SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

15 ottobre 2015 ( * )

«Rinvio pregiudiziale — Regolamento (CE) n. 1346/2000 — Articoli 4 e 13 — Procedura di insolvenza — Atti pregiudizievoli — Azione diretta alla restituzione dei pagamenti effettuati prima della data d’apertura della procedura di insolvenza — Legge dello Stato membro di apertura della procedura di insolvenza — Legge di un altro Stato membro che disciplina l’atto in questione — Legge che non consente, “nella fattispecie, di impugnare tale atto con alcun mezzo” — Onere della prova»

Nella causa C‑310/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Helsingin hovioikeus (Corte d’appello di Helsinki, Finlandia), con decisione del 26 giugno 2014, pervenuta in cancelleria il 30 giugno 2014, nel procedimento

Nike European Operations Netherlands BV

contro

Sportland Oy, in liquidazione,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da F. Biltgen, presidente della Decima Sezione, facente funzione di presidente della Sesta Sezione, M. Berger (relatore) e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la Nike European Operations Netherlands BV, da A. Saarikivi, asianajaja;

per il governo finlandese, da H. Leppo, in qualità di agente;

per il governo belga, da M. Jacobs, in qualità di agente;

per il governo tedesco, da T. Henze e J. Kemper, in qualità di agenti;

per il governo spagnolo, da L. Banciella Rodríguez‑Miñón, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da E. Paasivirta e M. Wilderspin, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 4, paragrafo 2, lettera m), e 13 del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza (GU L 160, pag. 1).

2

Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia tra la Nike European Operations Netherlands BV (in prosieguo: la «Nike») e la Sportland Oy, in liquidazione (in prosieguo: la «Sportland»), in merito ad un’azione revocatoria.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3

Il considerando 24 del regolamento n. 1346/2000 così recita:

«Il riconoscimento automatico di una procedura d’insolvenza alla quale si applica di norma la legge dello Stato di apertura può interferire con le regole che disciplinano le transazioni in altri Stati membri. A tutela delle aspettative legittime e della certezza delle transazioni negli Stati membri diversi da quello in cui la procedura è stata aperta, si dovrebbe prevedere una serie di deroghe alla regola generale».

4

L’articolo 4 del citato regolamento così dispone:

«1.   Salvo disposizione contraria del presente regolamento, si applica alla procedura di insolvenza e ai suoi effetti la legge dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura, in appresso denominato “Stato di apertura”.

2.   La legge dello Stato di apertura determina le condizioni di apertura, lo svolgimento e la chiusura della procedura di insolvenza. Essa determina in particolare:

(...)

m)

le disposizioni relative alla nullità, all’annullamento o all’inopponibilità degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori».

5

Ai sensi dell’articolo 13 del medesimo regolamento:

«Non si applica l’articolo 4, paragrafo 2, lettera m), quando chi ha beneficiato di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori prova che:

tale atto è soggetto alla legge di uno Stato contraente diverso dallo Stato di apertura,

e che

tale legge non consente, nella fattispecie, di impugnare tale atto con alcun mezzo».

Il diritto finlandese

6

L’articolo 10 della legge relativa alla reintegrazione nella massa fallimentare (takaisinsaannista konkurssipesään annettu laki) stabilisce che il saldo di un debito effettuato meno di tre mesi prima della data di riferimento viene annullato se il debito è stato pagato con mezzi inusuali o prima della scadenza, o per un importo da considerarsi di notevole entità rispetto alla massa fallimentare.

Il diritto olandese

7

Ai sensi dell’articolo 47 della legge sul fallimento (Faillissementswet), il saldo di un debito esigibile può essere oggetto di contestazione solo ove risulti dimostrato che, al momento della ricezione del pagamento, il beneficiario sapeva che era già stata presentata istanza di fallimento o che il creditore e il debitore si erano accordati per favorire il creditore a svantaggio della restante massa dei creditori.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

8

La Sportland, con sede in Helsinki (Finlandia), vendeva al dettaglio prodotti forniti dalla Nike, con sede in Hilversum (Paesi Bassi), in forza di un contratto di franchising. In virtù di tale contratto, assoggettato al diritto olandese, la Sportland ha pagato alla Nike debiti esigibili, per l’acquisizione di scorte di magazzino oggetto del citato contratto, in dieci distinti versamenti scaglionati nel periodo tra il 10 febbraio 2009 e il 20 maggio 2009, corrispondenti alla somma complessiva di EUR 195108,15.

9

Lo Helsingin käräjäoikeus (Tribunale di Helsinki), adito con un ricorso depositato il 5 maggio 2009, in data 26 maggio 2009 ha disposto l’apertura di una procedura di insolvenza nei confronti della Sportland. Quest’ultima ha avviato un’azione dinanzi allo Helsingin käräjäoikeus chiedendo che i pagamenti indicati al punto precedente della presente sentenza fossero annullati e che la Nike fosse condannata alla rifusione delle somme in tal modo versate nonché al pagamento degli interessi, ai sensi dell’articolo 10 della legge sulla reintegrazione nella massa fallimentare.

10

La Nike ha chiesto che l’azione fosse respinta. Essa ha eccepito, segnatamente, l’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 e ha affermato che i pagamenti contestati erano disciplinati dal diritto olandese. Orbene, in forza dell’articolo 47 della legge sul fallimento, a suo avviso detti pagamenti non potevano essere annullati.

11

Lo Helsingin käräjäoikeus ha accolto l’azione della Sportland. Esso ha ritenuto, in particolare, che il perito dinanzi ad esso comparso non avesse esaminato la questione della praticabilità nel diritto olandese, tenuto conto di tutte le circostanze del procedimento principale, di una reintegrazione dei pagamenti nella massa della liquidazione. Tale giudice ne ha tratto la conclusione che la Nike non aveva dimostrato che, ai fini dell’articolo 13 del regolamento in parola, i pagamenti non potessero essere impugnati.

12

La Nike, che reputava di avere fornito spiegazioni sufficienti in merito al contenuto della normativa olandese, ha impugnato tale decisione presso lo Helsingin hovioikeus (Corte d’appello di Helsinki). La Sportland ha chiesto che tale impugnazione fosse respinta, segnatamente per il motivo che la Nike non aveva presentato spiegazioni né per quanto attiene al contenuto di disposizioni del diritto olandese diverse da quelle relative alla normativa sul fallimento, né sui principi generali di tale diritto.

13

Nella decisione di rinvio, lo Helsingin hovioikeus ricorda che, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1346/2000, la legge applicabile alla procedura di insolvenza e ai suoi effetti è la legge dello Stato di apertura. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera m), di tale regolamento, la citata legge determina, in particolare, le disposizioni relative alla nullità, all’annullamento o all’inopponibilità degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori. Orbene, in forza dell’articolo 13 del citato regolamento, il suo articolo 4, paragrafo 2, lettera m), non trova applicazione quando chi ha beneficiato di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori prova che tale atto è soggetto alla legge di uno Stato contraente diverso dallo Stato di apertura e che tale legge non consente, nella fattispecie, di impugnare tale atto con alcun mezzo.

14

Il giudice del rinvio osserva che le parti nel procedimento principale controvertono, in primo luogo, sull’interpretazione dei termini «non consente, nella fattispecie, di impugnare tale atto con alcun mezzo», in secondo luogo, sulla portata dell’obbligo della Nike di fornire indicazioni quanto al contenuto del diritto olandese e, in terzo luogo, sulla ripartizione dell’onere della prova tra le parti.

15

Alla luce di quanto sopra, lo Helsingin hovioikeus ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 13 del regolamento [n. 1346/2000] debba essere interpretato nel senso che con l’espressione “nella fattispecie (…) tale atto” si intenda che, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, l’atto non è impugnabile.

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione, laddove il [resistente in siffatta azione] abbia invocato una norma di legge ai sensi dell’articolo 13, primo trattino, secondo cui il pagamento di un debito scaduto è impugnabile solo alle condizioni ivi indicate, non previste dalla legge dello Stato di dichiarazione dello stato di insolvenza:

a)

se sussistano motivi che vietino di interpretare l’articolo 13 nel senso che il ricorrente, dopo essere venuto a conoscenza di tale norma, debba far valere tali circostanze allorché, sulla base del diritto nazionale dello Stato di apertura del procedimento di insolvenza, sia tenuto ad illustrare tutte le circostanze a fondamento del ricorso, ovvero

b)

se il resistente sia tenuto a dimostrare che tali circostanze non sussistessero e che, pertanto, l’azione revocatoria non fosse esperibile sulla base della disposizione in questione, senza che il ricorrente debba specificamente invocare le circostanze medesime.

3)

Indipendentemente dalla risposta alla seconda questione, sub a), se l’articolo 13 debba essere interpretato nel senso che:

a)

sul resistente gravi l’onere della prova che, nel caso concreto, non sussistessero le circostanze previste dalla disposizione di cui trattasi, ovvero

b)

se l’onere della prova della sussistenza di tali circostanze possa essere determinato sulla base della legge, applicabile all’atto, di uno Stato membro diverso dallo Stato di apertura del procedimento di insolvenza, secondo cui l’onere della prova grava sul ricorrente, ovvero

c)

se l’articolo 13 possa essere interpretato anche nel senso che la questione dell’onere della prova possa essere definita sulla base della normativa nazionale dello Stato del foro competente.

4)

Se l’articolo 13 debba essere interpretato nel senso che l’espressione “non consente (…) di impugnare tale atto con alcun mezzo” comprenda, oltre alle norme in materia di procedure di insolvenza della legge cui l’atto è soggetto, anche le norme e i principi generali di tale legge.

5)

In caso di soluzione affermativa della quarta questione:

a)

se l’articolo 13 [del regolamento n. 1346/2000] debba essere interpretato nel senso che, a tal riguardo, il resistente debba provare che la legge di cui all’articolo 13 non preveda norme o principi generali o di altro tipo che consentano di impugnare l’atto sulla base dei fatti illustrati, e

b)

se, ai sensi [del citato] articolo 13, un giudice, laddove ritenga che il resistente abbia fornito sufficienti elementi al riguardo, possa chiedere alla controparte di fornire prove in relazione ad una determinata norma, applicabile all’atto, della normativa fallimentare o del diritto generale dello Stato contraente diverso dallo Stato di apertura del procedimento di insolvenza di cui all’articolo 13».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

16

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 debba essere interpretato nel senso che la sua applicazione è assoggettata alla condizione che l’atto in questione non possa essere impugnato sul fondamento della legge applicabile a tale atto (in prosieguo: la «lex causae»), tenuto conto di tutte le circostanze della fattispecie.

17

A questo proposito, si constata che la formulazione dell’articolo 13 del regolamento in parola nella sua versione in lingua finlandese differisce leggermente dalle altre versioni linguistiche, in quanto sembra non contenere le parole «nella fattispecie» o un’espressione analoga. Orbene, per costante giurisprudenza, la necessità di un’interpretazione uniforme di una disposizione di diritto dell’Unione richiede che, in caso di divergenza tra le sue varie versioni linguistiche, la disposizione di cui trattasi sia interpretata in funzione del contesto e della finalità della normativa di cui essa costituisce un elemento (v. sentenza Christie’s France, C‑41/14, EU:C:2015:119, punto 26 e giurisprudenza citata).

18

Per quanto riguarda il contesto e la finalità dell’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000, occorre rammentare, da un lato, che tale articolo prevede una deroga alla regola generale, sancita all’articolo 4, paragrafo 1, di detto regolamento, secondo cui la legge applicabile alla procedura di insolvenza e ai suoi effetti è la legge dello Stato di apertura (in prosieguo: la «lex fori concursus»). Dall’altro lato, tale deroga, volta, come recita il considerando 24 del regolamento stesso, a tutelare il legittimo affidamento e la certezza delle transazioni negli Stati membri diversi da quello in cui la procedura sia stata aperta, dev’essere interpretata restrittivamente e la sua portata non può andare al di là di quanto necessario per il conseguimento di tale obiettivo (v. sentenza Lutz, C‑557/13, EU:C:2015:227, punto 34).

19

Pertanto, l’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 mira a tutelare il legittimo affidamento di chi ha beneficiato di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori, prevedendo che tale atto rimarrà disciplinato, anche dopo l’apertura di una procedura di insolvenza, dal diritto che era ad esso applicabile alla data in cui tale atto è stato realizzato, ossia la lex causae.

20

Orbene, da questa finalità si evince chiaramente che l’applicazione dell’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 esige che si tenga conto di tutte le circostanze della fattispecie. Infatti non potrebbe sussistere legittimo affidamento sul fatto che la validità di un atto sarà valutata, dopo l’apertura di una procedura di insolvenza, a prescindere da tali circostanze, laddove, se una procedura siffatta non viene avviata, esse dovrebbero invece essere tenute in considerazione.

21

Oltretutto, l’obbligo di interpretare in maniera restrittiva l’eccezione stabilita dall’articolo 13 del regolamento citato osta ad una interpretazione estensiva della portata di tale articolo, che consenta a colui che ha beneficiato di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori di sottrarsi all’applicazione della lex fori concursus eccependo solo in maniera meramente astratta il carattere non impugnabile dell’atto interessato sulla base di una disposizione della lex causae.

22

Pertanto, occorre rispondere alla prima questione che l’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 deve essere interpretato nel senso che la sua applicazione è assoggettata alla condizione che l’atto interessato non possa essere impugnato sul fondamento della lex causae, tenuto conto di tutte le circostanze della fattispecie.

Sulle questioni seconda e terza

23

Con le sue questioni seconda e terza, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, ai fini dell’applicazione dell’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 e per l’ipotesi in cui il resistente in un’azione di nullità, annullamento o inopponibilità sollevi una disposizione della lex causae secondo cui tale atto è impugnabile unicamente nelle circostanze previste da tale disposizione, a chi incomba l’obbligo di eccepire l’assenza di tali circostanze e di produrne la prova.

24

A questo proposito occorre ricordare che, in forza dell’articolo 13 del regolamento in parola, l’articolo 4, paragrafo 2, lettera m), del regolamento può essere disapplicato solo quando chi ha beneficiato di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori produce la prova che tale atto è soggetto alla legge di uno Stato contraente diverso dallo Stato di apertura e che tale legge non consente di impugnare detto atto con alcun mezzo.

25

Quindi, dalla formulazione stessa dell’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 si evince che è compito del resistente in un’azione di nullità, annullamento o inopponibilità di un atto produrre la prova che tale atto, in base alla lex causae, non può essere impugnato. Peraltro, prevedendo che tale resistente debba fornire la prova che l’atto considerato non può essere attaccato «con alcun mezzo» – e ciò, come risulta dal punto 22 della presente sentenza, tenuto conto di tutte le circostanze della fattispecie –, detto articolo 13 obbliga, inoltre, tale resistente, perlomeno implicitamente, a produrre la prova sia dell’esistenza degli elementi fattuali che permettono di affermare che l’atto in parola non è impugnabile, sia dell’assenza di qualsiasi elemento che osti a tale conclusione.

26

Posto che l’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 pone, dunque, espressamente l’onere della prova a carico del resistente che deduce in giudizio detto articolo, il ricorrente, nel contesto di un’azione basata sulle disposizioni rilevanti della lex fori concursus, non può essere obbligato a eccepire, o a fornire la prova, che ricorrono le condizioni per l’applicazione di una disposizione della lex causae che consentirebbero, in linea di principio, di impugnare l’atto in questione, come l’articolo 47 della legge sul fallimento, oggetto del procedimento principale.

27

Tuttavia, per quanto l’articolo 13 del regolamento menzionato disciplini espressamente l’attribuzione dell’onere della prova, esso non contiene disposizioni più specifiche sugli aspetti processuali. Tale articolo, infatti, non include disposizioni relative, segnatamente, alle modalità di amministrazione della prova, ai mezzi probatori ammissibili dinanzi al giudice nazionale competente o ai principi che disciplinano la valutazione da parte di tale giudice della forza probatoria degli elementi di prova sottopostigli.

28

Orbene, da una giurisprudenza costante risulta che, in mancanza, nel diritto dell’Unione, di un’armonizzazione di tali regole, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilirle, in forza del principio di autonomia processuale, a condizione, tuttavia, che esse non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenza Kušionová, C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 50 e giurisprudenza citata).

29

Per quanto attiene, più nello specifico, al principio di effettività menzionato al punto precedente della presente sentenza, esso osta, da una parte, all’applicazione di norme processuali nazionali che renderebbero in pratica impossibile o eccessivamente difficile avvalersi dell’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000, prevedendo norme troppo rigide, segnatamente in materia di prova negativa dell’assenza di determinate circostanze. Dall’altra, questo principio si oppone a norme nazionali in materia di prova troppo poco rigide e la cui applicazione sfocerebbe, in pratica, nell’inversione dell’onere della prova previsto dall’articolo 13 del citato regolamento.

30

Tuttavia, una mera difficoltà nel produrre la prova che esistono circostanze in cui la lex causae impedisce l’impugnazione dell’atto in questione o, all’occorrenza, che non ricorrono circostanze, previste dalla lex causae, in presenza delle quali tale atto può essere impugnato non lederebbe, di per sé, il principio di effettività, bensì risponderebbe piuttosto all’esigenza, menzionata al punto 18 della presente sentenza, di interpretare tale articolo ristrettivamente.

31

Pertanto, occorre rispondere alla seconda e alla terza questione che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 e nell’ipotesi in cui il resistente in un’azione di nullità, annullamento o inopponibilità sollevi una disposizione della lex causae secondo cui tale atto è impugnabile unicamente nelle circostanze previste da tale disposizione, incombe a tale resistente eccepire l’assenza di tali circostanze e produrne la prova.

Sulla quarta questione

32

Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se occorra interpretare l’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 nel senso che i termini «non consente (...) di impugnare tale atto con alcun mezzo» si riferiscono, oltre alle disposizioni della lex causae applicabili in materia di insolvenza, all’insieme delle disposizioni dei principi generali di tale legge.

33

A questo proposito, dal punto 19 di questa sentenza risulta che l’articolo 13 del citato regolamento mira a tutelare il legittimo affidamento di chi ha beneficiato di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori, prevedendo che tale atto rimarrà disciplinato, anche dopo l’apertura di una procedura di insolvenza, dalla lex causae. Inoltre, come discende dal punto 22 della presente sentenza, l’applicazione di detto articolo 13 a favore di un siffatto beneficiario richiede che si tenga conto di tutte le circostanze della fattispecie.

34

Orbene, l’obiettivo di tutela del legittimo affidamento nonché la necessità di tener conto di tutte le circostanze della fattispecie obbligano ad interpretare l’articolo 13 del medesimo regolamento nel senso che il citato beneficiario deve produrre la prova che l’atto in questione non è impugnabile sul fondamento né delle disposizioni della lex causae applicabili in materia di insolvenza, e neppure della lex causae nel suo complesso.

35

Da un lato, infatti, il disposto dell’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 depone chiaramente a favore di un’interpretazione del genere, dato che pone a carico del beneficiario di un atto pregiudizievole l’onere di fornire la prova che tale atto non è impugnabile «con alcun mezzo». Dall’altro, non può esservi legittimo affidamento sul fatto che un atto, che è impugnabile in base a una disposizione o a un principio generale della lex causae, sia valutato, dopo l’apertura di una procedura di insolvenza, solo alla luce delle disposizioni della lex causae applicabili in materia di insolvenza.

36

Pertanto, occorre rispondere alla quarta questione che l’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 deve essere interpretato nel senso che i termini «non consente (...), di impugnare tale atto con alcun mezzo» si riferiscono, oltre che alle disposizioni della lex causae applicabili in materia di insolvenza, al complesso delle disposizioni e dei principi generali di tale legge.

Sulla quinta questione

37

Con la quinta questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 debba essere interpretato nel senso che il resistente in un’azione di nullità, annullamento o inopponibilità di un atto debba dimostrare che la lex causae, complessivamente, non consente di contestare tale atto. Tale giudice vuole inoltre che sia chiarito, in sostanza, se il giudice nazionale investito di una siffatta azione possa, laddove reputi che il resistente ha prodotto spiegazioni sufficienti, decidere che spetta al ricorrente fornire la prova di una disposizione o di un principio della lex causae in forza dei quali detto atto può essere impugnato.

38

In primo luogo, per chiarire se, ai fini dell’applicazione del citato articolo 13, il resistente in un’azione di nullità, annullamento o inopponibilità di un atto debba dimostrare che la lex causae, nella sua interezza, non consente di contestare l’atto impugnato, occorre rammentare che, come emerge dal punto 31 della presente sentenza, incombe al resistente eccepire l’assenza di circostanze che consentano di impugnare tale atto sul fondamento della lex causae e produrne la prova.

39

Orbene, l’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 non distingue tra le disposizioni della lex causae applicabili in materia di insolvenza e le disposizioni e i principi della lex causae applicabili ad altre materie, ma dispone che incombe al citato resistente produrre la prova che l’atto in parola non può essere impugnato «con alcun mezzo». Dalla formulazione di tale articolo si evince, quindi, chiaramente che esso deve essere interpretato nel senso che è il resistente stesso che deve dimostrare che la lex causae, nella sua interezza, non consente di impugnare tale atto.

40

Questa conclusione è altresì conforme al principio, ricordato al punto 18 della presente sentenza, secondo cui l’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 deve essere interpretato in maniera restrittiva. In effetti, un’interpretazione contraria, nel senso che incombe all’autore della contestazione l’onere di provare che nella lex causae non esistono disposizioni o principi che consentono una contestazione, agevolerebbe eccessivamente il ricorso a tale disposizione e le conferirebbe una portata considerevolmente estesa.

41

Peraltro, solo una tale conclusione è conforme alla finalità del menzionato articolo 13, ricordata al punto 19 di questa sentenza, di tutelare il legittimo affidamento di chi ha beneficiato di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori prevedendo che tale atto rimarrà disciplinato dal diritto che era ad esso applicabile alla data in cui tale atto è stato realizzato. In tale data, infatti, detto atto era disciplinato dalla lex causae, nella sua interezza, applicabile al di fuori di una procedura di insolvenza, dato che l’articolo 13 non è in linea di principio applicabile, secondo la giurisprudenza della Corte, agli atti compiuti successivamente all’apertura di una procedura di insolvenza (v. sentenza Lutz, C‑557/13, EU:C:2015:227, punto 36).

42

In secondo luogo, per chiarire se il giudice nazionale, investito di un’azione di nullità, annullamento o inopponibilità di un atto, possa, laddove reputi che il resistente ha presentato spiegazioni sufficienti, decidere che il ricorrente deve produrre la prova di una disposizione o di un principio della lex causae in forza dei quali tale atto può essere impugnato, occorre rilevare che dal punto 25 della presente sentenza discende che è compito di tale resistente fornire la prova che detto atto non è impugnabile.

43

Peraltro, dai punti da 27 a 29 della presente sentenza risulta che, posto che l’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 non contiene disposizioni relative, segnatamente, alle modalità di amministrazione della prova, ai mezzi probatori ammissibili dinanzi al giudice nazionale competente o ai principi che disciplinano la valutazione da parte di tale giudice della forza probatoria degli elementi di prova sottopostigli, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilirli, in forza del principio dell’autonomia processuale, a condizione, tuttavia, che siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività. Norme nazionali in materia di prova troppo poco rigide e la cui applicazione sfoci, in pratica, nell’inversione dell’onere della prova non sarebbero conformi al principio di effettività.

44

Se ne evince che il giudice nazionale competente può decidere che è al ricorrente in un’azione di nullità, annullamento o inopponibilità di un atto che incombe produrre la prova dell’esistenza di una disposizione o principio della lex causae in forza di cui l’atto può essere impugnato solo laddove detto giudice consideri che il resistente, in un primo tempo, ha effettivamente dimostrato, alla luce delle norme abitualmente applicabili nel suo diritto processuale nazionale, che l’atto in parola, in forza della lex causae, non è impugnabile. Tuttavia, rientra nell’autonomia processuale dello Stato membro interessato stabilire, osservando i principi di effettività e di equivalenza, i criteri che consentono di valutare se il ricorrente abbia effettivamente fornito tale prova.

45

Alla luce di quanto sopra, occorre rispondere alla quinta questione che l’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 deve essere interpretato nel senso che il resistente in un’azione di nullità, annullamento o inopponibilità di un atto deve dimostrare che la lex causae, nella sua interezza, non consente di contestare il citato atto. Il giudice nazionale investito di tale azione può decidere che è al ricorrente che incombe produrre la prova dell’esistenza di una disposizione o principio della lex causae in forza di cui l’atto può essere impugnato solo laddove detto giudice consideri che il resistente, in un primo tempo, ha effettivamente dimostrato, alla luce delle norme abitualmente applicabili nel suo diritto processuale nazionale, che l’atto in parola, in forza della lex causae, non è impugnabile.

Sulle spese

46

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 13 del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza, deve essere interpretato nel senso che la sua applicazione è assoggettata alla condizione che l’atto in questione non possa essere impugnato sul fondamento della legge applicabile a tale atto (lex causae), tenuto conto di tutte le circostanze della fattispecie.

 

2)

Ai fini dell’applicazione dell’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 e nell’ipotesi in cui il resistente in un’azione di nullità, annullamento o inopponibilità sollevi una disposizione della legge applicabile a tale atto (lex causae) secondo cui detto atto è impugnabile unicamente nelle circostanze previste da tale disposizione, incombe a questo resistente eccepire l’assenza di tali circostanze e produrne la prova.

 

3)

L’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 deve essere interpretato nel senso che i termini «non consente (...), di impugnare tale atto con alcun mezzo» si riferiscono, oltre che alle disposizioni della legge applicabile a tale atto (lex causae) applicabili in materia di insolvenza, al complesso delle disposizioni e dei principi generali di tale legge.

 

4)

L’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 deve essere interpretato nel senso che il resistente in un’azione di nullità, annullamento o inopponibilità di un atto deve dimostrare che la legge applicabile a tale atto (lex causae), nella sua interezza, non consente di contestare il citato atto. Il giudice nazionale investito di tale azione può decidere che è al ricorrente che incombe produrre la prova dell’esistenza di una disposizione o principio di tale legge in forza di cui l’atto può essere impugnato solo laddove detto giudice consideri che il resistente, in un primo tempo, ha effettivamente dimostrato, alla luce delle norme abitualmente applicabili nel suo diritto processuale nazionale, che l’atto in parola, in forza della stessa legge, non è impugnabile.

 

Firme


( * )   Lingua processuale: il finlandese.