SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

4 maggio 2012 ( *1 )

«Accesso ai documenti — Regolamento (CE) n. 1049/2001 — Parere del servizio giuridico del Consiglio in merito ad una raccomandazione della Commissione intesa ad autorizzare l’avvio di negoziati in vista di un accordo internazionale — Rifiuto parziale di accesso — Eccezione relativa alla protezione dell’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali — Eccezione relativa alla tutela dei pareri giuridici — Pregiudizio concreto e prevedibile all’interesse in gioco — Interesse pubblico prevalente»

Nella causa T-529/09,

Sophie in ’t Veld, residente in Bruxelles (Belgio), rappresentata da O. Brouwer e J. Blockx, avvocati,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato inizialmente da M. Bauer, C. Fekete e O. Petersen, successivamente da M. Bauer e C. Fekete, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata da C. O’Reilly e P. Costa de Oliveira, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione del Consiglio del 29 ottobre 2009 con la quale quest’ultimo rifiuta l’accesso integrale al documento n. 11897/09, del 9 luglio 2009, contenente un parere del servizio giuridico del Consiglio intitolato «Raccomandazione della Commissione al Consiglio intesa ad autorizzare l’avvio di negoziati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America in vista di un accordo internazionale destinato a mettere a disposizione del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America dati di messaggistica finanziaria per prevenire e combattere il terrorismo e il suo finanziamento nonché per contrastare tali fenomeni – fondamento giuridico»,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto dai sigg. S. Papasavvas, presidente, V. Vadapalas (relatore) e K. O’Higgins, giudici,

cancelliere: sig. N. Rosner, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 settembre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1

La ricorrente, sig.ra Sophie in ’t Veld, è membro del Parlamento europeo.

2

Il 28 luglio 2009 chiedeva di accedere, ai sensi del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43), al parere del servizio giuridico del Consiglio relativo ad una raccomandazione della Commissione al Consiglio intesa ad autorizzare l’avvio di negoziati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America in vista di un accordo internazionale destinato a mettere a disposizione del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America dati di messaggistica finanziaria per prevenire e combattere il terrorismo e il suo finanziamento nonché per contrastare tali fenomeni (in prosieguo: il «documento n. 11897/09»).

3

L’8 settembre 2009 il Consiglio dell’Unione europea rifiutava l’accesso al documento n. 11897/09 invocando motivi riguardanti l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, e l’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

4

Il 28 settembre 2009 la ricorrente indirizzava al Consiglio una domanda di conferma affinché rivedesse la sua posizione.

5

Con decisione 23 ottobre 2009, comunicata alla ricorrente con lettera 29 ottobre 2009, il Consiglio autorizzava un accesso parziale al documento n. 11897/09, pur tenendo ferma la sua risposta negativa per quanto riguardava l’accesso integrale al suddetto documento, invocando le eccezioni previste dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, e dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

6

Nella decisione impugnata il Consiglio faceva presente, da un lato, che «la divulgazione del documento [n. 11897/09] rivelerebbe al pubblico informazioni circa talune disposizioni dell’accordo previsto (...) e avrebbe di conseguenza un’incidenza negativa sulla posizione negoziale dell’[Unione] e nuocerebbe altresì al clima di fiducia nei negoziati in corso». Il Consiglio aggiungeva che «la divulgazione del documento rivelerebbe alla controparte (...) elementi relativi alla posizione che l’[Unione] dovrà assumere nei negoziati che – nel caso in cui il parere giuridico dovesse essere critico – potrebbero essere sfruttati in modo da indebolire la posizione negoziale dell’[Unione]» (punto 6 della decisione impugnata).

7

Dall’altro, il Consiglio faceva presente che il documento n. 11897/09 conteneva «un parere giuridico circa il fondamento giuridico e le rispettive competenze dell’[Unione] e della Comunità europea per concludere l’accordo» e che tale «soggetto sensibile, che incide sui poteri del Parlamento europeo nella conclusione dell’accordo, ha costituito l’oggetto di divergenze tra le istituzioni». Ciò considerato, «[la] divulgazione del contenuto del documento richiesto arrecherebbe pregiudizio alla tutela della consulenza legale dato che renderebbe pubblico un parere interno del servizio giuridico, destinato unicamente ai membri del Consiglio nel contesto delle discussioni preliminari in seno al Consiglio sull’accordo previsto» (punto 10 della decisione impugnata). Inoltre il Consiglio «ha concluso che la tutela di un parere giuridico interno in merito ad un progetto di accordo internazionale (...) prevarrebbe sull’interesse pubblico alla divulgazione» (punto 15 della decisione impugnata).

8

Infine, in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, il Consiglio concedeva «un accesso parziale (…) all’introduzione figurante alla pagina 1, ai punti 1-4, nonché alla prima frase del punto 5 del documento, che non rientr[avano] nelle eccezioni previste dal regolamento [n.] 1049/2001» (punto 16 della decisione impugnata).

Procedimento e conclusioni delle parti

9

Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 31 dicembre 2009, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

10

Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 17 maggio 2010, la Commissione europea ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Con ordinanza del presidente della Sesta Sezione del Tribunale del 7 luglio 2010 tale istanza è stata accolta.

11

A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Quinta Sezione, alla quale la causa è stata di conseguenza attribuita.

12

Nell’ambito delle misure di istruzione previste dall’articolo 65 del suo regolamento di procedura, il Tribunale, con ordinanza del 7 luglio 2011, ha ordinato al Consiglio di produrre il documento n. 11897/09, senza che fosse comunicato alla ricorrente e alla Commissione. Il Consiglio ha ottemperato a tale misura istruttoria entro il termine impartito.

13

Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, il 13 luglio 2011 il Tribunale ha sottoposto quesiti scritti alle parti, le quali vi hanno risposto entro il termine impartito.

14

Le parti hanno svolto le proprie difese orali ed hanno risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 7 dicembre.

15

La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare il Consiglio alle spese, comprese quelle degli eventuali intervenienti.

16

Il Consiglio e la Commissione concludono che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese, comprese quelle sostenute dalla Commissione.

In diritto

17

In limine, va ricordato che il regolamento n. 1049/2001 ha lo scopo, come risulta dall’articolo 1, letto alla luce del quarto considerando, di conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni quanto più ampio possibile.

18

Dal momento che le eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 derogano a tale principio, esse devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo (v. sentenza della Corte del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C-506/08 P, Racc. pag. I-6237, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

19

Pertanto, quando l’istituzione interessata decide di negare l’accesso a un documento di cui le è stata chiesta la divulgazione, essa deve spiegare, in linea di principio, come l’accesso a tale documento possa arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, che tale istituzione invoca (v. sentenza Svezia/MyTravel e Commissione, punto 18 supra, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

20

A questo proposito, da un lato, la mera circostanza che un documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione non basta a giustificare l’applicazione di quest’ultima. In linea di principio, tale applicazione può essere giustificata solo nel caso in cui l’istituzione abbia previamente valutato, innanzi tutto, se l’accesso al documento potesse arrecare, concretamente ed effettivamente, un pregiudizio all’interesse tutelato e, in secondo luogo, nei casi previsti dall’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1049/2001, se non esistesse un interesse pubblico prevalente che giustificasse la divulgazione del documento in questione. Dall’altro, il rischio di arrecare un pregiudizio ad un interesse tutelato deve essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (v. sentenza del Tribunale del 12 settembre 2007, API/Commissione, T-36/04, Racc. pag. II-3201, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

21

Il fatto che il documento sia classificato come «UE-Riservato» in forza della decisione 2001/264/CE del Consiglio, del 19 marzo 2001, che adotta le norme di sicurezza del Consiglio (GU L 101, pag. 1), pur potendo costituire un’indicazione della particolare delicatezza del documento così qualificato, non può di per sé giustificare l’applicazione delle eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 (v., in questo senso, sentenza del Tribunale del 26 aprile 2005, Sison/Consiglio, T-110/03, T-150/03 e T-405/03, Racc. pag. II-1429, punto 73).

22

A sostegno del ricorso, la ricorrente invoca quattro motivi, relativi, il primo, alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, il secondo, alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del predetto regolamento, il terzo, alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del medesimo regolamento e, il quarto, alla violazione dell’obbligo di motivazione.

Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001

23

A tenore dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali.

24

Si deve ricordare che la decisione che l’istituzione deve adottare in applicazione di tale disposizione riveste un carattere complesso e delicato che richiede un livello di prudenza del tutto particolare, tenuto specialmente conto della natura particolarmente delicata ed essenziale dell’interesse protetto.

25

Dal momento che una siffatta decisione richiede un ampio margine di discrezionalità, il controllo svolto dal Tribunale sulla sua legittimità deve limitarsi alla verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, dell’esattezza dei fatti materiali, nonché dell’assenza sia di un errore manifesto nella valutazione dei medesimi sia di uno sviamento di potere (sentenza della Corte del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C-266/05 P, Racc. pag. I-1233, punto 34).

26

Nella specie, dalla decisione impugnata risulta che il documento n. 11897/09, al quale la ricorrente chiede di accedere, costituisce un parere del servizio giuridico del Consiglio, emesso in vista dell’adozione della decisione del Consiglio che autorizza l’avvio di negoziati, a nome dell’Unione, in vista di un accordo internazionale tra l’Unione e gli Stati Uniti d’America al fine di mettere a disposizione del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America dati di messaggistica finanziaria nell’ambito della prevenzione e lotta al terrorismo e al suo finanziamento, nonché per contrastare tali fenomeni. Inoltre è pacifico che il parere verte in sostanza sul fondamento giuridico di tale decisione e quindi sulle rispettive competenze dell’Unione e della Comunità (punti 5 e 10 della decisione impugnata).

27

La ricorrente sostiene che il documento di cui trattasi non è tale da rientrare nell’ambito di applicazione dell’eccezione relativa alla tutela dell’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali, tenuto conto dell’argomento trattato. Secondo la ricorrente, il fondamento giuridico di una decisione che autorizza l’avvio di negoziati costituisce una questione di diritto interno dell’Unione che non è idonea a produrre conseguenze sulla sostanza dei negoziati e, di conseguenza, sulle relazioni internazionali dell’Unione.

28

Si deve rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il documento n. 11897/09, tenuto conto del suo contenuto e del contesto nel quale è stato redatto, può rientrare nell’eccezione di cui trattasi.

29

Infatti tale documento è stato redatto specificamente in vista dell’avvio di negoziati che debbono portare alla conclusione di un accordo internazionale. Quindi, per quanto tratti la questione del fondamento giuridico, che è una questione di diritto interno dell’Unione, l’analisi operata dal servizio giuridico del Consiglio si ricollega necessariamente al contesto specifico del previsto accordo internazionale.

30

Ciò considerato, si deve esaminare se il Consiglio abbia dimostrato che l’accesso agli elementi non divulgati del documento n. 11897/09 era tale da pregiudicare concretamente ed effettivamente l’interesse pubblico di cui trattasi.

31

Il Consiglio fa presente che la divulgazione del documento n. 11897/09 sarebbe tale da pregiudicare l’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali, in quanto tale divulgazione, da un lato, rivelerebbe al pubblico informazioni circa talune disposizioni del previsto accordo, il che nuocerebbe al clima di fiducia nei negoziati in corso, e, dall’altro, rivelerebbe alla controparte elementi relativi alla posizione che l’Unione deve assumere nei suddetti negoziati, che potrebbero essere sfruttati in modo da indebolire la sua posizione (punto 6 della decisione impugnata).

32

Quindi, occorre distinguere l’esame dell’applicazione dell’eccezione di cui trattasi con riferimento ai due motivi invocati dal Consiglio nella decisione impugnata.

33

In primo luogo, per quanto riguarda il rischio di divulgazione al pubblico delle informazioni circa talune disposizioni del previsto accordo, la ricorrente sostiene che, quand’anche il documento di cui trattasi contenesse siffatte informazioni, esse potrebbero consistere solo in una descrizione obiettiva dei fatti, con un contenuto che non eccede probabilmente le informazioni già divulgate nei documenti pubblici. Secondo la ricorrente, comunque, l’analisi degli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati di cui trattasi dovrebbe verosimilmente rappresentare solo una piccola parte del documento, mentre il resto dovrebbe essere divulgato.

34

Il Consiglio sostiene che il documento contiene informazioni sul contenuto del previsto accordo la cui divulgazione avrebbe potuto rivelare taluni aspetti degli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione.

35

Si deve a questo proposito rilevare che il Tribunale, avendo preso conoscenza del documento di cui trattasi nell’ambito delle misure istruttorie, ha potuto constatare che l’analisi giuridica operata in tale documento conteneva taluni passaggi che presentano un nesso con gli obiettivi perseguiti dall’Unione nei negoziati, in particolare in quanto affronta il contenuto specifico del previsto accordo.

36

Come giustamente affermato dal Consiglio al punto 6 della decisione impugnata (v. supra punto 6), la divulgazione di tali elementi nuocerebbe al clima di fiducia nei negoziati che erano in corso al momento dell’adozione della decisione impugnata.

37

A questo proposito, la ricorrente non può avvalersi validamente della circostanza, invocata in udienza, che talune informazioni circa il contenuto del previsto accordo sono state rese pubbliche sia dal Consiglio stesso che nel contesto dei dibattiti in seno al Parlamento.

38

Infatti, il rischio di pregiudizio invocato dal Consiglio è dato dalla divulgazione della particolare valutazione data a tali elementi dal suo servizio giuridico e, quindi, il solo fatto che i suddetti elementi fossero di per sé noti al pubblico non inficia siffatta considerazione.

39

Si deve pertanto constatare che il Consiglio ha potuto legittimamente invocare il rischio di pregiudizio all’interesse protetto nell’ambito dell’eccezione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 per negare la divulgazione dei passi del documento richiesto relativi all’analisi del contenuto specifico del previsto accordo, idoneo a rientrare negli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati.

40

Si deve in secondo luogo esaminare il motivo relativo al rischio di rivelare «alla controparte nei negoziati (...) elementi relativi alla posizione che l’[Unione] dovrà assumere nei negoziati che – nel caso in cui il parere giuridico dovesse essere critico – potrebbero essere sfruttati in modo da indebolire la posizione negoziale dell’[Unione]» (punto 6 della decisione impugnata).

41

Il Consiglio ritiene che il motivo qui considerato faccia riferimento al rischio di divulgare elementi dell’analisi relativa al fondamento giuridico del futuro accordo, pur dovendosi rilevare che tale considerazione non risulta esplicitamente dal punto 6 della decisione impugnata.

42

Nelle sue memorie e nel corso dell’udienza, il Consiglio ha fatto presente che, con tale motivo, esso si riferiva alla circostanza che il parere del suo servizio giuridico conteneva l’analisi del fondamento giuridico del futuro accordo e quindi dell’azione che il Consiglio doveva sviluppare in vista della firma dell’accordo. Secondo il Consiglio, a prescindere dalla questione se il fondamento giuridico prescelto per i negoziati fosse corretto, ogni divulgazione di informazioni a tal riguardo si sarebbe ripercossa sulla posizione negoziale dell’Unione e avrebbe potuto avere un effetto negativo sul merito dei negoziati. Il Consiglio fa presente che, anche se non tutti i passi del documento richiesto rientravano nel motivo con il quale è stato dedotto il rischio di divulgazione di informazioni sul previsto accordo, tutta la parte non divulgata del documento sarebbe inclusa in tale secondo motivo.

43

La ricorrente sostiene che è difficile valutare in che modo una discussione sul fondamento giuridico di un accordo potrebbe pregiudicare le relazioni internazionali dell’Unione. Essa sostiene a questo proposito che la trasparenza circa il fondamento giuridico contribuirebbe a conferire una maggiore legittimazione al Consiglio in quanto parte nel negoziato. A suo avviso, sarebbe l’assenza di trasparenza a nuocere a lungo termine alle relazioni internazionali, tanto più che, nella specie, il Consiglio ha riconosciuto che l’argomento in discussione aveva «un’incidenza sui poteri del Parlamento europeo nella conclusione dell’accordo» e «ha costituito l’oggetto di posizioni divergenti tra le istituzioni» (punto 10 della decisione impugnata).

44

Il Consiglio sostiene che, per quanto riguarda i negoziati che erano in corso, la divulgazione di un’eventuale «controversia» sul fondamento giuridico del futuro accordo sarebbe stata tale da produrre confusione circa la competenza dell’Unione e, quindi, da indebolirne la posizione nel corso dei negoziati internazionali. Esso precisa che, nell’eventualità in cui il servizio giuridico del Consiglio avesse emesso un parere negativo su taluni aspetti della posizione negoziale, ciò avrebbe potuto essere sfruttato dalla controparte nei negoziati.

45

La Commissione sostiene che nell’ambito delle relazioni internazionali, quando vi sono dubbi espressi in pubblico circa il fondamento giuridico dei negoziati, ciò non porta a conferire maggiore legittimazione alle istituzioni, ma, al contrario, rischia di pregiudicare tale legittimazione agli occhi del partner internazionale e ciò a svantaggio dei negoziati di cui trattasi.

46

Si deve rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio e dalla Commissione, il rischio di divulgare posizioni assunte in seno alle istituzioni circa il fondamento giuridico per la conclusione di un futuro accordo non dimostra, di per sé, l’esistenza di un pregiudizio all’interesse dell’Unione in materia di relazioni internazionali.

47

A questo proposito va anzitutto rilevato che la scelta del fondamento giuridico appropriato, ai fini di un’azione sia interna che internazionale dell’Unione, riveste un’importanza di natura costituzionale. Infatti l’Unione, disponendo soltanto di competenze di attribuzione, deve necessariamente ricondurre l’atto che vuole adottare ad una disposizione del Trattato che la legittimi ad approvare un simile atto (sentenza della Corte del 1o ottobre 2009, Commissione/Consiglio, C-370/07, Racc. pag. I-8917, punto 47).

48

Inoltre la scelta del fondamento giuridico di un atto, compreso quello adottato per la stipulazione di un accordo internazionale, non dipende solo dal convincimento del suo autore, ma deve basarsi su elementi oggettivi suscettibili di sindacato giurisdizionale, quali, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto (v. parere della Corte 2/00 del 6 dicembre 2001, Racc. pag. I-9713, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

49

Pertanto, dal momento che la scelta del fondamento giuridico è basata su elementi obiettivi e non rientra in un margine di discrezionalità dell’istituzione, l’eventuale divergenza di opinioni su tale argomento non può essere assimilata ad una divergenza tra le istituzioni circa gli elementi relativi al contenuto dell’accordo.

50

Di conseguenza, il semplice timore di divulgare un’eventuale posizione divergente in seno alle istituzioni circa il fondamento giuridico di una decisione che autorizza l’avvio di negoziati in nome dell’Unione non può essere sufficiente per dedurne un rischio di pregiudizio all’interesse pubblico tutelato in materia di relazioni internazionali.

51

Inoltre, la Commissione, facendo riferimento alla sentenza della Corte del 30 maggio 2006, Parlamento/Consiglio e Commissione (C-317/04 e C-318/04, Racc. pag. I-4721, punti 67-70), invoca il rischio, per la credibilità dell’Unione in occasione dei negoziati, derivante dalla divulgazione di un documento che denota l’esistenza di un dubbio circa la scelta del fondamento giuridico. Essa ricorda che il ricorso ad un errato fondamento giuridico è idoneo a rendere invalido l’atto conclusivo stesso e quindi a viziare il consenso dell’Unione ad essere vincolata dall’accordo.

52

Si deve rilevare cionondimeno che un siffatto rischio non può essere desunto dall’esistenza di un dibattito giuridico circa la portata delle competenze istituzionali relative all’azione internazionale dell’Unione.

53

Infatti, una confusione circa la natura della competenza dell’Unione, idonea a indebolire quest’ultima nella difesa della sua posizione in occasione di negoziati internazionali, che può risultare dall’omessa indicazione del fondamento giuridico (v., in questo senso, sentenza Commissione/Consiglio, punto 47 supra, punto 49), non può che risultare aggravata in assenza di dibattito preliminare e obiettivo tra le istituzioni interessate sul fondamento giuridico della prevista azione.

54

Inoltre, il diritto dell’Unione conosce una procedura, prevista all’epoca dei fatti all’articolo 300, paragrafo 6, CE, che ha proprio lo scopo di prevenire le complicazioni che, sia a livello dell’Unione che nell’ordinamento giuridico internazionale, possono emergere in ragione della scelta errata del fondamento giuridico (v. parere della Corte 1/75, dell’11 novembre 1975, Racc. pag. 1355, pagg. 1360 e 1361).

55

Tali considerazioni sono tanto più giustificate nella specie dato che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, l’esistenza di divergenze circa il fondamento giuridico del previsto accordo era di pubblico dominio.

56

In particolare, l’esistenza di pareri divergenti in seno alle istituzioni è stata constatata nella risoluzione del Parlamento del 17 settembre 2009 in merito al previsto accordo internazionale per mettere a disposizione del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America dati di messaggistica finanziaria al fine di prevenire e combattere il terrorismo e il suo finanziamento.

57

Del resto, nei limiti in cui il Consiglio, invocando il motivo di cui trattasi, fa egualmente riferimento al fatto che il parere del suo servizio giuridico affronta taluni punti del progetto delle direttive di negoziato la cui conoscenza avrebbe potuto essere sfruttata dalla controparte nei negoziati, si deve rilevare che tale considerazione, certamente sufficiente a dimostrare un rischio di pregiudizio per l’interesse dell’Unione in materia di relazioni internazionali, riguarda soltanto gli elementi del documento richiesto attinenti al contenuto delle direttive di negoziato.

58

Dalle considerazioni che precedono consegue che, ad eccezione degli elementi del documento richiesto vertenti sul contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, tali da rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati, il Consiglio non ha dimostrato come, concretamente ed effettivamente, un accesso più ampio a tale documento avrebbe potuto pregiudicare l’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali.

59

Alla luce delle considerazioni che precedono, il primo motivo è parzialmente fondato, dal momento che il Consiglio non ha dimostrato il rischio di pregiudizio all’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali per quanto riguarda le parti non divulgate del documento richiesto, relative al fondamento giuridico del futuro accordo, mentre tale rischio è stato dimostrato soltanto per gli elementi attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, idonei a rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati.

60

La decisione impugnata va di conseguenza annullata nella parte in cui rifiuta l’accesso alle parti non divulgate del documento richiesto, diverse da quelle attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, idonee a rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati.

Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001

61

Alla luce della conclusione accolta a seguito dell’esame del primo motivo, l’esame del presente motivo va limitato alle parti non divulgate del documento richiesto, ad esclusione di quelle attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, poiché queste ultime rientrano effettivamente nell’eccezione relativa alla tutela dell’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali.

62

A tenore dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento nel caso in cui la sua divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela della consulenza legale, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione del suddetto documento.

63

Il Consiglio, qualora intenda avvalersi delle disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, deve procedere ad un esame in tre fasi, corrispondenti ai tre criteri figuranti nelle suddette disposizioni.

64

In una prima fase, il Consiglio deve assicurarsi che il documento di cui viene chiesta la divulgazione abbia effettivamente ad oggetto un parere giuridico e, in caso affermativo, determinare quali ne siano le parti effettivamente interessate e che, quindi, possano rientrare nell’ambito di applicazione della suddetta eccezione. In una seconda fase, il Consiglio deve esaminare se la divulgazione delle parti del documento di cui trattasi, individuate come concernenti pareri giuridici, arrechi pregiudizio alla tutela di questi ultimi. In una terza fase, se il Consiglio considera che la divulgazione di un documento arrecherebbe pregiudizio alla tutela dei pareri giuridici, è suo dovere verificare che non esista un interesse pubblico prevalente che giustifichi tale divulgazione nonostante il pregiudizio che ne deriverebbe al suo interesse a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi (sentenza della Corte del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C-39/05 P e C-52/05 P, Racc. pag. I-4723, punti 37-44).

65

Nella specie, per quanto riguarda innanzi tutto il primo criterio, è pacifico che il documento n. 11897/09 costituisce effettivamente un parere giuridico avente ad oggetto il fondamento giuridico nel diritto dell’Unione di una prevista azione internazionale, come risulta dal suo titolo, e che, per la totalità della sua parte non divulgata, è tale da rientrare nell’ambito di applicazione dell’eccezione di cui trattasi.

66

Inoltre, per quanto riguarda un rischio di pregiudizio all’interesse dell’istituzione a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi, il Consiglio fa, in primo luogo, presente che la divulgazione richiesta avrebbe l’effetto di rendere pubblico «un parere interno del servizio giuridico, destinato unicamente ai membri del Consiglio nel contesto delle discussioni preliminari in seno [allo stesso] sul previsto accordo», il che potrebbe «dissuadere il Consiglio dall’invitare il suo servizio giuridico a formulare un parere scritto» (punto 10 della decisione impugnata). In secondo luogo, il Consiglio rileva il rischio che il suo servizio giuridico, a sua volta, «[si astenga] dall’emettere per iscritto pareri che potrebbero far correre in futuro al Consiglio un rischio, [il che] avrebbe un'incidenza sul [loro] contenuto» (punto 11 della decisione impugnata). In terzo luogo, il Consiglio sostiene che «la divulgazione del parere interno del servizio giuridico (…) pregiudicherebbe gravemente la capacità del [suddetto] servizio (…) di presentare e di difendere (…) la posizione del Consiglio nei procedimenti giurisdizionali, posizione che potrebbe essere diversa da quella previamente raccomandata dal servizio giuridico» (v. punto 12 della decisione impugnata).

67

La ricorrente in sostanza sostiene che tali considerazioni non sono sufficienti per giustificare un rischio di pregiudizio dell’interesse relativo alla tutela della consulenza legale.

68

Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, afferma di aver correttamente applicato l’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 per rifiutare l’accesso del pubblico al documento richiesto, precisando in particolare che la questione analizzata nel documento era delicata e che gli sarebbe stato impossibile fornire elementi supplementari circa il modo in cui la divulgazione del documento n. 11897/09 avrebbe rischiato di pregiudicare, individualmente e concretamente, la tutela della consulenza legale, senza rivelare il contenuto del documento e quindi privare l’eccezione della sua finalità essenziale.

69

Va ricordato che il rischio che la divulgazione del documento sia tale da pregiudicare concretamente ed effettivamente l’interesse dell’istituzione a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi deve essere ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico (sentenza Svezia e Turco/Consiglio, punto 64 supra, punti 40, 42 e 43).

70

Orbene, i motivi dedotti dal Consiglio per rifiutare l’accesso al documento n. 11897/09 non consentono di accertare, con una argomentazione circostanziata, un siffatto rischio. Infatti, i motivi della decisione impugnata, secondo i quali il Consiglio e il suo servizio giuridico potrebbero essere dissuasi, rispettivamente, dal chiedere e dal dare pareri scritti in merito a questioni delicate, non sono suffragati da alcun elemento concreto e circostanziato tale da dimostrare l’esistenza di un rischio di pregiudizio ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico per l’interesse del Consiglio a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi.

71

Inoltre, poiché l’ipotesi del pregiudizio per l’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali è prevista da una distinta eccezione, contemplata all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, il solo fatto che il parere giuridico contenuto nel documento n. 11897/09 verta sul settore delle relazioni internazionali dell’Unione non è di per sé sufficiente per applicare l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del medesimo regolamento.

72

Certamente, nel corso dell’udienza il Consiglio ha ricordato che i negoziati relativi al previsto accordo erano ancora in corso al momento in cui ha pronunciato la decisione impugnata.

73

Cionondimeno, per quanto possa ammettersi che in tale situazione venga posta in atto una tutela rafforzata per i documenti dell’istituzione al fine di escludere ogni pregiudizio all’interesse dell’Unione nello svolgimento di negoziati internazionali, di tale considerazione si è già tenuto conto riconoscendo un ampio margine di discrezionalità di cui le istituzioni godono nell’ambito dell’applicazione dell’eccezione contemplata all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

74

Orbene, per quanto riguarda l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del medesimo regolamento, il Consiglio non può validamente avvalersi della considerazione generale secondo cui un pregiudizio all’interesse pubblico tutelato potrebbe essere presunto in un settore delicato, in particolare quando si tratti di pareri giuridici forniti nell’ambito di un procedimento di negoziato di un accordo internazionale.

75

Un pregiudizio concreto e prevedibile all’interesse in gioco non può neppure essere dimostrato sulla base di un semplice timore di divulgare ai cittadini le divergenze di punti di vista tra le istituzioni circa il fondamento giuridico dell’azione internazionale dell’Unione e, quindi, di insinuare un dubbio sulla legittimità di tale azione.

76

Infatti, la considerazione secondo cui il rischio che la divulgazione dei pareri giuridici in merito a un processo decisionale possa far sorgere dubbi circa la legittimità di atti adottati non può essere sufficiente per caratterizzare una violazione della tutela della consulenza legale (sentenze Svezia e Turco/Consiglio, punto 64 supra, punto 60, e Svezia/MyTravel e Commissione, punto 18 supra, punto 113) è, in linea di principio, trasponibile al settore dell’azione internazionale dell’Unione, poiché il processo decisionale in questo settore non è sottratto all’applicazione del principio di trasparenza. A questo proposito basta ricordare che l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 precisa che questo si applica a tutti i documenti detenuti da una istituzione, vale a dire da essa redatti o ricevuti ed in suo possesso, in tutti i settori dell’attività dell’Unione.

77

Orbene, il Consiglio non deduce alcun argomento concreto che giustifichi che nella specie si deroghi a siffatta considerazione.

78

Per quanto riguarda l’argomento del Consiglio vertente sul rischio di pregiudizio alla capacità del suo servizio giuridico di difendere, in occasione di procedimenti giurisdizionali, una posizione sulla quale aveva espresso un parere negativo, si deve ricordare che, come più volte ricordato dalla Corte, un argomento di ordine tanto generale non può giustificare un’eccezione alla trasparenza prevista dal regolamento n. 1049/2001 (v., in questo senso, sentenze Svezia e Turco/Consiglio, punto 64 supra, punto 65, e Svezia/MyTravel e Commissione, punto 18 supra, punto 116).

79

Da ciò consegue che i motivi invocati nella decisione impugnata non possono, tenuto conto del loro carattere generale e ipotetico, essere sufficienti per dimostrare il rischio di pregiudizio all’interesse pubblico relativo alla tutela della consulenza legale.

80

Del resto, il carattere generale dei motivi qui considerati non può essere giustificato, contrariamente a quanto assunto dal Consiglio, dall’impossibilità di fornire elementi supplementari, tenuto conto del contenuto delicato del documento richiesto. Infatti, oltre al fatto che non risulta né dal contesto della redazione del documento n. 11897/09 né dagli argomenti trattati l’esistenza di un rischio di pregiudizio all’interesse invocato, il Consiglio non ha fornito alcun indizio circa gli elementi supplementari che avrebbe potuto fornire avvalendosi del contenuto del documento.

81

Infine, per quanto riguarda il terzo criterio dell’esame previsto dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, spettava al Consiglio ponderare l’interesse specifico da tutelare non divulgando il documento di cui trattasi con un eventuale interesse pubblico prevalente che giustifichi siffatta divulgazione.

82

Si deve in particolare tenere conto dell’interesse generale a che tale documento sia reso accessibile, tenuto conto dei vantaggi che, come rilevato dal secondo considerando del regolamento n. 1049/2001, derivano da una maggiore trasparenza, cioè una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e una maggiore legittimazione, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (sentenza Svezia e Turco/Consiglio, punto 64 supra, punto 45).

83

Tali considerazioni hanno evidentemente una rilevanza del tutto particolare quando il Consiglio agisce in veste di legislatore, come risulta dal sesto considerando del regolamento n. 1049/2001, secondo il quale un accesso più ampio ai documenti dev’essere autorizzato per l’appunto in tali circostanze. (sentenza Svezia e Turco/Consiglio, punto 64 supra, punto 46).

84

A questo proposito è controversa tra le parti la questione se, nel processo che porta all’adozione di un accordo internazionale vertente su un settore legislativo dell’Unione, il Consiglio agisca nella sua qualità di legislatore.

85

La ricorrente sostiene che l’accordo contemplato dal documento n. 11897/09 è di natura legislativa, ai sensi, in particolare, dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, in quanto implicherebbe effetti vincolanti negli Stati membri per quanto riguarda la trasmissione di messaggistica finanziaria alle autorità di un paese terzo.

86

Il Consiglio replica di non aver agito in qualità di legislatore. Menziona a questo proposito l’articolo 7 della sua decisione 2006/683/CE, Euratom, del 15 settembre 2006, relativa all’adozione del suo regolamento interno (GU L 285, pag. 47). Tale disposizione elenca i casi in cui il Consiglio agisce in qualità di legislatore ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 3, secondo comma, CE, dai quali sono escluse le delibere che portano all’adozione di atti aventi ad oggetto le relazioni internazionali.

87

Si deve rilevare che le disposizioni invocate, le quali mirano essenzialmente a definire i casi in cui i documenti devono essere, in linea di principio, direttamente accessibili al pubblico, hanno solo valore indicativo nello stabilire se il Consiglio abbia agito o no nella sua qualità di legislatore ai fini dell’applicazione delle eccezioni dell’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001.

88

Si deve osservare che l’iniziativa e la conduzione dei negoziati in vista della conclusione di un accordo internazionale rientrano, in linea di principio, nell’ambito dell’esecutivo. Inoltre, la partecipazione del pubblico nel procedimento relativo alla negoziazione e alla conclusione di un accordo internazionale è necessariamente ristretta, tenuto conto del legittimo interesse a non svelare gli elementi strategici del negoziato. Pertanto, nell’ambito di tale procedimento, si deve considerare che il Consiglio non agisca nella sua qualità di legislatore.

89

Cionondimeno, l’applicazione delle considerazioni connesse con il principio di trasparenza del processo decisionale dell’Unione svolte al punto 82 supra non può essere esclusa a proposito dell’azione internazionale, in particolare quando una decisione che autorizza l’avvio di negoziati contempla un accordo internazionale che può avere ripercussioni su un settore dell’attività legislativa dell’Unione.

90

Nella specie, l’accordo previsto tra l’Unione e gli Stati Uniti d’America è un accordo che tocca, in sostanza, il settore del trattamento e dello scambio di informazioni nell’ambito della cooperazione di polizia, che può anche influire sulla tutela di dati a carattere personale.

91

Si deve a questo proposito ricordare che la tutela dei dati a carattere personale costituisce un diritto fondamentale sancito dall’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU 2007, C 303, pag. 1) e applicato, in particolare, dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281, pag. 31), e dal regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU 2001, L 8, pag. 1).

92

Pertanto il Consiglio è tenuto a prendere in considerazione il settore interessato dall’accordo di cui trattasi, verificando, conformemente al principio dell’accesso più ampio possibile del pubblico ai documenti, se l’interesse generale connesso con l’accresciuta trasparenza nel procedimento di cui trattasi non giustificasse la divulgazione completa o più ampia del documento richiesto nonostante il rischio di pregiudizio della tutela della consulenza legale.

93

A questo proposito, come affermato dalla ricorrente, sussisteva un prevalente interesse pubblico alla divulgazione del documento n. 11897/09, in quanto tale divulgazione contribuirebbe a conferire una maggiore legittimazione alle istituzioni e aumenterebbe la fiducia dei cittadini europei in tali istituzioni rendendo possibile un dibattito aperto circa i punti sui quali sussisteva una divergenza di opinione, trattandosi del resto del documento nel quale è in discussione il fondamento giuridico di un accordo che, dopo la sua conclusione, avrà incidenza sul diritto fondamentale alla tutela dei dati a carattere personale.

94

Al punto 15 della decisione impugnata, il Consiglio constata, dopo «aver accuratamente ponderato l’interesse del Consiglio alla tutela della consulenza legale interna resa dal suo servizio giuridico e l’interesse pubblico alla divulgazione di tale documento», che «la tutela della consulenza legale interna in merito ad un progetto di accordo internazionale attualmente in corso di negoziato prevaleva sull’interesse pubblico alla sua divulgazione». Il Consiglio respinge a tale riguardo l’argomento della ricorrente secondo cui l’«eventuale contenuto del previsto accordo e i pareri circa il fondamento giuridico e la competenza della Comunità a concludere tale accordo internazionale che vincolerà la Comunità e interesserà i cittadini europei» possono costituire un interesse pubblico prevalente da prendere in considerazione.

95

Si deve constatare che, nell’escludere, per siffatti motivi, ogni possibilità di prendere in considerazione il settore interessato dal previsto accordo al fine di stabilire se esisteva, eventualmente, un interesse pubblico prevalente che giustificasse la divulgazione del documento richiesto, il Consiglio ha omesso di ponderare gli interessi in gioco ai fini dell’applicazione dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

96

Tale considerazione non può essere rimessa in discussione dall’argomento del Consiglio secondo cui l’interesse pubblico legato alla tutela della consulenza legale nel contesto di negoziati internazionali in corso presenterebbe analogie con quello connesso con la tutela della consulenza giuridica che si inscrive nell’ambito delle funzioni della Commissione puramente amministrative, quale contemplato dalla sentenza del Tribunale del 9 settembre 2008, MyTravel/Commissione (T-403/05, Racc. pag. II-2027, punti 49 e 125-126).

97

Infatti, da un lato, la Corte, con la sentenza Svezia/MyTravel e Commissione, punto 18 supra, ha annullato la sentenza del Tribunale invocata dal Consiglio. Dall’altro, è proprio la trasparenza in materia di consulenza legale che, nel consentire che le divergenze tra vari punti di vista vengano apertamente discusse, contribuisce a conferire alle istituzioni una maggiore legittimazione agli occhi dei cittadini dell’Unione e ad accrescere la fiducia di questi ultimi. Di fatto, è piuttosto la mancanza di informazione e di dibattito che può suscitare dubbi nei cittadini, non solo circa la legittimità di un singolo atto, ma anche circa la legittimità del processo decisionale nel suo complesso (sentenza Svezia/MyTravel e Commissione, punto 18 supra, punto 113).

98

Nel corso dell’udienza, la Commissione ha spiegato sotto quale aspetto a suo avviso la sentenza Svezia/MyTravel e Commissione, punto 18 supra, sarebbe diversa dal caso di specie e che non potrebbe di conseguenza essere validamente invocata. A suo avviso, in primo luogo, nella presente causa è stata invocata un'eccezione obbligatoria, cioè quella relativa all’interesse pubblico tutelato in materia di relazioni internazionali, il che non ricorre nella suddetta sentenza. In secondo luogo, il parere giuridico contenuto nel documento n. 11897/09 verte su un settore delicato, quello delle relazioni internazionali, e, in terzo luogo, il procedimento per la conclusione dell’accordo internazionale era ancora in corso quando il Consiglio ha rifiutato la divulgazione del documento n. 11897/09, mentre il procedimento di elaborazione della decisione oggetto della causa Svezia/MyTravel e Commissione, punto 18 supra, era terminato.

99

Tali argomenti non possono convincere. Infatti, da un lato, il fatto che il documento di cui trattasi verta su un settore potenzialmente incluso nell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, relativo alla tutela dell’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali, non è pertinente quando si tratta di valutare l’applicazione della distinta eccezione relativa alla tutela della consulenza legale, prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del suddetto regolamento.

100

D’altro lato, certamente, il fatto che il procedimento per la conclusione dell’accordo internazionale fosse ancora in corso al momento dell’adozione della decisione impugnata può essere invocato nell’ambito dell’esame di un rischio di pregiudizio all’interesse pubblico relativo alla tutela della consulenza legale. Tuttavia, tale argomento non è decisivo nell’ambito della verifica dell’eventuale esistenza di un interesse pubblico prevalente che giustifichi la divulgazione, nonostante siffatto rischio di pregiudizio.

101

Infatti, l’interesse pubblico relativo alla trasparenza del processo decisionale sarebbe svuotato del suo contenuto se dovesse essere preso in considerazione, come proposto dalla Commissione, limitatamente al caso in cui sia stato posto termine al procedimento decisionale.

102

Dalle considerazioni che precedono consegue che gli elementi invocati nella decisione impugnata non consentono di accertare che la divulgazione del documento di cui trattasi avrebbe pregiudicato la tutela della consulenza legale e che il Consiglio ha comunque omesso di verificare se esisteva un interesse pubblico prevalente che giustificasse una divulgazione più ampia del documento n. 11897/09 in violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

103

Il secondo motivo va pertanto accolto.

Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001

104

Conformemente all’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, se una parte soltanto del documento richiesto è interessata da una o più delle eccezioni di cui sopra, le parti restanti del documento sono divulgate.

105

Secondo la giurisprudenza della Corte, l’esame dell’accesso parziale ad un documento delle istituzioni dell’Unione deve essere effettuato alla luce del principio di proporzionalità (sentenza della Corte del 6 dicembre 2001, Consiglio/Hautala, C-353/99 P, Racc. pag. I-9565, punti 27 e 28).

106

Dalla formulazione stessa dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001 risulta che un’istituzione è tenuta ad esaminare se sia opportuno accordare un accesso parziale ai documenti considerati in una domanda di accesso, limitando un eventuale rifiuto ai soli dati inclusi nelle eccezioni contemplate dal suddetto articolo. L’istituzione deve concedere un siffatto accesso parziale se lo scopo che essa persegue allorché rifiuta l’accesso al documento può essere raggiunto ove tale istituzione si limiti a occultare i passaggi che possono pregiudicare l’interesse pubblico tutelato (sentenza del Tribunale del 25 aprile 2007, WWF European Policy Programme/Consiglio, T-264/04, Racc. pag. II-911, punto 50, e v., in questo senso, sentenza Consiglio/Hautala, punto 105 supra, punto 29).

107

Nella specie, dal punto 16 della decisione impugnata risulta che il Consiglio ha esaminato la possibilità di concedere alla ricorrente l’accesso parziale al documento richiesto, decidendo di divulgare talune parti del suddetto documento, cioè l’introduzione figurante a pagina 1, i punti da 1 a 4 nonché la prima frase del punto 5 dell’analisi contenuta nel parere giuridico.

108

Si deve rilevare, alla stregua di quanto sostenuto dalla ricorrente, che l’accesso parziale è estremamente ristretto e che la versione divulgata del documento di cui trattasi è limitata, essenzialmente, alla sua parte introduttiva.

109

Si deve cionondimeno esaminare se il carattere ristretto dell’accesso parziale concesso nella specie sia giustificato con riferimento alle eccezioni invocate, alla luce del principio di proporzionalità.

110

A questo proposito, da un lato, per quanto riguarda l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, si deve ricordare che il Consiglio dispone di un ampio potere discrezionale quando valuta se la divulgazione di un documento possa pregiudicare l’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali, tenuto conto della natura delicata ed essenziale dell’interesse tutelato (v. punto 25 supra).

111

Nella specie, dall’esame del primo motivo risulta che il Consiglio ha dimostrato il rischio di pregiudizio all’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali solo per quanto riguarda gli elementi attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, idonee a rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati (v. punto 59 supra).

112

A questo proposito si deve constatare che quest’ultimo motivo si applica solo ad una parte dei passi occultati del documento di cui trattasi. Infatti, questi ultimi contengono anche considerazioni giuridiche circa le regole di diritto dell’Unione applicabili in materia o che trattano, in modo generale, l’applicazione di tali regole nel settore interessato dal previsto accordo, le quali non possono a priori essere considerate vertenti sul contenuto specifico dell’accordo o delle direttive di negoziato.

113

Ciò considerato, l’errore rilevato nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 implica l’illegittimità dell’analisi operata nella decisione impugnata circa la portata dell’accesso parziale.

114

Dall’altro lato, per quanto riguarda l’eccezione fondata sull’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, dall’esame del secondo motivo di cui sopra risulta che il Consiglio non ha dimostrato l’esistenza di un pregiudizio all’interesse pubblico in esame e pertanto l’aver invocato un siffatto interesse non può giustificare la limitazione della divulgazione nell’ambito della decisione impugnata.

115

Dall’insieme delle suesposte considerazioni consegue che, nell’ambito dell’accesso parziale al documento, il Consiglio non ha soddisfatto il suo obbligo di limitare il rifiuto alle sole informazioni incluse nelle eccezioni invocate.

116

L’esame del terzo motivo porta quindi all’annullamento parziale della decisione impugnata nella parte in cui rifiuta l’accesso alle parti non divulgate del documento richiesto diverse da quelle attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, idonee a rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati.

Sul quarto motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

117

Alla luce delle conclusioni accolte a seguito dell’esame dei primi tre motivi, si deve ancora esaminare se il Consiglio abbia soddisfatto il suo obbligo di motivazione circa il rifiuto di divulgare le parti del documento richiesto attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, per le quale l’eccezione relativa alla tutela dell’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali è stata validamente invocata.

118

Spetta all’istituzione che ha negato l’accesso a un documento fornire una motivazione che consenta di comprendere e di verificare, da un lato, se il documento richiesto sia effettivamente riconducibile al settore contemplato dall’eccezione invocata e, dall’altro, se l’esigenza di tutela relativa a tale eccezione sia reale (sentenza del 26 aprile 2005, Sison/Consiglio, punto 21 supra, punto 61).

119

Al punto 5 della decisione impugnata il Consiglio ricorda che i negoziati internazionali vertenti sulla firma dell’accordo di cui trattasi tra l’Unione e gli Stati Uniti d’America erano in corso al momento in cui era stato redatto il documento n. 11897/09. Al punto 6 della suddetta decisione esso fa presente che il documento richiesto «affronta gli aspetti giuridici del progetto di direttive di negoziato in vista della conclusione di un accordo internazionale tra l’Unione europea e gli Stati Uniti su una materia delicata concernente la prevenzione e la lotta al terrorismo e al finanziamento del terrorismo». Esso aggiunge che «[tale] documento contiene un’analisi del fondamento giuridico dell’accordo proposto, in quanto il servizio giuridico tratta il contenuto dell’accordo previsto quale raccomandato dalla Commissione» e che la sua divulgazione «rivelerebbe al pubblico informazioni relative a talune disposizioni del previsto accordo (…), avrebbe di conseguenza una ripercussione negativa sulla posizione negoziale dell’[Unione] e nuocerebbe altresì al clima di fiducia nei negoziati in corso».

120

Si deve rilevare che con questi motivi il Consiglio ha esposto un ragionamento chiaro e coerente per quanto riguarda il rifiuto di divulgare le parti del documento richiesto attinenti al contenuto specifico dell’accordo o delle direttive di negoziato.

121

Inoltre, il carattere generico di tale motivazione, laddove il Consiglio non individua il contenuto sensibile che possa essere rivelato dalla divulgazione, è giustificato dalla preoccupazione di non svelare informazioni la cui tutela è prevista dall’eccezione invocata, relativa alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali (v., in questo senso, sentenza del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, punto 25 supra, punto 82).

122

Si deve pertanto constatare che il Consiglio ha sufficientemente motivato la decisione nella parte in cui ha rifiutato l’accesso alle parti del documento richiesto attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o alle direttive di negoziato.

123

Alla luce delle considerazioni che precedono la decisione impugnata va parzialmente annullata nella parte in cui rifiuta, in violazione delle disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, e all’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, l’accesso alle parti non divulgate del documento richiesto, diverse da quelle aventi ad oggetto il contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, idonee a rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati.

124

A questo proposito si deve rilevare che, per quanto l’illegittimità constatata non infici la valutazione del Consiglio relativa a queste ultime parti del documento richiesto, non spetta al Tribunale sostituirsi al Consiglio e indicare gli elementi ai quali l’accesso avrebbe dovuto essere accordato, essendo l’istituzione tenuta, in occasione dell’esecuzione della presente sentenza, a prendere in considerazione i motivi esposti al riguardo in quest’ultima (v., in questo senso, sentenza del Tribunale del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T-391/03 e T-70/04, Racc. pag. II-2023, punto 133).

125

Da ciò consegue che spetta al Consiglio valutare, prendendo in considerazione i motivi esposti nella presente sentenza, in quale misura l’accesso agli elementi non divulgati del documento di cui trattasi sia tale da pregiudicare concretamente ed effettivamente gli interessi tutelati nel quadro delle eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001.

Sulle spese

126

A norma dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, secondo il paragrafo 3 del medesimo articolo, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna delle parti sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi. Peraltro, a norma dell’articolo 87, paragrafo 4, primo comma, del regolamento di procedura, le istituzioni intervenute nella causa sopportano le proprie spese.

127

Poiché la ricorrente e il Consiglio sono rimasti ciascuno parzialmente soccombente, vanno condannati a sostenere le proprie spese. La Commissione sopporterà le proprie spese.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

La decisione del Consiglio del 29 ottobre 2009 è annullata nella parte in cui rifiuta l’accesso alle parti non divulgate del documento n. 11897/09, diverse da quelle attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato.

 

2)

Il ricorso è respinto quanto al resto.

 

3)

Ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese.

 

Papasavvas

Vadapalas

O’Higgins

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 maggio 2012.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.


Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nella causa T‑529/09,

Sophie in ’t Veld, residente in Bruxelles (Belgio), rappresentata da O. Brouwer e J. Blockx, avvocati,

ricorrente,

contro

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato inizialmente da M. Bauer, C. Fekete e O. Petersen, successivamente da M. Bauer e C. Fekete, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata da C. O’Reilly e P. Costa de Oliveira, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione del Consiglio del 29 ottobre 2009 con la quale quest’ultimo rifiuta l’accesso integrale al documento n. 11897/09, del 9 luglio 2009, contenente un parere del servizio giuridico del Consiglio intitolato «Raccomandazione della Commissione al Consiglio intesa ad autorizzare l’avvio di negoziati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America in vista di un accordo internazionale destinato a mettere a disposizione del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America dati di messaggistica finanziaria per prevenire e combattere il terrorismo e il suo finanziamento nonché per contrastare tali fenomeni – fondamento giuridico»,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto dai sigg. S. Papasavvas, presidente, V. Vadapalas (relatore) e K. O’Higgins, giudici,

cancelliere: sig. N. Rosner, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 7 settembre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

Fatti

1. La ricorrente, sig.ra Sophie in ’t Veld, è membro del Parlamento europeo.

2. Il 28 luglio 2009 chiedeva di accedere, ai sensi del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43), al parere del servizio giuridico del Consiglio relativo ad una raccomandazione della Commissione al Consiglio intesa ad autorizzare l’avvio di negoziati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America in vista di un accordo internazionale destinato a mettere a disposizione del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America dati di messaggistica finanziaria per prevenire e combattere il terrorismo e il suo finanziamento nonché per contrastare tali fenomeni (in prosieguo: il «documento n. 11897/09»).

3. L’8 settembre 2009 il Consiglio dell’Unione europea rifiutava l’accesso al documento n. 11897/09 invocando motivi riguardanti l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, e l’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

4. Il 28 settembre 2009 la ricorrente indirizzava al Consiglio una domanda di conferma affinché rivedesse la sua posizione.

5. Con decisione 23 ottobre 2009, comunicata alla ricorrente con lettera 29 ottobre 2009, il Consiglio autorizzava un accesso parziale al documento n. 11897/09, pur tenendo ferma la sua risposta negativa per quanto riguardava l’accesso integrale al suddetto documento, invocando le eccezioni previste dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, e dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

6. Nella decisione impugnata il Consiglio faceva presente, da un lato, che «la divulgazione del documento [n. 11897/09] rivelerebbe al pubblico informazioni circa talune disposizioni dell’accordo previsto (...) e avrebbe di conseguenza un’incidenza negativa sulla posizione negoziale dell’[Unione] e nuocerebbe altresì al clima di fiducia nei negoziati in corso». Il Consiglio aggiungeva che «la divulgazione del documento rivelerebbe alla controparte (...) elementi relativi alla posizione che l’[Unione] dovrà assumere nei negoziati che – nel caso in cui il parere giuridico dovesse essere critico – potrebbero essere sfruttati in modo da indebolire la posizione negoziale dell’[Unione]» (punto 6 della decisione impugnata).

7. Dall’altro, il Consiglio faceva presente che il documento n. 11897/09 conteneva «un parere giuridico circa il fondamento giuridico e le rispettive competenze dell’[Unione] e della Comunità europea per concludere l’accordo» e che tale «soggetto sensibile, che incide sui poteri del Parlamento europeo nella conclusione dell’accordo, ha costituito l’oggetto di divergenze tra le istituzioni». Ciò considerato, «[la] divulgazione del contenuto del documento richiesto arrecherebbe pregiudizio alla tutela della consulenza legale dato che renderebbe pubblico un parere interno del servizio giuridico, destinato unicamente ai membri del Consiglio nel contesto delle discussioni preliminari in seno al Consiglio sull’accordo previsto» (punto 10 della decisione impugnata). Inoltre il Consiglio «ha concluso che la tutela di un parere giuridico interno in merito ad un progetto di accordo internazionale (...) prevarrebbe sull’interesse pubblico alla divulgazione» (punto 15 della decisione impugnata).

8. Infine, in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, il Consiglio concedeva «un accesso parziale (…) all’introduzione figurante alla pagina 1, ai punti 1‑4, nonché alla prima frase del punto 5 del documento, che non rientr[avano] nelle eccezioni previste dal regolamento [n.] 1049/2001» (punto 16 della decisione impugnata).

Procedimento e conclusioni delle parti

9. Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 31 dicembre 2009, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

10. Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 17 maggio 2010, la Commissione europea ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Con ordinanza del presidente della Sesta Sezione del Tribunale del 7 luglio 2010 tale istanza è stata accolta.

11. A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Quinta Sezione, alla quale la causa è stata di conseguenza attribuita.

12. Nell’ambito delle misure di istruzione previste dall’articolo 65 del suo regolamento di procedura, il Tribunale, con ordinanza del 7 luglio 2011, ha ordinato al Consiglio di produrre il documento n. 11897/09, senza che fosse comunicato alla ricorrente e alla Commissione. Il Consiglio ha ottemperato a tale misura istruttoria entro il termine impartito.

13. Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, il 13 luglio 2011 il Tribunale ha sottoposto quesiti scritti alle parti, le quali vi hanno risposto entro il termine impartito.

14. Le parti hanno svolto le proprie difese orali ed hanno risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 7 dicembre.

15. La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

– annullare la decisione impugnata;

– condannare il Consiglio alle spese, comprese quelle degli eventuali intervenienti.

16. Il Consiglio e la Commissione concludono che il Tribunale voglia:

– respingere il ricorso;

– condannare la ricorrente alle spese, comprese quelle sostenute dalla Commissione.

In diritto

17. In limine, va ricordato che il regolamento n. 1049/2001 ha lo scopo, come risulta dall’articolo 1, letto alla luce del quarto considerando, di conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni quanto più ampio possibile.

18. Dal momento che le eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 derogano a tale principio, esse devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo (v. sentenza della Corte del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, Racc. pag. I‑6237, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

19. Pertanto, quando l’istituzione interessata decide di negare l’accesso a un documento di cui le è stata chiesta la divulgazione, essa deve spiegare, in linea di principio, come l’accesso a tale documento possa arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, che tale istituzione invoca (v. sentenza Svezia/MyTravel e Commissione, punto 18 supra, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

20. A questo proposito, da un lato, la mera circostanza che un documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione non basta a giustificare l’applicazione di quest’ultima. In linea di principio, tale applicazione può essere giustificata solo nel caso in cui l’istituzione abbia previamente valutato, innanzi tutto, se l’accesso al documento potesse arrecare, concretamente ed effettivamente, un pregiudizio all’interesse tutelato e, in secondo luogo, nei casi previsti dall’articolo 4, paragrafi  2 e 3, del regolamento n. 1049/2001, se non esistesse un interesse pubblico prevalente che giustificasse la divulgazione del documento in questione. Dall’altro, il rischio di arrecare un pregiudizio ad un interesse tutelato deve essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (v. sentenza del Tribunale del 12 settembre 2007, API/Commissione, T‑36/04, Racc. pag. II‑3201, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

21. Il fatto che il documento sia classificato come «UE-Riservato» in forza della decisione 2001/264/CE del Consiglio, del 19 marzo 2001, che adotta le norme di sicurezza del Consiglio (GU L 101, pag. 1), pur potendo costituire un’indicazione della particolare delicatezza del documento così qualificato, non può di per sé giustificare l’applicazione delle eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 (v., in questo senso, sentenza del Tribunale del 26 aprile 2005, Sison/Consiglio, T‑110/03, T‑150/03 e T‑405/03, Racc. pag. II‑1429, punto 73).

22. A sostegno del ricorso, la ricorrente invoca quattro motivi, relativi, il primo, alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, il secondo, alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del predetto regolamento, il terzo, alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del medesimo regolamento e, il quarto, alla violazione dell’obbligo di motivazione.

Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001

23. A tenore dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali.

24. Si deve ricordare che la decisione che l’istituzione deve adottare in applicazione di tale disposizione riveste un carattere complesso e delicato che richiede un livello di prudenza del tutto particolare, tenuto specialmente conto della natura particolarmente delicata ed essenziale dell’interesse protetto.

25. Dal momento che una siffatta decisione richiede un ampio margine di discrezionalità, il controllo svolto dal Tribunale sulla sua legittimità deve limitarsi alla verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, dell’esattezza dei fatti materiali, nonché dell’assenza sia di un errore manifesto nella valutazione dei medesimi sia di uno sviamento di potere (sentenza della Corte del 1° febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, Racc. pag. I‑1233, punto 34).

26. Nella specie, dalla decisione impugnata risulta che il documento n. 11897/09, al quale la ricorrente chiede di accedere, costituisce un parere del servizio giuridico del Consiglio, emesso in vista dell’adozione della decisione del Consiglio che autorizza l’avvio di negoziati, a nome dell’Unione, in vista di un accordo internazionale tra l’Unione e gli Stati Uniti d’America al fine di mettere a disposizione del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America dati di messaggistica finanziaria nell’ambito della prevenzione e lotta al terrorismo e al suo finanziamento, nonché per contrastare tali fenomeni. Inoltre è pacifico che il parere verte in sostanza sul fondamento giuridico di tale decisione e quindi sulle rispettive competenze dell’Unione e della Comunità (punti 5 e 10 della decisione impugnata).

27. La ricorrente sostiene che il documento di cui trattasi non è tale da rientrare nell’ambito di applicazione dell’eccezione relativa alla tutela dell’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali, tenuto conto dell’argomento trattato. Secondo la ricorrente, il fondamento giuridico di una decisione che autorizza l’avvio di negoziati costituisce una questione di diritto interno dell’Unione che non è idonea a produrre conseguenze sulla sostanza dei negoziati e, di conseguenza, sulle relazioni internazionali dell’Unione.

28. Si deve rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il documento n. 11897/09, tenuto conto del suo contenuto e del contesto nel quale è stato redatto, può rientrare nell’eccezione di cui trattasi.

29. Infatti tale documento è stato redatto specificamente in vista dell’avvio di negoziati che debbono portare alla conclusione di un accordo internazionale. Quindi, per quanto tratti la questione del fondamento giuridico, che è una questione di diritto interno dell’Unione, l’analisi operata dal servizio giuridico del Consiglio si ricollega necessariamente al contesto specifico del previsto accordo internazionale.

30. Ciò considerato, si deve esaminare se il Consiglio abbia dimostrato che l’accesso agli elementi non divulgati del documento n. 11897/09 era tale da pregiudicare concretamente ed effettivamente l’interesse pubblico di cui trattasi.

31. Il Consiglio fa presente che la divulgazione del documento n. 11897/09 sarebbe tale da pregiudicare l’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali, in quanto tale divulgazione, da un lato, rivelerebbe al pubblico informazioni circa talune disposizioni del previsto accordo, il che nuocerebbe al clima di fiducia nei negoziati in corso, e, dall’altro, rivelerebbe alla controparte elementi relativi alla posizione che l’Unione deve assumere nei suddetti negoziati, che potrebbero essere sfruttati in modo da indebolire la sua posizione (punto 6 della decisione impugnata).

32. Quindi, occorre distinguere l’esame dell’applicazione dell’eccezione di cui trattasi con riferimento ai due motivi invocati dal Consiglio nella decisione impugnata.

33. In primo luogo, per quanto riguarda il rischio di divulgazione al pubblico delle informazioni circa talune disposizioni del previsto accordo, la ricorrente sostiene che, quand’anche il documento di cui trattasi contenesse siffatte informazioni, esse potrebbero consistere solo in una descrizione obiettiva dei fatti, con un contenuto che non eccede probabilmente le informazioni già divulgate nei documenti pubblici. Secondo la ricorrente, comunque, l’analisi degli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati di cui trattasi dovrebbe verosimilmente rappresentare solo una piccola parte del documento, mentre il resto dovrebbe essere divulgato.

34. Il Consiglio sostiene che il documento contiene informazioni sul contenuto del previsto accordo la cui divulgazione avrebbe potuto rivelare taluni aspetti degli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione.

35. Si deve a questo proposito rilevare che il Tribunale, avendo preso conoscenza del documento di cui trattasi nell’ambito delle misure istruttorie, ha potuto constatare che l’analisi giuridica operata in tale documento conteneva taluni passaggi che presentano un nesso con gli obiettivi perseguiti dall’Unione nei negoziati, in particolare in quanto affronta il contenuto specifico del previsto accordo.

36. Come giustamente affermato dal Consiglio al punto 6 della decisione impugnata (v. supra punto 6), la divulgazione di tali elementi nuocerebbe al clima di fiducia nei negoziati che erano in corso al momento dell’adozione della decisione impugnata.

37. A questo proposito, la ricorrente non può avvalersi validamente della circostanza, invocata in udienza, che talune informazioni circa il contenuto del previsto accordo sono state rese pubbliche sia dal Consiglio stesso che nel contesto dei dibattiti in seno al Parlamento.

38. Infatti, il rischio di pregiudizio invocato dal Consiglio è dato dalla divulgazione della particolare valutazione data a tali elementi dal suo servizio giuridico e, quindi, il solo fatto che i suddetti elementi fossero di per sé noti al pubblico non inficia siffatta considerazione.

39. Si deve pertanto constatare che il Consiglio ha potuto legittimamente invocare il rischio di pregiudizio all’interesse protetto nell’ambito dell’eccezione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 per negare la divulgazione dei passi del documento richiesto relativi all’analisi del contenuto specifico del previsto accordo, idoneo a rientrare negli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati.

40. Si deve in secondo luogo esaminare il motivo relativo al rischio di rivelare «alla controparte nei negoziati (...) elementi relativi alla posizione che l’[Unione] dovrà assumere nei negoziati che – nel caso in cui il parere giuridico dovesse essere critico – potrebbero essere sfruttati in modo da indebolire la posizione negoziale dell’[Unione]» (punto 6 della decisione impugnata).

41. Il Consiglio ritiene che il motivo qui considerato faccia riferimento al rischio di divulgare elementi dell’analisi relativa al fondamento giuridico del futuro accordo, pur dovendosi rilevare che tale considerazione non risulta esplicitamente dal punto 6 della decisione impugnata.

42. Nelle sue memorie e nel corso dell’udienza, il Consiglio ha fatto presente che, con tale motivo, esso si riferiva alla circostanza che il parere del suo servizio giuridico conteneva l’analisi del fondamento giuridico del futuro accordo e quindi dell’azione che il Consiglio doveva sviluppare in vista della firma dell’accordo. Secondo il Consiglio, a prescindere dalla questione se il fondamento giuridico prescelto per i negoziati fosse corretto, ogni divulgazione di informazioni a tal riguardo si sarebbe ripercossa sulla posizione negoziale dell’Unione e avrebbe potuto avere un effetto negativo sul merito dei negoziati. Il Consiglio fa presente che, anche se non tutti i passi del documento richiesto rientravano nel motivo con il quale è stato dedotto il rischio di divulgazione di informazioni sul previsto accordo, tutta la parte non divulgata del documento sarebbe inclusa in tale secondo motivo.

43. La ricorrente sostiene che è difficile valutare in che modo una discussione sul fondamento giuridico di un accordo potrebbe pregiudicare le relazioni internazionali dell’Unione. Essa sostiene a questo proposito che la trasparenza circa il fondamento giuridico contribuirebbe a conferire una maggiore legittimazione al Consiglio in quanto parte nel negoziato. A suo avviso, sarebbe l’assenza di trasparenza a nuocere a lungo termine alle relazioni internazionali, tanto più che, nella specie, il Consiglio ha riconosciuto che l’argomento in discussione aveva «un’incidenza sui poteri del Parlamento europeo nella conclusione dell’accordo» e «ha costituito l’oggetto di posizioni divergenti tra le istituzioni» (punto 10 della decisione impugnata).

44. Il Consiglio sostiene che, per quanto riguarda i negoziati che erano in corso, la divulgazione di un’eventuale «controversia» sul fondamento giuridico del futuro accordo sarebbe stata tale da produrre confusione circa la competenza dell’Unione e, quindi, da indebolirne la posizione nel corso dei negoziati internazionali. Esso precisa che, nell’eventualità in cui il servizio giuridico del Consiglio avesse emesso un parere negativo su taluni aspetti della posizione negoziale, ciò avrebbe potuto essere sfruttato dalla controparte nei negoziati.

45. La Commissione sostiene che nell’ambito delle relazioni internazionali, quando vi sono dubbi espressi in pubblico circa il fondamento giuridico dei negoziati, ciò non porta a conferire maggiore legittimazione alle istituzioni, ma, al contrario, rischia di pregiudicare tale legittimazione agli occhi del partner internazionale e ciò a svantaggio dei negoziati di cui trattasi.

46. Si deve rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio e dalla Commissione, il rischio di divulgare posizioni assunte in seno alle istituzioni circa il fondamento giuridico per la conclusione di un futuro accordo non dimostra, di per sé, l’esistenza di un pregiudizio all’interesse dell’Unione in materia di relazioni internazionali.

47. A questo proposito va anzitutto rilevato che la scelta del fondamento giuridico appropriato, ai fini di un’azione sia interna che internazionale dell’Unione, riveste un’importanza di natura costituzionale. Infatti l’Unione, disponendo soltanto di competenze di attribuzione, deve necessariamente ricondurre l'atto che vuole adottare ad una disposizione del Trattato che la legittimi ad approvare un simile atto (sentenza della Corte del 1° ottobre 2009, Commissione/Consiglio, C‑370/07, Racc. pag. I‑8917, punto 47).

48. Inoltre la scelta del fondamento giuridico di un atto, compreso quello adottato per la stipulazione di un accordo internazionale, non dipende solo dal convincimento del suo autore, ma deve basarsi su elementi oggettivi suscettibili di sindacato giurisdizionale, quali, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto (v. parere della Corte 2/00 del 6 dicembre 2001, Racc. pag. I‑9713, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

49. Pertanto, dal momento che la scelta del fondamento giuridico è basata su elementi obiettivi e non rientra in un margine di discrezionalità dell’istituzione, l’eventuale divergenza di opinioni su tale argomento non può essere assimilata ad una divergenza tra le istituzioni circa gli elementi relativi al contenuto dell’accordo.

50. Di conseguenza, il semplice timore di divulgare un’eventuale posizione divergente in seno alle istituzioni circa il fondamento giuridico di una decisione che autorizza l’avvio di negoziati in nome dell’Unione non può essere sufficiente per dedurne un rischio di pregiudizio all’interesse pubblico tutelato in materia di relazioni internazionali.

51. Inoltre, la Commissione, facendo riferimento alla sentenza della Corte del 30 maggio 2006, Parlamento/Consiglio e Commissione (C‑317/04 e C‑318/04, Racc. pag. I‑4721, punti 67‑70), invoca il rischio, per la credibilità dell’Unione in occasione dei negoziati, derivante dalla divulgazione di un documento che denota l’esistenza di un dubbio circa la scelta del fondamento giuridico. Essa ricorda che il ricorso ad un errato fondamento giuridico è idoneo a rendere invalido l’atto conclusivo stesso e quindi a viziare il consenso dell’Unione ad essere vincolata dall’accordo.

52. Si deve rilevare cionondimeno che un siffatto rischio non può essere desunto dall’esistenza di un dibattito giuridico circa la portata delle competenze istituzionali relative all’azione internazionale dell’Unione.

53. Infatti, una confusione circa la natura della competenza dell’Unione, idonea a indebolire quest’ultima nella difesa della sua posizione in occasione di negoziati internazionali, che può risultare dall’omessa indicazione del fondamento giuridico (v., in questo senso, sentenza Commissione/Consiglio, punto 47 supra, punto 49), non può che risultare aggravata in assenza di dibattito preliminare e obiettivo tra le istituzioni interessate sul fondamento giuridico della prevista azione.

54. Inoltre, il diritto dell’Unione conosce una procedura, prevista all’epoca dei fatti all’articolo 300, paragrafo 6, CE, che ha proprio lo scopo di prevenire le complicazioni che, sia a livello dell’Unione che nell’ordinamento giuridico internazionale, possono emergere in ragione della scelta errata del fondamento giuridico (v. parere della Corte 1/75, dell’11 novembre 1975, Racc. pag. 1355, pagg. 1360 e 1361).

55. Tali considerazioni sono tanto più giustificate nella specie dato che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, l’esistenza di divergenze circa il fondamento giuridico del previsto accordo era di pubblico dominio.

56. In particolare, l’esistenza di pareri divergenti in seno alle istituzioni è stata constatata nella risoluzione del Parlamento del 17 settembre 2009 in merito al previsto accordo internazionale per mettere a disposizione del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America dati di messaggistica finanziaria al fine di prevenire e combattere il terrorismo e il suo finanziamento.

57. Del resto, nei limiti in cui il Consiglio, invocando il motivo di cui trattasi, fa egualmente riferimento al fatto che il parere del suo servizio giuridico affronta taluni punti del progetto delle direttive di negoziato la cui conoscenza avrebbe potuto essere sfruttata dalla controparte nei negoziati, si deve rilevare che tale considerazione, certamente sufficiente a dimostrare un rischio di pregiudizio per l’interesse dell’Unione in materia di relazioni internazionali, riguarda soltanto gli elementi del documento richiesto attinenti al contenuto delle direttive di negoziato.

58. Dalle considerazioni che precedono consegue che, ad eccezione degli elementi del documento richiesto vertenti sul contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, tali da rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati, il Consiglio non ha dimostrato come, concretamente ed effettivamente, un accesso più ampio a tale documento avrebbe potuto pregiudicare l’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali.

59. Alla luce delle considerazioni che precedono, il primo motivo è parzialmente fondato, dal momento che il Consiglio non ha dimostrato il rischio di pregiudizio all’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali per quanto riguarda le parti non divulgate del documento richiesto, relative al fondamento giuridico del futuro accordo, mentre tale rischio è stato dimostrato soltanto per gli elementi attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, idonei a rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati.

60. La decisione impugnata va di conseguenza annullata nella parte in cui rifiuta l’accesso alle parti non divulgate del documento richiesto, diverse da quelle attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, idonee a rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati.

Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001

61. Alla luce della conclusione accolta a seguito dell’esame del primo motivo, l’esame del presente motivo va limitato alle parti non divulgate del documento richiesto, ad esclusione di quelle attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, poiché queste ultime rientrano effettivamente nell’eccezione relativa alla tutela dell’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali.

62. A tenore dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento nel caso in cui la sua divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela della consulenza legale, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione del suddetto documento.

63. Il Consiglio, qualora intenda avvalersi delle disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, deve procedere ad un esame in tre fasi, corrispondenti ai tre criteri figuranti nelle suddette disposizioni.

64. In una prima fase, il Consiglio deve assicurarsi che il documento di cui viene chiesta la divulgazione abbia effettivamente ad oggetto un parere giuridico e, in caso affermativo, determinare quali ne siano le parti effettivamente interessate e che, quindi, possano rientrare nell’ambito di applicazione della suddetta eccezione. In una seconda fase, il Consiglio deve esaminare se la divulgazione delle parti del documento di cui trattasi, individuate come concernenti pareri giuridici, arrechi pregiudizio alla tutela di questi ultimi. In una terza fase, se il Consiglio considera che la divulgazione di un documento arrecherebbe pregiudizio alla tutela dei pareri giuridici, è suo dovere verificare che non esista un interesse pubblico prevalente che giustifichi tale divulgazione nonostante il pregiudizio che ne deriverebbe al suo interesse a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi (sentenza della Corte del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, Racc. pag. I‑4723, punti 37‑44).

65. Nella specie, per quanto riguarda innanzi tutto il primo criterio, è pacifico che il documento n. 11897/09 costituisce effettivamente un parere giuridico avente ad oggetto il fondamento giuridico nel diritto dell’Unione di una prevista azione internazionale, come risulta dal suo titolo, e che, per la totalità della sua parte non divulgata, è tale da rientrare nell’ambito di applicazione dell’eccezione di cui trattasi.

66. Inoltre, per quanto riguarda un rischio di pregiudizio all’interesse dell’istituzione a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi, il Consiglio fa, in primo luogo, presente che la divulgazione richiesta avrebbe l’effetto di rendere pubblico «un parere interno del servizio giuridico, destinato unicamente ai membri del Consiglio nel contesto delle discussioni preliminari in seno [allo stesso] sul previsto accordo», il che potrebbe «dissuadere il Consiglio dall’invitare il suo servizio giuridico a formulare un parere scritto» (punto 10 della decisione impugnata). In secondo luogo, il Consiglio rileva il rischio che il suo servizio giuridico, a sua volta, «[si astenga] dall’emettere per iscritto pareri che potrebbero far correre in futuro al Consiglio un rischio, [il che] avrebbe un'incidenza sul [loro] contenuto» (punto 11 della decisione impugnata). In terzo luogo, il Consiglio sostiene che «la divulgazione del parere interno del servizio giuridico (…) pregiudicherebbe gravemente la capacità del [suddetto] servizio (…) di presentare e di difendere (…) la posizione del Consiglio nei procedimenti giurisdizionali, posizione che potrebbe essere diversa da quella previamente raccomandata dal servizio giuridico» (v. punto 12 della decisione impugnata).

67. La ricorrente in sostanza sostiene che tali considerazioni non sono sufficienti per giustificare un rischio di pregiudizio dell’interesse relativo alla tutela della consulenza legale.

68. Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, afferma di aver correttamente applicato l’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 per rifiutare l’accesso del pubblico al documento richiesto, precisando in particolare che la questione analizzata nel documento era delicata e che gli sarebbe stato impossibile fornire elementi supplementari circa il modo in cui la divulgazione del documento n. 11897/09 avrebbe rischiato di pregiudicare, individualmente e concretamente, la tutela della consulenza legale, senza rivelare il contenuto del documento e quindi privare l’eccezione della sua finalità essenziale.

69. Va ricordato che il rischio che la divulgazione del documento sia tale da pregiudicare concretamente ed effettivamente l’interesse dell'istituzione a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi deve essere ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico (sentenza Svezia e Turco/Consiglio, punto 64 supra, punti 40, 42 e 43).

70. Orbene, i motivi dedotti dal Consiglio per rifiutare l’accesso al documento n. 11897/09 non consentono di accertare, con una argomentazione circostanziata, un siffatto rischio. Infatti, i motivi della decisione impugnata, secondo i quali il Consiglio e il suo servizio giuridico potrebbero essere dissuasi, rispettivamente, dal chiedere e dal dare pareri scritti in merito a questioni delicate, non sono suffragati da alcun elemento concreto e circostanziato tale da dimostrare l’esistenza di un rischio di pregiudizio ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico per l’interesse del Consiglio a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi.

71. Inoltre, poiché l’ipotesi del pregiudizio per l’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali è prevista da una distinta eccezione, contemplata all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, il solo fatto che il parere giuridico contenuto nel documento n. 11897/09 verta sul settore delle relazioni internazionali dell’Unione non è di per sé sufficiente per applicare l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del medesimo regolamento.

72. Certamente, nel corso dell’udienza il Consiglio ha ricordato che i negoziati relativi al previsto accordo erano ancora in corso al momento in cui ha pronunciato la decisione impugnata.

73. Cionondimeno, per quanto possa ammettersi che in tale situazione venga posta in atto una tutela rafforzata per i documenti dell’istituzione al fine di escludere ogni pregiudizio all’interesse dell’Unione nello svolgimento di negoziati internazionali, di tale considerazione si è già tenuto conto riconoscendo un ampio margine di discrezionalità di cui le istituzioni godono nell’ambito dell’applicazione dell’eccezione contemplata all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

74. Orbene, per quanto riguarda l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del medesimo regolamento, il Consiglio non può validamente avvalersi della considerazione generale secondo cui un pregiudizio all’interesse pubblico tutelato potrebbe essere presunto in un settore delicato, in particolare quando si tratti di pareri giuridici forniti nell’ambito di un procedimento di negoziato di un accordo internazionale.

75. Un pregiudizio concreto e prevedibile all’interesse in gioco non può neppure essere dimostrato sulla base di un semplice timore di divulgare ai cittadini le divergenze di punti di vista tra le istituzioni circa il fondamento giuridico dell’azione internazionale dell’Unione e, quindi, di insinuare un dubbio sulla legittimità di tale azione.

76. Infatti, la considerazione secondo cui il rischio che la divulgazione dei pareri giuridici in merito a un processo decisionale possa far sorgere dubbi circa la legittimità di atti adottati non può essere sufficiente per caratterizzare una violazione della tutela della consulenza legale (sentenze Svezia e Turco/Consiglio, punto 64 supra, punto 60, e Svezia/MyTravel e Commissione, punto 18 supra, punto 113) è, in linea di principio, trasponibile al settore dell’azione internazionale dell’Unione, poiché il processo decisionale in questo settore non è sottratto all’applicazione del principio di trasparenza. A questo proposito basta ricordare che l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 precisa che questo si applica a tutti i documenti detenuti da una istituzione, vale a dire da essa redatti o ricevuti ed in suo possesso, in tutti i settori dell’attività dell’Unione.

77. Orbene, il Consiglio non deduce alcun argomento concreto che giustifichi che nella specie si deroghi a siffatta considerazione.

78. Per quanto riguarda l’argomento del Consiglio vertente sul rischio di pregiudizio alla capacità del suo servizio giuridico di difendere, in occasione di procedimenti giurisdizionali, una posizione sulla quale aveva espresso un parere negativo, si deve ricordare che, come più volte ricordato dalla Corte, un argomento di ordine tanto generale non può giustificare un’eccezione alla trasparenza prevista dal regolamento n. 1049/2001 (v., in questo senso, sentenze Svezia e Turco/Consiglio, punto 64 supra, punto 65, e Svezia/MyTravel e Commissione, punto 18 supra, punto 116).

79. Da ciò consegue che i motivi invocati nella decisione impugnata non possono, tenuto conto del loro carattere generale e ipotetico, essere sufficienti per dimostrare il rischio di pregiudizio all’interesse pubblico relativo alla tutela della consulenza legale.

80. Del resto, il carattere generale dei motivi qui considerati non può essere giustificato, contrariamente a quanto assunto dal Consiglio, dall’impossibilità di fornire elementi supplementari, tenuto conto del contenuto delicato del documento richiesto. Infatti, oltre al fatto che non risulta né dal contesto della redazione del documento n. 11897/09 né dagli argomenti trattati l’esistenza di un rischio di pregiudizio all’interesse invocato, il Consiglio non ha fornito alcun indizio circa gli elementi supplementari che avrebbe potuto fornire avvalendosi del contenuto del documento.

81. Infine, per quanto riguarda il terzo criterio dell’esame previsto dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, spettava al Consiglio ponderare l’interesse specifico da tutelare non divulgando il documento di cui trattasi con un eventuale interesse pubblico prevalente che giustifichi siffatta divulgazione.

82. Si deve in particolare tenere conto dell’interesse generale a che tale documento sia reso accessibile, tenuto conto dei vantaggi che, come rilevato dal secondo considerando del regolamento n. 1049/2001, derivano da una maggiore trasparenza, cioè una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e una maggiore legittimazione, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (sentenza Svezia e Turco/Consiglio, punto 64 supra, punto 45).

83. Tali considerazioni hanno evidentemente una rilevanza del tutto particolare quando il Consiglio agisce in veste di legislatore, come risulta dal sesto considerando del regolamento n. 1049/2001, secondo il quale un accesso più ampio ai documenti dev’essere autorizzato per l’appunto in tali circostanze. (sentenza Svezia e Turco/Consiglio, punto 64 supra, punto 46).

84. A questo proposito è controversa tra le parti la questione se, nel processo che porta all’adozione di un accordo internazionale vertente su un settore legislativo dell’Unione, il Consiglio agisca nella sua qualità di legislatore.

85. La ricorrente sostiene che l’accordo contemplato dal documento n. 11897/09 è di natura legislativa, ai sensi, in particolare, dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, in quanto implicherebbe effetti vincolanti negli Stati membri per quanto riguarda la trasmissione di messaggistica finanziaria alle autorità di un paese terzo.

86. Il Consiglio replica di non aver agito in qualità di legislatore. Menziona a questo proposito l’articolo 7 della sua decisione 2006/683/CE, Euratom, del 15 settembre 2006, relativa all’adozione del suo regolamento interno (GU L 285, pag. 47). Tale disposizione elenca i casi in cui il Consiglio agisce in qualità di legislatore ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 3, secondo comma, CE, dai quali sono escluse le delibere che portano all’adozione di atti aventi ad oggetto le relazioni internazionali.

87. Si deve rilevare che le disposizioni invocate, le quali mirano essenzialmente a definire i casi in cui i documenti devono essere, in linea di principio, direttamente accessibili al pubblico, hanno solo valore indicativo nello stabilire se il Consiglio abbia agito o no nella sua qualità di legislatore ai fini dell’applicazione delle eccezioni dell’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001.

88. Si deve osservare che l’iniziativa e la conduzione dei negoziati in vista della conclusione di un accordo internazionale rientrano, in linea di principio, nell’ambito dell’esecutivo. Inoltre, la partecipazione del pubblico nel procedimento relativo alla negoziazione e alla conclusione di un accordo internazionale è necessariamente ristretta, tenuto conto del legittimo interesse a non svelare gli elementi strategici del negoziato. Pertanto, nell’ambito di tale procedimento, si deve considerare che il Consiglio non agisca nella sua qualità di legislatore.

89. Cionondimeno, l’applicazione delle considerazioni connesse con il principio di trasparenza del processo decisionale dell’Unione svolte al punto 82 supra non può essere esclusa a proposito dell’azione internazionale, in particolare quando una decisione che autorizza l’avvio di negoziati contempla un accordo internazionale che può avere ripercussioni su un settore dell’attività legislativa dell’Unione.

90. Nella specie, l’accordo previsto tra l’Unione e gli Stati Uniti d’America è un accordo che tocca, in sostanza, il settore del trattamento e dello scambio di informazioni nell’ambito della cooperazione di polizia, che può anche influire sulla tutela di dati a carattere personale.

91. Si deve a questo proposito ricordare che la tutela dei dati a carattere personale costituisce un diritto fondamentale sancito dall’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU 2007, C 303, pag. 1) e applicato, in particolare, dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281, pag. 31), e dal regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU 2001, L 8, pag. 1).

92. Pertanto il Consiglio è tenuto a prendere in considerazione il settore interessato dall’accordo di cui trattasi, verificando, conformemente al principio dell’accesso più ampio possibile del pubblico ai documenti, se l’interesse generale connesso con l’accresciuta trasparenza nel procedimento di cui trattasi non giustificasse la divulgazione completa o più ampia del documento richiesto nonostante il rischio di pregiudizio della tutela della consulenza legale.

93. A questo proposito, come affermato dalla ricorrente, sussisteva un prevalente interesse pubblico alla divulgazione del documento n. 11897/09, in quanto tale divulgazione contribuirebbe a conferire una maggiore legittimazione alle istituzioni e aumenterebbe la fiducia dei cittadini europei in tali istituzioni rendendo possibile un dibattito aperto circa i punti sui quali sussisteva una divergenza di opinione, trattandosi del resto del documento nel quale è in discussione il fondamento giuridico di un accordo che, dopo la sua conclusione, avrà incidenza sul diritto fondamentale alla tutela dei dati a carattere personale.

94. Al punto 15 della decisione impugnata, il Consiglio constata, dopo «aver accuratamente ponderato l’interesse del Consiglio alla tutela della consulenza legale interna resa dal suo servizio giuridico e l’interesse pubblico alla divulgazione di tale documento», che «la tutela della consulenza legale interna in merito ad un progetto di accordo internazionale attualmente in corso di negoziato prevaleva sull’interesse pubblico alla sua divulgazione». Il Consiglio respinge a tale riguardo l’argomento della ricorrente secondo cui l’«eventuale contenuto del previsto accordo e i pareri circa il fondamento giuridico e la competenza della Comunità a concludere tale accordo internazionale che vincolerà la Comunità e interesserà i cittadini europei» possono costituire un interesse pubblico prevalente da prendere in considerazione.

95. Si deve constatare che, nell’escludere, per siffatti motivi, ogni possibilità di prendere in considerazione il settore interessato dal previsto accordo al fine di stabilire se esisteva, eventualmente, un interesse pubblico prevalente che giustificasse la divulgazione del documento richiesto, il Consiglio ha omesso di ponderare gli interessi in gioco ai fini dell’applicazione dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

96. Tale considerazione non può essere rimessa in discussione dall’argomento del Consiglio secondo cui l’interesse pubblico legato alla tutela della consulenza legale nel contesto di negoziati internazionali in corso presenterebbe analogie con quello connesso con la tutela della consulenza giuridica che si inscrive nell’ambito delle funzioni della Commissione puramente amministrative, quale contemplato dalla sentenza del Tribunale del 9 settembre 2008, MyTravel/Commissione (T‑403/05, Racc. pag. II‑2027, punti 49 e 125‑126).

97. Infatti, da un lato, la Corte, con la sentenza Svezia/MyTravel e Commissione, punto 18 supra, ha annullato la sentenza del Tribunale invocata dal Consiglio. Dall’altro, è proprio la trasparenza in materia di consulenza legale che, nel consentire che le divergenze tra vari punti di vista vengano apertamente discusse, contribuisce a conferire alle istituzioni una maggiore legittimazione agli occhi dei cittadini dell’Unione e ad accrescere la fiducia di questi ultimi. Di fatto, è piuttosto la mancanza di informazione e di dibattito che può suscitare dubbi nei cittadini, non solo circa la legittimità di un singolo atto, ma anche circa la legittimità del processo decisionale nel suo complesso (sentenza Svezia/MyTravel e Commissione, punto 18 supra, punto 113).

98. Nel corso dell’udienza, la Commissione ha spiegato sotto quale aspetto a suo avviso la sentenza Svezia/MyTravel e Commissione, punto 18 supra, sarebbe diversa dal caso di specie e che non potrebbe di conseguenza essere validamente invocata. A suo avviso, in primo luogo, nella presente causa è stata invocata un'eccezione obbligatoria, cioè quella relativa all’interesse pubblico tutelato in materia di relazioni internazionali, il che non ricorre nella suddetta sentenza. In secondo luogo, il parere giuridico contenuto nel documento n. 11897/09 verte su un settore delicato, quello delle relazioni internazionali, e, in terzo luogo, il procedimento per la conclusione dell’accordo internazionale era ancora in corso quando il Consiglio ha rifiutato la divulgazione del documento n. 11897/09, mentre il procedimento di elaborazione della decisione oggetto della causa Svezia/MyTravel e Commissione, punto 18 supra, era terminato.

99. Tali argomenti non possono convincere. Infatti, da un lato, il fatto che il documento di cui trattasi verta su un settore potenzialmente incluso nell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, relativo alla tutela dell’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali, non è pertinente quando si tratta di valutare l’applicazione della distinta eccezione relativa alla tutela della consulenza legale, prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del suddetto regolamento.

100. D’altro lato, certamente, il fatto che il procedimento per la conclusione dell’accordo internazionale fosse ancora in corso al momento dell’adozione della decisione impugnata può essere invocato nell’ambito dell’esame di un rischio di pregiudizio all’interesse pubblico relativo alla tutela della consulenza legale. Tuttavia, tale argomento non è decisivo nell’ambito della verifica dell’eventuale esistenza di un interesse pubblico prevalente che giustifichi la divulgazione, nonostante siffatto rischio di pregiudizio.

101. Infatti, l’interesse pubblico relativo alla trasparenza del processo decisionale sarebbe svuotato del suo contenuto se dovesse essere preso in considerazione, come proposto dalla Commissione, limitatamente al caso in cui sia stato posto termine al procedimento decisionale.

102. Dalle considerazioni che precedono consegue che gli elementi invocati nella decisione impugnata non consentono di accertare che la divulgazione del documento di cui trattasi avrebbe pregiudicato la tutela della consulenza legale e che il Consiglio ha comunque omesso di verificare se esisteva un interesse pubblico prevalente che giustificasse una divulgazione più ampia del documento n. 11897/09 in violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

103. Il secondo motivo va pertanto accolto.

Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001

104. Conformemente all’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, se una parte soltanto del documento richiesto è interessata da una o più delle eccezioni di cui sopra, le parti restanti del documento sono divulgate.

105. Secondo la giurisprudenza della Corte, l’esame dell’accesso parziale ad un documento delle istituzioni dell’Unione deve essere effettuato alla luce del principio di proporzionalità (sentenza della Corte del 6 dicembre 2001, Consiglio/Hautala, C‑353/99 P, Racc. pag. I‑9565, punti 27 e 28).

106. Dalla formulazione stessa dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001 risulta che un’istituzione è tenuta ad esaminare se sia opportuno accordare un accesso parziale ai documenti considerati in una domanda di accesso, limitando un eventuale rifiuto ai soli dati inclusi nelle eccezioni contemplate dal suddetto articolo. L’istituzione deve concedere un siffatto accesso parziale se lo scopo che essa persegue allorché rifiuta l’accesso al documento può essere raggiunto ove tale istituzione si limiti a occultare i passaggi che possono pregiudicare l’interesse pubblico tutelato (sentenza del Tribunale del 25 aprile 2007, WWF European Policy Programme/Consiglio, T‑264/04, Racc. pag. II‑911, punto 50, e v., in questo senso, sentenza Consiglio/Hautala, punto 105 supra, punto 29).

107. Nella specie, dal punto 16 della decisione impugnata risulta che il Consiglio ha esaminato la possibilità di concedere alla ricorrente l’accesso parziale al documento richiesto, decidendo di divulgare talune parti del suddetto documento, cioè l’introduzione figurante a pagina 1, i punti da 1 a 4 nonché la prima frase del punto 5 dell’analisi contenuta nel parere giuridico.

108. Si deve rilevare, alla stregua di quanto sostenuto dalla ricorrente, che l’accesso parziale è estremamente ristretto e che la versione divulgata del documento di cui trattasi è limitata, essenzialmente, alla sua parte introduttiva.

109. Si deve cionondimeno esaminare se il carattere ristretto dell’accesso parziale concesso nella specie sia giustificato con riferimento alle eccezioni invocate, alla luce del principio di proporzionalità.

110. A questo proposito, da un lato, per quanto riguarda l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, si deve ricordare che il Consiglio dispone di un ampio potere discrezionale quando valuta se la divulgazione di un documento possa pregiudicare l’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali, tenuto conto della natura delicata ed essenziale dell’interesse tutelato (v. punto 25 supra).

111. Nella specie, dall’esame del primo motivo risulta che il Consiglio ha dimostrato il rischio di pregiudizio all’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali solo per quanto riguarda gli elementi attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, idonee a rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati (v. punto 59 supra).

112. A questo proposito si deve constatare che quest’ultimo motivo si applica solo ad una parte dei passi occultati del documento di cui trattasi. Infatti, questi ultimi contengono anche considerazioni giuridiche circa le regole di diritto dell’Unione applicabili in materia o che trattano, in modo generale, l’applicazione di tali regole nel settore interessato dal previsto accordo, le quali non possono a priori essere considerate vertenti sul contenuto specifico dell’accordo o delle direttive di negoziato.

113. Ciò considerato, l’errore rilevato nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 implica l’illegittimità dell’analisi operata nella decisione impugnata circa la portata dell’accesso parziale.

114. Dall’altro lato, per quanto riguarda l’eccezione fondata sull’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, dall’esame del secondo motivo di cui sopra risulta che il Consiglio non ha dimostrato l’esistenza di un pregiudizio all’interesse pubblico in esame e pertanto l’aver invocato un siffatto interesse non può giustificare la limitazione della divulgazione nell’ambito della decisione impugnata.

115. Dall’insieme delle suesposte considerazioni consegue che, nell’ambito dell’accesso parziale al documento, il Consiglio non ha soddisfatto il suo obbligo di limitare il rifiuto alle sole informazioni incluse nelle eccezioni invocate.

116. L’esame del terzo motivo porta quindi all’annullamento parziale della decisione impugnata nella parte in cui rifiuta l’accesso alle parti non divulgate del documento richiesto diverse da quelle attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, idonee a rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati.

Sul quarto motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

117. Alla luce delle conclusioni accolte a seguito dell’esame dei primi tre motivi, si deve ancora esaminare se il Consiglio abbia soddisfatto il suo obbligo di motivazione circa il rifiuto di divulgare le parti del documento richiesto attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, per le quale l’eccezione relativa alla tutela dell’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali è stata validamente invocata.

118. Spetta all’istituzione che ha negato l’accesso a un documento fornire una motivazione che consenta di comprendere e di verificare, da un lato, se il documento richiesto sia effettivamente riconducibile al settore contemplato dall’eccezione invocata e, dall’altro, se l’esigenza di tutela relativa a tale eccezione sia reale (sentenza del 26 aprile 2005, Sison/Consiglio, punto 21 supra, punto 61).

119. Al punto 5 della decisione impugnata il Consiglio ricorda che i negoziati internazionali vertenti sulla firma dell’accordo di cui trattasi tra l’Unione e gli Stati Uniti d’America erano in corso al momento in cui era stato redatto il documento n. 11897/09. Al punto 6 della suddetta decisione esso fa presente che il documento richiesto «affronta gli aspetti giuridici del progetto di direttive di negoziato in vista della conclusione di un accordo internazionale tra l’Unione europea e gli Stati Uniti su una materia delicata concernente la prevenzione e la lotta al terrorismo e al finanziamento del terrorismo». Esso aggiunge che «[tale] documento contiene un’analisi del fondamento giuridico dell’accordo proposto, in quanto il servizio giuridico tratta il contenuto dell’accordo previsto quale raccomandato dalla Commissione» e che la sua divulgazione «rivelerebbe al pubblico informazioni relative a talune disposizioni del previsto accordo (…), avrebbe di conseguenza una ripercussione negativa sulla posizione negoziale dell’[Unione] e nuocerebbe altresì al clima di fiducia nei negoziati in corso».

120. Si deve rilevare che con questi motivi il Consiglio ha esposto un ragionamento chiaro e coerente per quanto riguarda il rifiuto di divulgare le parti del documento richiesto attinenti al contenuto specifico dell’accordo o delle direttive di negoziato.

121. Inoltre, il carattere generico di tale motivazione, laddove il Consiglio non individua il contenuto sensibile che possa essere rivelato dalla divulgazione, è giustificato dalla preoccupazione di non svelare informazioni la cui tutela è prevista dall’eccezione invocata, relativa alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali (v., in questo senso, sentenza del 1° febbraio 2007, Sison/Consiglio, punto 25 supra, punto 82).

122. Si deve pertanto constatare che il Consiglio ha sufficientemente motivato la decisione nella parte in cui ha rifiutato l’accesso alle parti del documento richiesto attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o alle direttive di negoziato.

123. Alla luce delle considerazioni che precedono la decisione impugnata va parzialmente annullata nella parte in cui rifiuta, in violazione delle disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, e all’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, l’accesso alle parti non divulgate del documento richiesto, diverse da quelle aventi ad oggetto il contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato, idonee a rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati.

124. A questo proposito si deve rilevare che, per quanto l’illegittimità constatata non infici la valutazione del Consiglio relativa a queste ultime parti del documento richiesto, non spetta al Tribunale sostituirsi al Consiglio e indicare gli elementi ai quali l’accesso avrebbe dovuto essere accordato, essendo l’istituzione tenuta, in occasione dell’esecuzione della presente sentenza, a prendere in considerazione i motivi esposti al riguardo in quest’ultima (v., in questo senso, sentenza del Tribunale del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, Racc. pag. II‑2023, punto 133).

125. Da ciò consegue che spetta al Consiglio valutare, prendendo in considerazione i motivi esposti nella presente sentenza, in quale misura l’accesso agli elementi non divulgati del documento di cui trattasi sia tale da pregiudicare concretamente ed effettivamente gli interessi tutelati nel quadro delle eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001.

Sulle spese

126. A norma dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, secondo il paragrafo 3 del medesimo articolo, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna delle parti sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi. Peraltro, a norma dell’articolo 87, paragrafo 4, primo comma, del regolamento di procedura, le istituzioni intervenute nella causa sopportano le proprie spese.

127. Poiché la ricorrente e il Consiglio sono rimasti ciascuno parzialmente soccombente, vanno condannati a sostenere le proprie spese. La Commissione sopporterà le proprie spese.

Dispositivo

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) La decisione del Consiglio del 29 ottobre 2009 è annullata nella parte in cui rifiuta l’accesso alle parti non divulgate del documento n. 11897/09, diverse da quelle attinenti al contenuto specifico del previsto accordo o delle direttive di negoziato.

2) Il ricorso è respinto quanto al resto.

3) Ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese.