Causa C-460/07

Sandra Puffer

contro

Unabhängiger Finanzsenat, Außenstelle Linz

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Austria)]

«Sesta direttiva IVA — Art. 17, nn. 2 e 6 — Diritto a detrazione dell’imposta pagata a monte — Spese di costruzione di un edificio destinato all’impresa di un soggetto passivo — Art. 6, n. 2 — Utilizzo di una parte dell’edificio per fini privati — Vantaggio economico rispetto a coloro che non sono soggetti passivi — Parità di trattamento — Aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87 CE — Esclusione del diritto a detrazione»

Conclusioni dell’avvocato generale E. Sharpston, presentate l’11 dicembre 2008   I ‐ 3255

Sentenza della Corte (Terza Sezione) 23 aprile 2009   I ‐ 3279

Massime della sentenza

  1. Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta pagata a monte – Bene d’investimento destinato in tutto o in parte al patrimonio privato del soggetto passivo

    (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17)

  2. Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta pagata a monte – Costruzione di un immobile ad uso misto

    [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 6, n. 2, lett. a), e 17, n. 2, lett. a)]

  3. Aiuti concessi dagli Stati – Nozione

    (Art. 87, n. 1, CE)

  4. Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta pagata a monte – Esclusioni del diritto a detrazione – Facoltà per gli Stati membri di mantenere le esclusioni esistenti alla data di entrata in vigore della sesta direttiva

    (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17, n. 6)

  1.  Il soggetto passivo che decida di destinare la totalità di un edificio alla propria impresa e utilizzi una parte di questo edificio a fini privati ha, da un lato, il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto versata a monte sulla totalità delle spese di costruzione del detto edificio e, dall’altro, l’obbligo corrispondente di versare l’imposta sul valore aggiunto sull’importo delle spese sostenute per l’esecuzione del detto utilizzo. Per contro, se il soggetto passivo sceglie, quando acquista un bene d’investimento, di destinarlo integralmente al suo patrimonio privato o di destinarlo solo in parte alle sue attività professionali, non può nascere alcun diritto a detrazione quanto alla parte destinata al patrimonio privato. In questa ipotesi un successivo utilizzo a fini professionali della parte del bene destinata al patrimonio privato non può comportare un diritto a detrazione, in quanto l’art. 17, n. 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, determina la nascita del diritto a detrazione al momento in cui l’imposta detraibile diviene esigibile. Nell’attuale normativa comunitaria non è previsto alcun meccanismo di rettifica in tal senso.

    (v. punti 42-44)

  2.  Gli artt. 6, n. 2, lett. a) e 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, non pregiudicano il principio generale di diritto comunitario della parità di trattamento nei limiti in cui tali disposizioni possono conferire ai soggetti passivi, tramite il meccanismo del diritto alla detrazione integrale ed immediata dell’imposta sul valore aggiunto dovuta a monte per la costruzione di un immobile ad uso misto e la successiva tassazione scaglionata di tale imposta sull’utilizzo privato del detto immobile, un vantaggio in termini di tesoreria rispetto a coloro che non siano soggetti passivi e ai soggetti passivi che utilizzino il loro immobile solo a fini abitativi privati.

    A tale proposito, quanto all’utilizzo privato di un bene d’investimento ad uso misto, è possibile che l’art. 6, n. 2, primo comma, lett. a) della sesta direttiva non assicuri, di per sé solo, lo stesso trattamento ai soggetti passivi e a coloro che non sono soggetti passivi ovvero ad altri soggetti passivi che acquistino beni della stessa natura a titolo privato e sono, pertanto, tenuti a saldare immediatamente per intero l’onere dell’imposta sul valore aggiunto. Infatti, non si può escludere che il fine di esonerare interamente i soggetti passivi, tramite il meccanismo degli artt. 17, nn. 1 e 2, nonché 6, n. 2, primo comma, lett. a), della sesta direttiva, dal peso dell’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta nell’ambito di tutte le loro attività economiche soggette ad imposta, incluso ogni onere finanziario che gravi sui beni durante il periodo che intercorre tra le spese d’investimento e lo sfruttamento professionale effettivo, possa comportare un vantaggio in termini di tesoreria in ordine all’utilizzo privato di detto bene da parte di tali soggetti passivi. In tal senso, l’eventuale differenza di trattamento esistente tra i soggetti passivi e coloro che non sono soggetti passivi discende dall’applicazione del principio di neutralità fiscale che assicura, in primo luogo, la parità di trattamento tra i soggetti passivi. Tale potenziale differenza risulta, peraltro, dall’esercizio da parte di tali soggetti passivi di attività economiche come quelle definite all’art. 4, n. 2, della sesta direttiva. Infine, essa si ricollega allo specifico status dei soggetti passivi previsto dalla sesta direttiva, il quale implica, in particolare, che, ai sensi dell’art. 21 di tale direttiva, essi sono debitori dell’imposta sul valore aggiunto e devono riscuoterla. Dato che tali caratteristiche differenziano la situazione dei soggetti passivi da quella di coloro che non sono soggetti passivi che non esercitano attività economiche di questo tipo, un’eventuale differenza di trattamento risulta dall’applicazione di norme differenti a situazioni differenti, non implicando pertanto alcuna violazione del principio della parità di trattamento. Lo stesso dicasi per quanto riguarda un soggetto passivo che abbia destinato integralmente il bene d’investimento al suo patrimonio privato, qualora il suo intento non sia quello di esercitare le sue attività economiche per mezzo di tale bene, ma quello di utilizzare quest’ultimo per fini privati. La valutazione non può essere differente per quanto riguarda un soggetto passivo che realizzi solo operazioni esenti, dato che un tale soggetto passivo deve sopportare lo stesso onere dell’imposta sul valore aggiunto di chi non è soggetto passivo e il suo status è pertanto sostanzialmente equiparato a quello di quest’ultimo.

    (v. punti 55-59, 62, dispositivo 1)

  3.  L’art. 87, n. 1, CE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad un provvedimento nazionale che attui l’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, e che preveda che il diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto dovuta a monte sia limitato ai soggetti passivi che realizzino operazioni soggette ad imposta, esclusi quelli che effettuino solo operazioni esenti, nei limiti in cui tale provvedimento nazionale può conferire un vantaggio in termini di tesoreria ai soli soggetti passivi che realizzino operazioni soggette ad imposta.

    Infatti, la limitazione del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto dovuta a monte alle sole operazioni soggette ad imposta è parte integrante del sistema dell’imposta sul valore aggiunto istituito con la normativa comunitaria che deve essere attuata in modo uniforme da tutti gli Stati membri. Di conseguenza, il presupposto consistente nell’intervento statale non ricorre, così che non trova applicazione l’art. 87, n. 1, CE.

    (v. punti 70-71, dispositivo 2)

  4.  L’art. 17, n. 6, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretato nel senso che la deroga da esso prevista non si applica ad una disposizione nazionale la quale modifica una normativa esistente alla data di entrata in vigore di tale direttiva, si basa su una logica differente da quella della normativa anteriore e istituisce nuove procedure. A tal riguardo, è irrilevante la questione se il legislatore nazionale abbia proceduto alla modifica della normativa nazionale anteriore basandosi su un’interpretazione esatta o erronea del diritto comunitario. La questione se una siffatta modifica di una disposizione nazionale pregiudichi, alla luce dell’applicabilità dell’art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva 77/388, anche un’altra disposizione nazionale dipende dal carattere interdipendente o autonomo delle dette disposizioni nazionali, cosa che spetta al giudice nazionale stabilire.

    (v. punto 98, dispositivo 3)