CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 31 gennaio 2013 ( 1 )

Causa C-534/11

Mehmet Arslan

contro

Policie ČR, Krajské ředitelství policie Ústeckého kraje, odbor cizinecké policie

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Nejvyšší správní soud (Repubblica ceca)]

«Cittadino di un paese terzo — Soggiorno irregolare — Trattenimento ai fini del riaccompagnamento alla frontiera — Direttiva 2008/115/CE — Domanda di protezione internazionale — Direttiva 2005/85/CE — Direttiva 2003/9/CE — Abuso di diritto»

I – Introduzione

1.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, depositata presso la cancelleria della Corte il 20 ottobre 2011, verte in particolare sull’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, in combinato disposto con il considerando 9 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare ( 2 ) (in prosieguo: la «direttiva “rimpatrio”»), e sull’applicazione di tali disposizioni congiuntamente alla direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato ( 3 ).

2.

Il presente rinvio pregiudiziale s’inserisce nell’ambito di una controversia che contrappone il sig. Arslan, cittadino turco, alla Policie ČR, Krajské ředitelství policie Ústeckého kraje, odbor cizinecké policie (polizia della Repubblica ceca, direzione regionale della regione di Ústí, dipartimento di polizia degli stranieri; in prosieguo: la «resistente nel procedimento principale»). Il sig. Arslan è entrato e ha soggiornato nel territorio della Repubblica ceca senza la necessaria autorizzazione. La resistente nel procedimento principale ne ha disposto il trattenimento per un periodo di 60 giorni ai fini del suo allontanamento amministrativo. Il sig. Arslan ha proposto ricorso dinanzi ai giudici cechi contro la decisione adottata dalla resistente nel procedimento principale di prorogarne il trattenimento per un ulteriore periodo di 120 giorni. Egli sostiene che, alla data della decisione di proroga del suo trattenimento, non esisteva più alcuna prospettiva ragionevole che il suo allontanamento potesse essere effettuato prima della scadenza del periodo massimo di trattenimento previsto dalla legge nazionale, vale a dire 180 giorni. Infatti, a suo parere, tale termine sarebbe necessariamente scaduto conseguentemente alla sua domanda di protezione internazionale (in prosieguo: la «domanda di asilo») ( 4 ) e in quanto egli intendeva avvalersi di tutti i mezzi procedurali e giurisdizionali esperibili nel contesto di quest’ultima domanda.

3.

Il giudice del rinvio si interroga, in primo luogo, sull’applicabilità della direttiva «rimpatrio» al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare e che abbia presentato una domanda di asilo ai sensi della direttiva 2005/85 e, in secondo luogo, sulla questione se siffatta domanda debba comportare la cessazione del suo trattenimento ai fini dell’allontanamento in base alla direttiva «rimpatrio».

4.

Con tali questioni sullo sfondo, il rinvio pregiudiziale solleva il problema dell’eventuale strumentalizzazione delle disposizioni in materia di asilo al fine di rendere inefficace l’applicazione della direttiva «rimpatrio».

II – Il contesto normativo

A – Il diritto dell’Unione

1. Direttiva «rimpatrio»

5.

Il considerando 9 della direttiva «rimpatrio» enuncia quanto segue:

«In conformità della direttiva [2005/85], il soggiorno di un cittadino di un paese terzo che abbia chiesto asilo in uno Stato membro non dovrebbe essere considerato irregolare nel territorio di tale Stato membro finché non sia entrata in vigore una decisione negativa in merito alla sua domanda d’asilo o una decisione che pone fine al suo diritto di soggiorno quale richiedente asilo».

6.

L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva «rimpatrio» così dispone:

«La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare».

7.

L’articolo 3, punto 2, della direttiva «rimpatrio» definisce il «soggiorno irregolare» come «la presenza nel territorio di uno Stato membro di un cittadino di un paese terzo che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni d’ingresso (…), di soggiorno o di residenza in tale Stato membro».

8.

Ai sensi dell’articolo 5 della direttiva «rimpatrio», gli Stati membri rispettano il principio di «non-refoulement» (non respingimento) sancito dall’articolo 33 della Convenzione di Ginevra ( 5 ), anche nell’attuazione di tale direttiva.

9.

Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «rimpatrio»«[g]li Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare (…)».

10.

L’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva «rimpatrio» dispone che gli Stati membri rinviano l’allontanamento qualora violi il principio di «non-refoulement».

11.

L’articolo 15 della direttiva «rimpatrio» enuncia quanto segue:

«1.   Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, in particolare quando:

a)

sussiste un rischio di fuga o

b)

il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento.

Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.

(...)

4.   Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata.

5.   Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l’allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi.

6.   Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa:

a)

della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o

b)

dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi».

2. La direttiva 2005/85

12.

La direttiva 2005/85 stabilisce norme minime per le procedure ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. Essa disciplina essenzialmente la presentazione delle domande di asilo, la procedura di esame di tali domande nonché i diritti e gli obblighi dei richiedenti asilo durante tutta la durata di tale procedura.

13.

L’articolo 7 della direttiva 2005/85 così prevede:

«1.   I richiedenti sono autorizzati a rimanere nello Stato membro, ai fini esclusivi della procedura, fintantoché l’autorità accertante non abbia preso una decisione secondo le procedure di primo grado di cui al capo III. Il diritto a rimanere non dà diritto a un titolo di soggiorno.

2.   Gli Stati membri possono derogare a questa disposizione solo se, a norma degli articoli 32 e 34, non sarà dato seguito a una domanda reiterata o se essi intendono consegnare o estradare, ove opportuno, una persona in altro Stato membro in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto europeo o altro, o in un paese terzo, o presso una corte o un tribunale penale internazionale».

14.

L’articolo 18 della direttiva 2005/85 così dispone:

«1.   Gli Stati membri non trattengono in arresto una persona per il solo motivo che si tratta di un richiedente asilo.

2.   Qualora un richiedente asilo sia trattenuto in arresto, gli Stati membri provvedono affinché sia possibile un rapido sindacato giurisdizionale».

15.

L’articolo 23, paragrafo 4, della direttiva 2005/85 prevede quanto segue:

«Gli Stati membri possono altresì prevedere che una procedura d’esame sia valutata in via prioritaria o accelerata (…) se:

(...)

g)

il richiedente ha rilasciato dichiarazioni incoerenti, contraddittorie, improbabili o insufficienti, che rendono chiaramente non convincente la sua asserzione di essere stato oggetto di persecuzione di cui alla direttiva 2004/83/CE [ ( 6 )], o

(…)

j)

il richiedente presenta la domanda al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di una decisione anteriore o imminente che ne comporterebbe l’allontanamento;

(…)

l)

il richiedente è entrato illegalmente nel territorio dello Stato membro o vi ha prolungato illegalmente il soggiorno e, senza un valido motivo, non si è presentato alle autorità e/o non ha presentato la domanda di asilo quanto prima possibile rispetto alle circostanze del suo ingresso (…)».

3. La direttiva 2003/9

16.

L’articolo 7 della direttiva 2003/9 così dispone:

«1.   I richiedenti asilo possono circolare liberamente nel territorio dello Stato membro ospitante o nell’area loro assegnata da tale Stato membro. L’area assegnata non pregiudica la sfera inalienabile della vita privata e permette un campo d’azione sufficiente a garantire l’accesso a tutti i benefici della presente direttiva.

2.   Gli Stati membri possono stabilire un luogo di residenza per il richiedente asilo, per motivi di pubblico interesse, ordine pubblico o, ove necessario, per il trattamento rapido e il controllo efficace della domanda.

3.   Ove risultasse necessario, ad esempio per motivi legali o di ordine pubblico, gli Stati membri possono confinare il richiedente asilo in un determinato luogo nel rispetto della legislazione nazionale.

(…)».

B – Il diritto ceco

17.

La direttiva «rimpatrio» è stata recepita nel diritto ceco sostanzialmente con una modifica della legge n. 326/1999 relativa al soggiorno degli stranieri nel territorio della Repubblica ceca (in prosieguo: la «legge relativa al soggiorno degli stranieri»).

18.

Ai sensi dell’articolo 124, paragrafo 1, di detta legge, la polizia «può trattenere uno straniero di età superiore ai 15 anni cui sia stata notificata la comunicazione dell’avvio di un procedimento di allontanamento amministrativo, nei confronti del quale sia stato già deciso in modo definitivo l’allontanamento amministrativo o al quale sia stato imposto da un altro Stato membro dell’Unione europea un divieto di ingresso valido per il territorio degli Stati membri dell’Unione europea e quando l’emanazione di un provvedimento specifico per la partenza volontaria dal paese non sia sufficiente» laddove sia nel contempo soddisfatta almeno una delle condizioni di cui alle lettere b) ed e) di detta disposizione, ossia che «sussiste un rischio che lo straniero possa ostacolare o impedire l’esecuzione della decisione di allontanamento amministrativo» e che «lo straniero è registrato nel sistema di informazioni degli Stati contraenti».

19.

Secondo l’articolo 125, paragrafo 1, della legge relativa al soggiorno degli stranieri, il periodo di trattenimento degli stranieri non può, in linea di principio ( 7 ), superare i 180 giorni.

20.

L’articolo 127 della legge relativa al soggiorno degli stranieri dispone quanto segue:

«1.   Deve essere posto termine al trattenimento, senza indebito ritardo,

a)

all’estinguersi del motivo per il trattenimento;

(…)

d)

se allo straniero è stato concesso l’asilo o una protezione sussidiaria; o

e)

se allo straniero è stato rilasciato un permesso di soggiorno di lunga durata ai fini della sua protezione sul territorio.

2.   La presentazione di una domanda per la concessione della protezione internazionale durante il trattenimento non è una ragione per porre fine a quest’ultimo».

21.

La direttiva 2005/85 è stata recepita nel diritto ceco sostanzialmente con una modifica della legge n. 325/1999 sull’asilo. L’articolo 85a di tale legge così prevede:

«1)

La dichiarazione ai fini della protezione internazionale pone termine alla validità del visto di lunga durata o del permesso di soggiorno di lunga durata concesso in applicazione della specifica normativa applicabile.

2)

Un’eventuale dichiarazione ai fini della protezione internazionale o un’eventuale domanda di protezione internazionale non hanno effetti sullo status giuridico dello straniero derivante dal suo trattenimento in un centro di permanenza temporanea (articolo 10).

3)

Lo straniero che abbia reso una dichiarazione ai fini di una protezione internazionale o abbia presentato una domanda di protezione internazionale ha l’obbligo di rimanere presso il centro di permanenza temporanea, fatto salvo il rispetto delle condizioni previste dalla specifica normativa applicabile».

III – Controversia principale e questioni pregiudiziali

22.

Il 1o febbraio 2011, il sig. Arslan veniva fermato da una pattuglia della polizia ceca e trattenuto. Il 2 febbraio 2011 veniva adottata nei suoi confronti una decisione di allontanamento amministrativo. Con decisione dell’8 febbraio 2011, il periodo di trattenimento del sig. Arslan veniva prolungato a 60 giorni a motivo del fatto che, in particolare, tenuto conto della sua condotta in passato, si poteva presumere che egli avrebbe tentato di eludere la decisione di allontanamento. La decisione esponeva che il sig. Arslan, possessore di una carta di identità della Repubblica di Turchia, era entrato clandestinamente nello Spazio Schengen e aveva poi soggiornato in Austria e successivamente nella Repubblica ceca senza documenti di viaggio né visto. Inoltre, tale decisione rilevava che il sig. Arslan era già stato fermato nel 2009 in territorio greco, risultando in possesso di un passaporto falso, era stato rimpatriato ed era stato inserito nel sistema di informazioni di Schengen come persona alla quale era vietato l’ingresso nello Spazio Schengen dal 26 gennaio 2010 al 26 gennaio 2013.

23.

L’8 febbraio 2011, ossia sette giorni dopo l’inizio del suo trattenimento e sei giorni dopo la decisione di allontanamento adottata nei suoi confronti, ma alla stessa data dell’adozione della decisione che ne prolungava a 60 giorni il periodo di trattenimento, il sig. Arslan presentava una domanda di asilo alle autorità ceche.

24.

Il 25 marzo 2011 il trattenimento del sig. Arslan veniva prorogato di 120 giorni mediante decisione della resistente nel procedimento principale con la motivazione che tale proroga era necessaria al fine di proseguire i preparativi per l’esecuzione della decisione di allontanamento dell’interessato, giacché la decisione di allontanamento amministrativo non poteva essere eseguita durante il periodo di esame della sua domanda di asilo. Secondo la decisione del 25 marzo 2011, la domanda di asilo era stata presentata dal sig. Arslan al fine di rendere più difficile l’esecuzione della decisione di allontanamento. Tale decisione rilevava peraltro che, fino ad allora, l’ambasciata di Turchia non aveva ancora fornito alcun documento di viaggio sostitutivo al sig. Arslan, il che impediva del pari l’esecuzione della decisione di allontanamento.

25.

Ricordo che il sig. Arslan ha proposto ricorso dinanzi al Krajský soud d’Ústí nad Labem (corte regionale d’Ústí nad Labem, Repubblica ceca) contro la decisione del 25 marzo 2011, sostenendo che al momento dell’adozione della stessa, tenuto conto della sua domanda di asilo, non esisteva più alcuna prospettiva ragionevole che la sua espulsione potesse essere eseguita entro il termine massimo di trattenimento di 180 giorni previsto dalla legge relativa al soggiorno degli stranieri. Il sig. Arslan esprimeva peraltro l’intenzione, in caso di rigetto della sua domanda di asilo da parte del Ministero dell’Interno, di impugnare la decisione di tale Ministero con un ricorso al quale la legge attribuisce efficacia sospensiva. Inoltre, egli evocava la possibilità, in caso di rigetto di detto ricorso, di proporre ricorso per cassazione dinanzi al Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa), parimenti dotato di efficacia sospensiva.

26.

Tenuto conto della durata abituale dei procedimenti giudiziari in questo tipo di casi, il sig. Arslan riteneva irrealistico che la decisione di allontanamento amministrativo potesse essere eseguita entro detto termine di 180 giorni. Pertanto, la decisione di proroga del 25 marzo 2011 sarebbe stata in contrasto con l’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva «rimpatrio» nonché con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 5, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ( 8 ), firmata a Roma il 4 novembre 1950.

27.

Secondo il sig. Arslan, la decisione controversa era illegittima non a causa di un’incompatibilità con il diritto di asilo, bensì in quanto non sussisteva un presupposto essenziale del suo trattenimento, vale a dire una prospettiva ragionevole di allontanamento prima della scadenza del termine massimo di trattenimento.

28.

Il Krajský soud respingeva il ricorso con sentenza del 27 aprile 2011, dichiarando che gli argomenti del sig. Arslan «erano puramente strumentali e ipotetici», in quanto non si poteva escludere che la procedura di asilo, inclusi gli eventuali procedimenti giurisdizionali ad essa connessi, si concludesse entro il termine fissato dalla decisione del 25 marzo 2011. Il sig. Arslan proponeva ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio facendo leva, in sostanza, sui medesimi argomenti addotti in primo grado.

29.

Con decisione del 12 aprile 2011, il Ministero dell’Interno ceco respingeva la domanda di asilo del sig. Arslan. Quest’ultimo proponeva ricorso contro tale decisione.

30.

Il 27 luglio 2011, ossia praticamente alla scadenza del termine fissato dalla decisione impugnata dal sig. Arslan, le autorità ceche ponevano fine al trattenimento del sig. Arslan «in quanto erano cessati i motivi per il suo trattenimento» ( 9 ).

31.

Il giudice del rinvio si domanda se non occorra interpretare l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva «rimpatrio» nel senso che il trattenimento dello straniero ai fini del rimpatrio debba essere fatto cessare qualora egli abbia presentato domanda di asilo e non sussistano altre ragioni per il perdurare del trattenimento oltre a quella di preparare il rimpatrio e/o di procedere all’allontanamento ( 10 ). Il giudice del rinvio propende per la soluzione affermativa, ritenendo che il trattenimento possa proseguire solo qualora venga adottata una nuova decisione di trattenimento, basata però non sulla direttiva «rimpatrio», bensì su un’altra disposizione che autorizzi specificamente il trattenimento del richiedente asilo. Ciò nondimeno, sempre secondo il giudice del rinvio, tale conclusione potrebbe incoraggiare il ricorso abusivo alle procedure d’asilo.

32.

Il giudice del rinvio osserva altresì che il legislatore ceco non condivide affatto tale interpretazione, né peraltro quella sostenuta dall’avvocato generale Mazák nella sua presa di posizione relativa alla causa, Kadzoev ( 11 ).

33.

Tutto ciò considerato, il Nejvyšší správní soud ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.

Se l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva [2008/115], in combinato disposto con il considerando 9 della stessa, debba essere interpretato nel senso che tale direttiva non si applica al cittadino di un paese terzo che ha presentato domanda di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2005/85].

2.

Nell’ipotesi di risposta affermativa alla prima questione, se il trattenimento dello straniero a fini del rimpatrio debba essere fatto cessare qualora egli presenti domanda di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2005/85] e non sussistano altre ragioni per il perdurare del trattenimento».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

34.

Nella sua decisione di rinvio, il Nejvyšší správní soud ha chiesto alla Corte di sottoporre la causa a procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 104 bis, primo comma, del regolamento di procedura della Corte applicabile all’epoca dei fatti del procedimento principale. Il giudice a quo ha spiegato in particolare che, sebbene il trattenimento del ricorrente fosse cessato il 27 luglio 2011, era comunque opportuno sottoporre la presente causa a procedimento accelerato, considerata l’esistenza di un considerevole numero di casi analoghi nei quali perdurava il trattenimento di stranieri o di casi di trattenimento che certamente si sarebbero presentati in futuro.

35.

Con ordinanza del presidente della Corte del 10 gennaio 2012, tale domanda è stata respinta.

36.

Hanno presentato osservazioni scritte i governi ceco, tedesco, francese, slovacco e svizzero, nonché la Commissione europea. I governi ceco, tedesco, francese e la Commissione hanno svolto osservazioni orali all’udienza che si è tenuta il 7 novembre 2012.

V – Analisi

A – Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

37.

Il governo francese esprime dubbi in ordine alla ricevibilità della prima questione sollevata dal giudice nazionale, in quanto dalla decisione di rinvio non risulta che il sig. Arslan abbia contestato l’applicabilità della direttiva «rimpatrio» adducendo che egli aveva presentato una domanda di asilo. Sembrerebbe piuttosto che la questione da esaminare sia se, qualora detta direttiva venga applicata ad un richiedente asilo, perduri il presupposto per mantenerne il trattenimento, vale a dire l’esistenza di una prospettiva ragionevole di allontanamento. Il governo francese considera che non appare manifesto che la prima questione sia necessaria al giudice del rinvio per consentirgli di risolvere la controversia. Pertanto, tale prima questione sarebbe di natura ipotetica.

38.

Secondo costante giurisprudenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sull’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, la Corte è in linea di principio tenuta a pronunciarsi ( 12 ). Tuttavia, la Corte non può statuire su una questione pregiudiziale qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione di una norma dell’Unione, chiesta da un giudice nazionale, non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della controversia, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica e la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte ( 13 ).

39.

Il compito affidato alla Corte nell’ambito del procedimento pregiudiziale consiste, infatti, nel contribuire all’amministrazione della giustizia negli Stati membri, e non nell’esprimere pareri consultivi su questioni generali o ipotetiche ( 14 ).

40.

Come rileva il governo francese, ritengo che la prima questione pregiudiziale sia ipotetica, dato che la soluzione della controversia principale non dipende dalla risposta della Corte a detta questione.

41.

A tal riguardo, dalla decisione di rinvio risulta chiaramente che il sig. Arslan non contesta affatto la motivazione della decisione di procedere al suo allontanamento amministrativo e di trattenerlo a tale scopo. Egli invoca solo il fatto che, alla data della decisione di proroga del suo trattenimento, sussisteva già, e a prescindere dalla sua qualità di richiedente asilo, il motivo che impone di porre fine a tale trattenimento, poiché non vi era più alcuna prospettiva ragionevole di dare esecuzione alla decisione di allontanamento prima della scadenza del termine massimo di trattenimento previsto dalla legislazione nazionale. Rilevo che, secondo la decisione di rinvio, il sig. Arslan ha anche sostenuto dinanzi ai giudici nazionali che le disposizioni nazionali dovevano essere interpretate alla luce del solo articolo 15 (paragrafi 1 e 4) della direttiva «rimpatrio».

42.

Inoltre, dalla decisione di rinvio depositata presso la cancelleria della Corte il 20 ottobre 2011 si evince altresì che, a tale data, il trattenimento del sig. Arslan era già terminato «in quanto [erano] cessati i motivi per il trattenimento». Si deve peraltro rilevare che il 27 luglio 2011, data in cui è cessato il trattenimento del sig. Arslan, era praticamente scaduto il periodo massimo di trattenimento di 180 giorni ai sensi dell’articolo 125, paragrafo 1, della legge relativa al soggiorno degli stranieri.

43.

Oltre a ciò, dagli atti e dall’udienza risulta che il sig. Arslan è immediatamente fuggito ed è scomparso dopo la revoca del suo trattenimento in data 27 luglio 2011. Peraltro, egli non ha partecipato al presente procedimento pregiudiziale.

44.

Atteso che la controversia dinanzi al giudice del rinvio verte su un ricorso contro la decisione della resistente nel procedimento principale del 25 marzo 2011 di prorogare il trattenimento del sig. Arslan e che, alla luce dei fatti esposti ai punti 42 e 43 delle presenti conclusioni, il suo trattenimento è cessato, ritengo che la risposta alle questioni pregiudiziali non consentirebbe di elaborare elementi di interpretazione del diritto dell’Unione che il giudice del rinvio possa utilmente applicare per porre termine, in base a tale diritto, alla controversia dinanzi a sé ( 15 ). La mia opinione è corroborata dal fatto che detto giudice ha giustificato la propria domanda di procedimento accelerato con l’esistenza o l’imminenza di un numero considerevole di casi analoghi.

45.

Pertanto, ritengo che le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio siano irricevibili.

46.

Tuttavia, nell’ipotesi in cui la Corte decidesse di rispondere a tali questioni, sottopongo alla Corte le seguenti conclusioni sul merito di dette questioni.

B – Sul merito delle questioni pregiudiziali

1. Argomenti delle parti

47.

Il governo ceco considera che, sebbene la Corte abbia dichiarato nella citata sentenza Kadzoev che il trattenimento ai fini dell’allontanamento e le misure di trattenimento disposte nei confronti di un richiedente asilo rientrano in sistemi giuridici distinti, tuttavia detta sentenza non esclude che una persona trattenuta nell’ambito del regime della direttiva «rimpatrio» venga trattenuta nell’ambito del medesimo sistema successivamente alla presentazione di una domanda di asilo.

48.

Poiché il trattenimento di uno straniero ai fini dell’allontanamento deve essere giustificato da gravi motivi, il governo ceco ritiene che la finalità della direttiva «rimpatrio» sarebbe gravemente compromessa qualora detta persona potesse sottrarsi al regime della menzionata direttiva e al trattenimento disposto in applicazione della stessa semplicemente presentando una domanda di asilo. In un caso del genere, la presentazione di una domanda di asilo equivarrebbe ad una «formula magica» grazie alla quale una persona trattenuta nell’ambito del sistema della direttiva «rimpatrio» potrebbe facilmente «aprire le porte» del trattenimento.

49.

La Repubblica ceca considera che le persone trattenute in applicazione della direttiva «rimpatrio» dovrebbero continuare a rientrare nel campo di applicazione di detta direttiva anche dopo la presentazione di una domanda di asilo. Ciò non impedirebbe di applicare a tali persone anche le disposizioni sostanziali e procedurali applicabili ai richiedenti asilo.

50.

Il governo tedesco ritiene che dagli articoli 2, paragrafo 1, e 3, paragrafo 2, della direttiva «rimpatrio» nonché dal considerando 9 della stessa risulti che tale direttiva non è applicabile ai cittadini di paesi terzi che abbiano presentato una domanda di asilo, per l’intera durata della relativa procedura. Infatti, secondo il governo tedesco, un cittadino di un paese terzo che abbia presentato una domanda di protezione ai sensi della direttiva 2005/85 è autorizzato a soggiornare nello Stato membro in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva.

51.

Secondo il governo tedesco, spetta agli Stati membri stabilire le condizioni cui è subordinato il trattenimento del richiedente asilo. Esso ritiene che l’articolo 18 della direttiva 2005/85 non osti al trattenimento di un cittadino di un paese terzo e che anche gli articoli 2, lettera k), 6, paragrafo 2, 13, paragrafo 2, e 14, paragrafo 8, della direttiva 2003/9 presuppongano che il richiedente asilo possa essere trattenuto.

52.

Il governo tedesco considera che l’efficacia della procedura di rimpatrio implica, in alcuni casi, che il trattenimento dei cittadini di paesi terzi ai fini del loro rimpatrio o del loro allontanamento possa essere mantenuto anche laddove essi presentino una domanda di asilo durante il loro trattenimento. Secondo tale governo, si incoraggerebbe la presentazione di domande di asilo abusive qualora tali domande comportassero obbligatoriamente la liberazione del cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare. Il governo tedesco rileva che l’articolo 15 della direttiva «rimpatrio» autorizza il trattenimento, ai fini del rimpatrio o dell’allontanamento, solo a condizioni rigorose, ossia praticamente quale ultima ratio della procedura di rimpatrio.

53.

Il governo slovacco considera che lo scopo della direttiva «rimpatrio» verrebbe compromesso qualora non fosse possibile opporsi alla fuga di una persona il cui soggiorno è irregolare trattenendola per motivi indicati nella direttiva «rimpatrio» e sul fondamento della stessa anche dopo la presentazione di una domanda di asilo. Secondo tale governo, ciò potrebbe giustificare il fatto di mantenere il trattenimento di un cittadino di un paese terzo nell’ambito del sistema della direttiva «rimpatrio» successivamente alla presentazione di una domanda di asilo. Anche qualora tale conclusione non fosse applicabile, la Repubblica slovacca ritiene necessario che le autorità competenti dispongano, dopo la presentazione di una domanda di asilo durante il trattenimento ai fini del rimpatrio, di un termine adeguato per valutare la possibilità di trattenere l’interessato sulla base delle direttive in materia di asilo e del diritto interno.

54.

Il governo francese considera che spetta al legislatore dell’Unione assicurare il giusto equilibrio tra il rispetto del principio di «non-refoulement» e gli obiettivi di prevenzione e di lotta intensificata all’immigrazione illegale.

55.

Il governo francese ritiene che il principio di «non-refoulement» venga attuato anche dalla direttiva «rimpatrio», in particolare dal suo articolo 2, interpretato alla luce del considerando 9. Tuttavia, detto governo è del parere che l’articolo 2 della direttiva «rimpatrio», letto alla luce del complesso di tale direttiva, nonché delle direttive 2003/9 e 2005/85, debba essere interpretato nel senso che la direttiva«rimpatrio» è applicabile a cittadini di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare e che abbiano presentato una domanda di asilo, purché siano rispettate le garanzie offerte dal regime di asilo nazionale conformemente alle direttive 2003/9 e 2005/85 e, qualora lo esiga il rispetto del principio di «non-refoulement», l’esecuzione della decisione di allontanamento venga rinviata. Inoltre, il trattenimento del richiedente asilo o il mantenimento dello stesso sarebbero subordinati, da un lato, al rispetto del principio di proporzionalità, alla luce dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva «rimpatrio» e, dall’altro, all’esistenza di una prospettiva ragionevole di allontanamento, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, della medesima direttiva.

56.

Il governo svizzero e la Commissione considerano che, in virtù dell’articolo 2, paragrafo 1, e del considerando 9 della direttiva «rimpatrio», un richiedente asilo non rientra più nell’ambito di applicazione di tale direttiva fino alla decisione negativa definitiva sulla sua domanda di asilo. Il governo svizzero e la Commissione rilevano che, qualora un cittadino di un paese terzo trattenuto sul fondamento della direttiva «rimpatrio» presenti una domanda di asilo, occorre porre fine al trattenimento disposto sulla base di detta direttiva.

57.

Secondo la Commissione, lo status giuridico dell’interessato, in quanto richiedente asilo, è quindi disciplinato essenzialmente dalle direttive 2003/9 e 2005/85. Pertanto, un richiedente asilo potrebbe essere trattenuto solo in forza di tali direttive. Essa ritiene, inoltre, che il trattenimento dell’interessato in quanto richiedente asilo possa proseguire solo a condizione che venga adottata una nuova decisione di trattenimento, fondata sulle disposizioni della normativa in materia di asilo che autorizzano il trattenimento dei richiedenti.

2. Analisi

58.

Prima di rispondere alle questioni sollevate dal giudice del rinvio, occorre sottolineare, preliminarmente, che il principio guida di «non-refoulement» sancito dall’articolo 33 della Convenzione di Ginevra si applica non solo alla direttiva 2005/85, ma anche alla direttiva «rimpatrio».

59.

Sebbene il legislatore dell’Unione abbia adottato la direttiva «rimpatrio» al fine di dare attuazione ad una politica di contrasto dell’immigrazione illegale, e il rimpatrio costituisca un elemento indispensabile di una politica migratoria correttamente gestita ( 16 ), la legittimità della prassi degli Stati membri in materia di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare viene riconosciuta solo a condizione che sia rispettato il regime dell’asilo e in particolare il principio di «non-refoulement» ( 17 ). Infatti, secondo l’articolo 5 della direttiva «rimpatrio», nell’applicazione di tale direttiva gli Stati membri devono rispettare il principio di «non-refoulement». Inoltre, ai sensi dell’articolo 9 della direttiva «rimpatrio», gli Stati membri devono rinviare l’allontanamento, in particolare, qualora violi il principio di «non-refoulement» ( 18 ).

60.

Quanto al trattenimento in applicazione dell’articolo 15 della direttiva «rimpatrio», dal testo di tale disposizione risulta che il trattenimento ha carattere eccezionale e di extrema ratio. Esso può essere disposto solo qualora altre misure meno coercitive risultino inadeguate e perdurino determinate condizioni molto restrittive ( 19 ). A tal riguardo, il cittadino di un paese terzo può essere trattenuto solo se «è sottoposto a procedure di rimpatrio (…) per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento» e se sussiste «un rischio di fuga», o se egli «evita od ostacola la preparazione del rimpatrio» o la corretta esecuzione «dell’allontanamento». Il trattenimento dell’interessato deve quindi avere una durata quanto più breve possibile e può essere mantenuto solo per il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio ( 20 ). Il trattenimento deve essere disposto per iscritto dalle autorità amministrative o giudiziarie e deve essere motivato in fatto e in diritto. Quando non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento prima della scadenza del termine massimo di trattenimento, quest’ultimo non è più giustificato e l’interessato deve essere immediatamente rilasciato ( 21 ).

a) Sulla prima questione

61.

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, sostanzialmente, se la direttiva «rimpatrio» sia ancora applicabile ad un cittadino di un paese terzo che abbia presentato una domanda di asilo.

62.

In base al tenore letterale dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva «rimpatrio», tale direttiva si applica solo ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare. L’articolo 3, punto 2, della direttiva «rimpatrio» definisce il «soggiorno irregolare» come la presenza nel territorio di uno Stato membro di un cittadino di un paese terzo che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza in tale Stato membro. Orbene, dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2005/85, nonché dal considerando 13 della stessa risulta che un richiedente asilo ha il diritto di rimanere nello Stato membro in attesa dell’esame della sua domanda, pur senza avere diritto ad un titolo di soggiorno.

63.

Se è vero che tale diritto a rimanere è previsto all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2005/85 soltanto «ai fini esclusivi della procedura», resta il fatto che tale diritto può essere limitato dagli Stati membri solo alle condizioni molto restrittive di cui al paragrafo 2.

64.

L’intento del legislatore dell’Unione di sottrarre, almeno temporaneamente, un richiedente asilo all’applicazione della direttiva «rimpatrio» risulta altrettanto chiaramente dal considerando 9 della direttiva «rimpatrio», secondo il quale il soggiorno di un cittadino di un paese terzo che abbia chiesto asilo in uno Stato membro non dovrebbe essere considerato irregolare nel territorio di tale Stato membro finché non sia entrata in vigore una decisione negativa in merito alla sua domanda d’asilo o una decisione che pone fine al suo diritto di soggiorno quale richiedente asilo ( 22 ). Pertanto, la situazione di un cittadino di un paese terzo che abbia presentato una domanda di asilo è disciplinata, in linea di principio, solo dal contesto normativo relativo al diritto di asilo ( 23 ).

65.

Tuttavia, e fatto salvo il rispetto del principio guida di «non-refoulement», degli obblighi derivanti dalla Convenzione di Ginevra e più in generale dei diritti fondamentali ( 24 ), ritengo che la mia posizione dovrà essere mitigata laddove sussistano indizi chiari e concordanti di strumentalizzazione del contesto normativo in materia di concessione dell’asilo con lo scopo di rendere inefficace l’applicazione della direttiva «rimpatrio», al punto da determinare un abuso del diritto di asilo ( 25 ).

66.

Questo punto sarà esaminato nell’ambito della risposta alla seconda questione pregiudiziale.

67.

Alla luce di quanto precede, sono dell’avviso che la Corte dovrebbe rispondere alla prima questione che, salvo in caso di abuso di diritto, la direttiva «rimpatrio» non è applicabile ad un cittadino di un paese terzo che abbia presentato una domanda di asilo fintantoché sia in corso la procedura relativa a tale domanda.

b) Sulla seconda questione

68.

Con la seconda questione, alla quale devo rispondere in considerazione del fatto che la mia risposta alla prima questione è, in linea di principio, affermativa, il giudice del rinvio chiede se, pertanto, il trattenimento di un cittadino di un paese terzo ai fini del rimpatrio debba essere fatto cessare qualora egli presenti una domanda di asilo e non sussistano altre ragioni per il perdurare del trattenimento ( 26 ).

69.

Ritengo che discenda direttamente dalla mia risposta alla prima questione che, in mancanza di abuso di diritto, il trattenimento di un cittadino di un paese terzo in applicazione della direttiva «rimpatrio» debba essere fatto cessare qualora egli presenti una domanda di asilo, e ciò fintantoché sia ancora in corso la procedura relativa a detta domanda. La direttiva «rimpatrio» non è più applicabile, quanto meno temporaneamente, in un caso del genere. Inoltre, dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/9 si evince che i richiedenti asilo, in linea di principio, possono circolare liberamente nel territorio dello Stato membro ospitante o all’interno di un’area loro assegnata da detto Stato membro.

70.

Prima di esaminare la questione dell’abuso di diritto, si pone il problema se un cittadino di un paese terzo che ha presentato una domanda di asilo possa essere trattenuto in forza di altre norme giuridiche, vale a dire della normativa in materia di asilo.

71.

Se pure è vero che, in linea di principio, la situazione dell’interessato non è più disciplinata dalla direttiva «rimpatrio», bensì dalle disposizioni in materia di asilo, dall’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2003/9 risulta che gli Stati membri possono confinare il richiedente asilo in un determinato luogo nel rispetto della legislazione nazionale ove ciò risulti necessario, ad esempio per motivi legali o di ordine pubblico ( 27 ). È evidente che la menzionata disposizione non impone agli Stati membri di adottare norme nazionali relative al trattenimento dei richiedenti asilo, ma lascia loro tale possibilità. Inoltre, nonostante il generico riferimento ai «motivi legali o di ordine pubblico», le specifiche condizioni per il trattenimento dei richiedenti asilo non sono state armonizzate.

72.

Ne consegue che il richiedente asilo può essere trattenuto solo se il diritto nazionale in materia di asilo contempla tale possibilità ( 28 ) e ne definisce i presupposti. Ciò premesso, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2005/85, gli Stati membri non possono trattenere in arresto una persona per il solo motivo che si tratta di un richiedente asilo e, conformemente al paragrafo 2 del medesimo articolo, qualora un richiedente asilo sia trattenuto in arresto, gli Stati membri devono provvedere affinché sia possibile un rapido sindacato giurisdizionale.

73.

Benché sia pacifico che il trattenimento ai fini dell’allontanamento disciplinato dalla direttiva «rimpatrio» ed il trattenimento disposto nei confronti di un richiedente asilo rientrano in sistemi giuridici distinti ( 29 ), ritengo che, per non rendere inefficaci le disposizioni nazionali adottate in conformità dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2003/9, e alla stregua del ragionamento svolto dalla Corte nella sentenza Achughbabian ( 30 ), le autorità nazionali debbano disporre di un breve termine, limitato allo stretto necessario, per adottare una decisione di trattenimento dell’interessato basata sulle disposizioni nazionali in materia di asilo ( 31 ), prima di far cessare il suo trattenimento in applicazione della direttiva «rimpatrio».

74.

Resta da esaminare la questione dell’eventuale abuso di diritto.

75.

Dalla giurisprudenza della Corte risulta che i soggetti di diritto non possono avvalersi in modo fraudolento o abusivo delle norme del diritto dell’Unione e che i giudici nazionali possono tener conto, caso per caso, basandosi su elementi obiettivi, del comportamento abusivo o fraudolento degli interessati per negare loro eventualmente la possibilità di fruire delle disposizioni di detto diritto. Tuttavia, nel valutare tale comportamento, detti giudici devono tener presente le finalità perseguite dalle disposizioni di diritto dell’Unione di cui trattasi ( 32 ).

76.

La constatazione che si tratta di una pratica abusiva richiede, da una parte, un insieme di circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito da detta normativa non è stato raggiunto. Essa richiede, d’altra parte, un elemento soggettivo che consiste nella volontà di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell’Unione mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento. Spetta al giudice nazionale stabilire l’esistenza dei due detti elementi, la cui prova può essere fornita conformemente alle norme del diritto nazionale, purché ciò non pregiudichi l’efficacia del diritto dell’Unione ( 33 ).

77.

Secondo il considerando 1 della direttiva 2005/85, la politica comune nel settore dell’asilo è stata ideata per coloro che, spinti dalle circostanze, cerchino «legittimamente» protezione nell’Unione ( 34 ). È chiaro che una semplice domanda di asilo presentata da un cittadino di un paese terzo trattenuto sulla base della direttiva «rimpatrio» non è idonea, di per sé, a far presumere un abuso del diritto d’asilo, e ciò nonostante il fatto che tale trattenimento abbia esso stesso carattere eccezionale e sia subordinato a condizioni molto restrittive ( 35 ). Poiché è in discussione la libertà ( 36 ) dell’interessato, occorre che i giudici nazionali esaminino scrupolosamente e in modo approfondito le circostanze individuali e specifiche di ciascun caso, per operare una distinzione tra l’«approfittare di una possibilità offerta dalla legge e un abuso dei diritti» ( 37 ).

78.

Per quanto riguarda tale esame, il giudice del rinvio potrebbe in particolare prendere in considerazione, nel presente caso, i seguenti elementi:

i precedenti ingressi irregolari effettuati del sig. Arslan nel territorio di vari Stati membri senza presentare alcuna domanda di asilo;

il fatto che l’interessato abbia chiaramente indicato che, chiedendo asilo, egli intendeva fare cessare il proprio trattenimento dimostrando che, qualora si fosse avvalso di tutti i ricorsi sospensivi offertigli dalla procedura d’asilo, il suo trattenimento avrebbe necessariamente superato il termine massimo autorizzato dal diritto nazionale, il che escludeva in partenza qualsiasi prospettiva ragionevole di portare a termine la procedura di allontanamento, e

il fatto che, in seguito alla sua liberazione, il sig. Arslan sia immediatamente scomparso e che, come può desumersi dalle osservazioni svolte in udienza dal governo ceco, egli non abbia proseguito la procedura di asilo.

79.

In caso di abuso del diritto di asilo, l’interessato può continuare ad essere trattenuto in forza della direttiva «rimpatrio» e i preparativi per il suo allontanamento possono essere proseguiti solo a rigide condizioni, ossia che l’allontanamento non venga eseguito prima della conclusione della procedura di asilo, che il principio di «non-refoulement» venga applicato in modo rigoroso e che la domanda di asilo sia esaminata e trattata secondo tutte le regole prescritte, in particolare dalla direttiva 2005/85, rispettando tutte le garanzie accordate in proposito ai richiedenti asilo. Ciò implica, altresì, che il mantenimento del trattenimento sulla base della direttiva «rimpatrio» deve rispettare tutte le garanzie contemplate dagli articoli 15-18 di tale direttiva, anche per quanto riguarda la durata massima del trattenimento ( 38 ).

80.

Rilevo altresì che gli Stati membri hanno la facoltà di applicare una procedura accelerata o prioritaria alle domande di asilo ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 4, della direttiva 2005/85, se sussistono determinati presupposti ( 39 ).

81.

Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di rispondere come segue alla seconda questione pregiudiziale:

il trattenimento di un cittadino di un paese terzo basato sulle disposizioni della direttiva «rimpatrio» deve essere fatto cessare qualora egli presenti una domanda di asilo e finché sia in corso la procedura relativa a tale domanda;

l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2003/9 consente ad uno Stato membro di prevedere, nella propria normativa interna in materia di asilo, la possibilità, a determinate condizioni, di confinare il richiedente asilo in un determinato luogo, ove risulti necessario, ad esempio, per motivi legali o di ordine pubblico. In tal caso, l’autorità nazionale dispone di un breve termine, limitato allo stretto necessario, per adottare una decisione di trattenimento in base alle disposizioni nazionali in materia di asilo, prima di porre termine al trattenimento dell’interessato in base alla direttiva «rimpatrio»;

in caso di abuso del diritto di asilo, vale a dire qualora sussistano indizi chiari e concordanti di strumentalizzazione della normativa in materia di concessione dell’asilo al fine di rendere inefficace l’applicazione della direttiva «rimpatrio», l’interessato può continuare ad essere trattenuto in forza di tale direttiva e possono essere proseguiti i preparativi del suo allontanamento, purché esso non venga eseguito prima della conclusione della procedura di asilo, il principio di «non-refoulement» venga applicato in modo rigoroso e la domanda di asilo venga esaminata e trattata conformemente a tutte le regole prescritte, in particolare dalla direttiva 2005/85, rispettando tutte le garanzie accordate in proposito ai richiedenti asilo. Ciò implica altresì che il mantenimento del trattenimento sulla base della direttiva «rimpatrio» deve rispettare tutte le garanzie contemplate dagli articoli 15-18 di tale direttiva, anche per quanto riguarda la durata massima del trattenimento.

VI – Conclusione

82.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Nejvyšší správní soud che:

ad eccezione dei casi di abuso di diritto, la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, non è applicabile ad un cittadino di un paese terzo che abbia presentato una domanda di asilo fintantoché sia in corso la procedura relativa a tale domanda. Il trattenimento di un cittadino di un paese terzo in base alle disposizioni della direttiva 2008/115 deve quindi essere fatto cessare qualora egli presenti una domanda di asilo e finché sia in corso la procedura relativa a tale domanda;

l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri, consente ad uno Stato membro di prevedere nella propria normativa interna in materia di asilo la possibilità, a determinate condizioni, di confinare il richiedente asilo in un determinato luogo, ove risulti necessario, ad esempio, per motivi legali o di ordine pubblico. In tal caso, l’autorità nazionale dispone di un breve termine, limitato allo stretto necessario, per adottare una decisione di trattenimento in base alle disposizioni nazionali in materia di asilo, prima di porre termine al trattenimento dell’interessato in base alla direttiva 2008/115, e

in caso di abuso del diritto di asilo, vale a dire qualora sussistano indizi chiari e concordanti di strumentalizzazione della normativa in materia di concessione dell’asilo al fine di rendere inefficace l’applicazione della direttiva 2008/115 l’interessato può continuare ad essere trattenuto in forza di tale direttiva e possono essere proseguiti i preparativi del suo allontanamento, purché esso non venga eseguito prima della conclusione della procedura di asilo, il principio di «non-refoulement» venga applicato in modo rigoroso e la domanda di asilo venga esaminata e trattata conformemente a tutte le regole prescritte, in particolare dalla direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, rispettando tutte le garanzie accordate in proposito ai richiedenti asilo. Ciò implica altresì che il mantenimento del trattenimento sulla base della direttiva 2008/115 deve rispettare tutte le garanzie contemplate dagli articoli 15-18 di tale direttiva, anche per quanto riguarda la durata massima del trattenimento.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU L 348, pag. 98.

( 3 ) GU L 326, pag. 13.

( 4 ) Secondo l’articolo 2, lettera b), della direttiva 2005/85, per «domanda» o «domanda di asilo» si intende «la domanda presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide che si può equiparare a una domanda di protezione internazionale ad uno Stato membro a norma della [convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, [Recueil des traités des Nations Unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], entrata in vigore il 22 aprile 1954. Tale convenzione è stata integrata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati del 31 gennaio 1967, entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la “Convenzione di Ginevra”)]. Tutte le domande di protezione internazionale sono considerate domande di asilo, salvo che la persona interessata richieda esplicitamente un altro tipo di protezione, che possa essere richiesta con domanda separata». Nelle presenti conclusioni, utilizzerò i termini «domanda di asilo» e «richiedente asilo». V. altresì articolo 2, lettera b), della direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (GU L 31, pag. 18).

( 5 ) Detto articolo 33 della convenzione, intitolato «Divieto d’espulsione e di rinvio al confine», prevede, al paragrafo 1, che: «[n]essuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche».

( 6 ) Direttiva del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 304, pag. 12).

( 7 ) L’articolo 125, paragrafo 2, di detta legge stabilisce le eccezioni che consentono di superare detto termine. Secondo il giudice del rinvio, tali eccezioni non sono applicabili al sig. Arslan.

( 8 ) L’articolo 5, intitolato «Diritto alla libertà ed alla sicurezza», dispone che «(…) Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, salvo che nei casi seguenti e nei modi prescritti dalla legge (…)».

( 9 ) Tale frase risulta dalla decisione di rinvio e riguarda il punto a) del paragrafo 1) dell’articolo 127 della legge relativa al soggiorno degli stranieri (v. paragrafo 20 delle presenti conclusioni).

( 10 ) V. articolo 15, paragrafo 1, della direttiva «rimpatrio».

( 11 ) Sentenza del 30 novembre 2009 (C-357/09 PPU, Racc. pag. I-11189).

( 12 ) V. sentenza dell’8 novembre 1990, Gmurzynska-Bscher (C-231/89, Racc. pag. I-4003, punto 20).

( 13 ) V., in particolare, sentenze del 13 marzo 2001, PreussenElektra (C-379/98, Racc. pag. I-2099, punto 39); del 15 giugno 2006, Acereda Herrera (C-466/04, Racc. pag. I-5341, punto 48), e del 5 dicembre 2006, Cipolla e a. (C-94/04 e C-202/04, Racc. pag. I-11421, punto 25).

( 14 ) V., in particolare, sentenze del 12 giugno 2003, Schmidberger (C-112/00, Racc. pag. I-5659, punto 32), e dell’8 settembre 2009, Budějovický Budvar (C-478/07, Racc. pag. I-7721, punto 64).

( 15 ) V., in tal senso, sentenza del 16 settembre 1982, Vlaeminck (132/81, Racc. pag. 2953, punto 13).

( 16 ) V. considerando 4 della direttiva «rimpatrio». Infatti, secondo gli articoli 6 e 8 della direttiva «rimpatrio», e fatte salve talune eccezioni elencate in detta direttiva, gli Stati membri devono adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, nonché tutte le misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio. V., in tal senso, il punto 59 della sentenza del 28 aprile 2011, El Dridi (C-61/11 PPU, Racc. pag. I-3015), in cui la Corte ha dichiarato che l’obiettivo perseguito dalla direttiva «rimpatrio» è l’instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare.

( 17 ) V. considerando 8 della direttiva «rimpatrio».

( 18 ) V. anche considerando 23 della direttiva «rimpatrio», il quale enuncia che «[l]’applicazione della [direttiva “rimpatrio”] non pregiudica gli obblighi derivanti dalla [C]onvenzione di Ginevra (…)».

( 19 ) Ritengo che il trattenimento ai sensi della direttiva «rimpatrio» sia inoltre rigidamente disciplinato dal principio di proporzionalità. Secondo il considerando 16 della direttiva «rimpatrio», «[i]l ricorso al trattenimento ai fini dell’allontanamento dovrebbe essere limitato e subordinato al principio di proporzionalità con riguardo ai mezzi impiegati e agli obiettivi perseguiti. Il trattenimento è giustificato soltanto per preparare il rimpatrio o effettuare l’allontanamento e se l’uso di misure meno coercitive è insufficiente».

( 20 ) Secondo l’articolo 15, paragrafi 5 e 6, della direttiva «rimpatrio», il trattenimento non può superare sei mesi, con una possibilità di proroga non superiore ad altri dodici mesi, quando l’operazione di allontanamento rischi di durare più a lungo a causa della mancata cooperazione da parte dell’interessato o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi. Ricordo che il legislatore ceco ha limitato a 180 giorni la durata massima del trattenimento (fatto salvo quanto precisato alla nota a piè di pagina n. 7 con riguardo alle eccezioni che consentono di superare tale termine).

( 21 ) In caso di trattenimento disposto dalle autorità amministrative, gli Stati membri devono prevedere la possibilità di un pronto riesame giudiziario della legittimità del trattenimento. L’interessato deve essere liberato immediatamente se il trattenimento non è legittimo. V. articolo 15, paragrafo 2, della direttiva «rimpatrio».

( 22 ) Rilevo che, al paragrafo 82 della sua presa di posizione nella causa Kadzoev, cit., l’avvocato generale Mazák ha osservato che «il cittadino di un paese terzo che ha chiesto asilo non rientra – o, a seconda del caso, non rientra più – nell’ambito di applicazione della direttiva “rimpatrio” fintantoché è in corso il procedimento di esame della richiesta di asilo».

( 23 ) V., in tal senso, la presa di posizione dell’avvocato generale Mazák nella causa Kadzoev, cit., paragrafo 84.

( 24 ) V. considerando 23 e 24 della direttiva «rimpatrio».

( 25 ) A tal riguardo rilevo che, in occasione di una riunione di lavoro tenutasi in seno al Consiglio dell’Unione europea il 24 novembre 2011, in merito alla proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti asilo [COM/2011/320 def.] è stato suggerito di modificare l’articolo 8, paragrafo 3, di tale proposta aggiungendo una disposizione che prevedesse il trattenimento di un richiedente asilo, nel caso in cui questi fosse già trattenuto sulla base della direttiva «rimpatrio» al fine di prepararne l’allontanamento e/o di proseguire la procedura di allontanamento e la sua domanda di asilo fosse intesa solo a ritardare o vanificare l’esecuzione della decisione di rimpatrio. Rilevo, tuttavia, che tale suggerimento non figura nel testo attuale della proposta del 1o giugno 2011, né a fortiori nel diritto positivo.

( 26 ) Un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare e che abbia presentato una domanda di asilo potrebbe eventualmente essere trattenuto in applicazione, ad esempio, di disposizioni penali nazionali, qualora sia sospettato di avere commesso o abbia commesso un reato (v sentenza El Dridi, cit., punti 53-55 e la giurisprudenza ivi citata).

( 27 ) V. sentenza Kadzoev, cit., punto 42. Va sottolineato che l’articolo 2, lettera k), della direttiva 2003/9 definisce il «trattenimento» come «il confinamento del richiedente asilo, da parte di uno Stato membro, in un luogo determinato, che lo priva della libertà di circolazione». Pur trattandosi sempre di una privazione della libertà, tuttavia «il trattenimento ai fini dell’allontanamento disciplinato dalla direttiva [“rimpatrio”] ed il trattenimento [in arresto] disposto nei confronti di un richiedente asilo, in particolare in forza delle direttive 2003/9 e 2005/85 e delle disposizioni nazionali applicabili, rientrano in distinti regimi giuridici» (v. sentenza Kadzoev, cit., punto 45). Inoltre, «il periodo durante il quale una persona è stata collocata in un Centro di permanenza temporanea in forza di una decisione adottata a norma delle disposizioni nazionali e comunitarie relative ai richiedenti asilo non deve essere considerato un trattenimento ai fini dell’allontanamento ai sensi dell’art. 15 della direttiva [“rimpatrio”]» (v. sentenza Kadzoev, cit., punto 48).

( 28 ) In assenza di disposizioni nazionali, come sembra essere il caso della Repubblica ceca, uno Stato membro non può basarsi direttamente sull’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2003/9 per trattenere un richiedente asilo. V., per analogia, sentenza della Corte del 5 luglio 2007, Kofoed (C-321/05, Racc. pag. I-5795, punti 42 e 45).

( 29 ) V. sentenza Kadzoev, cit., punto 45.

( 30 ) Sentenza del 6 dicembre 2011 (C-329/11, Racc. pag. I-12695, punti 30 e 31).

( 31 ) Adottate conformemente all’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2003/9.

( 32 ) V. sentenze del 9 marzo 1999, Centros (C-212/97, Racc. pag. I-1459, punti 24 e 25), e del 21 novembre 2002, X e Y (C-436/00, Racc. pag. I-10829, punto 42).

( 33 ) V., in tal senso, sentenza della Corte del 14 dicembre 2000, Emsland-Stärke (C-110/99, Racc. pag. I-11569, punti 52-54).

( 34 ) Anche il regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU L 50, pag. 1), nonché le direttive 2003/9 e 2004/83, «fanno riferimento, rispettivamente al primo ‘considerando’, al fatto che una politica comune nel settore dell’asilo, che preveda un regime europeo comune in materia di asilo, costituisce un elemento fondamentale dell’obiettivo dell’Unione di istituire progressivamente uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nella Comunità» (il corsivo è mio). V. sentenza del 21 dicembre 2011, N. S. e a. (C-411/10 e C-493/10, Racc. pag. I-13905, punto 14).

( 35 ) V supra, paragrafo 60.

( 36 ) La facoltà degli Stati di trattenere, a determinate condizioni, i richiedenti asilo è stata riconosciuta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Saadi c. Regno Unito del 29 gennaio 2008. In detta causa, la Grande Sezione della Corte ha interpretato, in particolare, l’articolo 5, paragrafo 1, lettera f), prima parte, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che prevede un’eccezione al diritto alla libertà «se si tratta dell’arresto o della detenzione regolari di una persona per impedirle di entrare irregolarmente nel territorio (…)».

( 37 ) V. paragrafo 127 delle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Commissione/Paesi Bassi (sentenza del 14 giugno 2012, C-542/09). V. altresì conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Kofoed, cit. (paragrafo 58).

( 38 ) V. articolo 15, paragrafi 5 e 6, della direttiva «rimpatrio», relativo alla durata massima del trattenimento, nonché il punto 57 della sentenza Kadzoev, cit., in cui la Corte ha interpretato tali disposizioni in senso restrittivo e ha dichiarato che «l’art. 15, nn. 5 e 6, della direttiva [“rimpatrio”] dev’essere interpretato nel senso che il periodo durante il quale l’esecuzione del decreto di riaccompagnamento coattivo alla frontiera è stata sospesa a causa di un procedimento giurisdizionale avviato dall’interessato avverso tale decreto è preso in considerazione nel calcolo del periodo di trattenimento ai fini dell’allontanamento quando, durante tale procedimento, l’interessato abbia continuato a soggiornare in un Centro di permanenza temporanea». Gli Stati membri possono adottare disposizioni più favorevoli relativamente alla durata massima del trattenimento. V., in tal senso, articoli 4 e 15, paragrafi 5 e 6, della direttiva «rimpatrio». Ricordo che dagli atti del procedimento dinanzi alla Corte risulta che la Repubblica ceca non si è avvalsa della possibilità offerta dall’articolo 15, paragrafi 5 e 6, della direttiva «rimpatrio» di prevedere un trattenimento della durata massima di 18 mesi, ma ha previsto una durata più breve, ossia un limite massimo complessivo di 180 giorni.

( 39 ) Quanto alle circostanze in discussione nella causa principale, ritengo che, in simili casi, le autorità nazionali potrebbero eventualmente far valere le disposizioni dell’articolo 23, paragrafo 4, lettere g), j) e l), della direttiva 2005/85 per applicare una procedura accelerata o prioritaria alle domande di asilo.