SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

7 novembre 2013 ( *1 )

«Trattamento dei dati personali — Direttiva 95/46/CE — Articoli 10 e 11 — Obbligo di informazione — Articolo 13, paragrafo 1, lettere d) e g) — Eccezioni — Portata delle eccezioni — Investigatori privati che agiscono per conto dell’organismo di controllo di una professione regolamentata — Direttiva 2002/58/CE — Articolo 15, paragrafo 1»

Nella causa C‑473/12,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Cour constitutionnelle (Belgio), con decisione del 10 ottobre 2012, pervenuta in cancelleria il 22 ottobre 2012, nel procedimento

Institut professionnel des agents immobiliers (IPI)

contro

Geoffrey Englebert,

Immo 9 SPRL,

Grégory Francotte,

con l’intervento di:

Union professionnelle nationale des détectives privés de Belgique (UPNDP),

Association professionnelle des inspecteurs et experts d’assurances ASBL (APIEA),

Conseil des ministres,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, C. G. Fernlund (relatore), A. Ó Caoimh, C. Toader e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 luglio 2013,

considerate le osservazioni presentate:

per l’Institut professionnel des agents immobiliers (IPI), da Y. Paquay e H. Nyssen, avocats;

per il governo belga, da M. Jacobs e C. Pochet, in qualità di agenti, assistite da B. Renson, avocat;

per il governo ceco, da M. Smolek, in qualità di agente;

per il governo dei Paesi Bassi, da B. Koopman e C. Wissels, in qualità di agenti;

per il Parlamento europeo, da A. Caiola e A. Pospíšilová Padowska, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da F. Clotuche-Duvieusart e B. Martenczuk, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 1, lettere d) e g), della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281, pag. 31).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, l’Institut professionnel des agents immobiliers (IPI) (Istituto professionale degli agenti immobiliari) e, dall’altro, il sig. Englebert, la Immo 9 SPRL e il sig. Francotte in merito a presunte violazioni della normativa nazionale relativa all’esercizio della professione di agente immobiliare.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

La direttiva 95/46

3

I considerando 3, 8, 10, 37 e 43 della direttiva 95/46 recitano quanto segue:

«(3)

considerando che l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno, nel quale, conformemente all’articolo 7 A del trattato, è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali, esigono non solo che i dati personali possano circolare liberamente da uno Stato membro all’altro, ma che siano altresì salvaguardati i diritti fondamentali della persona;

(...)

(8)

considerando che, per eliminare gli ostacoli alla circolazione dei dati personali, il livello di tutela dei diritti e delle libertà delle persone relativamente al trattamento di tali dati deve essere equivalente in tutti gli Stati membri; (...)

(...)

(10)

considerando che le legislazioni nazionali relative al trattamento dei dati personali hanno lo scopo di garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, in particolare del diritto alla vita privata, riconosciuto anche dall’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dai principi generali del diritto comunitario; che pertanto il ravvicinamento di dette legislazioni non deve avere per effetto un indebolimento della tutela da esse assicurata ma deve anzi mirare a garantire un elevato grado di tutela nella Comunità;

(...)

(37)

considerando che il trattamento di dati personali a scopi giornalistici o di espressione artistica o letteraria, in particolare nel settore audiovisivo deve beneficiare di deroghe o di limitazioni a determinate disposizioni della presente direttiva ove sia necessario per conciliare i diritti fondamentali della persona con la libertà di espressione (...)

(...)

(43)

considerando che gli Stati membri possono altresì imporre analoghe restrizioni al diritto di accesso e di informazione e ad alcuni obblighi del responsabile del trattamento nella misura in cui tali restrizioni siano necessarie per salvaguardare, ad esempio, la sicurezza nazionale, la difesa, la pubblica sicurezza, importanti interessi economici o finanziari di uno Stato membro o dell’Unione, nonché per indagini e procedimenti penali e in caso di violazioni dell’etica delle professioni regolamentate; (...)».

4

L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 95/46 enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri garantiscono, conformemente alle disposizioni della presente direttiva, la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche e particolarmente del diritto alla vita privata, con riguardo al trattamento dei dati personali».

5

L’articolo 2, lettere a) e d), della direttiva 95/46 così prevede:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)

“dati personali”: qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile (“persona interessata”) (...)

(...)

d)

“responsabile del trattamento”: la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o qualsiasi altro organismo che, da solo o insieme ad altri, determina le finalità e gli strumenti del trattamento di dati personali. (...)».

6

L’articolo 9 della direttiva 95/46 dispone quanto segue:

«Gli Stati membri prevedono, per il trattamento di dati personali effettuato esclusivamente a scopi giornalistici o di espressione artistica o letteraria, le esenzioni o le deroghe alle disposizioni del presente capo e dei capi IV e VI solo qualora si rivelino necessarie per conciliare il diritto alla vita privata con le norme sulla libertà d’espressione».

7

La sezione IV della direttiva 95/46, intitolata «Informazione della persona interessata», include gli articoli 10 e 11 che disciplinano, rispettivamente, i casi in cui i dati sono stati raccolti presso tale persona e quelli in cui i dati non sono stati raccolti presso di essa.

8

L’articolo 10 della direttiva 95/46 è così formulato:

«Gli Stati membri dispongono che il responsabile del trattamento, o il suo rappresentante, debba fornire alla persona presso la quale effettua la raccolta dei dati che la riguardano almeno le informazioni elencate qui di seguito, a meno che tale persona ne sia già informata:

a)

l’identità del responsabile del trattamento ed eventualmente del suo rappresentante;

b)

le finalità del trattamento cui sono destinati i dati;

c)

ulteriori informazioni riguardanti quanto segue:

i destinatari o le categorie di destinatari dei dati,

se rispondere alle domande è obbligatorio o volontario, nonché le possibili conseguenze di una mancata risposta,

se esistono diritti di accesso ai dati e di rettifica in merito ai dati che la riguardano,

nella misura in cui, in considerazione delle specifiche circostanze in cui i dati vengono raccolti, tali informazioni siano necessarie per effettuare un trattamento leale nei confronti della persona interessata».

9

L’articolo 11 della medesima direttiva prevede che, in caso di dati non raccolti presso la persona interessata, gli Stati membri dispongano che, al momento della registrazione dei dati o, qualora sia prevista una comunicazione dei dati a un terzo, al più tardi all’atto della prima comunicazione dei medesimi, il responsabile del trattamento o il suo rappresentante debba fornire alla persona interessata almeno le informazioni elencate in tale articolo, a meno che tale persona ne sia già informata.

10

L’articolo 13 della direttiva 95/46, intitolato «Deroghe e restrizioni», così prevede al suo paragrafo 1:

«Gli Stati membri possono adottare disposizioni legislative intese a limitare la portata degli obblighi e dei diritti previsti dalle disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 1, dell’articolo 10, dell’articolo 11, paragrafo 1 e degli articoli 12 e 21, qualora tale restrizione costituisca una misura necessaria alla salvaguardia:

a)

della sicurezza dello Stato;

b)

della difesa;

c)

della pubblica sicurezza;

d)

della prevenzione, della ricerca, dell’accertamento e del perseguimento di infrazioni penali o di violazioni della deontologia delle professioni regolamentate;

e)

di un rilevante interesse economico o finanziario di uno Stato membro o dell’Unione europea, anche in materia monetaria, di bilancio e tributaria;

f)

di un compito di controllo, ispezione o disciplina connesso, anche occasionalmente, con l’esercizio dei pubblici poteri nei casi di cui alle lettere c), d) ed e);

g)

della protezione della persona interessata o dei diritti e delle libertà altrui».

La direttiva 2002/58/CE

11

La direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201, pag. 37), al suo articolo 15, paragrafo 1, prevede quanto segue:

«Gli Stati membri possono adottare disposizioni legislative volte a limitare i diritti e gli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, all’articolo 8, paragrafi da 1 a 4, e all’articolo 9 della presente direttiva, qualora tale restrizione costituisca, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva [95/46], una misura necessaria, opportuna e proporzionata all’interno di una società democratica per la salvaguardia della sicurezza nazionale (cioè della sicurezza dello Stato), della difesa, della sicurezza pubblica; e la prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati, ovvero dell’uso non autorizzato del sistema di comunicazione elettronica. (...)».

Il diritto belga

12

La legge dell’8 dicembre 1992 relativa alla tutela della vita privata con riguardo al trattamento dei dati personali (Moniteur belge del 18 marzo 1993, pag. 5801) è stata modificata dalla legge dell’11 dicembre 1998 che traspone la direttiva 95/46/CE (Moniteur belge del 3 febbraio 1999, pag. 3049) (in prosieguo: la «legge del 1992»). L’articolo 9 della legge del 1992, i cui paragrafi 1 e 2 corrispondono rispettivamente agli articoli 10 e 11 di detta direttiva, impone un obbligo di informazione della persona interessata.

13

L’articolo 3, paragrafi da 3 a 7, della legge del 1992 prevede deroghe e restrizioni a tale obbligo di informazione, in particolare, quando il trattamento dei dati personali è effettuato esclusivamente a scopi giornalistici o di espressione letteraria o artistica e quando è gestito dalla sicurezza nazionale, dal servizio generale informativo e della sicurezza delle forze armate, dalle autorità pubbliche ai fini dell’esercizio dei loro compiti di polizia giudiziaria, dalle forze dell’ordine ai fini dell’esercizio dei loro compiti di polizia amministrativa o dal Centro europeo per i bambini scomparsi e sfruttati a scopo sessuale.

Fatti e questioni pregiudiziali

14

L’IPI, istituito con un regio decreto del 17 febbraio 1995, ha il compito in particolare di vigilare sul rispetto delle condizioni di accesso alla professione di agente immobiliare e sul buon esercizio della stessa. A tal fine esso può costituirsi in giudizio denunciando alle autorità giudiziarie qualsiasi infrazione alla normativa applicabile. Per svolgere il suo compito, l’IPI ha la facoltà di avvalersi dei servizi di investigatori privati.

15

Nell’ambito della sua attività, l’IPI ha chiesto al Tribunal de commerce de Charleroi (Tribunale del commercio di Charleroi) di dichiarare che il sig. Englebert, la Immo 9 SPRL e il sig. Francotte avevano posto in essere atti contrari a detta normativa e di ordinare ai sig.ri Englebert e Francotte la cessazione di varie attività immobiliari. L’IPI ha fondato la sua azione su elementi di fatto raccolti dagli investigatori privati ai quali era ricorsa.

16

Il Tribunal de commerce de Charleroi si è interrogato sul valore da attribuire alle prove fornite da questi ultimi, tenuto conto della possibilità che esse siano state ottenute senza rispettare gli obblighi in materia di tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e, di conseguenza, in violazione della legge del 1992. Tale tribunale ha affermato che, secondo l’IPI, l’applicazione di detta legge, che impone l’obbligo di informare previamente la persona interessata dell’indagine condotta dagli investigatori oppure, qualora i dati siano raccolti presso terzi, di informarla al momento della registrazione dei dati in questione, rende impossibile l’attività dell’investigatore privato. Il citato tribunale si è chiesto se, non estendendo agli investigatori privati le deroghe a tale obbligo di informazione di cui beneficiano altre categorie professionali o altri organismi di interesse pubblico, l’articolo 3, paragrafi da 3 a 7, della legge del 1992 non crei una disparità di trattamento contraria alla Costituzione. Di conseguenza, esso ha deciso di interpellare sul punto la Cour constitutionnelle [Corte costituzionale belga].

17

Quest’ultima ritiene che si debba verificare se la legge del 1992, non prevedendo deroghe per gli investigatori privati analoghe a quelle previste dall’articolo 13, paragrafo 1, lettere d) e g), della direttiva 95/46, abbia trasposto adeguatamente tale disposizione. Essa osserva che l’articolo 3, paragrafi da 3 a 7, della legge del 1992 stabilisce una diversità di trattamento tra, da un lato, le persone che esercitano un’attività giornalistica, artistica o letteraria, i servizi competenti in materia di sicurezza e polizia e il Centro europeo per i bambini scomparsi e sfruttati a scopo sessuale e, dall’altro, le persone che esercitano la professione di investigatore privato, in quanto solo i primi sono esonerati dall’obbligo di informazione previsto dall’articolo 9 della legge del 1992.

18

Secondo il giudice del rinvio, tale esenzione si spiega alla luce delle attività svolte, le quali riguardano l’informazione del pubblico o la vita culturale, il mantenimento della sicurezza e dell’ordine pubblico e la difesa dei diritti fondamentali dei soggetti più vulnerabili.

19

Gli investigatori privati si troverebbero in una situazione diversa. Il giudice del rinvio osserva che, benché la loro professione sia regolamentata da una legge del 1991 che ne definisce i contorni e subordina l’esercizio della professione all’autorizzazione del Ministro dell’Interno, la loro attività è estranea alla tutela di tali diritti fondamentali e interessi generali e riguarda di solito la tutela di interessi privati.

20

La Cour constitutionnelle osserva che, è vero che l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46 sembra conferire una certa libertà agli Stati membri di prevedere o meno le deroghe in questione, sussistono purtuttavia dubbi tenuto conto dell’armonizzazione, in linea di principio completa, realizzata da tale direttiva.

21

In questo contesto, la Cour constitutionnelle ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 13, paragrafo 1, [lettera] g), in fine, della direttiva [95/46] debba essere interpretato nel senso che lascia agli Stati membri la facoltà di prevedere o meno una deroga all’obbligo di informazione immediata di cui all’articolo 11, paragrafo 1, nel caso in cui tale deroga sia necessaria per la salvaguardia dei diritti e delle libertà altrui, o se gli Stati membri siano soggetti a restrizioni in tale materia.

2)

Se le attività professionali degli investigatori privati, disciplinate dal diritto interno e svolte al servizio di organismi autorizzati a denunciare all’autorità giudiziaria qualsiasi violazione di norme che tutelano un titolo professionale e disciplinano una professione, rientrino, a seconda delle circostanze, nella deroga di cui all’articolo 13, paragrafo 1, [lettere] d) e g), in fine, della [direttiva 95/46].

3)

In caso di risposta negativa alla seconda questione, se l’articolo 13, paragrafo 1, [lettere] d) e g), in fine, della [direttiva 95/46] sia compatibile con l’articolo 6, paragrafo 3, [TUE], e più precisamente con il principio di uguaglianza e di non discriminazione».

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazione preliminare

22

Nell’ambito della sua prima questione, il giudice del rinvio fa riferimento a un obbligo immediato di informare la persona interessata di cui tratterebbe l’articolo 11 della direttiva 95/46.

23

Occorre tuttavia rilevare che tale disposizione, che riguarda i dati che non sono stati raccolti presso la persona interessata, prevede un’informazione di quest’ultima non già nel momento in cui i dati sono raccolti, bensì in un secondo tempo. Per contro, l’articolo 10 della direttiva 95/46, relativo alla raccolta di dati presso la persona interessata, prevede l’informazione di tale persona al momento della raccolta dei dati (v., in tal senso, sentenza del 7 maggio 2009, Rijkeboer, C-553/07, Racc. pag. I-3889, punto 68). L’immediatezza dell’informazione della persona interessata risulta dunque non già dall’articolo 11 della direttiva 95/46 menzionato dal giudice del rinvio, bensì da tale articolo 10.

24

Per quanto riguarda le indagini condotte da un investigatore privato, dalla decisione di rinvio emerge che quest’ultimo può trovarsi a raccogliere dati sia direttamente presso la persona interessata sia indirettamente, in particolare presso terzi. Occorre di conseguenza constatare che tanto l’articolo 10 quanto l’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 95/46 possono, a seconda delle circostanze, rivelarsi pertinenti per siffatte indagini.

Sulle prime due questioni

25

Con le sue prime due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, da un lato, se l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46 debba essere interpretato nel senso che gli Stati membri hanno la facoltà oppure l’obbligo di trasporre nel loro ordinamento nazionale le deroghe dallo stesso previste all’obbligo di informare la persona interessata del trattamento dei suoi dati personali e, dall’altro, se l’attività di investigatore privato che agisca per conto di un organismo professionale al fine di individuare violazioni della deontologia di una professione regolamentata, nel caso di specie quella di agente immobiliare, rientri nell’ambito di applicazione del citato articolo 13, paragrafo 1, lettere d) o g).

26

Occorre rilevare anzitutto che dati come quelli che, secondo il giudice del rinvio, sono raccolti dagli investigatori privati nel procedimento principale si riferiscono a persone che agiscono in qualità di agenti immobiliari e riguardano persone fisiche identificate o identificabili. Essi costituiscono, di conseguenza, dati personali, ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 95/46. La loro raccolta, conservazione e trasmissione da parte di un organismo regolamentato come l’IPI o da parte degli investigatori privati che agiscono per suo conto presentano pertanto carattere di «trattamento di dati personali», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 95/46 (v. sentenza del 16 dicembre 2008, Huber, C-524/06, Racc. pag. I-9705, punto 43).

27

Per risolvere la questione sottoposta, occorre esaminare dapprima se, in virtù dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46, gli Stati membri abbiano la facoltà oppure l’obbligo di prevedere una o più deroghe, elencate dallo stesso articolo, all’obbligo di informare la persona interessata del trattamento dei suoi dati personali.

28

Risulta dai considerando 3, 8 e 10 della direttiva 95/46 che il legislatore dell’Unione ha inteso facilitare la libera circolazione dei dati personali ravvicinando le legislazioni degli Stati membri pur salvaguardando i diritti fondamentali della persona, in particolare il diritto alla tutela della vita privata, e garantendo un elevato grado di tutela nell’Unione. L’articolo 1 di tale direttiva prevede infatti che gli Stati membri debbano garantire la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche, in particolare della loro vita privata, con riguardo al trattamento dei dati personali (sentenze Huber, cit., punto 47, nonché del 24 novembre 2011, ASNEF e FECEMD, C-468/10 e C-469/10, Racc. pag. I-12181, punto 25).

29

A tal fine, la direttiva 95/46 fissa, ai suoi articoli 10 e 11, l’obbligo di informare la persona interessata del trattamento dei suoi dati pur prevedendo, al suo articolo 13, paragrafo 1, che gli Stati possano adottare disposizioni legislative che limitino la portata di detto obbligo qualora una tale misura sia necessaria ai fini elencati in tale articolo 13, paragrafo 1, lettere da a) a g).

30

Il giudice del rinvio si interroga, a tal riguardo, sul margine di manovra di cui dispongono gli Stati membri, tenuto conto dell’obiettivo di armonizzazione perseguito dal legislatore, come espresso al considerando 8 di detta direttiva, che mira a rendere equivalente in tutti gli Stati membri il livello di tutela dei diritti e delle libertà delle persone relativamente al trattamento dei dati personali.

31

Occorre ricordare che la Corte, infatti, ha già dichiarato che la direttiva 95/46 sfocia in un’armonizzazione che, in linea di principio, è completa (v. sentenze del 6 novembre 2003, Lindqvist, C-101/01, Racc. pag. I-12971, punti 95 e 96, nonché Huber, cit., punti 50 e 51). Tuttavia la Corte ha parimenti affermato che le disposizioni della direttiva 95/46 sono per forza di cose relativamente generiche, dal momento che la stessa deve applicarsi a un gran numero di situazioni molto diverse, e che tale direttiva contiene norme caratterizzate da una certa elasticità che lascia in numerosi casi agli Stati membri il compito di decidere dei dettagli o di scegliere tra più opzioni (sentenza Lindqvist, cit., punto 83).

32

Riguardo all’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46, dalla sua formulazione, e in particolare dall’impiego dei termini «gli Stati membri possono», risulta che tale disposizione non obbliga gli Stati membri a prevedere nel loro ordinamento nazionale deroghe ai fini elencati in tale articolo 13, paragrafo 1, lettere da a) a g), ma che, al contrario, il legislatore ha voluto lasciar loro la scelta di decidere se, ed eventualmente per quali fini, intendano adottare provvedimenti legislativi che limitino in particolare la portata degli obblighi di informazione della persona interessata. Dal dettato del medesimo articolo 13, paragrafo 1, risulta inoltre che gli Stati membri possono prevedere siffatte misure unicamente quando siano necessarie. La «necessità» delle misure condiziona quindi la facoltà accordata agli Stati membri dal citato articolo 13, paragrafo 1, senza però che questi ultimi debbano per forza adottare le deroghe in questione in tutti i casi in cui tale condizione sia soddisfatta.

33

Tale interpretazione è corroborata anzitutto dal testo del considerando 43 della direttiva 95/46, a termini del quale gli Stati membri possono imporre restrizioni ai diritti di informazione «nella misura in cui tali restrizioni siano necessarie per salvaguardare» i suddetti fini. Essa è poi confermata dal confronto tra, da un lato, il dettato dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46 e, dall’altro, l’articolo 9 e il considerando 37 della medesima, i quali impongono chiaramente l’obbligo agli Stati membri di prevedere, per il trattamento di dati personali effettuato esclusivamente a scopi giornalistici o di espressione artistica o letteraria, esenzioni o deroghe qualora necessarie per conciliare il diritto alla vita privata con le norme sulla libertà d’espressione.

34

Tale interpretazione è altresì corroborata dall’analisi svolta dalla Corte, nella sua sentenza del 29 gennaio 2008, Promusicae (C-275/06, Racc. pag. I-271), dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche, il quale è redatto in termini simili a quelli dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46 e che, per giunta, rinviano espressamente a questi ultimi.

35

La Corte ha anzitutto affermato che il suddetto articolo 15, paragrafo 1, offre agli Stati membri la possibilità di prevedere deroghe all’obbligo di principio di garantire la riservatezza dei dati personali (sentenza Promusicae, cit., punto 50).

36

Riguardo a una di tali deroghe, la Corte ha poi dichiarato che, tuttavia, il citato articolo 15, paragrafo 1, non può essere interpretato nel senso che, nelle situazioni che elenca, esso vincola gli Stati membri a prevedere un obbligo di comunicazione (sentenza Promusicae, cit., punti 51 e 53).

37

Di conseguenza, occorre considerare che l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46 offre agli Stati membri la facoltà di prevedere una o più delle deroghe che elenca, ma che detti Stati non sono minimamente obbligati in tal senso.

38

In un secondo momento occorre esaminare se l’attività di investigatore privato che agisce per un organismo regolamentato, come l’IPI, rientri nell’ambito delle deroghe previste dall’articolo 13, paragrafo 1, lettere d) e g), della direttiva 95/46.

39

Secondo costante giurisprudenza, la tutela del diritto fondamentale alla vita privata richiede che le deroghe e le restrizioni alla tutela dei dati personali debbano operare entro i limiti dello stretto necessario (sentenze del 16 dicembre 2008, Satakunnan Markkinapörssi e Satamedia, C-73/07, Racc. pag. I-9831, punto 56, nonché del 9 novembre 2010, Volker und Markus Schecke e Eifert, C-92/09 e C-93/09, Racc. pag. I-11063, punti 77 e 86).

40

Per quanto attiene alle deroghe di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettere d) e g), della direttiva 95/46, esse si riferiscono, in particolare, la prima, a una situazione concretamente definita, vale a dire la prevenzione, la ricerca, l’accertamento e il perseguimento di violazioni della deontologia delle professioni regolamentate, e, la seconda, alla protezione dei diritti e delle libertà altrui, che, per contro, non sono precisati.

41

Occorre esaminare, in primo luogo, la deroga prevista all’articolo 13, paragrafo 1, lettera d), della citata direttiva e verificare se essa si applichi all’attività di investigatore privato che agisce per conto di un organismo come l’IPI.

42

Dalla decisione di rinvio risulta che la professione di agente immobiliare costituisce una professione regolamentata in Belgio e che l’IPI è un organismo professionale incaricato di vigilare sul rispetto della regolamentazione in questione individuando e denunciando le infrazioni alla stessa.

43

Occorre constatare che l’attività di un organismo come l’IPI corrisponde alla situazione prevista dalla deroga di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 95/46 e che, pertanto, può rientrare nell’ambito di tale deroga.

44

Poiché la direttiva 95/46 non precisa le modalità di ricerca e di accertamento delle violazioni alla regolamentazione, occorre considerare che tale direttiva non impedisce a un siffatto organismo professionale di avvalersi di investigatori specializzati per svolgere il proprio incarico, come gli investigatori privati incaricati di tali ricerca e accertamento.

45

Ne deriva che, se uno Stato membro ha scelto di trasporre la deroga prevista al citato articolo 13, paragrafo 1, lettera d), l’organismo professionale interessato e gli investigatori privati che agiscono per suo conto possono avvalersene e non sono assoggettati all’obbligo di informazione della persona interessata di cui agli articoli 10 e 11 della direttiva 95/46.

46

Viceversa, se lo Stato membro non ha previsto tale deroga, le persone interessate devono essere informate del trattamento dei loro dati personali, secondo le modalità, segnatamente in materia di termini, previste dai citati articoli 10 e 11.

47

Secondo l’IPI, l’applicazione della deroga all’obbligo di informazione, ad esso stesso e agli investigatori privati che agiscono per suo conto, è indispensabile all’esercizio della sua funzione. Gli investigatori privati non potrebbero esercitare in modo efficace la loro attività a servizio dell’IPI se dovessero rendere noti la loro identità e i motivi delle loro indagini anche prima di interrogare le persone su cui essi indagano. Il governo olandese ha parimenti sostenuto che le indagini in questione sarebbero destinate al fallimento.

48

Come risulta dal punto 37 della presente sentenza, spetta tuttavia agli Stati membri decidere se ritengano necessario introdurre nella loro legislazione la deroga prevista all’articolo 13, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 95/46 in favore di organismi professionali come l’IPI che agiscano direttamente o con l’aiuto di investigatori privati. Essi possono benissimo considerare che tali organismi professionali e gli investigatori privati che agiscono per loro conto dispongano di mezzi sufficienti, nonostante l’applicazione degli articoli 10 e 11 di detta direttiva, per riuscire ad accertare le violazioni della deontologia di cui trattasi, di modo che non è necessario trasporre la deroga per consentire a tali organismi di esercitare la loro funzione di vigilanza sul rispetto della regolamentazione.

49

Per quanto riguarda la portata della citata deroga, occorre altresì chiarire la nozione di «violazione della deontologia». Nelle osservazioni scritte e orali presentate a tal riguardo alla Corte sono infatti apparse opinioni divergenti. Secondo il governo belga, e contrariamente a quanto sostiene l’IPI, le violazioni in questione riguardano soltanto la condotta di agenti immobiliari debitamente autorizzati nell’esercizio della loro professione e non si estendono alla condotta di persone che, senza essere autorizzate, si spacciano per agenti immobiliari.

50

Ebbene, occorre constatare che le norme relative all’accesso a una professione regolamentata fanno parte delle norme di deontologia. Ne consegue che le indagini riguardanti l’operato di persone che violano tali norme facendosi passare per agenti immobiliari rientrano nella deroga di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 95/46.

51

Pertanto, secondo tale direttiva, gli Stati membri possono prevedere che un organismo professionale regolamentato, l’IPI per esempio, possa, in virtù della suddetta deroga, da solo o con l’aiuto di investigatori privati, indagare su eventuali violazioni delle norme di deontologia, comprese le violazioni dovute all’operato di persone che non hanno osservato le norme relative all’accesso alla professione.

52

Data la portata di tale deroga, non è necessario esaminare se l’attività di investigatore privato che agisce per un organismo professionale come l’IPI rientri altresì nell’ambito della deroga di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 95/46.

53

Si deve pertanto rispondere alle prime due questioni dichiarando che:

l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46 deve essere interpretato nel senso che gli Stati membri hanno non già l’obbligo, bensì la facoltà di trasporre nel loro diritto nazionale una o più delle deroghe che esso prevede all’obbligo di informare le persone interessate del trattamento dei loro dati personali;

l’attività di investigatore privato che agisce per conto di un organismo professionale al fine di individuare violazioni della deontologia di una professione regolamentata, nel caso di specie quella di agente immobiliare, rientra nell’ambito della deroga di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 95/46.

Sulla terza questione

54

Tenuto conto della risposta fornita alle prime due questioni, non occorre rispondere alla terza questione.

Sulle spese

55

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

L’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, deve essere interpretato nel senso che gli Stati membri hanno non già l’obbligo, bensì la facoltà di trasporre nel loro diritto nazionale una o più delle deroghe che esso prevede all’obbligo di informare le persone interessate del trattamento dei loro dati personali.

 

L’attività di investigatore privato che agisce per conto di un organismo professionale al fine di individuare violazioni della deontologia di una professione regolamentata, nel caso di specie quella di agente immobiliare, rientra nell’ambito della deroga di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 95/46.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.