SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

16 aprile 2015 ( *1 )

«Ricorso di annullamento — Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale — Sottoposizione di una nuova sostanza psicoattiva a misure di controllo — Determinazione della base giuridica — Quadro normativo applicabile a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona — Disposizioni transitorie — Base giuridica derivata — Consultazione del Parlamento»

Nelle cause riunite C‑317/13 e C‑679/13,

aventi ad oggetto due ricorsi di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, presentati rispettivamente il 7 giugno e il 19 dicembre 2013,

Parlamento europeo, rappresentato da F. Drexler, A. Caiola e M. Pencheva, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da K. Pleśniak e A.F. Jensen, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Repubblica d’Austria, rappresentata da C. Pesendorfer, in qualità di agente,

interveniente,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da L. Bay Larsen (relatore), presidente di sezione, K. Jürimäe, J. Malenovský, M. Safjan e A. Prechal, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 novembre 2014,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 gennaio 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con i suoi ricorsi nelle cause C‑317/13 e C‑679/13, il Parlamento europeo chiede l’annullamento, rispettivamente, della decisione 2013/129/UE del Consiglio, del 7 marzo 2013, che sottopone a misure di controllo la 4‑metilanfetamina (GU L 72, pag. 11), e della decisione di esecuzione 2013/496/UE del Consiglio, del 7 ottobre 2013, che sottopone a misure di controllo il 5‑(2‑amminopropil)indolo (GU L 272, pag. 44; in prosieguo, congiuntamene: le «decisioni impugnate»).

Contesto normativo

2

Il considerando 14 della decisione 2005/387/GAI del Consiglio, del 10 maggio 2005, relativa allo scambio di informazioni, alla valutazione dei rischi e al controllo delle nuove sostanze psicoattive (GU L 127, pag. 32), ha il seguente tenore:

«A norma dell’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), [UE], le misure basate sulla presente decisione possono essere adottate a maggioranza qualificata, essendo necessarie per l’attuazione della decisione stessa».

3

L’articolo 1 di detta decisione dispone quanto segue:

«La presente decisione istituisce un meccanismo per lo scambio rapido di informazioni in materia di nuove sostanze psicoattive. (...)

La presente decisione prevede inoltre una valutazione dei rischi connessi con queste nuove sostanze psicoattive, in modo che le misure applicabili negli Stati membri di controllo degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope siano applicabili anche alle nuove sostanze psicoattive».

4

L’articolo 6 della decisione in parola prevede che il Consiglio dell’Unione europea possa richiedere la redazione di una relazione di valutazione dei rischi connessi ad una nuova sostanza psicoattiva.

5

L’articolo 8 della medesima decisione, recante il titolo «Procedura per sottoporre a misure di controllo nuove sostanze psicoattive specifiche», è redatto nei seguenti termini:

«1.   Entro sei settimane dalla data di ricevimento della relazione di valutazione dei rischi, la Commissione presenta al Consiglio un’iniziativa per sottoporre la nuova sostanza psicoattiva a misure di controllo. (...)

2.   Qualora la Commissione non ritenga necessario presentare un’iniziativa per sottoporre la nuova sostanza psicoattiva a misure di controllo, un’iniziativa in tal senso può essere presentata al Consiglio da uno o più Stati membri, preferibilmente entro sei settimane dalla data in cui la Commissione ha presentato al Consiglio la relazione.

3.   Il Consiglio, sulla base dell’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), [UE], decide, a maggioranza qualificata e deliberando sull’iniziativa presentata a norma del paragrafo 1 o 2, se sottoporre la nuova sostanza psicoattiva a misure di controllo».

Decisioni impugnate

6

La decisione 2013/129, che fa riferimento al TFUE e alla decisione 2005/387, in particolare all’articolo 8, paragrafo 3, di quest’ultima, al suo articolo 1 prevede che la nuova sostanza psicoattiva 4‑metilanfetamina sia sottoposta a misure di controllo in tutta l’Unione.

7

L’articolo 2 della suddetta decisione dispone che gli Stati membri, entro il 17 marzo 2014, prendono le misure necessarie per sottoporre tale sostanza a misure di controllo e alle sanzioni penali previste dalle rispettive legislazioni.

8

La decisione 2013/496, che del pari fa riferimento al TFUE e alla decisione 2005/387, in particolare all’articolo 8, paragrafo 3, di quest’ultima, al suo articolo 1 precisa che la nuova sostanza psicoattiva 5‑(2‑amminopropil)indolo è sottoposta a misure di controllo in tutta l’Unione.

9

L’articolo 2 di tale decisione prevede che, entro il 13 ottobre 2014, gli Stati membri adottino le misure necessarie al fine di assoggettare tale sostanza a misure di controllo e a sanzioni penali conformemente alla loro legislazione.

Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

10

Il Parlamento chiede che la Corte voglia:

annullare le decisioni impugnate;

mantenere gli effetti di dette decisioni fino alla loro sostituzione con nuovi atti, e

condannare il Consiglio alle spese.

11

Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

respingere il ricorso in quanto infondato;

respingere l’eccezione d’illegittimità della decisione 2005/387 sollevata nei presenti ricorsi in quanto inammissibile o, quanto meno, infondata;

in subordine, in caso di annullamento delle decisioni impugnate, mantenerne gli effetti fino alla loro sostituzione con nuovi atti, e

condannare il Parlamento alle spese.

12

Con decisione del presidente della Corte del 27 marzo 2014, le cause C‑317/13 e C‑679/13 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza.

13

Con decisioni del presidente della Corte dell’8 ottobre 2013 e del 28 aprile 2014, la Repubblica d’Austria è stata autorizzata ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio nelle cause C‑317/13 e C‑679/13.

Sui ricorsi

14

A sostegno dei propri ricorsi il Parlamento deduce due motivi, vertenti, rispettivamente, sulla scelta di una base giuridica abrogata o invalida e sulla violazione di una forma ad substantiam a causa della mancata partecipazione del Parlamento alla procedura d’adozione delle decisioni impugnate.

Sulla ricevibilità di taluni motivi o argomenti invocati dal Parlamento nella causa C‑679/13

Argomenti delle parti

15

Il Consiglio è del parere che taluni motivi o argomenti fatti valere dal Parlamento nella causa C‑679/13 debbano essere dichiarati irricevibili in quanto privi di chiarezza e precisione. Ciò si verificherebbe nel caso dei motivi o degli argomenti relativi all’applicazione dell’articolo 39, paragrafo 1, UE, alla scelta di una base giuridica abrogata, alla violazione dei principi di certezza del diritto e di equilibrio istituzionale ed al fatto che le decisioni impugnate modificherebbero un elemento essenziale della decisione 2005/387.

16

Il Parlamento sostiene che l’atto introduttivo di ricorso nella causa C‑679/13 è sufficientemente chiaro e preciso. Per quanto attiene, più specificamente, all’affermazione secondo cui le decisioni impugnate modificano un elemento essenziale della decisione 2005/387, il Parlamento sottolinea che poco importa accertare se ciò si verifichi effettivamente, giacché tale circostanza è, in ogni caso, del tutto ininfluente ai fini della procedura che avrebbe dovuto essere seguita nell’adozione della decisione 2013/496.

Giudizio della Corte

17

Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 120, lettera c), del regolamento di procedura della Corte e della giurisprudenza ad esso relativa, ogni atto introduttivo di giudizio deve indicare l’oggetto della controversia, i motivi e gli argomenti invocati nonché l’esposizione sommaria di tali motivi. Detta indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e alla Corte di esercitare il suo controllo. Ne discende che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali si fonda un ricorso devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo dell’atto introduttivo stesso e che le conclusioni di quest’ultimo devono essere formulate in modo inequivocabile, al fine di evitare che la Corte statuisca ultra petita ovvero ometta di pronunciarsi su una censura (v., in tal senso, sentenza Regno Unito/Consiglio, C‑209/13, EU:C:2014:283, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

18

Nel caso specifico, la presentazione dei primi tre motivi o argomenti dell’atto di ricorso nella causa C‑679/13, di cui il Consiglio denuncia il difetto di chiarezza e precisione, è conforme a tali requisiti. Essa ha segnatamente consentito al Consiglio di elaborare una difesa in relazione ai motivi o argomenti medesimi e permette alla Corte di esercitare il proprio controllo giurisdizionale sulla decisione 2013/496.

19

Per quanto concerne l’ultimo dei suddetti motivi o argomenti, in ogni caso deve rilevarsi che, nella sua replica, il Parlamento ha ammesso che la legittimità della decisione 2013/496 non dipende dalla fondatezza di tale argomento. Non si tratta pertanto di un motivo o di un argomento sul quale la Corte è chiamata a pronunciarsi.

20

Da quanto precede risulta che l’eccezione di irricevibilità vertente sull’asserito difetto di chiarezza e di precisione di taluni elementi dell’atto di ricorso nella causa C‑679/13 deve essere respinta.

21

Pertanto, dal momento che la base giuridica di un atto determina la procedura da seguire per l’adozione del medesimo (sentenze Parlamento/Consiglio, C‑130/10, EU:C:2012:472, punto 80, e Parlamento/Consiglio, C‑658/11, EU:C:2014:2025, punto 57), occorre innanzi tutto esaminare il primo motivo della causa C‑317/13 e il secondo motivo della causa C‑679/13, attinenti alla scelta di una base giuridica abrogata o invalida.

Sul primo motivo della causa C‑317/13 e sul secondo motivo della causa C‑679/13, attinenti alla scelta di una base giuridica abrogata o invalida

Sulla prima parte del primo motivo della causa C‑317/13 e del secondo motivo della causa C‑679/13, vertente sulla scelta della base giuridica abrogata

– Argomenti delle parti

22

Il Parlamento sostiene che il riferimento al Trattato FUE operato nelle decisioni impugnate ha carattere troppo generico per poter fungere da base giuridica delle medesime e che l’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 non può essere considerato una vera e propria base giuridica.

23

Infatti, detta disposizione si limiterebbe a fare riferimento all’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE, che avrebbe costituito la sola base giuridica possibile per l’adozione di misure di esecuzione nell’ambito del vecchio «terzo pilastro».

24

Conseguentemente, secondo il Parlamento, la base giuridica di cui si è avvalso il Consiglio è l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE. Ebbene, dato che detto articolo 34 è stato abrogato dal Trattato di Lisbona, esso non può più essere utilizzato quale base giuridica per l’adozione di nuovi atti. La circostanza che una disposizione di diritto derivato faccia riferimento al citato articolo 34 sarebbe priva di rilevanza a tale riguardo, dal momento che dovrebbe ritenersi che tale disposizione sia divenuta inapplicabile a seguito dell’entrata in vigore del Trattato summenzionato.

25

Il Consiglio precisa di aver adottato le decisioni impugnate sul fondamento dell’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387, in combinato disposto con l’articolo 9 del Protocollo (n. 36) sulle disposizioni transitorie (in prosieguo: il «Protocollo sulle disposizioni transitorie»). Esso sottolinea al riguardo che le decisioni impugnate non fanno riferimento né al Trattato UE, in generale, né all’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE, in particolare.

26

Esso sostiene inoltre che, a seguito dell’abrogazione dell’articolo 34 UE, il riferimento a tale norma operato all’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 non è più produttivo di effetti giuridici e che quest’ultima disposizione è divenuta una base giuridica autonoma atta a conferire poteri di esecuzione al Consiglio.

– Giudizio della Corte

27

Al fine di valutare la fondatezza della prima parte del primo motivo della causa C‑317/13 e del secondo motivo della causa C‑679/13, occorre determinare la base giuridica sul fondamento del quale le decisioni impugnate sono state adottate.

28

In proposito bisogna rilevare che tali decisioni non menzionano l’articolo 34 UE e che, nei loro riferimenti normativi, rinviano esplicitamente al Trattato FUE nonché all’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387.

29

Pertanto, avuto riguardo al testo delle decisioni impugnate, che, per soddisfare l’obbligo di motivazione, deve indicare in linea di principio la base giuridica su cui queste sono fondate (v., in tal senso, sentenza Commissione/Consiglio, C‑370/07, EU:C:2009:590, punti 39 e 55), non può concludersi che tali decisioni si fondino sull’articolo 34 UE.

30

Inoltre, si deve rilevare che non vi è alcun altro elemento delle decisioni impugnate atto ad indicare che il Consiglio abbia inteso utilizzare il suddetto articolo 34 quale base giuridica delle decisioni in esame.

31

In particolare, il riferimento operato dall’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 all’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE è privo di rilevanza al riguardo, dato che la scelta esplicita del Consiglio di menzionare, nelle decisioni impugnate, non già quest’ultima disposizione, ma il Trattato FUE e l’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 indica chiaramente che le decisioni impugnate sono fondate su quest’ultima disposizione in quanto tale.

32

Ne consegue che l’abrogazione dell’articolo 34 UE da parte del Trattato di Lisbona non priva di base giuridica le decisioni impugnate.

33

Alla luce degli elementi precedentemente illustrati, la prima parte del primo motivo della causa C‑317/13 e del secondo motivo della causa C‑679/13 deve essere respinta in quanto infondata.

Sulla seconda parte del primo motivo della causa C‑317/13 e del secondo motivo della causa C‑679/13, vertente sulla scelta di una base giuridica invalida

– Argomenti delle parti

34

Il Parlamento ritiene che, ove dovesse ritenersi che l’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 costituisca la base giuridica delle decisioni impugnate, tale disposizione configurerebbe una base giuridica derivata illegittima, su cui tali decisioni non potrebbero validamente fondarsi.

35

Infatti, dalla giurisprudenza della Corte discenderebbe che la creazione di una base giuridica derivata che semplifichi le modalità di adozione di un atto è incompatibile con i Trattati. Ciò è quanto avverrebbe nel caso dell’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387, giacché esso non prevedrebbe la consultazione del Parlamento, nonostante questa fosse imposta dall’articolo 39 UE ai fini dell’adozione di una misura di esecuzione di detta decisione.

36

Inoltre, l’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 sarebbe divenuto inapplicabile a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e prevedrebbe una deroga illegittima alla procedura istituita da tale Trattato per l’adozione di nuovi atti. Una simile deroga non sarebbe consentita dall’articolo 9 del Protocollo sulle disposizioni transitorie, il quale implicherebbe unicamente che gli atti del vecchio «terzo pilastro» non siano automaticamente abrogati dall’entrata in vigore del suddetto Trattato.

37

In via principale, il Consiglio contesta l’ammissibilità dell’eccezione di illegittimità dell’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 sollevata dal Parlamento. A tale proposito esso fa valere che, in forza dell’articolo 10, paragrafo 1, del Protocollo sulle disposizioni transitorie, le attribuzioni della Corte concernenti tale decisione restano, fino al 1o dicembre 2014, le stesse sussistenti prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Orbene, l’articolo 35, paragrafo 6, UE, all’epoca applicabile, non prevedeva la possibilità per il Parlamento di proporre un ricorso di annullamento contro un atto adottato nell’ambito del vecchio «terzo pilastro», quale la decisione summenzionata. Dalla precedente incompetenza della Corte in materia deriverebbe che l’eccezione d’illegittimità sollevata dal Parlamento debba essere dichiarata inammissibile.

38

In via subordinata, il Consiglio adduce che l’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 era conforme al Trattato UE al momento della sua adozione. Infatti, tale disposizione si limiterebbe a prevedere l’applicazione della procedura di cui all’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE e non avrebbe, quindi, posto in essere una procedura sui generis che escluda la consultazione del Parlamento.

39

Per quanto riguarda gli effetti dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il Consiglio sostiene che l’interpretazione dell’articolo 9 del Protocollo sulle disposizioni transitorie proposta dal Parlamento paralizza qualunque possibilità di adottare misure di esecuzione previste negli atti del vecchio «terzo pilastro», e ciò è esattamente la situazione che gli autori dei Trattati volevano prevenire.

– Giudizio della Corte

40

Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la scelta della base giuridica di un atto dell’Unione europea deve fondarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto di tale atto (sentenza Commissione/Parlamento e Consiglio, C‑43/12, EU:C:2014:298, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

41

Al riguardo va osservato che le parti non sono in disaccordo per quanto concerne il rapporto tra l’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 e lo scopo o il contenuto delle decisioni impugnate. Per contro, il Parlamento contesta la validità di tale disposizione facendo valere che essa semplifica le modalità di adozione delle misure di esecuzione della decisione 2005/387 rispetto alla procedura prevista a tal fine dai Trattati.

42

Orbene, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, atteso che le regole relative alla formazione della volontà delle istituzioni dell’Unione trovano la loro fonte nei Trattati e che esse non sono derogabili né dagli Stati membri né dalle stesse istituzioni, solamente i Trattati possono, in casi specifici, autorizzare un’istituzione a modificare una procedura decisionale da essi prevista. Pertanto, riconoscere ad un’istituzione la facoltà di porre in essere basi giuridiche derivate, che tendano ad un aggravio ovvero ad una semplificazione delle modalità d’adozione di un atto, significherebbe attribuire alla stessa un potere legislativo che eccede quanto previsto dai Trattati (v. sentenza Parlamento/Consiglio, C‑133/06, EU:C:2008:257, punti da 54 a 56).

43

Tale soluzione, adottata nella sentenza Parlamento/Consiglio (C‑133/06, EU:C:2008:257) in relazione ad una base giuridica derivata che consentiva l’adozione di atti legislativi, deve essere applicata anche alle basi giuridiche previste in un atto di diritto derivato che consentano l’adozione di misure di esecuzione di tale atto aggravando o semplificando le modalità di adozione di simili misure previste nei Trattati.

44

Infatti, sebbene sia vero che i Trattati prevedono che il Parlamento e il Consiglio determinino talune delle norme relative all’esercizio delle competenze di esecuzione da parte della Commissione, ciò non toglie che le norme specifiche relative all’adozione di misure di esecuzione previste nei Trattati vincolino le istituzioni al pari di quelle relative all’adozione degli atti legislativi e che esse, quindi, non possano essere contraddette da atti di diritto derivato.

45

In tale contesto, dato che la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata in funzione della situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato (v., per analogia, sentenze Gualtieri/Commissione, C‑485/08 P, EU:C:2010:188, punto 26; Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 31, nonché Schaible, C‑101/12, EU:C:2013:661, punto 50), la legittimità dell’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 deve essere valutata alla luce delle disposizioni che disciplinavano, al momento dell’adozione di detta decisione, l’esecuzione degli atti generali nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, ossia gli articoli 34, paragrafo 2, lettera c), UE e 39, paragrafo 1, UE.

46

Da tali disposizioni risulta che il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, adotta, dopo aver consultato il Parlamento, le misure necessarie per l’attuazione delle decisioni adottate nell’ambito del titolo relativo alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.

47

In proposito, è vero che deve constatarsi che il dettato dell’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 non prevede un obbligo a carico del Consiglio di consultare il Parlamento prima di adottare le misure di esecuzione di detta decisione previste da tale disposizione.

48

Tuttavia, secondo costante giurisprudenza, un testo di diritto derivato dell’Unione deve essere interpretato, per quanto possibile, in un senso conforme alle disposizioni dei Trattati (sentenza Efir, C‑19/12, EU:C:2013:148, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

49

Pertanto, dal momento che, da un lato, l’obbligo di interpretare un atto di diritto derivato in conformità al diritto primario deriva dal principio ermeneutico generale secondo cui una disposizione deve essere interpretata, per quanto possibile, in modo da non inficiarne la validità (v., in tal senso, sentenze Sturgeon e a., C‑402/07 e C‑432/07, EU:C:2009:716, punti 47 e 48, nonché Riesame Commissione/Strack, C‑579/12 RX‑II, EU:C:2013:570, punto 40) e, dall’altro, che la validità dell’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 deve essere valutata, per i motivi ricordati al punto 45 della presente sentenza, in particolare avuto riguardo all’articolo 39, paragrafo 1, UE, detta prima disposizione deve essere interpretata in modo conforme a quest’ultima.

50

Di conseguenza, l’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 deve essere interpretato, conformemente all’articolo 39, paragrafo 1, UE, nel senso che esso consente al Consiglio di adottare un atto al fine di sottoporre una nuova sostanza psicoattiva a misure di controllo solo dopo aver consultato il Parlamento. Ne discende che si deve respingere l’argomento del Parlamento secondo cui il fatto che questa prima disposizione non preveda l’obbligo di consultarlo implica che la medesima instauri modalità di adozione delle misure di esecuzione semplificate rispetto alla procedura prevista a tal fine nel Trattato UE.

51

Quanto agli argomenti del Parlamento relativi all’incompatibilità dell’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 con le norme di procedura applicabili successivamente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, occorre rilevare, in ogni caso, che il Protocollo sulle disposizioni transitorie contiene disposizioni specificamente relative al regime giuridico applicabile, dopo l’entrata in vigore di tale Trattato, agli atti adottati sulla base del Trattato UE prima di tale momento.

52

In tal modo, l’articolo 9 di detto Protocollo prevede che gli effetti giuridici di simili atti siano mantenuti fintanto che tali atti non siano stati abrogati, annullati o modificati in applicazione dei Trattati.

53

Il suddetto articolo deve essere interpretato alla luce del primo considerando del Protocollo medesimo, il quale precisa che, per organizzare la transizione dalle disposizioni istituzionali dei Trattati applicabili prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona a quelle previste da quest’ultimo, è necessario prevedere disposizioni transitorie.

54

Pertanto, dal momento che il Trattato di Lisbona ha modificato sostanzialmente il quadro istituzionale della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, l’articolo 9 del Protocollo sulle disposizioni transitorie deve essere inteso, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 45 delle sue conclusioni, nel senso che esso mira segnatamente ad assicurare che gli atti adottati nel contesto di detta cooperazione possano continuare a essere applicati in modo efficace, nonostante la modifica della cornice istituzionale di tale cooperazione.

55

Orbene, se si accogliesse l’argomento del Parlamento secondo cui l’abrogazione, ad opera del Trattato di Lisbona, delle procedure specifiche di adozione delle misure di esecuzione riconducibili all’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale renderebbe impossibile l’adozione di simili misure prima che gli atti generali adottati nell’ambito di tale cooperazione siano stati modificati per essere adattati al Trattato di Lisbona, ciò condurrebbe in effetti a complicare, se non addirittura ad impedire, l’efficace attuazione di tali atti, compromettendo in tal modo la realizzazione dell’obiettivo perseguito dagli autori del Trattato.

56

Oltretutto, l’interpretazione dell’articolo 9 del Protocollo sulle disposizioni transitorie proposta dal Parlamento, secondo cui tale articolo implica unicamente che gli atti riconducibili all’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale non siano automaticamente abrogati a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, priverebbe il suddetto articolo di qualunque effetto utile.

57

Da quanto precede risulta che una disposizione di un atto adottato in modo regolare sulla base del Trattato UE, prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, e che preveda modalità di adozione di misure di esecuzione di tale atto continua a produrre i propri effetti giuridici fintanto che non sia stata abrogata, annullata o modificata e consente l’adozione di misure di esecuzione in applicazione della procedura da essa definita.

58

Ciò posto, la circostanza che l’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 preveda modalità di adozione delle misure di esecuzione aggravate o semplificate rispetto alla procedura prevista a tal fine dal Trattato FUE non può implicare che tale disposizione configuri una base giuridica derivata invalida, la cui applicazione debba essere esclusa in via d’eccezione.

59

Di conseguenza, e in tale contesto, senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità della seconda parte del primo motivo della causa C‑317/13 e del secondo motivo della causa C‑679/13, quest’ultima deve essere respinta in quanto infondata (v., per analogia, sentenze Francia/Commissione, C‑233/02, EU:C:2004:173, punto 26, nonché Komninou e a./Commissione, C‑167/06 P, EU:C:2007:633, punto 32) e, pertanto, detti motivi devono essere respinti in toto.

Sul secondo motivo della causa C‑317/13 e sul primo motivo della causa C‑679/13, vertenti sulla violazione di una forma sostanziale

Argomenti delle parti

60

Il Parlamento sostiene che, nell’ipotesi in cui il regime precedente al Trattato di Lisbona permanga applicabile nel caso di specie, esso doveva essere consultato in applicazione dell’articolo 39, paragrafo 1, UE.

61

Il Consiglio ritiene al contrario che l’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 non contempli alcuna partecipazione del Parlamento nell’adozione delle decisioni impugnate e che, a seguito dell’abrogazione dell’articolo 39 UE ad opera del Trattato di Lisbona, non sia più necessario consultare il Parlamento per adottare le misure di esecuzione di detta decisione.

62

L’articolo 10, paragrafo 1, del Protocollo sulle disposizioni transitorie confermerebbe tale analisi, poiché non cita l’articolo 39 UE tra le disposizioni i cui effetti sono mantenuti dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Per di più, ove si includesse, nella procedura di adozione, un obbligo di consultazione del Parlamento, ciò finirebbe per introdurre nella procedura prevista dall’articolo 291 TFUE un elemento che non vi è previsto, rimettendo così in discussione l’equilibrio istituzionale stabilito dal Trattato di Lisbona.

Giudizio della Corte

63

Deve ricordarsi che la regolare consultazione del Parlamento nei casi previsti dalle norme applicabili del diritto dell’Unione costituisce una formalità sostanziale la cui inosservanza comporta la nullità dell’atto di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze Parlamento/Consiglio, C‑65/93, EU:C:1995:91, punto 21, e Parlamento/Consiglio, C‑417/93, EU:C:1995:127, punto 9).

64

Di conseguenza, dato che dalla risposta fornita al primo motivo della causa C‑317/13 e al secondo motivo della causa C‑679/13 discende che il Consiglio validamente poteva fondare le decisioni impugnate sull’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387, occorre stabilire se il Parlamento debba essere consultato prima di adottare un atto sul fondamento di tale disposizione.

65

In proposito, dalle considerazioni svolte ai punti da 50 a 57 della presente sentenza risulta che l’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387, interpretato in conformità all’articolo 39, paragrafo 1, UE, continua a produrre i propri effetti giuridici fintanto che non sia stato abrogato, annullato o modificato e consente l’adozione di misure di esecuzione in applicazione della procedura da esso definita. Pertanto, il Consiglio è tenuto a consultare il Parlamento prima di sottoporre a misure di controllo una nuova sostanza psicoattiva.

66

Contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, l’abrogazione dell’articolo 39, paragrafo 1, UE ad opera del Trattato di Lisbona non può rimettere in discussione tale obbligo di consultazione del Parlamento.

67

Infatti, alla luce delle considerazioni esposte al punto 49 della presente sentenza, l’abrogazione dell’articolo 39, paragrafo 1, UE successivamente all’adozione dell’articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387 non può far venir meno l’obbligo di interpretare quest’ultima disposizione in modo conforme all’articolo 39, paragrafo 1, UE.

68

Allo stesso modo, il fatto che l’articolo 291 TFUE non preveda alcun obbligo di consultare il Parlamento è irrilevante, dal momento che tale obbligo costituisce uno degli effetti giuridici della decisione 2005/387 mantenuto dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona in forza dell’articolo 9 del Protocollo sulle disposizioni transitorie, nell’interpretazione fornitane al punto 57 della presente sentenza.

69

Orbene, è pacifico che le decisioni impugnate sono state adottate dal Consiglio senza previa consultazione del Parlamento.

70

Ne consegue che il secondo motivo della causa C‑317/13 e il primo motivo della causa C‑679/13 sono fondati e che, pertanto, le decisioni impugnate devono essere annullate.

Sulla domanda di mantenimento degli effetti delle decisioni impugnate

71

Tanto il Parlamento quanto il Consiglio chiedono alla Corte di mantenere, nel caso in cui essa annulli le decisioni impugnate, gli effetti di queste ultime fino alla loro sostituzione con nuovi atti.

72

A tal riguardo si deve ricordare che, a termini dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, la Corte può, ove lo reputi necessario, precisare gli effetti di un atto annullato che devono essere considerati definitivi.

73

Nel caso di specie, qualora si pronunciasse l’annullamento delle decisioni impugnate senza che fosse previsto il mantenimento dei loro effetti, ciò potrebbe compromettere l’efficacia del controllo delle sostanze psicoattive oggetto di tali decisioni e, dunque, la tutela della sanità pubblica. Orbene, sebbene il Parlamento chieda l’annullamento delle decisioni di cui trattasi per il rilievo che una forma sostanziale è stata violata, esso non ne contesta né lo scopo né il contenuto.

74

Di conseguenza, gli effetti delle decisioni impugnate devono essere mantenuti fino all’entrata in vigore di nuovi atti diretti a sostituirle.

Sulle spese

75

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Parlamento ne ha fatto domanda, il Consiglio, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese.

76

Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, dello stesso regolamento, la Repubblica d’Austria sopporterà le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

La decisione 2013/129/UE del Consiglio, del 7 marzo 2013, che sottopone a misure di controllo la 4‑metilanfetamina, e la decisione di esecuzione 2013/496/UE del Consiglio, del 7 ottobre 2013, che sottopone a misure di controllo il 5‑(2‑amminopropil)indolo, sono annullate.

 

2)

Gli effetti della decisione 2013/129 e della decisione di esecuzione 2013/496 sono mantenuti fino all’entrata in vigore di nuovi atti diretti a sostituirle.

 

3)

Il Consiglio dell’Unione europea è condannato alle spese.

 

4)

La Repubblica d’Austria sopporta le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.