PRESA DI POSIZIONE DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentata il 6 dicembre 2010 (1)

Causa C‑497/10 PPU

Barbara Mercredi

contro

Richard Chaffe

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division)]

«Cooperazione giudiziaria in materia civile – Competenza giurisdizionale ed esecuzione delle decisioni – Materia matrimoniale e materia di responsabilità genitoriale – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Figlio di genitori non coniugati – Nozione di “residenza abituale” –Trasferimento lecito del minore in un altro Stato membro – Acquisizione di una nuova residenza abituale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza»






Indice


I –   Contesto normativo

A –   Il diritto dell’Unione

B –   Il diritto internazionale

C –   Il diritto nazionale

II – Fatti e procedimento principale

A –   Le circostanze all’origine della controversia principale

B –   I procedimenti intentati in Inghilterra

C –   I procedimenti avviati in Francia

1.     Il procedimento intentato dalla madre

2.     La domanda del padre ai sensi della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori

III – Le questioni pregiudiziali e la domanda di pronuncia pregiudiziale d’urgenza

IV – Osservazioni preliminari

V –   Sulla prima questione

A –   Sulla determinazione della «residenza abituale» del minore

1.     La nozione di residenza abituale: i principi risultanti dalla sentenza A

2.     La «perdita» e l’«acquisizione» di una residenza abituale in caso di lecito trasferimento

a)     I presupposti per il trasferimento della residenza abituale

b)     Gli indizi del trasferimento della residenza abituale

i)     Gli elementi di interpretazione desumibili dall’art. 9 del regolamento n. 2201/2003

ii)   L’importanza della volontà della madre nella valutazione della residenza abituale di un minore lecitamente trasferito

B –   Sulla valutazione della competenza delle autorità giurisdizionali nazionali in caso di cambiamento di residenza abituale

1.     Chiarimenti riguardo al compito delle autorità giurisdizionali nazionali ai sensi del regolamento n. 2201/2003

2.     L’esame dell’opportunità di rinviare a un’altra autorità giurisdizionale

a)     Il rinvio all’autorità giurisdizionale del luogo in cui si trova il minore: l’art. 13 del regolamento n. 2201/2003

b)     Il rinvio all’autorità giurisdizionale nella posizione migliore per pronunciarsi: l’art. 16 del regolamento n. 2201/2003 e l’eccezione del forum non conveniens

C –   Conclusione

VI – Sulla seconda e terza questione

A –   Osservazioni preliminari sulla rilevanza delle questioni sottoposte

1.     Inquadramento del problema

2.     Valutazione

B –   Sulla seconda questione

C –   Sulla terza questione

1.     Osservazioni delle parti della causa principale, dei governi degli Stati membri interessati e della Commissione

2.     Valutazione

a)     Chiarimenti riguardo alla terza questione

b)     Conflitto tra una decisione adottata sul fondamento del regolamento n. 2201/2003 e una decisione adottata sul fondamento della Convenzione dell’Aia sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori

c)     Conflitto fra le decisioni adottate sul fondamento del regolamento n. 2201/2003

d)     Conclusione

VII – Conclusioni

1.        Nella presente causa la Corte è nuovamente invitata a pronunciarsi sull’interpretazione di diverse disposizioni del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (2), denominato altresì «Bruxelles II bis», e a farlo nell’ambito di un procedimento pregiudiziale d’urgenza.

2.        In via principale, essa è altresì invitata a chiarire al giudice nazionale, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito), una delle nozioni chiave del regolamento n. 2201/2003, la nozione di residenza abituale, sulla quale la Corte ha già avuto modo di pronunciarsi, in particolare, nella sentenza 2 aprile 2009, A (3).

3.        È tuttavia opportuno mettere subito in evidenza che il compito della Corte non sarà comunque facile. Come si rileverà, i fatti di cui alla causa principale, per molti aspetti atipici, condurranno la Corte a interrogarsi, più precisamente, sulle circostanze in cui può ritenersi avvenuto il trasferimento della residenza abituale di un minore, laddove questo sia stato lecitamente portato da uno Stato membro a un altro dalla persona che aveva l’autorità genitoriale esclusiva su di lui. Da una parte, la Corte dovrà tentare di dare al giudice del rinvio una soluzione chiara alle sue domande e fornirgli le indicazioni che gli consentano di dirimere la difficile controversia di cui è investito, nel pieno rispetto dello spirito del regolamento n. 2201/2003, fra i cui principali obiettivi figura quello di garantire la salvaguardia degli interessi superiori del minore. Dall’altra parte, la Corte dovrà altresì sforzarsi di formulare tale soluzione in maniera tale da fornire a tutti i giudici nazionali le indicazioni necessarie affinché essi possano pronunciarsi sulla loro competenza internazionale in virtù del regolamento n. 2201/2003. Non si può escludere che, in una siffatta prospettiva, la Corte debba pronunciarsi, più ampiamente, sui compiti dei giudici nazionali chiamati a esaminare la loro competenza in virtù del regolamento n. 2201/2003 per risolvere le controversie in materia di responsabilità genitoriale per cui sono stati aditi.

I –    Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

4.        L’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (4), dedicato ai diritti dei minori, così dispone:

«1.      I minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione. Questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità.

2.      In tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente.

3.      Il minore ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse».

5.        Il dodicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003 enuncia quanto segue:

«(12) È opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza. Ciò significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale».

6.        Il trentatreesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003 così recita:

«(33) Il presente regolamento riconosce i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla [Carta]. In particolare, mira a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali del bambino quali riconosciuti dall’articolo 24 della [Carta]».

7.        L’art. 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003 definisce il trasferimento o il mancato ritorno illeciti del minore come segue:

«“trasferimento illecito o mancato ritorno del minore” il trasferimento o il mancato rientro di un minore:

a)      quando avviene in violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro

e

b)      se il diritto di affidamento era effettivamente esercitato, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o lo sarebbe stato se non fossero sopravvenuti tali eventi. L’affidamento si considera esercitato congiuntamente da entrambi i genitori quando uno dei titolari della responsabilità genitoriale non può, conformemente ad una decisione o al diritto nazionale, decidere il luogo di residenza del minore senza il consenso dell’altro titolare della responsabilità genitoriale».

8.        L’art. 8 del regolamento n. 2201/2003, rubricato «Competenza generale», che apre la sezione 2 del capo II del detto regolamento, che stabilisce le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale, prevede che:

«1.      Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono aditi.

2.      Il paragrafo 1 si applica fatte salve le disposizioni degli articoli 9, 10 e 12».

9.        L’art. 9 dello stesso regolamento, rubricato «Ultrattività della competenza della precedente residenza abituale del minore», così dispone:

«1.      In caso di lecito trasferimento della residenza di un minore da uno Stato membro ad un altro che diventa la sua residenza abituale, la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro della precedente residenza abituale del minore permane in deroga all’[art.] 8 per un periodo di 3 mesi dal trasferimento, per modificare una decisione sul diritto di visita resa in detto Stato membro prima del trasferimento del minore, quando il titolare del diritto di visita in virtù della decisione sul diritto di visita continua a risiedere abitualmente nello Stato membro della precedente residenza abituale del minore.

2.      Il paragrafo 1 non si applica se il titolare del diritto di visita di cui al paragrafo 1 ha accettato la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui risiede abitualmente il minore partecipando ai procedimenti dinanzi ad esse senza contestarla».

10.      L’art. 10 del regolamento n. 2201/2003, relativo alla competenza nei casi di sottrazione di minori, dispone quanto segue:

«In caso di trasferimento illecito o mancato rientro del minore, l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la competenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito la residenza in un altro Stato membro e:

a)      se ciascuna persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha accettato il trasferimento o mancato rientro;

o

b)      se il minore ha soggiornato in quell’altro Stato membro almeno per un anno da quando la persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava e il minore si è integrato nel nuovo ambiente e se ricorre una qualsiasi delle seguenti condizioni:

i)      entro un anno da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava non è stata presentata alcuna domanda di ritorno del minore dinanzi alle autorità competenti dello Stato membro nel quale il minore è stato trasferito o dal quale non ha fatto rientro;

ii)      una domanda di ritorno presentata dal titolare del diritto di affidamento è stata ritirata e non è stata presentata una nuova domanda entro il termine di cui al punto i);

iii)      un procedimento dinanzi all’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro è stato definito a norma dell’articolo 11, paragrafo 7;

iv)      l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o del mancato ritorno ha emanato una decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore».

11.      L’art. 11 del regolamento n. 2201/2003 contiene le disposizioni applicabili alle domande, ai sensi della Convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (5), per ottenere il ritorno di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto. Esso è formulato nel seguente modo:

«1.      Quando una persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento adisce le autorità competenti di uno Stato membro affinché emanino un provvedimento in base alla convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (...) per ottenere il ritorno di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano i paragrafi da 2 a 8.

2.      Nell’applicare gli articoli 12 e 13 della convenzione dell’Aia del 1980, si assicurerà che il minore possa essere ascoltato durante il procedimento se ciò non appaia inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità.

3.      Un’autorità giurisdizionale alla quale è stata presentata la domanda per il ritorno del minore di cui al paragrafo 1 procede al rapido trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure più rapide previste nella legislazione nazionale.

Fatto salvo il primo comma l’autorità giurisdizionale, salvo nel caso in cui circostanze eccezionali non lo consentano, emana il provvedimento al più tardi sei settimane dopo aver ricevuto la domanda.

4.      Un’autorità giurisdizionale non può rifiutare di ordinare il ritorno di un minore in base all’articolo 13, lettera b), della convenzione dell’Aia del 1980 qualora sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno.

5.      Un’autorità giurisdizionale non può rifiutare di disporre il ritorno del minore se la persona che lo ha chiesto non ha avuto la possibilità di essere ascoltata.

6.      Se un’autorità giurisdizionale ha emanato un provvedimento contro il ritorno di un minore in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980, l’autorità giurisdizionale deve immediatamente trasmettere direttamente ovvero tramite la sua autorità centrale una copia del provvedimento giudiziario contro il ritorno e dei pertinenti documenti, in particolare una trascrizione delle audizioni dinanzi al giudice, all’autorità giurisdizionale competente o all’autorità centrale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, come stabilito dalla legislazione nazionale. L’autorità giurisdizionale riceve tutti i documenti indicati entro un mese dall’emanazione del provvedimento contro il ritorno.

7.      A meno che l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno non sia già stat[a] adita da una delle parti, l’autorità giurisdizionale o l’autorità centrale che riceve le informazioni di cui al paragrafo 6 deve informarne le parti e invitarle a presentare all’autorità giurisdizionale le proprie conclusioni, conformemente alla legislazione nazionale, entro tre mesi dalla data della notifica, affinché quest’ultima esamini la questione dell’affidamento del minore.

Fatte salve le norme sulla competenza di cui al presente regolamento, in caso di mancato ricevimento delle conclusioni entro il termine stabilito, l’autorità giurisdizionale archivia il procedimento.

8.      Nonostante l’emanazione di un provvedimento contro il ritorno in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980, una successiva decisione che prescrive il ritorno del minore emanata da un giudice competente ai sensi del presente regolamento è esecutiva conformemente alla sezione 4 del capo III, allo scopo di assicurare il ritorno del minore».

12.      L’art. 13 del regolamento n. 2201/2003 introduce una competenza fondata sulla presenza del minore nei termini che seguono:

«1.      Qualora non sia possibile stabilire la residenza abituale del minore né determinare la competenza ai sensi dell’articolo 12, sono competenti i giudici dello Stato membro in cui si trova il minore.

2.      Il paragrafo 1 si applica anche ai minori rifugiati o ai minori sfollati a livello internazionale a causa di disordini nei loro paesi».

13.      L’art. 19, nn. 2 e 3, del regolamento n. 2201/2003 prevede che:

«2.      Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri diversi siano state proposte domande sulla responsabilità genitoriale su uno stesso minore, aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, l’autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d’ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita.

3.      Quando la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita è stata accertata, l’autorità giurisdizionale successivamente adita dichiara la propria incompetenza a favore dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita.

In tal caso la parte che ha proposto la domanda davanti all’autorità giurisdizionale successivamente adita può promuovere l’azione dinanzi all’autorità giurisdizionale preventivamente adita».

14.      L’art. 24 del regolamento n. 2201/2003 stabilisce il principio del divieto di riesame della competenza giurisdizionale dell’autorità giurisdizionale d’origine nei seguenti termini:

«Non si può procedere al riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine. Il criterio dell’ordine pubblico di cui agli articoli 22, lettera a), e 23, lettera a), non può essere applicato alle norme sulla competenza di cui agli articoli da 3 a 14».

15.      L’art. 60, lett. e), del regolamento n. 2201/2003 precisa quanto segue:

«Nei rapporti tra gli Stati che ne sono parti, il presente regolamento prevale sulle convenzioni seguenti, nella misura in cui queste riguardino materie da esso disciplinate:

(…)

e)      convenzione dell’Aia, del 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori».

B –    Il diritto internazionale

16.      La Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, entrata in vigore il 1° dicembre 1983, è stata firmata e ratificata dalla Repubblica francese, dal Regno Unito di Gran Bretagna e d’Irlanda del Nord e da tutti gli altri Stati membri dell’Unione europea.

17.      Gli artt. 3‑5 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori dispongono quanto segue:

«Articolo 3

Il trasferimento o il mancato rientro di un minore è ritenuto illecito:

a)      quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e

b)      se tali diritti [erano] effettivamente esercitati, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o avrebbero potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze.

Il diritto di custodia citato al capoverso a) di cui sopra può in particolare derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo vigente in base alla legislazione del predetto Stato.

Articolo 4

La Convenzione si applica ad ogni minore che aveva la propria residenza abituale in uno Stato contraente immediatamente prima della violazione dei diritti di affidamento o di visita. L’applicazione della Convenzione cessa allorché il minore compie 16 anni.

Articolo 5

Ai sensi della presente Convenzione:

a)      il “diritto di affidamento” comprende i diritti concernenti la cura della persona del minore, ed in particolare il diritto di decidere riguardo al suo luogo di residenza;

b)      il “diritto di visita” comprende il diritto di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua residenza abituale per un periodo limitato di tempo».

18.      L’art. 13 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori è formulato come segue:

«Nonostante le disposizioni del precedente articolo, l’Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione o ente che si oppone al ritorno dimostri:

a)      che la persona, l’istituzione o l’ente cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno; o

b)      che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile.

L’Autorità giudiziaria o amministrativa può altresì rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un’età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere.

Nel valutare le circostanze di cui al presente articolo, le autorità giudiziarie e amministrative devono tener conto delle informazioni fornite dall’Autorità centrale o da ogni altra autorità competente dello Stato di residenza del minore, riguardo alla sua situazione sociale».

C –    Il diritto nazionale

19.      Dalla decisione di rinvio risulta che nei procedimenti di diritto privato in materia di minori in Inghilterra e in Galles il giudice può, in forza dell’art. 8 della legge del 1989, sulla protezione dell’infanzia (Children Act 1989; in prosieguo: il «Children Act 1989»), emettere ordinanze relative alla residenza («residence order») e al diritto di visita («contact order»), che vietino taluni atti («prohibited steps order») («injunctions») o altre ordinanze a contenuto più specifico («specific issue order»).

20.      Ai sensi dell’art. 4 del Children Act 1989, il giudice può altresì disporre che il padre abbia la responsabilità genitoriale sul figlio. In Inghilterra e in Galles, infatti, il padre che non sia coniugato con la madre del proprio figlio non è, ipso iure, titolare della responsabilità genitoriale. Per ottenerla, egli deve essere indicato come padre sull’atto di nascita del figlio, oppure stipulare con la madre un accordo sulla responsabilità genitoriale, o ancora ottenere un’ordinanza del giudice che gli attribuisca tale responsabilità («parental responsibility order»).

21.      Infine, la decisione di rinvio precisa che secondo la giurisprudenza dei giudici di Inghilterra e Galles (6), allorché aditi con una domanda diretta ad ottenere un’ordinanza in materia di affidamento di un minore, tali giudici possono essi stessi acquisire siffatto diritto di affidamento, anche laddove il richiedente non ne sia ancora titolare.

II – Fatti e procedimento principale

A –    Le circostanze all’origine della controversia principale

22.      Sulla base delle informazioni fornite dal giudice del rinvio, estratte dalle memorie scritte dell’appellante e dell’appellato presentate nella causa principale o raccolte nel corso dell’udienza, i fatti di cui alla causa principale possono essere sintetizzati come segue.

23.      L’appellante nella causa principale, sig.ra Mercredi, cittadina francese, e l’appellato nella causa principale, sig. Chaffe, cittadino britannico, sono i genitori di una bambina, cittadina francese, nata nel Regno Unito, l’11 agosto 2009, dalla loro relazione non matrimoniale. Essi hanno vissuto insieme per diversi anni, fino al 1° agosto 2009, data in cui il padre ha lasciato il domicilio comune.

24.      Due mesi dopo, il 7 ottobre 2009, la madre ha lasciato l’Inghilterra con la figlia per recarsi nel suo paese d’origine, in cui risiede la sua famiglia, ossia l’isola della Riunione – dipartimento francese d’oltremare. Madre e figlia sono arrivate a destinazione il giorno successivo, 8 ottobre 2009. È pacifico che il padre della minore non è stato informato di tale partenza. È altresì pacifico che tale partenza era lecita, in quanto all’epoca la madre era la sola titolare della responsabilità genitoriale sulla minore.

25.      Il padre della minore avviava allora diversi procedimenti sia dinanzi ai giudici inglesi per ottenere la responsabilità genitoriale, il diritto di affidamento e/o un diritto di visita della minore, sia dinanzi ai giudici francesi, sulla base della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori. Anche la madre avviava, dinanzi ai giudici francesi, un procedimento volto a ottenere la responsabilità genitoriale sulla minore e il diritto di affidamento.

B –    I procedimenti intentati in Inghilterra

26.      Il 9 ottobre 2009, ossia due giorni dopo la partenza della madre e della minore, il padre adiva telefonicamente il giudice della High Court of Justice (England & Wales), Family Division (Regno Unito) («Duty High Court Judge»). Il giorno stesso il Duty High Court Judge adito emetteva un’ordinanza con cui venivano richieste informazioni sul luogo in cui si trovava la minore («location order») e fissava un’udienza dinanzi a sé per il 12 ottobre 2009.

27.      Il 12 ottobre 2009 il padre della minore, nel corso dell’udienza dinanzi al Duty High Court Judge, presentava domanda affinché, inter alia, gli venisse riconosciuta la responsabilità genitoriale sulla figlia, fosse disposto il coaffido alternato e un diritto di visita. Lo stesso giorno il Duty High Court Judge emetteva un’ordinanza che disponeva il ritorno della minore nel territorio dell’Inghilterra e del Galles. È pacifico che la madre della minore non era a conoscenza della domanda presentata dal padre e che in udienza non era né presente né legalmente rappresentata.

28.      In tale ordinanza 12 ottobre 2009 il Duty High Court Judge riteneva, in primo luogo, che l’autorità giurisdizionale inglese fosse stata adita alla data in cui egli era stato interpellato telefonicamente dal padre della minore, vale a dire il 9 ottobre 2009; in secondo luogo, che, a decorrere da tale data, sia l’autorità giurisdizionale inglese sia il padre della minore disponessero del diritto di affidamento sulla minore; in terzo luogo, che, alla stessa data, la minore continuasse ad avere la propria residenza abituale in Inghilterra, e, in quarto luogo e di conseguenza, che le autorità giurisdizionali inglesi fossero competenti rispetto alla minore.

29.      È ammesso che il 16 ottobre 2009 veniva notificata alla madre l’ordinanza del 12 ottobre 2009, alla quale, tuttavia, essa non ottemperava.

30.      Il 15 ottobre 2009 il padre presentava una domanda ai sensi della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori (7).

31.      Il 28 ottobre 2009 la madre della minore avviava un procedimento dinanzi al tribunal de grande instance de Saint-Denis (Tribunale di Saint-Denis, Francia) (8).

32.      Il 26 gennaio 2010 il padre della minore presentava, nell’ambito del procedimento avviato dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Family Division (Regno Unito), una domanda complementare volta a far dichiarare che la minore aveva la propria residenza abituale in Inghilterra, che le autorità giurisdizionali inglesi disponevano di una competenza esclusiva sulla minore, che egli stesso nonché le autorità giurisdizionali inglesi disponevano del diritto di affidamento sulla minore e che quest’ultima era illecitamente trattenuta alla Riunione. Tali domande venivano provvisoriamente accolte con un’ordinanza che, inter alia, invitava la madre a fornire elementi di prova. Tale ordinanza veniva trasmessa all’autorità centrale francese e notificata alla madre.

33.      Il 15 aprile 2010 il caso veniva esaminato dalla High Court of Justice (England & Wales), Family Division (Regno Unito). Nell’ordinanza emessa lo stesso giorno, la High Court of Justice (England & Wales), Family Division, riteneva che l’autorità giurisdizionale inglese fosse da considerarsi adita a partire dalla data in cui il padre si era rivolto telefonicamente al Duty High Court Judge, il 9 ottobre 2009, e che, da quella data, l’autorità giurisdizionale inglese avesse il diritto di affidamento sulla minore. Essa statuiva altresì che, da quella stessa data, anche il padre della minore disponeva del diritto di affidamento, in quanto erano state emesse in suo favore le ordinanze. Infine, essa riteneva che al momento dell’acquisizione di tale diritto da parte delle autorità giurisdizionali inglesi e del padre, la minore avesse la sua residenza abituale in Inghilterra e che, pertanto, il 9 ottobre 2009 le autorità giurisdizionali inglesi avessero la competenza.

34.      È pacifico che la madre della minore non è comparsa all’udienza del 15 aprile 2010, ma che il suo legale francese ha invece potuto presentare osservazioni scritte.

35.      Il 29 giugno 2010 il padre della minore avrebbe fatto richiesta al tribunal de grande instance de Saint-Denis di riconoscere ed eseguire l’ordinanza della High Court of Justice (England & Wales), Family Division.

36.      Il 24 giugno e il 12 luglio 2010 la High Court of Justice (England & Wales), Family Division, emetteva ulteriori ordinanze, l’ultima delle quali imponeva alla madre di permettere che il padre potesse provvisoriamente avere contatti con la minore alla Riunione nel periodo compreso fra il 29 luglio e il 12 agosto 2010.

37.      Il 12 luglio 2010 la madre della minore interponeva appello contro le ordinanze del Duty High Court Judge 12 ottobre 2009 e della High Court of Justice (England & Wales), Family Division, 15 aprile 2010 dinanzi alla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division), la quale ha deciso rivolgersi alla Corte a titolo pregiudiziale.

C –    I procedimenti avviati in Francia

1.      Il procedimento intentato dalla madre

38.      Il 28 ottobre 2009 la madre della minore presentava dinanzi al tribunal de grande instance de Saint-Denis una domanda volta a ottenere la responsabilità genitoriale esclusiva sulla minore e la fissazione del domicilio della minore presso il suo indirizzo. L’avvio di tale procedimento non sarebbe stato notificato al padre della minore, il quale ne sarebbe venuto a conoscenza nell’ambito del procedimento intentato ai sensi della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori.

39.      Il 27 gennaio 2010 gli avvocati del padre della minore avrebbero chiesto al tribunal de grande instance de Saint-Denis di sospendere il giudizio in merito alla domanda della madre, conformemente alle disposizioni dell’art. 16 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori e all’art. 19 del regolamento n. 2201/2003.

40.      Con sentenza 23 giugno 2010 il tribunal de grande instance de Saint-Denis attribuiva alla madre la responsabilità genitoriale esclusiva sulla minore e fissava la residenza di quest’ultima all’indirizzo della madre. All’udienza del 31 maggio 2010 il padre della minore non era né presente né rappresentato.

2.      La domanda del padre ai sensi della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori

41.      Il 15 ottobre 2009 il padre della minore presentava all’autorità centrale inglese una domanda volta a ottenere il ritorno della minore in Inghilterra e in Galles in applicazione della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, che ha condotto, il 18 dicembre 2009, all’avvio di un procedimento dinanzi al tribunal de grande instance de Saint-Denis.

42.      Il tribunal de grande instance de Saint-Denis avrebbe ordinato alla madre di comparire dinanzi a sé in forza della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori. Tale convocazione avrebbe fatto specifico riferimento all’ordinanza del Duty High Court Judge del 12 ottobre 2009.

43.      La domanda del padre ai sensi della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori veniva respinta il 15 marzo 2010 con la motivazione che egli non aveva alcun diritto di affidamento ai sensi degli artt. 3 e 5 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori.

III – Le questioni pregiudiziali e la domanda di pronuncia pregiudiziale d’urgenza

44.      Con decisione 8 ottobre 2010, pervenuta in cancelleria il 18 ottobre 2010, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division), investita del ricorso in appello della madre della minore, ha deciso di sottoporre alla Corte le tre seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Voglia la Corte chiarire quali siano i criteri appropriati per determinare la residenza abituale di un minore ai fini:

–      dell’art. 8 del regolamento (CE) n. 2201/2003;

–      dell’art. 10 del regolamento (CE) n. 2201/2003.

2)      Se un’autorità giurisdizionale sia un’“istituzione o altro ente” cui possa essere riconosciuto un diritto di affidamento ai fini del regolamento (...) n. 2201/2003.

3)      Se l’art. 10 continui ad applicarsi dopo che il giudice dello Stato membro richiesto abbia respinto una domanda volta a ottenere il ritorno di un minore in forza della [Convenzione dell’Aia del 1980], sulla base del rilievo che gli artt. 3 e 5 non risultano applicabili.

Si chiede, in particolare, come debba essere risolto un conflitto tra la decisione dello Stato richiesto secondo la quale non ricorrono i presupposti di cui agli artt. 3 e 5 della [Convenzione dell’Aia 1980], e la decisione dello Stato richiedente secondo la quale invece ricorrono tali presupposti».

45.      Nella propria decisione di rinvio la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) ha specificato che chiedeva il procedimento d’urgenza, poiché lo scopo del rinvio è quello di identificare quale sia l’organo giurisdizionale competente ai sensi del diritto dell’Unione, in materia di responsabilità genitoriale sulla minore. Essa ha precisato che fintantoché non sia identificato il giudice competente, non può essere presa nessuna decisione in merito alle domande presentate dal padre della minore per ottenere ordinanze che permettano loro di avere contatti.

46.      Con decisione 28 ottobre 2010 la Corte ha deciso di accogliere la richiesta del giudice del rinvio di sottoporre la presente causa al procedimento pregiudiziale d’urgenza di cui all’art. 104 ter del regolamento di procedura della Corte.

47.      L’appellante e l’appellato nel procedimento principale, i governi del Regno Unito, tedesco, irlandese e francese e, infine, la Commissione europea hanno presentato osservazioni all’udienza che si è tenuta il 1° dicembre 2010.

IV – Osservazioni preliminari

48.      Prima di passare all’esame delle questioni poste dal giudice del rinvio, occorre fare due precisazioni rilevanti ai fini di tutte le considerazioni che seguiranno.

49.      La prima precisazione, relativa alla qualificazione giuridica della situazione all’origine della controversia principale, non richiede, per il momento, considerazioni complesse. Occorre tenere presente che il trasferimento della minore è avvenuto lecitamente sia alla luce del regolamento n. 2201/2003, sia alla luce della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori; su questo concordano, come avrò modo di sottolineare nell’ambito dell’analisi della rilevanza della seconda e terza questione (9), il padre (10) e la madre della minore, i governi che hanno presentato osservazioni e la Commissione.

50.      La seconda precisazione, che riguarda la data rilevante per stabilire la competenza internazionale in forza del regolamento n. 2201/2003, richiede invece un esame più approfondito.

51.      In generale, l’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 precisa che la data alla quale occorre determinare se il minore risieda abitualmente in uno Stato membro è costituita dalla data in cui le autorità giurisdizionali di quello Stato membro sono adite. Se alla data in cui l’autorità giurisdizionale è stata adita, il minore aveva la residenza abituale nello Stato membro dell’autorità giurisdizionale adita, quest’ultima può dichiarare la propria competenza ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003. Per contro, se il giorno in cui le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono state adite, il minore non risiedeva più abitualmente in tale Stato membro, le dette autorità non possono dichiararsi competenti, quanto meno non ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003. Cionondimeno, esse possono dichiararsi comunque competenti, a seconda delle circostanze, in base agli artt. 9, 10, 12 o, ancora, 14 del regolamento n. 2201/2003 oppure declinare la propria competenza ai sensi degli artt. 13 o 15 del detto regolamento (11).

52.      Nella decisione di rinvio la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) ha sottolineato che, al riguardo, potevano considerarsi rilevanti due date, il 9 ottobre 2009, data in cui il padre della minore ha adito telefonicamente il Duty High Court Judge, e il 12 ottobre 2009, data in cui il padre ha formalmente depositato tali domande in udienza dinanzi alla stessa autorità giurisdizionale. Nell’ordinanza del 15 aprile 2010 la High Court of Justice (England & Wales), Family Division, indica espressamente che, dalla sera del 9 ottobre 2009, un’autorità giurisdizionale inglese era stata adita e disponeva, come il padre, di un diritto di affidamento sulla minore.

53.      Al riguardo, occorre sottolineare che pur se spetta al giudice del rinvio determinare quale fra queste due date debba essere considerata rilevante, è tuttavia lo stesso regolamento n. 2201/2003 a determinare le circostanze nelle quali un giudice è considerato adito.

54.      L’art. 16, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 precisa, infatti, che un’autorità giurisdizionale si considera adita alla data in cui la domanda giudiziale o un atto equivalente è depositato presso di essa, purché successivamente l’attore non abbia omesso di prendere tutte le misure cui era tenuto affinché fosse effettuata la notificazione all’appellato (12).

55.      Nelle circostanze della causa principale e in base alle informazioni fornite dal giudice del rinvio, sembra che solo la data del 12 ottobre 2009 possa considerarsi rilevante ai fini delle disposizioni dell’art. 16 del regolamento n. 2201/2003, restando inteso che spetta comunque al giudice del rinvio assicurarsi che le formalità di notifica o di comunicazione siano soddisfatte, nel rispetto delle disposizioni del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 13 novembre 2007, n. 1393, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (notificazione o comunicazione degli atti) e che abroga il regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio (13).

56.      Ciononostante, occorre insistere sul fatto che alla Corte è sottoposta una domanda di pronuncia pregiudiziale nell’ambito di un appello contro due ordinanze emesse da due diverse composizioni di un’autorità giurisdizionale che ha stabilito la propria competenza ai sensi del regolamento n. 2201/2003, la prima appena dopo la partenza della madre con la minore, il 12 ottobre 2009, la seconda quasi sei mesi dopo tale partenza, il 15 aprile 2010.

57.      Tale specificità, connessa al carattere molto generale della prima questione posta dal giudice del rinvio, fa sì che sia difficile stabilire se quest’ultimo intenda pronunciarsi, in appello, sulla competenza dei due giudici inferiori o, nell’ambito del detto appello, sulla propria competenza ai sensi del regolamento n. 2201/2003. Orbene, tenuto conto dei criteri definiti dalla Corte nella citata sentenza A e di quelli che saranno indicati nell’ambito della presente causa, la determinazione della residenza abituale della minore risulta essere un compito molto più delicato da svolgere nel primo caso piuttosto che nel secondo (14). Le considerazioni che seguono traggono tuttavia origine dalla premessa che la determinazione della residenza abituale della minore va fatta prendendo in considerazione la data in cui le autorità giurisdizionali inglesi sono state adite per la prima volta, il 12 ottobre 2009, con la precisazione che spetta al giudice del rinvio decidere la posizione che intende adottare al riguardo.

V –    Sulla prima questione

58.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte di chiarire «i criteri» appropriati per determinare la residenza abituale di un minore ai sensi del regolamento n. 2201/2003 (15). A prima vista, non risulta facile stabilire se il giudice del rinvio si aspetti dalla Corte una soluzione generale a una questione astratta o se, al contrario, esso desideri una soluzione rispondente alle circostanze della controversia di cui è investito. Nondimeno, sembra proprio che auspichi una risposta concreta per il problema che gli si presenta.

59.      Così, il giudice del rinvio interroga direttamente la Corte, nell’intento di stabilire la sua competenza in forza del regolamento n. 2201/2003, sulla nozione di residenza abituale quale risulta, in particolare, dall’art. 8 del detto regolamento. Se ne potrebbe desumere che la residenza abituale sia il solo e unico fondamento in base al quale si può determinare la competenza delle autorità giurisdizionali nazionali. Orbene, l’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 si inserisce in un quadro più ampio. L’art. 8, n. 2, del detto regolamento indica espressamente che la competenza generale che esso stabilisce si applica esclusivamente laddove non trovino applicazione gli altri titoli di competenza e che la residenza abituale è solo uno dei criteri atti a fondare una competenza a titolo sussidiario.

60.      In tale prospettiva, occorre necessariamente indicare al giudice del rinvio che il primo «criterio» che permette di stabilire la sua competenza in forza del regolamento n. 2201/2003 andrebbe ricercato nella posizione sistemica della nozione di residenza abituale nell’economia del detto regolamento. Per quanta importanza essa possa rivestire, la nozione di residenza abituale offre solo possibilità limitate. Essa deve essere intesa come un concetto che, all’occorrenza, deve poter cedere il proprio posto ad altri concetti o categorie alternative.

61.      È questo il motivo per cui ritengo che la soluzione della prima questione debba essere svolta in due fasi. Nel corso della prima fase tenterò di arricchire il più possibile i punti di riferimento che si ricavano in particolare dalla citata sentenza A (16), cercando di tenere sempre conto delle particolari circostanze della vicenda di cui alla causa principale e senza tuttavia sostituirmi al giudice del rinvio nel compito che gli è proprio, ossia dirimere la controversia che gli è stata sottoposta. Nella seconda fase, e al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, mi propongo di illustrare l’insieme delle possibilità aperte dal regolamento n. 2201/2003 per il raggiungimento dell’obiettivo generale che esso persegue, vale a dire garantire la determinazione della competenza giudiziaria.

A –    Sulla determinazione della «residenza abituale» del minore

62.      Nella citata sentenza A (17) la Corte ha fornito un’interpretazione della nozione di residenza abituale di un minore ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 che consente alle autorità giurisdizionali nazionali di statuire in qualsiasi ipotesi sulla propria competenza in forza di tale regolamento. Tuttavia, dalla decisione di rinvio emerge che la metodologia prescritta dalla Corte in detta sentenza non è sufficiente. Appare necessario fornire indicazioni supplementari che consentano alle autorità giurisdizionali di gestire situazioni nelle quali si è avuto un trasferimento della residenza abituale di un minore.

1.      La nozione di residenza abituale: i principi risultanti dalla sentenza A

63.      In primo luogo, nella citata sentenza A, la Corte ha constatato che il regolamento n. 2201/2003 non definisce la nozione di residenza abituale e non contiene alcun espresso rinvio al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del senso e della portata della detta nozione. Essa ne ha desunto, conformemente alla propria giurisprudenza, che tale determinazione doveva essere effettuata alla luce del contesto nel quale la o le disposizioni pertinenti si inseriscono nonché dell’obiettivo perseguito da detto regolamento. Al riguardo, essa ha evidenziato l’obiettivo risultante dal dodicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003, secondo il quale le regole di competenza da esso accolte si informano all’interesse superiore del minore e, in particolare, al criterio di vicinanza (18).

64.      La nozione di residenza abituale ai sensi del regolamento n. 2201/2003 è, pertanto, una nozione comunitaria che, di conseguenza, deve dar luogo ad un’interpretazione autonoma e uniforme in tutta l’Unione (19). Al riguardo, la Corte ha precisato che tale autonomia doveva risolversi in una certa indipendenza rispetto alle nozioni, identiche o simili, utilizzate in altri settori del diritto comunitario, come quello della previdenza sociale dei lavoratori migranti e del diritto della funzione pubblica (20).

65.      In secondo luogo, la Corte ha considerato che la residenza abituale di un minore doveva «essere stabilita sulla base delle peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie» (21). Al riguardo, essa ha precisato che, oltre alla presenza fisica del minore in uno Stato membro, dovevano essere presi in considerazione i fattori idonei a dimostrare che tale presenza non è in alcun modo temporanea o occasionale e che la residenza del minore denota una certa integrazione in un ambiente sociale e familiare (22). Fra i fattori elencati, in modo non tassativo, essa ha indicato la durata, la regolarità, le condizioni e le ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, la cittadinanza del minore, il luogo e le condizioni della sua frequenza scolastica, le conoscenze linguistiche nonché le relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato (23). Essa ha aggiunto che l’intenzione dei genitori di stabilirsi con il minore in un altro Stato membro, manifestata attraverso determinate misure concrete, come l’acquisto o la locazione di un alloggio nello Stato membro ospitante, poteva costituire un indizio del trasferimento della residenza abituale (24).

66.      Dalla citata sentenza A risulta che la residenza abituale, ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003, «corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare». Tuttavia, tale sentenza fornisce in realtà più di una definizione della nozione di residenza abituale. Essa fissa i criteri per un test che permetta di individuare la residenza abituale di un minore. Tale test consiste nella valutazione e ponderazione di un complesso di indizi oggettivi e soggettivi, quantitativi e qualitativi, temporali e intenzionali, idonei ad accertare l’integrazione di un minore in un ambiente sociale e familiare, un’integrazione che deve presentare una certa intensità.

67.      In terzo luogo, la Corte ha dichiarato che la determinazione della residenza abituale di un minore spetta ai giudici nazionali, i quali devono operare una valutazione complessiva della situazione, una valutazione globale dei diversi elementi e indizi pertinenti (25). Tuttavia, la Corte non ha fornito indicazioni più precise circa gli obblighi che, al riguardo, graverebbero sui giudici nazionali.

68.      Alla luce di tale ricapitolazione, potrebbe ritenersi che la citata sentenza A, giacché fornisce nel contempo il quadro, i criteri e il metodo per determinare la residenza abituale di un minore ai sensi del regolamento n. 2201/2003, contenga già, di per sé, una soluzione tanto precisa quanto completa della prima questione formulata dal giudice del rinvio.

69.      Questo non è tuttavia il parere del giudice del rinvio, il quale, malgrado abbia necessariamente perfetta conoscenza della citata sentenza A, ha nondimeno ritenuto necessario porre tale questione (26).

70.      Risulta pertanto evidente che il giudice del rinvio desidera che la Corte vada al di là delle precisazioni già formulate nella citata sentenza A e fornisca indicazioni più precise che gli permettano di valutare, in conformità del diritto dell’Unione, gli argomenti contraddittori avanzati su tale punto dalle parti della causa principale e dirimere la controversia sottopostagli. La questione del giudice del rinvio deve pertanto essere intesa, né più né meno, come un invito a precisare i criteri atti a determinare in quali circostanze si possa considerare che, nel caso di un minore che ha lecitamente lasciato con la madre il territorio dello Stato membro dove aveva la residenza abituale, vi sia stata «perdita» di tale residenza abituale iniziale e acquisizione di una nuova residenza abituale.

2.      La «perdita» e l’«acquisizione» di una residenza abituale in caso di lecito trasferimento

a)      I presupposti per il trasferimento della residenza abituale

71.      Affinché si possa ritenere che vi sia stato cambiamento di residenza abituale, occorre che siano avvenute la «perdita» della residenza abituale iniziale e l’«acquisizione» di una nuova residenza abituale (27). In effetti, pur se una stessa persona può avere diverse residenze «semplici», essa può, invece, avere solo una residenza abituale. Inoltre, la situazione di una persona che decide di lasciare uno Stato membro per trasferirsi in un altro e viverci definitivamente non è la stessa di una persona che, in un primo momento, stabilisce temporaneamente la propria residenza semplice in uno Stato membro, ma, trascorso un certo periodo, finisce poi per stabilirvisi. Nel primo caso, la perdita della residenza abituale iniziale e l’acquisizione di quella nuova avvengono contestualmente. Nel secondo caso, l’acquisizione della residenza abituale nel nuovo Stato membro potrà verosimilmente considerarsi perfezionata solo dopo un certo periodo di tempo (28). Rimane tuttavia da stabilire quali siano gli indizi della perdita e dell’acquisizione di una residenza abituale.

b)      Gli indizi del trasferimento della residenza abituale

72.      Al riguardo, occorre prestare particolare attenzione alle disposizioni dell’art. 9 del regolamento n. 2201/2003 nonché, nelle circostanze della causa principale, alla volontà della madre della minore.

i)      Gli elementi di interpretazione desumibili dall’art. 9 del regolamento n. 2201/2003

73.      In caso di lecito trasferimento della residenza di un minore da uno Stato membro ad un altro in cui acquisisce la sua residenza abituale, l’art. 9 del regolamento n. 2201/2003 prevede, in particolare, una proroga di competenza dei giudici dello Stato membro della residenza abituale iniziale solo per un periodo di tre mesi. Il regolamento n. 2201/2003 ammette pertanto che in un periodo di tre mesi un minore possa acquisire una nuova residenza abituale (29).

74.      L’interpretazione di tale disposizione è, a seconda della versione linguistica di riferimento, suscettibile di letture diverse, per non dire divergenti. Così, per esempio, la versione tedesca (30) di tale disposizione tende a suffragare l’idea che dal trasferimento lecito consegua, di norma, l’acquisizione di una nuova residenza abituale, mentre dalla versione francese (31) si evince chiaramente che l’applicabilità di tale disposizione è subordinata alla condizione che, da una parte, il minore sia lecitamente trasferito e, dall’altra parte, che egli acquisisca una nuova residenza abituale.

75.      Senza soffermarsi a lungo sulla nota giurisprudenza della Corte riguardante l’interpretazione dei testi in più lingue del diritto dell’Unione, ricorderò che occorre interpretare tale disposizione alla luce dell’insieme delle sue versioni linguistiche e in funzione sia del sistema e delle finalità della normativa di cui essa fa parte (32), sia della reale volontà del legislatore e dello scopo da questo perseguito (33).

76.      Nonostante il titolo piuttosto fuorviante (34), l’art. 9 del regolamento n. 2201/2003 pone, in realtà, il principio di un trasferimento di competenza alle autorità giurisdizionali dello Stato membro della residenza abituale del minore in caso di lecito trasferimento. La competenza delle autorità giurisdizionali perdura per un periodo limitato di tre mesi, al solo scopo di consentire al titolare di un diritto di visita, costretto ad accettare il trasferimento del minore, di adire le autorità giurisdizionali, che avevano attribuito tale diritto di visita, per chiedere di modificarlo in base alle nuove circostanze.

77.      Il dispositivo istituito da tale disposizione presuppone che il trasferimento lecito da parte di una persona titolare dell’autorità genitoriale nei confronti di un minore in un altro Stato membro comporti, di norma, l’acquisizione di una nuova residenza abituale in tale Stato membro. Pertanto, salvo circostanze particolari, un trasferimento lecito dovrebbe, di norma, comportare il trasferimento della competenza internazionale dalle autorità giurisdizionali dello Stato membro di partenza alle autorità giurisdizionali dello Stato membro di destinazione, considerate più indicate in applicazione del principio di vicinanza (35).

78.      Dal momento che dalle disposizioni dell’art. 9 del regolamento n. 2201/2003 si può desumere che il trasferimento lecito da uno Stato membro in un altro, purché presenti tutti i tratti esteriori di una sistemazione indefinita e non congiunturale, costituisce un indizio abbastanza forte dell’acquisizione di una residenza abituale in quest’ultimo Stato, tale indizio dovrebbe dunque essere elevato al rango di presunzione, foss’anche debole, di acquisizione di una nuova residenza abituale, con la conseguenza che spetterà alla parte che contesta tale acquisizione fornire gli elementi diretti a dimostrare che nelle circostanze di cui trattasi tale acquisizione non è avvenuta.

79.      Occorre tuttavia indicare che, per quanto importanti, tali elementi non sono certamente gli unici a dover essere presi in considerazione, in quanto l’esame che le autorità giurisdizionali nazionali dovranno effettuare deve, in ogni caso, intervenire sempre in esito ad una valutazione complessiva della situazione, nei termini indicati nella citata sentenza A, e ad una ponderazione di tutti gli elementi rilevanti, al fine di accertare l’integrazione del minore nell’ambiente sociale e familiare.

80.      Occorre qui precisare che non appare opportuno cristallizzare l’esame, da parte delle autorità giurisdizionali nazionali, delle situazioni di trasferimento della residenza abituale fissando, ad esempio, iure praetorio, una scadenza standard (36) al termine della quale il cambiamento di residenza può essere considerato effettivo (37), o, ancora, decidendo che il trasferimento lecito di un minore comporti la perdita immediata della sua residenza abituale iniziale, a decorrere dal momento in cui si realizza (38). Infatti, tali due approcci si porrebbero in diretta contraddizione con l’approccio, flessibile e pragmatico, che la Corte ha adottato nella citata sentenza A, senza essere necessariamente idonei a consentire di affrontare tutte le possibili situazioni.

ii)    L’importanza della volontà della madre nella valutazione della residenza abituale di un minore lecitamente trasferito

81.      Come in precedenza ricordato, spetta al giudice adito per primo determinare, alla data in cui è stato adito, quale sia la residenza abituale del minore, sulla base della metodologia indicata dalla Corte nella citata sentenza A. Sebbene nella detta sentenza la Corte non si sia pronunciata su tale punto, appare chiaro che la ricerca degli indizi che consentono al detto giudice di formarsi un’opinione debba essere svolta in conformità delle disposizioni pertinenti del diritto nazionale, nel rispetto, comunque, del diritto e dei principi generali del diritto dell’Unione. Tuttavia, in circostanze quali quelle di cui alla causa principale, la considerazione della volontà della madre della minore, in quanto unica titolare della responsabilità genitoriale su quest’ultima alla data del trasferimento, costituisce un elemento di una rilevanza tutta particolare.

82.      Ricordo che, nella causa principale, la madre e la minore hanno lasciato l’Inghilterra il 7 ottobre 2009. Le autorità giurisdizionali inglesi, adite il 12 ottobre 2009 e chiamate innanzi tutto a pronunciarsi sulla loro competenza ai sensi del regolamento n. 2201/2003, erano dunque tenute a determinare se, dal momento della sua partenza con la madre, la minore avesse perso la residenza abituale in Inghilterra e acquisito, alla data in cui sono state adite, una nuova residenza abituale in Francia.

83.      Da quanto emerge dall’ordinanza del 15 aprile 2010, sembra che, da una parte, la volontà della madre di lasciare definitivamente l’Inghilterra con la figlia potesse desumersi da alcuni fatti oggettivi, quali l’acquisto di un biglietto aereo di sola andata e diverse dichiarazioni che più o meno esplicitamente manifestavano tale intenzione. Tuttavia, la vendita, da parte della madre, dell’automobile di cui era proprietaria in Inghilterra non è stata ritenuta al riguardo sufficientemente significativa. Nondimeno, dall’altra parte, tenuto conto del fatto che la madre non aveva informato della sua partenza né il suo datore di lavoro né il proprietario del suo appartamento, si poteva anche seriamente dubitare di tale volontà.

84.      Inoltre, pur se la volontà della madre di lasciare l’Inghilterra non dava pressoché adito a dubbi, sussistevano tuttavia altri elementi che inducevano a dubitare della sua ferma intenzione di stabilirsi a la Riunione. Segnatamente, dalla corrispondenza scambiata poco prima della sua partenza e, in particolare, da una cartolina inviata dall’aeroporto il giorno della partenza, si poteva dedurre che, più che una decisione meditata a fondo di rifarsi una vita a la Riunione, tale partenza fosse da considerare una reazione allo stress determinato dalle minacce, proferite dal padre, di avviare un procedimento giudiziario al fine di ottenere il riconoscimento della sua autorità genitoriale sulla minore.

85.      Certo, come sopra sottolineato, la partenza lecita da uno Stato membro e lo stabilimento di una nuova residenza in un altro Stato membro non comportano necessariamente, automaticamente e immediatamente l’acquisizione di una nuova residenza abituale nel secondo Stato membro. Resta però il fatto che, come ha fatto notare il governo tedesco nel corso dell’udienza, in una situazione come quella di cui alla causa principale, la volontà della persona che è unica titolare dell’autorità genitoriale sul minore deve sicuramente essere presa in considerazione in modo preponderante.

86.      Tale presa in considerazione si impone ancora di più nella causa principale, se si considera che, alla data del trasferimento, la minore era un neonato.

87.      La presa in considerazione dell’età del minore può risultare utile nell’ambito sia dell’esame della perdita di una residenza abituale sia dell’acquisizione di una nuova residenza abituale. Poiché un minore in tenera età è particolarmente dipendente dalla madre e quest’ultima rappresenta il suo «orizzonte vitale», è evidente che la volontà della madre di lasciare lecitamente uno Stato membro per stabilirsi o ristabilirsi in un altro Stato membro è un elemento decisivo nella valutazione della perdita della residenza abituale del detto neonato. La tenera età del minore comporta inoltre che possano ricorrere molto facilmente le condizioni della sua integrazione nel nuovo ambiente familiare e sociale.

88.      Tale preponderante presa in considerazione della volontà dell’unico titolare dell’autorità genitoriale non implica affatto che non si debba in alcun modo tenere conto di altri fattori.

89.      Al contrario, tale volontà deve poter trovare conferma in elementi concreti, che possono essere, come sottolineato dalla Corte nella citata sentenza A, l’acquisto o la locazione di un alloggio nel nuovo Stato membro. Tuttavia, sono elementi rilevanti al fine di valutare tale volontà anche il ritorno nel proprio paese d’origine o il ritorno presso membri della propria famiglia. Così può essere, in particolare, in una situazione come quella di cui alla causa principale, nella quale il padre ha lasciato il domicilio comune poco prima della nascita della minore. Anche considerazioni tanto psicologiche quanto economiche possono consentire di valutare, in siffatte circostanze, il significato di una partenza.

90.      Come sottolineato dal governo tedesco nel corso dell’udienza, tale volontà non può, tuttavia, essere ignorata sulla sola base dell’asserzione che il trasferimento della minore sarebbe stato essenzialmente motivato dalla preoccupazione di conservare un diritto di affidamento esclusivo.

91.      Al riguardo, il padre della minore ha, in sostanza, fatto valere che la partenza della madre con la minore è avvenuta nello specifico intento di permetterle di sottrarsi dalla giurisdizione delle corti e dei tribunali inglesi e al fine di stabilire collegamenti giuridici e giurisdizionali artificiali, violando il diritto sia della minore che del padre a una vita familiare, garantito dall’art. 7 della Carta e dall’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, nonché i diritti della minore garantiti dall’art. 24 della Carta. Egli sottolinea che gli effetti dannosi della sottrazione dei minori si fanno sentire nella quotidianità e tali effetti non possono essere relativizzati sulla base di considerazioni giuridiche astratte come quelle relative alla questione se, al momento del trasferimento della minore, titolare della responsabilità genitoriale fosse solo la madre o lo fossero entrambi i genitori. Egli aggiunge che né il regolamento n. 2201/2003 né la Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori stabiliscono distinzioni in base allo stato civile dei genitori, a seconda che questi ultimi siano o meno sposati.

92.      Tali asserzioni, quand’anche corrispondessero alla realtà, cosa che non è possibile determinare sulla base del solo fascicolo, devono tuttavia essere respinte.

93.      È importante non perdere di vista il fatto che la determinazione della residenza abituale di un minore ha come unico obiettivo l’individuazione dell’autorità giurisdizionale che, in conformità del principio di vicinanza e nell’interesse superiore del minore, è considerata la più prossima al minore. Tale esame, come già rilevato, deve essere svolto dal punto di vista del minore e in nessun caso dal punto di vista dei genitori, a prescindere dalla legittimità della loro domanda riguardante tale minore.

94.      Le autorità giurisdizionali nazionali non possono, senza minare le fondamenta stesse su cui poggia il regolamento n. 2201/2003, fondare la loro competenza esclusivamente in base alla considerazione che i diritti legittimi dei richiedenti non possono essere adeguatamente protetti dalle autorità giurisdizionali di un altro Stato membro.

95.      A titolo di conclusione, occorre insistere in particolar modo sul fatto che le autorità giurisdizionali nazionali chiamate a pronunciarsi sulla loro competenza in virtù dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 devono, nell’ambito della determinazione della residenza abituale di un minore e, in particolare, per valutare l’effettività di un trasferimento di residenza abituale a seguito di un trasferimento lecito, adottare tutte le misure necessarie al fine di dare alla persona che dispone in via esclusiva della potestà genitoriale ed è all’origine del trasferimento i mezzi per essere sentita in modo pieno e compiuto. Risulta indispensabile non solo che tale persona sia messa nelle condizioni di poter presentare osservazioni, ma anche che sia fatto tutto il possibile affinché abbia l’opportunità di esporre le ragioni della sua partenza.

96.      Dalla decisione di rinvio risulta che, se ciò è effettivamente avvenuto prima dell’adozione dell’ordinanza del 15 aprile 2010, lo stesso non si è verificato invece per l’ordinanza del 12 ottobre 2009, che segna il momento in cui, ai sensi dell’art. 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003, l’autorità giurisdizionale è stata adita nella controversia principale.

B –    Sulla valutazione della competenza delle autorità giurisdizionali nazionali in caso di cambiamento di residenza abituale

97.      Partendo dal principio che la Corte deve, con la sentenza pregiudiziale, fornire una risposta utile e completa alla questione posta dal giudice del rinvio e, in via accessoria, fornire a tutte le autorità giurisdizionali degli Stati membri tenute ad applicare il regolamento n. 2201/2003 gli strumenti che consentano loro di pronunciarsi sulla loro competenza, sarebbe opportuno ricordare che il regolamento n. 2201/2003 ha stabilito un sistema di competenze completo e coerente, nell’ambito del quale la residenza abituale di un minore è solo uno dei criteri, foss’anche il più importante, sulla cui base le autorità giurisdizionali nazionali devono stabilire la loro competenza. Propongo pertanto di fornire qualche chiarimento riguardo a qual è e dovrebbe essere il compito delle autorità giurisdizionali nazionali ai sensi del regolamento n. 2201/2003.

1.      Chiarimenti riguardo al compito delle autorità giurisdizionali nazionali ai sensi del regolamento n. 2201/2003

98.      L’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003, che stabilisce la competenza generale dell’autorità giurisdizionale dello Stato membro in cui il minore ha la residenza abituale, si applica, ai sensi del suo n. 2, solo fatte salve le disposizioni degli articoli 9, 10 e 12 del detto regolamento.

99.      Le autorità giurisdizionali degli Stati membri chiamate a pronunciarsi sulla loro competenza in forza del regolamento n. 2201/2003 devono dunque, a tal fine, seguire il percorso previsto dall’art. 8, n. 2, di tale regolamento. Esse devono verificare innanzi tutto se siano competenti ai sensi degli artt. 9, 10 e 12 del regolamento n. 2201/2003. In caso negativo, esse devono determinare la loro competenza in virtù dell’art. 8, n. 1, del detto regolamento, nel quadro e secondo il metodo prescritto dalla Corte nella propria giurisprudenza e, segnatamente, nella citata sentenza A, per determinare la residenza abituale del minore.

100. Supponendo che il metodo così seguito non permetta di determinare la residenza abituale del minore, le autorità giurisdizionali nazionali adite dovranno allora pronunciarsi sulla base delle altre disposizioni del regolamento n. 2201/2003, o in virtù dell’art. 13 di quest’ultimo qualora sia impossibile determinare la residenza abituale di un minore, o in virtù dell’art. 15 dello stesso regolamento qualora appaia loro ragionevole dichiarare la loro incompetenza in base alla residenza abituale del minore (39).

101. Al riguardo, vanno sottolineate le diverse articolazioni del compito delle autorità giurisdizionali nazionali a titolo del regolamento n. 2201/2003 (40).

102. L’art. 17 del regolamento n. 2201/2003 impone alle autorità giurisdizionali nazionali l’obbligo di sollevare d’ufficio la loro incompetenza, nei limiti in cui la loro competenza non sia fondata ai sensi del detto regolamento e l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro sia competente in virtù dello stesso regolamento.

103. Cionondimeno, dal sistema del regolamento n. 2201/2003 si può certamente desumere che esso pone loro anche l’obbligo, oltre che di esaminare la loro competenza (41), imponendo loro eventualmente di invitare le parti a presentare osservazioni al riguardo (42), di fondare d’ufficio la loro competenza sul regolamento di cui trattasi. Inoltre, in tale contesto, esse sono tenute, al fine di garantire l’interesse superiore del minore, ad esaminare tutti i possibili titoli di competenza e, segnatamente, l’opportunità di dichiarare la loro incompetenza in favore di un’altra autorità giurisdizionale in posizione migliore per pronunciarsi.

104. La Corte non si è pronunciata in senso diverso nella citata sentenza A (43), nella quale menziona l’ipotesi eccezionale in cui, non essendo possibile determinare la residenza abituale di un minore, il giudice nazionale deve decidere, ai sensi dell’art. 13 del regolamento n. 2201/2003, di dichiarare la propria incompetenza in favore delle autorità giurisdizionali dello Stato membro nel quale è presente il minore. Parimenti, un giudice nazionale può dichiarare la propria incompetenza sulla base dell’art. 16 del regolamento di cui trattasi. Tali due possibilità verranno esaminate in seguito.

2.      L’esame dell’opportunità di rinviare a un’altra autorità giurisdizionale

105. La causa principale illustra molto bene le circostanze nelle quali un’autorità giurisdizionale potrebbe rinviare a un’altra. La High Court of Justice (England & Wales), Family Division, avrebbe certamente potuto, tenuto conto dei dubbi espressi nell’ordinanza 15 aprile 2010, dichiarare la propria incompetenza sulla base dell’art. 13 del regolamento n. 2201/2003. A sua volta, alla luce dell’evoluzione della situazione, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) avrebbe potuto decidere di rinviare la causa alle autorità giurisdizionali francesi, che ormai erano sicuramente nella posizione migliore per pronunciarsi sulla controversia principale.

a)      Il rinvio all’autorità giurisdizionale del luogo in cui si trova il minore: l’art. 13 del regolamento n. 2201/2003

106. L’art. 13, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 prevede che, qualora non sia possibile stabilire la residenza abituale del minore né determinare la competenza ai sensi dell’art. 12 dello stesso regolamento, sono competenti i giudici dello Stato membro in cui si trova il minore.

107. Nella motivazione della sua decisione di rinvio, il giudice a quo si è chiesto se fosse possibile ritenere che il 12 ottobre 2009 la minore non avesse più una residenza abituale.

108. Nelle proprie osservazioni scritte la Commissione ha menzionato tale eventualità. Richiamando una sentenza del giudice Brandon of Oakbrook (44), essa sottolinea infatti che in un solo giorno una persona può cessare di risiedere abitualmente in uno Stato membro, laddove lasci tale Stato con la ferma intenzione di non farvi ritorno e decida, invece, di trasferire stabilmente la propria residenza in un altro Stato membro. Al contrario, tale persona non può divenire residente abituale nel secondo Stato membro in un solo giorno, in quanto a tal fine sono necessari un periodo di tempo relativamente lungo e un’intenzione ben ferma. Pertanto, durante tale periodo di tempo relativamente lungo, la persona avrà perso la residenza abituale nel primo Stato membro senza tuttavia aver acquisito una nuova residenza abituale nel secondo Stato membro. La Commissione ne deduce che spetta al giudice determinare se la madre avesse la ferma intenzione di non fare ritorno in Inghilterra, con l’obbligo a carico di quest’ultima di comprovarlo in conformità delle disposizioni del diritto nazionale del giudice del rinvio.

109. In un tono leggermente diverso, il governo del Regno Unito ha del pari fatto valere che un giudice nazionale poteva, dopo aver preso in considerazione tutti i fattori pertinenti e basandosi sulle specificità del caso di specie, ritenere che un minore potesse perdere la propria residenza abituale in uno Stato membro immediatamente dopo la sua partenza da tale Stato. Al riguardo, esso sottolinea che una siffatta situazione non comporta una riduzione della protezione del minore, in quanto l’art. 13 del regolamento n. 2201/2003 prevede appunto la competenza dello Stato membro nel quale è presente il minore.

110. Si potrebbe pertanto sottolineare ancora una volta che spetta alle autorità giurisdizionali nazionali esaminare se ricorrano i presupposti per l’applicazione dell’art. 13 del regolamento n. 2201/2003 e se occorra, di conseguenza, applicare tale disposizione.

b)      Il rinvio all’autorità giurisdizionale nella posizione migliore per pronunciarsi: l’art. 16 del regolamento n. 2201/2003 e l’eccezione del forum non conveniens

111. L’art. 15 del regolamento n. 2201/2003 prevede che, in via eccezionale, le autorità giurisdizionali competenti di uno Stato membro, qualora ritengano che l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro, con il quale il minore ha un legame particolare, sia in una posizione migliore per trattare il caso e ove ciò corrisponda all’interesse superiore del minore, possono sospendere il procedimento e invitare le parti a presentare domanda all’autorità giurisdizionale dell’altro Stato membro, conformemente al n. 4 di tale articolo, oppure chiedere all’autorità giurisdizionale dell’altro Stato membro di assumere la competenza ai sensi del n. 5 dello stesso articolo.

112. L’art. 15, n. 2, del regolamento n. 2201/2003 prevede che, inter alia, tale possibilità possa essere utilizzata su iniziativa dell’autorità giurisdizionale nazionale adita.

113. Si potrebbe dunque sottolineare che spetta al giudice del rinvio esaminare se nella situazione di cui alla causa principale ricorrano i presupposti per l’applicazione dell’art. 15 del regolamento n. 2201/2003 e se, di conseguenza, occorra applicare tale disposizione.

C –    Conclusione

114. La prima questione pregiudiziale posta dal giudice del rinvio richiede quindi la risposta seguente. In generale, un’autorità giurisdizionale nazionale, adita con una domanda relativa alla responsabilità genitoriale su un minore, deve pronunciarsi esplicitamente sulla sua competenza in virtù del regolamento n. 2201/2003 dopo aver passato in rassegna nel suo esame i diversi fondamenti in base ai quali tale competenza può essere determinata in base allo stesso regolamento. Nell’ambito di tale esame, ad essa spetta accertare, nell’interesse superiore del minore, la residenza abituale di quest’ultimo, valutando tutte le circostanze di fatto specifiche del caso di specie. In particolare, in circostanze quali quelle della causa principale, la quale è caratterizzata, da una parte, dalla liceità del trasferimento di un minore dallo Stato membro in cui aveva la residenza abituale in un altro Stato membro e, dall’altra, dall’adizione immediata, ma posteriore, di un’autorità giurisdizionale dello Stato membro della residenza iniziale, tale autorità giurisdizionale deve, più precisamente, adoperarsi per determinare se detto trasferimento comporti effettivamente, in breve termine, la perdita della residenza abituale iniziale del minore e l’acquisizione di una nuova residenza abituale nello Stato membro di destinazione. A tal fine, detta autorità giurisdizionale deve prendere in considerazione, in modo preponderante e identificabile, la volontà della persona titolare della potestà genitoriale all’origine del trasferimento lecito, tenendo conto, in particolare, dell’età del minore e dopo aver dato a tale persona l’opportunità di presentare le proprie osservazioni e di esporre in modo pieno e compiuto le ragioni che hanno motivato tale trasferimento. È alla persona che contesta l’acquisizione di una nuova residenza abituale in tali circostanze che incombe l’onere di presentare elementi idonei a provare che il trasferimento non trova la propria ragione nella volontà di stabilire una nuova residenza abituale nello Stato membro di destinazione. Infine, qualora non fosse possibile accertare la residenza abituale del minore, l’autorità giurisdizionale nazionale dovrà allora constatare tale circostanza e, in ossequio al principio di vicinanza, pronunciarsi sulla propria competenza, fondandosi sulle disposizioni dell’art. 13 o dell’art. 15 del regolamento n. 2201/2003.

VI – Sulla seconda e terza questione

A –    Osservazioni preliminari sulla rilevanza delle questioni sottoposte

1.      Inquadramento del problema

115. Con la prima questione (45), secondo trattino, e con la terza questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 che stabilisce le regole sulla competenza nei casi di sottrazione di minori.

116. Inoltre, con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se, ai fini di quanto stabilito dal regolamento n. 2201/2003, un giudice possa costituire una «istituzione o altro ente», nozioni ed espressione utilizzate solo dagli artt. 10 e 11 del regolamento di cui trattasi.

117. Come sottolineato dalla Commissione nelle proprie osservazioni scritte, il giudice del rinvio non illustra i motivi in base ai quali per risolvere la controversia di cui è stato investito sia necessario ottenere una soluzione a tale questione. Essa sottolinea tuttavia che tale questione sembra trarre origine dalla premessa secondo cui, se le autorità giurisdizionali inglesi hanno acquisito un diritto di affidamento dal 9 ottobre 2010, il mancato ritorno della minore in Inghilterra risulterebbe illecito e quindi sarebbe di natura tale da far scattare l’applicazione sia della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori sia dell’art. 11 del regolamento n. 2201/2003, specificatamente dedicato al ritorno del minore nei casi di illecito trasferimento o mancato ritorno.

118. Il padre della minore sostiene al riguardo, inter alia, che, pur se la partenza della madre con la minore non era inizialmente illecita, il mancato ritorno della minore in Inghilterra è divenuto illecito a causa dell’inosservanza da parte della madre delle ordinanze emesse dalle autorità giurisdizionali inglesi.

119. Al riguardo, potrebbe inoltre ritenersi che anche la seconda questione posta dal giudice del rinvio faccia implicito riferimento alle disposizioni dell’art. 11 del regolamento n. 2201/2003.

120. Dalle questioni poste dal giudice del rinvio emerge pertanto che quest’ultimo ritiene, almeno implicitamente, che i fatti di cui alla causa principale siano assimilabili a una sottrazione di minore e che, pertanto, trovino applicazione sia la Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori sia gli artt. 10 e 11 del regolamento n. 2201/2003.

121. Orbene, dalla stessa decisione di rinvio emerge che l’appellante nella causa principale ha lecitamente lasciato l’Inghilterra per la Riunione, come, del resto, è stato constatato nell’ordinanza della High Court of Justice (England & Wales), Family Division, del 15 aprile 2010. La decisione di rinvio indica infatti che l’appellante nella causa principale era l’unica titolare della responsabilità genitoriale nei confronti della minore e, di conseguenza, l’unica a disporre di un diritto di affidamento ai sensi degli artt. 3 e 5 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori.

122. Il giudice del rinvio precisa che, in Inghilterra e in Galles, un padre non è ipso iure titolare della responsabilità genitoriale su un minore nato al di fuori del matrimonio. Tale responsabilità genitoriale può tuttavia essere ottenuta dal padre o mediante l’indicazione del suo nome come padre sull’atto di nascita del figlio, oppure tramite un accordo sulla responsabilità genitoriale stipulato con la madre, o ancora in virtù di un’ordinanza giurisdizionale che gli attribuisce la responsabilità genitoriale («parental responsibility order»).

123. Alla luce della situazione di fatto di cui alla causa principale, anche i governi tedesco e francese hanno avanzato, nel corso dell’udienza, dubbi sulla rilevanza delle questioni poste dal giudice del rinvio.

2.      Valutazione

124. In proposito, occorre innanzi tutto ricordare che il «trasferimento illecito o mancato ritorno di un minore», ai sensi dell’art. 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003, sussiste solo se vi è violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione giudiziaria, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro.

125. Nella fattispecie, come rilevato dal giudice del rinvio, e come riconosciuto tanto dall’appellante e dall’appellato nella causa principale quanto dal governo del Regno Unito e dalla Commissione nelle loro osservazioni scritte e orali, nonché dai governi tedesco, irlandese e francese nelle loro osservazioni orali, la partenza della madre con la minore è stata lecita. Non si è verificata alcuna violazione né del diritto di affidamento del padre né del diritto di affidamento di un’altra istituzione o un altro ente (46).

126. Orbene, l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003, che stabilisce una specifica norma di competenza nei casi di sottrazione di minore, trova applicazione, appunto, solo in caso di illecito trasferimento o mancato ritorno di un minore ai sensi dell’art. 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003.

127. Come dichiarato dalla Corte nella sentenza McB. (47), l’illiceità del trasferimento di un minore ai fini dell’applicazione del regolamento n. 2201/2003 dipende esclusivamente dall’esistenza di un diritto di affidamento, conferito dal diritto nazionale applicabile, in violazione del quale tale trasferimento ha avuto luogo.

128. Nella stessa sentenza la Corte ha altresì statuito che tale interpretazione del regolamento n. 2201/2003 non era incompatibile con i diritti garantiti dalla Carta e, segnatamente, con gli artt. 7 e 24 di quest’ultima, che garantiscono, rispettivamente, il diritto al rispetto della vita privata e familiare e i diritti fondamentali del bambino, purché tuttavia il padre disponesse del diritto di chiedere che gli venisse conferito il diritto di affidamento sul proprio figlio prima del trasferimento di quest’ultimo (48).

129. Occorre aggiungere al riguardo che, ai sensi dell’art. 3 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, si può ritenere che vi sia «trasferimento illecito» o «mancato rientro illecito» di un minore solo al verificarsi di due condizioni. La prima condizione è che deve sussistere una violazione di un diritto di affidamento attribuito in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro (49). La seconda è che tale diritto deve essere stato effettivamente esercitato (50).

130. L’art. 3 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori precisa, peraltro, al suo secondo comma che il diritto di affidamento può derivare in particolare dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo vigente in base alla legislazione del detto Stato. In altri termini, le modalità di attribuzione del diritto di affidamento ai sensi della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori corrispondono alle tre modalità di attribuzione della responsabilità genitoriale prevista dalla legislazione dell’Inghilterra e del Galles.

131. Ne consegue che, alla luce delle informazioni fornite alla Corte dal giudice del rinvio stesso e non contestate, l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 non sembra essere applicabile alla situazione di cui alla causa principale.

132. Nondimeno, tanto l’appellante e l’appellato, nella causa principale, nonché il governo del Regno Unito e la Commissione, nelle loro osservazioni scritte, quanto i governi tedesco, irlandese e francese, all’udienza, nonostante i dubbi nutriti al riguardo, hanno voluto fornire elementi di soluzione alle questioni così poste.

133. Propongo pertanto di esaminare brevemente, qui di seguito, la seconda e la terza questione formulate dal giudice del rinvio, ma in via meramente subordinata.

134. Tuttavia, sarebbe opportuno cogliere l’occasione offerta dalla presente causa per ricordare alle autorità giurisdizionali nazionali che, fra gli obblighi ad esse incombenti nell’ambito del procedimento pregiudiziale istituito dall’art. 267 TFUE, vi è quello di esporre i motivi per i quali ritengono che una soluzione alla o alle questioni che esse pongono sia loro necessaria per risolvere la controversia di cui sono investite. Tale esigenza si impone con particolare intensità nel quadro dei procedimenti pregiudiziali d’urgenza.

B –    Sulla seconda questione

135. Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi sulla questione se un’autorità giurisdizionale possa o meno costituire «un’istituzione o altro ente» al quale può essere attribuito un diritto di affidamento ai sensi del regolamento n. 2201/2003.

136. Come precisato nelle osservazioni preliminari di cui sopra, tale questione richiede un’interpretazione degli artt. 10 e 11 del regolamento n. 2201/2003, le uniche disposizioni del detto regolamento che menzionano, con riferimento al diritto di affidamento, l’«istituzione» o «un altro ente» (51).

137. Il regolamento n. 2201/2003 non definisce ciò che ai sensi degli artt. 10 e 11 dovrebbe intendersi per «istituzione».

138. Nella citata sentenza McB. (52) la Corte ha tuttavia precisato al riguardo che, a differenza della nozione di «diritto di affidamento», nozione comunitaria autonoma rispetto al diritto degli Stati membri in quanto essa è definita all’art. 2, punto 9, del regolamento n. 2201/2003, la designazione del titolare del diritto di affidamento rientra, alla luce della lettera dell’art. 2, punto 11, del detto regolamento, nell’ambito del diritto degli Stati membri (53).

139. L’appellante e l’appellato nella causa principale, i governi del Regno Unito, irlandese e francese, nonché la Commissione hanno richiamato, in modo generale, la citata sentenza McB., pur sottolineando, nelle loro memorie scritte o all’udienza, che non vedevano alcun impedimento all’attribuzione ad un’autorità giurisdizionale di un diritto di affidamento.

140. Soltanto il governo tedesco ha fatto valere, all’udienza, che non era possibile riconoscere a un’autorità giurisdizionale, adita proprio con una domanda relativa al diritto di affidamento di un minore, in virtù dell’art. 1, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003, la qualità di istituzione ai sensi degli artt. 10 e 11 del detto regolamento, senza mettere in pericolo l’applicazione uniforme del detto regolamento. Nondimeno, tale governo aggiunge comunque che il regolamento n. 2201/2003 non esclude la possibilità che un siffatto diritto sia riconosciuto in capo a un’autorità giurisdizionale.

141. Come dichiarato dalla Corte nella citata sentenza McB., si ritiene dunque, in maniera generale, che le condizioni di attribuzione dei diritti di affidamento e di potestà genitoriale rientrino nel campo del diritto degli Stati membri. Tuttavia, la questione se anche la nozione di «istituzione» di cui agli artt. 10 e 11 del regolamento n. 2201/2003 debba, in tale contesto, essere lasciata agli Stati membri, potrebbe, tenuto conto dell’obiezione formulata dal governo tedesco, essere oggetto di discussione.

142. A tale riguardo si può osservare che l’art. 2, punto 9, del regolamento n. 2201/2003 definisce il «diritto di affidamento» come «i diritti e doveri concernenti la cura della persona di un minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di residenza». Invero, l’art. 2, punto 7, dello stesso regolamento precisa che il diritto di affidamento così definito è uno degli attributi della responsabilità genitoriale, essa stessa definita come l’insieme dei «diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore».

143. La comparazione dell’art. 2, punto 7, del regolamento n. 2201/2003, che definisce la responsabilità genitoriale senza far rinvio ai diritti nazionali, e dell’art. 2, punto 11, del detto regolamento, che definisce il trasferimento illecito o il mancato ritorno, potrebbe autorizzare un’interpretazione secondo la quale spetterebbe alla Corte determinare ciò che, ai sensi di tali due disposizioni, la nozione di «istituzione» comprende.

144. Tuttavia, risulta piuttosto difficile ipotizzare che la Corte possa effettivamente dare un’interpretazione autonoma e uniforme di tale nozione, tenendo conto del contesto delle disposizioni e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi (54) e tentando di attribuirle un significato idoneo a rispondere pienamente all’obiettivo da questa perseguito, rinviando nel contempo per il resto al diritto degli Stati membri (55).

145. In ogni caso, all’udienza i governi del Regno Unito e irlandese hanno insistito sull’importanza che riveste la possibilità di riconoscere a un’autorità giurisdizionale la qualità di istituzione titolare del diritto di affidamento, con riferimento all’applicazione del regolamento n. 2201/2003 e della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori. Infatti, in taluni Stati membri, come ad esempio in Irlanda e in Inghilterra e Galles, i diritti in materia di responsabilità e di diritto di affidamento non sono automaticamente conferiti ai padri naturali, in quanto questi ultimi possono ottenere tali diritti solo con il consenso della madre oppure, in mancanza di consenso, con una decisione delle autorità giurisdizionali competenti. In tali circostanze, sarebbe indispensabile che le autorità giurisdizionali, alle quali i padri naturali sottopongono domande di riconoscimento della loro autorità genitoriale, dispongano di un diritto di affidamento. Qualora non esistesse un tale diritto, le autorità giurisdizionali adite non potrebbero impedire alle madri, nell’attesa di decisioni che assegnino eventualmente ai padri l’autorità genitoriale, di lasciare il territorio, successivamente all’avvio di procedimenti, nell’intento di sottrarsi ai detti procedimenti.

146. All’udienza, la Commissione ha al riguardo precisato, in risposta all’argomento del governo tedesco, che il diritto di affidamento quale riconosciuto alle autorità giurisdizionali all’interno di tali Stati membri era riconosciuto in virtù della loro legislazione e, quindi, in virtù della legge e non in conseguenza del mero fatto che esse siano state adite.

147. Di conseguenza, propongo di risolvere la seconda questione posta dal giudice del rinvio dichiarando che l’art. 2, punti 7, 9 e 11, nonché gli artt. 10 e 11 del regolamento n. 2201/2003 devono essere interpretati nel senso che un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro può costituire un’«istituzione o altro ente» ai sensi di tali disposizioni, alla quale può essere conferito un diritto di affidamento ai fini delle disposizioni del detto regolamento, purché l’assegnazione di tale diritto di affidamento derivi direttamente dalla legge del detto Stato membro.

C –    Sulla terza questione

148. La terza questione del giudice del rinvio verte sull’interpretazione degli artt. 10 e 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003 e, più precisamente, sulla normativa applicabile in caso di coesistenza di decisioni confliggenti adottate dalle autorità giurisdizionali di due Stati membri, una sulla base del regolamento n. 2201/2003 e l’altra sulla base della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori.

1.      Osservazioni delle parti della causa principale, dei governi degli Stati membri interessati e della Commissione

149. La madre della minore fa principalmente valere che, poiché il trasferimento è avvenuto lecitamente, l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 non è applicabile. Nondimeno, essa ha precisato che occorre risolvere la prima parte della terza questione posta dal giudice del rinvio nel senso che l’art. 10, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 non continua ad applicarsi dopo che le autorità giurisdizionali dello Stato membro richiesto hanno respinto una domanda volta a ottenere il ritorno del minore a norma della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori. Per contro, essa non propone alcuna soluzione diretta alla seconda parte della terza questione posta dal giudice del rinvio. Essa si limita infatti a far osservare che, applicato correttamente, il sistema del regolamento n. 2201/2003 deve permettere di evitare qualsiasi conflitto e, al riguardo, insiste sulla necessità che le autorità giurisdizionali degli Stati membri utilizzino la Rete giudiziaria europea, nonché sulla necessità di un’applicazione uniforme delle norme sulla litispendenza e di un rigoroso rispetto delle norme di adizione di cui all’art. 16 del regolamento n. 2201/2003. In ogni caso, qualora non potesse risolversi il problema della competenza, spetterebbe allora alle autorità giurisdizionali nazionali applicare l’art. 15 del regolamento n. 2201/2003, al fine di tutelare l’interesse superiore dei minori nel rispetto della Carta e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

150. Il padre della minore fa valere che, poiché le autorità giurisdizionali inglesi sono state adite per prime con una domanda in materia di responsabilità genitoriale, l’autorità giurisdizionale francese, adita dalla madre, in data 28 ottobre 2009, con una domanda identica, avrebbe dovuto, in conformità dell’art. 19 del regolamento n. 2201/2003, sospendere il giudizio fino a che non fosse stata accertata la competenza delle autorità giurisdizionali inglesi. La decisione del giudice francese del 15 marzo 2010 sulla domanda relativa al ritorno della minore a norma della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori non consentirebbe di fondare la competenza del giudice francese.

151. Il governo del Regno Unito ricorda che, ai sensi dell’art. 60, lett. e), del regolamento n. 2201/2003, quest’ultimo prevale sulla Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, ma, in conformità dell’art. 62 del regolamento n. 2201/2003, la detta convenzione continua a produrre effetti nelle materie non disciplinate dal detto regolamento. Constatando che il regolamento n. 2201/2003 disciplina l’applicazione della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori soltanto in modo limitato, allorché una domanda è proposta sulla base di quest’ultima, esso ritiene che l’autorità giurisdizionale che per prima è stata investita di una causa relativa alla responsabilità genitoriale non sia, nell’esame della propria competenza in virtù del detto regolamento, vincolata alla decisione di un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro che si è pronunciata su una domanda a titolo della detta convenzione.

152. Il governo tedesco, pur sottolineando all’udienza l’irrilevanza della terza questione del giudice del rinvio ai fini della soluzione della controversia principale, in quanto il trasferimento della minore è avvenuto lecitamente, ha voluto presentare comunque la propria posizione. Esso sottolinea al riguardo che pur se l’art. 17 del regolamento n. 2201/2003 impone alle autorità giurisdizionali degli Stati membri l’obbligo di verificare la loro competenza, in virtù di tale regolamento come in virtù della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, non vi è alcuna disposizione che stabilisca quale autorità giurisdizionale sia competente a decidere in ultima istanza. Tuttavia, poiché i due strumenti si fondano sui medesimi presupposti e poiché gli Stati membri sono tenuti ad osservarli e a vigilare sull’uniformità delle loro decisioni, il fatto che essi si sovrappongono deve poter consentire di evitare qualsiasi conflitto. Nondimeno, poiché le norme procedurali e le regole sulla prova sono diverse, può avvenire che l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro fondi la propria competenza sull’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 quando al contempo l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro ha precedentemente respinto una domanda di ritorno a norma della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori.

153. Il governo francese sottolinea innanzi tutto che, giacché l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 non è applicabile, la prima parte della terza questione del giudice del rinvio è irrilevante. Esso ritiene, in risposta alla seconda parte della terza questione del giudice del rinvio, che un’autorità giurisdizionale adita sulla base della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori non possa disciplinare un eventuale conflitto di giurisdizione fra due autorità giurisdizionali adite in base al regolamento n. 2201/2003. Un siffatto conflitto è per contro disciplinato dall’art. 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003.

154. La Commissione tenta di rispondere alla terza questione ricordando le norme di cui agli artt. 8, 10 e 11 del regolamento n. 2201/2003. In primo luogo, l’autorità giurisdizionale inglese può dichiararsi competente sulla base dell’art. 8 del detto regolamento se è soddisfatta la condizione relativa alla residenza abituale. La decisione che essa adotta su tale fondamento, provvisoria o definitiva, diventa esecutiva, in conformità delle disposizioni di cui al capo III del detto regolamento. L’adizione di un’autorità giurisdizionale determina l’applicazione dell’art. 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003, per cui l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro adita con una domanda avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo dovrà sospendere il giudizio.

155. In secondo luogo, pur precisando che le autorità giurisdizionali inglesi non possono dichiararsi competenti sulla base dell’art. 10 del regolamento n. 2201/2003, essa considera che l’adizione di un’autorità giurisdizionale su tale base determina, allo stesso modo, l’applicazione delle disposizioni relative alla litispendenza, tranne se tale autorità giurisdizionale sia adita con una domanda di misure provvisorie in conformità dell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003.

156. In terzo luogo, essa ritiene che l’art. 11 del regolamento n. 2201/2003 imponga di distinguere fra la competenza dello Stato richiesto per stabilire se si debba ordinare il ritorno del minore e la competenza dello Stato membro d’origine ad annullare tale decisione. Lo Stato richiesto è competente in virtù della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori e non dell’art. 11 del regolamento n. 2201/2003, in quanto l’autorità giurisdizionale adita in detto Stato membro deve essere competente a risolvere la questione preliminare se il minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell’art. 3 della detta convenzione. Qualora tale autorità giurisdizionale ritenesse che così non è nella fattispecie, tale decisione non potrebbe vincolare l’autorità giurisdizionale dello Stato d’origine successivamente adita in virtù dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003.

157. La Commissione ne conclude che le decisioni adottate dalle autorità giurisdizionali di uno Stato richiesto sono limitate all’applicazione della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori e non possono avere alcuna ripercussione pratica sui criteri generali di competenza di cui al regolamento n. 2201/2003.

2.      Valutazione

158. Come si può constatare, le soluzioni alla terza questione sono molto contrastanti. Per la verità, come ha fatto osservare la Commissione nelle proprie memorie, detta questione, nel modo in cui è stata posta dal giudice del rinvio, non corrisponde pienamente alla formulazione della duplice questione che essa pone. Al riguardo si impongono dunque chiarimenti.

a)      Chiarimenti riguardo alla terza questione

159. In primo luogo, il giudice del rinvio solleva la questione se l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 continui ad applicarsi anche dopo che le autorità giurisdizionali dello Stato membro richiesto hanno respinto una domanda volta a ottenere il ritorno del minore a norma della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, per il fatto che non ricorrono i presupposti per l’applicazione degli artt. 3 e 5 della detta convenzione.

160. In secondo luogo, tale giudice si chiede se l’autorità giurisdizionale francese che, in data 15 marzo 2010, ha respinto la domanda del padre volta a ottenere il ritorno della minore a norma della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, per il fatto che il padre non era titolare del diritto di affidamento sulla minore ai sensi degli artt. 3 e 5 della detta convenzione, potesse, su tale base, dichiararsi competente a conoscere della controversia relativa alla responsabilità genitoriale sulla minore oppure se, al contrario, avrebbe dovuto riconoscere alla High Court of Justice (England & Wales), Family Division, la qualità di autorità giurisdizionale adita per prima conformemente all’art. 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003.

161. Le due questioni vertono quindi essenzialmente sull’applicazione delle norme sulla litispendenza del regolamento n. 2201/2003 in due diverse situazioni. Nella prima coesistono due decisioni confliggenti di autorità giurisdizionali di Stati membri diversi, una adottata in forza del regolamento n. 2201/2003 e l’altra adottata in forza della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori. Nella seconda situazione coesistono due decisioni confliggenti di autorità giurisdizionali di Stati membri diversi, ma entrambe adottate in base al regolamento n. 2201/2003.

b)      Conflitto tra una decisione adottata sul fondamento del regolamento n. 2201/2003 e una decisione adottata sul fondamento della Convenzione dell’Aia sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori

162. La situazione considerata da tale ipotesi (56) è quella nella quale coesistono, da una parte, le decisioni delle autorità giurisdizionali inglesi, che si sono dichiarate competenti a conoscere di una controversia in materia di responsabilità genitoriale sulla base del regolamento n. 2201/2003, rientrante nell’ambito di applicazione degli artt. 10 e 11 del regolamento n. 2201/2003, e, dall’altra, la decisione francese che respinge, in quanto infondata, la domanda a titolo della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori formulata dal padre nel quadro della stessa controversia.

163. Mi sembra che l’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003 contenga la soluzione a tale interrogativo. Detta disposizione prevede, infatti, la possibilità per un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro competente, ai sensi del regolamento n. 2201/2003, di adottare una decisione che prescrive il ritorno di un minore successivamente all’emanazione di un provvedimento contro il ritorno emesso in base all’art. 13 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori.

c)      Conflitto fra le decisioni adottate sul fondamento del regolamento n. 2201/2003

164. La situazione considerata da tale ipotesi è quella nella quale coesistono, da una parte, le decisioni delle autorità giurisdizionali inglesi del 12 ottobre 2009 e del 15 aprile 2010 e, dall’altra, la decisione dell’autorità giurisdizionale francese, le quali hanno stabilito la loro competenza ai sensi del regolamento n. 2201/2003 a conoscere la medesima controversia in materia di responsabilità genitoriale, sebbene su un fondamento diverso.

165. Le disposizioni del regolamento n. 2201/2003 relative alla litispendenza, nella fattispecie quelle dell’art. 19, n. 2, del detto regolamento, sono intese proprio a disciplinare tale tipo di situazione. L’autorità giurisdizionale francese era tenuta a sospendere il giudizio fino a che non fosse stata accertata la competenza dall’autorità giurisdizionale inglese, adita per prima (57).

166. Occorre aggiungere che la circostanza che la decisione dell’autorità giurisdizionale francese sia fondata sulla decisione precedente della stessa autorità giurisdizionale che aveva respinto, in quanto infondata, la domanda a titolo della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori formulata dal padre nulla cambia riguardo a tale considerazione, poiché la prima decisione è stata adottata sulla base del regolamento n. 2201/2003.

d)      Conclusione

167. Di conseguenza, occorre risolvere la terza questione posta dal giudice del rinvio dichiarando che, in primo luogo, il regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla facoltà, per un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro competente in forza dell’art. 10 del detto regolamento, di adottare qualsiasi misura volta ad assicurare il ritorno del minore successivamente ad un provvedimento contro il ritorno emesso in base alla Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori e, in secondo luogo, che l’art. 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro adita con una domanda in materia di responsabilità genitoriale, allorché è adita posteriormente rispetto all’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro adita con una domanda avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, deve sospendere il giudizio fino a che non sia stata accertata la competenza dell’autorità giurisdizionale adita per prima. La circostanza che la competenza dell’autorità giurisdizionale adita per prima si fondi sull’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 e che la competenza dell’autorità giurisdizionale successivamente adita sia stabilita sulla base di un provvedimento contro il ritorno adottato in precedenza ai sensi della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, a motivo dell’insussistenza dei presupposti di cui agli artt. 3 e 5 della detta convenzione, è a tale proposito irrilevante, in quanto la detta autorità giurisdizionale successivamente adita è competente in virtù del detto regolamento.

VII – Conclusioni

168. Sulla scorta di tali considerazioni e ricordando le riserve formulate con riferimento alla rilevanza della seconda e della terza questione, invito la Corte a risolvere le questioni pregiudiziali presentate dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) come segue:

«1)      In generale, un’autorità giurisdizionale nazionale, adita con una domanda relativa alla responsabilità genitoriale su un minore, deve pronunciarsi esplicitamente sulla sua competenza in virtù del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, dopo aver passato in rassegna nel suo esame i diversi fondamenti in base ai quali tale competenza può essere determinata in base allo stesso regolamento.

Nell’ambito di tale esame, ad essa spetta accertare, nell’interesse superiore del minore, la residenza abituale di quest’ultimo, valutando tutte le circostanze di fatto specifiche del caso di specie.

In particolare, in circostanze quali quelle della causa principale, la quale è caratterizzata, da una parte, dalla liceità del trasferimento di un minore dallo Stato membro in cui aveva la residenza abituale in un altro Stato membro e, dall’altra, dall’adizione immediata, ma posteriore, di un’autorità giurisdizionale dello Stato membro della residenza iniziale, tale autorità giurisdizionale deve, più precisamente, adoperarsi per determinare se detto trasferimento comporti effettivamente, in breve termine, la perdita della residenza abituale iniziale del minore e l’acquisizione di una nuova residenza abituale nello Stato membro di destinazione.

A tal fine, detta autorità giurisdizionale deve prendere in considerazione, in modo preponderante e identificabile, la volontà della persona titolare della potestà genitoriale all’origine del trasferimento lecito, tenendo conto, in particolare, dell’età del minore e dopo aver dato a tale persona l’opportunità di presentare le proprie osservazioni e di esporre in modo pieno e compiuto le ragioni che hanno motivato tale trasferimento.

È alla persona che contesta l’acquisizione di una nuova residenza abituale in tali circostanze che incombe l’onere di presentare elementi idonei a provare che il trasferimento non trova la propria ragione nella volontà di stabilire una nuova residenza abituale nello Stato membro di destinazione.

Infine, qualora non le fosse possibile accertare la residenza abituale del minore, l’autorità giurisdizionale nazionale dovrà allora constatare tale circostanza e, in ossequio al principio di vicinanza, pronunciarsi sulla propria competenza, fondandosi sulle disposizioni dell’art. 13 o dell’art. 15 del regolamento n. 2201/2003.

2)      L’art. 2, punti 7, 9 e 11, nonché gli artt. 10 e 11 del regolamento n. 2201/2003 devono essere interpretati nel senso che un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro può costituire un’“istituzione o altro ente” ai sensi di tali disposizioni, alla quale può essere conferito un diritto di affidamento ai fini delle disposizioni di detto regolamento, purché l’assegnazione di tale diritto di affidamento derivi direttamente dalla legge di detto Stato membro.

3)      Il regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla facoltà, per un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro competente in forza dell’art. 10 del detto regolamento, di adottare qualsiasi misura volta ad assicurare il ritorno del minore successivamente ad un provvedimento contro il ritorno emesso in base alla Convenzione dell’Aia, del 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori.

L’art. 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro alla quale è posta una domanda in materia di responsabilità genitoriale, allorché è adita posteriormente rispetto all’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro adita con una domanda avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, deve sospendere il giudizio fino a che non sia stata accertata la competenza dell’autorità giurisdizionale adita per prima. Il fatto che la competenza dell’autorità giurisdizionale adita per prima si fondi sull’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 e che la competenza dell’autorità giurisdizionale successivamente adita sia stabilita sulla base di un provvedimento contro il ritorno adottato in precedenza ai sensi della Convenzione dell’Aia, del 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, a motivo dell’insussistenza dei presupposti di cui agli artt. 3 e 5 della detta convenzione, è a tale proposito irrilevante, in quanto la detta autorità giurisdizionale successivamente adita è competente in virtù del detto regolamento».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU L 338, pag. 1.


3 –      Causa C‑523/07 (Racc. pag. I‑2805).


4 – In prosieguo: la «Carta».


5 – UNTS, 1983, vol. 1343, n. 22514, pag. 89, in prosieguo: la «Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori».


6 – Re H (Abduction: Rights of custody) [2000] 1 FLR 374.


7 – V. paragrafo 41 della presente presa di posizione.


8 – V. paragrafo 38 della presente presa di posizione.


9 – V. paragrafi 115 e segg. della presente presa di posizione.


10 – Sull’argomento del padre della minore, v., tuttavia, paragrafo 91 della presente presa di posizione.


11 – Sul sistema di competenza così stabilito, v. paragrafi 104 e segg. della presente presa di posizione.


12 – Fissando in tal modo una regola materiale precisa e uniforme, come aveva fatto l’art. 11, n. 4, del regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1347, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi (GU L 160, pag. 19), l’art. 16 del regolamento n. 2201/2003 contrasta con l’interpretazione fornita dalla Corte dell’art. 21 della Convenzione di Bruxelles del 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), in virtù della quale la questione di sapere in quale momento l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro dovesse essere considerata adita era disciplinata dalla lex fori. V. sentenza 7 giugno 1984, causa 129/83, Zelger (Racc. pag. 2397, punto 16). Su tale aspetto della questione, v., in particolare, Rey, J.,  «L’office du juge – la saisine», in Fulchiron, H., e Nourissat, C., (dir.), Le nouveau droit communautaire du divorce et de la responsabilité parentale, Dalloz, Parigi, 2005, pag. 181.


13 – GU L 324, pag. 79. Il quindicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003 precisa, infatti, che il regolamento n. 1348/2000 disciplina la notificazione e comunicazione dei documenti introduttivi del giudizio proposto a norma del regolamento n. 2201/2003.


14 – Se il giudice nazionale chiamato a pronunciarsi sulla propria competenza è, come ricordato in precedenza, tenuto a farlo con riferimento alla data in cui è stato adito, la valutazione dei criteri della residenza abituale non esclude che possano essere presi in considerazione elementi successivi a tale data, ma antecedenti rispetto alla data in cui il giudice si pronuncia definitivamente. V., al riguardo, Richez-Pons, A., La résidence en droit international privé (conflits de juridictions et conflits de lois), (tesi) Lione, 2004.


15 – La questione del giudice del rinvio è, in realtà, più precisa, in quanto richiama gli artt. 8 e 10 del regolamento n. 2201/2003. Tuttavia, come verrà indicato nelle considerazioni che seguono, la nozione di residenza abituale è e deve essere la stessa a prescindere dalla disposizione del regolamento n. 2201/2003 che viene presa in considerazione. Inoltre, come verrà ulteriormente esposto, vi sono solidi motivi che portano a dubitare della pertinenza della questione riguardante l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003. Infine, pur se la questione così posta richiede effettivamente alcune precisazioni sulla nozione stessa di residenza abituale ai sensi del regolamento n. 2201/2003, la causa principale solleva un problema più ampio rispetto a quello della definizione di tale nozione.


16 – Preciso altresì che, nelle conclusioni presentate nella causa che ha portato alla citata sentenza A, l’avvocato generale Kokott si è, molto opportunamente, lungamente soffermata sull’interpretazione della nozione di residenza abituale (paragrafi 13‑52), interessandosi segnatamente alla genesi del regolamento n. 2201/2003, alle nozioni identiche o simili utilizzate nelle convenzioni internazionali (paragrafi 22‑31) o negli altri settori del diritto comunitario (paragrafi 32‑37) e concentrandosi sui criteri principali da prendere in considerazione per stabilire la residenza abituale di un minore (paragrafi 41‑52). Non appare pertanto necessario riproporre un’analisi pienamente condivisa.


17 – Punto 31.


18 – Sentenza A, cit. (punti 31, 34 e 35).


19 – Ibidem (punto 34).


20 – Ibidem (punto 36).


21 – Ibidem (punto 37).


22 – Sentenza A, cit. (punto 38).


23 – Ibidem (punto 39).


24 – Ibidem (punto 40).


25 – Sentenza A, cit. (punto 42).


26 – Infatti, dall’esposizione di argomenti formulati dinanzi al giudice del rinvio emerge che, al momento dell’adozione dell’ordinanza 15 aprile 2010, la High Court of Justice (England & Wales), Family Division, era a conoscenza dell’esistenza della citata sentenza A, e che, nell’ambito della determinazione della residenza abituale del minore che ha effettuato, essa ha preso in considerazione l’incidenza di quest’ultima sul diritto inglese.


27 – Seguendo l’espressione tratta da Lagarde, P., Rapport explicatif concernant la convention de La Haye du 19 octobre 1996 concernant la compétence, la loi applicable, la reconnaissance, l’exécution et la coopération en matière de responsabilité parentale et de mesures de protection des enfants (UNTS, 2004, vol. 2204, n. 39130) [Relazione esplicativa alla Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996 concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori], Actes et documents de la XVIIIème Session de la Conférence de La Haye, 1996, vol. II, Protection des enfants, n. 41. Tale posizione è ampiamente condivisa in dottrina e in giurisprudenza. V., in particolare, Richez-Pons, A., op. cit., pag. 206.


28 – V. Richez-Pons, A., op. cit., pagg. 206 e segg.


29 – Al riguardo, la guida pratica all’applicazione del regolamento n. 2201/2003 precisa che l’art. 9 si applica solo se, durante il periodo di tre mesi, il minore ha acquisito la residenza abituale nel nuovo Stato membro.


30 – Nella versione in lingua tedesca, l’art. 9, n. 1, prima frase, del regolamento n. 2201/2003 si legge come segue: «Beim rechtmäßigen Umzug eines Kindes von einem Mitgliedstaat in einen anderen, durch den es dort einen neuen gewöhnlichen Aufenthalt erlangt». Lo stesso vale anche nella versione in lingua italiana «In caso di lecito trasferimento della residenza di un minore da uno Stato membro ad un altro che diventa la sua residenza abituale».


31 – Lo stesso vale nella versione in lingua spagnola «Cuando un menor cambie legalmente de residencia de un Estado miembro a otro y adquiera una nueva residencia habitual en este último», in lingua danese «Når et barn lovligt flytter fra én medlemsstat til en anden og får nyt sædvanligt opholdssted dér», in lingua inglese «Where a child moves lawfully from one Member State to another and acquires a new habitual residence there», in lingua olandese «Wanneer een kind legaal van een lidstaat naar een andere lidstaat verhuist en aldaar een nieuwe gewone verblijfplaats verkrijgt», in lingua portoghese «Quando uma criança se desloca legalmente de um Estado-Membro para outro e passa a ter a sua residência habitual neste último», in lingua finlandese «Kun lapsi muuttaa laillisesti jäsenvaltiosta toiseen ja saa siellä uuden asuinpaikan» e in lingua svedese «När ett barn lagligen flyttar från en medlemsstat till en annan och förvärvar nytt hemvist där skall».


32 – V., in particolare, sentenze 27 ottobre 1977, causa 30/77, Bouchereau (Racc. pag. 1999, punto 14), nonché 29 aprile 2010, causa C‑340/08, M e a. (Racc. pag. I‑3913, punto 44).


33 – V., in particolare, sentenze 12 novembre 1969, causa 29/69, Stauder (Racc. pag. 419, punto 3); 22 ottobre 2009, cause riunite C‑261/08 e C‑348/08, Zurita García e Choque Cabrera (Racc. pag. I‑10143, punto 54), nonché 3 giugno 2010, causa C‑569/08, Internetportal und Marketing (Racc. pag. I‑4871, punto 35).


34 – In tal senso, ad esempio, Gallant, E., Compétence reconnaissance et exécution (Matières matrimoniale et de responsabilité parentale), Répertoire de droit communautaire, Dalloz, agosto 2007, n. 167.


35 – Peraltro, l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 prevede, in caso di trasferimento illecito del minore, che la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento si conservi solo fino al momento in cui il minore abbia acquisito la residenza abituale in un altro Stato membro e a condizione che, in particolare, il minore abbia soggiornato in quell’altro Stato membro almeno per un anno e che si sia integrato nel nuovo ambiente.


36 – Che, per esempio, potrebbe essere di sei mesi. Per una discussione su tale elemento temporale della nozione di residenza abituale, v., in particolare, Espinosa Calabuig, R., Custodia y visita de menores en el espacio judicial europeo, Marial Pons, 2007, pag. 128 e segg. Si vedrà che la commissione incaricata di elaborare il progetto della menzionata Convenzione dell’Aia del 19 ottobre 1996 ha «respinto l’idea di quantificare il periodo di tempo che sarebbe stato necessario per l’acquisizione di una nuova residenza abituale», proprio per il fatto che si tratta di una questione di fatto che deve essere valutata caso per caso. V. Lagarde, P., op. cit, n. 41.


37 – O prima della quale non si può ammettere che un cambiamento di residenza equivalga a un cambio di residenza abituale.


38 – Si tratta in particolare della soluzione sostenuta dalla guida pratica all’applicazione del regolamento n. 2201/2003 (pag. 13). La mera presenza del minore nello Stato membro di destinazione sarebbe dunque assimilata all’acquisizione di una nuova residenza abituale, il che contrasterebbe con la posizione adottata dalla Corte nella citata sentenza A, secondo la quale la mera presenza fisica di un minore in uno Stato membro non sarebbe sufficiente a stabilire che quest’ultimo vi abbia la propria residenza abituale.


39 – Esse possono altresì, quale ultima ratio, dichiararsi competenti in virtù dell’art. 14 del regolamento n. 2201/2003, che prevede che, qualora nessuna autorità giurisdizionale di uno Stato membro sia competente, né in virtù dell’art. 8 né in virtù dell’art. 13 di tale regolamento, la competenza è in tale ipotesi determinata, in ciascuno Stato membro, dalla legge nazionale.


40 – Su tale aspetto della questione, v., per esempio, Niboyet, M.‑L., «L’office du juge – la vérification et l’exercice de la compétence», in Fulchiron, H., e Nourissat, C., (dir.), op. cit., pag. 191.


41 – Sentenza 15 luglio 2010, causa C‑256/09, Purrucker ( Racc. pag. I‑7353, punto 73).


42 – V. paragrafo 101 della presente presa di posizione.


43 – Punto 43.


44 – Causa J [1990] 2 AC 562, pag. 578.


45 – Su tale aspetto della questione, v. nota a piè di pagina n. 13.


46 – Su tale aspetto della questione, v., infra, la proposta di soluzione alla seconda questione del giudice del rinvio.


47 – Sentenza 5 ottobre 2010, causa C‑400/10 PPU (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 44).


48 –      Sentenza McB., cit. (punti 49‑64).


49 –      Se l’autorità giurisdizionale adita telefonicamente il 9 ottobre 2009 fosse stata adita il giorno precedente alla partenza della madre con la minore, tale trasferimento sarebbe stato effettuato in violazione del diritto di affidamento riconosciuto al giudice adito dallo Stato membro di residenza abituale del minore, qualora non fosse stato preliminarmente autorizzato dal detto giudice. Tale trasferimento sarebbe dunque risultato illecito e avrebbe fondato la competenza del giudice adito in virtù dell’art. 10 del regolamento n. 2201/2003.


50 – V., al riguardo, Perez Vera, E., Rapport explicatif sur la convention de La Haye sur l’enlèvement international d’enfants [Relazione esplicativa sulla Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale dei minori], Actes et documents de la Quatorzième session (1980), vol. III, Enlèvement d’enfants, n. 64 e segg.


51 – Anche la Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, sulla quale, al riguardo, è ricalcato il regolamento n. 2201/2003, sancisce il diritto di affidamento delle istituzioni e degli enti. V. Perez Vera, E., op. cit., punto 80.


52 – Punto 43.


53 – Il giudice del rinvio ha adottato la decisione di rinvio in data 8 ottobre 2010, poco tempo dopo la citata sentenza McB., emessa in data 5 ottobre 2010, e non ha quindi avuto conoscenza di tale sentenza.


54 – V., in particolare, sentenza A, cit. (punto 34).


55 – V., meno frequentemente, sentenze 23 novembre 2006, causa C‑486/04, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑11025, punto 44); 5 luglio 2007, causa C‑255/05, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑5767, punto 60), nonché 6 novembre 2008, causa C‑247/06, Commissione/Germania (punto 30).


56 – Si tratta di quella che corrisponde alla terza questione, prima parte, della decisione di rinvio.


57 – Fatte salve le osservazioni formulate supra, paragrafi 55 e segg. della presente presa di posizione.


PRESA DI POSIZIONE DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentata il 6 dicembre 2010 (1)

Causa C‑497/10 PPU

Barbara Mercredi

contro

Richard Chaffe

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division)]

«Cooperazione giudiziaria in materia civile – Competenza giurisdizionale ed esecuzione delle decisioni – Materia matrimoniale e materia di responsabilità genitoriale – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Figlio di genitori non coniugati – Nozione di “residenza abituale” –Trasferimento lecito del minore in un altro Stato membro – Acquisizione di una nuova residenza abituale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza»






Table des matières


I –   Contesto normativo

A –   Il diritto dell’Unione

B –   Il diritto internazionale

C –   Il diritto nazionale

II – Fatti e procedimento principale

A –   Le circostanze all’origine della controversia principale

B –   I procedimenti intentati in Inghilterra

C –   I procedimenti avviati in Francia

1.     Il procedimento intentato dalla madre

2.     La domanda del padre ai sensi della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori

III – Le questioni pregiudiziali e la domanda di pronuncia pregiudiziale d’urgenza

IV – Osservazioni preliminari

V –   Sulla prima questione

A –   Sulla determinazione della «residenza abituale» del minore

1.     La nozione di residenza abituale: i principi risultanti dalla sentenza A

2.     La «perdita» e l’«acquisizione» di una residenza abituale in caso di lecito trasferimento

a)     I presupposti per il trasferimento della residenza abituale

b)     Gli indizi del trasferimento della residenza abituale

i)     Gli elementi di interpretazione desumibili dall’art. 9 del regolamento n. 2201/2003

ii)   L’importanza della volontà della madre nella valutazione della residenza abituale di un minore lecitamente trasferito

B –   Sulla valutazione della competenza delle autorità giurisdizionali nazionali in caso di cambiamento di residenza abituale

1.     Chiarimenti riguardo al compito delle autorità giurisdizionali nazionali ai sensi del regolamento n. 2201/2003

2.     L’esame dell’opportunità di rinviare a un’altra autorità giurisdizionale

a)     Il rinvio all’autorità giurisdizionale del luogo in cui si trova il minore: l’art. 13 del regolamento n. 2201/2003

b)     Il rinvio all’autorità giurisdizionale nella posizione migliore per pronunciarsi: l’art. 16 del regolamento n. 2201/2003 e l’eccezione del forum non conveniens

C –   Conclusione

VI – Sulla seconda e terza questione

A –   Osservazioni preliminari sulla rilevanza delle questioni sottoposte

1.     Inquadramento del problema

2.     Valutazione

B –   Sulla seconda questione

C –   Sulla terza questione

1.     Osservazioni delle parti della causa principale, dei governi degli Stati membri interessati e della Commissione

2.     Valutazione

a)     Chiarimenti riguardo alla terza questione

b)     Conflitto tra una decisione adottata sul fondamento del regolamento n. 2201/2003 e una decisione adottata sul fondamento della Convenzione dell’Aia sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori

c)     Conflitto fra le decisioni adottate sul fondamento del regolamento n. 2201/2003

d)     Conclusione

VII – Conclusioni

1.        Nella presente causa la Corte è nuovamente invitata a pronunciarsi sull’interpretazione di diverse disposizioni del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (2), denominato altresì «Bruxelles II bis», e a farlo nell’ambito di un procedimento pregiudiziale d’urgenza.

2.        In via principale, essa è altresì invitata a chiarire al giudice nazionale, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito), una delle nozioni chiave del regolamento n. 2201/2003, la nozione di residenza abituale, sulla quale la Corte ha già avuto modo di pronunciarsi, in particolare, nella sentenza 2 aprile 2009, A (3).

3.        È tuttavia opportuno mettere subito in evidenza che il compito della Corte non sarà comunque facile. Come si rileverà, i fatti di cui alla causa principale, per molti aspetti atipici, condurranno la Corte a interrogarsi, più precisamente, sulle circostanze in cui può ritenersi avvenuto il trasferimento della residenza abituale di un minore, laddove questo sia stato lecitamente portato da uno Stato membro a un altro dalla persona che aveva l’autorità genitoriale esclusiva su di lui. Da una parte, la Corte dovrà tentare di dare al giudice del rinvio una soluzione chiara alle sue domande e fornirgli le indicazioni che gli consentano di dirimere la difficile controversia di cui è investito, nel pieno rispetto dello spirito del regolamento n. 2201/2003, fra i cui principali obiettivi figura quello di garantire la salvaguardia degli interessi superiori del minore. Dall’altra parte, la Corte dovrà altresì sforzarsi di formulare tale soluzione in maniera tale da fornire a tutti i giudici nazionali le indicazioni necessarie affinché essi possano pronunciarsi sulla loro competenza internazionale in virtù del regolamento n. 2201/2003. Non si può escludere che, in una siffatta prospettiva, la Corte debba pronunciarsi, più ampiamente, sui compiti dei giudici nazionali chiamati a esaminare la loro competenza in virtù del regolamento n. 2201/2003 per risolvere le controversie in materia di responsabilità genitoriale per cui sono stati aditi.

I –    Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

4.        L’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (4), dedicato ai diritti dei minori, così dispone:

«1.      I minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione. Questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità.

2.      In tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente.

3.      Il minore ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse».

5.        Il dodicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003 enuncia quanto segue:

«(12) È opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza. Ciò significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale».

6.        Il trentatreesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003 così recita:

«(33) Il presente regolamento riconosce i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla [Carta]. In particolare, mira a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali del bambino quali riconosciuti dall’articolo 24 della [Carta]».

7.        L’art. 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003 definisce il trasferimento o il mancato ritorno illeciti del minore come segue:

«“trasferimento illecito o mancato ritorno del minore” il trasferimento o il mancato rientro di un minore:

a)      quando avviene in violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro

e

b)      se il diritto di affidamento era effettivamente esercitato, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o lo sarebbe stato se non fossero sopravvenuti tali eventi. L’affidamento si considera esercitato congiuntamente da entrambi i genitori quando uno dei titolari della responsabilità genitoriale non può, conformemente ad una decisione o al diritto nazionale, decidere il luogo di residenza del minore senza il consenso dell’altro titolare della responsabilità genitoriale».

8.        L’art. 8 del regolamento n. 2201/2003, rubricato «Competenza generale», che apre la sezione 2 del capo II del detto regolamento, che stabilisce le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale, prevede che:

«1.      Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono aditi.

2.      Il paragrafo 1 si applica fatte salve le disposizioni degli articoli 9, 10 e 12».

9.        L’art. 9 dello stesso regolamento, rubricato «Ultrattività della competenza della precedente residenza abituale del minore», così dispone:

«1.      In caso di lecito trasferimento della residenza di un minore da uno Stato membro ad un altro che diventa la sua residenza abituale, la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro della precedente residenza abituale del minore permane in deroga all’[art.] 8 per un periodo di 3 mesi dal trasferimento, per modificare una decisione sul diritto di visita resa in detto Stato membro prima del trasferimento del minore, quando il titolare del diritto di visita in virtù della decisione sul diritto di visita continua a risiedere abitualmente nello Stato membro della precedente residenza abituale del minore.

2.      Il paragrafo 1 non si applica se il titolare del diritto di visita di cui al paragrafo 1 ha accettato la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui risiede abitualmente il minore partecipando ai procedimenti dinanzi ad esse senza contestarla».

10.      L’art. 10 del regolamento n. 2201/2003, relativo alla competenza nei casi di sottrazione di minori, dispone quanto segue:

«In caso di trasferimento illecito o mancato rientro del minore, l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la competenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito la residenza in un altro Stato membro e:

a)      se ciascuna persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha accettato il trasferimento o mancato rientro;

o

b)      se il minore ha soggiornato in quell’altro Stato membro almeno per un anno da quando la persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava e il minore si è integrato nel nuovo ambiente e se ricorre una qualsiasi delle seguenti condizioni:

i)      entro un anno da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava non è stata presentata alcuna domanda di ritorno del minore dinanzi alle autorità competenti dello Stato membro nel quale il minore è stato trasferito o dal quale non ha fatto rientro;

ii)      una domanda di ritorno presentata dal titolare del diritto di affidamento è stata ritirata e non è stata presentata una nuova domanda entro il termine di cui al punto i);

iii)      un procedimento dinanzi all’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro è stato definito a norma dell’articolo 11, paragrafo 7;

iv)      l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o del mancato ritorno ha emanato una decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore».

11.      L’art. 11 del regolamento n. 2201/2003 contiene le disposizioni applicabili alle domande, ai sensi della Convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (5), per ottenere il ritorno di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto. Esso è formulato nel seguente modo:

«1.      Quando una persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento adisce le autorità competenti di uno Stato membro affinché emanino un provvedimento in base alla convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (...) per ottenere il ritorno di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano i paragrafi da 2 a 8.

2.      Nell’applicare gli articoli 12 e 13 della convenzione dell’Aia del 1980, si assicurerà che il minore possa essere ascoltato durante il procedimento se ciò non appaia inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità.

3.      Un’autorità giurisdizionale alla quale è stata presentata la domanda per il ritorno del minore di cui al paragrafo 1 procede al rapido trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure più rapide previste nella legislazione nazionale.

Fatto salvo il primo comma l’autorità giurisdizionale, salvo nel caso in cui circostanze eccezionali non lo consentano, emana il provvedimento al più tardi sei settimane dopo aver ricevuto la domanda.

4.      Un’autorità giurisdizionale non può rifiutare di ordinare il ritorno di un minore in base all’articolo 13, lettera b), della convenzione dell’Aia del 1980 qualora sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno.

5.      Un’autorità giurisdizionale non può rifiutare di disporre il ritorno del minore se la persona che lo ha chiesto non ha avuto la possibilità di essere ascoltata.

6.      Se un’autorità giurisdizionale ha emanato un provvedimento contro il ritorno di un minore in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980, l’autorità giurisdizionale deve immediatamente trasmettere direttamente ovvero tramite la sua autorità centrale una copia del provvedimento giudiziario contro il ritorno e dei pertinenti documenti, in particolare una trascrizione delle audizioni dinanzi al giudice, all’autorità giurisdizionale competente o all’autorità centrale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, come stabilito dalla legislazione nazionale. L’autorità giurisdizionale riceve tutti i documenti indicati entro un mese dall’emanazione del provvedimento contro il ritorno.

7.      A meno che l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno non sia già stat[a] adita da una delle parti, l’autorità giurisdizionale o l’autorità centrale che riceve le informazioni di cui al paragrafo 6 deve informarne le parti e invitarle a presentare all’autorità giurisdizionale le proprie conclusioni, conformemente alla legislazione nazionale, entro tre mesi dalla data della notifica, affinché quest’ultima esamini la questione dell’affidamento del minore.

Fatte salve le norme sulla competenza di cui al presente regolamento, in caso di mancato ricevimento delle conclusioni entro il termine stabilito, l’autorità giurisdizionale archivia il procedimento.

8.      Nonostante l’emanazione di un provvedimento contro il ritorno in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980, una successiva decisione che prescrive il ritorno del minore emanata da un giudice competente ai sensi del presente regolamento è esecutiva conformemente alla sezione 4 del capo III, allo scopo di assicurare il ritorno del minore».

12.      L’art. 13 del regolamento n. 2201/2003 introduce una competenza fondata sulla presenza del minore nei termini che seguono:

«1.      Qualora non sia possibile stabilire la residenza abituale del minore né determinare la competenza ai sensi dell’articolo 12, sono competenti i giudici dello Stato membro in cui si trova il minore.

2.      Il paragrafo 1 si applica anche ai minori rifugiati o ai minori sfollati a livello internazionale a causa di disordini nei loro paesi».

13.      L’art. 19, nn. 2 e 3, del regolamento n. 2201/2003 prevede che:

«2.      Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri diversi siano state proposte domande sulla responsabilità genitoriale su uno stesso minore, aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, l’autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d’ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita.

3.      Quando la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita è stata accertata, l’autorità giurisdizionale successivamente adita dichiara la propria incompetenza a favore dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita.

In tal caso la parte che ha proposto la domanda davanti all’autorità giurisdizionale successivamente adita può promuovere l’azione dinanzi all’autorità giurisdizionale preventivamente adita».

14.      L’art. 24 del regolamento n. 2201/2003 stabilisce il principio del divieto di riesame della competenza giurisdizionale dell’autorità giurisdizionale d’origine nei seguenti termini:

«Non si può procedere al riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine. Il criterio dell’ordine pubblico di cui agli articoli 22, lettera a), e 23, lettera a), non può essere applicato alle norme sulla competenza di cui agli articoli da 3 a 14».

15.      L’art. 60, lett. e), del regolamento n. 2201/2003 precisa quanto segue:

«Nei rapporti tra gli Stati che ne sono parti, il presente regolamento prevale sulle convenzioni seguenti, nella misura in cui queste riguardino materie da esso disciplinate:

(…)

e)      convenzione dell’Aia, del 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori».

B –    Il diritto internazionale

16.      La Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, entrata in vigore il 1° dicembre 1983, è stata firmata e ratificata dalla Repubblica francese, dal Regno Unito di Gran Bretagna e d’Irlanda del Nord e da tutti gli altri Stati membri dell’Unione europea.

17.      Gli artt. 3‑5 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori dispongono quanto segue:

«Articolo 3

Il trasferimento o il mancato rientro di un minore è ritenuto illecito:

a)      quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e

b)      se tali diritti [erano] effettivamente esercitati, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o avrebbero potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze.

Il diritto di custodia citato al capoverso a) di cui sopra può in particolare derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo vigente in base alla legislazione del predetto Stato.

Articolo 4

La Convenzione si applica ad ogni minore che aveva la propria residenza abituale in uno Stato contraente immediatamente prima della violazione dei diritti di affidamento o di visita. L’applicazione della Convenzione cessa allorché il minore compie 16 anni.

Articolo 5

Ai sensi della presente Convenzione:

a)      il “diritto di affidamento” comprende i diritti concernenti la cura della persona del minore, ed in particolare il diritto di decidere riguardo al suo luogo di residenza;

b)      il “diritto di visita” comprende il diritto di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua residenza abituale per un periodo limitato di tempo».

18.      L’art. 13 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori è formulato come segue:

«Nonostante le disposizioni del precedente articolo, l’Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione o ente che si oppone al ritorno dimostri:

a)      che la persona, l’istituzione o l’ente cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno; o

b)      che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile.

L’Autorità giudiziaria o amministrativa può altresì rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un’età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere.

Nel valutare le circostanze di cui al presente articolo, le autorità giudiziarie e amministrative devono tener conto delle informazioni fornite dall’Autorità centrale o da ogni altra autorità competente dello Stato di residenza del minore, riguardo alla sua situazione sociale».

C –    Il diritto nazionale

19.      Dalla decisione di rinvio risulta che nei procedimenti di diritto privato in materia di minori in Inghilterra e in Galles il giudice può, in forza dell’art. 8 della legge del 1989, sulla protezione dell’infanzia (Children Act 1989; in prosieguo: il «Children Act 1989»), emettere ordinanze relative alla residenza («residence order») e al diritto di visita («contact order»), che vietino taluni atti («prohibited steps order») («injunctions») o altre ordinanze a contenuto più specifico («specific issue order»).

20.      Ai sensi dell’art. 4 del Children Act 1989, il giudice può altresì disporre che il padre abbia la responsabilità genitoriale sul figlio. In Inghilterra e in Galles, infatti, il padre che non sia coniugato con la madre del proprio figlio non è, ipso iure, titolare della responsabilità genitoriale. Per ottenerla, egli deve essere indicato come padre sull’atto di nascita del figlio, oppure stipulare con la madre un accordo sulla responsabilità genitoriale, o ancora ottenere un’ordinanza del giudice che gli attribuisca tale responsabilità («parental responsibility order»).

21.      Infine, la decisione di rinvio precisa che secondo la giurisprudenza dei giudici di Inghilterra e Galles (6), allorché aditi con una domanda diretta ad ottenere un’ordinanza in materia di affidamento di un minore, tali giudici possono essi stessi acquisire siffatto diritto di affidamento, anche laddove il richiedente non ne sia ancora titolare.

II – Fatti e procedimento principale

A –    Le circostanze all’origine della controversia principale

22.      Sulla base delle informazioni fornite dal giudice del rinvio, estratte dalle memorie scritte dell’appellante e dell’appellato presentate nella causa principale o raccolte nel corso dell’udienza, i fatti di cui alla causa principale possono essere sintetizzati come segue.

23.      L’appellante nella causa principale, sig.ra Mercredi, cittadina francese, e l’appellato nella causa principale, sig. Chaffe, cittadino britannico, sono i genitori di una bambina, cittadina francese, nata nel Regno Unito, l’11 agosto 2009, dalla loro relazione non matrimoniale. Essi hanno vissuto insieme per diversi anni, fino al 1° agosto 2009, data in cui il padre ha lasciato il domicilio comune.

24.      Due mesi dopo, il 7 ottobre 2009, la madre ha lasciato l’Inghilterra con la figlia per recarsi nel suo paese d’origine, in cui risiede la sua famiglia, ossia l’isola della Riunione – dipartimento francese d’oltremare. Madre e figlia sono arrivate a destinazione il giorno successivo, 8 ottobre 2009. È pacifico che il padre della minore non è stato informato di tale partenza. È altresì pacifico che tale partenza era lecita, in quanto all’epoca la madre era la sola titolare della responsabilità genitoriale sulla minore.

25.      Il padre della minore avviava allora diversi procedimenti sia dinanzi ai giudici inglesi per ottenere la responsabilità genitoriale, il diritto di affidamento e/o un diritto di visita della minore, sia dinanzi ai giudici francesi, sulla base della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori. Anche la madre avviava, dinanzi ai giudici francesi, un procedimento volto a ottenere la responsabilità genitoriale sulla minore e il diritto di affidamento.

B –    I procedimenti intentati in Inghilterra

26.      Il 9 ottobre 2009, ossia due giorni dopo la partenza della madre e della minore, il padre adiva telefonicamente il giudice della High Court of Justice (England & Wales), Family Division (Regno Unito) («Duty High Court Judge»). Il giorno stesso il Duty High Court Judge adito emetteva un’ordinanza con cui venivano richieste informazioni sul luogo in cui si trovava la minore («location order») e fissava un’udienza dinanzi a sé per il 12 ottobre 2009.

27.      Il 12 ottobre 2009 il padre della minore, nel corso dell’udienza dinanzi al Duty High Court Judge, presentava domanda affinché, inter alia, gli venisse riconosciuta la responsabilità genitoriale sulla figlia, fosse disposto il coaffido alternato e un diritto di visita. Lo stesso giorno il Duty High Court Judge emetteva un’ordinanza che disponeva il ritorno della minore nel territorio dell’Inghilterra e del Galles. È pacifico che la madre della minore non era a conoscenza della domanda presentata dal padre e che in udienza non era né presente né legalmente rappresentata.

28.      In tale ordinanza 12 ottobre 2009 il Duty High Court Judge riteneva, in primo luogo, che l’autorità giurisdizionale inglese fosse stata adita alla data in cui egli era stato interpellato telefonicamente dal padre della minore, vale a dire il 9 ottobre 2009; in secondo luogo, che, a decorrere da tale data, sia l’autorità giurisdizionale inglese sia il padre della minore disponessero del diritto di affidamento sulla minore; in terzo luogo, che, alla stessa data, la minore continuasse ad avere la propria residenza abituale in Inghilterra, e, in quarto luogo e di conseguenza, che le autorità giurisdizionali inglesi fossero competenti rispetto alla minore.

29.      È ammesso che il 16 ottobre 2009 veniva notificata alla madre l’ordinanza del 12 ottobre 2009, alla quale, tuttavia, essa non ottemperava.

30.      Il 15 ottobre 2009 il padre presentava una domanda ai sensi della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori (7).

31.      Il 28 ottobre 2009 la madre della minore avviava un procedimento dinanzi al tribunal de grande instance de Saint-Denis (Tribunale di Saint-Denis, Francia) (8).

32.      Il 26 gennaio 2010 il padre della minore presentava, nell’ambito del procedimento avviato dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Family Division (Regno Unito), una domanda complementare volta a far dichiarare che la minore aveva la propria residenza abituale in Inghilterra, che le autorità giurisdizionali inglesi disponevano di una competenza esclusiva sulla minore, che egli stesso nonché le autorità giurisdizionali inglesi disponevano del diritto di affidamento sulla minore e che quest’ultima era illecitamente trattenuta alla Riunione. Tali domande venivano provvisoriamente accolte con un’ordinanza che, inter alia, invitava la madre a fornire elementi di prova. Tale ordinanza veniva trasmessa all’autorità centrale francese e notificata alla madre.

33.      Il 15 aprile 2010 il caso veniva esaminato dalla High Court of Justice (England & Wales), Family Division (Regno Unito). Nell’ordinanza emessa lo stesso giorno, la High Court of Justice (England & Wales), Family Division, riteneva che l’autorità giurisdizionale inglese fosse da considerarsi adita a partire dalla data in cui il padre si era rivolto telefonicamente al Duty High Court Judge, il 9 ottobre 2009, e che, da quella data, l’autorità giurisdizionale inglese avesse il diritto di affidamento sulla minore. Essa statuiva altresì che, da quella stessa data, anche il padre della minore disponeva del diritto di affidamento, in quanto erano state emesse in suo favore le ordinanze. Infine, essa riteneva che al momento dell’acquisizione di tale diritto da parte delle autorità giurisdizionali inglesi e del padre, la minore avesse la sua residenza abituale in Inghilterra e che, pertanto, il 9 ottobre 2009 le autorità giurisdizionali inglesi avessero la competenza.

34.      È pacifico che la madre della minore non è comparsa all’udienza del 15 aprile 2010, ma che il suo legale francese ha invece potuto presentare osservazioni scritte.

35.      Il 29 giugno 2010 il padre della minore avrebbe fatto richiesta al tribunal de grande instance de Saint-Denis di riconoscere ed eseguire l’ordinanza della High Court of Justice (England & Wales), Family Division.

36.      Il 24 giugno e il 12 luglio 2010 la High Court of Justice (England & Wales), Family Division, emetteva ulteriori ordinanze, l’ultima delle quali imponeva alla madre di permettere che il padre potesse provvisoriamente avere contatti con la minore alla Riunione nel periodo compreso fra il 29 luglio e il 12 agosto 2010.

37.      Il 12 luglio 2010 la madre della minore interponeva appello contro le ordinanze del Duty High Court Judge 12 ottobre 2009 e della High Court of Justice (England & Wales), Family Division, 15 aprile 2010 dinanzi alla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division), la quale ha deciso rivolgersi alla Corte a titolo pregiudiziale.

C –    I procedimenti avviati in Francia

1.      Il procedimento intentato dalla madre

38.      Il 28 ottobre 2009 la madre della minore presentava dinanzi al tribunal de grande instance de Saint-Denis una domanda volta a ottenere la responsabilità genitoriale esclusiva sulla minore e la fissazione del domicilio della minore presso il suo indirizzo. L’avvio di tale procedimento non sarebbe stato notificato al padre della minore, il quale ne sarebbe venuto a conoscenza nell’ambito del procedimento intentato ai sensi della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori.

39.      Il 27 gennaio 2010 gli avvocati del padre della minore avrebbero chiesto al tribunal de grande instance de Saint-Denis di sospendere il giudizio in merito alla domanda della madre, conformemente alle disposizioni dell’art. 16 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori e all’art. 19 del regolamento n. 2201/2003.

40.      Con sentenza 23 giugno 2010 il tribunal de grande instance de Saint-Denis attribuiva alla madre la responsabilità genitoriale esclusiva sulla minore e fissava la residenza di quest’ultima all’indirizzo della madre. All’udienza del 31 maggio 2010 il padre della minore non era né presente né rappresentato.

2.      La domanda del padre ai sensi della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori

41.      Il 15 ottobre 2009 il padre della minore presentava all’autorità centrale inglese una domanda volta a ottenere il ritorno della minore in Inghilterra e in Galles in applicazione della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, che ha condotto, il 18 dicembre 2009, all’avvio di un procedimento dinanzi al tribunal de grande instance de Saint-Denis.

42.      Il tribunal de grande instance de Saint-Denis avrebbe ordinato alla madre di comparire dinanzi a sé in forza della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori. Tale convocazione avrebbe fatto specifico riferimento all’ordinanza del Duty High Court Judge del 12 ottobre 2009.

43.      La domanda del padre ai sensi della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori veniva respinta il 15 marzo 2010 con la motivazione che egli non aveva alcun diritto di affidamento ai sensi degli artt. 3 e 5 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori.

III – Le questioni pregiudiziali e la domanda di pronuncia pregiudiziale d’urgenza

44.      Con decisione 8 ottobre 2010, pervenuta in cancelleria il 18 ottobre 2010, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division), investita del ricorso in appello della madre della minore, ha deciso di sottoporre alla Corte le tre seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Voglia la Corte chiarire quali siano i criteri appropriati per determinare la residenza abituale di un minore ai fini:

–      dell’art. 8 del regolamento (CE) n. 2201/2003;

–      dell’art. 10 del regolamento (CE) n. 2201/2003.

2)      Se un’autorità giurisdizionale sia un’“istituzione o altro ente” cui possa essere riconosciuto un diritto di affidamento ai fini del regolamento (...) n. 2201/2003.

3)      Se l’art. 10 continui ad applicarsi dopo che il giudice dello Stato membro richiesto abbia respinto una domanda volta a ottenere il ritorno di un minore in forza della [Convenzione dell’Aia del 1980], sulla base del rilievo che gli artt. 3 e 5 non risultano applicabili.

Si chiede, in particolare, come debba essere risolto un conflitto tra la decisione dello Stato richiesto secondo la quale non ricorrono i presupposti di cui agli artt. 3 e 5 della [Convenzione dell’Aia 1980], e la decisione dello Stato richiedente secondo la quale invece ricorrono tali presupposti».

45.      Nella propria decisione di rinvio la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) ha specificato che chiedeva il procedimento d’urgenza, poiché lo scopo del rinvio è quello di identificare quale sia l’organo giurisdizionale competente ai sensi del diritto dell’Unione, in materia di responsabilità genitoriale sulla minore. Essa ha precisato che fintantoché non sia identificato il giudice competente, non può essere presa nessuna decisione in merito alle domande presentate dal padre della minore per ottenere ordinanze che permettano loro di avere contatti.

46.      Con decisione 28 ottobre 2010 la Corte ha deciso di accogliere la richiesta del giudice del rinvio di sottoporre la presente causa al procedimento pregiudiziale d’urgenza di cui all’art. 104 ter del regolamento di procedura della Corte.

47.      L’appellante e l’appellato nel procedimento principale, i governi del Regno Unito, tedesco, irlandese e francese e, infine, la Commissione europea hanno presentato osservazioni all’udienza che si è tenuta il 1° dicembre 2010.

IV – Osservazioni preliminari

48.      Prima di passare all’esame delle questioni poste dal giudice del rinvio, occorre fare due precisazioni rilevanti ai fini di tutte le considerazioni che seguiranno.

49.      La prima precisazione, relativa alla qualificazione giuridica della situazione all’origine della controversia principale, non richiede, per il momento, considerazioni complesse. Occorre tenere presente che il trasferimento della minore è avvenuto lecitamente sia alla luce del regolamento n. 2201/2003, sia alla luce della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori; su questo concordano, come avrò modo di sottolineare nell’ambito dell’analisi della rilevanza della seconda e terza questione (9), il padre (10) e la madre della minore, i governi che hanno presentato osservazioni e la Commissione.

50.      La seconda precisazione, che riguarda la data rilevante per stabilire la competenza internazionale in forza del regolamento n. 2201/2003, richiede invece un esame più approfondito.

51.      In generale, l’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 precisa che la data alla quale occorre determinare se il minore risieda abitualmente in uno Stato membro è costituita dalla data in cui le autorità giurisdizionali di quello Stato membro sono adite. Se alla data in cui l’autorità giurisdizionale è stata adita, il minore aveva la residenza abituale nello Stato membro dell’autorità giurisdizionale adita, quest’ultima può dichiarare la propria competenza ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003. Per contro, se il giorno in cui le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono state adite, il minore non risiedeva più abitualmente in tale Stato membro, le dette autorità non possono dichiararsi competenti, quanto meno non ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003. Cionondimeno, esse possono dichiararsi comunque competenti, a seconda delle circostanze, in base agli artt. 9, 10, 12 o, ancora, 14 del regolamento n. 2201/2003 oppure declinare la propria competenza ai sensi degli artt. 13 o 15 del detto regolamento (11).

52.      Nella decisione di rinvio la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) ha sottolineato che, al riguardo, potevano considerarsi rilevanti due date, il 9 ottobre 2009, data in cui il padre della minore ha adito telefonicamente il Duty High Court Judge, e il 12 ottobre 2009, data in cui il padre ha formalmente depositato tali domande in udienza dinanzi alla stessa autorità giurisdizionale. Nell’ordinanza del 15 aprile 2010 la High Court of Justice (England & Wales), Family Division, indica espressamente che, dalla sera del 9 ottobre 2009, un’autorità giurisdizionale inglese era stata adita e disponeva, come il padre, di un diritto di affidamento sulla minore.

53.      Al riguardo, occorre sottolineare che pur se spetta al giudice del rinvio determinare quale fra queste due date debba essere considerata rilevante, è tuttavia lo stesso regolamento n. 2201/2003 a determinare le circostanze nelle quali un giudice è considerato adito.

54.      L’art. 16, lett. a), del regolamento n. 2201/2003 precisa, infatti, che un’autorità giurisdizionale si considera adita alla data in cui la domanda giudiziale o un atto equivalente è depositato presso di essa, purché successivamente l’attore non abbia omesso di prendere tutte le misure cui era tenuto affinché fosse effettuata la notificazione all’appellato (12).

55.      Nelle circostanze della causa principale e in base alle informazioni fornite dal giudice del rinvio, sembra che solo la data del 12 ottobre 2009 possa considerarsi rilevante ai fini delle disposizioni dell’art. 16 del regolamento n. 2201/2003, restando inteso che spetta comunque al giudice del rinvio assicurarsi che le formalità di notifica o di comunicazione siano soddisfatte, nel rispetto delle disposizioni del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 13 novembre 2007, n. 1393, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (notificazione o comunicazione degli atti) e che abroga il regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio (13).

56.      Ciononostante, occorre insistere sul fatto che alla Corte è sottoposta una domanda di pronuncia pregiudiziale nell’ambito di un appello contro due ordinanze emesse da due diverse composizioni di un’autorità giurisdizionale che ha stabilito la propria competenza ai sensi del regolamento n. 2201/2003, la prima appena dopo la partenza della madre con la minore, il 12 ottobre 2009, la seconda quasi sei mesi dopo tale partenza, il 15 aprile 2010.

57.      Tale specificità, connessa al carattere molto generale della prima questione posta dal giudice del rinvio, fa sì che sia difficile stabilire se quest’ultimo intenda pronunciarsi, in appello, sulla competenza dei due giudici inferiori o, nell’ambito del detto appello, sulla propria competenza ai sensi del regolamento n. 2201/2003. Orbene, tenuto conto dei criteri definiti dalla Corte nella citata sentenza A e di quelli che saranno indicati nell’ambito della presente causa, la determinazione della residenza abituale della minore risulta essere un compito molto più delicato da svolgere nel primo caso piuttosto che nel secondo (14). Le considerazioni che seguono traggono tuttavia origine dalla premessa che la determinazione della residenza abituale della minore va fatta prendendo in considerazione la data in cui le autorità giurisdizionali inglesi sono state adite per la prima volta, il 12 ottobre 2009, con la precisazione che spetta al giudice del rinvio decidere la posizione che intende adottare al riguardo.

V –    Sulla prima questione

58.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte di chiarire «i criteri» appropriati per determinare la residenza abituale di un minore ai sensi del regolamento n. 2201/2003 (15). A prima vista, non risulta facile stabilire se il giudice del rinvio si aspetti dalla Corte una soluzione generale a una questione astratta o se, al contrario, esso desideri una soluzione rispondente alle circostanze della controversia di cui è investito. Nondimeno, sembra proprio che auspichi una risposta concreta per il problema che gli si presenta.

59.      Così, il giudice del rinvio interroga direttamente la Corte, nell’intento di stabilire la sua competenza in forza del regolamento n. 2201/2003, sulla nozione di residenza abituale quale risulta, in particolare, dall’art. 8 del detto regolamento. Se ne potrebbe desumere che la residenza abituale sia il solo e unico fondamento in base al quale si può determinare la competenza delle autorità giurisdizionali nazionali. Orbene, l’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 si inserisce in un quadro più ampio. L’art. 8, n. 2, del detto regolamento indica espressamente che la competenza generale che esso stabilisce si applica esclusivamente laddove non trovino applicazione gli altri titoli di competenza e che la residenza abituale è solo uno dei criteri atti a fondare una competenza a titolo sussidiario.

60.      In tale prospettiva, occorre necessariamente indicare al giudice del rinvio che il primo «criterio» che permette di stabilire la sua competenza in forza del regolamento n. 2201/2003 andrebbe ricercato nella posizione sistemica della nozione di residenza abituale nell’economia del detto regolamento. Per quanta importanza essa possa rivestire, la nozione di residenza abituale offre solo possibilità limitate. Essa deve essere intesa come un concetto che, all’occorrenza, deve poter cedere il proprio posto ad altri concetti o categorie alternative.

61.      È questo il motivo per cui ritengo che la soluzione della prima questione debba essere svolta in due fasi. Nel corso della prima fase tenterò di arricchire il più possibile i punti di riferimento che si ricavano in particolare dalla citata sentenza A (16), cercando di tenere sempre conto delle particolari circostanze della vicenda di cui alla causa principale e senza tuttavia sostituirmi al giudice del rinvio nel compito che gli è proprio, ossia dirimere la controversia che gli è stata sottoposta. Nella seconda fase, e al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, mi propongo di illustrare l’insieme delle possibilità aperte dal regolamento n. 2201/2003 per il raggiungimento dell’obiettivo generale che esso persegue, vale a dire garantire la determinazione della competenza giudiziaria.

A –    Sulla determinazione della «residenza abituale» del minore

62.      Nella citata sentenza A (17) la Corte ha fornito un’interpretazione della nozione di residenza abituale di un minore ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 che consente alle autorità giurisdizionali nazionali di statuire in qualsiasi ipotesi sulla propria competenza in forza di tale regolamento. Tuttavia, dalla decisione di rinvio emerge che la metodologia prescritta dalla Corte in detta sentenza non è sufficiente. Appare necessario fornire indicazioni supplementari che consentano alle autorità giurisdizionali di gestire situazioni nelle quali si è avuto un trasferimento della residenza abituale di un minore.

1.      La nozione di residenza abituale: i principi risultanti dalla sentenza A

63.      In primo luogo, nella citata sentenza A, la Corte ha constatato che il regolamento n. 2201/2003 non definisce la nozione di residenza abituale e non contiene alcun espresso rinvio al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del senso e della portata della detta nozione. Essa ne ha desunto, conformemente alla propria giurisprudenza, che tale determinazione doveva essere effettuata alla luce del contesto nel quale la o le disposizioni pertinenti si inseriscono nonché dell’obiettivo perseguito da detto regolamento. Al riguardo, essa ha evidenziato l’obiettivo risultante dal dodicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003, secondo il quale le regole di competenza da esso accolte si informano all’interesse superiore del minore e, in particolare, al criterio di vicinanza (18).

64.      La nozione di residenza abituale ai sensi del regolamento n. 2201/2003 è, pertanto, una nozione comunitaria che, di conseguenza, deve dar luogo ad un’interpretazione autonoma e uniforme in tutta l’Unione (19). Al riguardo, la Corte ha precisato che tale autonomia doveva risolversi in una certa indipendenza rispetto alle nozioni, identiche o simili, utilizzate in altri settori del diritto comunitario, come quello della previdenza sociale dei lavoratori migranti e del diritto della funzione pubblica (20).

65.      In secondo luogo, la Corte ha considerato che la residenza abituale di un minore doveva «essere stabilita sulla base delle peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie» (21). Al riguardo, essa ha precisato che, oltre alla presenza fisica del minore in uno Stato membro, dovevano essere presi in considerazione i fattori idonei a dimostrare che tale presenza non è in alcun modo temporanea o occasionale e che la residenza del minore denota una certa integrazione in un ambiente sociale e familiare (22). Fra i fattori elencati, in modo non tassativo, essa ha indicato la durata, la regolarità, le condizioni e le ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, la cittadinanza del minore, il luogo e le condizioni della sua frequenza scolastica, le conoscenze linguistiche nonché le relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato (23). Essa ha aggiunto che l’intenzione dei genitori di stabilirsi con il minore in un altro Stato membro, manifestata attraverso determinate misure concrete, come l’acquisto o la locazione di un alloggio nello Stato membro ospitante, poteva costituire un indizio del trasferimento della residenza abituale (24).

66.      Dalla citata sentenza A risulta che la residenza abituale, ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003, «corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare». Tuttavia, tale sentenza fornisce in realtà più di una definizione della nozione di residenza abituale. Essa fissa i criteri per un test che permetta di individuare la residenza abituale di un minore. Tale test consiste nella valutazione e ponderazione di un complesso di indizi oggettivi e soggettivi, quantitativi e qualitativi, temporali e intenzionali, idonei ad accertare l’integrazione di un minore in un ambiente sociale e familiare, un’integrazione che deve presentare una certa intensità.

67.      In terzo luogo, la Corte ha dichiarato che la determinazione della residenza abituale di un minore spetta ai giudici nazionali, i quali devono operare una valutazione complessiva della situazione, una valutazione globale dei diversi elementi e indizi pertinenti (25). Tuttavia, la Corte non ha fornito indicazioni più precise circa gli obblighi che, al riguardo, graverebbero sui giudici nazionali.

68.      Alla luce di tale ricapitolazione, potrebbe ritenersi che la citata sentenza A, giacché fornisce nel contempo il quadro, i criteri e il metodo per determinare la residenza abituale di un minore ai sensi del regolamento n. 2201/2003, contenga già, di per sé, una soluzione tanto precisa quanto completa della prima questione formulata dal giudice del rinvio.

69.      Questo non è tuttavia il parere del giudice del rinvio, il quale, malgrado abbia necessariamente perfetta conoscenza della citata sentenza A, ha nondimeno ritenuto necessario porre tale questione (26).

70.      Risulta pertanto evidente che il giudice del rinvio desidera che la Corte vada al di là delle precisazioni già formulate nella citata sentenza A e fornisca indicazioni più precise che gli permettano di valutare, in conformità del diritto dell’Unione, gli argomenti contraddittori avanzati su tale punto dalle parti della causa principale e dirimere la controversia sottopostagli. La questione del giudice del rinvio deve pertanto essere intesa, né più né meno, come un invito a precisare i criteri atti a determinare in quali circostanze si possa considerare che, nel caso di un minore che ha lecitamente lasciato con la madre il territorio dello Stato membro dove aveva la residenza abituale, vi sia stata «perdita» di tale residenza abituale iniziale e acquisizione di una nuova residenza abituale.

2.      La «perdita» e l’«acquisizione» di una residenza abituale in caso di lecito trasferimento

a)      I presupposti per il trasferimento della residenza abituale

71.      Affinché si possa ritenere che vi sia stato cambiamento di residenza abituale, occorre che siano avvenute la «perdita» della residenza abituale iniziale e l’«acquisizione» di una nuova residenza abituale (27). In effetti, pur se una stessa persona può avere diverse residenze «semplici», essa può, invece, avere solo una residenza abituale. Inoltre, la situazione di una persona che decide di lasciare uno Stato membro per trasferirsi in un altro e viverci definitivamente non è la stessa di una persona che, in un primo momento, stabilisce temporaneamente la propria residenza semplice in uno Stato membro, ma, trascorso un certo periodo, finisce poi per stabilirvisi. Nel primo caso, la perdita della residenza abituale iniziale e l’acquisizione di quella nuova avvengono contestualmente. Nel secondo caso, l’acquisizione della residenza abituale nel nuovo Stato membro potrà verosimilmente considerarsi perfezionata solo dopo un certo periodo di tempo (28). Rimane tuttavia da stabilire quali siano gli indizi della perdita e dell’acquisizione di una residenza abituale.

b)      Gli indizi del trasferimento della residenza abituale

72.      Al riguardo, occorre prestare particolare attenzione alle disposizioni dell’art. 9 del regolamento n. 2201/2003 nonché, nelle circostanze della causa principale, alla volontà della madre della minore.

i)      Gli elementi di interpretazione desumibili dall’art. 9 del regolamento n. 2201/2003

73.      In caso di lecito trasferimento della residenza di un minore da uno Stato membro ad un altro in cui acquisisce la sua residenza abituale, l’art. 9 del regolamento n. 2201/2003 prevede, in particolare, una proroga di competenza dei giudici dello Stato membro della residenza abituale iniziale solo per un periodo di tre mesi. Il regolamento n. 2201/2003 ammette pertanto che in un periodo di tre mesi un minore possa acquisire una nuova residenza abituale (29).

74.      L’interpretazione di tale disposizione è, a seconda della versione linguistica di riferimento, suscettibile di letture diverse, per non dire divergenti. Così, per esempio, la versione tedesca (30) di tale disposizione tende a suffragare l’idea che dal trasferimento lecito consegua, di norma, l’acquisizione di una nuova residenza abituale, mentre dalla versione francese (31) si evince chiaramente che l’applicabilità di tale disposizione è subordinata alla condizione che, da una parte, il minore sia lecitamente trasferito e, dall’altra parte, che egli acquisisca una nuova residenza abituale.

75.      Senza soffermarsi a lungo sulla nota giurisprudenza della Corte riguardante l’interpretazione dei testi in più lingue del diritto dell’Unione, ricorderò che occorre interpretare tale disposizione alla luce dell’insieme delle sue versioni linguistiche e in funzione sia del sistema e delle finalità della normativa di cui essa fa parte (32), sia della reale volontà del legislatore e dello scopo da questo perseguito (33).

76.      Nonostante il titolo piuttosto fuorviante (34), l’art. 9 del regolamento n. 2201/2003 pone, in realtà, il principio di un trasferimento di competenza alle autorità giurisdizionali dello Stato membro della residenza abituale del minore in caso di lecito trasferimento. La competenza delle autorità giurisdizionali perdura per un periodo limitato di tre mesi, al solo scopo di consentire al titolare di un diritto di visita, costretto ad accettare il trasferimento del minore, di adire le autorità giurisdizionali, che avevano attribuito tale diritto di visita, per chiedere di modificarlo in base alle nuove circostanze.

77.      Il dispositivo istituito da tale disposizione presuppone che il trasferimento lecito da parte di una persona titolare dell’autorità genitoriale nei confronti di un minore in un altro Stato membro comporti, di norma, l’acquisizione di una nuova residenza abituale in tale Stato membro. Pertanto, salvo circostanze particolari, un trasferimento lecito dovrebbe, di norma, comportare il trasferimento della competenza internazionale dalle autorità giurisdizionali dello Stato membro di partenza alle autorità giurisdizionali dello Stato membro di destinazione, considerate più indicate in applicazione del principio di vicinanza (35).

78.      Dal momento che dalle disposizioni dell’art. 9 del regolamento n. 2201/2003 si può desumere che il trasferimento lecito da uno Stato membro in un altro, purché presenti tutti i tratti esteriori di una sistemazione indefinita e non congiunturale, costituisce un indizio abbastanza forte dell’acquisizione di una residenza abituale in quest’ultimo Stato, tale indizio dovrebbe dunque essere elevato al rango di presunzione, foss’anche debole, di acquisizione di una nuova residenza abituale, con la conseguenza che spetterà alla parte che contesta tale acquisizione fornire gli elementi diretti a dimostrare che nelle circostanze di cui trattasi tale acquisizione non è avvenuta.

79.      Occorre tuttavia indicare che, per quanto importanti, tali elementi non sono certamente gli unici a dover essere presi in considerazione, in quanto l’esame che le autorità giurisdizionali nazionali dovranno effettuare deve, in ogni caso, intervenire sempre in esito ad una valutazione complessiva della situazione, nei termini indicati nella citata sentenza A, e ad una ponderazione di tutti gli elementi rilevanti, al fine di accertare l’integrazione del minore nell’ambiente sociale e familiare.

80.      Occorre qui precisare che non appare opportuno cristallizzare l’esame, da parte delle autorità giurisdizionali nazionali, delle situazioni di trasferimento della residenza abituale fissando, ad esempio, iure praetorio, una scadenza standard (36) al termine della quale il cambiamento di residenza può essere considerato effettivo (37), o, ancora, decidendo che il trasferimento lecito di un minore comporti la perdita immediata della sua residenza abituale iniziale, a decorrere dal momento in cui si realizza (38). Infatti, tali due approcci si porrebbero in diretta contraddizione con l’approccio, flessibile e pragmatico, che la Corte ha adottato nella citata sentenza A, senza essere necessariamente idonei a consentire di affrontare tutte le possibili situazioni.

ii)    L’importanza della volontà della madre nella valutazione della residenza abituale di un minore lecitamente trasferito

81.      Come in precedenza ricordato, spetta al giudice adito per primo determinare, alla data in cui è stato adito, quale sia la residenza abituale del minore, sulla base della metodologia indicata dalla Corte nella citata sentenza A. Sebbene nella detta sentenza la Corte non si sia pronunciata su tale punto, appare chiaro che la ricerca degli indizi che consentono al detto giudice di formarsi un’opinione debba essere svolta in conformità delle disposizioni pertinenti del diritto nazionale, nel rispetto, comunque, del diritto e dei principi generali del diritto dell’Unione. Tuttavia, in circostanze quali quelle di cui alla causa principale, la considerazione della volontà della madre della minore, in quanto unica titolare della responsabilità genitoriale su quest’ultima alla data del trasferimento, costituisce un elemento di una rilevanza tutta particolare.

82.      Ricordo che, nella causa principale, la madre e la minore hanno lasciato l’Inghilterra il 7 ottobre 2009. Le autorità giurisdizionali inglesi, adite il 12 ottobre 2009 e chiamate innanzi tutto a pronunciarsi sulla loro competenza ai sensi del regolamento n. 2201/2003, erano dunque tenute a determinare se, dal momento della sua partenza con la madre, la minore avesse perso la residenza abituale in Inghilterra e acquisito, alla data in cui sono state adite, una nuova residenza abituale in Francia.

83.      Da quanto emerge dall’ordinanza del 15 aprile 2010, sembra che, da una parte, la volontà della madre di lasciare definitivamente l’Inghilterra con la figlia potesse desumersi da alcuni fatti oggettivi, quali l’acquisto di un biglietto aereo di sola andata e diverse dichiarazioni che più o meno esplicitamente manifestavano tale intenzione. Tuttavia, la vendita, da parte della madre, dell’automobile di cui era proprietaria in Inghilterra non è stata ritenuta al riguardo sufficientemente significativa. Nondimeno, dall’altra parte, tenuto conto del fatto che la madre non aveva informato della sua partenza né il suo datore di lavoro né il proprietario del suo appartamento, si poteva anche seriamente dubitare di tale volontà.

84.      Inoltre, pur se la volontà della madre di lasciare l’Inghilterra non dava pressoché adito a dubbi, sussistevano tuttavia altri elementi che inducevano a dubitare della sua ferma intenzione di stabilirsi a la Riunione. Segnatamente, dalla corrispondenza scambiata poco prima della sua partenza e, in particolare, da una cartolina inviata dall’aeroporto il giorno della partenza, si poteva dedurre che, più che una decisione meditata a fondo di rifarsi una vita a la Riunione, tale partenza fosse da considerare una reazione allo stress determinato dalle minacce, proferite dal padre, di avviare un procedimento giudiziario al fine di ottenere il riconoscimento della sua autorità genitoriale sulla minore.

85.      Certo, come sopra sottolineato, la partenza lecita da uno Stato membro e lo stabilimento di una nuova residenza in un altro Stato membro non comportano necessariamente, automaticamente e immediatamente l’acquisizione di una nuova residenza abituale nel secondo Stato membro. Resta però il fatto che, come ha fatto notare il governo tedesco nel corso dell’udienza, in una situazione come quella di cui alla causa principale, la volontà della persona che è unica titolare dell’autorità genitoriale sul minore deve sicuramente essere presa in considerazione in modo preponderante.

86.      Tale presa in considerazione si impone ancora di più nella causa principale, se si considera che, alla data del trasferimento, la minore era un neonato.

87.      La presa in considerazione dell’età del minore può risultare utile nell’ambito sia dell’esame della perdita di una residenza abituale sia dell’acquisizione di una nuova residenza abituale. Poiché un minore in tenera età è particolarmente dipendente dalla madre e quest’ultima rappresenta il suo «orizzonte vitale», è evidente che la volontà della madre di lasciare lecitamente uno Stato membro per stabilirsi o ristabilirsi in un altro Stato membro è un elemento decisivo nella valutazione della perdita della residenza abituale del detto neonato. La tenera età del minore comporta inoltre che possano ricorrere molto facilmente le condizioni della sua integrazione nel nuovo ambiente familiare e sociale.

88.      Tale preponderante presa in considerazione della volontà dell’unico titolare dell’autorità genitoriale non implica affatto che non si debba in alcun modo tenere conto di altri fattori.

89.      Al contrario, tale volontà deve poter trovare conferma in elementi concreti, che possono essere, come sottolineato dalla Corte nella citata sentenza A, l’acquisto o la locazione di un alloggio nel nuovo Stato membro. Tuttavia, sono elementi rilevanti al fine di valutare tale volontà anche il ritorno nel proprio paese d’origine o il ritorno presso membri della propria famiglia. Così può essere, in particolare, in una situazione come quella di cui alla causa principale, nella quale il padre ha lasciato il domicilio comune poco prima della nascita della minore. Anche considerazioni tanto psicologiche quanto economiche possono consentire di valutare, in siffatte circostanze, il significato di una partenza.

90.      Come sottolineato dal governo tedesco nel corso dell’udienza, tale volontà non può, tuttavia, essere ignorata sulla sola base dell’asserzione che il trasferimento della minore sarebbe stato essenzialmente motivato dalla preoccupazione di conservare un diritto di affidamento esclusivo.

91.      Al riguardo, il padre della minore ha, in sostanza, fatto valere che la partenza della madre con la minore è avvenuta nello specifico intento di permetterle di sottrarsi dalla giurisdizione delle corti e dei tribunali inglesi e al fine di stabilire collegamenti giuridici e giurisdizionali artificiali, violando il diritto sia della minore che del padre a una vita familiare, garantito dall’art. 7 della Carta e dall’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, nonché i diritti della minore garantiti dall’art. 24 della Carta. Egli sottolinea che gli effetti dannosi della sottrazione dei minori si fanno sentire nella quotidianità e tali effetti non possono essere relativizzati sulla base di considerazioni giuridiche astratte come quelle relative alla questione se, al momento del trasferimento della minore, titolare della responsabilità genitoriale fosse solo la madre o lo fossero entrambi i genitori. Egli aggiunge che né il regolamento n. 2201/2003 né la Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori stabiliscono distinzioni in base allo stato civile dei genitori, a seconda che questi ultimi siano o meno sposati.

92.      Tali asserzioni, quand’anche corrispondessero alla realtà, cosa che non è possibile determinare sulla base del solo fascicolo, devono tuttavia essere respinte.

93.      È importante non perdere di vista il fatto che la determinazione della residenza abituale di un minore ha come unico obiettivo l’individuazione dell’autorità giurisdizionale che, in conformità del principio di vicinanza e nell’interesse superiore del minore, è considerata la più prossima al minore. Tale esame, come già rilevato, deve essere svolto dal punto di vista del minore e in nessun caso dal punto di vista dei genitori, a prescindere dalla legittimità della loro domanda riguardante tale minore.

94.      Le autorità giurisdizionali nazionali non possono, senza minare le fondamenta stesse su cui poggia il regolamento n. 2201/2003, fondare la loro competenza esclusivamente in base alla considerazione che i diritti legittimi dei richiedenti non possono essere adeguatamente protetti dalle autorità giurisdizionali di un altro Stato membro.

95.      A titolo di conclusione, occorre insistere in particolar modo sul fatto che le autorità giurisdizionali nazionali chiamate a pronunciarsi sulla loro competenza in virtù dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 devono, nell’ambito della determinazione della residenza abituale di un minore e, in particolare, per valutare l’effettività di un trasferimento di residenza abituale a seguito di un trasferimento lecito, adottare tutte le misure necessarie al fine di dare alla persona che dispone in via esclusiva della potestà genitoriale ed è all’origine del trasferimento i mezzi per essere sentita in modo pieno e compiuto. Risulta indispensabile non solo che tale persona sia messa nelle condizioni di poter presentare osservazioni, ma anche che sia fatto tutto il possibile affinché abbia l’opportunità di esporre le ragioni della sua partenza.

96.      Dalla decisione di rinvio risulta che, se ciò è effettivamente avvenuto prima dell’adozione dell’ordinanza del 15 aprile 2010, lo stesso non si è verificato invece per l’ordinanza del 12 ottobre 2009, che segna il momento in cui, ai sensi dell’art. 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003, l’autorità giurisdizionale è stata adita nella controversia principale.

B –    Sulla valutazione della competenza delle autorità giurisdizionali nazionali in caso di cambiamento di residenza abituale

97.      Partendo dal principio che la Corte deve, con la sentenza pregiudiziale, fornire una risposta utile e completa alla questione posta dal giudice del rinvio e, in via accessoria, fornire a tutte le autorità giurisdizionali degli Stati membri tenute ad applicare il regolamento n. 2201/2003 gli strumenti che consentano loro di pronunciarsi sulla loro competenza, sarebbe opportuno ricordare che il regolamento n. 2201/2003 ha stabilito un sistema di competenze completo e coerente, nell’ambito del quale la residenza abituale di un minore è solo uno dei criteri, foss’anche il più importante, sulla cui base le autorità giurisdizionali nazionali devono stabilire la loro competenza. Propongo pertanto di fornire qualche chiarimento riguardo a qual è e dovrebbe essere il compito delle autorità giurisdizionali nazionali ai sensi del regolamento n. 2201/2003.

1.      Chiarimenti riguardo al compito delle autorità giurisdizionali nazionali ai sensi del regolamento n. 2201/2003

98.      L’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003, che stabilisce la competenza generale dell’autorità giurisdizionale dello Stato membro in cui il minore ha la residenza abituale, si applica, ai sensi del suo n. 2, solo fatte salve le disposizioni degli articoli 9, 10 e 12 del detto regolamento.

99.      Le autorità giurisdizionali degli Stati membri chiamate a pronunciarsi sulla loro competenza in forza del regolamento n. 2201/2003 devono dunque, a tal fine, seguire il percorso previsto dall’art. 8, n. 2, di tale regolamento. Esse devono verificare innanzi tutto se siano competenti ai sensi degli artt. 9, 10 e 12 del regolamento n. 2201/2003. In caso negativo, esse devono determinare la loro competenza in virtù dell’art. 8, n. 1, del detto regolamento, nel quadro e secondo il metodo prescritto dalla Corte nella propria giurisprudenza e, segnatamente, nella citata sentenza A, per determinare la residenza abituale del minore.

100. Supponendo che il metodo così seguito non permetta di determinare la residenza abituale del minore, le autorità giurisdizionali nazionali adite dovranno allora pronunciarsi sulla base delle altre disposizioni del regolamento n. 2201/2003, o in virtù dell’art. 13 di quest’ultimo qualora sia impossibile determinare la residenza abituale di un minore, o in virtù dell’art. 15 dello stesso regolamento qualora appaia loro ragionevole dichiarare la loro incompetenza in base alla residenza abituale del minore (39).

101. Al riguardo, vanno sottolineate le diverse articolazioni del compito delle autorità giurisdizionali nazionali a titolo del regolamento n. 2201/2003 (40).

102. L’art. 17 del regolamento n. 2201/2003 impone alle autorità giurisdizionali nazionali l’obbligo di sollevare d’ufficio la loro incompetenza, nei limiti in cui la loro competenza non sia fondata ai sensi del detto regolamento e l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro sia competente in virtù dello stesso regolamento.

103. Cionondimeno, dal sistema del regolamento n. 2201/2003 si può certamente desumere che esso pone loro anche l’obbligo, oltre che di esaminare la loro competenza (41), imponendo loro eventualmente di invitare le parti a presentare osservazioni al riguardo (42), di fondare d’ufficio la loro competenza sul regolamento di cui trattasi. Inoltre, in tale contesto, esse sono tenute, al fine di garantire l’interesse superiore del minore, ad esaminare tutti i possibili titoli di competenza e, segnatamente, l’opportunità di dichiarare la loro incompetenza in favore di un’altra autorità giurisdizionale in posizione migliore per pronunciarsi.

104. La Corte non si è pronunciata in senso diverso nella citata sentenza A (43), nella quale menziona l’ipotesi eccezionale in cui, non essendo possibile determinare la residenza abituale di un minore, il giudice nazionale deve decidere, ai sensi dell’art. 13 del regolamento n. 2201/2003, di dichiarare la propria incompetenza in favore delle autorità giurisdizionali dello Stato membro nel quale è presente il minore. Parimenti, un giudice nazionale può dichiarare la propria incompetenza sulla base dell’art. 16 del regolamento di cui trattasi. Tali due possibilità verranno esaminate in seguito.

2.      L’esame dell’opportunità di rinviare a un’altra autorità giurisdizionale

105. La causa principale illustra molto bene le circostanze nelle quali un’autorità giurisdizionale potrebbe rinviare a un’altra. La High Court of Justice (England & Wales), Family Division, avrebbe certamente potuto, tenuto conto dei dubbi espressi nell’ordinanza 15 aprile 2010, dichiarare la propria incompetenza sulla base dell’art. 13 del regolamento n. 2201/2003. A sua volta, alla luce dell’evoluzione della situazione, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) avrebbe potuto decidere di rinviare la causa alle autorità giurisdizionali francesi, che ormai erano sicuramente nella posizione migliore per pronunciarsi sulla controversia principale.

a)      Il rinvio all’autorità giurisdizionale del luogo in cui si trova il minore: l’art. 13 del regolamento n. 2201/2003

106. L’art. 13, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 prevede che, qualora non sia possibile stabilire la residenza abituale del minore né determinare la competenza ai sensi dell’art. 12 dello stesso regolamento, sono competenti i giudici dello Stato membro in cui si trova il minore.

107. Nella motivazione della sua decisione di rinvio, il giudice a quo si è chiesto se fosse possibile ritenere che il 12 ottobre 2009 la minore non avesse più una residenza abituale.

108. Nelle proprie osservazioni scritte la Commissione ha menzionato tale eventualità. Richiamando una sentenza del giudice Brandon of Oakbrook (44), essa sottolinea infatti che in un solo giorno una persona può cessare di risiedere abitualmente in uno Stato membro, laddove lasci tale Stato con la ferma intenzione di non farvi ritorno e decida, invece, di trasferire stabilmente la propria residenza in un altro Stato membro. Al contrario, tale persona non può divenire residente abituale nel secondo Stato membro in un solo giorno, in quanto a tal fine sono necessari un periodo di tempo relativamente lungo e un’intenzione ben ferma. Pertanto, durante tale periodo di tempo relativamente lungo, la persona avrà perso la residenza abituale nel primo Stato membro senza tuttavia aver acquisito una nuova residenza abituale nel secondo Stato membro. La Commissione ne deduce che spetta al giudice determinare se la madre avesse la ferma intenzione di non fare ritorno in Inghilterra, con l’obbligo a carico di quest’ultima di comprovarlo in conformità delle disposizioni del diritto nazionale del giudice del rinvio.

109. In un tono leggermente diverso, il governo del Regno Unito ha del pari fatto valere che un giudice nazionale poteva, dopo aver preso in considerazione tutti i fattori pertinenti e basandosi sulle specificità del caso di specie, ritenere che un minore potesse perdere la propria residenza abituale in uno Stato membro immediatamente dopo la sua partenza da tale Stato. Al riguardo, esso sottolinea che una siffatta situazione non comporta una riduzione della protezione del minore, in quanto l’art. 13 del regolamento n. 2201/2003 prevede appunto la competenza dello Stato membro nel quale è presente il minore.

110. Si potrebbe pertanto sottolineare ancora una volta che spetta alle autorità giurisdizionali nazionali esaminare se ricorrano i presupposti per l’applicazione dell’art. 13 del regolamento n. 2201/2003 e se occorra, di conseguenza, applicare tale disposizione.

b)      Il rinvio all’autorità giurisdizionale nella posizione migliore per pronunciarsi: l’art. 16 del regolamento n. 2201/2003 e l’eccezione del forum non conveniens

111. L’art. 15 del regolamento n. 2201/2003 prevede che, in via eccezionale, le autorità giurisdizionali competenti di uno Stato membro, qualora ritengano che l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro, con il quale il minore ha un legame particolare, sia in una posizione migliore per trattare il caso e ove ciò corrisponda all’interesse superiore del minore, possono sospendere il procedimento e invitare le parti a presentare domanda all’autorità giurisdizionale dell’altro Stato membro, conformemente al n. 4 di tale articolo, oppure chiedere all’autorità giurisdizionale dell’altro Stato membro di assumere la competenza ai sensi del n. 5 dello stesso articolo.

112. L’art. 15, n. 2, del regolamento n. 2201/2003 prevede che, inter alia, tale possibilità possa essere utilizzata su iniziativa dell’autorità giurisdizionale nazionale adita.

113. Si potrebbe dunque sottolineare che spetta al giudice del rinvio esaminare se nella situazione di cui alla causa principale ricorrano i presupposti per l’applicazione dell’art. 15 del regolamento n. 2201/2003 e se, di conseguenza, occorra applicare tale disposizione.

C –    Conclusione

114. La prima questione pregiudiziale posta dal giudice del rinvio richiede quindi la risposta seguente. In generale, un’autorità giurisdizionale nazionale, adita con una domanda relativa alla responsabilità genitoriale su un minore, deve pronunciarsi esplicitamente sulla sua competenza in virtù del regolamento n. 2201/2003 dopo aver passato in rassegna nel suo esame i diversi fondamenti in base ai quali tale competenza può essere determinata in base allo stesso regolamento. Nell’ambito di tale esame, ad essa spetta accertare, nell’interesse superiore del minore, la residenza abituale di quest’ultimo, valutando tutte le circostanze di fatto specifiche del caso di specie. In particolare, in circostanze quali quelle della causa principale, la quale è caratterizzata, da una parte, dalla liceità del trasferimento di un minore dallo Stato membro in cui aveva la residenza abituale in un altro Stato membro e, dall’altra, dall’adizione immediata, ma posteriore, di un’autorità giurisdizionale dello Stato membro della residenza iniziale, tale autorità giurisdizionale deve, più precisamente, adoperarsi per determinare se detto trasferimento comporti effettivamente, in breve termine, la perdita della residenza abituale iniziale del minore e l’acquisizione di una nuova residenza abituale nello Stato membro di destinazione. A tal fine, detta autorità giurisdizionale deve prendere in considerazione, in modo preponderante e identificabile, la volontà della persona titolare della potestà genitoriale all’origine del trasferimento lecito, tenendo conto, in particolare, dell’età del minore e dopo aver dato a tale persona l’opportunità di presentare le proprie osservazioni e di esporre in modo pieno e compiuto le ragioni che hanno motivato tale trasferimento. È alla persona che contesta l’acquisizione di una nuova residenza abituale in tali circostanze che incombe l’onere di presentare elementi idonei a provare che il trasferimento non trova la propria ragione nella volontà di stabilire una nuova residenza abituale nello Stato membro di destinazione. Infine, qualora non fosse possibile accertare la residenza abituale del minore, l’autorità giurisdizionale nazionale dovrà allora constatare tale circostanza e, in ossequio al principio di vicinanza, pronunciarsi sulla propria competenza, fondandosi sulle disposizioni dell’art. 13 o dell’art. 15 del regolamento n. 2201/2003.

VI – Sulla seconda e terza questione

A –    Osservazioni preliminari sulla rilevanza delle questioni sottoposte

1.      Inquadramento del problema

115. Con la prima questione (45), secondo trattino, e con la terza questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 che stabilisce le regole sulla competenza nei casi di sottrazione di minori.

116. Inoltre, con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se, ai fini di quanto stabilito dal regolamento n. 2201/2003, un giudice possa costituire una «istituzione o altro ente», nozioni ed espressione utilizzate solo dagli artt. 10 e 11 del regolamento di cui trattasi.

117. Come sottolineato dalla Commissione nelle proprie osservazioni scritte, il giudice del rinvio non illustra i motivi in base ai quali per risolvere la controversia di cui è stato investito sia necessario ottenere una soluzione a tale questione. Essa sottolinea tuttavia che tale questione sembra trarre origine dalla premessa secondo cui, se le autorità giurisdizionali inglesi hanno acquisito un diritto di affidamento dal 9 ottobre 2010, il mancato ritorno della minore in Inghilterra risulterebbe illecito e quindi sarebbe di natura tale da far scattare l’applicazione sia della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori sia dell’art. 11 del regolamento n. 2201/2003, specificatamente dedicato al ritorno del minore nei casi di illecito trasferimento o mancato ritorno.

118. Il padre della minore sostiene al riguardo, inter alia, che, pur se la partenza della madre con la minore non era inizialmente illecita, il mancato ritorno della minore in Inghilterra è divenuto illecito a causa dell’inosservanza da parte della madre delle ordinanze emesse dalle autorità giurisdizionali inglesi.

119. Al riguardo, potrebbe inoltre ritenersi che anche la seconda questione posta dal giudice del rinvio faccia implicito riferimento alle disposizioni dell’art. 11 del regolamento n. 2201/2003.

120. Dalle questioni poste dal giudice del rinvio emerge pertanto che quest’ultimo ritiene, almeno implicitamente, che i fatti di cui alla causa principale siano assimilabili a una sottrazione di minore e che, pertanto, trovino applicazione sia la Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori sia gli artt. 10 e 11 del regolamento n. 2201/2003.

121. Orbene, dalla stessa decisione di rinvio emerge che l’appellante nella causa principale ha lecitamente lasciato l’Inghilterra per la Riunione, come, del resto, è stato constatato nell’ordinanza della High Court of Justice (England & Wales), Family Division, del 15 aprile 2010. La decisione di rinvio indica infatti che l’appellante nella causa principale era l’unica titolare della responsabilità genitoriale nei confronti della minore e, di conseguenza, l’unica a disporre di un diritto di affidamento ai sensi degli artt. 3 e 5 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori.

122. Il giudice del rinvio precisa che, in Inghilterra e in Galles, un padre non è ipso iure titolare della responsabilità genitoriale su un minore nato al di fuori del matrimonio. Tale responsabilità genitoriale può tuttavia essere ottenuta dal padre o mediante l’indicazione del suo nome come padre sull’atto di nascita del figlio, oppure tramite un accordo sulla responsabilità genitoriale stipulato con la madre, o ancora in virtù di un’ordinanza giurisdizionale che gli attribuisce la responsabilità genitoriale («parental responsibility order»).

123. Alla luce della situazione di fatto di cui alla causa principale, anche i governi tedesco e francese hanno avanzato, nel corso dell’udienza, dubbi sulla rilevanza delle questioni poste dal giudice del rinvio.

2.      Valutazione

124. In proposito, occorre innanzi tutto ricordare che il «trasferimento illecito o mancato ritorno di un minore», ai sensi dell’art. 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003, sussiste solo se vi è violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione giudiziaria, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro.

125. Nella fattispecie, come rilevato dal giudice del rinvio, e come riconosciuto tanto dall’appellante e dall’appellato nella causa principale quanto dal governo del Regno Unito e dalla Commissione nelle loro osservazioni scritte e orali, nonché dai governi tedesco, irlandese e francese nelle loro osservazioni orali, la partenza della madre con la minore è stata lecita. Non si è verificata alcuna violazione né del diritto di affidamento del padre né del diritto di affidamento di un’altra istituzione o un altro ente (46).

126. Orbene, l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003, che stabilisce una specifica norma di competenza nei casi di sottrazione di minore, trova applicazione, appunto, solo in caso di illecito trasferimento o mancato ritorno di un minore ai sensi dell’art. 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003.

127. Come dichiarato dalla Corte nella sentenza McB. (47), l’illiceità del trasferimento di un minore ai fini dell’applicazione del regolamento n. 2201/2003 dipende esclusivamente dall’esistenza di un diritto di affidamento, conferito dal diritto nazionale applicabile, in violazione del quale tale trasferimento ha avuto luogo.

128. Nella stessa sentenza la Corte ha altresì statuito che tale interpretazione del regolamento n. 2201/2003 non era incompatibile con i diritti garantiti dalla Carta e, segnatamente, con gli artt. 7 e 24 di quest’ultima, che garantiscono, rispettivamente, il diritto al rispetto della vita privata e familiare e i diritti fondamentali del bambino, purché tuttavia il padre disponesse del diritto di chiedere che gli venisse conferito il diritto di affidamento sul proprio figlio prima del trasferimento di quest’ultimo (48).

129. Occorre aggiungere al riguardo che, ai sensi dell’art. 3 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, si può ritenere che vi sia «trasferimento illecito» o «mancato rientro illecito» di un minore solo al verificarsi di due condizioni. La prima condizione è che deve sussistere una violazione di un diritto di affidamento attribuito in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro (49). La seconda è che tale diritto deve essere stato effettivamente esercitato (50).

130. L’art. 3 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori precisa, peraltro, al suo secondo comma che il diritto di affidamento può derivare in particolare dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo vigente in base alla legislazione del detto Stato. In altri termini, le modalità di attribuzione del diritto di affidamento ai sensi della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori corrispondono alle tre modalità di attribuzione della responsabilità genitoriale prevista dalla legislazione dell’Inghilterra e del Galles.

131. Ne consegue che, alla luce delle informazioni fornite alla Corte dal giudice del rinvio stesso e non contestate, l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 non sembra essere applicabile alla situazione di cui alla causa principale.

132. Nondimeno, tanto l’appellante e l’appellato, nella causa principale, nonché il governo del Regno Unito e la Commissione, nelle loro osservazioni scritte, quanto i governi tedesco, irlandese e francese, all’udienza, nonostante i dubbi nutriti al riguardo, hanno voluto fornire elementi di soluzione alle questioni così poste.

133. Propongo pertanto di esaminare brevemente, qui di seguito, la seconda e la terza questione formulate dal giudice del rinvio, ma in via meramente subordinata.

134. Tuttavia, sarebbe opportuno cogliere l’occasione offerta dalla presente causa per ricordare alle autorità giurisdizionali nazionali che, fra gli obblighi ad esse incombenti nell’ambito del procedimento pregiudiziale istituito dall’art. 267 TFUE, vi è quello di esporre i motivi per i quali ritengono che una soluzione alla o alle questioni che esse pongono sia loro necessaria per risolvere la controversia di cui sono investite. Tale esigenza si impone con particolare intensità nel quadro dei procedimenti pregiudiziali d’urgenza.

B –    Sulla seconda questione

135. Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi sulla questione se un’autorità giurisdizionale possa o meno costituire «un’istituzione o altro ente» al quale può essere attribuito un diritto di affidamento ai sensi del regolamento n. 2201/2003.

136. Come precisato nelle osservazioni preliminari di cui sopra, tale questione richiede un’interpretazione degli artt. 10 e 11 del regolamento n. 2201/2003, le uniche disposizioni del detto regolamento che menzionano, con riferimento al diritto di affidamento, l’«istituzione» o «un altro ente» (51).

137. Il regolamento n. 2201/2003 non definisce ciò che ai sensi degli artt. 10 e 11 dovrebbe intendersi per «istituzione».

138. Nella citata sentenza McB. (52) la Corte ha tuttavia precisato al riguardo che, a differenza della nozione di «diritto di affidamento», nozione comunitaria autonoma rispetto al diritto degli Stati membri in quanto essa è definita all’art. 2, punto 9, del regolamento n. 2201/2003, la designazione del titolare del diritto di affidamento rientra, alla luce della lettera dell’art. 2, punto 11, del detto regolamento, nell’ambito del diritto degli Stati membri (53).

139. L’appellante e l’appellato nella causa principale, i governi del Regno Unito, irlandese e francese, nonché la Commissione hanno richiamato, in modo generale, la citata sentenza McB., pur sottolineando, nelle loro memorie scritte o all’udienza, che non vedevano alcun impedimento all’attribuzione ad un’autorità giurisdizionale di un diritto di affidamento.

140. Soltanto il governo tedesco ha fatto valere, all’udienza, che non era possibile riconoscere a un’autorità giurisdizionale, adita proprio con una domanda relativa al diritto di affidamento di un minore, in virtù dell’art. 1, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2201/2003, la qualità di istituzione ai sensi degli artt. 10 e 11 del detto regolamento, senza mettere in pericolo l’applicazione uniforme del detto regolamento. Nondimeno, tale governo aggiunge comunque che il regolamento n. 2201/2003 non esclude la possibilità che un siffatto diritto sia riconosciuto in capo a un’autorità giurisdizionale.

141. Come dichiarato dalla Corte nella citata sentenza McB., si ritiene dunque, in maniera generale, che le condizioni di attribuzione dei diritti di affidamento e di potestà genitoriale rientrino nel campo del diritto degli Stati membri. Tuttavia, la questione se anche la nozione di «istituzione» di cui agli artt. 10 e 11 del regolamento n. 2201/2003 debba, in tale contesto, essere lasciata agli Stati membri, potrebbe, tenuto conto dell’obiezione formulata dal governo tedesco, essere oggetto di discussione.

142. A tale riguardo si può osservare che l’art. 2, punto 9, del regolamento n. 2201/2003 definisce il «diritto di affidamento» come «i diritti e doveri concernenti la cura della persona di un minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di residenza». Invero, l’art. 2, punto 7, dello stesso regolamento precisa che il diritto di affidamento così definito è uno degli attributi della responsabilità genitoriale, essa stessa definita come l’insieme dei «diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore».

143. La comparazione dell’art. 2, punto 7, del regolamento n. 2201/2003, che definisce la responsabilità genitoriale senza far rinvio ai diritti nazionali, e dell’art. 2, punto 11, del detto regolamento, che definisce il trasferimento illecito o il mancato ritorno, potrebbe autorizzare un’interpretazione secondo la quale spetterebbe alla Corte determinare ciò che, ai sensi di tali due disposizioni, la nozione di «istituzione» comprende.

144. Tuttavia, risulta piuttosto difficile ipotizzare che la Corte possa effettivamente dare un’interpretazione autonoma e uniforme di tale nozione, tenendo conto del contesto delle disposizioni e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi (54) e tentando di attribuirle un significato idoneo a rispondere pienamente all’obiettivo da questa perseguito, rinviando nel contempo per il resto al diritto degli Stati membri (55).

145. In ogni caso, all’udienza i governi del Regno Unito e irlandese hanno insistito sull’importanza che riveste la possibilità di riconoscere a un’autorità giurisdizionale la qualità di istituzione titolare del diritto di affidamento, con riferimento all’applicazione del regolamento n. 2201/2003 e della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori. Infatti, in taluni Stati membri, come ad esempio in Irlanda e in Inghilterra e Galles, i diritti in materia di responsabilità e di diritto di affidamento non sono automaticamente conferiti ai padri naturali, in quanto questi ultimi possono ottenere tali diritti solo con il consenso della madre oppure, in mancanza di consenso, con una decisione delle autorità giurisdizionali competenti. In tali circostanze, sarebbe indispensabile che le autorità giurisdizionali, alle quali i padri naturali sottopongono domande di riconoscimento della loro autorità genitoriale, dispongano di un diritto di affidamento. Qualora non esistesse un tale diritto, le autorità giurisdizionali adite non potrebbero impedire alle madri, nell’attesa di decisioni che assegnino eventualmente ai padri l’autorità genitoriale, di lasciare il territorio, successivamente all’avvio di procedimenti, nell’intento di sottrarsi ai detti procedimenti.

146. All’udienza, la Commissione ha al riguardo precisato, in risposta all’argomento del governo tedesco, che il diritto di affidamento quale riconosciuto alle autorità giurisdizionali all’interno di tali Stati membri era riconosciuto in virtù della loro legislazione e, quindi, in virtù della legge e non in conseguenza del mero fatto che esse siano state adite.

147. Di conseguenza, propongo di risolvere la seconda questione posta dal giudice del rinvio dichiarando che l’art. 2, punti 7, 9 e 11, nonché gli artt. 10 e 11 del regolamento n. 2201/2003 devono essere interpretati nel senso che un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro può costituire un’«istituzione o altro ente» ai sensi di tali disposizioni, alla quale può essere conferito un diritto di affidamento ai fini delle disposizioni del detto regolamento, purché l’assegnazione di tale diritto di affidamento derivi direttamente dalla legge del detto Stato membro.

C –    Sulla terza questione

148. La terza questione del giudice del rinvio verte sull’interpretazione degli artt. 10 e 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003 e, più precisamente, sulla normativa applicabile in caso di coesistenza di decisioni confliggenti adottate dalle autorità giurisdizionali di due Stati membri, una sulla base del regolamento n. 2201/2003 e l’altra sulla base della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori.

1.      Osservazioni delle parti della causa principale, dei governi degli Stati membri interessati e della Commissione

149. La madre della minore fa principalmente valere che, poiché il trasferimento è avvenuto lecitamente, l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 non è applicabile. Nondimeno, essa ha precisato che occorre risolvere la prima parte della terza questione posta dal giudice del rinvio nel senso che l’art. 10, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 non continua ad applicarsi dopo che le autorità giurisdizionali dello Stato membro richiesto hanno respinto una domanda volta a ottenere il ritorno del minore a norma della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori. Per contro, essa non propone alcuna soluzione diretta alla seconda parte della terza questione posta dal giudice del rinvio. Essa si limita infatti a far osservare che, applicato correttamente, il sistema del regolamento n. 2201/2003 deve permettere di evitare qualsiasi conflitto e, al riguardo, insiste sulla necessità che le autorità giurisdizionali degli Stati membri utilizzino la Rete giudiziaria europea, nonché sulla necessità di un’applicazione uniforme delle norme sulla litispendenza e di un rigoroso rispetto delle norme di adizione di cui all’art. 16 del regolamento n. 2201/2003. In ogni caso, qualora non potesse risolversi il problema della competenza, spetterebbe allora alle autorità giurisdizionali nazionali applicare l’art. 15 del regolamento n. 2201/2003, al fine di tutelare l’interesse superiore dei minori nel rispetto della Carta e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

150. Il padre della minore fa valere che, poiché le autorità giurisdizionali inglesi sono state adite per prime con una domanda in materia di responsabilità genitoriale, l’autorità giurisdizionale francese, adita dalla madre, in data 28 ottobre 2009, con una domanda identica, avrebbe dovuto, in conformità dell’art. 19 del regolamento n. 2201/2003, sospendere il giudizio fino a che non fosse stata accertata la competenza delle autorità giurisdizionali inglesi. La decisione del giudice francese del 15 marzo 2010 sulla domanda relativa al ritorno della minore a norma della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori non consentirebbe di fondare la competenza del giudice francese.

151. Il governo del Regno Unito ricorda che, ai sensi dell’art. 60, lett. e), del regolamento n. 2201/2003, quest’ultimo prevale sulla Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, ma, in conformità dell’art. 62 del regolamento n. 2201/2003, la detta convenzione continua a produrre effetti nelle materie non disciplinate dal detto regolamento. Constatando che il regolamento n. 2201/2003 disciplina l’applicazione della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori soltanto in modo limitato, allorché una domanda è proposta sulla base di quest’ultima, esso ritiene che l’autorità giurisdizionale che per prima è stata investita di una causa relativa alla responsabilità genitoriale non sia, nell’esame della propria competenza in virtù del detto regolamento, vincolata alla decisione di un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro che si è pronunciata su una domanda a titolo della detta convenzione.

152. Il governo tedesco, pur sottolineando all’udienza l’irrilevanza della terza questione del giudice del rinvio ai fini della soluzione della controversia principale, in quanto il trasferimento della minore è avvenuto lecitamente, ha voluto presentare comunque la propria posizione. Esso sottolinea al riguardo che pur se l’art. 17 del regolamento n. 2201/2003 impone alle autorità giurisdizionali degli Stati membri l’obbligo di verificare la loro competenza, in virtù di tale regolamento come in virtù della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, non vi è alcuna disposizione che stabilisca quale autorità giurisdizionale sia competente a decidere in ultima istanza. Tuttavia, poiché i due strumenti si fondano sui medesimi presupposti e poiché gli Stati membri sono tenuti ad osservarli e a vigilare sull’uniformità delle loro decisioni, il fatto che essi si sovrappongono deve poter consentire di evitare qualsiasi conflitto. Nondimeno, poiché le norme procedurali e le regole sulla prova sono diverse, può avvenire che l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro fondi la propria competenza sull’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 quando al contempo l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro ha precedentemente respinto una domanda di ritorno a norma della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori.

153. Il governo francese sottolinea innanzi tutto che, giacché l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 non è applicabile, la prima parte della terza questione del giudice del rinvio è irrilevante. Esso ritiene, in risposta alla seconda parte della terza questione del giudice del rinvio, che un’autorità giurisdizionale adita sulla base della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori non possa disciplinare un eventuale conflitto di giurisdizione fra due autorità giurisdizionali adite in base al regolamento n. 2201/2003. Un siffatto conflitto è per contro disciplinato dall’art. 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003.

154. La Commissione tenta di rispondere alla terza questione ricordando le norme di cui agli artt. 8, 10 e 11 del regolamento n. 2201/2003. In primo luogo, l’autorità giurisdizionale inglese può dichiararsi competente sulla base dell’art. 8 del detto regolamento se è soddisfatta la condizione relativa alla residenza abituale. La decisione che essa adotta su tale fondamento, provvisoria o definitiva, diventa esecutiva, in conformità delle disposizioni di cui al capo III del detto regolamento. L’adizione di un’autorità giurisdizionale determina l’applicazione dell’art. 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003, per cui l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro adita con una domanda avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo dovrà sospendere il giudizio.

155. In secondo luogo, pur precisando che le autorità giurisdizionali inglesi non possono dichiararsi competenti sulla base dell’art. 10 del regolamento n. 2201/2003, essa considera che l’adizione di un’autorità giurisdizionale su tale base determina, allo stesso modo, l’applicazione delle disposizioni relative alla litispendenza, tranne se tale autorità giurisdizionale sia adita con una domanda di misure provvisorie in conformità dell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003.

156. In terzo luogo, essa ritiene che l’art. 11 del regolamento n. 2201/2003 imponga di distinguere fra la competenza dello Stato richiesto per stabilire se si debba ordinare il ritorno del minore e la competenza dello Stato membro d’origine ad annullare tale decisione. Lo Stato richiesto è competente in virtù della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori e non dell’art. 11 del regolamento n. 2201/2003, in quanto l’autorità giurisdizionale adita in detto Stato membro deve essere competente a risolvere la questione preliminare se il minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell’art. 3 della detta convenzione. Qualora tale autorità giurisdizionale ritenesse che così non è nella fattispecie, tale decisione non potrebbe vincolare l’autorità giurisdizionale dello Stato d’origine successivamente adita in virtù dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003.

157. La Commissione ne conclude che le decisioni adottate dalle autorità giurisdizionali di uno Stato richiesto sono limitate all’applicazione della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori e non possono avere alcuna ripercussione pratica sui criteri generali di competenza di cui al regolamento n. 2201/2003.

2.      Valutazione

158. Come si può constatare, le soluzioni alla terza questione sono molto contrastanti. Per la verità, come ha fatto osservare la Commissione nelle proprie memorie, detta questione, nel modo in cui è stata posta dal giudice del rinvio, non corrisponde pienamente alla formulazione della duplice questione che essa pone. Al riguardo si impongono dunque chiarimenti.

a)      Chiarimenti riguardo alla terza questione

159. In primo luogo, il giudice del rinvio solleva la questione se l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 continui ad applicarsi anche dopo che le autorità giurisdizionali dello Stato membro richiesto hanno respinto una domanda volta a ottenere il ritorno del minore a norma della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, per il fatto che non ricorrono i presupposti per l’applicazione degli artt. 3 e 5 della detta convenzione.

160. In secondo luogo, tale giudice si chiede se l’autorità giurisdizionale francese che, in data 15 marzo 2010, ha respinto la domanda del padre volta a ottenere il ritorno della minore a norma della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, per il fatto che il padre non era titolare del diritto di affidamento sulla minore ai sensi degli artt. 3 e 5 della detta convenzione, potesse, su tale base, dichiararsi competente a conoscere della controversia relativa alla responsabilità genitoriale sulla minore oppure se, al contrario, avrebbe dovuto riconoscere alla High Court of Justice (England & Wales), Family Division, la qualità di autorità giurisdizionale adita per prima conformemente all’art. 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003.

161. Le due questioni vertono quindi essenzialmente sull’applicazione delle norme sulla litispendenza del regolamento n. 2201/2003 in due diverse situazioni. Nella prima coesistono due decisioni confliggenti di autorità giurisdizionali di Stati membri diversi, una adottata in forza del regolamento n. 2201/2003 e l’altra adottata in forza della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori. Nella seconda situazione coesistono due decisioni confliggenti di autorità giurisdizionali di Stati membri diversi, ma entrambe adottate in base al regolamento n. 2201/2003.

b)      Conflitto tra una decisione adottata sul fondamento del regolamento n. 2201/2003 e una decisione adottata sul fondamento della Convenzione dell’Aia sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori

162. La situazione considerata da tale ipotesi (56) è quella nella quale coesistono, da una parte, le decisioni delle autorità giurisdizionali inglesi, che si sono dichiarate competenti a conoscere di una controversia in materia di responsabilità genitoriale sulla base del regolamento n. 2201/2003, rientrante nell’ambito di applicazione degli artt. 10 e 11 del regolamento n. 2201/2003, e, dall’altra, la decisione francese che respinge, in quanto infondata, la domanda a titolo della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori formulata dal padre nel quadro della stessa controversia.

163. Mi sembra che l’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003 contenga la soluzione a tale interrogativo. Detta disposizione prevede, infatti, la possibilità per un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro competente, ai sensi del regolamento n. 2201/2003, di adottare una decisione che prescrive il ritorno di un minore successivamente all’emanazione di un provvedimento contro il ritorno emesso in base all’art. 13 della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori.

c)      Conflitto fra le decisioni adottate sul fondamento del regolamento n. 2201/2003

164. La situazione considerata da tale ipotesi è quella nella quale coesistono, da una parte, le decisioni delle autorità giurisdizionali inglesi del 12 ottobre 2009 e del 15 aprile 2010 e, dall’altra, la decisione dell’autorità giurisdizionale francese, le quali hanno stabilito la loro competenza ai sensi del regolamento n. 2201/2003 a conoscere la medesima controversia in materia di responsabilità genitoriale, sebbene su un fondamento diverso.

165. Le disposizioni del regolamento n. 2201/2003 relative alla litispendenza, nella fattispecie quelle dell’art. 19, n. 2, del detto regolamento, sono intese proprio a disciplinare tale tipo di situazione. L’autorità giurisdizionale francese era tenuta a sospendere il giudizio fino a che non fosse stata accertata la competenza dall’autorità giurisdizionale inglese, adita per prima (57).

166. Occorre aggiungere che la circostanza che la decisione dell’autorità giurisdizionale francese sia fondata sulla decisione precedente della stessa autorità giurisdizionale che aveva respinto, in quanto infondata, la domanda a titolo della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori formulata dal padre nulla cambia riguardo a tale considerazione, poiché la prima decisione è stata adottata sulla base del regolamento n. 2201/2003.

d)      Conclusione

167. Di conseguenza, occorre risolvere la terza questione posta dal giudice del rinvio dichiarando che, in primo luogo, il regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla facoltà, per un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro competente in forza dell’art. 10 del detto regolamento, di adottare qualsiasi misura volta ad assicurare il ritorno del minore successivamente ad un provvedimento contro il ritorno emesso in base alla Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori e, in secondo luogo, che l’art. 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro adita con una domanda in materia di responsabilità genitoriale, allorché è adita posteriormente rispetto all’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro adita con una domanda avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, deve sospendere il giudizio fino a che non sia stata accertata la competenza dell’autorità giurisdizionale adita per prima. La circostanza che la competenza dell’autorità giurisdizionale adita per prima si fondi sull’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 e che la competenza dell’autorità giurisdizionale successivamente adita sia stabilita sulla base di un provvedimento contro il ritorno adottato in precedenza ai sensi della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, a motivo dell’insussistenza dei presupposti di cui agli artt. 3 e 5 della detta convenzione, è a tale proposito irrilevante, in quanto la detta autorità giurisdizionale successivamente adita è competente in virtù del detto regolamento.

VII – Conclusioni

168. Sulla scorta di tali considerazioni e ricordando le riserve formulate con riferimento alla rilevanza della seconda e della terza questione, invito la Corte a risolvere le questioni pregiudiziali presentate dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) come segue:

«1)      In generale, un’autorità giurisdizionale nazionale, adita con una domanda relativa alla responsabilità genitoriale su un minore, deve pronunciarsi esplicitamente sulla sua competenza in virtù del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, dopo aver passato in rassegna nel suo esame i diversi fondamenti in base ai quali tale competenza può essere determinata in base allo stesso regolamento.

Nell’ambito di tale esame, ad essa spetta accertare, nell’interesse superiore del minore, la residenza abituale di quest’ultimo, valutando tutte le circostanze di fatto specifiche del caso di specie.

In particolare, in circostanze quali quelle della causa principale, la quale è caratterizzata, da una parte, dalla liceità del trasferimento di un minore dallo Stato membro in cui aveva la residenza abituale in un altro Stato membro e, dall’altra, dall’adizione immediata, ma posteriore, di un’autorità giurisdizionale dello Stato membro della residenza iniziale, tale autorità giurisdizionale deve, più precisamente, adoperarsi per determinare se detto trasferimento comporti effettivamente, in breve termine, la perdita della residenza abituale iniziale del minore e l’acquisizione di una nuova residenza abituale nello Stato membro di destinazione.

A tal fine, detta autorità giurisdizionale deve prendere in considerazione, in modo preponderante e identificabile, la volontà della persona titolare della potestà genitoriale all’origine del trasferimento lecito, tenendo conto, in particolare, dell’età del minore e dopo aver dato a tale persona l’opportunità di presentare le proprie osservazioni e di esporre in modo pieno e compiuto le ragioni che hanno motivato tale trasferimento.

È alla persona che contesta l’acquisizione di una nuova residenza abituale in tali circostanze che incombe l’onere di presentare elementi idonei a provare che il trasferimento non trova la propria ragione nella volontà di stabilire una nuova residenza abituale nello Stato membro di destinazione.

Infine, qualora non le fosse possibile accertare la residenza abituale del minore, l’autorità giurisdizionale nazionale dovrà allora constatare tale circostanza e, in ossequio al principio di vicinanza, pronunciarsi sulla propria competenza, fondandosi sulle disposizioni dell’art. 13 o dell’art. 15 del regolamento n. 2201/2003.

2)      L’art. 2, punti 7, 9 e 11, nonché gli artt. 10 e 11 del regolamento n. 2201/2003 devono essere interpretati nel senso che un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro può costituire un’“istituzione o altro ente” ai sensi di tali disposizioni, alla quale può essere conferito un diritto di affidamento ai fini delle disposizioni di detto regolamento, purché l’assegnazione di tale diritto di affidamento derivi direttamente dalla legge di detto Stato membro.

3)      Il regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla facoltà, per un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro competente in forza dell’art. 10 del detto regolamento, di adottare qualsiasi misura volta ad assicurare il ritorno del minore successivamente ad un provvedimento contro il ritorno emesso in base alla Convenzione dell’Aia, del 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori.

L’art. 19, n. 2, del regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro alla quale è posta una domanda in materia di responsabilità genitoriale, allorché è adita posteriormente rispetto all’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro adita con una domanda avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, deve sospendere il giudizio fino a che non sia stata accertata la competenza dell’autorità giurisdizionale adita per prima. Il fatto che la competenza dell’autorità giurisdizionale adita per prima si fondi sull’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 e che la competenza dell’autorità giurisdizionale successivamente adita sia stabilita sulla base di un provvedimento contro il ritorno adottato in precedenza ai sensi della Convenzione dell’Aia, del 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, a motivo dell’insussistenza dei presupposti di cui agli artt. 3 e 5 della detta convenzione, è a tale proposito irrilevante, in quanto la detta autorità giurisdizionale successivamente adita è competente in virtù del detto regolamento».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU L 338, pag. 1.


3 – Causa C‑523/07 (Racc. pag. I‑2805).


4 – In prosieguo: la «Carta».


5 – UNTS, 1983, vol. 1343, n. 22514, pag. 89, in prosieguo: la «Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori».


6 – Re H (Abduction: Rights of custody) [2000] 1 FLR 374.


7 – V. paragrafo 41 della presente presa di posizione.


8 – V. paragrafo 38 della presente presa di posizione.


9 – V. paragrafi 115 e segg. della presente presa di posizione.


10 – Sull’argomento del padre della minore, v., tuttavia, paragrafo 91 della presente presa di posizione.


11 – Sul sistema di competenza così stabilito, v. paragrafi 104 e segg. della presente presa di posizione.


12 – Fissando in tal modo una regola materiale precisa e uniforme, come aveva fatto l’art. 11, n. 4, del regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1347, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi (GU L 160, pag. 19), l’art. 16 del regolamento n. 2201/2003 contrasta con l’interpretazione fornita dalla Corte dell’art. 21 della Convenzione di Bruxelles del 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), in virtù della quale la questione di sapere in quale momento l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro dovesse essere considerata adita era disciplinata dalla lex fori. V. sentenza 7 giugno 1984, causa 129/83, Zelger (Racc. pag. 2397, punto 16). Su tale aspetto della questione, v., in particolare, Rey, J.,  «L’office du juge – la saisine», in Fulchiron, H., e Nourissat, C., (dir.), Le nouveau droit communautaire du divorce et de la responsabilité parentale, Dalloz, Parigi, 2005, pag. 181.


13 – GU L 324, pag. 79. Il quindicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003 precisa, infatti, che il regolamento n. 1348/2000 disciplina la notificazione e comunicazione dei documenti introduttivi del giudizio proposto a norma del regolamento n. 2201/2003.


14 – Se il giudice nazionale chiamato a pronunciarsi sulla propria competenza è, come ricordato in precedenza, tenuto a farlo con riferimento alla data in cui è stato adito, la valutazione dei criteri della residenza abituale non esclude che possano essere presi in considerazione elementi successivi a tale data, ma antecedenti rispetto alla data in cui il giudice si pronuncia definitivamente. V., al riguardo, Richez-Pons, A., La résidence en droit international privé (conflits de juridictions et conflits de lois), (tesi) Lione, 2004.


15 – La questione del giudice del rinvio è, in realtà, più precisa, in quanto richiama gli artt. 8 e 10 del regolamento n. 2201/2003. Tuttavia, come verrà indicato nelle considerazioni che seguono, la nozione di residenza abituale è e deve essere la stessa a prescindere dalla disposizione del regolamento n. 2201/2003 che viene presa in considerazione. Inoltre, come verrà ulteriormente esposto, vi sono solidi motivi che portano a dubitare della pertinenza della questione riguardante l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003. Infine, pur se la questione così posta richiede effettivamente alcune precisazioni sulla nozione stessa di residenza abituale ai sensi del regolamento n. 2201/2003, la causa principale solleva un problema più ampio rispetto a quello della definizione di tale nozione.


16 – Preciso altresì che, nelle conclusioni presentate nella causa che ha portato alla citata sentenza A, l’avvocato generale Kokott si è, molto opportunamente, lungamente soffermata sull’interpretazione della nozione di residenza abituale (paragrafi 13‑52), interessandosi segnatamente alla genesi del regolamento n. 2201/2003, alle nozioni identiche o simili utilizzate nelle convenzioni internazionali (paragrafi 22‑31) o negli altri settori del diritto comunitario (paragrafi 32‑37) e concentrandosi sui criteri principali da prendere in considerazione per stabilire la residenza abituale di un minore (paragrafi 41‑52). Non appare pertanto necessario riproporre un’analisi pienamente condivisa.


17 – Punto 31.


18 – Sentenza A, cit. (punti 31, 34 e 35).


19 – Ibidem (punto 34).


20 – Ibidem (punto 36).


21 – Ibidem (punto 37).


22 – Sentenza A, cit. (punto 38).


23 – Ibidem (punto 39).


24 – Ibidem (punto 40).


25 – Sentenza A, cit. (punto 42).


26 – Infatti, dall’esposizione di argomenti formulati dinanzi al giudice del rinvio emerge che, al momento dell’adozione dell’ordinanza 15 aprile 2010, la High Court of Justice (England & Wales), Family Division, era a conoscenza dell’esistenza della citata sentenza A, e che, nell’ambito della determinazione della residenza abituale del minore che ha effettuato, essa ha preso in considerazione l’incidenza di quest’ultima sul diritto inglese.


27 – Seguendo l’espressione tratta da Lagarde, P., Rapport explicatif concernant la convention de La Haye du 19 octobre 1996 concernant la compétence, la loi applicable, la reconnaissance, l’exécution et la coopération en matière de responsabilité parentale et de mesures de protection des enfants (UNTS, 2004, vol. 2204, n. 39130) [Relazione esplicativa alla Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996 concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori], Actes et documents de la XVIIIème Session de la Conférence de La Haye, 1996, vol. II, Protection des enfants, n. 41. Tale posizione è ampiamente condivisa in dottrina e in giurisprudenza. V., in particolare, Richez-Pons, A., op. cit., pag. 206.


28 – V. Richez-Pons, A., op. cit., pagg. 206 e segg.


29 – Al riguardo, la guida pratica all’applicazione del regolamento n. 2201/2003 precisa che l’art. 9 si applica solo se, durante il periodo di tre mesi, il minore ha acquisito la residenza abituale nel nuovo Stato membro.


30 – Nella versione in lingua tedesca, l’art. 9, n. 1, prima frase, del regolamento n. 2201/2003 si legge come segue: «Beim rechtmäßigen Umzug eines Kindes von einem Mitgliedstaat in einen anderen, durch den es dort einen neuen gewöhnlichen Aufenthalt erlangt». Lo stesso vale anche nella versione in lingua italiana «In caso di lecito trasferimento della residenza di un minore da uno Stato membro ad un altro che diventa la sua residenza abituale».


31 – Lo stesso vale nella versione in lingua spagnola «Cuando un menor cambie legalmente de residencia de un Estado miembro a otro y adquiera una nueva residencia habitual en este último», in lingua danese «Når et barn lovligt flytter fra én medlemsstat til en anden og får nyt sædvanligt opholdssted dér», in lingua inglese «Where a child moves lawfully from one Member State to another and acquires a new habitual residence there», in lingua olandese «Wanneer een kind legaal van een lidstaat naar een andere lidstaat verhuist en aldaar een nieuwe gewone verblijfplaats verkrijgt», in lingua portoghese «Quando uma criança se desloca legalmente de um Estado-Membro para outro e passa a ter a sua residência habitual neste último», in lingua finlandese «Kun lapsi muuttaa laillisesti jäsenvaltiosta toiseen ja saa siellä uuden asuinpaikan» e in lingua svedese «När ett barn lagligen flyttar från en medlemsstat till en annan och förvärvar nytt hemvist där skall».


32 – V., in particolare, sentenze 27 ottobre 1977, causa 30/77, Bouchereau (Racc. pag. 1999, punto 14), nonché 29 aprile 2010, causa C‑340/08, M e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 44).


33 – V., in particolare, sentenze 12 novembre 1969, causa 29/69, Stauder (Racc. pag. 419, punto 3); 22 ottobre 2009, cause riunite C‑261/08 e C‑348/08, Zurita García e Choque Cabrera (Racc. pag. I‑10143, punto 54), nonché 3 giugno 2010, causa C‑569/08, Internetportal und Marketing (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 35).


34 – In tal senso, ad esempio, Gallant, E., Compétence reconnaissance et exécution (Matières matrimoniale et de responsabilité parentale), Répertoire de droit communautaire, Dalloz, agosto 2007, n. 167.


35 – Peraltro, l’art. 10 del regolamento n. 2201/2003 prevede, in caso di trasferimento illecito del minore, che la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento si conservi solo fino al momento in cui il minore abbia acquisito la residenza abituale in un altro Stato membro e a condizione che, in particolare, il minore abbia soggiornato in quell’altro Stato membro almeno per un anno e che si sia integrato nel nuovo ambiente.


36 – Che, per esempio, potrebbe essere di sei mesi. Per una discussione su tale elemento temporale della nozione di residenza abituale, v., in particolare, Espinosa Calabuig, R., Custodia y visita de menores en el espacio judicial europeo, Marial Pons, 2007, pag. 128 e segg. Si vedrà che la commissione incaricata di elaborare il progetto della menzionata Convenzione dell’Aia del 19 ottobre 1996 ha «respinto l’idea di quantificare il periodo di tempo che sarebbe stato necessario per l’acquisizione di una nuova residenza abituale», proprio per il fatto che si tratta di una questione di fatto che deve essere valutata caso per caso. V. Lagarde, P., op. cit, n. 41.


37 – O prima della quale non si può ammettere che un cambiamento di residenza equivalga a un cambio di residenza abituale.


38 – Si tratta in particolare della soluzione sostenuta dalla guida pratica all’applicazione del regolamento n. 2201/2003 (pag. 13). La mera presenza del minore nello Stato membro di destinazione sarebbe dunque assimilata all’acquisizione di una nuova residenza abituale, il che contrasterebbe con la posizione adottata dalla Corte nella citata sentenza A, secondo la quale la mera presenza fisica di un minore in uno Stato membro non sarebbe sufficiente a stabilire che quest’ultimo vi abbia la propria residenza abituale.


39 – Esse possono altresì, quale ultima ratio, dichiararsi competenti in virtù dell’art. 14 del regolamento n. 2201/2003, che prevede che, qualora nessuna autorità giurisdizionale di uno Stato membro sia competente, né in virtù dell’art. 8 né in virtù dell’art. 13 di tale regolamento, la competenza è in tale ipotesi determinata, in ciascuno Stato membro, dalla legge nazionale.


40 – Su tale aspetto della questione, v., per esempio, Niboyet, M.‑L., «L’office du juge – la vérification et l’exercice de la compétence», in Fulchiron, H., e Nourissat, C., (dir.), op. cit., pag. 191.


41 – Sentenza 15 luglio 2010, causa C‑256/09, Purrucker (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 73).


42 – V. paragrafo 101 della presente presa di posizione.


43 – Punto 43.


44 – Causa J [1990] 2 AC 562, pag. 578.


45 – Su tale aspetto della questione, v. nota a piè di pagina n. 13.


46 – Su tale aspetto della questione, v., infra, la proposta di soluzione alla seconda questione del giudice del rinvio.


47 – Sentenza 5 ottobre 2010, causa C‑400/10 PPU (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 44).


48 – Sentenza McB., cit. (punti 49‑64).


49 – Se l’autorità giurisdizionale adita telefonicamente il 9 ottobre 2009 fosse stata adita il giorno precedente alla partenza della madre con la minore, tale trasferimento sarebbe stato effettuato in violazione del diritto di affidamento riconosciuto al giudice adito dallo Stato membro di residenza abituale del minore, qualora non fosse stato preliminarmente autorizzato dal detto giudice. Tale trasferimento sarebbe dunque risultato illecito e avrebbe fondato la competenza del giudice adito in virtù dell’art. 10 del regolamento n. 2201/2003.


50 – V., al riguardo, Perez Vera, E., Rapport explicatif sur la convention de La Haye sur l’enlèvement international d’enfants [Relazione esplicativa sulla Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale dei minori], Actes et documents de la Quatorzième session (1980), vol. III, Enlèvement d’enfants, n. 64 e segg.


51 – Anche la Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, sulla quale, al riguardo, è ricalcato il regolamento n. 2201/2003, sancisce il diritto di affidamento delle istituzioni e degli enti. V. Perez Vera, E., op. cit., punto 80.


52 – Punto 43.


53 – Il giudice del rinvio ha adottato la decisione di rinvio in data 8 ottobre 2010, poco tempo dopo la citata sentenza McB., emessa in data 5 ottobre 2010, e non ha quindi avuto conoscenza di tale sentenza.


54 – V., in particolare, sentenza A, cit. (punto 34).


55 – V., meno frequentemente, sentenze 23 novembre 2006, causa C‑486/04, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑11025, punto 44); 5 luglio 2007, causa C‑255/05, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑5767, punto 60), nonché 6 novembre 2008, causa C‑247/06, Commissione/Germania (punto 30).


56 – Si tratta di quella che corrisponde alla terza questione, prima parte, della decisione di rinvio.


57 – Fatte salve le osservazioni formulate supra, paragrafi 55 e segg. della presente presa di posizione.