Causa C‑354/09

Gaston Schul BV

contro

Staatssecretaris van Financiën

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden)

«Codice doganale comunitario — Art. 33 — Valore in dogana delle merci — Inclusione dei dazi doganali — Condizione di consegna “Delivered Duty Paid”»

Massime della sentenza

Tariffa doganale comune — Valore in dogana — Valore di transazione — Determinazione

(Regolamento del Consiglio n. 2913/92, art. 33)

La condizione di cui all’art. 33 del regolamento n. 2913/92, che istituisce un codice doganale comunitario, secondo cui i dazi all’importazione devono essere «distinti» dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate, è soddisfatta qualora le parti contrattuali abbiano convenuto che tali merci saranno consegnate DDP («Delivered Duty Paid») e lo abbiano menzionato nella dichiarazione doganale, ma, a causa di un errore sull’origine preferenziale di dette merci, non abbiano comunicato l’importo dei dazi all’importazione.

Infatti, in primo luogo, anche se le parti contrattuali hanno erroneamente considerato che non sarebbe stato dovuto alcun dazio all’importazione, conformemente alla clausola DDP, i dazi doganali sono a carico del venditore e, di conseguenza, i dazi all’importazione eventualmente dovuti sono inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate. In secondo luogo, in forza, in particolare, degli artt. 217 e 220 del codice doganale, le autorità dello Stato d’importazione sono responsabili del calcolo dei dazi all’importazione. Orbene, dato che il valore di transazione è indicato correttamente nelle dichiarazioni d’importazione e l’aliquota dei dazi doganali applicabile può essere determinata tenendo conto dell’origine delle merci, dette autorità sono in grado di calcolare l’importo dei dazi all’importazione legalmente dovuto e, di conseguenza, di separare il valore di tali dazi dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate.

(v. punti 30, 34-36, 40 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

15 luglio 2010 (*)

«Codice doganale comunitario – Art. 33 – Valore in dogana delle merci – Inclusione dei dazi doganali – Condizione di consegna “Delivered Duty Paid”»

Nel procedimento C‑354/09,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi), con decisione 14 agosto 2009, pervenuta in cancelleria il 3 settembre 2009, nella causa

Gaston Schul BV

contro

Staatssecretaris van Financiën,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta dalla sig.ra C. Toader, presidente di sezione (relatore), dai sigg. P. Kūris e L. Bay Larsen, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. Wissels e B. Koopman, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, dai sigg. B.‑R. Killmann e W. Roels, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 33 del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale»).

2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia fra la Gaston Schul BV (in prosieguo: la «Gaston Schul») e lo Staatssecretaris van Financiën, in merito ad un avviso di recupero a posteriori di un’obbligazione doganale.

 Contesto normativo

 La normativa dell’Unione

3        L’art. 29, n. 1, del codice doganale così dispone:

«Il valore in dogana delle merci importate è il valore di transazione, cioè il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale della Comunità, previa eventuale rettifica effettuata conformemente agli articoli 32 e 33 (…).

(…)».

4        L’art. 33 del codice doganale è formulato nel seguente modo:

«Sempre che essi siano distinti dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate, il valore in dogana non comprende i seguenti elementi:

a)      le spese di trasporto delle merci dopo il loro arrivo nel luogo d’introduzione nel territorio doganale della Comunità;

b)      le spese relative a lavori di costruzione, d’installazione, di montaggio, di manutenzione o di assistenza tecnica iniziati dopo l’importazione, sulle merci importate, ad esempio impianti, macchinari o materiale industriale;

c)      gli interessi conseguenti ad un accordo di finanziamento concluso dal compratore e relativo all’acquisto di merci importate, indipendentemente dalla circostanza che il finanziamento sia garantito dal venditore o da un’altra persona, sempre che l’accordo di finanziamento considerato sia stato fatto per iscritto e, su richiesta, il compratore possa dimostrare che:

–        le merci sono realmente vendute al prezzo dichiarato come prezzo effettivamente pagato o da pagare,

e

–        il tasso dell’interesse richiesto non è superiore al livello al momento comunemente praticato per transazioni del genere nel paese dove è stato garantito il finanziamento;

d)      le spese relative al diritto di riproduzione nella Comunità delle merci importate;

e)      le commissioni d’acquisto;

f)      i dazi all’importazione e le altre imposizioni da pagare nella Comunità a motivo dell’importazione o della vendita delle merci».

5        L’art. 220, n. 1, del codice doganale prevede quanto segue:

«Quando l’importo dei dazi risultante da un’obbligazione doganale non sia stato contabilizzato ai sensi degli articoli 218 e 219 o sia stato contabilizzato ad un livello inferiore all’importo legalmente dovuto, la contabilizzazione dei dazi da riscuotere o che rimangono da riscuotere deve avvenire entro due giorni dalla data in cui l’autorità doganale si è resa conto della situazione in atto ed è in grado di calcolare l’importo legalmente dovuto e di determinarne il debitore (contabilizzazione a posteriori). Questo termine può essere prorogato conformemente all’articolo 219».

 Causa principale e questione pregiudiziale

6        Dal 1998 al 2000, la Gaston Schul, in qualità di spedizioniere doganale, ha presentato dinanzi alle autorità olandesi varie dichiarazioni di immissione in libera pratica per prodotti ittici.

7        Detta società ha compilato queste dichiarazioni in nome e per conto proprio, su incarico di un trasportatore islandese che agiva a sua volta per conto di un esportatore islandese.

8        Tali dichiarazioni erano corredate da domande di applicazione di una preferenza tariffaria all’aliquota dello 0% a motivo dell’origine SEE dei prodotti di cui trattasi. La Gaston Schul vi ha allegato le copie delle fatture emesse dall’esportatore islandese che indicavano come condizione di consegna DDP («Delivered Duty Paid») e che indicavano che «[l]’esportatore dei prodotti a cui si riferisce il presente documento (...) dichiara che, tranne ove altrimenti esplicitamente indicato, questi prodotti sono di origine preferenziale SEE». Del pari, la condizione di consegna DDP è stata menzionata nelle dichiarazioni doganali.

9        Un’indagine sull’origine dei prodotti in esame ha rivelato successivamente che questi ultimi provenivano in realtà da paesi terzi e che, pertanto, l’aliquota preferenziale non era stata applicata correttamente.

10      Lo Staatssecretaris van Financiën, di conseguenza, ha proceduto al recupero dei dazi doganali, e, con avvisi di accertamento in data 7, 11 e 28 giugno 2001, ha invitato la Gaston Schul a versare detti dazi.

11      Tale amministrazione ha calcolato l’importo dei dazi da riscuotere considerando come valore in dogana il prezzo della transazione, quale contenuto nelle dichiarazioni di importazione, senza dedurre l’importo dei dazi doganali da riscuotere.

12      In seguito, lo Staatssecretaris van Financiën ha respinto il reclamo con cui la Gaston Schul intendeva ridurre la propria obbligazione chiedendo la deduzione dal prezzo contrattuale dell’importo dei dazi doganali calcolato a posteriori.

13      Il Rechtbank te Haarlem (Tribunale di Haarlem) ha dichiarato infondato il ricorso presentato avverso il rigetto di tale reclamo. Essendo stata confermata in appello la sentenza di questo giudice, la Gaston Schul ha proposto ricorso per cassazione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden.

14      Il giudice del rinvio rileva in via preliminare che, nella causa principale, il venditore e il compratore avevano concordato che i dazi doganali sarebbero stati a carico del venditore. Tuttavia, al momento della conclusione del contratto, questi ultimi erano incorsi in errore sull’origine dei prodotti e, di conseguenza, sull’importo dei dazi doganali legalmente dovuto.

15      Al fine di risolvere la controversia di cui è investito, il giudice del rinvio ritiene fondamentale sapere se, in circostanze quali quelle della causa principale, siano soddisfatte le condizioni di cui all’art. 33 del codice doganale.

16      Al riguardo, lo Hoge Raad der Nederlanden fa riferimento, da un lato, al parere consultivo n. 3.1 del comitato tecnico della valutazione doganale dell’Organizzazione mondiale delle dogane, recante il titolo «Significato di “distinti” (“are distinguished”) nella nota interpretativa relativa all’articolo 1 dell’accordo: diritti e imposte applicati nel paese di importazione», e, dall’altro, al commento n. 5 del comitato del codice doganale, sezione valore in dogana (in prosieguo: il «commento n. 5»).

17      Pertanto, esaminando la questione se, quando il prezzo pagato o da pagare comprende un importo corrispondente ai dazi e alle imposte del paese d’importazione, tali dazi e imposte debbano essere dedotti qualora non siano indicati separatamente nella fattura e l’importatore non abbia richiesto peraltro una deduzione a tale titolo, detto comitato tecnico ha considerato che, «[d]ato che, per definizione, è possibile fare una distinzione tra i dazi e le imposte del paese d’importazione e il prezzo effettivamente pagato o da pagare, tali dazi e imposte non fanno parte del valore in dogana».

18      Inoltre, il commento n. 5 enuncia nei suoi punti 8‑10:

«8.       Indicazioni relative all’interpretazione del termine “distinti” per quanto riguarda i dazi doganali ed altre imposte da pagare in relazione all’importazione o alla vendita delle merci sono state fornite in un parere consultivo del comitato tecnico della valutazione doganale. Tale parere (n. 3.1) stabilisce che i dazi e le imposte di un paese d’importazione non fanno parte del valore in dogana in quanto essi, per definizione, possono essere distinti dal prezzo effettivamente pagato o da pagare. Tali dati, infatti, sono oggetto di pubblicazioni ufficiali.

9.       In questo contesto, il termine “distinti” significa effettivamente che è possibile stabilire una distinzione. I fatti sui quali si fonda il parere consultivo indicano che i dazi/le imposte non sarebbero indicati separatamente nella fattura, ma si presume che la fattura o qualsiasi altro documento d’accompagnamento indichino chiaramente che il prezzo effettivamente pagato o da pagare include tali dazi e imposte.

10.       Conformemente al paragrafo 4, l’importo da escludere dal valore in dogana dovrebbe essere specificato nella dichiarazione DV 1».

19      Il giudice del rinvio ritiene che i documenti di cui al punto 16 della presente sentenza non siano sufficienti a dimostrare che in una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale siano soddisfatte le condizioni di cui all’art. 33 del codice doganale.

20      Militerebbe quindi in favore in favore dell’esclusione dei dazi all’importazione dal valore in dogana il fatto che, secondo il punto 9 del commento n. 5, il codice doganale non esigerebbe che l’importo di detti dazi sia menzionato espressamente nella fattura. Sarebbe sufficiente che la fattura o un altro documento d’accompagnamento indichi chiaramente che detti dazi sono compresi nel prezzo.

21      Inoltre, anche nell’ipotesi in cui il venditore e il compratore ritengano che siano dovuti dazi doganali per una determinata importazione, potrebbe risultare loro difficile conoscere in anticipo l’importo esatto di questi dazi, in particolare in caso di dubbio sulla classificazione tariffaria delle merci considerate.

22      Peraltro, in una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale, l’inclusione dei dazi all’importazione nel valore in dogana condurrebbe alla riscossione di dazi all’importazione non soltanto sul valore economico reale delle merci, ma anche sui dazi all’importazione.

23      Deporrebbe, invece, in senso contrario all’esclusione dei dazi all’importazione dal valore in dogana il fatto che, alla luce dello stesso punto 9 del commento n. 5, sembrerebbe importante che le parti contrattuali facciano risultare di essere state consapevoli del fatto che il prezzo era effettivamente destinato a coprire tali dazi. Orbene, nella fattispecie, dato che dette parti hanno avuto una percezione errata della realtà, nulla consentirebbe di sapere a quale prezzo il venditore avrebbe acconsentito a vendere se avesse conosciuto l’origine dei prodotti.

24      Ciò considerato, lo Hoge Raad der Nederlanden ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se in caso di contabilizzazione a posteriori, ai sensi dell’art. 220 del codice doganale, si debba presumere che la condizione di cui all’art. 33 [di detto codice], secondo cui i dazi all’importazione non fanno parte del valore in dogana, sia soddisfatta qualora il venditore e il compratore delle merci in questione abbiano convenuto la condizione di consegna “delivered [duty] paid” e ciò sia indicato nella dichiarazione doganale, anche laddove essi, nella fissazione del prezzo della transazione, abbiano presunto erroneamente che sull’importazione delle merci nella Comunità non fossero dovuti dazi doganali e di conseguenza non sia stato indicato, sulla fattura e nella dichiarazione doganale, o all’atto della stessa, un importo a titolo di dazi doganali».

 Sulla questione pregiudiziale

25      Con la sua questione il giudice del rinvio chiede di sapere, in sostanza, se la condizione di cui all’art. 33 del codice doganale, in base alla quale i dazi all’importazione devono essere «distinti» dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate, sia soddisfatta qualora le parti contrattuali abbiano convenuto che tali merci saranno consegnate DDP e ciò sia indicato nella dichiarazione doganale, tuttavia, a causa di un errore sull’origine preferenziale di dette merci, non abbiano comunicato alcun importo dei dazi all’importazione.

26      Per risolvere tale questione, si deve esaminare la portata della condizione prevista dall’art. 33 del codice doganale, secondo cui i dazi all’importazione devono essere «distinti» dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate, tenuto conto della situazione delle parti contrattuali in un caso come quello di cui trattasi nella causa principale.

27      In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la normativa dell’Unione in materia di valutazione doganale mira a stabilire un sistema equo, uniforme e neutro che escluda l’impiego di valori in dogana arbitrari o fittizi (v. sentenza 19 marzo 2009, causa C‑256/07, Mitsui & Co. Deutschland, Racc. pag. I‑1951, punto 20, e la giurisprudenza ivi citata).

28      Ai sensi dell’art. 29, n. 1, del codice doganale, il valore in dogana delle merci importate è, in linea di principio, il loro valore di transazione, cioè il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale dell’Unione.

29      Inoltre, questo valore deve riflettere il valore economico reale di una merce importata e tener conto di tutti gli elementi di tale merce che presentano un valore economico (v. sentenze 16 novembre 2006, causa C‑306/04, Compaq Computer International Corporation, Racc. pag. I‑10991, punto 30, nonché Mitsui & Co. Deutschland, cit., punto 20).

30      In tale contesto, l’art. 33, lett. f), del codice doganale consente di escludere dal valore in dogana i dazi all’importazione applicabili nell’Unione europea, ma subordina questa esclusione all’osservanza della condizione secondo cui gli importi di detti dazi devono essere «distinti» dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate.

31      Il governo olandese ritiene che, in circostanze quali quelle considerate nella causa principale, tale condizione non sia soddisfatta dato che, alla luce degli elementi disponibili, le autorità doganali non erano in grado di distinguere i dazi all’importazione dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate.

32      Infatti, nelle sentenze 18 aprile 1991, causa C‑79/89, Brown Boveri (Racc. pag. I‑1853); 5 dicembre 2002, causa C‑379/00, Overland Footwear (Racc. pag. I‑11133), e 20 ottobre 2005, causa C‑468/03, Overland Footwear (Racc. pag. I‑8937), la Corte avrebbe deciso che spese quali commissioni d’acquisto e spese di montaggio possono essere considerate «distinte» solo laddove, nella dichiarazione d’importazione, siano indicate separatamente rispetto al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate. Siffatta giurisprudenza, a parere di detto governo, è pienamente applicabile in caso di esclusione dei dazi all’importazione dal valore in dogana di tali merci.

33      Secondo il governo olandese, non è soddisfatta la condizione di cui all’art. 33 del codice doganale, poiché le parti contrattuali non hanno indicato nelle loro fatture o nelle dichiarazioni l’importo dei dazi all’importazione a causa di un errore sull’origine preferenziale delle merci importate.

34      Al riguardo, va rilevato in primo luogo che dalla decisione di rinvio emerge che, nella causa principale, anche se le parti contrattuali hanno erroneamente considerato che non sarebbe stato dovuto alcun dazio all’importazione, l’accordo tra il venditore e il compratore deve essere interpretato nel senso che, conformemente alla clausola DDP, i dazi doganali sono a carico del venditore e, di conseguenza, i dazi all’importazione eventualmente dovuti sono inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate.

35      Una interpretazione siffatta è suffragata dal fatto che, come sottolineato sia dal governo olandese sia dalla Commissione europea, la clausola DDP pone a carico del venditore un’obbligazione massima in forza della quale quest’ultimo s’impegna a coprire tutte le spese e i rischi connessi alla consegna delle merci nello Stato d’importazione. Il venditore, così, sopporta, segnatamente, le spese relative allo sdoganamento e si fa carico di qualunque eventuale differenza tra l’importo dei dazi doganali da lui valutato come legalmente dovuto al momento della conclusione del contratto, da un lato, e quello calcolato dalle autorità doganali, senza poter pretendere dal compratore, in caso di differenza, un aumento del prezzo o un pagamento compensativo, dall’altro.

36      In secondo luogo, va rilevato che, in forza in particolare degli artt. 217 e 220 del codice doganale, le autorità dello Stato d’importazione sono responsabili del calcolo dei dazi all’importazione. Orbene, dato che il valore di transazione è indicato correttamente nelle dichiarazioni d’importazione e l’aliquota dei dazi doganali applicabile può essere determinata tenendo conto dell’origine delle merci, occorre constatare che dette autorità sono in grado di calcolare l’importo dei dazi all’importazione legalmente dovuto, e, di conseguenza, di separare il valore di tali dazi dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate.

37      Inoltre, come fa valere la Commissione, a differenza delle altre spese di cui all’art. 33 del codice doganale quali commissioni di acquisto o spese relative a lavori di montaggio – la cui esistenza e il cui importo si basano esclusivamente sulla volontà delle parti contrattuali e possono essere note alle autorità doganali solo laddove risultino esplicitamente dalle dichiarazioni d’importazione e dai relativi documenti – i dazi all’importazione sono disciplinati in modo vincolante dalla tariffa doganale dell’Unione. Pertanto, in una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale è escluso il rischio che siano presentati costi fittizi o esagerati al fine di ridurre fraudolentemente il valore in dogana delle merci importate.

38      Inoltre, è giocoforza constatare che, anche se, in una siffatta situazione, la deduzione di dazi all’importazione, fissati nel corso di un controllo a posteriori, più elevati di quelli inizialmente valutati dal venditore comporta una diminuzione del valore in dogana delle merci importate, questo valore, tuttavia, non può essere considerato arbitrario o fittizio, ma, al contrario, dovrebbe essere inteso nel senso che esso rispecchia il valore economico reale di tali merci tenendo conto della situazione giuridica concreta delle parti contrattuali.

39      Anche supponendo, come sostenuto dal governo olandese, che il venditore, conoscendo al momento della conclusione del contratto l’importo corretto dei dazi all’importazione, avrebbe scelto di aumentare il prezzo delle merci piuttosto che ridurre i suoi profitti, tale circostanza nulla toglie al fatto che in un caso come quello di cui trattasi nella causa principale il venditore si sia impegnato a sopportare integralmente le spese di sdoganamento nonché le conseguenze di eventuali errori di fatto o di diritto da lui commessi nella valutazione dei dazi all’importazione, senza poter reclamare dal compratore un aumento del prezzo o qualunque altro pagamento compensativo.

40      Alla luce delle considerazioni che precedono, la questione sollevata va risolta dichiarando che la condizione di cui all’art. 33 del codice doganale, secondo cui i dazi all’importazione devono essere «distinti» dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate, è soddisfatta qualora le parti contrattuali abbiano convenuto che tali merci saranno consegnate DDP e lo abbiano menzionato nella dichiarazione doganale, ma, a causa di un errore sull’origine preferenziale di dette merci, non abbiano comunicato l’importo dei dazi all’importazione.

 Sulle spese

41      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

La condizione di cui all’art. 33 del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario, secondo cui i dazi all’importazione devono essere «distinti» dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate, è soddisfatta qualora le parti contrattuali abbiano convenuto che tali merci saranno consegnate DDP («Delivered Duty Paid») e lo abbiano menzionato nella dichiarazione doganale, ma, a causa di un errore sull’origine preferenziale di dette merci, non abbiano comunicato l’importo dei dazi all’importazione.

Firme


* Lingua processuale: l’olandese.