SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

22 novembre 2012 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Sistema europeo comune di asilo — Direttiva 2004/83/CE — Norme minime sulle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria — Articolo 4, paragrafo 1, secondo periodo — Cooperazione dello Stato membro con il richiedente per esaminare gli elementi significativi della sua domanda — Portata — Regolarità della procedura nazionale seguita nell’esame di una domanda di protezione sussidiaria a seguito del rigetto di una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato — Rispetto dei diritti fondamentali — Diritto al contraddittorio»

Nella causa C-277/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla High Court (Irlanda), con decisione del 1o giugno 2011, pervenuta in cancelleria il 6 giugno 2011, nel procedimento

M. M.

contro

Minister for Justice, Equality and Law Reform,

Ireland,

Attorney General,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, M. Ilešič, J.-J. Kasel (relatore) e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig.ra K. Sztranc-Sławiczek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 marzo 2012,

considerate le osservazioni presentate:

per il sig. M., da P. O’Shea e I. Whelan, BL, su mandato di B. Burns, solicitor;

per l’Irlanda, da D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito da D. Conlan Smyth, barrister;

per il governo ceco, da M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

per il governo tedesco, da N. Graf Vitzthum, in qualità di agente;

per il governo ungherese, da Z. Fehér Miklós, da K. Szíjjártó e Z. Tóth, in qualità di agenti;

per il governo dei Paesi Bassi, da C. Wissels e M. Noort, in qualità di agenti;

per il governo polacco, da M. Szpunar, in qualità di agente;

per il governo svedese, da K. Petkovska, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da M. Condou-Durande e M. Wilderspin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 aprile 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 304, pag. 12, e rettifica in GU 2005, L 204, pag. 24).

2

Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra il sig. M. e il Minister for Justice, Equality and Law Reform (in prosieguo: il «Minister»), l’Irlanda nonché l’Attorney General in merito alla regolarità della procedura seguita per l’esame di una domanda di protezione sussidiaria presentata a seguito del rigetto della sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

3

L’articolo 41, paragrafi 1 e 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), intitolato «Diritto ad una buona amministrazione», dispone quanto segue:

«1.   Ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell’Unione.

2.   Tale diritto comprende in particolare:

a)

il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio;

b)

il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale;

c)

l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni».

4

L’articolo 47, secondo comma, della Carta prevede che ogni persona ha il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Tale articolo precisa che ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. Conformemente all’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato.

5

In forza dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, le disposizioni di quest’ultima si applicano agli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione.

Il sistema europeo comune di asilo

6

Il Consiglio europeo di Strasburgo dell’8 e 9 dicembre 1989 ha fissato l’obiettivo di conseguire un’armonizzazione delle politiche di asilo degli Stati membri.

7

Le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 hanno previsto, in particolare, l’istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo, basato sull’applicazione completa e generale della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)] e entrata in vigore il 22 aprile 1954 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»). Tale Convenzione è stata completata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967, entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: il «Protocollo del 1967»).

8

Tutti gli Stati membri sono parti contraenti della Convenzione di Ginevra e del Protocollo del 1967. L’Unione europea non è parte contraente di questi ultimi, ma gli articoli 78, paragrafo 1, TFUE e 18 della Carta prevedono che il diritto di asilo sia garantito, in particolare, nel rispetto di detta Convenzione e del Protocollo del 1967.

9

Il Trattato di Amsterdam, concluso il 2 ottobre 1997, ha introdotto l’articolo 63 nel Trattato CE, che dava competenza al Consiglio dell’Unione europea, previa consultazione del Parlamento europeo, per adottare le misure raccomandate dal Consiglio europeo di Tampere.

10

È proprio su tale base giuridica che sono state adottate la direttiva 2004/83 e la direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU L 326, pag. 13, e rettifica in GU 2006, L 236, pag. 36).

11

In seguito all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona è l’articolo 78 TFUE a prevedere l’istituzione di un sistema europeo comune di asilo.

12

Le direttive 2004/83 e 2005/85 fanno riferimento, nel loro primo considerando, al fatto che una politica comune nel settore dell’asilo, che preveda un regime europeo comune, costituisce un elemento fondamentale dell’obiettivo dell’Unione di istituire progressivamente uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nella Comunità europea. Esse fanno altresì riferimento, nel loro secondo considerando, alle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere.

13

Le direttive 2004/83 e 2005/85 precisano, rispettivamente nei loro considerando 10 e 8, che esse rispettano i diritti fondamentali e osservano i principi riconosciuti segnatamente nella Carta.

La direttiva 2004/83

14

Conformemente al suo articolo 1, la direttiva 2004/83 mira a stabilire norme minime relative, da un lato, ai requisiti che devono soddisfare i cittadini di paesi terzi o gli apolidi per poter beneficiare di una protezione internazionale, e, dall’altro, al contenuto della protezione riconosciuta.

15

Ai sensi dell’articolo 2 della medesima direttiva, ai fini della stessa, si intende per:

«a)

“protezione internazionale”: lo status di rifugiato e di protezione sussidiaria quale definito alle lettere d) e f);

(…)

c)

“rifugiato”: cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese (…);

d)

“status di rifugiato”: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale rifugiato;

e)

“persona ammissibile alla protezione sussidiaria”: cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito all’articolo 15, (…) e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese;

f)

“status di protezione sussidiaria”: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale persona ammissibile alla protezione sussidiaria;

g)

“domanda di protezione internazionale”: una richiesta di protezione rivolta ad uno Stato membro da parte di un cittadino di un paese terzo o di un apolide di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria (…)

(…)».

16

L’articolo 4 della direttiva 2004/83, intitolato «Esame dei fatti e delle circostanze», incluso nel capo II di quest’ultima, a sua volta rubricato «Valutazione delle domande di protezione internazionale», è formulato come segue:

«1.   Gli Stati membri possono ritenere che il richiedente sia tenuto a produrre quanto prima tutti gli elementi necessari a motivare la domanda di protezione internazionale. Lo Stato membro è tenuto, in cooperazione con il richiedente, a esaminare tutti gli elementi significativi della domanda.

2.   Gli elementi di cui al paragrafo 1 sono le dichiarazioni del richiedente e tutta la documentazione in possesso del richiedente in merito alla sua età, estrazione, anche, ove occorra, dei congiunti, identità, cittadinanza/e, paese/i e luogo/luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, domande d’asilo pregresse, itinerari di viaggio, documenti di identità e di viaggio nonché i motivi della sua domanda di protezione internazionale.

3.   L’esame della domanda di protezione internazionale deve essere effettuato su base individuale e prevede la valutazione:

a)

di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d’origine al momento dell’adozione della decisione in merito alla domanda, comprese le disposizioni legislative e regolamentari del paese d’origine e relative modalità di applicazione;

b)

della dichiarazione e della documentazione pertinenti presentate dal richiedente che deve anche render noto se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;

c)

della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente, in particolare l’estrazione, il sesso e l’età, al fine di valutare se, in base alle circostanze personali del richiedente, gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto si configurino come persecuzione o danno grave;

d)

dell’eventualità che le attività svolte dal richiedente dopo aver lasciato il paese d’origine abbiano mirato esclusivamente o principalmente a creare le condizioni necessarie alla presentazione di una domanda di protezione internazionale, al fine di stabilire se dette attività espongano il richiedente a persecuzione o a danno grave in caso di rientro nel paese;

e)

dell’eventualità che ci si possa ragionevolmente attendere dal richiedente un ricorso alla protezione di un altro paese di cui potrebbe dichiararsi cittadino.

4.   Il fatto che un richiedente abbia già subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di siffatte persecuzioni o danni costituisce un serio indizio della fondatezza del timore del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subire danni gravi, a meno che vi siano buoni motivi per ritenere che tali persecuzioni o danni gravi non si ripeteranno.

5.   Quando gli Stati membri applicano il principio in base al quale il richiedente è tenuto a motivare la sua domanda di protezione internazionale e qualora taluni aspetti delle dichiarazioni del richiedente non siano suffragati da prove documentali o di altro tipo, la loro conferma non è comunque necessaria se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

a)

il richiedente ha compiuto sinceri sforzi per circostanziare la domanda;

b)

tutti gli elementi pertinenti in suo possesso sono stati prodotti ed è stata fornita una spiegazione soddisfacente dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi;

c)

le dichiarazioni del richiedente sono ritenute coerenti e plausibili e non sono in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso di cui si dispone;

d)

il richiedente ha presentato la domanda di protezione internazionale il prima possibile, a meno che egli non dimostri di aver avuto buoni motivi per ritardarla; e

e)

è accertato che il richiedente è in generale attendibile».

La direttiva 2005/85

17

La direttiva 2005/85 stabilisce norme minime per la procedura ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. Inoltre, essa precisa i diritti dei richiedenti asilo.

18

Conformemente al suo articolo 3, paragrafo 1, la citata direttiva si applica a tutte le domande di asilo presentate nel territorio degli Stati membri.

19

Il paragrafo 3 di detto articolo 3 prevede quanto segue:

«Qualora gli Stati membri utilizzino o avviino un procedimento in cui le domande di asilo sono esaminate sia quali domande a norma della convenzione di Ginevra sia quali domande concernenti altri tipi di protezione internazionale a seconda delle circostanze definite dall’articolo 15 della direttiva 2004/83 (…), essi applicano la presente direttiva nel corso dell’intero procedimento».

20

Il capo II della direttiva 2005/85, intitolato «Principi fondamentali e garanzie», stabilisce regole minime riguardo le procedure da seguire e le garanzie per i richiedenti asilo. Tale capo è costituito dagli articoli da 6 a 22.

21

L’articolo 8 stabilisce i criteri particolari applicabili all’esame delle domande.

22

L’articolo 9 prevede i criteri applicabili alle decisioni dell’autorità accertante ai fini di statuire sulle domande di asilo.

23

L’articolo 10 illustra le garanzie per i richiedenti asilo.

24

L’articolo 12 prevede il diritto del richiedente asilo di sostenere un colloquio personale prima dell’adozione di una decisione e l’articolo 13 precisa le condizioni alle quali è assoggettato tale colloquio.

25

In forza dell’articolo 14, per ogni colloquio personale è redatto un verbale cui il richiedente asilo deve aver accesso in tempo utile.

26

Il capo III della direttiva 2005/85 definisce le norme che disciplinano le procedure di primo grado.

27

Il capo V della medesima direttiva, intitolato «Procedure di impugnazione», è costituito da un articolo unico, vale a dire l’articolo 39, che prevede, nel paragrafo 1, il diritto dei richiedenti asilo a un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice, in particolare avverso le decisioni sulle domande di asilo da essi presentate.

La normativa nazionale

28

In Irlanda occorre distinguere, ai fini del riconoscimento di una protezione internazionale, tra due tipi di domande, vale a dire:

in primo luogo, la domanda di asilo e, in caso di decisione negativa su quest’ultima,

in secondo luogo, la domanda di protezione sussidiaria.

29

Nel citato Stato membro ciascuna di tali domande forma l’oggetto di una procedura specifica che si svolge a seguito dell’altra.

30

Emerge dalla decisione di rinvio che le disposizioni nazionali concernenti l’esame delle domande di asilo sono contenute principalmente nel Refugee Act 1996 (legge sui rifugiati del 1996) nella sua versione in vigore all’epoca dei fatti del procedimento principale (in prosieguo: la «legge del 1996»).

31

Per quanto riguarda le domande di asilo, la procedura si svolge in diverse fasi come segue:

la domanda è presentata dall’interessato all’Office of the Refugee Applications Commissionner (in prosieguo: l’«ORAC»);

il richiedente deve compilare un questionario;

un agente dell’ORAC ha un colloquio personale con il richiedente;

l’ORAC prepara una relazione da trasmettere al Minister contenente un parere in merito al fatto che il richiedente debba o meno beneficiare dello status di rifugiato;

qualora la relazione contenga a tale proposito un parere negativo, può essere impugnata dinanzi al Refugee Appeals Tribunal, il quale, generalmente, rimette la causa ad un giudice unico e emana una sentenza che può confermare o rigettare il parere dell’ORAC;

il Minister adotta la decisione come segue:

qualora il parere dell’ORAC o la decisione del Refugee Appeals Tribunal siano favorevoli, deve riconoscere lo status di rifugiato;

qualora la proposta sia negativa, può seguirla ma dispone tuttavia del potere discrezionale di accordare il beneficio del citato status;

nel caso in cui il Minister abbia respinto la richiesta di asilo, la notifica al richiedente dell’intenzione di espellerlo deve contenere un avviso che informi quest’ultimo sul suo diritto di presentare domanda di protezione sussidiaria entro un termine di quindici giorni.

32

La decisione di diniego di riconoscere lo status di rifugiato può formare l’oggetto di un ricorso giurisdizionale di annullamento.

33

Per quanto riguarda la procedura che disciplina le domande di protezione sussidiaria, essa è contenuta nel regolamento del 2006 relativo alle Comunità europee (condizioni per la protezione) [European Communities (Eligibility for Protection) Regulations 2006], adottato dal Minister il 9 ottobre 2006, e avente ad oggetto, in particolare, la trasposizione della direttiva 2004/83 (in prosieguo: il «regolamento del 2006»).

34

La domanda per il riconoscimento della protezione sussidiaria è presentata dall’interessato mediante un formulario il cui modello è contenuto in allegato al regolamento del 2006.

35

Il citato regolamento non comporta alcuna disposizione che prevede che il richiedente di una siffatta protezione sussidiaria debba essere sentito nell’ambito dell’istruzione della sua domanda.

36

Il regolamento del 2006 non contiene neanche norme procedurali che possano essere considerate come un’attuazione dell’obbligo previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, secondo periodo, della direttiva 2004/83.

37

Il Minister statuisce sulla domanda di protezione sussidiaria mediante decisione motivata, accogliendo o rigettando tale domanda.

38

La decisione di rigetto può formare l’oggetto di un ricorso giurisdizionale di annullamento.

Procedimento principale e questione pregiudiziale

39

Il sig. M. è un rifugiato del Ruanda di etnia Tutsi che ha chiesto asilo in Irlanda il 1o maggio del 2008.

40

A sostegno di tale domanda, il sig. M. sostiene che se tornasse nel suo paese di origine rischierebbe di essere perseguito dinanzi ad un tribunale militare per aver apertamente criticato il modo in cui sono state condotte le indagini relative al genocidio del 1994. Egli afferma di essere stato seriamente colpito da tale genocidio in quanto i suoi genitori, tre dei suoi fratelli e una sorella sarebbero stati assassinati.

41

Relativamente alla sua situazione personale, egli precisa che, dopo aver conseguito nel 2003 la laurea in giurisprudenza presso l’Università nazionale del Ruanda, ha cercato lavoro nel pubblico impiego della Repubblica del Ruanda ma sarebbe stato il solo tra tutti i laureati del suo corso al quale è stato rifiutato un impiego, nonostante le sue qualifiche. Sarebbe stato invece obbligato ad accettare un posto come subalterno nell’ufficio della procura militare e tale assoggettamento al rigore del diritto militare avrebbe rappresentato un tentativo di farlo tacere e impedirgli di divulgare informazioni relative al genocidio, che sarebbero potute essere fonte di imbarazzo per le autorità. Peraltro, gli sarebbe stato vivamente consigliato di non protestare e un ufficiale militare sarebbe stato assassinato perché aveva iniziato a porre domande scomode sul modo in cui erano state condotte le indagini relative al citato genocidio.

42

Nel giugno del 2006, il sig. M. è stato ammesso alla facoltà di giurisprudenza di un’università irlandese per seguire un programma di studi post laurea (Master of Laws – LLM). A tal fine, nel settembre 2006, ha ottenuto un visto per studenti e, dopo aver conseguito il suo diploma nel novembre del 2007, ha effettuato nello Stato membro ospite ricerche in materia di crimini di guerra e di genocidio.

43

Poco tempo dopo la scadenza del suo visto, il sig. M. ha presentato una domanda volta ad ottenere asilo in Irlanda. Tale domanda è stata respinta in quanto le sue affermazioni relative alla sua persecuzione in Ruanda sono state considerate non veritiere. Il parere negativo dell’ORAC reca la data del 30 agosto 2008 ed è stato confermato dal Refugee Appeals Tribunal il 28 ottobre 2008. La decisione del Minister di respingere la sua domanda di asilo è stata notificata all’interessato durante il mese di dicembre 2008.

44

Il sig. M. ha quindi presentato, il 31 dicembre 2008, una domanda di protezione sussidiaria, compilando il questionario previsto a tal fine dalla normativa irlandese.

45

Tale domanda è stata respinta con decisione del Minister del 24 settembre 2010. Nella sua decisione, quest’ultimo si è ampiamente basato sulla sua precedente decisione del 2008, recante rigetto della domanda di asilo dell’interessato, per concludere che quest’ultimo non aveva dimostrato l’esistenza di motivi sufficienti a stabilire che egli corre il rischio di subire un grave danno nel suo paese di origine, poiché seri dubbi gravano sulla credibilità delle sue affermazioni.

46

Avverso tale ultima decisione del Minister il sig. M. ha presentato, il 6 gennaio 2011, un ricorso di annullamento dinanzi alla High Court, nell’ambito del quale contesta la legittimità del rigetto della sua domanda di protezione sussidiaria, adducendo che la procedura di esame di tale domanda non sarebbe conforme al diritto dell’Unione.

47

Cosicché, non solo l’Irlanda non avrebbe integralmente trasposto la direttiva 2004/83, in particolare l’articolo 4, paragrafi 1, secondo periodo, e 2, nonché l’inizio del paragrafo 3 di quest’ultima, ma, inoltre, il Minister avrebbe violato nella specie talune norme del diritto dell’Unione durante l’istruzione della domanda di protezione sussidiaria presentata dal sig. M.

48

Infatti, il requisito fondamentale dell’equità nell’attuazione delle procedure amministrative comporterebbe, più in particolare, il rispetto dei diritti della difesa.

49

Anche secondo consolidata giurisprudenza, in qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo, il diritto di essere sentito implica, in quanto principio generale del diritto dell’Unione e anche in mancanza di una normativa specifica a tale proposito, che la persona interessata sia messa in grado di far conoscere in modo efficace il suo punto di vista sugli elementi sui quali l’amministrazione intende basare la sua decisione. Lo stesso principio sarebbe ormai sancito dalla Carta.

50

Letto alla luce di tali principi, l’obbligo di cooperazione enunciato nell’articolo 4, paragrafo 1, secondo periodo, della direttiva 2004/83 andrebbe inteso nel senso che il Minister deve comunicare al richiedente asilo i risultati del suo esame prima dell’adozione di una decisione definitiva, in modo da consentirgli di esprimersi in merito a quegli aspetti che fanno presagire un esito negativo, sottoponendo tutti i documenti disponibili e tutti gli argomenti atti a confutare la posizione dell’autorità nazionale competente, nonché ad attirare l’attenzione di quest’ultima sulle questioni pertinenti delle quali non si sarebbe debitamente tenuto conto.

51

Orbene, nel caso di specie, sarebbe pacifico che il sig. M. non è stato sentito affatto nell’ambito dell’istruzione della sua domanda di protezione sussidiaria. Inoltre, durante tutta la durata dell’esame di tale domanda non sarebbe stato informato né degli elementi considerati come significativi dal Minister per l’adozione della decisione di non concedergli il beneficio della protezione sussidiaria, né della data in cui tale decisione sarebbe stata adottata. Inoltre, per giustificare tale decisione, il Minister si sarebbe prevalentemente limitato a fare riferimento ai motivi precedentemente invocati per respingere la domanda di asilo del sig. M. Peraltro, durante la procedura relativa al ricorso che aveva presentato avverso la decisione di rigetto della sua domanda di asilo, gli sarebbe stato negato il beneficio dell’udienza di discussione, in quanto non aveva presentato tale domanda entro un termine congruo dopo il suo arrivo in Irlanda e non era stato in grado di fornire un motivo convincente per giustificare tale circostanza.

52

Le autorità irlandesi competenti hanno sostenuto che, trattandosi, come nel caso di specie, di una domanda di riconoscimento dello status di protezione sussidiaria, quest’ultima non è esaminata isolatamente, bensì forma l’oggetto di una «forte interazione tra il richiedente e le autorità», dal momento che una siffatta domanda è necessariamente valutata a seguito dell’esame – e del rigetto – di una domanda di asilo nel corso del quale l’interessato ha effettivamente esposto le sue osservazioni e ha risposto a un questionario dettagliato. Tuttavia, una volta presentata la domanda, la procedura sarebbe «inquisitoria e non basata sul contraddittorio». Quindi, l’obbligo di cooperazione previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, secondo periodo, della direttiva 2004/83 si riferirebbe alla sola valutazione degli elementi sostanziali significativi presentati a sostegno della domanda e non riguarderebbe affatto la procedura decisionale. Peraltro, nella maggior parte dei casi, il fascicolo fornito a sostegno della domanda di protezione sussidiaria sarebbe esattamente identico a quello già sottoposto nell’ambito della domanda di asilo, o almeno per gran parte lo stesso, e, in ogni caso, sarebbe esaminata ogni nuova informazione.

53

Nel merito, il diniego di riconoscere una protezione internazionale a beneficio del sig. M. sarebbe giustificato dal fatto che le sue affermazioni non sono credibili, il che sarebbe confermato dalla circostanza che quest’ultimo ha presentato le sue due domande con un ritardo notevole rispetto alla data in cui è entrato nel territorio irlandese.

54

La High Court dubita che si possa accogliere l’argomentazione difesa dal sig. M. Essa avrebbe inoltre già deciso in diverse occasioni che, alla luce della formulazione e della struttura della direttiva 2004/83, nonché al contesto in cui quest’ultima si colloca, la procedura di istruzione di una domanda volta a riconoscere la protezione sussidiaria, la quale si è svolta in condizioni come quelle della controversia sottoposta al giudice del rinvio, non potrebbe essere viziata per violazione dell’obbligo previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, secondo periodo, di tale direttiva.

55

Cionondimeno, emergerebbe da una sentenza emanata nel 2007 dal Raad van State (Paesi Bassi) che, nel regno dei Paesi Bassi, quando l’autorità competente intende respingere una domanda di asilo, il richiedente ne é informato previamente, con comunicazione dei motivi di tale intenzione, e dispone della possibilità di esporre il suo punto di vista per iscritto entro il termine impartito.

56

La High Court ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Nel caso in cui un richiedente miri ad ottenere il riconoscimento dello status di protezione sussidiaria a seguito del diniego del riconoscimento dello status di rifugiato e venga proposto il rigetto di tale domanda, se l’obbligo di cooperare con il richiedente, imposto agli Stati membri dall’articolo 4, paragrafo 1, [secondo periodo,] della direttiva 2004/83 (…) esiga che le autorità amministrative dello Stato membro di cui si tratta forniscano a detto richiedente i risultati di un siffatto esame prima dell’adozione di una decisione definitiva, in modo da consentirgli di esprimersi in merito a quegli aspetti della decisione proposta che fanno presagire un esito negativo».

Sulla questione pregiudiziale

57

Per rispondere alla questione sottoposta dal giudice del rinvio occorre rilevare anzitutto che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/83 si applica certamente a una domanda come quella oggetto del procedimento principale, volta ad ottenere il beneficio dello status di protezione sussidiaria.

58

Infatti, la citata disposizione, sia per la sua formulazione stessa, sia per il titolo del capo in cui è contenuta, riguarda le «domande di protezione internazionale».

59

Orbene, come emerge dall’articolo 2, lettere a) e g), della direttiva 2004/83, si intende per «protezione internazionale» lo status di rifugiato nonché quello conferito dalla protezione sussidiaria e per «domanda di protezione internazionale» una richiesta volta ad ottenere lo status di rifugiato o lo status conferito dalla protezione sussidiaria.

60

Cionondimeno, per quanto riguarda la portata che occorre attribuire all’obbligo di cooperazione con il richiedente imposto allo Stato membro interessato dall’articolo 4, paragrafo 1, secondo periodo, della direttiva 2004/83, non può essere accolta l’argomentazione, esposta dal sig. M., secondo la quale tale norma obbligherebbe l’autorità nazionale competente per l’esame della domanda di protezione sussidiaria a comunicare al richiedente, prima dell’adozione di una decisione sfavorevole a tale proposito e laddove sia stata già respinta una domanda di asilo presentata dalla stessa persona, gli elementi sui quali essa intende basare tale decisione e a sollecitare su tale punto le osservazioni dell’interessato.

61

È infatti giocoforza constatare che un obbligo di tal sorta non emerge affatto dalla formulazione delle disposizioni di cui trattasi. Orbene, se il legislatore dell’Unione avesse voluto imporre agli Stati membri obblighi come quelli suggeriti dal sig. M., lo avrebbe certamente precisato in modo esplicito.

62

Inoltre, un dovere di cooperazione così inteso non sarebbe coerente con il sistema messo in atto dal citato legislatore ai fini del trattamento delle domande di protezione internazionale.

63

Come emerge dal suo titolo, l’articolo 4 della direttiva 2004/83 riguarda l’«(e)same dei fatti e delle circostanze».

64

In realtà, tale «esame» ha luogo in due fasi distinte. La prima fase riguarda l’accertamento delle circostanze di fatto che possono costituire elementi di prova a sostegno della domanda, mentre la seconda fase riguarda la valutazione giuridica di tali elementi, che consiste nel decidere se, alla luce dei fatti che caratterizzano una fattispecie, siano soddisfatti i requisiti sostanziali previsti dagli articoli 9 e 10 o 15 della direttiva 2004/83 per il riconoscimento di una protezione internazionale.

65

Orbene, secondo l’articolo 4, paragrafo 1, della citata direttiva, benché il richiedente sia tenuto a produrre tutti gli elementi necessari a motivare la domanda, spetta tuttavia allo Stato membro interessato cooperare con tale richiedente nel momento della determinazione degli elementi significativi della stessa.

66

Tale obbligo di cooperazione in capo allo Stato membro implica pertanto concretamente che, se, per una qualsivoglia ragione, gli elementi forniti dal richiedente una protezione internazionale non sono esaustivi, attuali o pertinenti, è necessario che lo Stato membro interessato cooperi attivamente con il richiedente, in tale fase della procedura, per consentire di riunire tutti gli elementi atti a sostenere la domanda. Peraltro, uno Stato membro riveste una posizione più adeguata del richiedente per l’accesso a determinati tipi di documenti.

67

Peraltro, l’interpretazione enunciata al punto precedente è avallata dall’articolo 8, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2005/85, secondo il quale gli Stati membri garantiscono che pervengano informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, nei paesi in cui questi hanno transitato.

68

È dunque chiaro che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/83 riguarda unicamente la prima fase, menzionata al punto 64 della presente sentenza, vertente sull’accertamento dei fatti e delle circostanze in quanto elementi atti a giustificare la domanda di asilo.

69

Per contro, è evidente che l’argomentazione sostenuta dal sig. M. riguarda la seconda fase, illustrata nel medesimo punto della presente sentenza, relativa alla valutazione delle conseguenze che occorre trarre dagli elementi forniti a sostegno della domanda, determinando se questi ultimi siano effettivamente tali da soddisfare i requisiti posti per il riconoscimento della protezione internazionale richiesta.

70

Orbene, un siffatto esame della fondatezza della domanda di asilo rientra nella responsabilità esclusiva dell’autorità nazionale competente, di modo che, in tale fase della procedura, un obbligo di cooperazione di tali autorità con il richiedente, come imposto dall’articolo 4, paragrafo 1, secondo periodo, della direttiva 2004/83, è privo di pertinenza.

71

Occorre aggiungere che un dovere di cooperazione che abbia la portata illustrata dal sig. M. sarebbe logicamente avulso dal contesto della direttiva 2004/83.

72

Infatti, in considerazione del suo contenuto e del suo scopo, tale direttiva persegue il solo obiettivo di stabilire, da un lato, criteri comuni a tutti gli Stati membri per quanto riguarda i requisiti fondamentali che devono essere soddisfatti dai cittadini dei paesi terzi per poter beneficiare di una protezione internazionale nonché, dall’altro, il contenuto sostanziale di tale protezione.

73

Per contro, la citata direttiva non è affatto volta a imporre le norme di procedura applicabili all’esame di una domanda di protezione internazionale né, pertanto, a determinare le garanzie procedurali che devono, a tal titolo, essere accordate al richiedente asilo.

74

Occorre pertanto concludere su tale punto che l’obbligo in capo allo Stato membro interessato di cooperare con il richiedente asilo, come previsto nell’articolo 4, paragrafo 1, secondo periodo, della direttiva 2004/83, non può essere interpretato nel senso che, nell’ipotesi in cui uno straniero richieda il beneficio dello status di protezione sussidiaria successivamente al diniego dello status di rifugiato e l’autorità nazionale competente intenda respingere anche questa seconda domanda, tale autorità dovrebbe a tal titolo, prima dell’adozione della sua decisione, informare l’interessato dell’esito negativo che prevede di riservare alla sua domanda nonché comunicargli gli argomenti sui quali essa intende basare il rigetto di quest’ultima, in modo da consentire a tale richiedente di far valere il suo punto di vista a tale proposito.

75

Precisato ciò, emerge dalle osservazioni delle parti nel procedimento principale dedotte dinanzi alla Corte che la presente causa solleva più generalmente la questione del diritto dello straniero di essere sentito durante la procedura di istruzione della sua seconda domanda, volta ad ottenere la protezione sussidiaria, quando quest’ultima viene presentata a seguito del rigetto della prima domanda che mirava ad ottenere lo status di rifugiato, in un caso come quello del procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio, laddove la domanda iniziale ha formato l’oggetto di una procedura distinta nell’ambito della quale l’interessato ha potuto validamente far valere le sue osservazioni.

76

Per fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre pertanto determinare se, nel caso di una situazione come quella oggetto del procedimento principale, caratterizzata dall’esistenza di due procedure separate e successive ai fini dell’esame, rispettivamente, della domanda di asilo e della domanda di protezione sussidiaria, il diritto dell’Unione osti a che non si proceda a sentire nuovamente l’interessato durante l’istruzione della seconda domanda e prima del rigetto di quest’ultima, in quanto, come sostenuto sia dalla High Court sia dall’Irlanda, quest’ultimo è già stato sentito nell’ambito della procedura relativa alla sua prima domanda volta ad ottenere lo status di rifugiato.

77

Occorre anzitutto rilevare che è la direttiva 2005/85 a stabilire norme minime riguardo le procedure di esame delle domande e a precisare i diritti dei richiedenti asilo.

78

A tale proposito, la citata direttiva prevede, in particolare, che le domande d’asilo non sono respinte né escluse dall’esame per il semplice fatto di non essere state presentate tempestivamente (articolo 8, paragrafo 1), che le domande sono esaminate e le decisioni prese in modo individuale, obiettivo ed imparziale [articolo 8, paragrafo 2, lettera a)], che, in caso di rigetto di una domanda, la decisione è corredata di motivazioni de iure e de facto (articolo 9, paragrafo 2, primo comma), e che, prima che l’autorità accertante decida, è data facoltà al richiedente asilo di sostenere un colloquio personale sulla sua domanda in condizioni che consentano al richiedente di esporre in modo esauriente i motivi della stessa (articoli 12 e 13, paragrafo 3).

79

Tuttavia, la direttiva 2005/85 non si applica alle domande di protezione sussidiaria, salvo il caso in cui uno Stato membro istituisca una procedura unica nell’ambito della quale esamina una domanda alla luce delle due forme di protezione internazionale, vale a dire quella relativa allo status di rifugiato e quella attinente alla protezione sussidiaria. Infatti, in un siffatto caso di specie, le norme contenute in tale direttiva devono essere applicate per tutta la durata della procedura, e quindi anche quando l’autorità nazionale competente esamina la domanda volta ad ottenere la protezione sussidiaria.

80

Tuttavia ciò non si verifica in Irlanda, dato che tale Stato membro ha scelto di istituire due procedure separate ai fini dell’esame, rispettivamente, della domanda di asilo e della domanda di protezione sussidiaria, laddove la seconda può essere presentata solo a seguito del rigetto della prima. Pertanto, il diritto irlandese impone il rispetto delle garanzie e dei principi previsti dalla direttiva 2005/85 nell’ambito dell’esame delle sole domande per il riconoscimento dello status di rifugiato. Per quanto riguarda, più in particolare, il diritto del richiedente di essere sentito prima che sia adottata una decisione, la High Court ha precisato nella sua decisione di rinvio che, secondo la giurisprudenza nazionale, tale formalità non doveva essere rispettata nel corso dell’istruzione di una domanda di protezione sussidiaria presentata a seguito del rigetto di una domanda di asilo, dal momento che l’interessato è già stato sentito nell’ambito dell’esame della sua domanda di asilo e che le due procedure sono strettamente connesse.

81

A tale proposito, occorre rammentare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenze del 28 marzo 2000, Krombach, C-7/98, Racc. pag. I-1935, punto 42, e del 18 dicembre 2008, Sopropé, C-349/07, Racc. pag. I-10369, punto 36).

82

Nel caso di specie, per quanto riguarda più in particolare il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento, che costituisce parte integrante del citato principio fondamentale (v., in tal senso, in particolare sentenze del 9 novembre 1983, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, 322/81, Racc. pag. 3461, punto 7, e del 18 ottobre 1989, Orkem/Commissione, 374/87, Racc. pag. 3283, punto 32), esso è attualmente sancito non solo negli articoli 47 e 48 della Carta, che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa nonché il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale, bensì anche nell’articolo 41 di quest’ultima, il quale garantisce il diritto ad una buona amministrazione.

83

Il paragrafo 2 del citato articolo 41 prevede che tale diritto a una buona amministrazione comporta, in particolare, il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale lesivo, il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale, nonché l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni.

84

È giocoforza constatare che, come emerge dalla sua stessa formulazione, tale disposizione è di applicazione generale.

85

Anche la Corte ha sempre affermato l’importanza del diritto al contraddittorio e la sua portata assai ampia nell’ordinamento giuridico dell’Unione, considerando che tale diritto si applica a qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo (v., in particolare, sentenza del 23 ottobre 1974, Transocean Marine Paint Association/Commissione, 17/74, Racc. pag. 1063, punto 15; Krombach, cit., punto 42, e Sopropé, cit., punto 36).

86

Conformemente alla giurisprudenza della Corte, il rispetto del citato diritto si impone quand’anche la normativa applicabile non preveda espressamente siffatta formalità (v. sentenza Sopropé, cit., punto 38).

87

Il diritto al contraddittorio garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il suo punto di vista durante il procedimento amministrativo prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi (v., in particolare, sentenza del 9 giugno 2005, Spagna/Commissione, C-287/02, Racc. pag. I-5093, punto 37 e giurisprudenza ivi citata; Sopropé, cit., punto 37; del 1o ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, C-141/08 P, Racc. pag. I-9147, punto 83, nonché del 21 dicembre 2011, France/People’s Mojahedin Organization of Iran, C-27/09 P, Racc. pag. I-13427, punti 64 e 65).

88

Il citato diritto implica anche che l’amministrazione competente presti tutta l’attenzione necessaria alle osservazioni della persona coinvolta esaminando, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e motivando sufficientemente la sua decisione (v. sentenze del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C-269/90, Racc. pag. I-5469, punto 14, e Sopropé, cit., punto 50), laddove l’obbligo di motivare una decisione in modo sufficientemente dettagliato e concreto, al fine di consentire all’interessato di comprendere le ragioni del diniego opposto alla sua domanda, costituisce un corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa.

89

Emerge dall’argomentazione suesposta che il diritto di essere sentito, così configurato, del richiedente asilo deve essere applicato integralmente alla procedura di esame di una domanda per il riconoscimento della protezione internazionale condotta dall’autorità nazionale competente a titolo delle norme adottate nell’ambito del sistema europeo comune di asilo.

90

A tale proposito non può essere condivisa l’argomentazione esposta dal giudice del rinvio e dall’Irlanda secondo la quale, nel caso in cui, come avviene in tale Stato membro, la domanda di protezione sussidiaria formi l’oggetto di una procedura distinta che fa necessariamente seguito al rigetto di una domanda di asilo adottato al termine di un’istruzione che ha comportato un colloquio con l’interessato, non sarebbe necessario procedere a sentire nuovamente quest’ultimo ai fini dell’esame della domanda di protezione sussidiaria, poiché tale formalità costituirebbe in un certo qual modo una duplicazione dell’opportunità di cui lo straniero ha già beneficiato in un contesto ampiamente equiparabile.

91

Al contrario, se uno Stato membro ha scelto di istituire due procedure distinte e successive per l’esame della domanda di asilo e della domanda di protezione sussidiaria, rileva che, alla luce del carattere fondamentale da esso rivestito, il diritto dell’interessato ad essere sentito sia pienamente garantito nell’ambito di ciascuna di tali due procedure.

92

Peraltro, tale interpretazione è a maggior ragione giustificata in un caso come quello del procedimento principale in cui, secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio stesso, l’autorità nazionale competente ha motivato la sua decisione di rigetto della domanda di protezione sussidiaria limitandosi a riferirsi in ampia misura ai motivi già invocati dalla stessa autorità a sostegno del rigetto della domanda di asilo, mentre, secondo la direttiva 2004/83, non sono gli stessi i requisiti che devono essere soddisfatti per il riconoscimento dello status di rifugiato e per il beneficio dello status di protezione sussidiaria, essendo peraltro diversa la natura dei diritti inerenti a tali status.

93

Occorre aggiungere che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, gli Stati membri sono tenuti non solo a interpretare il loro diritto nazionale conformemente al diritto dell’Unione, ma anche a fare in modo di non basarsi su un’interpretazione che entri in conflitto con i diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione o con gli altri principi generali del diritto dell’Unione (v. sentenza del 21 dicembre 2011, N. S. e a., C-411/10 e C-493/10, Racc. pag. I-13905, punto 77).

94

È proprio in considerazione di tali elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione che spetta al giudice del rinvio accertare la conformità con i requisiti di tale diritto della procedura attuata nell’ambito dell’esame della domanda di protezione sussidiaria presentata dal sig. M. e, nel caso in cui constatasse una violazione del diritto di quest’ultimo ad essere sentito, di trarne tutte le debite conclusioni.

95

Alla luce di tutte le summenzionate considerazioni, occorre rispondere alla questione sottoposta dichiarando che:

l’obbligo di cooperazione dello Stato membro interessato con il richiedente asilo, come previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, secondo periodo, della direttiva 2004/83, non può essere interpretato nel senso che, nell’ipotesi in cui uno straniero richieda il beneficio dello status di protezione sussidiaria successivamente al diniego dello status di rifugiato e l’autorità nazionale competente intenda respingere anche questa seconda domanda, tale autorità debba a tal titolo, prima dell’adozione della sua decisione, informare l’interessato dell’esito negativo che prevede di riservare alla sua domanda nonché comunicargli gli argomenti sui quali essa intende basare il rigetto di quest’ultima, in modo da consentire a tale richiedente di far valere il suo punto di vista in proposito;

tuttavia, in un sistema come quello messo in atto dalla normativa nazionale oggetto del procedimento principale, caratterizzato dall’esistenza di due procedure distinte e successive ai fini dell’esame, rispettivamente, della domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato e della domanda di protezione sussidiaria, spetta al giudice del rinvio garantire il rispetto, nell’ambito di ciascuna di tali procedure, dei diritti fondamentali del richiedente e, più in particolare, del diritto ad essere sentito, nel senso che quest’ultimo deve poter esprimere utilmente le proprie osservazioni prima dell’adozione di qualsiasi decisione che neghi il beneficio della protezione richiesta. In un siffatto sistema, la circostanza che l’interessato sia già stato validamente sentito durante l’istruzione della sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato non implica che si possa eludere tale formalità nell’ambito della procedura relativa alla domanda di protezione sussidiaria.

Sulle spese

96

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

L’obbligo in capo allo Stato membro interessato di cooperare con il richiedente asilo, come previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, secondo periodo, della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, non può essere interpretato nel senso che, nell’ipotesi in cui uno straniero richieda il beneficio dello status di protezione sussidiaria successivamente al diniego dello status di rifugiato e l’autorità nazionale competente intenda respingere anche questa seconda domanda, tale autorità dovrebbe a tal titolo, prima dell’adozione della sua decisione, informare l’interessato dell’esito negativo che prevede di riservare alla sua domanda nonché comunicargli gli argomenti sui quali essa intende basare il rigetto di quest’ultima, in modo da consentire a tale richiedente di far valere il suo punto di vista in proposito.

 

Tuttavia, in un sistema come quello messo in atto dalla normativa nazionale oggetto del procedimento principale, caratterizzato dall’esistenza di due procedure distinte e successive ai fini dell’esame, rispettivamente, della domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato e della domanda di protezione sussidiaria, spetta al giudice del rinvio garantire il rispetto, nell’ambito di ciascuna di tali procedure, dei diritti fondamentali del richiedente e, più in particolare, del diritto ad essere sentito, nel senso che quest’ultimo deve poter esprimere utilmente le proprie osservazioni prima dell’adozione di qualsiasi decisione che neghi il beneficio della protezione richiesta. In un siffatto sistema, la circostanza che l’interessato sia già stato validamente sentito durante l’istruzione della sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato non implica che si possa eludere tale formalità nell’ambito della procedura relativa alla domanda di protezione sussidiaria.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.