova non è stata fornita.

75.

Le disposizioni tedesche non sono quindi idonee a conseguire l’obiettivo della tutela della sanità pubblica.

b) Necessità

76.

Avendo concluso che le disposizioni tedesche non sono idonee a raggiungere gli obiettivi perseguiti, posso essere, sul punto, più sintetico.

77.

Come osserva la DPV, prima dell’adozione delle disposizioni in parola, il governo tedesco aveva sostenuto per un certo periodo un sistema che prevedeva un tetto ai prezzi, in luogo di prezzi imposti. Si tratta, dal punto di vista delle farmacie che operano per corrispondenza e sotto il profilo della libera circolazione dei medicinali nell’Unione, di una misura meno restrittiva, in quanto permette alle suddette farmacie di competere sui prezzi.

78.

Non compete ovviamente alla Corte interferire nei processi politici e democratici nazionali e compromettere determinate scelte politiche. Basti osservare tuttavia che, come abbiamo appena visto, esistono misure alternative che potrebbero essere adottate in luogo del sistema dei prezzi imposti.

c) Ulteriori considerazioni sulla proporzionalità

79.

Infine, in merito alla proporzionalità, vorrei collocare il ragionamento da me compiuto supra nel contesto di un passaggio della prima sentenza DocMorris. Come noto, al punto 119 della suddetta sentenza la Corte ha stabilito che «la necessità di poter verificare in modo efficace e responsabile l’autenticità delle ricette compilate dai medici e di assicurare in tal modo la consegna del medicinale sia al cliente stesso sia ad una persona incaricata da quest’ultimo di ritirarlo sarebbe tale da giustificare un divieto di vendita per corrispondenza» ( 75 ). Sulla base di questo passaggio, ci si potrebbe chiedere se sia possibile ammettere un tale divieto invocando al contempo l’inadeguatezza di una misura che è il «male minore» dal punto di vista del mercato interno.

80.

La risposta è: «sì, è possibile».

81.

Una volta che uno Stato membro ha deciso, di propria iniziativa, di ammettere le vendita per corrispondenza di medicinali soggetti a prescrizione, la misura in parola deve essere esaminata, nel singolo caso, sotto il profilo della sua idoneità, coerenza e concordanza. Se così non fosse, uno Stato membro, per il solo fatto di aver autorizzato tali vendite, avrebbe carta bianca senza alcuna possibilità di sindacato giurisdizionale e gli operatori economici stranieri non potrebbero beneficiare dei diritti loro derivanti dalle libertà fondamentali, in particolare (e nel caso di specie), dall’articolo 34 TFUE.

V – Conclusione

82.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni poste dall’Oberlandesgericht Düsseldorf (Corte d’appello di Düsseldorf) come segue:

Gli articoli 34 e 36 TFUE ostano a un sistema di prezzi imposti, previsto da una normativa nazionale, applicabile ai medicinali soggetti a prescrizione come quello contenuto nell’articolo 78 dell’Arzneimittelgesetz tedesco in combinato disposto con l’Arzneimittelpreisverordnung tedesco.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Precedentemente articolo 30 CE (Trattato di Amsterdam) e articolo 36 CEE (Trattato di Roma).

( 3 ) La prima sentenza sull’articolo 36 TFUE (allora CEE), Commissione/Italia (7/61, EU:C:1961:31), è stata emessa il 19 dicembre 1961, mentre la sentenza nella causa van Gend & Loos (26/62, EU:C:1963:1) risale al 5 febbraio 1963 e quella nella causa Costa (6/64, EU:C:1964:66) al 15 luglio 1964.

( 4 ) Il suddetto Gemeinsamer Senat, previsto nell’articolo 95, paragrafo 3, della legge fondamentale (Costituzione) tedesca e che, in forza di detta disposizione, mira a «garantire l’uniformità delle decisioni» degli organi giurisdizionali supremi tedeschi, è un organismo ad hoc convocato solo in occasioni straordinarie in presenza di difformità nella giurisprudenza degli organi giurisdizionali supremi tedeschi. Il Gemeinsamer Senat adotta una decisione vincolante sulla causa. I suoi compiti precisi e la sua composizione sono definiti in una specifica legge, il «Gesetz zur Wahrung der Einheitlichkeit der Rechtsprechung der obersten Gerichtshöfe des Bundes» (legge sul mantenimento dell’unitarietà della giurisprudenza degli organi giurisdizionali supremi del Bund), del 19 giugno 1968, BGBl. I, pagg. 661‑664.

( 5 ) V. GmS‑OGB, ordinanza del 22 agosto 2012, disponibile alla pagina: https://openjur.de/u/617231.html. Questa decisione, l’ultima emanata dal Gemeinsamer Senat, è invero solo la quattordicesima pronuncia dalla sua istituzione nel 1968, v. https://openjur.de/gericht_e-235-0-ed-desc.html.

( 6 ) Sentenza dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband (C‑322/01, EU:C:2003:664).

( 7 ) Sentenza del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316).

( 8 ) Articoli 49 e 54 TFUE.

( 9 ) V. articolo 1, punto 62, dello Zweites Gesetz zur Änderung arzneimittelrechtlicher und anderer Vorschriften (seconda legge di modifica della normativa relativa ai medicinali e di altre disposizioni), del 19 ottobre 2012, BGBl. I, pagg. 2192‑2227, in particolare pag. 2212.

( 10 ) V. sentenza dell’11 luglio 1974, Dassonville (8/74, EU:C:1974:82, punto 5).

( 11 ) V., a titolo esemplificativo, sentenze dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband (C‑322/01, EU:C:2003:664, punto 66), e del 15 novembre 2007, Commissione/Germania (C‑319/05, EU:C:2007:678, punto 80).

( 12 ) V., ad esempio, sentenze del 16 gennaio 2014, Juvelta (C‑481/12, EU:C:2014:11, punto 16); del 10 febbraio 2009, Commissione/Italia (C‑110/05, EU:C:2009:66, punto 33), e del 30 aprile 2009, Fachverband der Buch- und Medienwirtschaft (C‑531/07, EU:C:2009:276, punto 16).

( 13 ) V. sentenza del 12 giugno 2003, Schmidberger (C‑112/00, EU:C:2003:333, punto 56).

( 14 ) V., tra tanti, Mattera, A., «De l’arrêt “Dassonville” à l’arrêt “Keck”: l’obscure clarté d’une jurisprudence riche en principes novateurs et en contradictions», Revue du marché unique européen, 1994, n. 1 pagg. 117-160; Gormley, L., «Reasoning Renounced? The Remarkable Judgment in Keck & Mithouard», European Business Law Review, 1994, pagg. 63-67; Steindorff, E., «Unvollkommener Binnenmarkt», Zeitschrift für das gesamte Handelsrecht und Wirtschaftsrecht, 1994, pagg. 149-169; Lenz, C.O., «Ein undeutlicher Ton», Neue juristische Wochenschrift, 1994, pagg. 1633-1634. A difesa della sentenza Keck, v. Joliet, R. [uno dei giudici incaricati di tale sentenza], «Der freie Warenverkehr: Das Urteil Keck und Mithouard und die Neuorientierung der Rechtsprechung», Gewerblicher Rechtsschutz und Urheberrecht, internationaler Teil, 1994, pagg. 979-987.

( 15 ) V. sentenza del 24 novembre 1993, Keck e Mithouard (C‑267/91 e C‑268/91, EU:C:1993:905, punto 16).

( 16 ) V. sentenza del 24 novembre 1993, Keck e Mithouard (C‑267/91 e C‑268/91, EU:C:1993:905, punto 17).

( 17 ) L’avvocato generale Tesauro ha efficacemente descritto l’atmosfera che regnava subito prima dell’emanazione della sentenza Keck, chiedendosi correttamente, in modo retorico, nelle sue conclusioni relative alla causa Hünermund e a. (C‑292/92, EU:C:1993:863, paragrafo 1), se «[l’articolo 34 TFUE] [fosse] una norma di liberalizzazione degli scambi intracomunitari ovvero una norma destinata più in generale a promuovere il libero esercizio dell’attività commerciale nei singoli Stati membri (…)».

( 18 ) V. anche Weiler, J.H.H., «The constitution of the common market place», in P. Craig, G. de Búrca, The evolution of EU law, Oxford University Press, 1999, pagg. 349-376, in particolare pag. 370.

( 19 ) V., tra tanti, Kellerhals, A., «Das Binnenmarktrecht der Warenverkehrsfreiheit», in Müller-Graff, P.-Chr. (a cura di), Europäisches Wirtschaftsordnungsrecht (Enzyklopädie Europarecht, Vol. 4), Nomos, Baden‑Baden, 2015, pagg. 357‑396, in particolare pag. 376.

( 20 ) La formula della sentenza Keck non dovrebbe comunque essere applicata in modo meccanico. Definire le modalità di vendita non ha lo scopo di escluderle completamente dall’ambito di applicazione dell’articolo 34 TFUE, ma piuttosto di introdurre una presunzione che tali norme non incidono sugli scambi tra gli Stati membri ai sensi della sentenza Dassonville. V. Szpunar, M., Promocja towarów w prawie wspólnotowym, Kraków, 2002, pag. 185.

( 21 ) Terminologia impiegata nella stessa sentenza del 24 novembre 1993, Keck e Mithouard (C‑267/91 e C‑268/91, EU:C:1993:905, punto 15).

( 22 ) V. sentenza del 30 aprile 2009, Fachverband der Buch- und Medienwirtschaft (C‑531/07, EU:C:2009:276, punto 20).

( 23 ) V. sentenza del 30 aprile 2009, Fachverband der Buch- und Medienwirtschaft (C‑531/07, EU:C:2009:276, punto 22).

( 24 ) GmS‑OGB, ordinanza del 22 agosto 2012, punto 47, disponibile alla pagina: https://openjur.de/u/617231.html.

( 25 ) Contrapposti a una società di capitali che gestisce legalmente una farmacia in un altro Stato membro. La Corte ha stabilito che il «Fremdbesitzverbot» è compatibile con le disposizioni del Trattato in materia di libertà di stabilimento; v. sentenza del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punto 61).

( 26 ) V. sentenza dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband (C‑322/01, EU:C:2003:664, punto 74). Il corsivo è mio.

( 27 ) V. sentenza dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband (C‑322/01, EU:C:2003:664, punto 74). Un argomento simile è sostenuto in dottrina dove si afferma che un prezzo al dettaglio imposto può avere conseguenze negative sulle importazioni derivanti da una riduzione del vantaggio competitivo di un importatore; si veda Müller-Graff, P.-Chr., in von der Groeben, H., Schwarze, J., Hatje, A. (a cura di), Europäisches Unionsrecht (Kommentar), 7a ed., Nomos, Baden‑Baden, articolo 34 TFUE, punto 143. V. anche Becker, U., in Schwarze (a cura di), EU‑Kommentar, 3a ed., Nomos, Baden‑Baden, articolo 34 TFUE, punto 69.

( 28 ) V. sentenza del 2 dicembre 2010, Ker‑Optika (C‑108/09, EU:C:2010:725, punto 54). In tale sentenza la Corte ha esaminato la questione dell’accesso al mercato e quella della discriminazione congiuntamente, come sembra fare di frequente.

( 29 ) V. sentenza del 24 novembre 1993, Keck e Mithouard (C‑267/91 e C‑268/91, EU:C:1993:905).

( 30 ) V. sentenze del 23 novembre 1989, B & Q (C‑145/88, EU:C:1989:593); del 16 dicembre 1992, B & Q (C‑169/91, EU:C:1992:519) (entrambe precedenti alla sentenza Keck), e del 2 giugno 1994, Punto Casa e PPV (C‑69/93 e C‑258/93, EU:C:1994:226) (successiva alla sentenza Keck).

( 31 ) V. sentenze del 15 dicembre 1993, Hünermund e a. (C‑292/92, EU:C:1993:932, punto 21), e del 9 febbraio 1995, Leclerc-Siplec (C‑412/93, EU:C:1995:26, punto 21). Inoltre, la Corte ha affermato che alcune restrizioni alla pubblicità costituivano misure aventi effetto equivalente, segnatamente quando ostacolavano effettivamente l’accesso a un mercato, v., ad esempio, sentenza dell’8 marzo 2001, Gourmet International Products (C‑405/98, EU:C:2001:135, punto 21).

( 32 ) Posto che si è stabilito che la misura è indirettamente discriminatoria, la Germania può far valere soltanto i motivi di giustificazione elencati nell’articolo 36 TFUE e non le esigenze imperative sviluppate dalla Corte sulla base della giurisprudenza Rewe‑Zentral «Cassis de Dijon» (sentenza del 20 febbraio 1979, 120/78, EU:C:1979:42).

( 33 ) V. sentenza del 20 maggio 1976, de Peijper (104/75, EU:C:1976:67, punto 15). V. inoltre sentenze del 7 marzo 1989, Schumacher (215/87, EU:C:1989:111, punto 17); del 16 aprile 1991, Eurim‑Pharm (C‑347/89, EU:C:1991:148, punto 26); del 10 novembre 1994, Ortscheit (C‑320/93, EU:C:1994:379, punto 16), e dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband (C‑322/01, EU:C:2003:664, punto 103).

( 34 ) V. già la prima causa in assoluto sull’articolo 36 TFUE (all’epoca, CEE): sentenza del 19 dicembre 1961, Commissione/Italia (7/61, EU:C:1961:31, pag. 329).

( 35 ) V. sentenza del 28 aprile 1998, Decker (C‑120/95, EU:C:1998:167, punti 3940).

( 36 ) V. sentenza del 28 aprile 1998, Decker (C‑120/95, EU:C:1998:167, punto 39). La Corte adotta lo stesso approccio rispetto alla libera prestazione di servizi, v. sentenza del 28 aprile 1998, Kohll (C‑158/96, EU:C:1998:171, punto 41).

( 37 ) In senso stretto e in linea con la giurisprudenza Cassis de Dijon della Corte, per essere giustificata come motivo imperativo di interesse generale (o, in base alla vecchia giurisprudenza, come esigenza imperativa), la misura di cui trattasi dovrebbe essere indistintamente applicabile ai prodotti nazionali e a quelli stranieri, il che, come abbiamo visto, non avviene nella fattispecie qui in esame. Ciò posto, non sono sicuro che la Corte mantenga ancora una posizione così rigorosa, specialmente quando si tratta di misure discriminatorie in fatto, ma non in diritto. V., ad esempio, sentenza del 30 aprile 2009, Fachverband der Buch- und Medienwirtschaft (C‑531/07, EU:C:2009:276, punti 2234), anche se in tale sentenza (punti 35 e 36) la Corte ha ritenuto che la misura in esame fosse sproporzionata rispetto al motivo imperativo della «tutela del libro in quanto bene culturale».

( 38 ) V. sentenze dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband (C‑322/01, EU:C:2003:664, punto 106), e dell’11 settembre 2008, Commissione/Germania (C‑141/07, EU:C:2008:492, punto 47) sulla libera circolazione delle merci. La Corte ha quindi esteso il ragionamento in parola alla libertà di stabilimento; v., ad esempio, sentenze del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punto 28); del 1o giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punto 64); del 5 dicembre 2013, Venturini e a. (da C‑159/12 a C‑161/12, EU:C:2013:791, punto 42), e del 13 febbraio 2014, Sokoll‑Seebacher (C‑367/12, EU:C:2014:68, punto 25).

( 39 ) V., di contro, le osservazioni della Germania rispetto al divieto di vendita per corrispondenza di medicinali nella causa Deutscher Apothekerverband (C‑322/01, EU:C:2003:664, punto 80).

( 40 ) Diversamente rispetto al caso della concorrenza spietata sui prezzi: v. immediatamente sotto.

( 41 ) Il che sarebbe stato, a mio avviso, molto difficile da spiegare, in ogni caso, in presenza del riconoscimento reciproco delle qualificazioni professionali, in particolare quelle dei medici e dei farmacisti, in forza della direttiva 2006/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, L 255, pag. 22).

( 42 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nelle cause riunite Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2009:587, paragrafo 26): «non sembra esservi alcun fondamento negli atti di causa per affermare che una maggiore concorrenza indurrebbe i farmacisti a diminuire la qualità dei servizi da essi prestati. A tal riguardo, posso solo constatare che esiste un certo numero di contraddizioni nelle ipotesi che sono alla base di ampie sezioni del ragionamento di alcune parti e degli Stati membri. Talvolta, i farmacisti sono descritti come essenzialmente motivati dal guadagno economico, giacché tutti mirerebbero a esercitare la professione solo in zone densamente popolate e, se soggetti al regime di concorrenza, sarebbero pronti a far prevalere il profitto sui loro obblighi professionali. Talaltra, quando in possesso di posizione “monopolista” in un’area densamente popolata, si ritiene che i farmacisti conducano la propria attività secondo gli obblighi professionali e si dedichino principalmente a fornire servizi farmaceutici di qualità. Secondo le tesi di diverse parti, pare che la concorrenza trasformi i santi in peccatori».

( 43 ) A mio avviso, la terminologia inglese è impiegata al riguardo in modo intercambiabile. Io prediligo, personalmente, il termine «suitable», che è peraltro quello impiegato dal legislatore dell’Unione nella «direttiva servizi»; v. articolo 15, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36). V. anche Barnard, C., The substantive law of the EU. The four freedoms, Oxford University Press, 4a ed., 2013, pag. 177, che utilizza tutti e tre i termini nel contesto dell’articolo 36 TFUE.

( 44 ) V. sentenze del 21 dicembre 2011, Commissione/Austria (C‑28/09, EU:C:2011:854, punto 126), e del 3 marzo 2011, Kakavetsos‑Fragkopoulos (C‑161/09, EU:C:2011:110, punto 42), sulla libera circolazione delle merci. V. anche sentenze del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punto 42), e del 13 febbraio 2014, Sokoll‑Seebacher (C‑367/12, EU:C:2014:68, punto 39), sulla libertà di stabilimento, nonché del 16 dicembre 2010, Josemans (C‑137/09, EU:C:2010:774, punto 70), sulla libera prestazione dei servizi.

( 45 ) V. sentenza del 15 settembre 1994, Houtwipper (C‑293/93, EU:C:1994:330, punto 22).

( 46 ) V. sentenza del 15 settembre 1994, Houtwipper (C‑293/93, EU:C:1994:330, punto 22).

( 47 ) V. GmS‑OGB, ordinanza del 22 agosto 2012, punto 50, disponibile alla pagina: https://openjur.de/u/617231.html.

( 48 ) V. Gesetz zur Förderung der Sicherstellung des Notdienstes von Apotheken (legge sulla promozione della garanzia del servizio di emergenza delle farmacie, Apothekennotdienstsicherstellungsgesetz – ANSG), del 15 luglio 2013, BGBl. I, pag. 2420, disponibile alla pagina: http://www.bgbl.de/xaver/bgbl/start.xav?startbk=Bundesanzeiger_BGBl&jumpTo=bgbl113s2420.pdf.

( 49 ) V. punto 5.8 del regolamento di procedura del fondo suddetto, disponibile alla pagina: http://www.dav-notdienstfonds.de/wp-content/uploads/2016/02/VERFAHRENSORDNUNG-V-2-0-16_02_03.pdf.

( 50 ) V. sentenza del 5 dicembre 2013, Venturini e a. (da C‑159/12 a C‑161/12, EU:C:2013:791, punto 57).

( 51 ) V. sentenze del 5 maggio 1998, National Farmers’ Union e a. (C‑157/96, EU:C:1998:191, punto 63), e del 5 maggio 1998, Regno Unito/Commissione (C‑180/96, EU:C:1998:192, punto 99): «(...) quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, le istituzioni possono adottare misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi». Il corsivo è mio.

( 52 ) Sentenza del 23 settembre 2003, Commissione/Danimarca (C‑192/01, EU:C:2003:492, punto 49). V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Mischo nella causa citata (C‑192/01, EU:C:2002:760, paragrafo 102): «[m]i sembra quindi che un rischio plausibile per la salute sia sufficiente affinché, in forza del principio di precauzione, uno Stato membro possa adottare misure sulla base dell’[articolo 36 TFUE]. Peraltro, più è grande l’incertezza scientifica, più è ampio il margine di discrezionalità degli Stati membri, cui spetta la tutela della salute».

( 53 ) V. sentenza del 9 settembre 2003, Monsanto Agricoltura Italia e a. (C‑236/01, EU:C:2003:431, punto 111).

( 54 ) Sentenza del 26 maggio 2005, Codacons e Federconsumatori (C‑132/03, EU:C:2005:310, punto 61).

( 55 ) Sentenza del 12 gennaio 2006, Agrarproduktion Staebelow (C‑504/04, EU:C:2006:30, punto 39).

( 56 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che modifica la direttiva 79/373/CEE del Consiglio, relativa alla circolazione dei mangimi composti per animali e che abroga la direttiva 91/357/CEE della Commissione (GU 2002, L 63, pag. 23).

( 57 ) Conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa ABNA e a. (C‑453/03, EU:C:2005:202, paragrafo 129).

( 58 ) V. sentenza del 6 dicembre 2005, ABNA e a. (C‑453/03, C‑11/04, C‑12/04 e C‑194/04, EU:C:2005:741, punti 57 e segg.).

( 59 ) V. sentenza del 19 maggio 2009, Commissione/Italia (C‑531/06, EU:C:2009:315).

( 60 ) V. sentenza del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316).

( 61 ) V. sentenze del 19 maggio 2009, Commissione/Italia (C‑531/06, EU:C:2009:315, punto 54), e del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punto 30).

( 62 ) V. sentenze del 19 maggio 2009, Commissione/Italia (C‑531/06, EU:C:2009:315, punto 55), e del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punto 31).

( 63 ) V. sentenze del 19 maggio 2009, Commissione/Italia (C‑531/06, EU:C:2009:315, punto 56), e del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punto 32).

( 64 ) V. sentenze del 19 maggio 2009, Commissione/Italia (C‑531/06, EU:C:2009:315, punto 57), e del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punto 33).

( 65 ) V. sentenze del 19 maggio 2009, Commissione/Italia (C‑531/06, EU:C:2009:315, punto 58), e del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punto 34).

( 66 ) V. sentenza del 1o giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punto 74).

( 67 ) V. sentenza del 1o giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punti 7576). Di contro, tali affermazioni non si rinvengono nelle conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nelle suddette cause riunite (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2009:587).

( 68 ) V. sentenza del 5 dicembre 2013, Venturini e a. (da C‑159/12 a C‑161/12, EU:C:2013:791, punto 60).

( 69 ) V. Alemanno, A., «The Precautionary principle», in Baudenbacher, C. (a cura di), The Handbook of EEA Law, Springer, 2016, pagg. 839‑851, in particolare pag. 848.

( 70 ) V. Alemanno, A., «Le principe de précaution en droit communautaire: stratégie de gestion des risques ou risqué d’atteinte au Marché intérieur?», in Revue du droit de l’Union européenne, 2001, pagg. 917‑953, in particolare pag. 929.

( 71 ) V. già la sentenza Denkavit Futtermittel (251/78, EU:C:1979:252, punto 24). V. anche la sentenza del 23 dicembre 2015, Scotch Whisky Association e a. (C‑333/14, EU:C:2015:845, punto 53).

( 72 ) V. Enchelmaier, S., in Oliver, P. (a cura di), Oliver on free movement of goods in the European Union, 5a ed., Hart Publishing, Oxford, 2010, punto 8.13.

( 73 ) V. sentenza del 14 luglio 1994, van der Veldt (C‑17/93, EU:C:1994:299, punto 17).

( 74 ) V., a titolo esemplificativo, con riferimento alla tutela della salute nel contesto dell’articolo 36 TFUE, sentenze del 26 aprile 2012, ANETT (C‑456/10, EU:C:2012:241, punto 50), e del 7 giugno 2007, Commissione/Belgio (C‑254/05, EU:C:2007:319, punto 36). V. anche sentenza del 15 novembre 2007, Commissione/Germania (C‑319/05, EU:C:2007:678, punto 88).

( 75 ) Sentenza dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband (C‑322/01, EU:C:2003:664, punto 119).