CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JÁN MAZÁK

presentate il 14 settembre 2010 1(1)

Causa C‑90/09 P

General Química e altri

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Concorrenza – Cartello nel settore dei prodotti chimici per la lavorazione della gomma – Scambio di informazioni riservate e fissazione dei prezzi – Imputazione della responsabilità alla società capogruppo – Entità economica unica – Responsabilità in solido – Ammende»





I –    Introduzione

1.        Con la presente impugnazione la General Química SA (in prosieguo: la «GQ»), la Repsol Química SA (in prosieguo: la «RQ») e la Repsol YPF SA (in prosieguo: la «RYPF») (indicate congiuntamente come le «ricorrenti») chiedono l’annullamento parziale della sentenza del Tribunale di primo grado (divenuto «il Tribunale») (Sesta Sezione) 18 dicembre 2008, causa T‑85/06, General Química e a./Commissione (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui è stato respinto il loro ricorso di annullamento contro la decisione della Commissione 21 dicembre 2005, 2006/902/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE nei confronti di Flexsys NV, Bayer AG, Crompton Manufacturing Company Inc. (già Uniroyal Chemical Company Inc.), Crompton Europe Ltd, Chemtura Corporation (già Crompton Corporation), General Química SA, Repsol Química SA e Repsol YPF SA (Caso COMP/F/C.38.443 ‑ Prodotti chimici a base di gomma) (GU L 353, pag. 50) (in prosieguo: la «decisione contestata»).

2.        Nella decisione contestata la Commissione ha dichiarato che la GQ, la RQ e la RYPF, tra altre imprese, avevano violato l’art. 81, n. 1, CE (divenuto art. 101, n. 1, TFUE) e l’art. 53 dell’Accordo SEE partecipando, tra il 1999 e il 2000, ad un cartello e a pratiche concordate consistenti nella fissazione dei prezzi e nello scambio di informazioni riservate nel settore dei prodotti chimici a base di gomma nell’ambito dello Spazio economico europeo (in prosieguo: il «SEE»). La Commissione ha inflitto un’ammenda di EUR 3,38 milioni alla GQ, in solido con la RQ e la RYPF.

3.        L’impugnazione riguarda l’imputazione della responsabilità per la violazione dell’art. 101, n. 1, TFUE ad una società controllante (la RYPF) per il comportamento illecito di una società controllata (la GQ), che non è detenuta direttamente da detta controllante. A tal riguardo, la GQ è interamente controllata (al 100%) dalla RQ, che è a sua volta interamente controllata dalla RYPF. Le ricorrenti sostengono, inter alia, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nell’estendere automaticamente alla società capogruppo la presunzione che essa eserciti un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata.

4.        Le ricorrenti affermano che la Corte dovrebbe annullare la sentenza impugnata nella parte in cui respinge il motivo in diritto relativo ad un errore manifesto di valutazione e al difetto di motivazione relativamente alla constatazione delle responsabilità in solido delle ricorrenti per la violazione dell’art. 101, n. 1, TFUE. Esse chiedono inoltre alla Corte di annullare gli artt. 1, lett. g) e h), e 2, lett. d), della decisione contestata, nella parte in cui dichiara la RQ e la RYPF responsabili in solido per la violazione dell’art. 101, n. 1, TFUE commessa della GQ e, in subordine, di annullare la dichiarazione relativa alla responsabilità in solido della RYPF, in entrambi i casi disponendo un’adeguata riduzione dell’ammenda.

II – Fatti

A –    La decisione contestata

5.        La GQ è un’impresa spagnola che produce determinati prodotti chimici a base di gomma, principalmente acceleratori e antiozonanti di tipo antiossidante (2). La GQ è interamente controllata dalla RQ, la quale è a sua volta interamente controllata dalla RYPF. Il procedimento conclusosi con l’adozione della decisione contestata veniva avviato in seguito alla presentazione da parte della Flexsys, in data 22 aprile 2002, di una domanda ai sensi della comunicazione della Commissione 19 febbraio 2002, relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU C 45, pag. 3) (in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»). Il 26 e il 27 settembre e il 24 ottobre 2002 la Crompton e la Bayer presentavano le rispettive domande di immunità dalle ammende o di riduzione delle ammende.

6.        Il 12 aprile 2005 la Commissione notificava alla GQ, alla RQ e alla RYPF una comunicazione degli addebiti relativa ad un procedimento ai sensi, inter alia, dell’art. 101 TFUE. Basando la propria decisione sul fatto che la GQ era una controllata al 100% della RQ, a sua volta controllata al 100% dalla RYPF, e sul collegamento tra la GQ e la RQ determinato dalla presenza di un amministratore unico («administrador único»), che era stato nominato dalla RQ e aveva sostituito il consiglio di amministrazione della GQ, la Commissione considerava la RQ e la RYPF responsabili in solido per l’infrazione della GQ.

7.        Con lettera 15 giugno 2005 la RQ e la RYPF presentavano una risposta congiunta alla comunicazione degli addebiti. Con lettera 20 giugno 2005 la GQ presentava una risposta separata da quella della propria controllante. La GQ, la RQ e la RYPF venivano sentite il 18 luglio 2005. Esse contestavano, inter alia, l’imputazione alla RQ e alla RYPF della responsabilità per l’asserita infrazione della GQ. Esse sostenevano, in primo luogo, che la RQ e la RYPF non erano implicate nella condotta della GQ e non ne erano a conoscenza e, in secondo luogo, che la GQ esercitava la propria attività sul mercato dei prodotti chimici a base di gomma in quanto entità autonoma.

8.        Tuttavia, con la decisione contestata, la Commissione dichiarava la GQ, la RQ e la RYPF solidalmente responsabili per l’infrazione della GQ. Quanto all’imputazione alla RQ e alla RYPF della responsabilità per il comportamento della GQ, la Commissione afferma nella decisione contestata che una società controllante può essere considerata responsabile per il comportamento illecito delle sue controllate al 100%, ma può confutare la presunzione che essa abbia effettivamente esercitato un’influenza determinante su tali controllate. La Commissione afferma inoltre che tale presunzione non può essere confutata affermando che la controllante non ha incoraggiato le controllate ad agire illegalmente. Infine, secondo la decisione contestata, qualora sia applicabile la suddetta presunzione, l’impresa interessata non può confutarla semplicemente asserendo che la controllante non era direttamente coinvolta nel cartello o non ne era a conoscenza.

9.        La Commissione afferma, in particolare, che l’argomento secondo cui la RQ e la RYPF (cui nella decisione contestata si fa riferimento, senza distinzione, come alla «Repsol») non erano responsabili della gestione ordinaria della GQ non è sufficiente per confutare la presunzione relativa all’esercizio effettivo di un’influenza determinante sulla GQ.

10.      Inoltre, la Commissione afferma che la «Repsol» e la GQ hanno fornito documenti che chiariscono i loro rapporti, la struttura gestionale e gli obblighi di relazione. Essa rileva che, secondo le ricorrenti, il piano industriale e gli obiettivi di vendita della GQ non sono soggetti all’approvazione delle controllanti. Non esistono rapporti industriali, sinergie o sovrapposizioni verticali tra le attività della «Repsol» e quelle della controllata, dato che la GQ realizza prodotti che non presentano alcun collegamento con quelli della «Repsol». Nel periodo dell’infrazione non vi sono state sovrapposizioni fra i consigli di amministrazione delle tre società. La Commissione fa inoltre riferimento alle spiegazioni fornite dalla «Repsol», secondo cui la GQ era libera di gestire la propria politica commerciale senza interferenze da parte sua, poiché la «Repsol» aveva acquisito la GQ nell’ambito di un pacchetto più ampio, e non perché fosse interessata alle sue attività, e ha tentato più volte di venderla, senza riuscirvi.

11.      Tuttavia, ai punti 259‑264 della decisione contestata la Commissione osserva che la «Repsol» era stata l’unica azionista della GQ a partire dal 1994. Secondo la Commissione, essa era quindi in grado di conoscere le attività della GQ in virtù del suo controllo al 100% e della sua responsabilità globale. Quanto ai tentativi di vendere la GQ, la Commissione ritiene che, anche ammettendo che tali tentativi fossero idonei a dimostrare che la «Repsol» non era interessata alle attività della controllata, ciò non implicasse che essa non fosse interessata ad esercitare un’influenza determinante sulla GQ per assicurare che l’avviamento e il valore commerciale di tale società non diminuissero nel periodo necessario ad individuare un acquirente interessato.

12.      Nella decisione contestata la Commissione rileva inoltre che l’imputazione ad una società controllante della responsabilità per il comportamento tenuto sul mercato da una controllata non presuppone che le attività della prima si sovrappongano, anche solo parzialmente, o siano strettamente connesse a quelle della seconda. In base alla stessa logica, la Commissione afferma che la mancanza di sovrapposizione dei rispettivi consigli di amministrazione non dimostra di per sé che la GQ sia autonoma, dato che, come emerge dai documenti forniti dalla «Repsol», la GQ comunicava alla RQ i propri risultati in termini di vendite, di produzione e finanziari.

13.      Inoltre, la Commissione afferma che, secondo la «Repsol», la GQ stabiliva autonomamente i prezzi dei prodotti da essa venduti alla Repsol Italia, il che dimostrerebbe che la GQ agiva autonomamente e che suoi interessi erano diversi da quelli della «Repsol». Tuttavia, la Commissione rileva nella decisione contestata che il contratto di rappresentanza tra la GQ e la Repsol Italia dimostra che sussistono connessioni verticali tra la «Repsol» e le sue controllate. Infine, la Commissione osserva che le informazioni fornite dalla GQ alla Repsol Italia riguardo ad un aumento del prezzo dei suoi prodotti non costituisce la prova di un conflitto di interessi tra la GQ e la «Repsol», in quanto ad ogni aumento del fatturato della GQ risultante da un aumento di prezzo dei suoi prodotti conseguirebbe anche un aumento del fatturato della «Repsol».

14.      Nella decisione contestata si afferma inoltre che, sebbene l’amministratore unico avesse delegato i propri poteri relativi alla gestione operativa della GQ, esso costituiva ugualmente un tramite fra la GQ e la RQ, attraverso il quale venivano passate alla controllante informazioni sulle vendite, sulla produzione e sui risultati finanziari. Inoltre, i risultati finanziari della GQ erano consolidati con quelli della «Repsol», con la conseguenza che i profitti e le perdite della GQ si rispecchiavano nei profitti e nelle perdite del gruppo.

15.      Infine, la Commissione aggiunge a tale riguardo che si può presumere che una controllante e la sua controllata al 100% costituiscano un’impresa unica ai sensi dell’art. 101 TFUE. Ciò premesso, la Commissione ritiene che la RQ e la RYPF non abbiano confutato la presunzione di responsabilità per il comportamento illecito della GQ.

16.      All’art. 1 della decisione contestata la Commissione ha dichiarato che dal 31 ottobre 1999 al 30 giugno 2000 la GQ, la RQ e la RYPF hanno partecipato, in violazione, inter alia, dell’art. 101 TFUE, ad un complesso di accordi e di pratiche concordate consistenti nella fissazione dei prezzi e nello scambio di informazioni riservate nel settore dei prodotti chimici a base di gomma nell’ambito SEE. L’art. 1, lett. f), della decisione contestata menziona la partecipazione della GQ all’infrazione, mentre le lett. g) e h) del medesimo articolo si riferiscono rispettivamente alla partecipazione della RQ e della RYPF all’infrazione.

17.      All’art. 2, lett. d), della decisione contestata la Commissione ha inflitto una sanzione di EUR 3,38 milioni alla GQ, in solido con la RQ e la RYPF, per le infrazioni di cui all’art. 1.

B –    La sentenza impugnata

18.      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 marzo 2006, la GQ, la RQ e la RYPF proponevano un ricorso diretto all’annullamento parziale della decisione contestata. A sostegno delle loro domande dinanzi al Tribunale, esse deducevano tre motivi. In primo luogo, un errore manifesto di valutazione e un difetto di motivazione relativamente alla responsabilità in solido delle tre imprese. In secondo luogo, un errore nel calcolo dell’ammenda. In terzo luogo, un errore di valutazione, un difetto di motivazione e una violazione del principio della parità di trattamento nell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione.

19.      Poiché i motivi dedotti dalle ricorrenti nel presente procedimento riguardano solo la parte della sentenza del Tribunale relativa al primo motivo di annullamento sollevato nel procedimento dinanzi a detto giudice (3), verrà riprodotto solo tale titolo della sentenza impugnata. Ai punti 58‑84 della sentenza impugnata il Tribunale formula le seguenti conclusioni in ordine al primo motivo:

«58.      Secondo costante giurisprudenza, la circostanza che la controllata abbia una personalità giuridica distinta non basta ad escludere la possibilità che il suo comportamento sia imputato alla società controllante, in particolare qualora la controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante (sentenze della Corte 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG‑Telefunken/Commissione, Racc. pag. 3151, punto 49, e 16 novembre 2000, causa C‑286/98 P, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, Racc. pag. I‑9925, in prosieguo: la «sentenza Stora», punto 26).

59.      Inoltre, nel caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della sua controllata che si sia resa responsabile di un comportamento illecito, esiste una presunzione semplice che tale società controllante eserciti effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della sua controllata (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑314/01, Avebe/Commissione, Racc. pag. II‑3085, punto 136, e giurisprudenza ivi citata) e che esse costituiscano quindi un’unica impresa ai sensi dell’art. [101 TFUE] (sentenze 15 giugno 2005, cause riunite T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, Tokai Carbon e a./Commissione, in prosieguo: la “sentenza Tokai II”, non pubblicata nella Raccolta, punto 59). Incombe quindi alla società controllante che contesta dinanzi al giudice comunitario una decisione della Commissione che le infligge un’ammenda per il comportamento della sua controllata confutare tale presunzione fornendo elementi di prova idonei a dimostrare l’autonomia della sua controllata (sentenza Avebe/Commissione, cit., punto 136; v. anche, in tal senso, sentenza Stora, citata al punto 58 supra, punto 29).

60.      A tal riguardo, è vero che, come fanno valere le ricorrenti, nella sentenza Stora, citata al punto 58 supra (punti 28 e 29), la Corte ha menzionato, oltre alla detenzione del 100% del capitale della controllata, altre circostanze, quali la mancata contestazione dell’influenza esercitata dalla controllante sulla politica commerciale della propria controllata e la rappresentanza congiunta delle due società durante il procedimento amministrativo. Tuttavia, tali circostanze sono state rilevate dalla Corte solo con l’obiettivo di mostrare tutti gli elementi su cui il Tribunale aveva fondato il proprio ragionamento, per concludere che tale ragionamento non si fondava esclusivamente sulla detenzione dell’intero capitale della controllata da parte della società controllante.

61.      Peraltro, e contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, non è una relazione di istigazione a commettere l’illecito tra la controllante e la sua controllata né, a maggior ragione, un’implicazione della prima in tale illecito, ma il fatto che esse costituiscono un’unica impresa ai sensi dell’art. [101 TFUE] che permette alla Commissione di adottare la decisione che impone ammende nei confronti della società controllante di un gruppo di società. Infatti, occorre ricordare che il diritto comunitario in materia di concorrenza riconosce che varie società appartenenti ad uno stesso gruppo costituiscono un’entità economica e pertanto un’impresa ai sensi degli artt. [101 TFUE e 102 TFUE] se le società interessate non determinano in modo autonomo il loro comportamento sul mercato (sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, causa T‑203/01, Michelin/Commissione, Racc. pag. II‑4071, punto 290).

62.      Alla luce di tali considerazioni, è sufficiente che la Commissione provi che l’intero capitale di una controllata sia detenuto dalla controllante per concludere che quest’ultima esercita un’influenza determinante sulla sua politica commerciale. La Commissione potrà, in seguito, ritenere la società controllante solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla sua controllata, anche nel caso in cui sia stato dimostrato che la controllante non ha partecipato direttamente agli accordi, a meno che tale società provi che la controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato.

63.      Pertanto, nella specie, la Commissione non ha ignorato la giurisprudenza della Corte e del Tribunale limitandosi a fare riferimento al fatto che il 100% del capitale della GQ era detenuto dalle controllanti e a confutare gli argomenti delle ricorrenti diretti a dimostrare che la GQ era autonoma, per imputare a tali società le azioni anticoncorrenziali di quest’ultima.

64.      La Commissione non ha quindi commesso un errore considerando la RQ e la RYPF responsabili per un’infrazione che si reputa abbiano commesso esse stesse in ragione di tale imputazione (v., in tal senso, sentenza 16 novembre 2000, causa C‑294/98 P, Metsä Serla Oyj e a./Commissione, Racc. pag. I‑10065, punto 28). A tal riguardo, è inoperante l’argomento secondo cui la RQ e la RYPF non hanno partecipato direttamente all’infrazione controversa.

65.      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui durante la fase precontenziosa del procedimento la RYPF e la RQ hanno fornito alla Commissione un insieme di documenti per confutare la presunzione di responsabilità e fornire una prova tangibile dell’autonomia commerciale e operativa della GQ, si deve rilevare che incombe alla società controllante sottoporre alla valutazione del Tribunale ogni elemento relativo ai vincoli organizzativi, economici e giuridici intercorrenti con la propria controllata e che essa considera atto a dimostrare che la controllante e la controllata non costituiscono un’entità economica unica.

66.      Orbene, nella specie la Commissione afferma, al punto 262 della decisione impugnata, che l’amministratore unico agisce tutt’ora da tramite fra la GQ e la RQ, che la RYPF consolida i bilanci della GQ e della RQ a livello di gruppo e che la RQ e la RYPF hanno risposto congiuntamente alla comunicazione degli addebiti. Tali elementi depongono a favore dell’esistenza di un’entità unica.

67.      Incombeva quindi alla RYPF e alla RQ dimostrare, nella fase precontenziosa, che la GQ determinava autonomamente il proprio comportamento sul mercato e che la RYPF e la RQ non esercitavano un’influenza determinante sulla sua politica.

68.      A tal riguardo, occorre ricordare che le ricorrenti hanno dichiarato che la RQ aveva dimostrato alla Commissione di avere ordinato alla GQ, in seguito all’ispezione effettuata presso la sede di quest’ultima il 27 settembre 2002, di cessare qualsiasi pratica che potesse costituire un’infrazione delle norme di concorrenza.

69.      Tale dichiarazione delle ricorrenti è sufficiente di per sé a dimostrare che la RQ esercitava un’influenza determinante sulla politica della GQ, non solo sul mercato, ma anche riguardo al comportamento illecito oggetto della decisione impugnata.

70.      Ad abundantiam, tuttavia, il Tribunale esaminerà se, come sostengono le ricorrenti, nella decisione impugnata la Commissione sia incorsa in un errore di valutazione relativamente alle prove prodotte dalle ricorrenti, o se le abbia erroneamente ignorate.

71.      A tale proposito, si deve rilevare che il fatto che le attività della controllata siano diverse, anche completamente, dalle attività del gruppo, o la circostanza che la controllante abbia tentato, peraltro senza riuscirvi, di rivendere la propria controllata non sono atti a confutare la presunzione di responsabilità a carico della RQ e della RYPF. Infatti, anche se spesso i gruppi di imprese e le holding esercitano attività diverse e talora cedono alcune delle loro controllate, tali soggetti sono già stati considerati come un’unica impresa ai sensi dell’art. [101 TFUE] (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑330/01, Akzo Nobel/Commissione, Racc. pag. II‑3389, punti 78 e 82).

72.      Inoltre, la Commissione, in risposta alla richiesta di documenti presentata dalle ricorrenti, ha fornito alla Corte una documentazione comprensiva dei verbali delle riunioni del consiglio di amministrazione della RQ relativi al periodo 1998‑2000 in cui figuravano i risultati finanziari della GQ, nonché una delibera concernente la cessione della partecipazione della GQ nella Silquímica, SA e la vendita di beni immobili della GQ. Tale documento conferma in sostanza quanto dichiarato dalla Commissione nella decisione impugnata. Se il consiglio di amministrazione della GQ interviene in maniera significativa in vari aspetti essenziali della strategia della GQ, quali la vendita di immobili o di una partecipazione, riservandosi la decisione finale al riguardo, ne consegue che esso esercita un’influenza determinante sul comportamento della GQ.

73.      Per quanto riguarda l’argomento relativo alla mancanza di sovrapposizione nella composizione degli organi delle società ricorrenti, si deve osservare che dalla lettera del 5 aprile 2004 inviata dalla GQ alla Commissione e prodotta dalle ricorrenti durante la fase precontenziosa risulta che il sig. [riservato] è stato sia presidente del consiglio di amministrazione della GQ tra il 1996 e il 2000 sia membro del consiglio di amministrazione della RQ tra il 1998 e il 1999. Inoltre, si deve rilevare che, interrogate su questo punto in udienza, le ricorrenti hanno ammesso, quanto meno implicitamente, l’esistenza di tale sovrapposizione.

74.      Analogamente, alla luce della succitata giurisprudenza, non possono essere accolti gli argomenti secondo cui la Commissione non avrebbe esaminato, nella decisione impugnata, le prove materiali dalle quali risultava che solo i dirigenti della GQ decidevano e mettevano in atto la politica commerciale della società, senza che la RQ fosse previamente informata o accordasse la propria autorizzazione. Lo stesso vale per gli argomenti secondo cui le informazioni fornite alla RQ dalla GQ non riguardavano la politica commerciale, bensì i risultati finanziari della controllata.

75.      Per quanto attiene al rapporto tra la GQ e la Repsol Italia, va rilevato che la Commissione, nella decisione impugnata, respinge giustamente l’argomento delle ricorrenti relativo ad un presunto conflitto di interessi tra la GQ e le sue controllanti, dichiarando che la RYPF consolida i bilanci del gruppo, che è costituito da varie controllate, comprese la GQ e la Repsol Italia. Inoltre, la Commissione rileva correttamente che tali rapporti sono atti a rafforzare la presunzione che esse costituiscano un’unica impresa.

76.      In tale contesto, occorre concludere, come ha fatto la Commissione al punto 264 della decisione impugnata, che le ricorrenti non sono riuscite a confutare la presunzione di responsabilità delle controllanti.

77.      Infine, nessuno degli argomenti dedotti in subordine dalle ricorrenti è idoneo ad inficiare la decisione contestata.

78.      In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui la Commissione non avrebbe mai chiesto informazioni in merito al rapporto tra la RQ e la RYPF e non avrebbe mai tentato di accertare se la RQ e la RYPF facessero parte della stessa impresa, è sufficiente rilevare che, poiché le ricorrenti non contestano che la RYPF detenga il 100% del capitale della RQ, incombeva alla RYPF confutare la presunzione che essa esercitasse un’influenza determinante sulla politica della RQ e costituisse effettivamente con essa un’unica impresa ai sensi dell’art. [101 TFUE], cosa che non ha fatto.

79.      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui non si poteva prevedere che la RYPF sarebbe stata dichiarata responsabile in solido con la RQ e la GQ, le ricorrenti sostengono sostanzialmente che, a differenza della decisione impugnata, la comunicazione degli addebiti giustificava la responsabilità della RYPF non alla luce del comportamento illecito della GQ, ma esclusivamente in relazione a quello della RQ.

80.      Occorre rilevare che la comunicazione degli addebiti e la decisione impugnata non presentano differenze a tale proposito. Il punto 254 della decisione impugnata dichiara le ricorrenti responsabili in solido, segnatamente in ragione del fatto che la RQ detiene il 100% del capitale della GQ e la RYPF detiene il 100% del capitale della RQ, mentre nella comunicazione degli addebiti si afferma, al punto 344, che la responsabilità della RQ si estende alla RYPF per effetto della presunzione relativa al suo controllo e alla sua influenza determinante risultanti dal fatto che essa detiene il 100% del capitale della RQ.

81.      L’argomento secondo cui le due dichiarazioni sarebbero contraddittorie si fonda su un’interpretazione errata della giurisprudenza relativa all’imputabilità dell’infrazione. La presunzione di responsabilità derivante dalla detenzione del capitale non si applica solo nei casi in cui esiste un rapporto diretto tra controllante e controllata, ma anche nei casi, come quello di specie, in cui tale rapporto è indiretto e si esplica attraverso una controllata interposta.

82.      Pertanto, poiché le norme comunitarie in materia di concorrenza riconoscono che società diverse appartenenti allo stesso gruppo costituiscono un’entità economica e quindi un’impresa ai sensi degli artt. [101 TFUE e 102 TFUE], se esse non determinano autonomamente il proprio comportamento sul mercato, è irrilevante che tali società siano controllate direttamente o indirettamente da una società capogruppo, dato che la responsabilità dell’infrazione può essere comunque attribuita a quest’ultima (v., in tal senso, sentenza Michelin/Commissione, cit. al punto 61 supra, punto 290).

83.      Si deve quindi concludere che le ricorrenti non potevano ragionevolmente dedurre dalla comunicazione degli addebiti, e in particolare dal suo punto 344, che la Commissione non avrebbe attribuito l’infrazione controversa alla RYPF.

84.      Alla luce di tutti gli elementi che precedono, occorre respingere il primo motivo».

III – Conclusioni delle parti

20.      Con la loro impugnazione, le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza 18 dicembre 2008, causa T‑85/06, nella parte in cui respinge il motivo di annullamento fondato sull’errore manifesto di valutazione e sul difetto di motivazione relativamente alla responsabilità solidale delle ricorrenti;

–        annullare gli artt. 1, lett. g) e h), e 2, lett. d), della decisione contestata nella parte in cui dichiara che la RYPF e la RQ sono responsabili congiuntamente e solidalmente di una violazione dell’art. 81, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 101 TFUE) insieme alla GQ, e, in subordine, nella parte in cui tale decisione è diretta contro la RYPF, in entrambi i casi con riduzione adeguata della sanzione.

21.      La Commissione chiede alla Corte di:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

IV – L’impugnazione

22.      Le ricorrenti deducono due motivi a sostegno della loro impugnazione. In primo luogo, un errore di diritto relativamente all’imputazione della responsabilità per la violazione dell’art. 81, n. 1, CE (divenuto art. 101, n. 1, TFUE) e all’interpretazione ed applicazione della presunzione del controllo sull’affiliata da parte della società capogruppo, da cui deriverebbe una violazione delle norme in materia di onere della prova e un travisamento dei fatti. Le ricorrenti lamentano inoltre la trasformazione della presunzione semplice in presunzione legale (iuris et de iure) e la mancata applicazione del principio della responsabilità personale. In secondo luogo, un errore di diritto relativamente all’imputazione della responsabilità alla società capogruppo, la RYPF, attraverso un’illegittima estensione della presunzione relativa al controllo dell’affiliata da parte della capogruppo. Le ricorrenti lamentano inoltre un’inversione dell’onere della prova e l’esistenza di una responsabilità automatica in relazione al gruppo di società.

A –    Sul primo motivo

23.      Le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha erroneamente adottato un criterio per l’imputazione della responsabilità alla controllante per le azioni della controllata che non presenta alcun nesso con i fatti e le circostanze del caso di specie, né con l’infrazione commessa dalla controllata. Pertanto, il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto per avere attribuito alla controllante la responsabilità per le azioni della controllata in base alla constatazione dell’esistenza di un’unità economica fondata sulla mera possibilità o capacità della controllante di esercitare un’influenza determinante sulla controllata.

24.      Le ricorrenti ritengono che il Tribunale abbia applicato erroneamente la giurisprudenza secondo cui la condotta di una controllata è imputabile alla controllante se tale controllata non determina autonomamente il proprio comportamento sul mercato, ma applica sostanzialmente le direttive impartitele dalla controllante con cui costituisce un’unità economica (4). Il Tribunale non avrebbe potuto dichiarare l’esistenza di un’unità economica unicamente sulla base di una presunzione semplice (5) secondo cui una controllante che detenga l’intero capitale della controllata è in grado di esercitare un’influenza determinante sul suo comportamento.

25.      Le ricorrenti ritengono quindi che il Tribunale, dichiarando nella sentenza impugnata che la Commissione non è tenuta a fornire altre prove per dimostrare che la controllante ha effettivamente influenzato il comportamento della controllata (6), abbia violato il principio della responsabilità personale, nonché le norme in materia di onere della prova, e abbia reso irrefutabile la presunzione controversa, dato che è impossibile dimostrare l’assenza di responsabilità personale della controllante.

26.      Le ricorrenti considerano che la presunzione dell’influenza determinante basata sul controllo del 100% del capitale non esime la Commissione dall’onere di provare la responsabilità della controllante, verificando in base alle prove se essa esercitasse effettivamente un controllo sull’affiliata e se quest’ultima applicasse in misura significativa le istruzioni ricevute (7).

27.      Inoltre, secondo le ricorrenti, non sarebbe stato individuato il tipo di prova che occorre produrre per confutare la presunzione. La sentenza impugnata non pone limiti al potere discrezionale di cui dispone la Commissione per valutare le prove prodotte nel tentativo di confutare la presunzione.

28.      La Commissione sostiene che le ricorrenti rimettono in discussione la costante giurisprudenza comunitaria in materia di responsabilità solidale. Nella sentenza AEG Telefunken/Commissione (8) la Corte ha chiaramente affermato la presunzione secondo cui una controllata al 100% segue necessariamente la politica stabilita dagli stessi organi statutari che fissano la politica della controllante. Pertanto, la responsabilità è imputabile alla controllante per un’infrazione commessa dalla controllata anche in assenza della prova che la controllante fosse coinvolta nei fatti che hanno dato luogo all’infrazione di cui trattasi. Peraltro, anche nella sentenza Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione (9) la Corte ha confermato la responsabilità della controllante in base alla suddetta presunzione senza richiedere ulteriori elementi idonei a collegare la controllante all’infrazione.

29.      A tal riguardo, la Commissione ritiene che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la presunzione controversa non esima la Commissione dall’onere della prova ad essa incombente. Infatti, come spiegato dall’avvocato generale Kokott nella causa C‑97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione (10), il ricorso a tale presunzione non comporta un’inversione dell’onere della prova (il che sarebbe incompatibile con la presunzione di innocenza). Dal momento che la partecipazione al 100% della società madre nella propria controllata autorizza prima facie a concludere per un effettivo esercizio di influenza determinante, incombe alla detta società madre controbattere appunto tale inferenza producendo prove contrarie concludenti. Pertanto, la Commissione è tenuta solo a produrre la prova indispensabile dell’applicabilità della presunzione.

30.      Secondo costante giurisprudenza, il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra le due entità giuridiche. Ciò si verifica perché, in tale situazione, la società controllante e la propria controllata fanno parte di una stessa unità economica e, pertanto, formano una sola impresa, il che consente alla Commissione di emanare una decisione che infligga ammende nei confronti della società controllante, senza necessità di dimostrare l’implicazione personale di quest’ultima nell’infrazione (11).

31.      Per quanto riguarda il caso in esame, relativo ad una controllante che detiene il 100% del capitale di una controllata che ha violato le norme di concorrenza dell’Unione europea (UE), le osservazioni scritte presentate nel presente procedimento il 27 febbraio 2009 (atto introduttivo) e il 14 maggio 2009 (controricorso) risultano, a mio parere, parzialmente superate in seguito alla sentenza della Corte nella causa C‑97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione, pronunciata il 10 settembre 2009. Tale circostanza è stata ammessa dalle parti all’udienza del 29 aprile 2010 nel presente procedimento di impugnazione.

32.      Nella suddetta sentenza la Corte ha dichiarato che una società controllante la quale detenga il 100% del capitale della propria controllata che abbia infranto le norme UE in materia di concorrenza può esercitare un’influenza determinante sul comportamento di tale controllata ed esiste una presunzione semplice secondo cui la detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata (12). In tale contesto la Commissione potrà ritenere la società controllante solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla propria controllata, a meno che detta società controllante, cui incombe l’onere di confutare tale presunzione, non fornisca sufficienti elementi di prova idonei a dimostrare che la propria controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato (13).

33.      Contrariamente quindi a quanto sostengono le ricorrenti, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto per avere dichiarato che, nel caso di una controllata al 100%, l’applicazione di tale presunzione non è subordinata alla circostanza che la Commissione produca ulteriori elementi di prova idonei a dimostrare che la controllante ha effettivamente esercitato un’influenza determinante sul comportamento della controllata (14). Pertanto, in base alla presunzione controversa, la Commissione non è tenuta a produrre ulteriori elementi di prova idonei a dimostrare che la controllante ha realmente influenzato il comportamento della controllata o era a conoscenza dell’infrazione o della partecipazione della controllata all’infrazione (15).

34.      Tuttavia, si deve rilevare che nella sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, causa C‑97/08 P, la Corte ha sottolineato l’oppugnabilità della presunzione controversa. Una conclusione diversa, a mio parere, comporterebbe una violazione di diritti fondamentali (16). L’oppugnabilità della presunzione è necessaria per garantire i diritti della difesa e il diritto di accesso alla giustizia della controllante in questione ed è volta, in particolare, a controbilanciare il fatto che la presunzione riduce fortemente l’onere probatorio incombente alla Commissione. Tutte le prove prodotte dalla controllante vanno quindi valutate e soppesate con grande attenzione. Pertanto, deve essere respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui si tratterebbe in realtà di una presunzione irrefutabile.

35.      La presunzione, tuttavia, è valida a meno che la controllante riesca a dimostrare che la controllata agiva autonomamente sul mercato. L’argomento secondo cui una controllata al 100% agisce autonomamente sul mercato dev’essere suffragato da elementi di prova chiari ed univoci che devono essere valutati alla Commissione, il cui apprezzamento è soggetto, in definitiva, al sindacato giurisdizionale della Corte.

36.      Inoltre, poiché talune prove, prese isolatamente, potrebbero non essere sufficienti per confutare la presunzione controversa, ritengo che si debbano prendere in considerazione congiuntamente tutte le prove prodotte dalla ricorrente onde stabilire se esse siano sufficienti a tale scopo. Come la Corte ha chiaramente statuito nella sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, causa C‑97/08 P, al fine di stabilire se una controllata determini in maniera autonoma il suo comportamento sul mercato, devono essere presi in considerazione tutti i vincoli organizzativi, economici e giuridici intercorrenti tra la controllata e la controllante, i quali possono variare a seconda dei casi e non possono essere elencati in modo tassativo (17).

37.      Le ricorrenti hanno dedotto vari argomenti aggiuntivi secondo cui il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto o avrebbe travisato i fatti relativamente alle prove da loro prodotte dinanzi ad esso. La Commissione contesta tali argomenti. Ritengo, come si vedrà meglio più avanti, che la maggior parte degli argomenti delle ricorrenti sia diretta unicamente ad ottenere una nuova valutazione dei fatti in questione da parte della Corte, il che va chiaramente al di là delle sue competenze in sede di impugnazione (18).

38.      Le ricorrenti ritengono che, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale al punto 66 della sentenza impugnata, secondo cui il fatto che l’amministratore unico abbia agito da tramite fra la GQ e la RQ, che la RYPS consolidi i bilanci della GQ e della RQ a livello di gruppo e che la RQ e la RYPF abbiano risposto congiuntamente alla comunicazione degli addebiti militano a favore dell’esistenza di un’unica entità, tali elementi non consentano di constatare l’esistenza di un’unità economica atta a giustificare l’imputazione della responsabilità alla controllante.

39.      Prima di esaminare nel merito ciascuno di tali elementi, rilevo che essi non sono stati utilizzati dal Tribunale isolatamente, ma solo come ulteriori prove a conferma dell’esistenza di un’unità economica desunta dalla detenzione del 100% del capitale di una controllata (19). Sembrerebbe che sia le ricorrenti sia la Commissione concordino sul fatto che i bilanci in questione venivano consolidati a livello di gruppo per rispettare un obbligo giuridico derivante dai vincoli intercorrenti tra le società in questione. Poiché tutti gli elementi rilevanti relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici tra la controllata e la controllante devono essere presi in considerazione in quanto prove dell’esistenza di un’unità economica (20), ritengo che il Tribunale non sia incorso in un errore per avere tenuto conto del suddetto elemento, ancorché solo come prova aggiuntiva. Inoltre, poiché le ricorrenti non contestano che esistesse effettivamente un collegamento tra la GQ e la RQ sotto forma di un amministratore unico, tale elemento non era irrilevante come prova ulteriore dell’esistenza di un’unità economica costituita dalla GQ, dalla RQ e dalla RYPF. Inoltre, non è irrilevante neppure il fatto che la RQ e la RYPF abbiano risposto congiuntamente alla comunicazione degli addebiti della Commissione, sempre in quanto prova aggiuntiva idonea a dimostrare l’esistenza di un’unità economica (21).

40.      Le ricorrenti sostengono altresì che il Tribunale è incorso in un errore nella qualificazione dei fatti e in un travisamento degli stessi ai punti 68 e 69 della sentenza impugnata per quanto riguarda la richiesta rivolta dalla RQ alla GQ di rispettare le norme in materia di concorrenza a seguito dell’ispezione effettuata nei locali di quest’ultima il 27 settembre 2002, in quanto tale richiesta non dimostrerebbe l’esistenza di un’unità economica. Ritengo che le ricorrenti non abbiano fornito la prova di un errore di diritto o di un travisamento dei fatti da parte del Tribunale. L’emanazione di tale ordine di cessazione, che non è contestata dalle ricorrenti, costituisce una prova, ancorché relativa ad un momento successivo all’infrazione, del fatto che la RQ esercitava un’influenza determinante sul comportamento tenuto sul mercato dalla GQ.

41.      Al punto 69 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato che l’emanazione dell’ordine era sufficiente di per sé a dimostrare che la RQ esercitava un’influenza determinante sulla GQ. Tuttavia, tale dichiarazione, che è in qualche modo fuorviante, non costituisce un motivo per annullare la sentenza impugnata, poiché va letta congiuntamente ai punti 62 e 63 della stessa, che fanno chiaramente riferimento all’applicazione della presunzione controversa ai fatti del caso in esame.

42.      Le ricorrenti sostengono inoltre che il Tribunale, nell’ambito dell’esame sommario svolto, unicamente ad abundantiam, ai punti 70‑76 della sentenza impugnata ha commesso un errore nella propria valutazione in diritto e ha travisato gli elementi di prova contrari prodotti dalle ricorrenti. Date la solidità e la chiarezza di tali elementi di prova, un osservatore obiettivo ed imparziale rileverebbe che la GQ era indipendente dalla RQ.

43.      Le ricorrenti affermano che il Tribunale, al punto 71 della sentenza impugnata, ha palesemente travisato i fatti, omettendo di indicare che le attività della GQ erano state avviate prima dell’ingresso della RQ nel gruppo, che le attività della GQ non erano correlate a quella della RQ e che tra il 1993 e il 2004 la RQ aveva tentato più volte di vendere la GQ. A parere delle ricorrenti, tali elementi costituirebbero una prova evidente della mancanza di interesse della RQ nella GQ.

44.      Si deve ricordare che, al punto 71 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che tali affermazioni non fossero sufficienti per confutare la presunzione controversa, in quanto controllante e controllata esercitano spesso attività diverse e talora le controllanti vendono le proprie controllate. Ritengo che le ricorrenti, con tali asserzioni, non abbiano sufficientemente dimostrato un travisamento dei fatti, in quanto non hanno dimostrato gli errori di valutazione che, a loro parere, avrebbero condotto a tale travisamento. A mio avviso, le ricorrenti, pur facendo valere formalmente un motivo di diritto, sostanzialmente rimettono in discussione la valutazione dei fatti operata dal Tribunale. Inoltre, per quanto riguarda l’argomento secondo cui il Tribunale non avrebbe rilevato che le attività della GQ erano state avviate prima dell’ingresso della stessa nel gruppo della RQ, non vedo quale rilevanza giuridica o fattuale possa avere tale argomento, dato che la RQ ha acquisito l’intero capitale della GQ tra il 1989 e il 1993, mentre l’infrazione è stata commessa nel periodo compreso tra il 31 ottobre 1999 e il 30 giugno 2000, quindi molto tempo dopo che la GQ era divenuta una controllata al 100% della RQ.

45.      A parere delle ricorrenti, il fatto che al punto 72 della sentenza impugnata il Tribunale abbia fatto riferimento solo a due questioni dibattute durante due riunioni del consiglio di amministrazione della RQ su un periodo di otto anni, tra il 1998 e il 2005, dimostrerebbe in realtà l’assoluta mancanza di influenza e di intervento da parte della RQ nelle attività della GQ. Il Tribunale ha rilevato che dai verbali delle riunioni del consiglio di amministrazione della RQ tenutesi fra il 1998 e il 2000 emergono i risultati finanziari della GQ e una delibera relativa alla vendita della partecipazione della GQ nella Silquímica e alla vendita di beni immobili appartenenti alla GQ. Il Tribunale ha dichiarato in base a tale elemento che il consiglio di amministrazione della RQ svolge un ruolo significativo in vari aspetti della strategia della GQ ed esercita un’influenza determinante sul suo comportamento, respingendo così l’argomento dedotto delle ricorrenti in primo grado secondo cui i verbali delle riunioni del consiglio di amministrazione della RQ tenutesi fra il 1998 e il 2000 si riferiscono unicamente ai risultati finanziari della GQ (22).

46.      A mio parere, le ricorrenti nel presente procedimento tentano di sminuire l’importanza dei riferimenti contenuti nei verbali delle riunioni del consiglio di amministrazione della RQ tenutesi fra il 1998 e il 2000 alla vendita della partecipazione della GQ nella Silquímica e alla vendita di beni immobili appartenenti alla GQ. Poiché in primo grado le ricorrenti non hanno informato il Tribunale in merito ai riferimenti contenuti nei verbali in questione alla vendita della partecipazione della GQ nella Silquímica e alla vendita di beni immobili appartenenti alla GQ, e in assenza di qualsiasi prova che il Tribunale abbia travisato i fatti in questione o violato le norme sull’onere della prova, ritengo che l’argomento delle ricorrenti relativo al punto 72 della sentenza impugnata debba essere respinto. Le ricorrenti, sostanzialmente, rimettono in discussione la valutazione dei fatti operata dal Tribunale, che, in assenza di travisamento dei fatti, va al di là della competenza di cui dispone la Corte nell’ambito di un procedimento di impugnazione.

47.      Il Tribunale ha dichiarato, al punto 73 della sentenza impugnata, che il sig. [riservato] è stato sia presidente del consiglio di amministrazione della GQ fra il 1996 e il 2000 sia membro del consiglio di amministrazione della RQ fra il 1998 e il 1999. Le ricorrenti avevano sostenuto in primo grado che non sussisteva sovrapposizione fra i loro organi allo scopo di confutare la presunzione che la RYPF e la RQ esercitino un’influenza determinante sulla GQ. Le ricorrenti ammettono che esisteva di fatto tale sovrapposizione, ma affermano che essa riguardava una sola persona ed era quindi puramente marginale. Le ricorrenti affermano inoltre che la Commissione è venuta a conoscenza della sovrapposizione nel corso del procedimento amministrativo, ma non ha tenuto conto di tale circostanza nella comunicazione degli addebiti né nella decisione contestata in quanto elemento idoneo a dimostrare l’esistenza di un’unità economica tra la RQ e la GQ.

48.      A mio parere, le ricorrenti non hanno dimostrato che il Tribunale abbia travisato i fatti in questione o violato le norme in materia di onere della prova. Pertanto, gli argomenti delle ricorrenti relativi al punto 73 della sentenza impugnata devono essere respinti. Ritengo che per confutare la presunzione controversa, che si basa unicamente sulla detenzione del 100% del capitale di una società, sia irrilevante la circostanza che la Commissione non si sia basata su ulteriori elementi effettivamente idonei a confermare l’esistenza di un’unità economica.

49.      Le ricorrenti ritengono che, al punto 74 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia respinto erroneamente le prove prodotte per dimostrare che solo i dirigenti della GQ decidevano ed attuavano la politica commerciale della società e l’argomento secondo cui le informazioni fornite dalla GQ alla RQ riguardavano solo i risultati di bilancio e dei piani strategici o commerciali (23). Il Tribunale, al punto 74 della sentenza impugnata, ha considerato che tali argomenti non potevano essere accolti alla luce della giurisprudenza richiamata nella sentenza impugnata (24).

50.      A mio parere, il Tribunale, limitandosi a richiamare la giurisprudenza, ha omesso di esaminare, anche solo sommariamente, se le prove circostanziate prodotte dalle ricorrenti in primo grado fossero idonee a confutare la presunzione controversa. Infatti, dalla sentenza impugnata sembra emergere che il Tribunale si è basato unicamente sulla giurisprudenza citata per concludere che tali elementi di prova non erano atti a confutare detta presunzione. Ritengo che la giurisprudenza richiamata dal Tribunale nella sentenza impugnata non corrobori quanto da esso dichiarato al punto 74, in quanto tale giurisprudenza fa riferimento soltanto alla possibilità di imputare ad una controllante il comportamento della controllata nel caso in cui quest’ultima abbia sostanzialmente eseguito le istruzioni impartitele dalla controllante, tenuto conto in particolare dei vincoli economici e giuridici intercorrenti fra le due società. Detta giurisprudenza fa inoltre riferimento alla presunzione semplice e alla possibilità per la controllante di confutarla. La giurisprudenza citata non conferma quindi quanto dichiarato dal Tribunale secondo cui le prove prodotte dalle ricorrenti in primo grado non sono idonee a confutare la presunzione. Data l’assenza di altre valutazioni o di altri ragionamenti da parte del Tribunale in ordine alle prove specifiche e circostanziate prodotte dalle ricorrenti, ritengo che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto al punto 74 della sentenza impugnata. Il Tribunale non ha fornito alle ricorrenti un’adeguata possibilità di confutare la presunzione, diritto che è chiaramente garantito dalla giurisprudenza della Corte (25). Inoltre, nella sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, causa C‑97/08 P, la Corte, proponendo un approccio caso per caso, ha specificamente evitato di definire a priori in maniera restrittiva o esaustiva le prove che possono essere valutate per stabilire se una controllata determini autonomamente il proprio comportamento sul mercato. Nella suddetta sentenza la Corte ha dichiarato che devono essere presi in considerazione non solo il ruolo svolto dalla controllante, inter alia, nella definizione della politica dei prezzi e nelle attività di produzione e di distribuzione della controllata, ma altresì tutti gli elementi pertinenti relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici che legano tale controllata alla società controllante (26). Pertanto, anziché respingere aprioristicamente una determinata categoria di prove in quanto irrilevante al fine di confutare la presunzione controversa, o attribuire una particolare importanza ad un’altra categoria, la Corte, nella sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, causa C‑97/08 P, ha adottato un approccio globale relativamente agli elementi probatori diretti a confutare la presunzione. Ciò non significa che le prove prodotte per confutare la presunzione, una volta esaminate, possano risultare, di fatto, del tutto inadeguate a tal fine.

51.      Ne consegue che le conclusioni formulate dal Tribunale al punto 74 della sentenza impugnata devono essere respinte. Ai sensi dell’art. 61 dello Statuto della Corte di giustizia, quando l’impugnazione è accolta, la Corte di giustizia annulla la decisione del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo. Nella specie, sono dell’opinione che lo stato degli atti consenta di pronunciarsi in via definitiva. Pertanto, a mio parere, la Corte deve statuire definitivamente sulla controversia.

52.      Ritengo che gli elementi di prova prodotti dalle ricorrenti in primo grado e menzionati alla precedente nota 23 per confutare la presunzione controversa riguardino le competenze formali degli amministratori della GQ e la loro indipendenza nella gestione ordinaria di tale società. Le ricorrenti hanno inoltre affermato che alla RQ venivano comunicati solo i risultati finanziari, e non informazioni sulla politica commerciale della GQ. A mio avviso, l’argomento dedotto dalle ricorrenti in ordine alle informazioni finanziarie deve essere respinto, in quanto il Tribunale ha rilevato, al punto 72 della sentenza impugnata, che alla RQ venivano trasmesse ulteriori informazioni, diverse dai risultati finanziari della GQ. Inoltre, sebbene gli amministratori della GQ potessero effettivamente disporre di una notevole autonomia formale nella gestione ordinaria delle attività di tale impresa (27), e godessero effettivamente di un’ampia autonomia formale, il Tribunale ha constatato al punto 72 della sentenza impugnata che, in realtà, il consiglio di amministrazione della RQ svolge un ruolo rilevante in vari aspetti essenziali della strategia della GQ (28). Pertanto, dopo avere esaminato tali elementi, ritengo che le ricorrenti non abbiano confutato la presunzione controversa.

53.      Le ricorrenti affermano che il Tribunale, al punto 75 della sentenza impugnata, dichiarando che il consolidamento da parte delle RYPF dei bilanci del gruppo suffragava l’argomento della Commissione relativo all’esistenza di un’unità economica, è incorso in un errore di diritto nella qualificazione giuridica del rapporto tra la GQ e la Repsol Italia. Le ricorrenti sostengono di avere dimostrato che il rapporto di rappresentanza non esclusivo tra la GQ e la Repsol Italia costituiva una prova dell’autonomia commerciale della GQ.

54.      A mio parere, le ricorrenti non hanno dimostrato che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto o abbia travisato i fatti al punto 75 della sentenza impugnata respingendo l’argomento, da esse dedotto in primo grado, secondo cui il rapporto di rappresentanza non esclusivo tra la GQ e la Repsol Italia dimostrava che la GQ era autonoma sotto il profilo commerciale, in quanto palesava un conflitto di interessi tra la GQ e la sua controllante, dato che un aumento di prezzo imposto alla Repsol Italia, come a tutti gli altri distributori, era stato deciso unilateralmente dalla GQ senza l’intervento della RQ e della RYPF. Il Tribunale ha rilevato che il gruppo consolidava i bilanci, condividendo quindi la conclusione raggiunta dalla Commissione nella decisione contestata secondo cui un aumento di prezzo dei prodotti della GQ non costituisce la prova di un conflitto di interessi tra la GQ e le sue controllanti, dato che ogni aumento del fatturato della GQ risultante da un aumento di prezzo dei suoi prodotti determinerebbe anche un aumento del fatturato della RQ e della RYPF. Ritengo che le ricorrenti, in realtà, tentino di contestare la valutazione dei fatti operata dal Tribunale e che il loro argomento relativo al punto 75 della sentenza impugnata debba essere dichiarato irricevibile.

55.      Alla luce di tali elementi, ritengo che il primo motivo delle ricorrenti debba essere parzialmente accolto e respinto per il resto. Il ricorso di annullamento proposto dalle ricorrenti dinanzi al Tribunale deve, a mio parere, essere respinto.

B –    Sul secondo motivo

56.      Le ricorrenti sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto per avere automaticamente esteso alla società capogruppo la responsabilità per un’infrazione commessa da una controllata. Ciò sarebbe avvenuto attraverso un’errata estensione della presunzione controversa basata sulla capacità della controllante di esercitare un’influenza determinante sulla propria controllata. In tal modo, in primo luogo, nella specie il Tribunale ha considerato la RYPF responsabile unicamente in base al fatto che essa non ha dimostrato l’autonomia della società «intermedia» RQ, la quale a sua volta non ha dimostrato che la controllata GQ fosse effettivamente autonoma. In esito a tale ragionamento, la RYPF è stata considerata responsabile dell’incapacità della RQ di dimostrare la propria estraneità al comportamento della GQ. In secondo luogo, l’interpretazione del Tribunale farebbe sì che la responsabilità per le infrazioni commesse da una controllata venga sempre attribuita alla società capogruppo, senza tenere conto delle circostanze concrete del caso di specie e in particolare del numero di società interposte fra tale controllata e la società controllante in questione, della natura di tali società interposte e delle loro attività, nonché dei reali legami giuridici ed economici fra tali società.

57.      A questo proposito, le ricorrenti sostengono che le sentenze Michelin/Commissione (29) e Akzo Nobel/Commissione, causa T‑330/01 (30), non prevedono tale estensione automatica dell’esercizio di un’influenza determinante da parte della società capogruppo. La causa Michelin/Commissione riguardava la possibilità di tenere conto, a titolo di circostanza aggravante, di ripetute infrazioni di una controllante in relazione al comportamento di varie controllate. Nella causa Akzo Nobel/Commissione, T‑330/01, il Tribunale ha attribuito alla capogruppo l’infrazione commessa da una società affiliata unicamente in base al fatto che quest’ultima veniva controllata attraverso una holding pura, la cui unica funzione era detenere il capitale dell’affiliata. Le ricorrenti sostengono invece che nella specie la RYPF non è né la controllante della GQ, né la detentrice del suo capitale. Peraltro, la RYPF non approverebbe i bilanci annuali della GQ e non nominerebbe i membri del suo organo di amministrazione. Infine, né la natura della RQ né la sua attività consentirebbero di constatare che essa è semplicemente una società intermedia attraverso cui la RYPF esercita il controllo sulla GQ.

58.      La Commissione osserva che, conformemente alla sentenza Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione (31), l’esistenza di una catena di società attraverso le quali viene esercitato il controllo non incide in alcun modo sull’esame della questione se la controllante e la controllata costituiscano un’unità economica. Tale approccio sarebbe stato confermato, secondo la Commissione, dalle recenti sentenze del Tribunale Michelin/Commissione (32) e Akzo Nobel/Commissione, causa T‑330/01 (33). In quest’ultima sentenza il Tribunale ha respinto l’argomento della Akzo secondo cui la presunzione non era applicabile, poiché essa era una società holding che non svolgeva attività di produzione o di vendita e in considerazione della natura «remota» o «indiretta» del suo controllo. Inoltre, a parere della Commissione, l’avvocato generale Kokott, nelle sue conclusioni relative alla causa C‑97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione (34), avrebbe suggerito alla Corte di respingere l’impugnazione proposta contro la sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, causa T‑112/05 (35), un caso nel quale il controllo veniva esercitato indirettamente da una capogruppo attraverso società interposte. La Commissione ritiene inoltre che il secondo motivo sia inoperante, in quanto non sono stati contestati i titoli della sentenza impugnata che dimostrano come la RYPF costituisse un’unità economica con la GQ.

59.      Con il secondo motivo le ricorrenti hanno tentato di negare la responsabilità della RYPF per l’infrazione commessa dalla GQ nel caso di specie, soprattutto sottolineando il ruolo svolto della RQ rispetto alla GQ, quale il fatto che la RQ nomina i membri dell’organo amministrativo della GQ e approva i bilanci annuali di tale società.

60.      Secondo costante giurisprudenza, il diritto UE in materia di concorrenza riguarda le attività delle imprese e la nozione di impresa abbraccia qualsiasi soggetto che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico del soggetto stesso e dalle sue modalità di finanziamento. La Corte ha inoltre precisato che la nozione di impresa, nell’ambito di tale contesto, dev’essere intesa nel senso che essa si riferisce ad un’unità economica, anche qualora, sotto il profilo giuridico, tale unità economica sia costituita da più persone, fisiche o giuridiche. Qualora un ente di tal genere violi le regole della concorrenza, esso è tenuto, secondo il principio della responsabilità personale, a rispondere di tale infrazione. L’infrazione al diritto UE in materia di concorrenza deve essere imputata in maniera inequivocabile alla persona giuridica alla quale potranno essere inflitte ammende e la comunicazione degli addebiti dev’essere inviata a quest’ultima. È parimenti necessario che la comunicazione degli addebiti indichi in che qualità ad una persona giuridica vengano addebitati i fatti invocati (36).

61.      È evidente che, secondo costante giurisprudenza, una persona giuridica, quale una società, che non sia stata direttamente coinvolta in un’infrazione può tuttavia essere sanzionata, in determinate circostanze, per tale infrazione (37). Nella sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, causa C‑97/08 P, la Corte ha sottolineato che, qualora una società controllante e la sua controllata facciano parte di una stessa unità economica, la controllante può essere considerata responsabile per un’infrazione commessa dalla controllata, nonostante il fatto che la controllante non sia personalmente implicata nell’infrazione (38). Pertanto, accertare se società di un gruppo facciano parte di un’unica unità economica è fondamentale, inter alia, per quanto riguarda la questione dell’attribuzione della responsabilità per violazione delle regole di concorrenza (39). Tale questione è stata indubbiamente resa meno complessa ed onerosa per le autorità incaricate dell’applicazione delle norme in materia di concorrenza, quale la Commissione, dalla presunzione semplice che la controllante di una società controllata al 100% eserciti su quest’ultima un’influenza determinante e che esse formino quindi un’unica entità economica. Infatti, ritengo che la funzione della presunzione controversa, come spiegato dall’avvocato generale Kokott nelle conclusioni relative alla causa C‑97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione (40), sia agevolare l’efficace attuazione del diritto della concorrenza, promuovendo al contempo la certezza del diritto per effetto dell’automatismo della presunzione.

62.      Ritengo che una società controllante (la RYPF) che detiene il 100% del capitale di una controllata (la RQ), la quale detiene a sua volta il 100% del capitale di un’altra società (la GQ), sia indubbiamente in grado di esercitare un’influenza determinante su quest’ultima (la GQ) (41) e che debba quindi essere applicata la presunzione semplice secondo cui la controllante (la RYPF) esercita effettivamente tale influenza. Il numero di società interamente controllate interposte tra una capogruppo e la controllata che ha partecipato all’infrazione delle regole di concorrenza non deve ostare all’applicabilità di tale presunzione. Nei casi concernenti una «catena» di controllate al 100%, a mio parere, non possono sussistere dubbi in ordine alla capacità della capogruppo di esercitare un’influenza determinante su ciascuna delle controllate, e in particolare sulla controllata che ha partecipato all’infrazione. Qualora una società sia interamente detenuta da un’altra, ancorché indirettamente, occorre applicare la presunzione controversa, dato che, in tali circostanze, la struttura societaria, in linea di principio, non è decisiva.

63.      Pertanto, non vedo perché la presunzione controversa non dovrebbe essere applicabile nelle circostanze del caso di specie. Occorre sottolineare ancora una volta che la presunzione è confutabile. La capogruppo deve avere la possibilità di produrre prove idonee a confutare la presunzione che essa eserciti un’influenza determinante sul comportamento delle proprie controllate. Infatti, qualora la controllante capogruppo possa dimostrare che la controllata che ha commesso l’infrazione, o una delle controllate «interposte» tra la controllante e detta controllata, determina autonomamente il proprio comportamento sul mercato, ciò spezza la catena di responsabilità e la capogruppo non può essere considerata responsabile per la violazione delle regole di concorrenza.

64.      A mio parere, una diversa conclusione metterebbe a rischio la presunzione semplice e quindi la sua funzione di garantire l’efficace attuazione del diritto della concorrenza, in quanto la controllante potrebbe eludere, attraverso una ristrutturazione societaria, la responsabilità per le infrazioni cui le controllate hanno preso parte (42). Tale ristrutturazione societaria strategica potrebbe inoltre limitare indirettamente il potere della Commissione di irrogare ammende e quindi indebolire potenzialmente l’effetto deterrente delle ammende (43).

65.      Pertanto, ritengo che il secondo motivo delle ricorrenti debba essere respinto.

V –    Sulle spese

66.      A termini dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.

67.      A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento medesimo, applicabile al procedimento di impugnazione per effetto del successivo art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, a norma dell’art. 69, n. 3, primo comma, del regolamento stesso, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, la Corte può decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

68.       Nella specie, considerato che sia le ricorrenti sia la Commissione sono rimaste parzialmente soccombenti nell’ambito dell’impugnazione, appare opportuno decidere che ognuna delle parti sopporti le proprie spese inerenti al presente grado di giudizio.

69.      Per contro, considerato che la domanda di annullamento proposta dalle ricorrenti è stata respinta, dev’essere confermato il punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata nella parte concernente le spese relative al primo grado del giudizio.

VI – Conclusione

70.      Ritengo pertanto che la Corte debba:

–        annullare la sentenza del Tribunale di primo grado (Sesta Sezione) 18 dicembre 2008, causa T‑85/06, General Química e a./Commissione, nella parte in cui ha dichiarato la General Química responsabile in solido con la Repsol Química e la Repsol YPF per le infrazioni commesse dalla General Química;

–        respingere l’impugnazione quanto al resto;

–        respingere il ricorso della General Química, della Repsol Química e della Repsol YPF diretto all’annullamento della decisione della Commissione 21 dicembre 2005, 2006/902/CE, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE nei confronti di Flexsys NV, Bayer AG, Crompton Manufacturing Company Inc. (già Uniroyal Chemical Company Inc.), Crompton Europe Ltd, Chemtura Corporation (già Crompton Corporation), General Química SA, Repsol Química SA e Repsol YPF SA (Caso COMP/F/C.38.443 – Prodotti chimici a base di gomma);

–        ordinare che ognuna delle parti sopporti le proprie spese inerenti al presente grado di giudizio, mentre tutte le spese relative al giudizio di primo grado sono mantenute a carico della General Química, della Repsol Química e della Repsol YPF.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – I prodotti chimici a base di gomma sono prodotti chimici sintetici o organici che migliorano la produttività e la qualità nella fabbricazione della gomma. Il settore automobilistico è il principale utilizzatore di componenti in gomma, principalmente sotto forma di pneumatici. Gli antiozonanti e gli acceleratori sono i prodotti chimici a base di gomma più importanti in termini di valore di mercato e rappresentano circa l’85‑90% di tali prodotti.


3 – Relativo ad un errore di valutazione e ad un difetto di motivazione riguardo alla responsabilità in solido della GQ, della RQ e della RYPF.


4 – V. sentenza 14 luglio 1972, causa 48/69, Imperial Chemical Industries/Commissione (Racc. pag. 619, punti 133 e 134).


5 – V. sentenza 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG Telefunken/Commissione (Racc. pag. 3151, punto 50).


6 – E quindi seguendo una propria recente giurisprudenza che reinterpreta la sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C‑286/98 P, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione (Racc. pag. I‑9925), quali le sentenze 12 dicembre 2007, causa T‑112/05, Akzo Nobel e a./Commissione (Racc. pag. II‑5049, punti 60 e 61), e 8 ottobre 2008, causa T‑69/04, Schunk e Schunk Kohlenstoff‑Technik/Commissione (Racc. pag. II‑2567, punto 57).


7 –      V. sentenze 15 settembre 2005, causa T‑325/01, DaimlerChrysler/Commissione (Racc. pag. II‑3319, punto 218), e 26 aprile 2007, cause riunite T‑109/02, T‑118/02, T‑122/02, T‑125/02, T‑126/02, T‑128/02, T‑129/02, T‑132/02 e T‑136/02, Bolloré e a./Commissione (Racc. pag. II‑947, punto 132).


8 – Citata alla nota 5.


9 – Citata alla nota 6.


10 – Sentenza 10 settembre 2009, Racc.  pag. I–8237.


11 – V. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, causa C‑97/08 P (citata alla nota 10, punti 58 e 59 e giurisprudenza ivi richiamata). Il velo della struttura societaria viene infatti sollevato per svelare l’entità economica o l’impresa responsabile dell’infrazione.


12 – V. punto 60 di detta sentenza (citata alla nota 10). A mio parere, la presunzione controversa ha il merito di essere chiara e di facilitare quindi la certezza del diritto. V., in proposito, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa C‑97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione (paragrafo 71). Le controllanti vengono dunque informate delle loro eventuali responsabilità, in determinate circostanze, per le azioni delle controllate e possono quindi adottare le misure necessarie, che hanno il potere di adottare in virtù del fatto che detengono il 100% del capitale di tali controllate, per garantire che esse rispettino le norme in materia di concorrenza.


13 – V. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, causa C‑97/08 P, punto 61 (citata alla nota 10). Ritengo che, qualora sussista tale presunzione, l’onere della prova incomba effettivamente alla società controllante, se essa intende confutare detta presunzione, e che essa abbia l’onere di produrre elementi di prova idonei a dimostrare che la propria controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato. Rilevo che non mi risultano casi dinanzi alla Corte o al Tribunale in cui detta presunzione sia stata effettivamente confutata.


14 – V. punto 62 della sentenza impugnata.


15 – V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa C‑97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione (citata alla nota 10), paragrafi 90 e 91).


16 – V., in particolare, art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1), come modificata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 (GU C 303, pag. 1), intitolato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», e art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), intitolato «Diritto ad un processo equo». A tal riguardo, si può ravvisare un’analogia con la giurisprudenza nel settore degli appalti pubblici, in cui la Corte ha considerato contrarie al diritto UE le disposizioni di diritto nazionale che escludono automaticamente taluni partecipanti dagli appalti pubblici. V. sentenze 3 marzo 2005, cause riunite C‑21/03 e C‑34/03, Fabricom (Racc. pag. I‑1559, punti 33 e 35); 16 dicembre 2008, causa C‑213/07, Michaniki (Racc. pag. I‑9999, punti 63‑69); 19 maggio 2009, causa C‑538/07, Assitur (Racc. pag. I‑4219, punti 29‑33), e 23 dicembre 2009, causa C‑376/08, Serrantoni e Consorzio stabile edili (Racc. pag. I‑12169, punti 40‑46).


17 – V. punto 74 (causa citata alla nota 10). Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti con gli argomenti menzionati al paragrafo 27 supra, il Tribunale e la Corte non sono tenuti ad indicare in astratto quale tipo di prova debba essere prodotto per confutare la presunzione.


18 – Secondo una giurisprudenza costante, la Corte non è competente ad accertare i fatti né, salvo eccezioni, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti. Una volta che le prove sono state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto e le norme di procedura in materia di onere e di produzione della prova sono stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Questa valutazione non costituisce pertanto una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte, salvo il caso di snaturamento di questi elementi. Il ricorrente che faccia valere uno snaturamento di elementi di prova da parte del Tribunale deve indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati da quest’ultimo e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato il Tribunale a tale snaturamento. Quest’ultimo sussiste quando, senza che occorra assumere nuove prove, la valutazione dei mezzi di prova disponibili risulta, in modo evidente, inesatta. V., in tal senso, sentenza 17 giugno 2010, causa C‑413/08 P, Lafarge/Commissione (Racc. pag. I-5361, punti 15‑17 e giurisprudenza ivi citata).


19 – V. punti 58‑63 della sentenza impugnata.


20 – V. punti 72‑74 della sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, causa C‑97/08 P (citata alla nota 10).


21 – V., per analogia, sentenze Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, citata alla nota 6 (punto 29), e Akzo Nobel e a./Commissione, causa C‑97/08 P, citata alla nota 10 (punto 50).


22 – La GQ si era basata sul mero riferimento ai propri risultati finanziari indicati nei verbali in questione per dimostrare che i suoi dirigenti adottano ed applicano i propri piani strategici e commerciali e si limitano a fornire informazioni generiche alla RQ. Il Tribunale, basandosi sulle prove fornite dalla Commissione nella controreplica in primo grado, relative ai riferimenti, nei verbali in questione, alla vendita della partecipazione della GQ nella Silquímica e alla vendita di beni immobili appartenenti alla GQ, ha quindi considerato che le prove fornite dalla Commissione suffragavano quanto da essa dichiarato nella comunicazione degli addebiti in ordine all’esercizio di un’influenza determinante.


23 – Le ricorrenti hanno sostenuto in primo grado di avere prodotto, nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti della Commissione, prove circostanziate idonee a dimostrare che i dirigenti della GQ agivano formalmente e sostanzialmente come amministratori di tale società e ne decidevano autonomamente la politica commerciale. Tali argomenti sono stati dedotti per confutare la presunzione controversa. A tal riguardo, le ricorrenti, nella risposta alla comunicazione degli addebiti della Commissione, hanno fatto riferimento a taluni contratti conclusi e firmati dagli amministratori della GQ o dai dirigenti della GQ per la fornitura di materie prime, l’immagazzinamento di prodotti, la cooperazione e l’assistenza tecnica per la fabbricazione di prodotti nonché accordi collettivi tra i dipendenti e la direzione aziendale. Inoltre, in primo grado le ricorrenti hanno affermato, per confutare la presunzione controversa, che gli amministratori della GQ redigevano il bilancio annuale della società e si limitavano a fornire alla RQ informazioni generiche sulle loro attività.


24 – A tal riguardo, rilevo che il Tribunale, al punto 74 della sentenza impugnata, si limita a richiamare la giurisprudenza citata in precedenza. Pertanto, ad abundantiam, esaminerò tutte le sentenze richiamate dal Tribunale nei punti precedenti della sentenza impugnata, vale a dire le sentenze AEG Telefunken/Commissione, citata alla nota 5 (punto 49); Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, citata alla nota 6 (punto 26); 27 settembre 2006, causa T‑314/01, Avebe/Commissione (Racc. pag. II‑3085, punto 136); 15 giugno 2005 (Seconda Sezione), cause riunite T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, Tokai Carbon e a./Commissione (punto 59); 30 settembre 2003, causa T‑203/01, Michelin/Commissione (Racc. pag. II‑4071, punto 290), e 16 novembre 2000, causa C‑294/98 P, Metsä‑Serla Oyj e a./Commissione (Racc. pag. I‑10065, punto 28).


25 – V. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, causa C‑97/08 P, citata alla nota 10 (punti 63‑65).


26 – V. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, causa C‑97/08 P, citata alla nota 10 (punto 74).


27 – A mio parere, tale prova non è determinante di per sé, in quanto può essere idonea o meno, a seconda delle circostanze del caso di specie, a confutare la presunzione controversa. Come rilevato dall’avvocato generale Kokott nelle conclusioni relative alla causa C‑97/08, Akzo Nobel e a./Commissione (citata alla nota 10, paragrafi 89 e 90), sebbene istruzioni, direttive o prerogative codecisorie impartite o esercitate in concreto in materia di fissazione dei prezzi, di attività produttive o distributive o di analoghi aspetti decisivi per il comportamento sul mercato costituiscano un indizio particolarmente evidente dell’esistenza di un’influenza determinante della società madre sulla politica commerciale della propria controllata, la loro assenza, tuttavia, non impone alcuna conclusione in merito ad un’eventuale autonomia della controllata.


28 – Tali elementi risultano rilevanti alla luce di quanto dichiarato dalla Corte al punto 74 della sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, causa C‑97/08 P (citata alla nota 10), in quanto tutti gli elementi pertinenti relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici che legano la controllata alla società controllante sono rilevanti per stabilire se una controllata determini in maniera autonoma il proprio comportamento sul mercato.


29 – Citata alla nota 24.


30 – Sentenza 27 settembre 2006 (Racc. pag. II‑3389).


31 – Citata alla nota 6.


32 – Citata alla nota 24.


33 – Citata alla nota 30.


34 – Citata alla nota 10.


35 – Citata alla nota 6.


36 – V. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, causa C‑97/08 P, citata alla nota 10 (punti 54‑57).


37 – V. sentenza AEG Telefunken/Commissione, citata alla nota 5 (punto 49). V. anche, per analogia, sentenza 11 dicembre 2007, causa C‑280/06, ETI e a. (Racc. pag. I‑10893, punti 40 e segg.).


38 – V. punto 59.


39 – Inoltre, conformemente all’art. 23, n. 2, lett. a), del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1) la Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese quando, intenzionalmente o per negligenza, commettono un’infrazione alle disposizioni dell’art. 101 TFUE o dell’art. 102 TFUE. Per ciascuna impresa partecipante all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente. Pertanto, l’individuazione dell’impresa può presentare un nesso con il livello dell’ammenda. Peraltro, le ammende inflitte alle imprese possono essere aumentate ai sensi dell’art. 23, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1/2003 qualora sussistano circostanze aggravanti, come nel caso in cui l’impresa commetta un’infrazione identica o analoga dopo che la Commissione o un’autorità nazionale per la concorrenza ne ha dichiarato la responsabilità per un’infrazione all’art. 101 TFUE o all’art. 102 TFUE. V. sentenza 8 febbraio 2007, causa C‑3/06 P Groupe Danone/Commissione (Racc. pag. I‑1331). V. anche punto 28 degli Orientamenti della Commissione per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006 C 210, pag. 2). L’ammenda inflitta ad un’impresa può, in determinate circostanze, essere fortemente aumentata in ragione di una precedente infrazione alle norme in materia di concorrenza commessa da una controllata di un gruppo.


40 – Citata alla nota 10.


41 – E la RQ.


42 – Benché in certi casi sia possibile individuare e quindi smentire con relativa facilità accordi simulati volti ad evitare l’applicazione della presunzione, ritengo che nella grande maggioranza dei casi tale possibilità non sussista, soprattutto quando una controllata al 100% sia più di una società holding e vengano quindi meno la presunzione e i relativi vantaggi.


43 – La finalità deterrente delle ammende irrogate per violazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza e l’esigenza di garantire che tale obiettivo non venga messo a rischio dalla ristrutturazione delle imprese sono state recentemente sottolineate dalla Corte nelle sentenze ETI e a., citata alla nota 37; 7 giugno 2007, causa C‑76/06 P, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione (Racc. pag. I‑4405, punti 22‑29), e 18 dicembre 2008, cause riunite C‑101/07 P e C‑110/07 P, Coop de France bétail et viande e a./Commissione (Racc. pag. I‑10193, punti 96‑98).