SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

27 novembre 2008 ( *1 )

«Libertà di stabilimento — Fiscalità diretta — Imposte sulle società — Regime fiscale di gruppo — Società madre residente — Controllate indirette residenti detenute tramite una controllata non residente»

Nel procedimento C-418/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato) (Francia) con decisione 10 luglio 2007, pervenuta in cancelleria il , nella causa

Société Papillon

contro

Ministère du Budget, des Comptes publics et de la Fonction publique,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts (relatore), presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász, G. Arestis e J. Malenovský, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 giugno 2008,

considerate le osservazioni presentate:

per la Società Papillon, dall’avv. G. Calisti, avocat;

per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e J.-C. Gracia, in qualità di agenti;

per il governo tedesco, dal sig. C. Blaschke, in qualità di agente;

per il governo spagnolo, dal sig. M. Muñoz Pérez, in qualità di agente;

per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. Wissels e C. ten Dam nonché dal sig. M. de Grave, in qualità di agenti;

per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. R. Lyal e J.-P. Keppenne, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4 settembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede contrapposti la società Papillon (in prosieguo: la «Papillon»), stabilita in Francia, ed il ministère du Budget, des Comptes publics et de la Fonction publique (Ministero del bilancio, del tesoro e della funzione pubblica,) in merito al diniego opposto da quest’ultimo ad accordare alla suddetta società il beneficio del regime denominato dell’«integrazione fiscale».

Contesto normativo

3

Nella sua versione applicabile ai fatti di cui alla controversia principale, l’art. 223 A del code général des impôts (codice generale delle imposte; in prosieguo: il «CGI») dispone quanto segue:

«Una società (…) può costituirsi come unica debitrice dell’imposta sulle società dovuta su tutti gli utili del gruppo costituito dalla società stessa e dalle società di cui detenga almeno il 95% del capitale, in maniera continuativa nel corso dell’esercizio, direttamente o indirettamente tramite le società del gruppo (…). Le società del gruppo restano assoggettate all’obbligo di dichiarare i propri utili (…). Possono appartenere al gruppo solo le società che hanno prestato il proprio accordo e i cui utili sono stati assoggettati all’imposta sulle società (…)».

4

Il giudice a quo rileva che, in applicazione dell’art. 223 A del CGI, la società madre del gruppo può determinare liberamente, nel contesto della propria opzione, l’ambito dello stesso. La suddetta società madre tuttavia può controllare indirettamente un’altra società appartenente al gruppo solo tramite una società che sia, essa stessa, appartenente al gruppo integrato, e dunque assoggettata all’imposta sulle società in Francia.

5

Ai termini dell’art. 223 B del CGI, gli «utili consolidati sono determinati dalla società madre mediante la somma algebrica degli utili di ciascuna delle società del gruppo (…)».

6

Gli artt. 223 B, 223 D e 223 F del CGI prevedono, in particolare, la neutralizzazione di operazioni interne al gruppo, quali taluni accantonamenti per crediti di incerta riscossione o per rischi tra società del gruppo, cancellazioni di crediti o sovvenzioni interne ad esso, accantonamenti per deprezzamento di partecipazioni detenute in altre società del gruppo e cessioni di immobilizzazioni nell’ambito di quest’ultimo.

Causa principale e questioni pregiudiziali

7

Nel corso degli anni fiscali oggetto della causa principale, ossia gli esercizi dal 1o gennaio 1989 al , la Papillon deteneva il 100% del capitale della società olandese Artist Performancee and Communication, che deteneva il 99,99% delle quote della Kiron SARL, avente sede in Francia. In tale contesto la Papillon optava per il regime dell’integrazione fiscale, disciplinato dagli artt. 223 A - 223 F del CGI, in forza del quale una società residente può costituirsi come unica debitrice dell’imposta sulle società dovuta su tutti gli utili del gruppo costituito dalla società stessa e dalle società di cui questa detenga, direttamente o indirettamente, almeno il 95% del capitale. Alla luce di ciò, la Papillon includeva, nel delimitare il gruppo integrato di cui si poneva al vertice, la Kiron SARL e diverse controllate di quest’ultima società, aventi del pari sede in Francia.

8

L’amministrazione finanziaria negava alla Papillon il beneficio del regime in discorso argomentando che essa non poteva costituire un gruppo integrato con società controllate indirettamente tramite una società residente nei Paesi Bassi, in quanto quest’ultima società, non avendo un centro di attività stabile in Francia, non era assoggettata all’imposta sulle società in tale Stato.

9

Conseguentemente, in seguito a rettifica, la Papillon veniva assoggettata ad imposta per l’ammontare dei profitti propri da essa dichiarati, senza poter procedere a compensazione con gli utili delle altre società del gruppo integrato.

10

La Papillon contestava la maggiore imposta sulle società cui veniva in tal modo assoggettata relativamente agli anni 1989-1991 dinanzi al tribunal administratif (Tribunale amministrativo) di Parigi, che respingeva le sue richieste con sentenza 9 febbraio 2004. La cour administrative d’appel (Corte d’appello amministrativa) di Parigi, adita in appello avverso tale decisione, disponeva soltanto uno sgravio parziale dalle imposte e dalle penalità controverse con sentenza .

11

Investito dell’impugnazione presentata dalla Papillon contro tale sentenza, il Conseil d’État si pone la questione se il regime dell’integrazione fiscale, così come vige in Francia, il quale consente ad una società madre residente di compensare gli utili realizzati da tutte le società del gruppo integrato e beneficiare della neutralizzazione fiscale delle operazioni interne al gruppo, là dove il regime in parola esclude la suddetta possibilità rispetto ad una controllata indiretta residente qualora essa sia detenuta tramite una società controllata non residente, sia tale da configurare una restrizione alla libertà di stabilimento quanto meno di una delle società appartenenti del gruppo.

12

Il Conseil d’État si chiede se siffatta restrizione, ammesso che venga dimostrata, possa essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, in particolare dall’esigenza di garantire la coerenza dei sistemi fiscali.

13

In tale contesto, il Conseil d’État ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’impossibilità, risultante dal regime definito dagli artt. 223 A e seguenti del [CGI], di includere nell’ambito di un gruppo fiscale integrato una controllata indiretta della società madre, controllata tramite una società controllata la quale, avendo sede in un altro Stato membro (…) e non esercitando alcuna attività in Francia, non è assoggettata all’imposta francese sulle società e non può pertanto appartenere al gruppo — in quanto il beneficio fiscale risultante dal regime dell’“integrazione fiscale” produce i suoi effetti sul regime impositivo della società madre del gruppo, che può compensare gli utili e le perdite realizzati da tutte le società del gruppo integrato e beneficiare della neutralizzazione fiscale delle operazioni interne al gruppo — costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento a causa della conseguenza fiscale della scelta della società madre di detenere una controllata indiretta tramite una controllata francese ovvero tramite una controllata avente sede in un altro Stato membro.

2)

Nell’ipotesi di soluzione affermativa, se una restrizione siffatta si possa giustificare vuoi per la necessità di preservare la coerenza del sistema dell’“integrazione fiscale”, segnatamente i meccanismi di neutralizzazione fiscale delle operazioni interne al gruppo, in considerazione delle conseguenze di un sistema che considererebbe la società controllata stabilita in un altro Stato membro come appartenente al gruppo ai soli fini del suo controllo indiretto, pur restando necessariamente esclusa dall’applicazione del regime del gruppo, atteso che non rientra nel regime impositivo francese, vuoi per qualsiasi altra esigenza imperativa di interesse generale».

Sulle questioni pregiudiziali

14

Con le sue due questioni, che è d’uopo esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la normativa di uno Stato membro, in forza della quale un regime fiscale di gruppo è concesso ad una società madre residente in tale Stato membro che detenga controllate e controllate indirette parimenti residenti nel suddetto Stato, ma è escluso per siffatta società madre qualora le sue controllate indirette residenti siano detenute tramite una controllata residente in un altro Stato membro, configuri una restrizione alla libertà di stabilimento e se, eventualmente, simile restrizione possa essere giustificata.

15

A tale riguardo occorre rammentare che la libertà di stabilimento comprende, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale nel territorio della Comunità europea, il diritto di svolgere la loro attività in altri Stati membri mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (sentenze 23 febbraio 2006, causa C-471/04, Keller Holding, Racc. pag. I-2107, punto 29, e , causa C-414/06, Lidl Belgium, Racc. pag. I-3601, punto 18).

16

Anche se, in base al loro tenore letterale, le disposizioni del Trattato CE relative alla libertà di stabilimento intendono assicurare il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro di stabilimento, esse ostano parimenti a che lo Stato membro d’origine ostacoli lo stabilimento in un altro Stato membro di un proprio cittadino o di una società costituita conformemente alla propria legislazione (sentenze 16 luglio 1998, causa C-264/96, ICI, Racc. pag. I-4695, punto 21; , causa C-298/05, Columbus Container Services, Racc. pag. I-10451, punto 33, e Lidl Belgium, cit., punto 19).

17

Va anzitutto rilevato che nella causa principale il giudice del rinvio non chiede se il fatto che alla controllata olandese della Papillon sia precluso partecipare all’«integrazione fiscale» costituisca una restrizione della libertà di stabilimento. Come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 5 e 24 delle sue conclusioni, la domanda di pronuncia pregiudiziale pone la questione se configuri una restrizione della libertà di stabilimento ai sensi dell’art. 52 del Trattato la circostanza che una società madre stabilita in uno Stato membro non possa beneficiare del regime dell’integrazione fiscale per il gruppo da essa costituito con le sue controllate indirette aventi sede nello stesso Stato, quando la società controllata intermediaria, stabilita in un altro Stato membro, non è assoggettata all’imposta sulle società nel primo Stato.

18

Come risulta dalla decisione di rinvio, il regime dell’integrazione fiscale rende meno gravosa la tassazione della società madre grazie alla possibilità di compensare gli utili e le perdite di tutte le società del gruppo fiscalmente integrato. Tale regime configura un’agevolazione fiscale in quanto, in particolare, la compensazione autorizzata consente al gruppo di prendere immediatamente in considerazione le perdite di talune società appartenenti ad esso.

19

In applicazione degli artt. 223 A e seguenti del CGI, la predetta agevolazione fiscale non viene tuttavia accordata qualora la società madre stabilita in Francia detenga una controllata indiretta, avente del pari la sede sul territorio francese, per il tramite di una controllata stabilita in un altro Stato membro e che non esercita alcuna attività in Francia.

20

Infatti, come ricordato ai punti 3 e 4 della presente sentenza, per beneficiare del regime dell’integrazione fiscale la società madre del gruppo può controllare indirettamente un’altra società appartenente al gruppo solo tramite una società che sia, essa stessa, appartenente al gruppo integrato e, dunque, assoggettata all’imposta sulle società in Francia.

21

Quindi una società madre avente sede in Francia, che detenga le sue controllate indirette francesi tramite una società controllata stabilita in un altro Stato membro, non può beneficiare del regime dell’integrazione fiscale. Per contro, una società madre francese ha la possibilità di costituire un’integrazione fiscale con le sue controllate indirette francesi qualora la controllata intermediaria abbia sede in Francia.

22

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 30 delle sue conclusioni, da ciò deriva che le disposizioni del CGI di cui trattasi nella causa principale producono una disparità di trattamento per quanto attiene alla facoltà di optare per il regime dell’integrazione fiscale, a seconda che la società madre detenga le sue partecipazioni indirette tramite una società controllata stabilita in Francia o in un altro Stato membro.

23

Il governo francese afferma tuttavia che tale disparità di trattamento è motivata dal fatto che le due situazioni descritte non sono obiettivamente paragonabili.

24

In una situazione come quella di cui alla causa principale, la controllata stabilita in uno Stato membro diverso dalla Repubblica francese non è, per tale ragione, assoggettata alle imposte sulle società in Francia, al contrario della situazione di una controllata avente la sede in quest’ultimo Stato.

25

Tale argomentazione non può essere accolta.

26

Infatti, se uno Stato membro potesse a suo piacimento dare luogo ad una disparità di trattamento per il solo fatto che la sede di una società è situata in un altro Stato membro, le disposizioni attinenti alla libertà di stabilimento verrebbero svuotate del loro contenuto (v., in tal senso, sentenze 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia, Racc. pag. 273, punto 18, e , cause riunite C-397/98 e C-410/98, Metallgesellschaft e a., Racc. pag. I-1727, punto 42).

27

Per accertare l’esistenza di una discriminazione, la comparabilità tra una situazione comunitaria ed una situazione puramente interna deve essere esaminata alla luce dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali interessate (v., in tal senso, sentenze Metallgesellschaft e a., cit., punto 60, e 18 luglio 2007, causa C-231/05, Oy AA, Racc. pag. I-6373, punto 38).

28

Le disposizioni del CGI in esame nella causa principale mirano ad assimilare quanto più possibile ad un’impresa avente varie sedi il gruppo costituito da una società madre con le sue controllate dirette e indirette, consentendo di consolidare i risultati di ogni società.

29

Orbene, tale obiettivo può essere conseguito sia nella situazione di una società madre residente in uno Stato membro che detenga controllate indirette del pari residenti in detto Stato tramite una società controllata essa stessa residente, sia nella situazione di una società madre residente nello stesso Stato membro che detenga controllate indirette pure residenti in quest’ultimo, ma tramite una società controllata stabilita in un altro Stato membro.

30

Per quanto riguarda l’obiettivo delle disposizioni del CGI di cui alla causa principale, le due situazioni illustrate sono dunque obiettivamente comparabili.

31

Pertanto, il regime fiscale di cui alla causa principale genera una ineguaglianza di trattamento in funzione del luogo ove è situata la sede della controllata tramite la quale la società madre residente detiene le sue controllate indirette residenti.

32

Operando sul piano fiscale una discriminazione a danno delle situazioni comunitarie rispetto alle situazioni puramente interne, le disposizioni del CGI di cui alla causa principale configurano quindi una restrizione in linea di principio vietata dalle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento.

33

Dalla giurisprudenza della Corte emerge che siffatta limitazione alla libertà di stabilimento può essere ammessa solo qualora sia giustificata da ragioni imperative di interesse generale. Anche in tale ipotesi, però, la sua applicazione dovrebbe essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo in questione e non eccedere quanto necessario per raggiungerlo (v. sentenza Lidl Belgium, cit., punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

34

A tale riguardo occorre osservare, in primo luogo, che i governi tedesco e olandese fanno valere, nelle osservazioni scritte sottoposte alla Corte, che la restrizione della libertà di stabilimento derivante dalla normativa di cui alla causa principale può essere giustificata dalla necessità di salvaguardare la ripartizione della competenza fiscale tra gli Stati membri.

35

A questo proposito i suddetti governi fanno riferimento alle sentenze 13 dicembre 2005, causa C-446/03, Marks & Spencer (Racc. pag. I-10837), nonché Oy AA, citata, e adducono che la restrizione posta dalle disposizioni del CGI di cui trattasi nella causa principale è necessaria per impedire la duplice contabilizzazione delle perdite e per la lotta all’evasione fiscale.

36

Tali elementi di giustificazione non possono essere accolti.

37

Infatti, nelle cause sfociate nelle citate sentenze Marks & Spencer nonché Oy AA, le questioni sollevate afferivano, rispettivamente, alla presa in considerazione delle perdite insorte in uno Stato membro diverso da quello di residenza del soggetto passivo e al rischio di evasione fiscale.

38

Orbene, nelle circostanze di cui alla causa principale, le suddette questioni non si pongono, dato che l’oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda la questione se il fatto che una società residente in uno Stato membro non possa beneficiare del regime dell’integrazione fiscale con le sue controllate indirette, del pari residenti in tale Stato membro, quando la controllata intermediaria è stabilita in un altro Stato membro configuri una restrizione e non già la questione se la controllata non residente debba poter rientrare nel regime in parola.

39

Nella causa principale la questione della presa in considerazione dei profitti e delle perdite delle società appartenenti al gruppo coinvolto si pone solo per le società residenti in un unico Stato membro. Pertanto, la questione sollevata riguarda la presa in considerazione di perdite insorte in uno stesso ed unico Stato membro, circostanza che altresì esclude a priori il rischio di evasione fiscale.

40

Di conseguenza, la restrizione accertata ai punti 22-32 della presente sentenza non può essere giustificata dalla ripartizione del potere impositivo tra Stati membri.

41

In secondo luogo, va osservato che il giudice del rinvio chiede se la restrizione in discorso possa essere giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del regime fiscale, posto che il governo francese, nelle osservazioni scritte sottoposte alla Corte, ritiene che ciò si verifichi nella causa a qua.

42

Il giudice del rinvio fa osservare che, dal momento che la controllata non residente resterebbe necessariamente esclusa dall’applicazione del regime dell’integrazione fiscale, non essendo assoggettata all’imposta sulle società in Francia, la coerenza del sistema di neutralizzazione delle operazioni interne al gruppo verrebbe pregiudicata, atteso che il trattamento delle operazioni che coinvolgono tale società controllata diverge da quello applicabile alle operazioni che riguardano una società controllata residente e può portare a duplici deduzioni rispetto ad un sistema che vede coinvolte esclusivamente società assoggettate alla suddetta imposta.

43

A questo proposito occorre rammentare che la Corte ha già ammesso che la necessità di salvaguardare la coerenza di un regime fiscale può giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà di movimento garantite dal Trattato (sentenze 28 gennaio 1992, causa C-204/90, Bachmann, Racc. pag. I-249, punto 28; , causa C-319/02, Manninen, Racc. pag. I-7477, punto 42, e Keller Holding, cit., punto 40).

44

Tuttavia, affinché siffatto argomento di giustificazione possa essere accolto, la Corte ha dichiarato che occorre un nesso diretto tra il beneficio fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale beneficio con un determinato prelievo fiscale (sentenza 14 novembre 1995, causa C-484/93, Svensson e Gustavsson, Racc. pag. I-3955, punto 18; sentenze citate ICI, punto 29; Manninen, punto 42, e Keller Holding, punto 40), dovendosi determinare il carattere diretto del suddetto nesso alla luce della finalità della normativa fiscale di cui trattasi (sentenze Manninen, cit., punto 43, e , causa C-293/06, Deutsche Shell, Racc. pag. I-1129, punto 39).

45

Nella causa principale il governo francese afferma che il regime dell’integrazione fiscale prevede la consolidazione fiscale delle società e, come corrispettivo, la neutralizzazione di talune operazioni tra le società del gruppo, in conformità degli artt. 223 B, 223 D e 223 F del CGI.

46

A tale riguardo va rilevato che la neutralizzazione di diverse operazioni interne al gruppo consente, in particolare, di evitare la doppia presa in considerazione delle perdite a livello delle società residenti che ricadono nel regime dell’integrazione fiscale.

47

Infatti, in caso di perdite subite dalla controllata indiretta, la società controllata procederà di regola ad accantonamenti per il deprezzamento della sua partecipazione nella predetta controllata indiretta, con la conseguenza che la società madre costituirà accantonamenti per il deprezzamento della sua partecipazione nella società controllata [intermediaria]. Trattandosi della medesima ed unica perdita, insorta al livello della controllata indiretta, qualora tutte le suddette società ricadessero nel regime dell’integrazione fiscale, non si terrebbe conto, per il meccanismo della neutralizzazione, degli accantonamenti per deprezzamento in capo alla controllata ed alla società madre.

48

Tuttavia, nell’ipotesi in cui la controllata sia una società non residente, le perdite subite dalla controllata indiretta verrebbero prese in considerazione due volte, una prima volta sotto forma di perdite dirette di quest’ultima ed una seconda volta sotto forma di accantonamento costituito dalla società madre per il deprezzamento della sua partecipazione nella suddetta controllata, in quanto le operazioni interne non verrebbero neutralizzate, atteso che la controllata non residente non ricade nel regime dell’integrazione fiscale.

49

In simile ipotesi è giocoforza constatare che le società residenti beneficerebbero delle agevolazioni del regime dell’integrazione fiscale, in termini di consolidamento dei risultati e dell’immediata presa in considerazione delle perdite di tutte le società cui tale regime è applicabile, senza che le perdite della controllata indiretta e gli accantonamenti della società madre possano essere oggetto di neutralizzazione.

50

Pertanto, il nesso diretto che, nel regime dell’integrazione fiscale, sussiste tra le agevolazioni fiscali e la neutralizzazione delle operazioni interne al gruppo verrebbe in tal modo annullato, circostanza che pregiudicherebbe la coerenza del regime.

51

Di conseguenza, negando il beneficio del regime dell’integrazione fiscale ad una società madre residente che desideri includere nel gruppo controllate indirette residenti qualora essa detenga queste ultime tramite una controllata non residente, le disposizioni del CGI oggetto della causa principale sono atte a garantire la coerenza di tale regime.

52

Occorre altresì che la normativa nazionale in parola non vada oltre quanto necessario per conseguire tale obiettivo, cioè che lo stesso obiettivo non possa essere del pari conseguito con misure meno restrittive della libertà di stabilimento.

53

A tale riguardo il governo francese fa valere che le disposizioni del CGI citate sono necessarie a causa della difficoltà che le autorità fiscali incontrano nel verificare la sussistenza di un rischio di doppia presa in considerazione delle perdite quando una società non residente è interposta tra la società madre e le sue controllate indirette. L’importo di un accantonamento non corrisponderebbe, in genere, all’entità della perdita della controllata e sarebbe semplicemente impossibile identificare l’origine esatta di un accantonamento.

54

A tale proposito si deve innanzi tutto rilevare che difficoltà di ordine pratico non possono giustificare di per sé il pregiudizio recato ad una libertà garantita dal Trattato (sentenze 4 marzo 2004, causa C-334/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2229, punto 29; , causa C-386/04, Centro di Musicologia Walter Stauffer, Racc. pag. I-8203, punto 48, e , causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, Racc. pag. I-11753, punto 70).

55

Occorre poi ricordare che la normativa comunitaria, ossia la direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte (GU L 336, pag. 15), consente agli Stati membri di chiedere alle autorità competenti degli altri Stati membri tutte le informazioni idonee ad assumere rilevanza ai fini del calcolo esatto, tra l’altro, dell’imposta sulle società.

56

Da ultimo si deve aggiungere che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, le autorità fiscali interessate hanno la facoltà di sollecitare la trasmissione da parte della società madre dei documenti che sembrano loro necessari al fine di esaminare se gli accantonamenti contabilizzati dalla suddetta società per il deprezzamento delle sue partecipazioni nel capitale della controllata debbano ricondursi indirettamente ad una perdita subita dalla controllata indiretta, che ha dato origine ad accantonamenti contabilizzati nella suddetta controllata (v., in tal senso, sentenze Centro di Musicologia Walter Stauffer, cit., punto 49; 30 gennaio 2007, causa C-150/04, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I-1163, punto 54; , causa C-347/04, Rewe Zentralfinanz, Racc. pag. I-2647, punto 57, e , causa C-451/05, ELISA, Racc. pag. I-8251, punto 95).

57

Nelle relazioni tra Stati membri le informazioni richieste o fornite dalle autorità fiscali interessate sono tanto più idonee a consentire di verificare se le condizioni previste dalla normativa nazionale sono soddisfatte quanto più si applicano misure comunitarie di armonizzazione in materia di contabilità delle società, ed esista di conseguenza la possibilità di produrre dati affidabili e verificabili relativi ad una società stabilita in un altro Stato membro (v., in tal senso, sentenza 18 dicembre 2007, causa C-101/05, A, Racc. pag. I-11531, punto 62).

58

Quindi, quando società madri residenti in uno Stato membro richiedono il beneficio del regime dell’integrazione fiscale con controllate indirette residenti detenute tramite società controllate residenti in un altro Stato membro, come nella causa principale, le autorità fiscali del primo Stato membro possono chiedere a tali controllate di fornire gli elementi di prova che stimano necessari affinché sia pienamente assicurata la trasparenza degli accantonamenti operati da queste ultime.

59

Orbene, le società stabilite in Francia che detengono controllate indirette residenti tramite società controllate residenti in un altro Stato membro e che, per tale motivo, si vedono private del beneficio del regime dell’integrazione fiscale non sono autorizzate, ai sensi delle disposizioni del CGI oggetto della causa principale, a fornire documenti giustificativi che consentano di dimostrare l’assenza di un rischio di doppia contabilizzazione delle perdite.

60

Di conseguenza la suddetta normativa osta, in ogni caso, a che le dette società residenti dimostrino la mancanza della doppia presa in considerazione delle perdite nell’ambito del regime dell’integrazione fiscale.

61

Ne deriva che esistono misure meno restrittive della libertà di stabilimento per conseguire l’obiettivo consistente nel garantire la coerenza del regime fiscale.

62

Pertanto le disposizioni del CGI oggetto della causa principale vanno al di là di quanto è necessario per conseguire tale obiettivo e non possono, quindi, essere giustificate dalla necessità di garantire la coerenza del regime fiscale.

63

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre risolvere le questioni sollevate dichiarando che l’art. 52 del Trattato deve essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro in forza della quale un regime fiscale di gruppo è accordato ad una società madre residente in tale Stato membro che detenga società controllate e controllate indirette del pari residenti in tale Stato, ma è escluso per siffatta società madre qualora le sue controllate indirette residenti siano detenute tramite una società controllata residente in un altro Stato membro.

Sulle spese

64

Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

 

L’art. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) deve essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro in forza della quale un regime fiscale di gruppo è accordato ad una società madre residente in tale Stato membro che detenga società controllate e controllate indirette del pari residenti in tale Stato, ma è escluso per siffatta società madre qualora le sue controllate indirette residenti siano detenute tramite una società controllata residente in un altro Stato membro.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.