SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

17 settembre 2015 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Aiuti di Stato – Aiuti concessi alle imprese nei territori di Venezia e Chioggia – Sgravi dagli oneri sociali – Mancato recupero degli aiuti nel termine prescritto – Sentenza della Corte che accerta l’esistenza di un inadempimento – Mancata esecuzione – Articolo 260, paragrafo 2, TFUE – Sanzioni pecuniarie – Penalità – Somma forfettaria»

Nella causa C‑367/14,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, proposto il 25 luglio 2014,

Commissione europea, rappresentata da B. Stromsky, D. Grespan e G. Conte, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, A. Ó Caoimh (relatore), C. Toader, E. Jarašiūnas e C.G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 giugno 2015,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede che la Corte voglia:

–        dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), concernente il recupero presso i beneficiari degli aiuti giudicati illegittimi ed incompatibili con il mercato comune ai sensi della decisione della Commissione 2000/394/CE, del 25 novembre 1999, relativa a misure di aiuto in favore delle imprese nei territori di Venezia e Chioggia, previste dalle leggi n. 30/1997 e n. 206/1995, recanti sgravi degli oneri sociali (GU 2000, L 150, pag. 50; in prosieguo: la «decisione controversa»), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale decisione e dell’articolo 260 TFUE;

–        ordinare alla Repubblica italiana di versare alla Commissione una penalità su base semestrale, fissata dalla Commissione a partire dal semestre successivo alla data della sentenza nella presente causa, moltiplicando la penalità giornaliera di EUR 187 264 per 182,5, e per la percentuale degli aiuti ancora da recuperare alla fine del semestre in rapporto all’ammontare degli aiuti ancora da recuperare al momento in cui la Corte pronuncerà la sentenza nella presente causa;

–        ordinare alla Repubblica italiana di versare alla Commissione una somma forfettaria il cui importo risulta dalla moltiplicazione di un importo giornaliero pari a EUR 24 578,40 per il numero di giorni di persistenza dell’infrazione dal giorno della pronuncia della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634) alla data alla quale sarà pronunziata la sentenza nella presente causa; e

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

 Fatti

2        Il 25 novembre 1999 la Commissione ha adottato la decisione controversa, i cui articoli da 1 a 7 recitano come segue:

«Articolo 1

Salvo il disposto degli articoli 3 e 4 della presente decisione, gli aiuti ai quali l’Italia ha dato esecuzione in favore delle imprese nei territori di Venezia e Chioggia, sotto forma di sgravi degli oneri sociali di cui alla legge n. 30/1997 e n. 206/1995 che rinviano all’articolo 2 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, sono compatibili con il mercato comune quando sono accordati alle seguenti imprese:

a)      [piccole e medie imprese] ai sensi della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato alle piccole e medie imprese;

b)      imprese che non corrispondono a tale definizione e che tuttavia sono localizzate in una zona ammissibile alla deroga di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), [CE];

c)      qualsiasi altra impresa che assuma categorie di lavoratori con particolari difficoltà d’inserimento o di reinserimento nel mercato del lavoro secondo gli orientamenti comunitari in materia di occupazione.

Detti aiuti costituiscono aiuti incompatibili con il mercato comune quando sono accordati ad imprese che non sono [piccole e medie imprese] e che sono localizzate al di fuori delle zone ammissibili alla deroga prevista dall’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), [CE].

Articolo 2

Salvo il disposto degli articoli 3 e 4 della presente decisione, gli aiuti cui l’Italia ha dato esecuzione in favore delle imprese nei territori di Venezia e Chioggia, sotto forma di sgravi degli oneri sociali, di cui all’articolo 1 del decreto ministeriale del 5 agosto 1994, sono incompatibili con il mercato comune.

Articolo 3

Gli aiuti cui l’Italia ha dato esecuzione in favore delle imprese ASPIV e Consorzio Venezia Nuova sono compatibili con il mercato comune in virtù della deroga di cui all’articolo 86, paragrafo 2, [CE] e rispettivamente, della deroga di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera d), [CE].

Articolo 4

Le misure cui l’Italia ha dato esecuzione in favore delle imprese ACTV, Panfido SpA e AMAV non costituiscono aiuti ai sensi dell’articolo 87 [CE].

Articolo 5

L’Italia adotta tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari gli aiuti incompatibili con il mercato comune di cui all’articolo 1, paragrafo 2 e all’articolo 2 e già illegalmente posti a loro disposizione.

Il recupero è effettuato secondo le procedure di diritto nazionale. Le somme da recuperare maturano interessi a decorrere dalla data in cui sono state poste a disposizione dei beneficiari fino al loro effettivo recupero. Gli interessi sono calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione nel quadro degli aiuti a finalità regionale.

Articolo 6

L’Italia informa la Commissione, entro due mesi a decorrere dalla data di notificazione della presente decisione, dei provvedimenti adottati per conformarvisi.

Articolo 7

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione».

3        Numerosi enti, in particolare società interessate dal regime di aiuti in questione nella decisione controversa (in prosieguo: il «regime di aiuti in questione»), hanno proposto, dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, una serie di ricorsi diretti all’annullamento della decisione controversa.

4        Con la sentenza Hotel Cipriani e a./Commissione (T‑254/00, T‑270/00 e T‑277/00, EU:T:2008:537), il Tribunale ha respinto i ricorsi d’annullamento della decisione controversa proposti, rispettivamente, dalla Hotel Cipriani SpA, dalla Società italiana per il gas SpA (Italgas), dalla Coopservice – Servizi di fiducia Soc. coop. rl e dal Comitato «Venezia vuole vivere».

5        Con la sentenza Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione (C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368), la Corte ha respinto le impugnazioni proposte avverso la sentenza menzionata nel punto precedente.

6        Successivamente, la Corte ha respinto altre impugnazioni proposte avverso decisioni del Tribunale, con le quali quest’ultimo aveva parimenti respinto alcuni ricorsi diretti all’annullamento della decisione controversa (v., segnatamente, ordinanze Veolia Acqua Compagnia Generale delle Acque/Commissione, C‑436/12 P, EU:C:2013:399; Albergo Quattro Fontane e a./Commissione, da C‑227/13 P a C‑239/13 P, EU:C:2014:2177; Ghezzo Giovanni & C./Commissione, C‑145/13 P, EU:C:2014:2182, nonché Cooperativa tra i Lavoratori della Piccola Pesca di Pellestrina e a./Commissione, C‑94/13 P, C‑95/13 P, C‑136/13 P, C‑174/13 P, C‑180/13 P, C‑191/13 P e C‑246/13 P, EU:C:2014:2183).

 Sentenza Commissione/Italia

7        Nella sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), pronunciata il 6 ottobre 2011, la Corte ha accolto il ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 2, CE e ha dichiarato quanto segue:

«La Repubblica italiana, non avendo adottato, nei termini stabiliti, tutte le misure necessarie a recuperare presso i beneficiari gli aiuti concessi in base al regime di aiuti [in questione], è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 5 [della decisione controversa]».

 Fase precontenziosa

8        Con lettera del 28 ottobre 2011, la Commissione ha chiesto alla Repubblica italiana informazioni sulle misure adottate per ottemperare alla sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634).

9        Con lettere datate 22 dicembre 2011 e 23 gennaio 2012, le autorità italiane hanno comunicato che 421 casi avevano portato a una domanda di rimborso degli aiuti riscossi nel quadro del regime di aiuti in questione. Gli aiuti erano stati rimborsati solo in nove casi, mentre 412 procedure di recupero erano ancora in corso. L’importo globale da recuperare ammontava a circa EUR 36 milioni, in conto capitale, e a EUR 38 milioni in interessi. Inoltre, le autorità italiane hanno informato la Commissione in merito ai casi per i quali non era stato possibile procedere al recupero a causa della sospensione dell’esecuzione delle ingiunzioni dirette al recupero di detti importi, pronunciata dai giudici nazionali.

10      Con lettera del 12 marzo 2012, la Commissione ha chiesto alle autorità italiane di presentare il calendario previsto per i controlli supplementari e di comunicare informazioni aggiornate sui beneficiari degli aiuti concessi nel quadro del regime di aiuti in questione, che non avevano ancora restituito detti aiuti.

11      Con lettera del 27 aprile 2012, le autorità italiane hanno informato la Commissione che dieci società avevano rimborsato integralmente gli aiuti riscossi e che, di conseguenza, rimanevano pendenti 411 procedimenti. Dette autorità hanno fornito alla Commissione un aggiornamento dei casi in cui i giudici nazionali hanno sospeso gli ordini di recupero. Tali autorità hanno parimenti segnalato che le verifiche necessarie, in forza del regolamento (CE) n. 875/2007 della Commissione, del 24 luglio 2007, relativo all’applicazione degli articoli 87 [CE] e 88 [CE] agli aiuti de minimis nel settore della pesca e recante modifica del regolamento (CE) n. 1860/2004 (GU L 193, pag. 6), erano terminati e che quindi era possibile procedere allo sgravio delle cartelle esattoriali emesse nei confronti di 83 società che avevano ricevuto aiuti nel quadro del regime di aiuti in questione.

12      Con lettera del 10 luglio 2012, la Commissione ha sollevato una serie di questioni specifiche. La Repubblica italiana ha risposto a tali questioni con lettere datate 7 e 17 settembre 2012.

13      Il 21 novembre 2012, la Commissione ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di diffida ai sensi dell’articolo 260 TFUE.

14      Con lettera del 22 gennaio 2013, la Repubblica italiana ha risposto alla lettera di diffida osservando che è effettivamente esatto che, nell’anno trascorso dalla sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), l’azione di recupero degli aiuti ha consentito di recuperare meno di EUR 2 000 presso un unico beneficiario. Questo Stato membro ha ricordato le nuove norme, entrate in vigore nell’ordinamento italiano, dirette a superare le difficoltà e a consentire l’effettivo recupero degli aiuti concessi nel quadro del regime di aiuti in questione. Detto Stato membro ha fornito al riguardo alcuni dettagli complementari con lettera del 27 febbraio 2013.

15      Con lettera del 3 maggio 2013, la Commissione ha invitato le autorità italiane a presentare chiarimenti supplementari sullo stato del recupero degli aiuti concessi nel quadro del regime di aiuti in questione. Le autorità italiane hanno prodotto tali informazioni in una nota del 14 giugno 2013.

16      Il 19 maggio 2014, la Repubblica italiana ha inviato alla Commissione una serie di ordinanze cautelari del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto avente ad oggetto la sospensione degli ordini di recupero degli aiuti concessi nel quadro del regime di aiuti in questione. Con lettera del 21 luglio 2014, le autorità italiane hanno informato la Commissione che, con le sue sentenze del 23 giugno 2014, detto Tribunale ha annullato i citati ordini di recupero.

17      Il 25 luglio 2014 la Commissione ha proposto il presente ricorso.

 Sull’inadempimento

 Argomenti delle parti

18      La Commissione sostiene che la Repubblica italiana non ha adottato tutte le misure necessarie per ottemperare alla sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), posto che esistono tuttora aiuti dichiarati incompatibili con il mercato interno concessi in forza del regime di aiuti in questione che non sono stati recuperati (in prosieguo: gli «aiuti in questione»).

19      La Commissione rileva, in particolare, che, al momento della presentazione del suo ricorso, doveva essere ancora recuperato un importo totale pari a circa EUR 38 milioni, ossia l’81% circa degli aiuti che restavano ancora da recuperare alla data della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634). Nelle sue osservazioni scritte, la Repubblica italiana non negherebbe che rimangano ancora da recuperare circa EUR 33 milioni in conto capitale, ossia circa il 70% degli aiuti che restavano da recuperare alla data di tale sentenza. Questo Stato membro si sarebbe tuttavia limitato ad affermare in dette osservazioni che sono stati emessi avvisi di recupero per un importo pari a circa EUR 28 milioni.

20      Secondo la Commissione, l’importo degli aiuti per il quale sussiste ancora una divergenza tra le parti ammonta pertanto soltanto a EUR 5 milioni e riguarda 60 imprese. Le autorità italiane non avrebbero fornito alla Commissione sufficienti elementi per poter escludere l’obbligo di recupero degli aiuti presso queste imprese.

21      In particolare, per quanto concerne il criterio de minimis, la Repubblica italiana si limiterebbe a una mera petizione di principio, senza fornire il benché minimo elemento tale da dimostrare che i presupposti a tale riguardo fossero soddisfatti per quanto concerne le imprese in questione. Quanto alle imprese coinvolte in procedure di concordato preventivo, questo Stato membro non avrebbe fornito elementi tali da dimostrare che le imprese in questione avessero cessato la loro attività economica e non terrebbe conto del fatto che le procedure di concordato preventivo in questione non sono destinate a sfociare nella liquidazione.

22      La Commissione sottolinea che l’argomento dedotto dalla Repubblica italiana, secondo il quale il mancato recupero degli aiuti in questione è in gran parte imputabile ai provvedimenti adottati dai giudici nazionali competenti, è stato già respinto dalla Corte nella sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634). Inoltre, posto che la validità della decisione controversa non può più essere messa in discussione e che, comunque, la Repubblica italiana non ha dimostrato che le ordinanze di sospensione del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto fossero conformi alla giurisprudenza derivante dalle sentenze Zuckerfabrik Süderdithmarschen e Zuckerfabrik Soest (C‑143/88 e C‑92/89, EU:C:1991:65), nonché Atlanta Fruchthandelsgesellschaft e a. (I) (C‑465/93, EU:C:1995:369), questo Stato membro non può avvalersi delle decisioni nazionali che dispongono provvedimenti provvisori per giustificare la mancata esecuzione della decisione controversa. Alla luce dei problemi insorti nei quindici anni trascorsi dall’adozione della decisione controversa a causa del contenzioso nazionale relativo al recupero, la Commissione non potrebbe nemmeno accontentarsi dell’affermazione della Repubblica italiana, secondo la quale l’ostacolo costituito da tale contenzioso è ormai superato.

23      Peraltro, analogamente ai provvedimenti regolamentari adottati durante il 2008, le nuove misure regolamentari introdotte dopo la sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634) non avrebbero consentito di recuperare gli aiuti in questione o, quantomeno, di compiere progressi significativi in tal senso.

24      Infine, la Commissione insiste sul fatto che non le spetta pronunciarsi sui procedimenti nazionali diretti a dare esecuzione alla sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), ma che è compito della Repubblica italiana fare in modo che detti procedimenti consentano alla fine di recuperare gli aiuti in questione.

25      La Repubblica italiana contesta l’inadempimento addebitatole.

26      Questo Stato membro sottolinea che esso non sostiene l’assoluta impossibilità di procedere al recupero ma che si tratta, nel caso di specie, del primo caso in cui un recupero dev’essere preceduto da un’analisi da parte dello Stato membro interessato, presso ciascun beneficiario, della questione se l’aiuto riscosso sia in grado di incidere sugli scambi tra gli Stati membri e di falsare la concorrenza. Quest’analisi dovrebbe spettare di norma alla Commissione.

27      A parere della Repubblica italiana, nella sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), la Corte ha censurato i procedimenti amministrativi e contenziosi relativi all’esecuzione della decisione controversa. Pertanto, per esaminare se detto Stato membro abbia dato esecuzione a tale sentenza, occorrerebbe non determinare l’importo degli aiuti recuperati, come si fa quando l’importo dell’aiuto da recuperare e le persone obbligate a restituirlo sono noti, ma piuttosto valutare se l’esame preliminare caso per caso, indispensabile per determinare quali beneficiari debbano restituire aiuti e in che misura, si fondi su basi giuridiche affidabili e sia effettivamente in corso. Ebbene, le nuove leggi adottate a seguito di detta sentenza e la nuova procedura di recupero avviata su tale fondamento avrebbero dimostrato la loro efficacia.

28      A questo riguardo, la Repubblica italiana spiega che, prima della scadenza del termine previsto nella lettera di diffida, il legislatore italiano ha adottato una nuova normativa costituita dall’articolo 1, commi 351 e seguenti, della legge 29 dicembre 2012, n. 228/2012. Questo comma 351 avrebbe conferito all’Istituto nazionale della previdenza sociale (in prosieguo: l’«INPS») il compito di chiedere alle imprese beneficiarie degli aiuti oggetto della decisione controversa gli elementi necessari all’individuazione di qualsiasi aiuto di Stato illegittimo, ivi compresa la questione di accertare se il vantaggio concesso sia tale da falsare la concorrenza e incidere sugli scambi tra Stati membri. I commi da 351 a 353 di detto articolo 1 avrebbero riorganizzato la procedura di verifica caso per caso dell’esistenza dei presupposti per il recupero. La Repubblica italiana spiega che tale procedura è inscindibilmente collegata al problema del contenzioso nazionale relativo al recupero, poiché detto contenzioso è nato proprio per il fatto che tale Stato membro aveva tentato, in occasione della precedente procedura di recupero, di recuperare gli aiuti presso tutti i beneficiari, senza verificare preliminarmente le diverse situazioni. Il comma 356 di detto articolo 1 avrebbe previsto che tutti i giudizi pendenti aventi ad oggetto gli ordini di recupero dovevano considerarsi chiusi e che le decisioni dei giudici emesse erano prive di effetti.

29      La Repubblica italiana rileva che l’INPS ha provveduto anzitutto a redigere un questionario al fine di determinare il tipo di informazioni da chiedere alle imprese interessate. Tale questionario, nella sua forma definitiva, sarebbe stato inviato segnatamente alla Commissione, la quale non avrebbe formulato nessuna osservazione al riguardo. Una volta ricevuto il questionario completato dalle imprese interessate, queste ultime sarebbero state automaticamente ripartite e catalogate per essere poi sottoposte all’istruttoria condotta, in primo luogo, dall’INPS e, in secondo luogo, dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Dopo aver proceduto a una fase istruttoria complementare, l’INPS avrebbe condotto un’analisi caso per caso per accertare se l’aiuto sia tale da falsare la concorrenza tra Stati membri.

30      Contemporaneamente, con la legge 24 dicembre 2012, n. 234/2012, parimenti adottata prima della scadenza del termine impartito nella lettera di diffida, la Repubblica italiana avrebbe riformato il procedimento contenzioso in materia di recupero degli aiuti di Stato, prevedendo segnatamente, nell’articolo 49 di detta legge, che questo procedimento rientrasse nella competenza esclusiva del giudice amministrativo, che dovrebbe trattarlo con procedura accelerata. Nel caso in cui detto giudice avesse pronunciato decisioni di annullamento di determinati ordini di recupero di aiuti concessi nel quadro del regime di aiuti in questione, l’INPS avrebbe fatto rapidamente appello avverso tali decisioni dinanzi al Consiglio di Stato il quale, con ordinanze emesse il 16 ottobre 2014, avrebbe ordinato la sospensione dell’esecuzione di queste ultime, consentendo così la prosecuzione del procedimento di recupero.

31      La Repubblica italiana sottolinea il carattere complesso e minuzioso dell’istruttoria condotta dall’INPS e della procedura di esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), la quale non sarebbe stato oggetto di nessuna contestazione da parte della Commissione. In particolare, detto Stato membro sottolinea la complessità dovuta alla necessità di condurre un esame caso per caso, presso ciascun beneficiario, dell’incidenza sulla concorrenza dell’aiuto riscosso nel corso di un periodo assai risalente, ossia la metà degli anni ‘90. Per di più, quest’esame dovrebbe essere svolto per un gran numero di beneficiari potenziali operanti sui mercati più diversi, ivi comprese le grandi società distributrici di energia, gli alberghi, i grossisti e i negozianti al dettaglio, nonché le imprese di allevamento e della pesca.

32      Nelle sue osservazioni scritte, la Repubblica italiana rileva che sono stati emessi avvisi di recupero per un importo di circa EUR 28 milioni a titolo di capitale e nega che occorresse recuperare l’importo più elevato al quale fa riferimento la Commissione.

33      Per quanto concerne gli aiuti che esso ritiene di non dover recuperare, questo Stato membro afferma, in particolare, che l’INPS ha chiesto alla Commissione diverse volte, sin dal giugno 2013, il suo aiuto per l’interpretazione del criterio de minimis e, in particolare, della questione se, nel caso di cooperative delle quali siano soci diversi proprietari di navi da pesca, la soglia de minimis si applichi alla cooperativa nel suo complesso oppure, al contrario, a ciascun proprietario preso individualmente. Poiché la Commissione non ha fornito questo aiuto, non spetterebbe a detto Stato membro fornire la prova del rispetto dei presupposti per l’applicazione di tale criterio. Questo Stato membro insiste parimenti sulla natura liquidatoria della procedura di concordato preventivo alla quale sono assoggettati due beneficiari degli aiuti in questione. Questi ultimi non sarebbero più in attività e comunque la Commissione non avrebbe dimostrato che lo siano tuttora.

34      Infine, la Repubblica italiana aggiunge che essa ha sempre tenuto informata la Commissione dello stato di avanzamento della procedura di recupero relativa al regime di aiuti in questione.

 Giudizio della Corte

35      In via preliminare, si deve ricordare che, poiché il Trattato FUE ha abrogato, nell’ambito della procedura per inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, la fase relativa alla formulazione di un parere motivato, la data di riferimento per verificare la sussistenza di un inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE è quella della scadenza del termine stabilito nella lettera di diffida redatta in forza di tale disposizione (v. sentenza Commissione/Italia, C‑196/13, EU:C:2014:2407, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

36      Inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte, spetta alla Commissione, nell’ambito di un simile procedimento, fornire alla Corte gli elementi necessari a stabilire il livello di esecuzione da parte di uno Stato membro di una sentenza di condanna per inadempimento. Dato che la Commissione ha fornito sufficienti elementi da cui risulta la persistenza dell’inadempimento addebitato, spetta allo Stato membro interessato confutare in modo approfondito e particolareggiato tale affermazione, nonché provare la cessazione dell’infrazione (v. sentenza Commissione/Grecia, C‑369/07, EU:C:2009:428, punti 74 e 75 nonché giurisprudenza ivi citata).

37      Nella presente causa, poiché la Commissione ha emesso la lettera di diffida il 21 novembre 2012, sul fondamento dell’articolo 260 TFUE, la data di riferimento per valutare l’esistenza dell’inadempimento è quella della scadenza del termine stabilito in detta lettera, ossia il 21 gennaio 2013 (in prosieguo: il «termine impartito»).

38      Ebbene, è pacifico che, a tale data, gli aiuti in questione non erano stati integralmente recuperati dalle autorità italiane.

39      Infatti, benché la Repubblica italiana deduca diversi argomenti riguardanti l’importo degli aiuti in questione ancora da recuperare e il carattere complesso e minuzioso del procedimento avviato da tale Stato membro al fine di effettuare tale recupero, dalle sue osservazioni si evince che la Repubblica italiana riconosce che una parte sostanziale degli aiuti che non erano stati recuperati alla data della valutazione dei fatti da parte della Corte nella causa sfociata nella sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634) restava ancora da recuperare alla scadenza del termine impartito e che il procedimento di recupero continua tuttora.

40      A questo proposito occorre anzitutto respingere l’argomento dedotto dalla Repubblica italiana secondo il quale l’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634) implica non il recupero effettivo degli aiuti in questione, bensì solo l’organizzazione, su basi giuridiche affidabili, di un esame preliminare presso ciascun beneficiario al fine di valutare se, e in che misura, occorra procedere al recupero degli aiuti riscossi.

41      Infatti, la Corte ha già dichiarato, più volte, che la soppressione di un aiuto illegittimo tramite recupero è la logica conseguenza dell’accertamento della sua illegittimità, conseguenza che non può dipendere dalla forma nella quale l’aiuto è stato concesso (v., in tal senso, sentenze Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368, punto 181; Commissione/Italia, C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 87, nonché Commissione/Francia, C‑37/14, EU:C:2015:90, punto 51).

42      Nel caso di specie, se, nel punto 1 del dispositivo della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), la Corte ha constatato che, «la Repubblica italiana, non avendo adottato, nei termini stabiliti, tutte le misure necessarie a recuperare presso i beneficiari gli aiuti concessi in base al regime di aiuti [in questione], è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 5 [della decisione controversa]», questo Stato membro non può dedurre dal semplice uso dell’espressione «le misure necessarie» nell’ambito di questo accertamento che il recupero effettivo degli aiuti in questione non sia richiesto ai fini dell’esecuzione di questa sentenza. Un’interpretazione siffatta travisa in modo palese l’effettiva portata di quest’ultima. Infatti, nel contesto della normativa dell’Unione e alla luce della giurisprudenza della Corte in materia di aiuti di Stato, è manifesto che la finalità della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), al pari della decisione controversa, è il ristabilimento di una concorrenza effettiva, di modo che questa sentenza impone alla Repubblica italiana l’obbligo di ottenere effettivamente, senza ritardo, la restituzione degli aiuti in questione (v., per analogia, sentenza Commissione/Slovacchia, C‑507/08, EU:C:2010:802, punto 48).

43      Questa lettura è corroborata dalla motivazione della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), alla luce della quale dev’essere interpretato il dispositivo di quest’ultima (v. sentenza Commissione/Germania, C‑95/12, EU:C:2013:676, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

44      In particolare, nel punto 35 della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), la Corte ha ricordato la giurisprudenza consolidata in base alla quale uno Stato membro destinatario di una decisione che lo obblighi a recuperare aiuti illegittimi è tenuto, ai sensi dell’articolo 249 CE, ad adottare tutte le misure idonee a garantire l’esecuzione di tale decisione. La Corte ha parimenti rilevato, nel punto 36 di detta sentenza, che questo Stato membro deve giungere a un recupero effettivo degli importi dovuti e che un recupero tardivo, successivo ai termini stabiliti, non può soddisfare le prescrizioni del Trattato. Nei punti 37 e 38 di detta sentenza la Corte si è basata sull’articolo 5 della decisione controversa nonché sull’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [88] CE (GU L 83, pag. 1), segnatamente per sottolineare che il recupero si effettua tempestivamente. Infine, per constatare l’esistenza dell’inadempimento addebitato, la Corte ha rilevato, nel punto 39 della medesima sentenza, dopo aver osservato che era pacifico che una parte notevole degli aiuti illegittimi non era stata ancora recuperata dopo la scadenza dei termini stabiliti, che «una simile situazione è manifestamente incompatibile con l’obbligo [di detto Stato membro] di pervenire ad un recupero effettivo delle somme dovute e costituisce una violazione del dovere di esecuzione immediata ed effettiva [della decisione controversa]».

45      Sebbene, successivamente, nel quadro del suo esame dei motivi invocati dalla Repubblica italiana a sua difesa, la Corte abbia apprezzato i provvedimenti adottati da questo Stato membro al fine di recuperare le somme dovute, essa ha tuttavia concluso, nei punti 54 e 55 della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), che l’iter legislativo adottato da questo Stato membro destinato a garantire l’esecuzione della decisione controversa, ossia il decreto legge n. 59/2008, era inefficace e non soddisfaceva quanto prescritto dalla giurisprudenza della Corte, dal momento che «parecchi anni dopo la notifica della decisione [controversa], una parte rilevante [degli aiuti illegittimi] non era stata recuperata dalla Repubblica italiana».

46      Per di più, nel quadro di un ricorso di annullamento avverso la decisione controversa, la Corte ha già avuto occasione di dichiarare che è dall’ordine di recupero, contenuto nell’articolo 5 del dispositivo di detta decisione, che discende l’obbligo incombente alle autorità nazionali di stabilire previamente che le agevolazioni concesse costituiscono, per i beneficiari, aiuti di Stato (v., in tal senso, sentenza Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368, punti 113 e da 181 a 183).

47      Occorre aggiungere che la circostanza, invocata dalla Repubblica italiana, secondo la quale la presente fattispecie costituisce la prima in cui un recupero di aiuti dichiarati illegittimi ed incompatibili con il mercato interno da una decisione della Commissione dev’essere preceduto da un’analisi caso per caso, da parte dello Stato membro interessato, della questione se l’aiuto sia in grado di incidere sugli scambi tra gli Stati membri e di falsare la concorrenza, anche ipotizzandola accertata, non è comunque tale da ridurre l’interesse collegato al recupero degli aiuti in questione, dal momento che l’incompatibilità con il mercato interno del regime nel quadro del quale questi aiuti sono stati concessi è stata accertata nella decisione controversa (v., per analogia, sentenza Commissione/Spagna, C‑184/11, EU:C:2014:316, punto 72).

48      Pertanto, l’interpretazione letterale che la Repubblica italiana compie dei termini della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634) non può essere accolta.

49      Occorre poi constatare che le difficoltà intervenute in sede di procedura di recupero degli aiuti in questione, cui fa appello la Repubblica italiana, non possono giustificare la mancata esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634).

50      Per quanto concerne, in primo luogo, le difficoltà relative ai procedimenti contenziosi dinanzi ai giudici nazionali, benché decisioni nazionali che dispongono misure provvisorie, come la sospensione dell’esecuzione degli ordini diretti al recupero degli aiuti illegittimi, possano essere concesse purché siano soddisfatte le condizioni enunciate dalla giurisprudenza derivante dalle sentenze Zuckerfabrik Süderdithmarschen e Zuckerfabrik Soest (C‑143/88 e C‑92/89, EU:C:1991:65), nonché Atlanta Fruchthandelsgesellschaft e a. (I) (C‑465/93, EU:C:1995:369), occorre rilevare che la Repubblica italiana non ha dimostrato, nel quadro del presente procedimento, che dette condizioni siano soddisfatte nei casi delle decisioni nazionali cui essa fa riferimento in modo che sia giustificato il mancato recupero degli aiuti in questione.

51      Del resto, quanto al fatto che detto Stato membro invoca sviluppi più recenti nel contenzioso nazionale in materia di ordini di recupero, in particolare dinanzi al Consiglio di Stato, basta ricordare che, in base a una giurisprudenza consolidata, uno Stato membro non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni del suo ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione (v. sentenza Commissione/Grecia, C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

52      Per quanto concerne, in secondo luogo, le difficoltà dovute in particolare alla necessità di condurre un esame caso per caso nei confronti di un gran numero di beneficiari durante un periodo assai risalente al fine di determinare gli importi da recuperare, occorre subito rilevare che, nel punto 52 della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), la Corte ha ricordato l’obbligo incombente alla Repubblica italiana di verificare la situazione individuale di ciascuna impresa interessata dal regime di aiuti in questione e, in particolare, di esaminare se le agevolazioni concesse fossero in grado di falsare la concorrenza e di incidere sugli scambi tra Stati membri.

53      Peraltro, benché sia vero che, al fine di individuare gli aiuti concessi in applicazione di un regime dichiarato incompatibile con il mercato interno che devono essere recuperati, la Repubblica italiana aveva bisogno di un tempo di durata più lunga che se si fosse trattato di un aiuto individuale, elemento che può essere preso in considerazione al fine di determinare l’importo della penalità, dalle spiegazioni fornite da questo Stato membro non si evince che, come richiede l’esecuzione della sentenza per inadempimento pronunciata in un caso del genere, il complesso delle misure adottate al fine di recuperare gli aiuti in questione sia stato sottoposto a un controllo permanente ed efficace (v., per analogia, sentenza Commissione/Italia, C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 32).

54      Per di più, anche ipotizzando che il fatto che sia trascorso un lungo periodo dall’adozione della decisione controversa, il 25 novembre 1999, e pertanto dalla concessione degli aiuti in questione, sia all’origine di alcune difficoltà nel recupero di questi aiuti, uno Stato membro non può comunque avvalersi del suo specifico ritardo nell’esecuzione degli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell’Unione per giustificare la mancata esecuzione di una sentenza della Corte, che accerta un inadempimento di detto Stato membro ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 2, CE e, in tal modo, sottrarsi alla propria responsabilità nei confronti di detti obblighi (v., in tal senso, sentenza Commissione/Francia, C‑549/09, EU:C:2011:672, punto 40).

55      Del resto, la Corte ha già dichiarato che uno Stato membro non può eccepire difficoltà di applicazione manifestatesi in sede di esecuzione di un atto dell’Unione per giustificare l’inosservanza degli obblighi e dei termini derivanti dalle norme del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Commissione/Francia, C‑121/07, EU:C:2008:695, punto 72).

56      Infine, per quanto concerne gli aiuti in questione nei confronti dei quali la Repubblica italiana ritiene che non occorra procedere al loro recupero, si deve ricordare che, sebbene, conformemente alla giurisprudenza ricordata nel punto 36 della presente sentenza, spetti alla Commissione dimostrare l’esistenza dell’asserito inadempimento dell’obbligo di recupero, fornendo alla Corte gli elementi necessari per la verifica da parte di quest’ultima dell’esistenza di detto inadempimento, senza potersi basare su una qualsivoglia presunzione, incombe viceversa allo Stato membro interessato, una volta dimostrato il mancato recupero di una parte o della totalità degli aiuti in questione, giustificare le ragioni per le quali detto recupero non sarebbe richiesto (v. sentenza Commissione/Francia, C‑37/14, EU:C:2015:90, punto 71).

57      In primo luogo, per quanto concerne l’eventuale applicazione del criterio de minimis, sebbene la Repubblica italiana sostenga di aver chiesto il parere della Commissione sull’interpretazione di questo criterio e, in particolare, sulla questione se la soglia, nel caso di cooperative di cui siano membri diversi proprietari di imbarcazioni da pesca, si applichi alla cooperativa nel suo complesso oppure, al contrario, a ciascun proprietario preso individualmente, questo Stato membro riconosce tuttavia esso stesso di aver cominciato a chiedere un aiuto alla Commissione a tale riguardo solo dal giugno 2013, ossia dopo la scadenza del termine impartito.

58      Ad ogni modo, nel quadro di questo procedimento, detto Stato membro non fornisce in modo sistematico elementi sufficientemente precisi e concreti che consentano di verificare che le condizioni previste per l’applicazione del criterio de minimis siano soddisfatte in tutti i casi invocati da questo stesso Stato membro, a prescindere dal fatto che il criterio de minimis si applichi alla cooperativa nel suo complesso oppure a ciascun proprietario preso individualmente. Per di più, dal fascicolo sottoposto alla Corte si evince che l’INPS non ha giudicato sufficiente la dichiarazione de minimis fornita da talune imprese per poter escludere l’obbligo di recupero nei loro confronti.

59      Alla luce di ciò, la mera circostanza, anche ad ipotizzarla dimostrata, che la Repubblica italiana abbia chiesto un aiuto alla Commissione per l’interpretazione dell’applicazione del criterio de minimis, aiuto che non le sarebbe stato però fornito, non può avere l’effetto di obbligare quest’istituzione a produrre la prova che ciascun caso invocato da questo Stato membro rientri in detto criterio o di dispensare la Repubblica italiana dall’obbligo ad essa incombente di dar seguito alla sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634) nei confronti delle imprese interessate.

60      In secondo luogo, per quanto concerne l’argomento dedotto dalla Repubblica italiana secondo il quale due imprese beneficiarie sono soggette a procedure nazionali di concordato preventivo che avrebbero l’ineluttabile conseguenza della liquidazione di dette imprese, occorre subito ricordare che, in base a una giurisprudenza consolidata, il fatto che determinate imprese siano in difficoltà o in fallimento non incide sull’obbligo di recupero di aiuti illegittimamente corrisposti, dato che lo Stato membro interessato è obbligato, secondo i casi, a provocare la liquidazione della società, a far inserire il suo credito al passivo dell’impresa o ad adottare altre misure che consentano il rimborso dell’aiuto (v., segnatamente, sentenze Commissione/Italia, C‑613/11, EU:C:2013:192, punto 42, e Commissione/Francia, C‑37/14, EU:C:2015:90, punto 84).

61      Secondo una giurisprudenza parimenti consolidata, spetta allo Stato membro interessato adottare, e poi comunicare alla Commissione, ogni misura che consenta di ottenere il rimborso degli aiuti illegittimi nonché, se necessario, quelle dirette a provocare la loro liquidazione in sede giudiziaria, in modo che quest’ultimo possa far valere i suoi crediti sul patrimonio di siffatte imprese. Di conseguenza, in un caso del genere, è compito di detto Stato membro fornire la prova, da un lato, dell’avvio di una procedura di liquidazione nei confronti delle imprese interessate e, dall’altro, dell’iscrizione dei crediti al passivo di queste ultime conformemente ai principi ricordati nel punto precedente (v., in tal senso, sentenza Commissione/Italia, C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 76).

62      Nel caso di specie, gli elementi forniti alla Corte dalla Repubblica italiana relativi alle imprese soggette a una procedura di concordato preventivo non consentono di constatare che questo Stato membro abbia adottato tutte le misure necessarie, conformemente alla giurisprudenza ricordata nei punti 60 e 61 della presente sentenza, nei confronti di queste imprese.

63      Per il resto, per quanto concerne gli altri argomenti dedotti dalla Repubblica italiana nella documentazione fornita alla Corte nonché in udienza, diretti a rimettere in discussione l’obbligo di recupero degli aiuti riscossi da alcuni altri beneficiari, dalle stesse ammissioni di questo Stato membro si evince che comunque, anche ipotizzando che tutti questi argomenti siano ricevibili e fondati, nemmeno essi sono in grado di rimettere in discussione le conclusioni contenute nel punto 39 della presente sentenza.

64      Alla luce di ciò, non può incidere sull’inadempimento l’affermazione formulata da questo Stato membro secondo la quale la procedura di recupero in corso relativa al regime di aiuti in questione non è stata oggetto di nessuna contestazione da parte della Commissione (v., in tal senso, sentenze Commissione/Germania, C‑209/00, EU:C:2002:747, punti da 69 a 72, e Commissione/Italia, C‑411/12, EU:C:2013:832, punto 40).

65      Di conseguenza, occorre constatare che la Repubblica italiana, non avendo adottato, alla data di scadenza del termine impartito, tutte le misure necessarie all’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE.

 Sulle sanzioni pecuniarie

 Argomenti delle parti

66      La Commissione propone l’imposizione sia di una penalità, sia di una somma forfettaria per le medesime ragioni esposte nella sentenza Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punti da 42 a 45 e da 82 a 92).

67      Per quanto riguarda l’importo di dette sanzioni, quest’istituzione si basa sulla sua comunicazione SEC(2005) 1658 del 13 dicembre 2005, intitolata «Applicazione dell’articolo [260 TFUE]» (GU C 126, pag. 15), come aggiornata dalla comunicazione della Commissione C(2012) 6106 final, del 31 agosto 2012, intitolata «Aggiornamento dei dati utilizzati per il calcolo delle somme forfettarie e delle penalità che saranno proposte alla Corte di giustizia dalla Commissione nell’ambito di procedure di infrazione».

68      Per quanto concerne la gravità dell’infrazione, la Commissione sottolinea l’importanza delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato (Commissione/Italia, C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 60) e gli effetti dell’infrazione in questione nella presente causa. In particolare, un gran numero di imprese con sede nei territori di Venezia e di Chioggia avrebbe goduto del regime di aiuti in questione e questi aiuti sarebbero stati concessi indipendentemente dal settore di attività.

69      La gravità dell’infrazione deriverebbe parimenti dall’importo rilevante degli aiuti in questione ancora da recuperare. In particolare, in udienza, in risposta a un quesito formulato dalla Corte, la Commissione ha stimato che, in base a tutti i documenti presentati dalla Repubblica italiana, ivi compresi quelli prodotti nei pochi giorni precedenti l’udienza, ed escludendo i casi in cui questo Stato membro ritiene che non occorra procedere al recupero, rimangono ancora, quanto meno e malgrado i quindici anni trascorsi dall’adozione della decisione controversa, circa EUR 31 milioni da recuperare a titolo di capitale. Per di più, dato che gli aiuti in questione sono stati concessi nel 1996 e nel 1997, gli interessi da recuperare supererebbero largamente l’importo dovuto a titolo di capitale.

70      La Commissione sottolinea parimenti il modo tardivo e irregolare con il quale i documenti prodotti alla Corte da parte della Repubblica italiana dopo la chiusura della fase scritta sono stati trasmessi. Peraltro, tenendo conto dei tempi ridotti che la Commissione aveva a sua disposizione per valutarli, sembra che questi documenti provino solo progressi modesti nel recupero degli aiuti in questione. In udienza questo Stato membro avrebbe invocato ancora altri dati, che però non sarebbero corroborati dalla benché minima prova.

71      La Commissione ricorda inoltre che, in un’altra causa, la Repubblica italiana non ha ottemperato a una sentenza della Corte che accertava il mancato recupero di aiuti giudicati illegittimi da una decisione della Commissione (sentenza Commissione/Italia, C‑496/09, EU:C:2011:740). Per di più, ancora in numerose altre cause, la Corte avrebbe accertato che questo Stato membro è venuto meno all’obbligo di esecuzione immediata ed efficace, ad esso incombente, di decisioni della Commissione che imponevano il recupero di aiuti illegittimi. Pertanto, la Commissione sottolinea il rischio che questo genere di situazioni si riproduca di nuovo.

72      Tuttavia, a titolo di circostanza attenuante si potrebbero tenere in considerazione le difficoltà collegate al recupero degli aiuti presso un gran numero di imprese e l’adozione di misure legislative dirette a risolvere queste difficoltà.

73      La Commissione reputa pertanto appropriato fissare un coefficiente di gravità dell’infrazione pari a 7 per il calcolo della penalità e della somma forfettaria.

74      Per quanto concerne la durata dell’infrazione per il calcolo della penalità, la durata totale da prendere in considerazione dovrebbe andare dal giorno della pronuncia della prima sentenza di accertamento dell’inadempimento sino al momento in cui la Corte valuti i fatti in forza dell’articolo 260 TFUE. Il coefficiente di durata sarebbe calcolato attribuendo 0,10 al mese, su una scala compresa tra 1 e 3, in funzione di detta durata.

75      La Commissione propone di calcolare l’importo giornaliero della somma forfettaria moltiplicando l’importo di base per questa sanzione, ossia EUR 210, per il coefficiente di gravità pari a 7 e per il fattore «n» stabilito per la Repubblica italiana, ossia 16,72. L’importo così ottenuto, ossia EUR 24 578,40, andrebbe poi moltiplicato per il numero di giorni di durata dell’infrazione, dal giorno di pronuncia della prima sentenza che accerta l’inadempimento sino al giorno della pronuncia della sentenza nella presente causa.

76      L’importo giornaliero della penalità sarebbe ottenuto moltiplicando l’importo di base per questa sanzione, ossia EUR 640, per il coefficiente di gravità pari a 7, per il coefficiente di durata calcolato secondo il metodo illustrato nel punto 74 della presente sentenza, e per il fattore «n» stabilito per la Repubblica italiana, ossia 16,72. La penalità da applicare sarebbe così pari a EUR 187 264 al giorno.

77      Al fine di garantire la proporzionalità della penalità, la Commissione propone di applicare quest’ultima in modo decrescente, dal momento che è particolarmente difficile per lo Stato membro convenuto giungere a un’esecuzione completa degli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 260 TFUE, e che è prevedibile che questo Stato membro arrivi ad aumentare sostanzialmente il grado di esecuzione senza arrivare a un’esecuzione completa a breve termine (sentenza Commissione/Spagna, C‑278/01, EU:C:2003:635, punti da 47 a 49). La Corte avrebbe dichiarato che questo principio era applicabile a un caso assai analogo alla presente causa, dove la Repubblica italiana aveva incontrato serie difficoltà nel recuperare gli aiuti illegittimi concessi a un gran numero di beneficiari (sentenza Commissione/Italia, C‑496/09, EU:C:2011:740, punti 47 e seguenti).

78      La Commissione suggerisce che l’importo della penalità sia stabilito per quest’ultima ogni sei mesi, a decorrere dalla data della pronuncia della sentenza nella presente causa, moltiplicando l’importo giornaliero di EUR 187 264 per 182,5, per riflettere la periodicità semestrale, e per la percentuale degli aiuti ancora da recuperare alla scadenza del semestre rispetto all’importo degli aiuti ancora da recuperare il giorno della pronuncia della sentenza nella presente causa. Questa istituzione propone di calcolare essa stessa quest’ultimo importo, alla scadenza del primo semestre trascorso dopo detta pronuncia, in base alle prove che la Repubblica italiana avrà fornito nel corso di detto semestre.

79      Nella sua valutazione dell’importo degli aiuti ancora da recuperare alla scadenza di ogni semestre, la Commissione suggerisce che essa dovrà dedurre da tale importo solo gli aiuti il cui recupero sia stato provato dalla Repubblica italiana prima della scadenza del semestre in questione. Secondo tale istituzione, occorrerà computare parimenti, nella determinazione dell’importo degli aiuti da recuperare, gli interessi che continuano a decorrere sino alla data del recupero effettivo.

80      Dal suo canto, la Repubblica italiana ritiene che non esista nessun motivo per cumulare la penalità e la somma forfettaria. Queste due misure sarebbero alternative, come chiaramente enunciato dall’articolo 260, paragrafo 2, TFUE. Il loro cumulo dovrebbe essere escluso, in linea di principio, a meno che la Commissione non ne dimostri la necessità al fine di giungere alla perfetta esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634). Nel caso di specie, la Repubblica italiana si impegnerebbe attivamente per dare esecuzione a detta sentenza, malgrado una siffatta esecuzione presenti palesemente un’estrema difficoltà.

81      Per sostenere la sua proposta di cumulo delle sanzioni, la Commissione si sarebbe limitata a citare la sentenza Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740), la quale tuttavia presentava caratteristiche del tutto diverse. In particolare, la decisione della Commissione in questione in detta sentenza sarebbe stata molto chiara nella determinazione degli aiuti da recuperare, di modo che il tempo trascorso prima di giungere a risultati significativi per il recupero poteva essere considerato, in quanto tale, come una forma di inadempimento.

82      Secondo la Repubblica italiana, il coefficiente di gravità proposto dalla Commissione è eccessivo. Le circostanze attenuanti che la situazione impone di prendere in considerazione sarebbero state semplicemente elencate dalla Commissione, ma escluse nei fatti. Il coefficiente 7 sarebbe manifestamente sproporzionato rispetto all’importo totale degli aiuti da recuperare, ai progressi che le nuove procedure hanno consentito di realizzare in termini di rapidità e riduzione del contenzioso, allo sforzo di esecuzione posto in essere da questo Stato membro, alla difficoltà concreta di esecuzione e all’evidente assenza di un qualsivoglia rischio di recidiva, in quanto si tratta di misure di aiuto cui non è stata più data esecuzione da più di vent’anni.

83      Quanto all’importo degli aiuti ancora da recuperare, la Repubblica italiana ha sostenuto in udienza che l’INPS ha emesso avvisi di recupero per circa EUR 42 milioni a titolo di capitale, cui si aggiungerebbero interessi per circa EUR 71 milioni, calcolati secondo il metodo degli interessi composti voluto dalla Commissione. Su quest’importo totale di circa EUR 113 milioni, circa EUR 14 milioni sarebbero stati recuperati alla data dell’udienza, tenendo in considerazione un rimborso di cui l’avvocato dello Stato della Repubblica italiana avrebbe avuto notizia il giorno stesso di detta udienza. In risposta a un quesito formulato dalla Corte, questo Stato membro ha stimato che, escludendo gli aiuti che esso ritiene, per vari motivi, non soggetti all’obbligo di recupero, resterebbe ancora da recuperare un importo di circa EUR 20 milioni a titolo di capitale.

84      Infine, per quanto concerne la proposta della Commissione, ai fini dell’applicazione di una penalità decrescente, di prendere in considerazione per un dato semestre solo i progressi per i quali le prove siano state trasmesse alla Commissione prima della scadenza del semestre in questione, la Repubblica italiana afferma che un metodo siffatto avrebbe eventualmente come risultato che determinati aiuti effettivamente recuperati sfuggirebbero definitivamente al calcolo. A questo riguardo, la Repubblica italiana precisa che tra la realizzazione di un recupero e la possibilità di comunicarlo trascorre necessariamente un certo tempo, senza che ciò significhi che l’amministrazione sia stata inefficace. La Repubblica italiana conclude che il solo calcolo veramente decrescente terrebbe conto di tutti i recuperi eseguiti durante il semestre, indipendentemente dal momento in cui siano stati comunicati alla Commissione.

 Giudizio della Corte

85      Va rammentato, preliminarmente, che il procedimento previsto dall’articolo 260, paragrafo 2, TFUE ha lo scopo di spingere uno Stato membro inadempiente a eseguire una sentenza per inadempimento garantendo con ciò l’applicazione effettiva del diritto dell’Unione e che le misure previste da tale disposizione, e cioè la somma forfettaria e la penalità, mirano entrambe a questo stesso obiettivo (v. sentenza Commissione/Grecia, C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 140).

86      Spetta alla Corte, in ciascuna causa e in relazione alle circostanze del caso di specie di cui è investita nonché al grado di persuasione e di dissuasione che le sembra necessario, determinare le sanzioni pecuniarie adeguate per garantire l’esecuzione più rapida possibile della sentenza che ha precedentemente constatato un inadempimento e impedire la ripetizione di infrazioni analoghe al diritto dell’Unione (v. sentenza Commissione/Grecia, C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 142 e giurisprudenza ivi citata).

87      Pertanto, le proposte della Commissione non possono vincolare la Corte e costituiscono soltanto un utile punto di riferimento. Parimenti, orientamenti quali quelli contenuti nelle comunicazioni della Commissione non vincolano la Corte, ma contribuiscono a garantire la trasparenza, la prevedibilità e la certezza giuridica dell’azione condotta da tale istituzione (sentenza Commissione/Grecia, C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 112 e giurisprudenza ivi citata).

 Sulla penalità

88      Per quanto concerne l’imposizione di una penalità, la Corte ha dichiarato che detta sanzione è giustificata in linea di principio soltanto se l’inadempimento relativo alla mancata esecuzione di una precedente sentenza perdura fino all’esame dei fatti da parte della Corte (sentenza Commissione/Grecia, C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

89      Al fine di determinare se l’inadempimento addebitato alla convenuta sia perdurato sino all’esame dei fatti del caso di specie da parte della Corte, occorre valutare i provvedimenti che, secondo lo Stato convenuto, sono stati adottati successivamente al termine stabilito nella lettera di diffida (v., in tal senso, sentenza Commissione/Grecia, C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 61).

90      Nel caso di specie, benché la Repubblica italiana descriva nei particolari la procedura di recupero per come essa è proseguita dopo il termine impartito, dalle sue osservazioni in sede di udienza si evince che una parte sostanziale degli aiuti in questione non è stata ancora oggetto di recupero, senza che siano giustificate le ragioni per le quali questo recupero non sarebbe richiesto, e che pertanto l’inadempimento addebitato a questo Stato membro perdura fino all’esame dei fatti del caso di specie da parte della Corte.

91      In tale contesto, la Corte osserva che la condanna della Repubblica italiana al versamento di una penale costituisce un mezzo finanziario adeguato a sollecitare quest’ultima all’adozione delle misure necessarie per porre fine all’inadempimento constatato e per garantire la completa esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634).

92      Nell’esercizio del suo potere discrezionale in materia, incombe alla Corte fissare la penalità in modo tale che essa sia, da una parte, adeguata alle circostanze e, dall’altra, commisurata all’inadempimento accertato nonché alla capacità finanziaria dello Stato membro interessato (sentenza Commissione/Grecia, C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 114 e giurisprudenza ivi citata).

93      A questo riguardo, i criteri da prendere in considerazione per garantire la natura coercitiva della penalità ai fini dell’applicazione uniforme ed efficace del diritto dell’Unione sono costituiti in linea di principio dalla durata dell’infrazione, dal suo grado di gravità e dalla capacità finanziaria dello Stato membro di cui trattasi. Per l’applicazione di tali criteri, la Corte è chiamata a tener conto, in particolare, delle conseguenze dell’omessa esecuzione sugli interessi pubblici e privati nonché dell’urgenza di indurre lo Stato membro interessato a conformarsi ai suoi obblighi (sentenza Commissione/Italia, C‑196/13, EU:C:2014:2407, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).

94      Per quanto concerne, in primo luogo, la durata dell’inadempimento accertato, quest’ultima dev’essere valutata tenendo presente la data in cui la Corte giudica i fatti e non quella in cui quest’ultima è adita dalla Commissione (sentenza Commissione/Italia, C‑196/13, EU:C:2014:2407, punto 102 e giurisprudenza ivi citata).

95      Benché l’articolo 260, paragrafo 1, TFUE non precisi il termine entro il quale l’esecuzione di una sentenza deve avvenire, l’interesse collegato a un’applicazione immediata e uniforme del diritto dell’Unione impone, in base a una giurisprudenza consolidata della Corte, che quest’esecuzione sia avviata immediatamente e venga completata nel più breve termine possibile (v., segnatamente, sentenza Commissione/Portogallo, C‑76/13, EU:C:2014:2029, punto 57).

96      Tale è a fortiori il caso dopo l’entrata in vigore del Trattato FUE, dal momento che, come ricordato nel punto 35 della presente sentenza, questo Trattato ha soppresso, nella procedura per inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, la fase dedicata alla formulazione di un parere motivato (v. sentenza Commissione/Repubblica ceca, C‑241/11, EU:C:2013:423, punto 45).

97      Per di più, come la Corte ha ricordato nel punto 38 della sua sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), risulta dall’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 659/1999, che il recupero va effettuato senza indugio e secondo le procedure previste dall’ordinamento nazionale dello Stato membro interessato, a condizione che queste ultime consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione.

98      Orbene, nel caso di specie, come si evince dal punto 90 della presente sentenza, l’inadempimento addebitato alla Repubblica italiana continua da più di tre anni e mezzo dalla pronuncia della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), il che costituisce un intervallo di tempo significativo, tanto più che il regime di aiuti in questione è stato qualificato dalla Commissione incompatibile con il mercato interno più di quindici anni fa.

99      In secondo luogo, per quanto concerne la gravità dell’infrazione, occorre ricordare il carattere fondamentale delle disposizioni del Trattato CE in materia di aiuti di Stato (sentenza Commissione/Spagna, C‑184/11, EU:C:2014:316, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

100    Infatti, le norme su cui sono basate sia la decisione controversa sia la sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634) costituiscono l’espressione di uno dei compiti essenziali attribuiti all’Unione ai sensi dell’articolo 2 CE, ossia l’instaurazione di un mercato comune, nonché dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera g), CE, ai sensi del quale l’azione della Comunità comporta un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno (v., in tal senso, sentenza Commissione/Spagna, C‑184/11, EU:C:2014:316, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

101    L’importanza delle disposizioni dell’Unione violate in una situazione quale quella in questione nella presente causa si riflette segnatamente nel fatto che, mediante il rimborso degli aiuti dichiarati illegittimi ed incompatibili con il mercato interno, si trova eliminata la distorsione della concorrenza causata dal vantaggio concorrenziale procurato da tali aiuti e che, grazie a tale restituzione, il beneficiario perde il vantaggio di cui aveva illegittimamente goduto sul mercato rispetto ai suoi concorrenti (v., in tal senso, sentenza Commissione/Spagna, C‑184/11, EU:C:2014:316, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

102    Nel caso di specie, gli aiuti in questione si rivelano particolarmente lesivi della concorrenza a causa della rilevanza del loro importo e del numero elevato dei loro beneficiari i quali, come si ricava dal punto 31 della presente sentenza, operano sui più diversi mercati.

103    Peraltro, indubbiamente, la Repubblica italiana ha dato prova di un comportamento serio in seguito alla sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), da un lato, adottando la legge 29 dicembre 2012, n. 228/2012 e la legge 24 dicembre 2012, n. 234/2012 le quali, come si ricava dal fascicolo, erano destinate a riorganizzare la procedura di verifica caso per caso degli aiuti ancora da recuperare e a risolvere il problema processuale provocato dai contenziosi pendenti dinanzi ai giudici nazionali e, dall’altro, conducendo la procedura di recupero su tale base. Tuttavia, occorre fare osservare la lentezza con la quale sono stati realizzati progressi per porre rimedio all’inadempimento addebitato. Infatti, è pacifico che, malgrado l’adozione di queste nuove misure regolamentari, una parte importante degli aiuti che non sono stati rimborsati alla data di valutazione dei fatti da parte della Corte in questa sentenza rimane ancora da recuperare. Occorre parimenti constatare sia la mancanza di qualsiasi prova riguardante determinati progressi vantati dalla Repubblica italiana, sia il modo disordinato e confuso in cui sono stati presentati gli elementi relativi a determinati altri argomenti dedotti da questo Stato membro nel quadro del presente procedimento.

104    Se la durata dell’inadempimento nonché la gravità di quest’ultimo si ricavano dalle considerazioni illustrate nei punti da 94 a 103 della presente sentenza, occorre anche tener conto degli elementi invocati dalla Repubblica italiana, che attestano che il recupero degli aiuti in questione è stato reso più delicato dal fatto che la decisione controversa aveva dichiarato incompatibile con il mercato interno un regime di aiuti e che, pertanto, la sua esecuzione presupponeva, preliminarmente, da parte di questo Stato membro, l’individuazione degli importi da recuperare (v., per analogia, sentenza Commissione/Italia, C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 95).

105    Al fine di stabilire la forma della penalità imposta ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, la Corte è tenuta a prendere in considerazione vari fattori connessi tanto alla natura dell’inadempimento di cui trattasi, quanto alle circostanze della controversia in oggetto. Come si evince dalla giurisprudenza illustrata nei punti 86 e 87 della presente sentenza, la forma della penalità, così come l’importo delle sanzioni pecuniarie, rientra nella libera valutazione della Corte che non è assolutamente vincolata dalle proposte della Commissione a tale riguardo (v. sentenza Commissione/Italia, C‑196/13, EU:C:2014:2407, punto 105).

106    Per quanto concerne la proposta della Commissione di imporre una penalità di natura decrescente, occorre rilevare che, sebbene, per assicurare la completa esecuzione della sentenza della Corte, la penalità debba essere richiesta integralmente fino al momento in cui lo Stato membro abbia adottato le misure necessarie per far cessare l’inadempimento accertato, in taluni casi specifici, nondimeno, può essere presa in considerazione una sanzione che tenga conto dei progressi eventualmente realizzati dallo Stato membro nell’esecuzione dei suoi obblighi (sentenze Commissione/Grecia, C‑378/13, EU:C:2014:2405, punto 60, e Commissione/Italia, C‑196/13, EU:C:2014:2407, punto 106).

107    Nelle circostanze del caso di specie e in considerazione, segnatamente, delle informazioni fornite alla Corte sia dalla Repubblica italiana sia dalla Commissione, la Corte giudica che occorre fissare una penalità costante, per cui quest’ultima non deve diminuire prima che detto Stato membro non abbia preso tutte le misure necessarie utili all’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634).

108    Per quanto concerne la periodicità di detta penalità, conformemente alla proposta della Commissione, occorre imporre quest’ultima su base semestrale, al fine di consentire a detta istituzione di valutare lo stato di avanzamento delle operazioni di recupero in considerazione della situazione esistente al termine del periodo in questione, consentendo nel contempo allo Stato membro convenuto di disporre del tempo necessario per raccogliere e trasmettere alla Commissione elementi atti a dimostrare, per il periodo preso in considerazione, il recupero delle somme indebitamente versate.

109    A questo riguardo, dev’essere respinta la proposta della Repubblica italiana di tener conto, in sede di valutazione dello stato di esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634) per un dato semestre, dei progressi realizzati prima della scadenza di questo semestre a prescindere dal momento in cui la prova relativa a detti progressi sia stata trasmessa alla Commissione. Una tale linea di condotta non sarebbe né praticabile né conciliabile con la necessità di imporre una penalità che possieda il grado di persuasione e di dissuasione richiesto, conformemente alla giurisprudenza ricordata nel punto 86 della presente sentenza.

110    Pertanto, ai fini della valutazione dello stato di esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634) a titolo di un dato semestre, la Commissione è tenuta a tener conto soltanto dei progressi nell’adozione delle misure necessarie al fine di dare esecuzione alla sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634) di cui sia stata trasmessa la prova a detta istituzione prima della fine di detto semestre.

111    Occorre aggiungere che, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica italiana, il metodo delineato nel punto precedente non avrà assolutamente come effetto che determinati aiuti realmente recuperati sfuggano definitivamente alla valutazione della Commissione ai fini dell’imposizione della penalità. Al contrario, in base a questo metodo, alla fine del semestre durante il quale la prova del recupero effettivo di un importo determinato sarà stata trasmessa alla Commissione, quest’ultima dedurrà tale importo dal totale degli aiuti in questione ancora da recuperare. Se poi, con questo argomento, la Repubblica italiana intende rimettere in discussione l’obbligo stesso di trasmettere alla Commissione la prova del recupero degli aiuti in questione, basta ricordare la giurisprudenza, illustrata nel punto 61 della presente sentenza, secondo la quale spetta allo Stato membro interessato adottare, e poi comunicare alla Commissione, ogni misura che consenta di ottenere il rimborso degli aiuti illegittimi.

112    In considerazione di quanto sin qui esposto, la Corte giudica opportuno stabilire una penalità pari a EUR 12 milioni per semestre di ritardo nell’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634).

113    Tenuto conto del complesso delle considerazioni illustrate, occorre condannare la Repubblica italiana a versare alla Commissione, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», a decorrere dal giorno della pronuncia della presente sentenza e sino all’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), una penalità di importo pari a EUR 12 milioni per semestre di ritardo nell’esecuzione delle misure necessarie per ottemperare a detta sentenza Commissione/Italia.

 Sulla somma forfettaria

114    Occorre ricordare preliminarmente che l’applicazione di una penalità e di una somma forfettaria dipende dall’idoneità di ciascuna a conseguire l’obiettivo perseguito in funzione delle circostanze del caso di specie e che, in tale contesto, non è escluso il ricorso ai due tipi di sanzioni previste (v. sentenza Commissione/Grecia, C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 141)

115    Anche se l’imposizione di una penalità sembra particolarmente adatta per indurre uno Stato membro a porre fine, quanto prima, ad un inadempimento che, in mancanza di una misura siffatta, tenderebbe a persistere, l’imposizione di una somma forfettaria si basa maggiormente sulla valutazione delle conseguenze della mancata esecuzione degli obblighi dello Stato membro interessato sugli interessi privati e pubblici, in particolare qualora l’inadempimento sia continuato per un lungo periodo dopo la sentenza che lo ha inizialmente accertato (sentenza Commissione/Francia, C‑121/07, EU:C:2008:695, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

116    Pertanto la Corte è legittimata, nell’esercizio del potere discrezionale attribuitole nell’ambito in questione, a imporre cumulativamente una penalità e una somma forfettaria (v. sentenza Commissione/Grecia, C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 143).

117    La condanna al pagamento di una somma forfettaria e la determinazione dell’ammontare eventuale di detta somma devono restare correlati, in ciascun caso di specie, al complesso degli elementi rilevanti relativi tanto alle caratteristiche dell’inadempimento accertato quanto al comportamento specifico dello Stato membro interessato dal procedimento avviato in base all’articolo 260 TFUE. A questo proposito, quest’ultimo attribuisce alla Corte un ampio potere discrezionale nel decidere in merito all’irrogazione o meno di una siffatta sanzione e nel determinarne eventualmente l’ammontare (sentenza Commissione/Italia, C‑196/13, EU:C:2014:2407, punto 114 e giurisprudenza ivi citata).

118    Nella presente causa, la Corte giudica che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, il complesso degli elementi di diritto e di fatto sfociati nell’inadempimento accertato costituisce un indicatore del fatto che l’effettiva prevenzione della futura reiterazione di violazioni analoghe del diritto dell’Unione è tale da richiedere l’adozione di una misura dissuasiva, quale l’imposizione di una somma forfettaria.

119    In particolare, come la Corte ha ricordato nei punti 90 e 91 della sentenza Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740), la Repubblica italiana è stata già oggetto di numerose sentenze che accertavano un inadempimento a causa del fatto che essa non aveva immediatamente ed effettivamente recuperato aiuti dichiarati illegittimi ed incompatibili con il mercato interno.

120    Inoltre, nella sentenza Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740), la Corte ha constatato che la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, non avendo adottato tutte le misure necessarie all’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑99/02, EU:C:2004:207) riguardante il recupero di aiuti concessi da questo Stato membro nel quadro di regimi di aiuti recanti misure per l’occupazione.

121    Orbene, una simile reiterazione di infrazioni da parte di uno Stato membro, in un settore specifico di azione dell’Unione, può costituire un indizio del fatto che la prevenzione effettiva della futura reiterazione di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione è tale da richiedere l’adozione di una misura dissuasiva, quale la condanna al pagamento di una somma forfettaria (sentenza Commissione/Spagna, C‑184/11, EU:C:2014:316, punto 78 e giurisprudenza ivi citata).

122    Alla luce di ciò, non si può accogliere l’argomento della Repubblica italiana secondo il quale qualunque rischio di recidiva può essere escluso in quanto agli aiuti in questione non è stata data più esecuzione da oltre vent’anni.

123    In base a una giurisprudenza consolidata, spetta alla Corte, nell’esercizio del suo potere discrezionale, fissare l’ammontare della somma forfettaria di modo che esso sia, da una parte, adeguato alle circostanze e, dall’altra, commisurato all’inadempimento constatato nonché alla capacità finanziaria dello Stato membro di cui trattasi (sentenza Commissione/Spagna, C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 143).

124    Tra i fattori rilevanti al riguardo figurano, in particolare, elementi come il periodo durante il quale l’inadempimento addebitato si è protratto a partire dalla sentenza che lo ha constatato e la gravità dell’infrazione (sentenza Commissione/Spagna, C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 144).

125    Le circostanze da prendere in considerazione risultano segnatamente dalle considerazioni illustrate nei punti da 94 a 104 della presente sentenza, relative alla durata e alla gravità dell’inadempimento.

126    Sulla base del complesso di tali elementi la Corte giudica che corrisponde a una giusta valutazione delle circostanze del caso di specie fissare in EUR 30 milioni l’ammontare della somma forfettaria che la Repubblica italiana dovrà versare.

127    Di conseguenza, si deve condannare la Repubblica italiana a pagare alla Commissione, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», una somma forfettaria pari a EUR 30 milioni.

 Sulle spese

128    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, risultata soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La Repubblica italiana, non avendo adottato, alla data di scadenza fissata nella lettera di diffida emessa il 21 novembre 2012 dalla Commissione europea, tutte le misure necessarie all’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE.

2)      La Repubblica italiana è condannata a pagare alla Commissione europea, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», a decorrere dal giorno della pronuncia della presente sentenza e sino all’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑302/09, EU:C:2011:634), una penalità di importo pari a EUR 12 milioni per semestre di ritardo nell’esecuzione delle misure necessarie per ottemperare a detta sentenza Commissione/Italia.

3)      La Repubblica italiana è condannata a pagare alla Commissione europea, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», una somma forfettaria pari a EUR 30 milioni.

4)      La Repubblica italiana è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.