SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

13 settembre 2016* ( 1 )

«Rinvio pregiudiziale — Cittadinanza dell’Unione — Articolo 20 TFUE — Cittadino di uno Stato terzo con un figlio minore in tenera età a carico, cittadino dell’Unione — Diritto di soggiorno nello Stato membro del quale il minore è cittadino — Condanne penali del genitore — Decisione di allontanamento del genitore che comporta l’allontanamento indiretto del minore»

Nella causa C‑304/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) [tribunale superiore (sezione immigrazione e asilo), Regno Unito], con decisione del 4 giugno 2014, pervenuta in cancelleria il 24 giugno 2014, nel procedimento

Secretary of State for the Home Department,

contro

CS,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, M. Ilešič, L. Bay Larsen, C. Toader, D. Šváby, F. Biltgen e C. Lycourgos, presidenti di sezione, A. Rosas (relatore), E. Juhász, A. Borg Barthet, M. Safjan, M. Berger, A. Prechal e K. Jürimäe, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 30 giugno 2015,

considerate le osservazioni presentate:

per CS, da R. Husain, QC, L. Dubinsky, e P. Tridimas, barristers, incaricati da D. Furner, solicitor;

per il governo del Regno Unito, da M. Holt e J. Beeko, in qualità di agenti, assistiti da D. Blundell, barrister;

per il governo danese, da C. Thorning e M. Wolff, in qualità di agenti;

per il governo francese, da D. Colas e R. Coesme, in qualità di agenti;

per il governo polacco, da B. Majczyna, K. Pawłowska e M. Pawlicka, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da I. Martínez del Peral, C. Tufvesson e M. Wilderspin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4 febbraio 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 20 TFUE.

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra CS, cittadina di uno Stato terzo, madre di un minore in tenera età, cittadino dell’Unione con cittadinanza di uno Stato membro nel quale ha sempre soggiornato, e il Secretary of State for the Home Department (Ministro dell’Interno, Regno Unito), relativa ad una decisione di espulsione dell’interessata dal territorio di tale Stato membro verso uno Stato terzo, in ragione dei suoi precedenti penali.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

L’articolo 3 della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, e rettifica in GU 2004, L 229, pag. 35), rubricato «Aventi diritto», così prevede:

«1.   La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo.

2.   Senza pregiudizio del diritto personale di libera circolazione e di soggiorno dell’interessato lo Stato membro ospitante, conformemente alla sua legislazione nazionale, agevola l’ingresso e il soggiorno delle seguenti persone:

a)

ogni altro familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, non definito all’articolo 2, punto 2, se è a carico o convive, nel paese di provenienza, con il cittadino dell’Unione titolare del diritto di soggiorno a titolo principale (...);

(…)

Lo Stato membro ospitante effettua un esame approfondito della situazione personale e giustifica l’eventuale rifiuto del loro ingresso o soggiorno».

Diritto del Regno Unito

La legge sulle frontiere

4

In virtù dell’articolo 32, paragrafo 5, dello UK Borders Act 2007 (legge del 2007 sulle frontiere; in prosieguo: la «legge sulle frontiere»), nel caso in cui una persona, che non sia un cittadino britannico, sia riconosciuta colpevole di un reato nel Regno Unito e sia condannata ad una pena detentiva di almeno dodici mesi, il Ministro dell’Interno deve emettere un provvedimento di espulsione nei suoi confronti.

5

Si evince dall’articolo 33 della legge sulle frontiere che tale obbligo non sorge ove l’allontanamento, in forza del provvedimento di espulsione, della persona condannata:

(a)

violi i diritti di una persona ai sensi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,firmata a Roma il 4 novembre 1950; o

(b)

violi gli obblighi incombenti al Regno Unito ai sensi della convenzione sullo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 [1954]); o

(c)

violi i diritti del reo ai sensi dei Trattati dell’Unione europea.

Il regolamento sull’immigrazione

6

In virtù dell’articolo 15 A, paragrafo 4 A, dell’Immigration (European Economic Area) Regulations 2006 [regolamento del 2006 sull’immigrazione (Spazio economico europeo)], nella versione modificata nel 2012 (in prosieguo: il «regolamento sull’immigrazione»), che tiene conto della sentenza dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), una persona con i requisiti previsti dal citato articolo 15 A, paragrafo 4 A, beneficia di un «diritto di soggiorno derivato nel Regno Unito».

7

Tuttavia, ai sensi dell’articolo 15 A, paragrafo 9, di detto regolamento, una persona che beneficerebbe normalmente di un diritto di soggiorno derivato in forza, segnatamente, del citato articolo 15 A, paragrafo 4 A, non beneficia di tale diritto «se il Ministro dell’Interno ha adottato una decisione ai sensi [degli articoli 19, paragrafo 3, lettera b), 20, paragrafo 1, o 20 A, paragrafo 1, del regolamento sull’immigrazione]».

8

In virtù dell’articolo 20, paragrafo 1, di detto regolamento, il Ministro dell’Interno può revocare, rifiutare di rilasciare, o rifiutare di rinnovare un attestato d’iscrizione, una carta di soggiorno, un documento che attesta il soggiorno permanente o una carta di soggiorno permanente «se il rifiuto o la revoca sono giustificat[i] da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica».

9

In forza dell’articolo 20, paragrafo 6, del regolamento sull’immigrazione, una siffatta decisione deve essere adottata in conformità all’articolo 21 del medesimo.

10

L’articolo 21 A del regolamento sull’immigrazione applica una versione modificata della parte 4 di tale regolamento a decisioni adottate in relazione, segnatamente, a diritti di soggiorno derivati. L’articolo 21 A, paragrafo 3, lettera a), di detto regolamento, applica la parte 4 come se «i riferimenti ad un elemento “giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica in conformità all’articolo 21” facessero riferimento, invece che a tale elemento, ad un elemento che “contribuisce all’interesse generale”».

11

Da tali disposizioni risulta che è possibile negare la concessione di un diritto di soggiorno derivato ad una persona che potrebbe normalmente aspirare ad un diritto di soggiorno in forza dell’articolo 20 TFUE, come interpretato dalla Corte nella sentenza dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), qualora ciò contribuisca all’interesse generale.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

12

CS, cittadina di un paese terzo, nell’anno 2002 ha sposato un cittadino britannico. Nel settembre del 2003 ha ottenuto un visto in ragione del suo matrimonio ed è entrata legalmente nel Regno Unito, beneficiando del permesso di soggiornarvi fino al 20 agosto 2005. Il 31 ottobre 2015 è stato rilasciato a suo favore un permesso di soggiorno a tempo indeterminato in tale Stato membro.

13

Da tale matrimonio, nel 2011, è nato, nel Regno Unito, un bambino. CS sarebbe la sola a garantire la custodia effettiva di detto bambino, cittadino britannico.

14

Il 21 marzo 2012 CS è stata riconosciuta colpevole di un reato. Il 4 maggio 2012 è stata condannata ad una pena detentiva di dodici mesi.

15

Il 2 agosto 2012 è stato comunicato alla sig.ra CS che, a causa della sua condanna, poteva essere espulsa dal Regno Unito. Il 30 agosto 2012 CS ha presentato domanda di asilo in tale Stato membro. Detta domanda è stata esaminata dall’autorità nazionale competente, ossia il Ministro dell’Interno.

16

Il 2 novembre 2012 CS è stata messa in libertà dopo avere scontato la pena detentiva e il 9 gennaio 2013 il Ministro dell’Interno ha respinto la domanda di asilo depositata dall’interessata. La decisione di espellere CS dal Regno Unito verso uno Stato terzo è stata adottata ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 5, della legge sulle frontiere. CS ha contestato tale decisione esercitando il proprio diritto di ricorso dinanzi al First-tier Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) [tribunale di primo grado (sezione immigrazione e asilo), Regno Unito]. Il 3 settembre 2013 il ricorso di CS è stato accolto in base al motivo che la sua espulsione avrebbe comportato una violazione della convenzione sullo status dei rifugiati, degli articoli 3 e 8 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché dei Trattati.

17

Nella sua decisione, il First-tier Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) [tribunale di primo grado (sezione immigrazione e asilo)] ha constatato che, in caso di adozione di una misura di allontanamento nei confronti di CS, nessun altro familiare nel Regno Unito avrebbe potuto prendersi cura del minore, di modo che quest’ultimo avrebbe dovuto seguire la madre nel suo paese di origine. Richiamando i diritti del figlio di CS, connessi alla cittadinanza europea di quest’ultimo, in forza dell’articolo 20 TFUE, come interpretato dalla Corte nella sentenza dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), detto giudice di primo grado ha statuito che «in nessun caso un cittadino dell’Unione europea può essere allontanato di fatto dal territorio dell’Unione europea (…) [,che] tale obbligo non ammette nessuna deroga, di qualsivoglia tipo, ivi incluso il caso in cui (…) i genitori abbiano precedenti penali (...) [e che], di conseguenza, il provvedimento di espulsione in questione non è conforme alla legge poiché viola i diritti di cui il figlio gode in forza dell’articolo 20 TFUE».

18

Il Ministro dell’Interno è stato autorizzato a ricorrere dinanzi all’Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) [tribunale superiore (sezione immigrazione e asilo), Regno Unito]. Ha sostenuto che il giudice di primo grado aveva commesso un errore di diritto nell’accogliere il ricorso di CS, in particolare nelle valutazioni relative ai diritti di cui beneficia il figlio di quest’ultima ai sensi dell’articolo 20 TFUE, alla sentenza dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124) e ai diritti derivati di cui beneficia CS. Il Ministro dell’Interno ha fatto valere, in particolare, che il diritto dell’Unione non osta a che CS sia espulsa verso il suo Stato d’origine, anche se ciò priva suo figlio, cittadino dell’Unione, del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti connessi a tale status.

19

Ciò premesso, l’Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) [tribunale superiore (sezione immigrazione e asilo)] ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se il diritto dell’Unione, e in particolare l’articolo 20 TFUE, osti a che uno Stato membro espella dal proprio territorio, verso un paese non appartenente all’Unione, una persona non cittadina dell’Unione che sia il genitore e l’effettivo affidatario di un minore che sia un cittadino di tale Stato membro (e, pertanto, un cittadino dell’Unione), ove ciò priverebbe il minore, cittadino dell’Unione, del godimento effettivo del nucleo essenziale dei suoi diritti in quanto cittadino dell’Unione.

2)

Nel caso in cui la risposta alla prima questione sia negativa, quali siano le circostanze in cui tale espulsione sia permessa ai sensi del diritto dell’Unione.

3)

Nel caso in cui la risposta alla prima questione sia negativa, in quale misura, se del caso, gli articoli 27 e 28 della direttiva [2004/38] incidano sulla risposta alla seconda questione».

Sulle questioni pregiudiziali

20

Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che prescrive l’espulsione dal territorio di tale Stato membro, verso uno Stato terzo, di un cittadino di quest’ultimo condannato per un reato di una certa gravità, anche quando tale soggetto garantisca la custodia effettiva del figlio minore in tenera età, cittadino di detto Stato membro, e ivi soggiornante dalla nascita senza aver mai esercitato il suo diritto alla libera circolazione, allorché la prevista espulsione obblighi tale minore ad abbandonare il territorio dell’Unione, così privandolo del godimento effettivo del nucleo essenziale dei suoi diritti in quanto cittadino dell’Unione.

Sulle disposizioni del diritto dell’Unione relative alla cittadinanza dell’Unione

21

Occorre anzitutto constatare che l’articolo 3 della direttiva 2004/38, intitolato «Aventi diritto», al paragrafo 1 dispone che essa si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che «si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari».

22

Di conseguenza, la direttiva non si applica in circostanze quali quelle di cui al procedimento principale, in quanto il cittadino dell’Unione di cui trattasi non ha mai esercitato il proprio diritto alla libera circolazione e ha sempre soggiornato nello Stato membro di cui ha la cittadinanza (v. sentenza dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano, C‑34/09, EU:C:2011:124, punto 39). Siccome un cittadino dell’Unione non rientra nella nozione di «avente diritto» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, neppure un suo familiare rientra in tale nozione, dato che i diritti conferiti dalla direttiva ai familiari di un avente diritto non sono diritti originari spettanti a tali familiari, bensì diritti derivati, da essi acquisiti nella loro qualità di membri della famiglia dell’avente diritto (v. sentenze del 5 maggio 2011, McCarthy, C‑434/09, EU:C:2011:277, punto 42; del 15 novembre 2011, Dereci e a., C‑256/11, EU:C:2011:734, punto 55, nonché dell’8 maggio 2013, Ymeraga e a., C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 31).

23

In secondo luogo, riguardo all’articolo 20 TFUE, la Corte ha già avuto occasione di dichiarare che la situazione di un cittadino dell’Unione il quale, così come il figlio di cittadinanza britannica di CS, non abbia esercitato il diritto alla libera circolazione, non può essere assimilata, per questa sola ragione, a una situazione puramente interna, ossia a una situazione che non presenta alcun fattore di collegamento con una qualsiasi delle situazioni contemplate dal diritto dell’Unione (v. sentenze del5 maggio 2011, McCarthy, C‑434/09, EU:C:2011:277, punto 46; del 15 novembre 2011, Dereci e a., C‑256/11, EU:C:2011:734, punto 61, nonché del 6 dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 43).

24

Il figlio di CS, infatti, in quanto cittadino di uno Stato membro, gode, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, TFUE, dello status di cittadino dell’Unione, che è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri, e può pertanto avvalersi, anche nei confronti dello Stato membro di cui ha la cittadinanza, dei diritti connessi a tale status (v. sentenze del 5 maggio 2011, McCarthy, C‑434/09, EU:C:2011:277, punto 48; del 15 novembre 2011, Dereci e a., C‑256/11, EU:C:2011:734, punto 63, nonché del 6 dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 44).

25

La cittadinanza dell’Unione conferisce a ciascun cittadino dell’Unione il diritto fondamentale e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le restrizioni fissate dal Trattato e i provvedimenti adottati per la loro applicazione (v., in tal senso, sentenze del 7 ottobre 2010, Lassal, C‑162/09, EU:C:2010:592, punto 29, e del 16 ottobre 2012, Ungheria/Slovacchia, C‑364/10, EU:C:2012:630, punto 43).

26

Come dichiarato dalla Corte al punto 42 della sentenza dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), l’articolo 20 TFUE osta a provvedimenti nazionali che abbiano l’effetto di privare i cittadini dell’Unione del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal loro status di cittadini dell’Unione.

27

Per contro, le disposizioni del Trattato relative alla cittadinanza dell’Unione non conferiscono alcun diritto autonomo ai cittadini di Stati terzi (sentenze dell’8 novembre 2012, Iida, C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 66, e dell’8 maggio 2013, Ymeraga e a., C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 34).

28

Infatti, gli eventuali diritti conferiti ai cittadini di Stati terzi dalle disposizioni del Trattato riguardanti la cittadinanza dell’Unione non sono diritti originari dei suddetti cittadini, bensì diritti derivati da quelli di cui gode il cittadino dell’Unione. La finalità e la ratio di tali diritti derivati si basano sulla constatazione che negarne il riconoscimento pregiudica, in particolare, la libertà di circolazione del cittadino dell’Unione (sentenze dell’8 novembre 2012, Iida, C‑40/11, EU:C:2012:691, punti 6768, nonché dell’8 maggio 2013, Ymeraga e a., C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 35).

29

A tale riguardo, la Corte ha già dichiarato che esistono situazioni molto particolari in cui, sebbene il diritto derivato relativo al diritto di soggiorno dei cittadini di Stati terzi non sia applicabile e il cittadino dell’Unione di cui trattasi non si sia avvalso della sua libertà di circolazione, un diritto di soggiorno deve, nondimeno, essere accordato a un cittadino di uno Stato terzo, familiare di detto cittadino dell’Unione, pena pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione, se, in conseguenza del diniego di un siffatto diritto, il cittadino dell’Unione venisse di fatto costretto a lasciare il territorio dell’Unione complessivamente inteso, e pertanto privato del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti da tale status (v. in tal senso, sentenze dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano, C‑34/09, EU:C:2011:124, punti 4344; del 15 novembre 2011, Dereci e a., C‑256/11, EU:C:2011:734, punti 6667; dell’8 novembre 2012, Iida, C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 71; dell’8 maggio 2013, Ymeraga e a., C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 36, nonché del 10 ottobre 2013, Alokpa e Moudoulou, C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 32).

30

L’elemento che caratterizza le suesposte situazioni è che, pur essendo disciplinate da normative che in astratto rientrano nella competenza degli Stati membri - vale a dire le normative sul diritto d’ingresso e di soggiorno dei cittadini di Stati terzi al di fuori del campo di applicazione delle disposizioni del diritto derivato che, a certe condizioni, prevedono il conferimento di un siffatto diritto - dette situazioni hanno tuttavia un rapporto intrinseco con la libertà di circolazione e di soggiorno di un cittadino dell’Unione, la quale osta a che tale diritto di ingresso e di soggiorno sia negato ai suddetti cittadini di Stati terzi nello Stato membro in cui risiede il cittadino dell’Unione di cui trattasi, per evitare che detta libertà sia pregiudicata (v., in tal senso, sentenze dell’8 novembre 2012, Iida, C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 72, e dell’8 maggio 2013, Ymeraga e a., C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 37).

31

Nel caso di specie il figlio di CS gode, in quanto cittadino dell’Unione, del diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio dell’Unione, e ogni limitazione di tale diritto rientra nel campo di applicazione del diritto dell’Unione.

32

Orbene, l’espulsione della madre del minore di cui trattasi, ossia di colei che ne garantisce la custodia effettiva, potrebbe comportare una limitazione dei diritti legati allo status di cittadino dell’Unione, in quanto detto minore potrebbe essere costretto, di fatto, a seguirla, e pertanto ad abbandonare il territorio dell’Unione complessivamente inteso. In tal senso, l’espulsione della madre dello stesso minore priverebbe quest’ultimo del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti che lo status di cittadino dell’Unione pur gli conferisce.

33

Si deve pertanto considerare che la situazione di cui al procedimento principale potrebbe comportare, per il figlio di CS, la privazione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status di cittadino dell’Unione e, quindi, rientra nel campo di applicazione del diritto dell’Unione.

Sulla possibilità di introdurre limiti ad un diritto di soggiorno derivato ex articolo 20 TFUE

34

Il governo del Regno Unito ritiene che la commissione di un reato possa sottrarre una causa al campo di applicazione del principio elaborato dalla Corte nella sentenza dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124). Se, tuttavia, la Corte dovesse ritenere tale principio applicabile in una situazione come quella di cui al procedimento principale, esso sarebbe soggetto a limiti. A tal proposito, il governo del Regno Unito deduce che la decisione di espellere CS per condotta illecita di una certa gravità risponde ad una ragione di ordine pubblico, in quanto tale condotta rappresenta una minaccia chiara per un legittimo interesse di tale Stato membro, ossia il rispetto della coesione sociale e dei valori della sua società. Detto governo ha quindi rilevato che, nel caso di specie, la Court of Appeal (England & Wales) (Criminal Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (sezione penale), Regno Unito], nella decisione che respinge il ricorso depositato da CS avverso la propria condanna ad una pena detentiva, ha riconosciuto la gravità del reato commesso dall’interessata.

35

In tale contesto, il governo del Regno Unito rileva che gli articoli 27 e 28 della direttiva 2004/38 disciplinano la possibilità, per gli Stati membri, di espellere dal loro territorio un cittadino dell’Unione, in particolare quando abbia commesso un reato. Orbene, non riconoscere la possibilità di introdurre limiti ad un diritto di soggiorno derivato che discende direttamente dall’articolo 20 TFUE e di adottare una misura di espulsione implicherebbe che uno Stato membro non avrebbe la possibilità di espellere un cittadino di uno Stato terzo colpevole di un tale reato se costui è il genitore di un minore, cittadino dell’Unione e residente nello Stato membro di cui è cittadino. In tali condizioni, il livello di tutela contro l’espulsione dal territorio di detto Stato membro sarebbe maggiore per un cittadino di uno Stato terzo, che gode di un diritto di soggiorno derivato, che per un cittadino dell’Unione. Pertanto, uno Stato membro dovrebbe avere il diritto di derogare al diritto di soggiorno derivato che discende dall’articolo 20 TFUE e di espellere dal proprio territorio il cittadino di uno Stato terzo nel caso di un reato di una certa gravità, anche se ciò comporta che il minore interessato dovrà abbandonare il territorio dell’Unione, a condizione che una simile decisione sia proporzionata e rispetti i diritti fondamentali.

36

Si deve rilevare che l’articolo 20 TFUE non incide sulla possibilità, per gli Stati membri, di far valere un’eccezione connessa, segnatamente, al mantenimento dell’ordine pubblico e alla salvaguardia della sicurezza pubblica. Ciò detto, nei limiti in cui la situazione di CS ricade nel campo di applicazione del diritto dell’Unione, la valutazione della sua situazione deve tener conto del diritto al rispetto della vita privata e familiare, come enunciato all’articolo 7 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), articolo che deve essere letto in combinato disposto con l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore, sancito dall’articolo 24, paragrafo 2, della Carta medesima (v., in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2009, Detiček, C‑403/09 PPU, EU:C:2009:810, punti 5354).

37

Inoltre, si deve ricordare che, in quanto ratio di una deroga al diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione o dei membri delle loro famiglie, le nozioni di «ordine pubblico» e di «pubblica sicurezza» devono essere intese in modo restrittivo, cosicché la loro portata non può essere determinata unilateralmente dagli Stati membri senza controllo da parte delle istituzioni dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 4 dicembre 1974, van Duyn, 41/74, EU:C:1974:133, punto 18; del 27 ottobre 1977, Bouchereau, 30/77, EU:C:1977:172, punto 33; del 29 aprile 2004, Orfanopoulos e Oliveri, C‑482/01 e C‑493/01, EU:C:2004:262, punti 6465; del 27 aprile 2006, Commissione/Germania, C‑441/02, EU:C:2006:253, punto 34, nonché del 7 giugno 2007, Commissione/Paesi Bassi, C‑50/06, EU:C:2007:325, punto 42).

38

La Corte ha quindi dichiarato che la nozione di «ordine pubblico» presuppone, in ogni caso, oltre alla perturbazione dell’ordine sociale insita in qualsiasi infrazione della legge, l’esistenza di una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave rispetto ad un interesse fondamentale della società.

39

Quanto alla nozione di «pubblica sicurezza», dalla giurisprudenza della Corte risulta che tale nozione comprende la sicurezza interna di uno Stato membro e la sua sicurezza esterna e che, pertanto, il pregiudizio al funzionamento delle istituzioni e dei servizi pubblici essenziali nonché all’incolumità della popolazione, come il rischio di perturbazioni gravi dei rapporti internazionali o della coesistenza pacifica dei popoli, o ancora il pregiudizio agli interessi militari, possono ledere la pubblica sicurezza (v., in tal senso, sentenze del 23 novembre 2010, Tsakouridis, C‑145/09, EU:C:2010:708, punti 4344 nonché del 15 febbraio 2016, N., C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punti 6566). La Corte ha parimenti dichiarato che la lotta contro la criminalità legata al traffico di stupefacenti in associazione criminale (v., in tal senso, sentenza del 23 novembre 2010, Tsakouridis, C‑145/09, EU:C:2010:708, punti 4546) e la lotta contro il terrorismo (v., in tal senso, sentenza del 26 novembre 2002, Oteiza Olazabal, C‑100/01, EU:C:2002:712, punti 1235) sono incluse nella nozione di «pubblica sicurezza».

40

In tale contesto, si deve osservare che, laddove la decisione di espulsione si fonda sull’esistenza di una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza, tenuto conto dei reati commessi dal cittadino di uno Stato terzo titolare della custodia esclusiva di minori, cittadini dell’Unione, una simile decisione potrebbe essere conforme al diritto dell’Unione.

41

Per contro, tale conclusione non può trarsi automaticamente sulla sola base dei precedenti penali dell’interessato. Essa si può evincere, se del caso, solo da una valutazione concreta, da parte del giudice nazionale, di tutte le circostanze attuali e pertinenti del caso di specie, alla luce del principio di proporzionalità, del superiore interesse del minore e dei diritti fondamentali di cui la Corte assicura il rispetto.

42

Tale valutazione deve quindi innanzitutto prendere in considerazione la condotta personale del soggetto interessato, la durata e il carattere legittimo del soggiorno dell’interessato sul territorio dello Stato membro di cui trattasi, la natura e la gravità del reato commesso, il grado di pericolosità effettiva dell’interessato per la società, l’età del minore in parola e il suo stato di salute, nonché la sua situazione familiare ed economica.

43

Nel caso di specie il giudice del rinvio osserva che, secondo la normativa nazionale di cui al procedimento principale, l’adozione, da parte del ministro dell’Interno, di una decisione di espulsione nei confronti di un cittadino non britannico riconosciuto colpevole di un reato e condannato ad una pena detentiva della durata di almeno dodici mesi, è obbligatoria, a meno che tale decisione non «violi i diritti del reo ai sensi dei Trattati dell’Unione».

44

Tale normativa sembra pertanto instaurare un collegamento sistematico e automatico fra la condanna penale della persona di cui trattasi e il provvedimento di allontanamento ad essa applicabile, o, comunque, esiste una presunzione secondo la quale il cittadino di cui trattasi deve essere espulso dal Regno Unito.

45

Tuttavia, come discende dai punti da 40 a 42 della presente sentenza, la mera esistenza di precedenti penali non può, di per sé, giustificare una decisione di espulsione che privi il figlio di CS del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status di cittadino.

46

In relazione alle considerazioni esposte al punto 40 della presente sentenza, spetta anzitutto al giudice del rinvio individuare ciò che, nella condotta di CS o nel reato da lei commesso, costituisce una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per un interesse fondamentale della società o dello Stato membro ospitante, e che possa giustificare, in nome della tutela dell’ordine pubblico o della pubblica sicurezza, una decisione di espulsione dal Regno Unito.

47

È compito del giudice del rinvio valutare, da un lato, il grado di pericolosità per la società della condotta criminosa di CS e, dall’altro, le eventuali conseguenze che una condotta siffatta potrebbe avere sull’ordine pubblico o sulla pubblica sicurezza dello Stato membro di cui trattasi.

48

Nell’ambito della ponderazione da effettuarsi, il giudice del rinvio deve allo stesso tempo prendere in considerazione i diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto e, in particolare, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, come sancito all’articolo 7 della Carta (v., in tal senso, sentenza del 23 novembre 2010, Tsakouridis, C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 52) nonché fare attenzione al rispetto del principio di proporzionalità.

49

Nel caso di specie occorre tenere conto, nella ponderazione degli interessi coinvolti, dell’interesse superiore del minore. Un’attenzione particolare dev’essere dedicata alla sua età, alla sua situazione nello Stato membro interessato, e al suo grado di dipendenza rispetto al genitore (v., in tal senso, Corte EDU, 3 ottobre 2014, Jeunesse c. Paesi Bassi CE:ECHR:2014:1003JUD001273810, § 118).

50

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alle questioni poste dichiarando che l’articolo 20 TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che prescriva l’espulsione dal territorio di tale Stato membro, verso uno Stato terzo, di un cittadino di quest’ultimo che abbia subito una condanna penale, anche quando tale soggetto garantisca la custodia effettiva del figlio minorenne in tenera età, cittadino di detto Stato membro e ivi soggiornante dalla nascita senza aver mai esercitato il suo diritto alla libera circolazione, allorché l’espulsione dell’interessato obbligherebbe il minore ad abbandonare il territorio dell’Unione europea, così privandolo del godimento effettivo del nucleo essenziale dei suoi diritti in quanto cittadino dell’Unione. Tuttavia, in circostanze eccezionali, uno Stato membro può adottare una misura di espulsione, a condizione che essa sia fondata sulla condotta personale di detto cittadino di uno Stato terzo, la quale deve costituire una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave che pregiudichi un interesse fondamentale della società di detto Stato membro, e che si basi su una presa in considerazione dei diversi interessi esistenti, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.

Sulle spese

51

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

L’articolo 20 TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che prescriva l’espulsione dal territorio di tale Stato membro, verso uno Stato terzo, di un cittadino di quest’ultimo che abbia subito una condanna penale, anche quando tale soggetto garantisca la custodia effettiva del figlio minorenne in tenera età, cittadino di detto Stato membro e ivi soggiornante dalla nascita senza aver mai esercitato il suo diritto alla libera circolazione, allorché l’espulsione dell’interessato obbligherebbe il minore ad abbandonare il territorio dell’Unione europea, così privandolo del godimento effettivo del nucleo essenziale dei suoi diritti in quanto cittadino dell’Unione. Tuttavia, in circostanze eccezionali, uno Stato membro può adottare una misura di espulsione, a condizione che essa sia fondata sulla condotta personale di detto cittadino di uno Stato terzo, la quale deve costituire una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave che pregiudichi un interesse fondamentale della società di detto Stato membro, e che si basi su una presa in considerazione dei diversi interessi esistenti, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.

 

Firme


( 1 ) * Lingua processuale: l’inglese.