Causa T‑148/08

Beifa Group Co. Ltd

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI)

«Disegno o modello comunitario — Procedimento di dichiarazione di nullità — Disegno o modello comunitario registrato raffigurante uno strumento di scrittura — Marchio nazionale figurativo anteriore — Causa di nullità — Uso nel disegno o modello comunitario di un segno anteriore di cui il titolare ha il diritto di vietare l’uso — Art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 — Richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore presentata per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso»

Massime della sentenza

1.      Disegni e modelli comunitari — Procedimento di ricorso — Ricorso dinanzi al giudice comunitario — Competenza del Tribunale — Rinvio dinanzi ad un organo inferiore dell’UAMI

(Regolamento del Consiglio n. 6/2002, artt. 60, n. 1, e 61, nn. 3 e 6)

2.      Disegni e modelli comunitari — Cause di nullità — Uso di un segno distintivo in un disegno o modello successivo — Uso di un segno che presenta una somiglianza con il segno distintivo — Inclusione

[Regolamento del Consiglio n. 6/2002, art. 25, n. 1, lett. e)]

3.      Disegni e modelli comunitari — Cause di nullità — Uso di un segno distintivo in un disegno o modello successivo — Prova dell’uso del segno distintivo

[Regolamento del Consiglio n. 6/2002, art. 25, n. 1, lett. e)]

4.      Disegni e modelli comunitari — Cause di nullità — Uso di un segno distintivo in un disegno o modello successivo — Prova dell’uso del segno distintivo

[Regolamento del Consiglio n. 6/2002, art. 25, n. 1, lett. e)]

5.      Disegni e modelli comunitari — Cause di nullità — Uso di un segno distintivo in un disegno o modello successivo — Percezione da parte del pubblico del disegno o modello come segno distintivo — Assenza di analisi separata

[Regolamento del Consiglio n. 6/2002, art. 25, n. 1, lett. e)]

6.      Disegni e modelli comunitari — Cause di nullità — Uso di un segno distintivo in un disegno o modello successivo — Raffronto tra il disegno o modello controverso e il segno distintivo — Segno tridimensionale

[Regolamento del Consiglio n. 6/2002, art. 25, n. 1, lett. e)]

7.      Procedura — Obbligo per il giudice di rispettare l’ambito della controversia definito dalle parti — Obbligo per il giudice di pronunciarsi fondandosi unicamente sugli argomenti dedotti dalle parti — Insussistenza

1.      A termini dell’art. 61, n. 3, del regolamento n. 6/2002, sui disegni e modelli comunitari, il Tribunale è competente sia ad annullare che a riformare la decisione dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli). Inoltre, ai sensi dell’art. 61, n. 6, dello stesso regolamento, l’UAMI è tenuto ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza del Tribunale. Da quest’ultima disposizione discende che non spetta al Tribunale emettere provvedimenti ingiuntivi nei confronti dell’UAMI, il quale ha, infatti, l’obbligo di trarre le conseguenze dal dispositivo e dalla motivazione della sentenza del Tribunale.

In forza dell’art. 60, n. 1, del regolamento, la commissione di ricorso, investita di un ricorso avverso una decisione di un organo inferiore dell’UAMI, in seguito all’esame del merito può rinviare la causa a tale organo per nuova decisione.

Dalle suddette disposizioni e considerazioni risulta che un capo di conclusioni diretto ad ottenere che il Tribunale, investito di un ricorso avverso una decisione di una commissione di ricorso dell’UAMI, rimetta gli atti della causa all’organo inferiore, la cui decisione è stata oggetto di ricorso dinanzi alla commissione di ricorso, non è irricevibile.

Infatti, se dovesse accogliere un simile capo di conclusioni, il Tribunale non condannerebbe l’Ufficio ad un qualche obbligo di fare o non fare e, quindi, non emetterebbe nei suoi confronti un provvedimento ingiuntivo. Un tale capo di conclusioni è diretto piuttosto ad ottenere che lo stesso Tribunale adotti una decisione che avrebbe dovuto o avrebbe potuto prendere la commissione di ricorso e, dunque, all’esercizio da parte del Tribunale del proprio potere di riforma della decisione della commissione di ricorso impugnata dinanzi ad esso.

(v. punti 40-43)

2.      L’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002, sui disegni o modelli comunitari, deve essere interpretato nel senso che esso può essere invocato dal titolare di un segno distintivo per chiedere la dichiarazione di nullità di un disegno o modello comunitario successivo, qualora, in tale disegno o modello, sia utilizzato un segno che presenti una somiglianza con il suo.

In primo luogo, la causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. e), del suddetto regolamento non implica necessariamente la riproduzione integrale e dettagliata di un segno distintivo anteriore in un disegno o modello comunitario successivo. Infatti, anche qualora taluni elementi del segno in questione non fossero presenti nel disegno o modello comunitario contestato o vi fossero stati aggiunti altri elementi, si potrebbe trattare di un «uso» di detto segno, in particolare quando gli elementi omessi o aggiunti sono d’importanza secondaria. Ne consegue che un’interpretazione letterale dell’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento non esclude necessariamente la sua applicabilità nel caso in cui, in un disegno o modello comunitario successivo, sia utilizzato non un segno identico a quello invocato a sostegno della domanda di dichiarazione di nullità, ma un segno simile.

In secondo luogo, tale interpretazione dell’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento è la sola in grado di assicurare, da un lato, una tutela efficace dei diritti del titolare di un marchio anteriore, comunitario o registrato in uno Stato membro, contro qualsivoglia pregiudizio a tale marchio per effetto della sua utilizzazione in un disegno o modello comunitario successivo e, dall’altro, la coerenza tra le disposizioni pertinenti del predetto regolamento e quelle della prima direttiva 89/104 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d’impresa o dei regolamenti nn. 40/94 e 207/2009 sul marchio comunitario.

(v. punti 50, 52-53, 59)

3.      L’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002, sui disegni e modelli comunitari stabilisce, in particolare, che il diritto comunitario o la normativa dello Stato membro cui è soggetto il segno anteriore invocato a sostegno di una domanda di dichiarazione di nullità fondata su tale disposizione conferiscono al titolare del segno il diritto di vietare l’uso del suo segno in un disegno o modello successivo. Quando il diritto comunitario o la normativa dello Stato membro di cui trattasi prevedano che il titolare di un marchio anteriore non possa far valere, nei confronti dei terzi, i suoi diritti derivanti da tale marchio se, nel corso dei cinque anni che precedono l’invocazione di tali diritti, il marchio non è stato usato per i prodotti o i servizi su cui il titolare si fonda per far valere i propri diritti, deve essere fornita la prova di un simile uso.

(v. punti 63-65)

4.      In mancanza di una disposizione specifica nel regolamento n. 6/2002, sui disegni e modelli comunitari, relativa alle modalità di presentazione di una richiesta di prova dell’uso effettivo del segno anteriore da parte del titolare di un disegno o modello comunitario messo in discussione da una domanda di dichiarazione di nullità fondata su tale segno, occorre ritenere che detta domanda debba essere proposta espressamente ed in tempo utile dinanzi all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli). In linea di principio, essa dev’essere presentata nel termine assegnato dalla divisione di annullamento al titolare del disegno o modello comunitario messo in discussione da una domanda di dichiarazione di nullità affinché questi possa presentare le proprie osservazioni in risposta a tale domanda.

Per contro, una richiesta di prova dell’uso effettivo del segno anteriore invocato a sostegno di una domanda di dichiarazione di nullità di un disegno o modello comunitario non può essere presentata per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso. Non è ammissibile che la commissione di ricorso possa essere chiamata a pronunciarsi su una causa diversa rispetto a quella sottoposta alla divisione di annullamento, vale a dire una causa la cui portata sia stata estesa mediante l’aggiunta della questione preliminare dell’uso effettivo del segno anteriore invocato a sostegno della domanda di dichiarazione di nullità.

(v. punti 67-68, 71)

5.      Una domanda di dichiarazione di nullità di un disegno o modello comunitario, fondata sulla causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 sui disegni e modelli comunitari, può essere accolta solo qualora si concluda che il pubblico di riferimento riterrà che, nel disegno o modello comunitario oggetto di tale domanda, sia utilizzato il segno distintivo invocato a sostegno della domanda di dichiarazione di nullità. Nell’ipotesi in cui si giunga alla conclusione che il pubblico di riferimento non percepisca che, nel disegno o modello comunitario oggetto della domanda di dichiarazione di nullità, sia utilizzato il segno distintivo invocato a sostegno di tale domanda, si può evidentemente escludere qualsiasi rischio di confusione. Per contro, non è necessario analizzare separatamente la questione se il pubblico di riferimento percepirà il disegno o modello comunitario oggetto della domanda di dichiarazione di nullità come costituente un segno distintivo.

(v. punti 105-107)

6.      L’esame della causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 sui disegni e modelli comunitari deve fondarsi sulla percezione che il pubblico di riferimento ha del segno distintivo invocato a sostegno di tale causa, nonché sull’impressione complessiva che tale segno produce su tale pubblico.

Orbene, un marchio tridimensionale non viene necessariamente percepito dal pubblico di riferimento nello stesso modo di un marchio figurativo. Nel primo caso detto pubblico percepisce un oggetto tangibile, che esso può esaminare sotto diversi profili, mentre, nel secondo, il pubblico vede unicamente un’immagine.

Anche se non può escludersi che, nell’ipotesi dell’esistenza di una somiglianza tra due oggetti tridimensionali, il raffronto tra uno di questi oggetti e un’immagine dell’altro possa parimenti condurre alla constatazione dell’esistenza di una somiglianza, resta tuttavia il fatto che l’esame della causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. e), di detto regolamento implica un raffronto tra il disegno o modello comunitario contestato e il segno distintivo invocato a sostegno di tale causa.

Viceversa, una somiglianza tra il disegno o modello contestato e il segno invocato a sostegno della domanda di dichiarazione di nullità non può semplicemente presumersi per il solo fatto che detto disegno o modello presenti una somiglianza con un altro segno, quand’anche quest’ultimo segno presentasse una somiglianza con il segno invocato a sostegno della domanda di dichiarazione di nullità.

(v. punti 120-123)

7.      Pur dovendo limitarsi a statuire sulla domanda delle parti, cui spetta delimitare l’ambito della lite, il giudice non può essere vincolato ai soli argomenti invocati dalle parti a sostegno delle loro pretese, salvo vedersi costretto, eventualmente, a basare la propria decisione su considerazioni giuridiche erronee.

(v. punto 130)







SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

12 maggio 2010 (*)

«Disegno o modello comunitario – Procedimento di dichiarazione di nullità – Disegno o modello comunitario registrato raffigurante uno strumento di scrittura – Marchio nazionale figurativo anteriore – Causa di nullità – Uso nel disegno o modello comunitario di un segno anteriore di cui il titolare ha il diritto di vietare l’uso – Art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 – Richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore presentata per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso»

Nella causa T‑148/08,

Beifa Group Co. Ltd, con sede in Ningbo, Zhejiang (Cina), rappresentata dai sigg. R. Davis, barrister, e N. Cordell, solicitor,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. A. Folliard‑Monguiral, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Schwan-Stabilo Schwanhaüßer GmbH & Co. KG, con sede in Heroldsberg (Germania), rappresentata dagli avv.ti U. Blumenröder e H. Gauß,

avente ad oggetto il ricorso presentato avverso la decisione della terza Commissione di ricorso dell’UAMI 31 gennaio 2008 (procedimento R 1352/2006‑3), relativa ad un procedimento di dichiarazione di nullità di un disegno o modello comunitario tra la Schwan-Stabilo Schwanhäuser GmbH & Co. KG e la Ningo Beifa Group Co., Ltd,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto dai sigg. M. Vilaras (relatore), presidente, M. Prek e V. M. Ciucă, giudici,

cancelliere: sig. N. Rosner, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 aprile 2008,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 settembre 2008,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 settembre 2008,

in seguito all’udienza del 18 novembre 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Regolamento (CE) n. 6/2002

1        Il regolamento (CE) del Consiglio 12 dicembre 2001, n. 6/2002, su disegni e modelli comunitari (GU 2002, L 3, pag. 1), come modificato, all’art. 1 enuncia che:

«1. Sono di seguito denominati “disegni e modelli comunitari” i disegni e modelli che soddisfano le condizioni contemplate dal presente regolamento.

2. Un disegno o modello comunitario è protetto:

(…)

b)      come “disegno o modello comunitario registrato”, se è registrato secondo le modalità disposte dal presente regolamento;

(...)».

2        L’art. 3 del regolamento n. 6/2002 dispone quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento s’intende per: 

a)       “disegno o modello”: l’aspetto di un prodotto o di una sua parte quale risulta in particolare dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale e/o dei materiali del prodotto stesso e/o del suo ornamento; 

(...)».

3        L’art. 10, n. 1, del regolamento n. 6/2002 dispone quanto segue:

«La protezione conferita da un disegno o modello comunitario si estende a qualsiasi disegno o modello che non produca nell’utilizzatore informato un’impressione generale diversa».

4        L’art. 19, n. 1, del regolamento n. 6/2002 così recita:

«Il disegno o modello comunitario registrato conferisce al titolare il diritto esclusivo di utilizzare il disegno o il modello e di vietarne l’utilizzo a terzi senza il suo consenso. Sono in particolare atti di utilizzazione ai sensi della presente disposizione la fabbricazione, l’offerta, la commercializzazione, l’importazione, l’esportazione o l’impiego di un prodotto in cui il disegno o modello è [incorporato] o cui è applicato, ovvero la detenzione di siffatto prodotto per i fini suddetti».

5        Gli artt. 24 e 25 del regolamento n. 6/2002 prevedono che:

«Articolo 24

Dichiarazione di nullità

1.      Un disegno o modello comunitario registrato è dichiarato nullo in seguito ad una domanda rivolta all’[UAMI] conformemente alla procedura di cui ai titoli VI e VII (...)

Articolo 25

Cause di nullità

1. Il disegno o modello comunitario può essere dichiarato nullo solo nei seguenti casi:

(...)

e)      se in un disegno o modello successivo è utilizzato un segno distintivo, e il diritto comunitario o la legislazione dello Stato membro interessato cui è soggetto il segno distintivo conferiscono al suo titolare il diritto di vietarne l’uso;

(...)

3. I motivi di cui al paragrafo 1, [lett.] d), e) e f) possono essere invocati esclusivamente dal richiedente o dal titolare del diritto anteriore.

(...)».

6        Il capo IV del regolamento n. 6/2002 (artt. 35-44) è intitolato «Domanda di registrazione di un disegno o modello comunitario». In particolare, l’art. 36, n. 2, di tale regolamento prevede che la domanda di registrazione di un disegno o modello comunitario «cont[enga] inoltre un’indicazione dei prodotti nei quali il disegno o modello è destinato ad essere incorporato o ai quali è destinato ad essere applicato». Inoltre, in forza degli artt. 41-44 del regolamento n. 6/2002, colui che richiede un disegno o modello comunitario registrato gode, in presenza di determinate condizioni, di un diritto di priorità, in forza del quale, ai sensi dell’art. 43 dello stesso regolamento, la data di priorità è considerata data di deposito della domanda di registrazione di un disegno o modello comunitario.

7        Al capo VI del regolamento n. 6/2002, intitolato «Rinuncia e nullità del disegno o modello comunitario registrato», l’art. 52, n. 1, del regolamento prevede che, «[f]atto salvo l’articolo 25, paragrafi 2, 3, 4 e 5, qualsiasi persona fisica o giuridica, così come un’autorità pubblica a tal fine abilitata, può presentare all’[UAMI] una domanda di nullità del disegno o modello comunitario registrato».

8        Il capo VII del regolamento n. 6/2002, intitolato «Ricorsi», agli artt. 55-60 di tale regolamento disciplina il procedimento di ricorso dinanzi alla commissione di ricorso. Il testo di queste disposizioni è identico o analogo a quello degli artt. 57-62 del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) del Consiglio 26 febbraio 2009, n. 207, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1), i cui artt. 58-64 corrispondono agli artt. 57‑62 del regolamento n. 40/94].

9        Inoltre, al capo VII del regolamento n. 6/2002, l’art. 61 di tale regolamento dispone quanto segue:

«1. Contro le decisioni della commissione di ricorso può essere proposto ricorso dinanzi alla Corte di giustizia.

2. Il ricorso può essere proposto per incompetenza, inosservanza di norme processuali essenziali, violazione del Trattato, del presente regolamento e di qualsiasi norma giuridica relativa alla loro applicazione, o per sviamento di potere.

3. La Corte di giustizia è competente sia ad annullare che a riformare le decisioni impugnate.

4. Il ricorso può essere proposto da una qualsiasi delle parti nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, se nella sua decisione questa non ne ha accolto le richieste.

5. Il ricorso va inoltrato alla Corte di giustizia entro due mesi dalla data di notifica della decisione della commissione di ricorso.

6. L’[UAMI] è tenuto a prendere i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza della Corte di giustizia».

 Prima direttiva 89/104/CEE

10      L’art. 4, n. 4, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1) [abrogata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 ottobre 2008, 2008/95/CE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 299, pag. 25)], dispone quanto segue:

«Ciascuno Stato membro può (...) disporre che un marchio di impresa sia escluso dalla registrazione o, se registrato, possa essere dichiarato nullo se e nella misura in cui:

(...)

c)      sia possibile vietare l’uso del marchio di impresa in base a un diritto anteriore diverso dai diritti di cui al paragrafo 2 e al (...) presente paragrafo [, lett. b)], in particolare in base a:

(...)

iv)      un diritto di proprietà industriale (…)».

11      L’art. 5, nn. 1 e 2, della prima direttiva 89/104 dispone quanto segue:

«1. Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a)      un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui è stato registrato;

b)      un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza col marchio di impresa e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il marchio di impresa.

2. Uno Stato membro può inoltre prevedere che il titolare abbia il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio un segno identico o simile al marchio di impresa per i prodotti o servizi che non sono simili a quelli per cui esso è stato registrato, se il marchio di impresa gode di notorietà nello Stato membro e se l’uso immotivato del segno consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio di impresa o reca pregiudizio agli stessi».

12      Gli artt. 10-12 della prima direttiva 89/104 sono così redatti:

«Aricolo 10

Uso del marchio di impresa

1. Se, entro cinque anni dalla data in cui si è chiusa la procedura di registrazione, il marchio di impresa non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio di impresa è sottoposto alle sanzioni previste nella presente direttiva, salvo motivo legittimo per il mancato uso.

2. Ai sensi del paragrafo 1 sono inoltre considerat[i] come uso:

a)      l’uso del marchio di impresa in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio di impresa nella forma in cui esso è stato registrato;

b)      l’apposizione del marchio di impresa sui prodotti o sul loro condizionamento nello Stato membro interessato solo ai fini dell’esportazione. 

3. Si considera come uso del marchio di impresa da parte del titolare l’uso del marchio di impresa col consenso del titolare o l’uso del marchio di impresa da parte di una qualsiasi persona abilitata ad utilizzare un marchio collettivo o un marchio di garanzia o certificazione.

(...)

Articolo 11

Sanzioni per il mancato uso di un marchio d’impresa, nelle procedure giudiziarie o amministrative

(...)

3.      Senza pregiudizio dell’applicazione dell’articolo 12, in caso di domanda riconvenzionale che abbia per oggetto la decadenza, uno Stato membro può prevedere che un marchio di impresa non possa essere invocato fondatamente in una procedura per contraffazione, se si è stabilita, dietro eccezione, la dichiarabilità della decadenza del marchio di impresa in virtù dell’articolo 12, paragrafo 1.

4. Se il marchio di impresa anteriore è stato usato soltanto per una parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, si considera, ai fini dell’applicazione dei paragrafi 1, 2 e 3[,] come registrato soltanto per quella parte di prodotti e servizi.

Articolo 12

Motivi di decadenza

1. Il marchio di impresa è suscettibile di decadenza se entro un periodo ininterrotto di cinque anni esso non ha formato oggetto di uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato e se non sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso (...)».

 Markengesetz 

13      Il Gesetz über den Schutz von Marken und sonstigen Kennzeichen (legge tedesca sulla protezione dei marchi e altri segni distintivi) 25 ottobre 1994 (BGBl. I, 1994, pag. 3082; in prosieguo: il «Markengesetz»), come modificato, all’art. 13, n. 2, punto 6, prevede che un marchio registrato possa essere dichiarato nullo qualora sia possibile vietarne l’uso in base, tra l’altro, ad un diritto di proprietà industriale anteriore. A termini dell’art. 51, n. 1, del Markengesetz, la nullità è dichiarata su ricorso del titolare del diritto anteriore.

14      L’art. 14, n. 2, del Markengesetz dispone quanto segue:

«Salvo il consenso del titolare del marchio, è vietato ai terzi usare nel commercio:

1. un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato,

2. un segno che, a motivo della sua identità o somiglianza col marchio di impresa e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il marchio di impresa, o

3. un segno identico o simile al marchio per prodotti o servizi che non sono simili a quelli per cui il marchio è stato registrato, se questo gode di notorietà nel paese e l’uso immotivato del segno consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o reca pregiudizio agli stessi».

15      L’art. 25, n. 1, del Markengesetz così recita:

«Il titolare di un marchio registrato non può far valere, nei confronti dei terzi, diritti ai sensi degli artt. 14, 18 [e] 19 se, nel corso dei cinque anni precedenti, il marchio non è stato usato, conformemente all’art. 26, per i prodotti o i servizi sui quali questi si fonda per far valere i propri diritti, purché a quella data siano trascorsi almeno cinque anni dalla registrazione del marchio».

16      Ai termini dell’art. 25, n. 2, del Markengesetz, se i diritti del titolare di un marchio derivanti, in particolare, dall’art. 14 del Markengesetz sono fatti valere nell’ambito di un ricorso, il ricorrente deve, su richiesta del convenuto, fornire la prova dell’uso effettivo del proprio marchio.

17      L’art. 26 del Markengesetz, relativo all’uso del marchio, traspone nel diritto tedesco le disposizioni degli artt. 10-12 della prima direttiva 89/104.

 Regolamento n. 40/94

18      L’art. 9, n. 1, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 9, n. 1, del regolamento n. 207/2009) dispone quanto segue:

«Aricolo 9

Diritti conferiti dal marchio comunitario

1. Il marchio comunitario conferisce al suo titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a)      un segno identico al marchio comunitario per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b)      un segno che a motivo della sua identità o somiglianza col marchio comunitario e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio comunitario e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione tra il segno e il marchio;

(...)».

19      L’art. 43 del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 42 del regolamento n. 207/2009) prevede che:

«Articolo 43

Esame dell’opposizione

(...)

2. Su istanza del richiedente, il titolare di un marchio comunitario anteriore che abbia presentato opposizione deve addurre la prova che nel corso dei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di marchio comunitario il marchio comunitario anteriore è stato seriamente utilizzato nella Comunità per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e sui quali si fonda l’opposizione, o che vi sono legittime ragioni per la non utilizzazione, purché a tale data il marchio anteriore fosse registrato da almeno cinque anni. In mancanza di tale prova, l’opposizione è respinta. Se il marchio comunitario anteriore è stato utilizzato solo per una parte dei prodotti o dei servizi per cui è stato registrato, ai fini dell’esame dell’opposizione si intende registrato solo per tale parte dei prodotti o dei servizi.

(...)».

20      L’art. 52, n. 2, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 53, n. 2, del regolamento n. 207/2009) dispone quanto segue:

«Articolo 52

Motivi di nullità relativa

(...)

2. Su domanda presentata all’[UAMI] o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione il marchio comunitario è altresì dichiarato nullo se la sua utilizzazione può essere vietata in virtù di un altro diritto anteriore, in particolare:

(...)

d)      del diritto di proprietà industriale,

secondo (…) il diritto nazionale che ne disciplina la protezione».

21      L’art. 56 del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 57 del regolamento n. 207/2009) è così redatto:

«Articolo 56

Esame della domanda

(...)

2. Su istanza del titolare del marchio comunitario il titolare di un marchio comunitario anteriore, che sia parte della procedura di nullità, deve addurre la prova che nei cinque anni che precedono la data di domanda di nullità, il marchio comunitario anteriore è stato seriamente utilizzato nella Comunità per i prodotti o per i servizi per i quali è stato registrato e su cui si fonda la domanda di nullità o che vi sono legittime ragioni per la non utilizzazione dello stesso, purché a tale data il marchio comunitario anteriore fosse registrato da almeno cinque anni. Inoltre, se il marchio comunitario anteriore era registrato da almeno cinque anni alla data di pubblicazione della domanda di marchio comunitario, il titolare del marchio comunitario anteriore deve altresì addurre la prova che le condizioni di cui all’articolo 43, paragrafo 2 erano, a tale data, soddisfatte. In mancanza della prova suddetta la domanda di nullità è respinta. Se il marchio comunitario anteriore è stato usato solo per una parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, ai fini dell’esame della domanda di nullità si intende registrato soltanto per tale parte dei prodotti o servizi.

(...)».

22      L’art. 92 del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 96 del regolamento n. 207/2009) dispone che i tribunali dei marchi comunitari, designati dagli Stati membri ai sensi dell’art. 91, n. 1, dello stesso regolamento (divenuto art. 95, n. 1, del regolamento n. 207/2009), «[abbiano] competenza esclusiva: (...) d) per domande riconvenzionali di decadenza o di annullamento del marchio comunitario di cui all’articolo 96». A termini dell’art. 96, n. 1, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 100, n. 1, del regolamento n. 207/2009), «[l]a domanda riconvenzionale di decadenza o di nullità può essere fondata soltanto sui motivi di decadenza o di nullità previsti dal presente regolamento».

 Fatti

23      Il 27 maggio 2005 la Beifa Group Co. Ltd (ex Ningo Beifa Group Co., Ltd), ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di diversi disegni e modelli comunitari all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), in forza del regolamento n. 6/2002.

24      Tale domanda aveva in particolare ad oggetto il disegno o modello rappresentato come segue (in prosieguo: il «disegno o modello contestato»):

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25      Conformemente agli artt. 41-43 del regolamento n. 6/2002, nella propria domanda di registrazione la ricorrente ha fatto valere un diritto di priorità per il disegno o modello contestato fondato su una domanda di registrazione anteriore dello stesso disegno, depositata presso l’autorità cinese competente il 5 febbraio 2005.

26      Conformemente all’art. 36, n. 2, del regolamento n. 6/2002, la domanda indicava gli «strumenti per scrivere» quali prodotti in cui il disegno o modello contestato era destinato ad essere incorporato o ai quali era destinato ad essere applicato.

27      Il disegno o modello contestato è stato registrato come disegno o modello comunitario con il n. 352315‑0007 e pubblicato sul Bollettino dei disegni e modelli comunitari n. 68/2005 del 26 luglio 2005.

28      Il 23 marzo 2006 la Schwan-Stabilo Schwanhaüßer GmbH & Co. KG, interveniente, ha presentato all’UAMI, in forza dell’art. 52 del regolamento n. 6/2002, una domanda di dichiarazione di nullità del disegno o modello contestato nella quale essa ha sostenuto che la causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 ostava al mantenimento di quest’ultimo disegno o modello.

29      La domanda di nullità era, in particolare, fondata sul marchio dell’interveniente di seguito riprodotto, registrato in Germania il 14 dicembre 2000 con il n. 300454708, segnatamente per gli «strumenti per scrivere», appartenenti alla classe 16 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato (in prosieguo: il «marchio anteriore»):

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30      Con decisione 24 agosto 2006 la divisione di annullamento dell’UAMI ha accolto la domanda di nullità dell’interveniente e, di conseguenza, ha dichiarato nullo il disegno o modello contestato, in base al motivo contemplato dall’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002.

31      La divisione di annullamento ha sostanzialmente ritenuto che il marchio anteriore fosse utilizzato nel disegno o modello contestato, vale a dire che questo integrasse un segno in cui erano presenti tutti gli elementi caratteristici della forma tridimensionale di detto marchio e che presentasse quindi una somiglianza con lo stesso. Dal momento che i prodotti contraddistinti dal disegno o modello contestato e dal marchio anteriore erano identici, a giudizio della divisione di annullamento, sussisteva un rischio di confusione per il pubblico di riferimento di detti prodotti, tale da conferire all’interveniente il diritto di vietare, in forza dell’art. 14, n. 2, punto 2, del Markengesetz, l’uso del segno utilizzato nel disegno o modello contestato.

32      Il 19 ottobre 2006 la ricorrente ha presentato ricorso, ai sensi degli artt. 55‑60 del regolamento n. 6/2002, avverso la decisione della divisione di annullamento. 

33      Con decisione 31 gennaio 2008 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), notificata alla ricorrente il 21 febbraio successivo, la terza commissione di ricorso ha respinto il ricorso della ricorrente. In primo luogo, la commissione di ricorso ha ritenuto che, dal momento che il marchio anteriore non era stato dichiarato nullo in conformità alle disposizioni pertinenti del Markengesetz dalle autorità tedesche competenti, esso dovesse considerarsi un segno distintivo, ai sensi dell’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 (punto 15 della decisione impugnata).

34      In secondo luogo, la commissione di ricorso ha ritenuto che, ai fini dell’applicazione di quest’ultima disposizione, il segno anteriore fatto valere non dovesse essere riprodotto in modo identico nel disegno o modello comunitario successivo contestato, ma che fosse sufficiente che il segno fosse integrato, in quanto tale, nel predetto disegno o modello (punto 16 della decisione impugnata).

35      In terzo luogo, la commissione di ricorso ha ritenuto che, nonostante l’esistenza di talune difformità tra il disegno o modello contestato e il marchio anteriore, gli elementi caratteristici di questo marchio potessero essere individuati nel disegno o modello contestato e che, pertanto, la sua utilizzazione costituisse una violazione dei diritti esclusivi conferiti all’interveniente, titolare del marchio anteriore, dall’art. 14 del Markengesetz e che fosse applicabile l’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 (punti 17 e 18 della decisione impugnata).

36      Infine, tenuto conto della precedente considerazione, la commissione di ricorso ha ritenuto che non fosse necessario pronunciarsi sulla pertinenza di altri elementi fatti valere dall’interveniente a sostegno della propria domanda di nullità, fra cui, tra l’altro, una sentenza in data 18 gennaio 2007 dell’Oberlandesgericht Frankfurt-am-Main (Corte d’appello di Francoforte sul Meno, Germania) (punto 19 della decisione impugnata).

 Conclusioni delle parti

37      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        rinviare il procedimento dinanzi alla divisione di annullamento per l’esame delle altre cause di nullità fatte valere dell’interveniente e da essa non esaminate;

–        condannare l’UAMI alle spese.

38      L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto 

 Sulla ricevibilità del secondo capo delle conclusioni della ricorrente

39      L’UAMI fa valere che il secondo capo delle conclusioni della ricorrente è irricevibile, in quanto quest’ultima in sostanza chiederebbe al Tribunale di emanare un provvedimento ingiuntivo nei confronti dell’UAMI, il che esulerebbe dalla competenza del Tribunale.

40      Va rammentato che, a termini dell’art. 61, n. 3, del regolamento n. 6/2002, il Tribunale è competente sia ad annullare che a riformare la decisione impugnata. Inoltre, ai sensi dell’art. 61, n. 6, dello stesso regolamento, l’UAMI è tenuto ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza del Tribunale. Da quest’ultima disposizione discende che non spetta al Tribunale emettere provvedimenti ingiuntivi nei confronti dell’UAMI, il quale ha, infatti, l’obbligo di trarre le conseguenze dal dispositivo e dalla motivazione della sentenza del Tribunale [v., per analogia, sentenza del Tribunale 15 marzo 2006, causa T‑35/04, Athinaiki Oikogeniaki Artopoiia/UAMI – Ferrero (FERRÓ), Racc. pag. II‑785, punto 15 e giurisprudenza ivi citata].

41      Occorre altresì ricordare che, in forza dell’art. 60, n. 1, del regolamento n. 6/2002, la commissione di ricorso, investita di un ricorso avverso una decisione di un organo inferiore dell’UAMI, in seguito all’esame del merito può rinviare la causa a tale organo per nuova decisione.

42      Dalle suddette disposizioni e considerazioni risulta che un capo di conclusioni diretto ad ottenere che il Tribunale, investito di un ricorso avverso una decisione di una commissione di ricorso dell’UAMI, rimetta gli atti della causa all’organo inferiore, la cui decisione è stata oggetto di ricorso dinanzi alla commissione di ricorso, non è irricevibile [v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T‑106/00, Streamserve/UAMI (STREAMSERVE), Racc. pag. II‑723, punti 17-20].

43      Infatti, se il Tribunale dovesse accogliere un simile capo di conclusioni, esso non condannerebbe l’UAMI ad un qualche obbligo di fare o non fare e, quindi, non emetterebbe nei suoi confronti un provvedimento ingiuntivo. Un tale capo di conclusioni è diretto piuttosto ad ottenere che lo stesso Tribunale adotti una decisione che avrebbe dovuto o avrebbe potuto prendere la commissione di ricorso e, dunque, all’esercizio da parte del Tribunale del proprio potere di riforma della decisione della commissione di ricorso impugnata dinanzi ad esso [v., in tal senso e per analogia, sentenze del Tribunale 11 febbraio 2009, causa T‑413/07, Bayern Innovativ/UAMI – Life Sciences Partners Perstock (LifeScience), punto 15, e 14 settembre 2009, causa T‑152/07, Lange Uhren/UAMI (Campi geometrici sul quadrante di un orologio), punto 39].

44      Ne consegue che, contrariamente a quanto fatto valere dall’UAMI, il secondo capo di conclusioni della ricorrente è ricevibile.

 Nel merito

45      A sostegno del proprio ricorso la ricorrente deduce tre motivi. Il primo motivo è relativo ad un’erronea interpretazione dell’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002. Il secondo motivo è relativo ad un errore di diritto che vizierebbe il rigetto della richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore presentata dalla ricorrente dinanzi all’UAMI. Il terzo motivo è relativo ad un’erronea applicazione dell’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002.

 Sul primo motivo, relativo ad un’erronea interpretazione dell’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002

–       Argomenti delle parti

46      La ricorrente fa valere che dallo stesso testo dell’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 si evince che, contrariamente a quanto affermato dalla commissione di ricorso, tale disposizione non può essere invocata dal titolare di un segno distintivo quando, in un disegno o modello successivo, non è utilizzato il segno in questione, ma un segno simile. Questa interpretazione della suddetta disposizione sarebbe corroborata non solo dal fatto che un disegno o modello comunitario concernerebbe unicamente l’aspetto di un prodotto e non riguarderebbe specificamente un dato prodotto, ma altresì dalla prassi decisionale anteriore dell’UAMI.

47      L’UAMI e l’interveniente fanno valere che nella nozione di uso, ai sensi dell’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002, possono rientrare situazioni in cui il segno anteriore invocato a sostegno di una domanda di nullità di un disegno o modello comunitario registrato è solo imitato nel disegno o nel modello contestato, senza esservi integralmente riprodotto nei minimi dettagli.

48      L’ambito del raffronto tra il disegno o modello contestato e il segno anteriore si limiterebbe ai soli elementi di tale disegno o modello che violano i diritti conferiti da detto segno anteriore al suo titolare, senza tener conto degli elementi aggiuntivi del disegno o modello contestato. Per contro, la portata della tutela del segno anteriore dipenderebbe dal diritto cui è soggetto tale segno.

49      La causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 sarebbe pertanto applicabile a disegni e modelli che presentino un carattere nuovo e individuale e, in tal senso, differirebbe dalla causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. b), dello stesso regolamento. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la prassi decisionale anteriore dell’UAMI confermerebbe tale interpretazione.

–       Giudizio del Tribunale

50      In primo luogo, si deve rilevare che, come fatto valere giustamente dall’UAMI e dall’interveniente, la causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 non implica necessariamente la riproduzione integrale e dettagliata di un segno distintivo anteriore in un disegno o modello comunitario successivo. Infatti, anche qualora taluni elementi del segno in questione non fossero presenti nel disegno o modello comunitario contestato o vi fossero stati aggiunti altri elementi, si potrebbe trattare di un «uso» di detto segno, in particolare quando gli elementi omessi o aggiunti sono d’importanza secondaria.

51      Quanto sopra rilevato è tanto più vero dal momento che, come risulta da giurisprudenza consolidata, il pubblico conserva nella memoria soltanto un’immagine imperfetta dei marchi registrati negli Stati membri o dei marchi comunitari [v., in tal senso, sentenza della Corte 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 26, e sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punto 33]. Tale constatazione vale per tutti i tipi di segno distintivo. Pertanto, in caso di omissione di taluni elementi secondari di un segno distintivo, usato in un disegno o modello comunitario successivo, o in caso di aggiunta di tali elementi allo stesso segno, il pubblico pertinente non si renderà necessariamente conto di dette modifiche del segno di cui trattasi. Al contrario, esso potrà ritenere che nel disegno o modello comunitario successivo sia utilizzato detto segno così come l’ha memorizzato.

52      Ne consegue che, contrariamente a quanto fatto valere dalla ricorrente, un’interpretazione letterale dell’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 non esclude necessariamente la sua applicabilità nel caso in cui, in un disegno o modello comunitario successivo, sia utilizzato non un segno identico a quello invocato a sostegno della domanda di nullità, ma un segno simile.

53      In secondo luogo, va rilevato che l’interpretazione dell’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002, adottata nella decisione impugnata, è la sola in grado di assicurare, da un lato, una tutela efficace dei diritti del titolare di un marchio anteriore, comunitario o registrato in uno Stato membro, contro qualsivoglia pregiudizio a tale marchio per effetto della sua utilizzazione in un disegno o modello comunitario successivo e, dall’altro, la coerenza tra le disposizioni pertinenti del regolamento n. 6/2002 e quelle della prima direttiva o dei regolamenti nn. 40/94 e 207/2009.

54      A tale proposito occorre ricordare che il titolare di un marchio anteriore, comunitario o registrato in uno Stato membro, ha il diritto di vietare l’uso di un disegno o modello comunitario successivo sia nel caso in cui in detto disegno o modello sia utilizzato un segno identico al marchio anteriore e in cui i prodotti o servizi contraddistinti, rispettivamente, dal disegno o modello di cui trattasi e dal marchio anteriore siano identici, sia nell’ipotesi in cui, nel disegno o modello comunitario interessato, sia utilizzato un segno che presenti una tale somiglianza con il marchio anteriore che, anche tenuto conto dell’identità o della somiglianza dei prodotti e dei servizi interessati, rispettivamente, dal marchio e dal disegno o modello di cui trattasi, sussista un rischio di confusione nella mente del pubblico [v. l’art. 5, n. 1, lett. a) e b), della prima direttiva 89/104, l’art. 14, n. 2, punti 1 e 2, del Markengesetz e l’art. 9, n. 1, lett. a) e b), del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 9, n. 1, lett. a) e b), del regolamento n. 207/2009)].

55      Tenuto conto del suddetto diritto del titolare di un marchio anteriore, comunitario o registrato in uno Stato membro, di vietare l’uso di un disegno o modello comunitario successivo in cui sia utilizzato tanto un segno identico al proprio marchio che un segno simile, è escluso che il legislatore comunitario, nell’adottare l’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002, abbia inteso consentire che il predetto titolare presenti una domanda di nullità del disegno o modello di cui trattasi solo nell’ipotesi in cui in tale disegno o modello sia utilizzato un segno identico al marchio anteriore e vietare la proposizione di una simile domanda quando, in tale disegno o modello, sia utilizzato un segno a tal punto simile che sussisterebbe un rischio di confusione nella mente del pubblico di riferimento. 

56      Si deve inoltre rilevare che il titolare di un marchio comunitario o registrato in uno Stato membro non può far valere le disposizioni richiamate al precedente punto 54 per vietare l’uso di un disegno o modello comunitario registrato anteriormente e in cui sia utilizzato un segno identico o simile al marchio summenzionato, dal momento che il titolare del predetto disegno o modello comunitario può difendersi contro siffatto divieto chiedendo, eventualmente con una domanda riconvenzionale, l’annullamento del marchio successivo di cui trattasi [v. l’art. 4, n. 4, lett. c), sub iv), della prima direttiva 89/104, l’art. 13, n. 2, punto 6, e l’art. 51, n. 1, del Markengesetz, nonché l’art. 52, n. 2, lett. d), l’art. 92, lett. d), e l’art. 96, n. 1, del regolamento n. 40/94 (divenuti art. 53, n. 2, lett. d), art. 96, lett. d), e art. 100, n. 1, del regolamento n. 207/2009)].

57      Se il titolare di un marchio anteriore, comunitario o registrato in uno Stato membro, fosse legittimato a presentare una domanda di nullità di un disegno o modello comunitario successivo solo nell’ipotesi in cui in detto disegno o modello sia utilizzato un segno identico al suo marchio e non nell’ipotesi in cui sia utilizzato un segno simile, il suddetto titolare non potrebbe difendersi contro un eventuale tentativo del titolare del disegno o modello successivo, in cui sia utilizzato un segno simile, di vietare, in forza dell’art. 10, n. 1, e dell’art. 19, n. 1, del regolamento n. 6/2002, l’uso del marchio anteriore.

58      Orbene, dal trentunesimo ‘considerando’ del regolamento n. 6/2002, secondo cui tale regolamento «non esclude che ai disegni e modelli che fruiscono della protezione comunitaria possano applicarsi altre norme nazionali quali (...) il diritto dei marchi», può dedursi che i diritti conferiti al proprio titolare da un disegno o modello comunitario non mettono assolutamente in discussione i diritti che un titolare di un marchio anteriore ha acquisito in forza di tale marchio.

59      Da tutto quanto sopra rilevato risulta che la commissione di ricorso ha interpretato senza commettere errori di diritto l’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 nel senso che esso può essere invocato dal titolare di un segno distintivo per chiedere la dichiarazione di nullità di un disegno o modello comunitario successivo, qualora, in tale disegno o modello, sia utilizzato un segno che presenti una somiglianza con il suo. Ne consegue che il primo motivo deve essere dichiarato infondato.

 Sul secondo motivo, relativo ad un errore di diritto che vizia il rigetto della richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore presentata dalla ricorrente dinanzi all’UAMI

–       Argomenti delle parti

60      La ricorrente fa valere che dall’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002, in combinato disposto con l’art. 25 del Markengesetz, risulta che il titolare di un marchio tedesco che chiede la nullità di un disegno o modello comunitario in quanto in esso sarebbe utilizzato il marchio in questione deve, in caso di contestazione, provare di aver fatto un uso effettivo di tale marchio. Di conseguenza, la commissione di ricorso avrebbe dovuto esaminare la richiesta di prova dell’uso del marchio anteriore presentata dalla ricorrente, dato che il marchio anteriore era stato registrato più di cinque anni prima della presentazione della domanda di nullità. Orbene, sebbene l’interveniente abbia venduto, nel corso dei cinque anni antecedenti la presentazione della domanda di nullità, innumerevoli strumenti per scrivere appartenenti alla classe 16, tali vendite non proverebbero in alcun modo l’uso del marchio anteriore, posto che i prodotti in causa sarebbero stati venduti con una forma diversa, contenente nome e logo dell’interveniente. Inoltre, il marchio anteriore non sarebbe un marchio tridimensionale, ma un marchio figurativo.

61      L’UAMI e l’interveniente fanno valere che diversamente, in particolare, dalle disposizioni dell’art. 43, n. 2, e dell’art. 56, n. 2, del regolamento n. 40/94 (divenuti art. 42, n. 2, e art. 57, n. 2, del regolamento n. 207/2009), il regolamento n. 6/2002 non consente al titolare di un disegno o modello comunitario oggetto di una domanda di nullità di presentare una richiesta di prova dell’uso del segno anteriore invocato a sostegno di tale domanda. Pertanto, la commissione di ricorso non sarebbe stata legittimata a esaminare la richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore presentata dalla ricorrente. Tuttavia, quest’ultima non avrebbe subìto alcun pregiudizio, atteso che, qualora essa avesse ritenuto che il marchio anteriore non fosse stato oggetto di tale uso, avrebbe potuto presentare, dinanzi agli organi competenti tedeschi, un’istanza diretta ad ottenere che tale marchio fosse dichiarato nullo. In ogni caso, la semplice aggiunta del nome e del logo dell’interveniente sugli strumenti per scrivere dalla stessa venduti sarebbe ininfluente ai fini della valutazione dell’uso effettivo del marchio anteriore nonché relativamente all’esistenza di un rischio di confusione nel caso di specie.

62      L’interveniente aggiunge che, se anche la ricorrente avesse potuto legittimamente presentare una richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore dinanzi all’UAMI, essa avrebbe dovuto presentare la stessa già dinanzi alla divisione di annullamento e che, di conseguenza, la richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, presentata dalla ricorrente per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso, sarebbe irricevibile. In ogni caso, l’interveniente ritiene di aver provato l’uso effettivo del proprio marchio anteriore.

–       Giudizio del Tribunale

63      Si deve rammentare che l’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 stabilisce, in particolare, che il diritto comunitario o la normativa dello Stato membro cui è soggetto il segno anteriore invocato a sostegno di una domanda di nullità fondata su tale disposizione «conferiscono al suo titolare il diritto di vietar[e]» l’uso del suo segno in un disegno o modello successivo.

64      Nel caso di specie, il segno anteriore è un marchio tedesco, assoggettato alle disposizioni del Markengesetz. Come si è già rilevato, l’art. 14, n. 2, punto 2, del Markengesetz attribuisce al titolare di un simile marchio il diritto di vietare l’uso di qualsiasi segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza di detto segno col marchio in questione e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti da tale marchio e dal segno interessato, possa dare adito a un rischio di confusione nella mente del pubblico.

65      Tuttavia, l’art. 25, n. 1, del Markengesetz dispone che il titolare di un marchio anteriore non può far valere, nei confronti dei terzi, i suoi diritti derivanti, tra l’altro, dall’art. 14 se, nel corso dei cinque anni che precedono l’invocazione di tali diritti, il marchio non è stato usato, conformemente all’art. 26, per i prodotti o i servizi su cui il titolare si fonda per far valere i propri diritti, purché a quella data siano trascorsi almeno cinque anni dalla registrazione del marchio. Inserendo questa disposizione nel Markengesetz, il legislatore tedesco si è avvalso di una facoltà riconosciutagli dall’art. 11, n. 2, della prima direttiva 89/104. L’art. 25, n. 2, del Markengesetz lascia espressamente alla parte, contro cui vengono invocati i diritti del titolare di un marchio anteriore, il compito di esigere che tale titolare fornisca la prova dell’uso effettivo del proprio marchio. In mancanza di una siffatta domanda, tale prova non deve essere fornita.

66      Dalle summenzionate disposizioni risulta che, contrariamente a quanto sostenuto dall’UAMI e dall’interveniente, quando, come nel caso di specie, un marchio anteriore tedesco, fatto valere a sostegno della causa di nullità prevista dall’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002, è stato registrato da almeno cinque anni prima della presentazione della domanda di nullità di un disegno o modello comunitario, il titolare di tale marchio deve, su richiesta del titolare del disegno o modello comunitario messo in discussione dalla domanda di nullità, fornire la prova di aver fatto un uso effettivo del proprio marchio nel corso di cinque anni precedenti all’introduzione della domanda di nullità. In difetto di tale prova, il titolare del marchio anteriore tedesco di cui trattasi non ha il diritto, conformemente alla legislazione tedesca cui è soggetto il proprio segno, di vietare l’uso di esso nel disegno o modello comunitario messo in discussione dalla domanda di nullità, con la conseguenza che non è applicabile la causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002.

67      In mancanza di una disposizione specifica nel regolamento n. 6/2002 relativa alle modalità di presentazione di una richiesta di prova dell’uso effettivo del segno anteriore da parte del titolare di un disegno o modello comunitario messo in discussione da una domanda di nullità fondata su tale segno, occorre ritenere che detta domanda debba essere proposta dinanzi all’UAMI espressamente e tempestivamente [v., per analogia, sentenze del Tribunale 17 marzo 2004, cause riunite T‑183/02 e T‑184/02, El Corte Inglés/UAMI – González Cabello e Iberia Líneas Aéreas de España (MUNDICOR), Racc. pag. II‑965, punto 38; 16 marzo 2005, causa T‑112/03, L’Oréal/UAMI – Revlon (FLEXI AIR), Racc. pag. II‑949, punto 24, e 7 giugno 2005, causa T‑303/03, Lidl Stiftung/UAMI – REWE-Zentral (Salvita), Racc. pag. II‑1917, punto 77]. In linea di principio, essa dev’essere presentata nel termine assegnato dalla divisione di annullamento al titolare del disegno o modello comunitario messo in discussione da una domanda di nullità affinché questi possa presentare le proprie osservazioni in risposta all’opposizione (v., in tal senso e per analogia, sentenza FLEXI AIR, cit., punti 25‑28).

68      Per contro, una richiesta di prova dell’uso effettivo del segno anteriore invocato a sostegno di una domanda di nullità di un disegno o modello comunitario non può essere presentata per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso.

69      Infatti, da giurisprudenza costante risulta che la richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore invocato a sostegno di un’opposizione alla registrazione di un marchio comunitario, di cui all’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 42, nn. 2 e 3, del regolamento n. 207/2009), non può essere presentata per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso [v., in tal senso, sentenze del Tribunale 22 marzo 2007, causa T‑364/05, Saint-Gobain Pam/UAMI – Propamsa (PAM PLUVIAL), Racc. pag. II‑757, punto 41, e 18 ottobre 2007, causa T‑425/03, AMS/UAMI – American Medical Systems (AMS Advanced Medical Services), Racc. pag. II‑4265, punto 114].

70      In ossequio a tale giurisprudenza, la richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore aggiunge al procedimento dinanzi alla divisione d’opposizione la questione specifica e preliminare dell’uso effettivo del marchio anteriore e in tal senso modifica il contenuto dell’opposizione. Orbene, spetta alla divisione di opposizione decidere, in primo grado, sull’opposizione come definita dai diversi atti e istanze processuali delle parti, compresa, eventualmente, la richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore. La commissione di ricorso può decidere solo sui ricorsi presentati contro le decisioni delle divisioni di opposizione e non può essa stessa pronunciarsi in prima istanza su una nuova opposizione. Ammettere il contrario comporterebbe l’esame, da parte della commissione di ricorso, di una richiesta del tutto specifica, legata a considerazioni di fatto e di diritto nuove e che esulano dal contesto del procedimento di opposizione sottoposto alla divisione di opposizione e da essa trattato (sentenze PAM PLUVIAL, punto 69 supra, punti 37-39, e AMS Advanced Medical Services, punto 69 supra, punti 111-113).

71       In via analogica tali considerazioni valgono altresì laddove, come nel caso di specie, il titolare di un disegno o modello comunitario, messo in discussione da una domanda di nullità fondata sulla causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002, abbia il diritto di chiedere che il titolare del segno anteriore, invocato a sostegno della domanda di nullità, fornisca la prova dell’uso effettivo del proprio segno. Neppure in questo contesto è ammissibile che la commissione di ricorso possa essere chiamata a pronunciarsi su una causa diversa rispetto a quella sottoposta alla divisione di annullamento, vale a dire una causa la cui portata sia stata estesa mediante l’aggiunta della questione preliminare dell’uso effettivo del segno anteriore invocato a sostegno della domanda di nullità.

72      Da tutte le considerazioni che precedono risulta che nel caso di specie la ricorrente aveva il diritto di presentare, dinanzi alla divisione di annullamento, una richiesta diretta ad ottenere che l’interveniente fornisse la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore.

73      A questo proposito occorre rilevare che, al punto 15 della decisione impugnata, la commissione di ricorso si è limitata ad affermare che l’UAMI non fosse competente per rimettere in discussione la validità del marchio anteriore e che, ove la ricorrente ritenesse che tale marchio fosse stato registrato in violazione delle disposizioni del Markengesetz o che esso dovesse essere annullato per il mancato uso, essa avesse l’onere di presentare una domanda di nullità di detto marchio, in conformità al Markengesetz.

74      Orbene, dai precedenti punti 63-66 risulta che, sebbene la suddetta affermazione della commissione di ricorso nella decisione impugnata sia di per sé corretta, essa non è sufficiente a giustificare il rigetto di una richiesta di prova dell’uso effettivo del segno anteriore invocato a sostegno di una domanda di nullità di un disegno o modello comunitario, fondata sull’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002, allorché, come nel caso di specie, il diritto cui è soggetto il segno anteriore di cui trattasi prevede che, in mancanza di un uso effettivo di tale segno, il suo titolare non possa legittimamente vietare ad un terzo e, quindi, al titolare del disegno o modello comunitario successivo messo in discussione dalla domanda di nullità l’uso di detto segno o di un segno simile.

75      È per questo che la ricorrente, muovendo dalla premessa che essa avrebbe presentato regolarmente all’UAMI una richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, addebita alla decisione impugnata un errore di diritto, in quanto la commissione di ricorso avrebbe omesso di esaminare la sua richiesta.

76      Tuttavia, deve necessariamente constatarsi che tale premessa è errata. Infatti, come l’interveniente fa giustamente valere, le osservazioni della ricorrente, presentate il 22 giugno 2006 dinanzi alla divisione di annullamento in replica alla domanda di nullità e contenute nel fascicolo del procedimento dinanzi all’UAMI trasmesso da quest’ultimo al Tribunale, conformemente all’art. 133, n. 3, del suo regolamento di procedura, non solo non contengono alcuna richiesta espressa diretta ad ottenere che l’interveniente fornisse la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, ma sono prive di qualsivoglia riferimento alla questione dell’uso effettivo del marchio anteriore.

77      È solo nella memoria contenente i motivi del proprio ricorso dinanzi alla commissione di ricorso che la ricorrente ha, per la prima volta, sollevato quest’ultima questione, come la stessa ricorrente ha confermato all’udienza, circostanza di cui si è preso atto nel processo verbale di udienza. Orbene, quand’anche la memoria contenente i motivi del ricorso della ricorrente dinanzi alla commissione di ricorso potesse essere interpretata nel senso che in essa figurava una richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, una simile domanda, presentata per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso, sarebbe irricevibile e non potrebbe essere presa in considerazione né essere oggetto di un esame da parte della commissione di ricorso.

78      In tali circostanze, anche il presente motivo deve essere respinto.

 Sul terzo motivo, relativo ad un’erronea applicazione dell’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002

–       Argomenti delle parti

79      La ricorrente fa valere che, quand’anche l’interpretazione dell’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 data dagli organi dell’UAMI fosse corretta, la commissione di ricorso avrebbe compiuto un’errata applicazione di tale disposizione, dal momento che essa non avrebbe proceduto ad una valutazione dell’esistenza di un rischio di confusione tra il disegno o modello contestato e il marchio anteriore, analoga alla valutazione richiesta dalla giurisprudenza relativa all’applicazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 [divenuto art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 207/2009].

80      In primo luogo, nella decisione impugnata la commissione di ricorso non avrebbe tentato di individuare il pubblico di riferimento nel caso di specie.

81      In secondo luogo, essa avrebbe altresì omesso di tener conto del fatto che i marchi costituiti da una forma sarebbero dotati di un carattere distintivo molto limitato. Anche qualora il marchio anteriore fosse valido, esso presenterebbe un carattere distintivo molto limitato, circostanza che dovrebbe essere presa in considerazione in sede di esame dell’esistenza di un eventuale rischio di confusione.

82      In terzo luogo, la commissione di ricorso non avrebbe proceduto ad un raffronto complessivo tra il marchio anteriore e il disegno o modello contestato. Anziché indicare i motivi per i quali la decisione della divisione di annullamento era corretta e procedere al proprio esame del marchio anteriore, la commissione di ricorso si sarebbe basata su una mera descrizione di tale marchio e si sarebbe accontentata di far figurare, al punto 17 della decisione impugnata, un elenco, tratto dalla decisione della divisione di annullamento, contenente quattro caratteristiche del marchio anteriore, che sarebbero altresì presenti nel disegno o modello contestato. Orbene, la presenza di queste quattro caratteristiche nel disegno o modello contestato non sarebbe affatto certa. Inoltre, sussisterebbero altre dieci caratteristiche del marchio anteriore che non sarebbero presenti nel disegno o modello contestato, nonché sei caratteristiche di quest’ultimo che non si riscontrerebbero nel marchio anteriore.

83      In quarto luogo, la commissione di ricorso avrebbe del tutto trascurato di esaminare se vi fosse un rischio di confusione nel caso di specie. Ove lo stesso Tribunale decidesse di esaminare tale questione, dovrebbe concludere per l’inesistenza di un simile rischio, in considerazione del carattere distintivo limitato del marchio anteriore nonché delle differenze tra il marchio anteriore e il disegno o modello contestato.

84      All’udienza, la ricorrente ha sostenuto che l’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 potrebbe applicarsi nel caso di specie unicamente nell’ipotesi in cui il pubblico di riferimento percepisse il disegno o modello contestato come costituente un segno distintivo. Orbene, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso non avrebbe verificato se nella fattispecie ciò sia vero. La ricorrente ha aggiunto che, anche se formalmente tale censura non era stata mossa nel ricorso, essa non può essere considerata nuova, dal momento che si ricollegherebbe al motivo in esame. 

85      In primo luogo, l’UAMI fa valere che la motivazione della decisione impugnata è, in effetti, succinta, ma sufficiente. Inoltre, dovrebbe altresì tenersi conto della motivazione della decisione della divisione di annullamento.

86      In secondo luogo, le quattro caratteristiche del marchio anteriore, individuate al punto 17 della decisione impugnata, sarebbero effettivamente presenti in tale marchio e costituirebbero i suoi elementi dominanti, mentre dette caratteristiche sarebbero del pari presenti nel disegno o modello contestato. Le differenze tra il marchio anteriore e il disegno o modello contestato, individuate dalla ricorrente, non possono rimettere in causa la sussistenza di una somiglianza tra essi.

87      In terzo luogo, la commissione di ricorso ha giustamente confermato la decisione della divisione di annullamento quanto all’esistenza di un rischio di confusione nel caso di specie, tenuto conto dell’identità dei prodotti interessati, della somiglianza esistente tra il marchio anteriore e il disegno o modello contestato, nonché del livello poco elevato di attenzione del pubblico di riferimento, ossia il grande pubblico, dato che i prodotti in questione sono di consumo corrente e di prezzo ridotto.

88      In quarto luogo, contrariamente a quanto sosterrebbe la ricorrente, il carattere distintivo del marchio anteriore non sarebbe limitato, ma, quanto meno, «medio». Infatti, pur se, in pratica, sarebbe più difficile ottenere la registrazione di un marchio tridimensionale, il carattere distintivo di un siffatto marchio, una volta registrato, non può essere rimesso in discussione.

89      In quinto luogo, due sentenze dei giudici tedeschi pronunciate in cause che vedono contrapposte la ricorrente e l’interveniente, confermerebbero l’esistenza di un rischio di confusione nel caso di specie.

90      L’interveniente fa valere che le quattro caratteristiche del marchio anteriore, identificate al punto 17 della decisione impugnata, sarebbero effettivamente presenti nel disegno o modello contestato e sarebbero sufficienti per concludere per l’esistenza di una somiglianza tra questo e il marchio anteriore. Per contro, tale somiglianza non può essere rimessa in discussione dagli elementi di differenziazione individuati dalla ricorrente, che sarebbero dovuti ad esigenze tecniche o funzionali. Inoltre, il carattere distintivo del marchio anteriore non sarebbe limitato, tenuto conto della presenza dei prodotti contraddistinti da tale marchio sul mercato tedesco durante un lungo periodo. La ricorrente stessa avrebbe invocato, nell’ambito di controversie tra le parti in Germania, un sondaggio di opinione che dimostrerebbe che i differenti marchi dell’interveniente sarebbero dotati di un elevato carattere distintivo.

91      Considerati l’identità dei prodotti in questione, il grado di attenzione poco elevato da parte del pubblico di riferimento, trattandosi di prodotti di consumo corrente, il fatto che questo stesso pubblico avrebbe solo di rado l’occasione di procedere ad un raffronto diretto tra due segni che designano gli stessi prodotti nonché la somiglianza esistente tra il marchio anteriore e il disegno o modello contestato, nel caso di specie dovrebbe concludersi per l’esistenza di un rischio di confusione. Si dovrebbe anche tener conto del fatto che la ricorrente avrebbe già più volte leso i diritti dell’interveniente derivanti dai suoi marchi anteriori, circostanza che, secondo la giurisprudenza tedesca, giustificherebbe che la ricorrente osservi una maggiore «distanza» rispetto a detti diritti.

92      Inoltre, l’interveniente fa valere un marchio non registrato di cui essa sarebbe la titolare e che proteggerebbe anche i suoi strumenti per scrivere, l’art. 14, n. 2, punto 3, del Markengesetz, la tutela supplementare derivante dalle disposizioni tedesche contro la concorrenza sleale nonché la causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. b), del regolamento n. 6/2002.

93      Infine, in risposta all’argomento della ricorrente, formulato all’udienza e sintetizzato al precedente punto 84, l’UAMI e l’interveniente rilevano che si tratta di un motivo nuovo che non si fonda su elementi di diritto e di fatto emersi nel corso del procedimento e che è, pertanto, irricevibile.

–       Giudizio del Tribunale

94      A termini dell’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002, un disegno o modello comunitario può essere dichiarato nullo su richiesta del titolare di un segno distintivo anteriore se, in un disegno o modello successivo, è utilizzato tale segno e se, in particolare, il diritto comunitario o la legislazione dello Stato membro interessato cui è soggetto il segno distintivo conferiscono al suo titolare il diritto di vietarne l’uso. 

95      Come già rilevato precedentemente, quando il segno invocato a sostegno di una causa di nullità riconducibile alla suddetta disposizione è un marchio anteriore tedesco che, senza essere identico al disegno o modello comunitario messo in discussione dalla domanda di nullità, presenta una somiglianza con esso, la normativa dello Stato membro interessato, ossia l’art. 14, n. 2, punto 2, del Markengesetz, conferisce al titolare di tale marchio il diritto di vietare l’uso del proprio segno nel disegno o modello successivo solo nel caso in cui, a motivo della somiglianza di detto disegno o modello con il marchio in questione e dell’identità o della somiglianza dei prodotti o dei servizi tutelati da tale marchio e dal disegno o modello successivo, esista un rischio di confusione nella mente del pubblico.

96      Va altresì rammentato che l’art. 14, n. 2, punto 2, del Markengesetz costituisce la trasposizione nell’ordinamento tedesco dell’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 89/104 e deve pertanto essere interpretato tenendo conto della giurisprudenza relativa a quest’ultima disposizione. 

97       Ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 89/104, costituisce rischio di confusione il rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate (sentenze della Corte Loyd Schuhfabrik Meyer, punto 51 supra, punto 17, e 6 ottobre 2005, causa C‑120/04, Medion, Racc. pag. I‑8551, punto 26).

98      L’esistenza di un rischio di confusione nella mente del pubblico deve essere valutata globalmente, prendendo in considerazione tutti i fattori rilevanti nel caso di specie (sentenze della Corte 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL, Racc. pag. I‑6191, punto 22; Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 51 supra, punto 18, e Medion, punto 97 supra, punto 27).

99      La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi in esame, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che il consumatore medio ha dei prodotti o servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio o un altro segno distintivo come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v., in tal senso, sentenze SABEL, punto 98 supra, punto 23; Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 51 supra, punto 25, e Medion, punto 97 supra, punto 28).

100    Si deve quindi esaminare se, nel caso in specie, la commissione di ricorso abbia operato una corretta applicazione della suddetta giurisprudenza, allorché nella decisione impugnata ha concluso che esisteva un rischio di confusione tra il marchio anteriore e il disegno o modello contestato e che, conseguentemente, quest’ultimo doveva essere dichiarato nullo. A questo proposito, occorre altresì prendere in considerazione la decisione della divisione di annullamento, che è giunta alla stessa conclusione e che è stata confermata dalla commissione di ricorso.

101    Infatti, quando la commissione di ricorso conferma in toto la decisione dell’istanza inferiore dell’UAMI, tale decisione, al pari della sua motivazione, fa parte del contesto in cui è stata adottata la decisione della commissione di ricorso, contesto noto alle parti e che consente al giudice di esercitare pienamente il suo controllo di legittimità in merito alla fondatezza della valutazione della commissione di ricorso [sentenza del Tribunale 9 luglio 2008, causa T‑304/06, Reber/UAMI – Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (Mozart), Racc. pag. II‑1927, punto 47; v. altresì, in tal senso, sentenza del Tribunale 21 novembre 2007, causa T‑111/06, Wesergold Getränkeindustrie/UAMI – Lidl Stiftung (VITAL FIT), punto 64].

102    In primo luogo, quanto alla censura mossa all’udienza dalla ricorrente (v. precedente punto 84), va ricordato che, a termini dell’art. 48, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura, la deduzione di motivi nuovi in corso di causa è vietata, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

103    Tuttavia, un motivo che costituisca un’estensione di un motivo precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio, e che sia strettamente connesso con questo, dev’essere considerato ricevibile (v. sentenza del Tribunale 3 maggio 2007, causa T‑219/04, Spagna/Commissione, Racc. pag. II‑1323, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

104    È effettivamente questo il caso della summenzionata censura della ricorrente, che costituisce un’estensione del terzo motivo e che, come fatto valere dalla ricorrente, è strettamente connessa con tale motivo. Essa è pertanto ricevibile.

105    Quanto al merito, si deve rammentare che una domanda di nullità di un disegno o modello comunitario, fondata sulla causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002, può essere accolta solo qualora si concluda che il pubblico di riferimento riterrà che, nel disegno o modello comunitario oggetto di tale domanda, sia utilizzato il segno distintivo invocato a sostegno della domanda di nullità.

106    Nell’ipotesi in cui si giunga alla conclusione che il pubblico di riferimento non percepisca che, nel disegno o modello comunitario oggetto della domanda di nullità, sia utilizzato il segno distintivo invocato a sostegno di tale domanda, si può evidentemente escludere qualsiasi rischio di confusione.

107    Per contro, diversamente da quanto sembra sostenere la ricorrente, non è necessario analizzare separatamente la questione se il pubblico di riferimento percepirà il disegno o modello comunitario oggetto della domanda di nullità come costituente un segno distintivo (v., in tal senso e per analogia, sentenza della Corte 10 aprile 2008, causa C‑102/07, adidas e adidas Benelux, Racc. pag. I‑2439, punto 34).

108    In secondo luogo, va rilevato che tra le parti è pacifico che i prodotti tutelati dal marchio anteriore e quelli in cui il disegno o modello contestato è destinato ad essere incorporato, vale a dire gli «strumenti per scrivere», sono identici. Tali prodotti, essendo di consumo corrente e, in via generale, di prezzo relativamente basso, si rivolgono a tutti i consumatori, circostanza che peraltro la ricorrente non contesta. Il riferimento della divisione di annullamento (punto 15 della decisione della divisione di annullamento) al «pubblico» va dunque inteso nel senso che essa ha, implicitamente ma sicuramente, ritenuto che dovesse tenersi conto, ai fini della valutazione del rischio di confusione nel caso di specie, della percezione del marchio anteriore e del disegno o modello controverso da parte del grande pubblico, ossia da parte del consumatore medio [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 30 novembre 2004, causa T‑173/03, Geddes/UAMI (NURSERYROOM), Racc. pag. II‑4165, punto 18]. Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso non ha rimesso in discussione tale impostazione della divisione di annullamento. Inoltre, dal momento che il marchio anteriore era stato registrato in Germania, va presa in considerazione la percezione del consumatore medio tedesco. 

109    In terzo luogo, per quanto riguarda il raffronto tra il marchio anteriore e il disegno o modello contestato, la divisione di annullamento ha operato un raffronto visivo. In tal modo, al punto 12 della sua decisione, essa ha individuato quattro elementi della forma del marchio anteriore che lo caratterizzerebbero ed ha ritenuto, al punto 13 della stessa decisione, che il disegno o modello contestato incorporasse un segno contenente tutti i suddetti elementi caratteristici del marchio anteriore e che, in conseguenza di ciò, tale disegno o modello presentasse una somiglianza con il marchio anteriore. La divisione di annullamento ha ritenuto altresì che l’aggiunta di altri elementi al disegno o modello contestato, quali «cerchi» o «sporgenze», non impedisse l’individuazione delle caratteristiche summenzionate del marchio anteriore in detto disegno o modello. Tali rilievi da parte della divisione di annullamento sono stati ripresi e approvati dalla commissione di ricorso al punto 17 della decisione impugnata.

110    In proposito, si deve anzitutto rilevare che, nel caso di specie, giustamente gli organi dell’UAMI non hanno proceduto ad un raffronto fonetico e ad un raffronto concettuale tra il marchio anteriore e il disegno o modello contestato. Infatti, da un lato, né il marchio anteriore né il disegno o modello contestato contengono alcun elemento denominativo. Essi non si prestano neppure ad una descrizione denominativa semplice e breve, atta ad essere oggetto di un raffronto fonetico. Dall’altro, né il marchio anteriore né il disegno o modello contestato rinviano a un qualsivoglia concetto particolare, di modo che neanche un raffronto concettuale tra essi è possibile.

111    Invece, per quanto riguarda il raffronto visivo tra il marchio anteriore e il disegno o modello contestato, si deve anzitutto rilevare che, sebbene al punto 4 della propria decisione la divisione di annullamento alluda alla circostanza che l’interveniente ha fatto valere altri segni a sostegno della propria domanda di nullità, essa in tale punto menziona solo il marchio anteriore, senza peraltro precisare se si tratti di un marchio figurativo o di un marchio tridimensionale. Inoltre, ai punti 12 e 13 della sua decisione la divisione di annullamento fa riferimento alla «forma tridimensionale» del marchio in parola.

112    Quanto alla commissione di ricorso, al punto 2 della decisione impugnata essa menziona solo il marchio anteriore quale segno invocato dall’interveniente a sostegno della propria domanda di nullità.

113    Orbene, dal certificato di registrazione del marchio anteriore contenuto nel fascicolo del procedimento dinanzi all’UAMI risulta che tale marchio è un marchio figurativo, consistente nell’immagine riprodotta al precedente punto 29. All’udienza e in considerazione di tale elemento, tutte le parti hanno concordemente affermato che il solo marchio preso in considerazione dagli organi dell’UAMI, nell’ambito dell’esame della domanda di nullità controversa, era il marchio anteriore, il quale è un marchio figurativo, circostanza di cui si è preso atto nel processo verbale di udienza.

114    In mancanza di qualsiasi altra precisazione nell’ambito della decisione della divisione di annullamento, il riferimento operato in questa stessa decisione alla «forma tridimensionale» del marchio anteriore, riferimento a prima vista paradossale, trattandosi di un marchio figurativo, può condurre unicamente alla conclusione che, anziché fondarsi su un raffronto tra il disegno o modello contestato e il marchio anteriore, la divisione di annullamento ha operato un raffronto tra tale disegno o modello e un marchio tridimensionale non identificato nella propria decisione. 

115    Al riguardo occorre rilevare che, come risulta dal fascicolo del procedimento dinanzi all’UAMI, l’interveniente aveva fatto valere a sostegno della propria domanda di nullità, oltre al marchio anteriore, segnatamente, un marchio tridimensionale, registrato in Germania con il numero 02911311 e corrispondente all’immagine che figura al precedente punto 29.

116    L’errore commesso dalla divisione di annullamento non è stato in alcun modo rettificato dalla commissione di ricorso. Come si è già rilevato, al punto 17 della decisione impugnata quest’ultima si è limitata a riprendere le caratteristiche attribuite al marchio anteriore dalla divisione di annullamento, senza segnalare che la divisione di annullamento si era erroneamente riferita ad un marchio tridimensionale anziché al marchio anteriore, né che queste stesse caratteristiche erano del pari presenti nel marchio anteriore.

117    Ne consegue che, poiché nella decisione impugnata la commissione di ricorso ha fondato la propria conclusione relativa all’esistenza di un rischio di confusione tra il disegno o modello contestato e il marchio anteriore sul raffronto tra tale disegno o modello e un segno diverso dal marchio anteriore, essa ha commesso un errore di diritto e la decisione impugnata deve essere annullata.

118    Tale conclusione non è inficiata dall’argomentazione addotta all’udienza dall’UAMI. Quest’ultimo ha sostenuto che il raffronto tra disegno o modello contestato e il marchio anteriore non può condurre ad un risultato diverso da quello ottenuto dal raffronto dello stesso disegno o modello con un segno tridimensionale la cui forma è rappresentata dall’immagine che costituisce il marchio anteriore.

119    In particolare l’UAMI ha rilevato, da un lato, che i certificati di registrazione dei marchi tridimensionali contenevano soltanto una rappresentazione bidimensionale di tali marchi e, dall’altro, che la giurisprudenza relativa all’esistenza o all’assenza del carattere distintivo di un marchio tridimensionale costituito dalla forma esteriore del prodotto designato si applica anche quando il marchio richiesto è un marchio figurativo costituito dalla forma di detto prodotto [sentenza della Corte 4 ottobre 2007, causa C‑144/06 P, Henkel/UAMI, Racc. pag. I‑8109, punto 38, e sentenza del Tribunale 21 ottobre 2008, causa T‑73/06, Cassegrain/UAMI (Forma di un sacco), punto 22].

120    A questo proposito occorre sottolineare che l’esame della causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 deve fondarsi sulla percezione che il pubblico di riferimento ha del segno distintivo invocato a sostegno di tale causa di nullità, nonché sull’impressione complessiva che tale segno produce sul pubblico (v. precedente punto 99).

121    Orbene, un marchio tridimensionale non viene necessariamente percepito dal pubblico di riferimento nello stesso modo di un marchio figurativo. Nel primo caso detto pubblico percepisce un oggetto tangibile, che esso può esaminare sotto diversi profili, mentre, nel secondo, il pubblico vede unicamente un’immagine.

122    Anche se non può escludersi che, nell’ipotesi dell’esistenza di una somiglianza tra due oggetti tridimensionali, il raffronto tra uno di questi oggetti e un’immagine dell’altro possa parimenti condurre alla constatazione dell’esistenza di una somiglianza, resta tuttavia il fatto che l’esame della causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. e), del regolamento n. 6/2002 implica un raffronto tra il disegno o modello comunitario contestato e il segno distintivo invocato a sostegno di tale causa.

123    Viceversa, una somiglianza tra il disegno o modello contestato e il segno invocato a sostegno della domanda di nullità non può semplicemente presumersi per il solo fatto che detto disegno o modello presenti una somiglianza con un altro segno, quand’anche quest’ultimo segno presentasse una somiglianza con il segno invocato a sostegno della domanda di nullità.

124    L’argomento dell’UAMI equivale pertanto a chiedere al Tribunale di procedere esso stesso, per la prima volta, ad un raffronto tra il disegno o modello contestato e il marchio anteriore, dato che siffatto raffronto non è stato operato né dalla divisione di annullamento né dalla commissione di ricorso. Orbene, non spetta al Tribunale pronunciarsi su questioni non esaminate nel merito dall’UAMI [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 8 luglio 1999, causa T‑163/98, Procter & Gamble/UAMI (BABY-DRY), Racc. pag. II‑2383, punto 51].

125    La giurisprudenza richiamata dall’UAMI non può condurre a diversa conclusione. Benché tale giurisprudenza precisi i criteri in base ai quali occorre valutare il carattere distintivo intrinseco, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 [divenuto art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 207/2009], di un segno figurativo costituito dalla forma esteriore del prodotto designato, essa non rimette in alcun modo in discussione il principio secondo cui tale carattere dev’essere valutato in funzione della percezione che il pubblico di riferimento ha dello stesso segno di cui trattasi e non di un altro segno (v., in tal senso, sentenze Henkel/UAMI, punto 119 supra, punto 35, e Forma di un sacco, punto 119 supra, punti 19 e 35).

126    La conclusione secondo cui la decisione impugnata è viziata da un errore di diritto e deve essere annullata non è smentita neanche dal fatto che la ricorrente non abbia invocato espressamente tale errore nell’ambito del proprio terzo motivo. 

127    Da un lato, nella sua argomentazione relativa al secondo motivo, la ricorrente ha giustamente fatto osservare che il marchio anteriore era, in realtà, un marchio figurativo. Inoltre, all’udienza la ricorrente ha fatto valere che, in sede di esame del rischio di confusione tra il disegno o modello contestato e il marchio anteriore, gli organi dell’UAMI si erano riferiti, per errore, ad un marchio diverso dal marchio anteriore.

128    D’altro lato e soprattutto, si deve rilevare che, dal momento che la ricorrente contesta la conclusione, tratta nella decisione impugnata, secondo cui il marchio anteriore e il disegno o modello contestato presentano una somiglianza sufficiente per far sorgere un rischio di confusione, il Tribunale è tenuto ad esaminare tutti i parametri del raffronto tra detto marchio e detto disegno o modello, atteso che tale raffronto costituisce il fondamento della suddetta conclusione. In tale contesto, il Tribunale deve, innanzitutto, verificare se gli organi dell’UAMI abbiano effettivamente proceduto ad un raffronto tra il disegno o modello contestato e il marchio anteriore.

129    Infatti, quando è chiamato a valutare la legittimità di una decisione di una commissione di ricorso dell’UAMI, il Tribunale non può essere vincolato da un’erronea valutazione dei fatti operata da tale commissione, laddove detta valutazione faccia parte delle conclusioni la cui legittimità è contestata dinanzi al Tribunale (sentenza della Corte 18 dicembre 2008, causa C‑16/06 P, Éditions Albert René/UAMI, Racc. pag. I‑10053, punto 48).

130    Inoltre, deve rilevarsi che, pur dovendo limitarsi a statuire sulla domanda delle parti, cui spetta delimitare il quadro della lite, il giudice non può essere vincolato ai soli argomenti invocati dalle parti a sostegno delle loro pretese, salvo vedersi costretto, eventualmente, a basare la propria decisione su considerazioni giuridiche erronee (ordinanze della Corte 27 settembre 2004, causa C‑470/02 P, UER/M6 e a., punto 69, e 13 giugno 2006, causa C‑172/05 P, Mancini/Commissione, punto 41).

131    Quanto agli argomenti dell’interveniente relativi, in primo luogo, al fatto che essa sarebbe titolare di un marchio tridimensionale non registrato avente una somiglianza con il disegno o modello contestato, in secondo luogo, all’art. 14, n. 2, punto 3, del Markengesetz, in terzo luogo, alla tutela supplementare derivante dalle disposizioni tedesche contro la concorrenza sleale e, in quarto luogo, alla causa di nullità di cui all’art. 25, n. 1, lett. b), del regolamento n. 6/2002, è sufficiente rilevare che si tratta, come risulta dal punto 19 della decisione impugnata, di questioni che la commissione di ricorso non ha stimato necessario esaminare nel merito e che il Tribunale non può, come si è già rilevato, esso stesso esaminare per la prima volta.

132    Alla luce di tutto quanto precede, il terzo motivo deve essere accolto e, pertanto, la decisione impugnata deve essere annullata.

133    Infine, il Tribunale ritiene che gli interessi della ricorrente siano sufficientemente salvaguardati dall’annullamento della decisione impugnata, senza che sia necessario rinviare gli atti alla divisione di annullamento (v., in tal senso e per analogia, sentenza STREAMSERVE, punto 42 supra, punto 72). Il secondo capo delle conclusioni della ricorrente non deve pertanto essere accolto.

 Sulle spese

134    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente ne ha fatto domanda, l’UAMI, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese.

135    L’interveniente, rimasta soccombente, sopporterà le proprie spese. 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della terza commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) 31 gennaio 2008 (procedimento R 1352/2006-3) è annullata.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      L’UAMI sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Beifa Group Co. Ltd. La Schwan‑Stabilo Schwanhaüßer GmbH & Co. KG sopporterà le proprie spese.

Vilaras

Prek

Ciucă

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 maggio 2010.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.