Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nei procedimenti riuniti da C‑231/06 a C‑233/06,

aventi ad oggetto alcune domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Cour du travail di Bruxelles (Belgio) con decisioni 10 maggio 2006, pervenute alla Corte il 22 maggio 2006, nelle cause

Office national des pensions

contro

Emilienne Jonkman (C-231/06),

Hélène Vercheval (C-232/06),

e

Noëlle Permesaen (C-233/06)

contro

Office national des pensions ,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. R. Schintgen, A. Borg Barthet, M. Ilešič (relatore) e dal sig. E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 1° marzo 2007,

considerate le osservazioni presentate:

– per le sig.re Jonkman, Vercheval e Permesaen, dal sig. J. Heynderickx, avocat;

– per l’Office national des pensions, dai sigg. R. Dupont e M. Willemet, avocats;

– per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. W. Ferrante, avvocato dello Stato;

– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. G. Rozet e M. van Beek, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 marzo 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

1. Le domande di pronuncia pregiudiziale riguardano l’interpretazione della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24).

2. Tali domande sono state proposte nell’ambito di controversie tra le sig.re Jonkman, Vercheval e Permesaen e l’Office national des pensions (in prosieguo: l’«ONP»).

Cause principali e questioni pregiudiziali

3. Le sigg.re Jonkman, Vercheval e Permesaen, dopo aver lavorato come hostess di volo presso la Sabena SA, società per azioni belga di aeronavigazione, hanno presentato una domanda di pensione di vecchiaia in qualità di personale di bordo nel settore dell’aviazione civile. Esse hanno presentato tali domande, rispettivamente, nel corso degli anni 1992, 1995 e 1996, per far valere i loro diritti pensionistici a partire, rispettivamente, dal 1° marzo 1993, dal 1° luglio 1996 e dal 1° febbraio 1997.

4. L’ONP ha concesso loro una pensione. Tuttavia, le sig.re Jonkman, Vercheval e Permesaen hanno impugnato le decisioni dell’ONP, la prima dinanzi al tribunal du travail di Bruxelles e le altre due dinanzi a quello di Nivelles, affermando che il calcolo delle loro pensioni si fondava su disposizioni discriminatorie e che esse dovevano ricevere una pensione calcolata secondo le stesse regole applicate agli assistenti di volo di sesso maschile.

5. In particolare, da un confronto dalle note di calcolo delle pensioni delle interessate risultava che gli importi della retribuzione presi in considerazione dall’ONP erano, per il periodo compreso tra il 1° gennaio 1964 e il 31 dicembre 1980, notevolmente inferiori per le hostess di volo che per gli steward di volo, nonostante le loro retribuzioni fossero uguali.

6. Ciò si spiegava con una disparità di trattamento nel periodo summenzionato tra le hostess di volo, da una parte, e gli altri membri del personale di cabina, dall’altra. Infatti, con regio decreto 10 gennaio 1964 che determina i contributi destinati al finanziamento del regime di pensione di vecchiaia e superstiti del personale di bordo dell’aviazione civile e le modalità del loro versamento ( Moniteur belge del 17 gennaio 1964, pag. 464), entrato in vigore il 1° gennaio 1964, era stato instaurato un regime speciale di pensione di vecchiaia a beneficio del personale di bordo dell’aviazione civile, dal quale erano però escluse le hostess di volo. Queste ultime rimanevano assoggettate al regime generale di pensione di vecchiaia dei dipendenti, che era caratterizzato dal fatto che, ai fini della riscossione dei contributi e del calcolo della pensione, veniva presa in considerazione una percentuale di retribuzione inferiore a quella che costituiva la base di calcolo nel regime speciale del personale di bordo dell’aviazione civile.

7. La causa dell’esclusione delle hostess di volo dal beneficio di tale regime speciale di pensione di vecchiaia consisteva nell’impossibilità in cui esse si trovavano all’epoca di proseguire la loro carriera come membri del personale di bordo oltre l’età di 40 anni. Esse non potevano quindi realizzare una carriera completa. Per tali ragioni, il Regno del Belgio ha deciso di non includerle nel regime introdotto.

8. La problematica della carriera all’interno della Sabena SA e del regime pensionistico delle hostess di volo è stata oggetto di numerose controversie dinanzi ai giudici belgi, alcune delle quali sono state decise sulla base di una sentenza resa dalla Corte su domanda di pronuncia pregiudiziale (sentenze 25 maggio 1971, causa 80/70, Defrenne, Racc. pag. 445; 8 aprile 1976, causa 43/75, Defrenne, Racc. pag. 455, e 15 giugno 1978, causa 149/77, Defrenne, Racc. pag. 1365). Con regio decreto 27 giugno 1980, di modifica del regio decreto 3 novembre 1969, che fissa per il personale di bordo dell’aviazione civile le regole speciali per il riconoscimento del diritto alla pensione e le modalità specifiche di applicazione del regio decreto 24 ottobre 1967, n. 50, relativo alla pensione di vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti ( Moniteur belge del 23 agosto 1980, pag. 9700), entrato in vigore il 1° gennaio 1981, le hostess di volo solo state infine incluse nel regime speciale del personale di bordo dell’aviazione civile. In seguito, il legislatore belga, con regio decreto 28 marzo 1984, recante lo stesso titolo del precedente ( Moniteur belge del 3 aprile 1984, pag. 4100), ha previsto una regolarizzazione a favore delle hostess di volo per il periodo compreso tra il 1° gennaio 1964 e il 31 dicembre 1980. Poiché il regio decreto summenzionato è stato annullato con sentenza del Consiglio di Stato 7 settembre 1987, è stato adottato un nuovo regio decreto dallo stesso titolo, in data 25 giugno 1997 ( Moniteur belge del 31 luglio 1997 pag. 19635; in prosieguo: il «regio decreto 25 giugno 1997»), per porre rimedio alla disparità di trattamento tra le hostess di volo e gli steward di volo durante il periodo compreso tra il 1° gennaio 1964 e il 31 dicembre 1980.

9. Secondo il regio decreto 25 giugno 1997, le hostess di volo in servizio nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1964 e il 31 dicembre 1980 avranno ormai diritto ad una pensione di anzianità calcolata secondo gli stessi criteri applicati agli steward di volo, previo pagamento in un’unica soluzione di contributi di regolarizzazione, maggiorati di un interesse al tasso del 10% l’anno. Tali contributi di regolarizzazione sono costituiti essenzialmente dalla differenza tra i contributi pagati dalle hostess di volo nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1964 e il 31 dicembre 1980 e i contributi più elevati pagati dagli steward di volo nello stesso periodo.

10. Le sig.re Jonkman, Vercheval e Permesaen ritengono che la regolarizzazione prevista dal regio decreto 25 giugno 1997 non consenta di eliminare tutte le discriminazioni tra le hostess di volo e gli steward di volo.

11. Con sentenze 17 novembre 1997 e 9 gennaio 1998, pronunciate rispettivamente dal tribunal du travail di Bruxelles e da quello di Nivelles, sono stati accolti i ricorsi delle sig.re Jonkman e Vercheval, con la motivazione che il sistema di calcolo delle loro pensioni era discriminatorio.

12. Nel caso della sig.ra Permesaen, il tribunal du travail di Nivelles, con sentenza 26 dicembre 2003, ha parzialmente accolto gli argomenti dell’ONP, dichiarando che non costituisce una discriminazione la concessione di una pensione identica a quella dei lavoratori di sesso maschile assoggettata alla condizione del pagamento dei contributi che avrebbero dovuto essere versati se la lavoratrice fosse stata iscritta a tale regime durante la sua carriera professionale. Invece, tale giudice ha dichiarato discriminatori gli interessi al tasso annuo del 10%.

13. L’ONP ha proposto appello contro le sentenze 17 novembre 1997 e 9 gennaio 1998 dinanzi alla cour du travail di Bruxelles. Il medesimo giudice è stato investito dalla sig.ra Permesaen di un appello contro la sentenza 26 dicembre 2003.

14. La cour du travail di Bruxelles giudica che le modalità pratiche del sistema di regolarizzazione introdotto dal regio decreto 25 giugno 1997 possono essere discriminatorie. Il detto giudice osserva, a tale riguardo, che il pagamento in un’unica soluzione di un capitale molto elevato rappresenta per una persona in pensione un ostacolo non trascurabile. La cour du travail considera anche l’aspetto fiscale di tale sistema di regolarizzazione, nel senso che i contributi erano all’epoca deducibili a fini fiscali per gli steward di volo, ma non per le hostess di volo. Infine, tale giudice osserva che il tasso degli interessi applicati è superiore al tasso legale degli interessi moratori e compensativi, nonché al tasso bancario.

15. La cour du travail di Bruxelles ritiene che la soluzione delle cause principali dipenda dall’interpretazione della direttiva 79/7. Quindi, ha deciso di sospendere la pronuncia e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la direttiva 79/7 debba essere intesa come diretta ad autorizzare l’adozione, da parte di uno Stato membro, di una normativa che consente a una categoria di persone di un determinato sesso, in origine discriminata, di beneficiare del regime di pensione applicabile alla categoria di persone dell’altro sesso, dietro il pagamento retroattivo di contributi (pagamento in un’unica soluzione di un capitale elevato) prescritti, ai sensi della legislazione applicabile in detto Stato, a favore di quest’ultima categoria di persone.

In caso di risposta affermativa, se la direttiva 79/7 non debba essere intesa come diretta ad esigere che uno Stato membro adatti la normativa contraria alle disposizioni della menzionata direttiva qualora con una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee si sia constatato tale conflitto di norme e, quanto meno, entro il termine di prescrizione applicabile al credito contributivo scaturito dall’adozione di tale normativa.

2) Se la direttiva 79/7 debba essere intesa come diretta ad autorizzare l’adozione, da parte di uno Stato membro, di una normativa che consente a una categoria di persone di un determinato sesso, in origine discriminata, di beneficiare del regime di pensione applicabile alla categoria di persone dell’altro sesso, dietro il pagamento di considerevoli interessi di mora prescritti, in forza della legislazione applicabile in detto Stato, a favore di quest’ultima categoria di persone.

In caso di risposta affermativa, se la direttiva 79/7 non debba essere intesa come diretta ad esigere che uno Stato membro modifichi la normativa contraria a tale disposizione qualora con una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee si sia constatato tale conflitto di norme e, quanto meno, entro il termine di prescrizione applicabile agli interessi di mora scaturiti dall’adozione di tale normativa».

Sulle questioni pregiudiziali

Considerazioni preliminari

16. Occorre anzitutto constatare che le parti della causa principale non contestano che l’iniziale esclusione delle hostess di volo dal regime speciale di pensione del personale di bordo dell’aviazione civile sia stata discriminatoria.

17. Occorre inoltre rilevare, in via preliminare, che l’art. 141, nn. 1 e 2, CE, riguardante il principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile, non è applicabile nella fattispecie, in quanto tale articolo si applica ai soli regimi pensionistici aziendali e non ai regimi legali di pensione (sentenze 25 maggio 1971, Defrenne, cit., punti 10-13; 6 ottobre 1993, causa C‑109/91, Ten Oever, Racc. pag. I‑4879, punto 9, e 21 luglio 2005, causa C‑207/04, Vergani, Racc. pag. I‑7453, punti 22 e 23).

18. Il giudice del rinvio ha quindi giustamente posto le sue questioni relative alla direttiva 79/7, che si applica ai regimi legali in materia di previdenza sociale, compresi i regimi legali di pensione (sentenza 1° luglio 1993, causa C‑154/92, van Cant, Racc. pag. I‑3811, punti 10 e 11).

19. L’art. 4, n. 1, di tale direttiva vieta «qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso (…), in particolare per quanto riguarda (…) il campo di applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione (…), l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi [nonché] il calcolo delle prestazioni». Tale disposizione può essere invocata dai privati dinanzi ai giudici nazionali al fine di indurli a disapplicare qualsiasi normativa nazionale incompatibile (sentenze 13 dicembre 1989, causa C‑102/88, Ruzius-Wilbrink, Racc. pag. 4311, punto 19, e 27 ottobre 1993, causa C‑337/91, van Gemert-Derks, Racc. pag. I‑5435, punto 31).

Sul requisito del pagamento di contributi di regolarizzazione

20. Con la prima parte delle sue questioni il giudice del rinvio chiede in sostanza se la direttiva 79/7 osti a che uno Stato membro, qualora adotti una normativa che consente a persone di un determinato sesso, in origine discriminate, di beneficiare del regime di pensione applicabile alle persone dell’altro sesso, faccia dipendere tale iscrizione dal pagamento, in un’unica soluzione e maggiorato di un interesse del 10% annuo, di contributi di regolarizzazione costituiti dalla differenza tra i contributi pagati dalle persone in origine discriminate nel periodo durante il quale la discriminazione è avvenuta e i contributi più elevati pagati dall’altra categoria di persone nello stesso periodo.

21. Dalle osservazioni depositate dinanzi alla Corte risulta che le parti della causa principale, la Commissione delle Comunità europee e il governo italiano concordano sul fatto che la condizione principale cui le hostess di volo sono assoggettate con regio decreto 25 giugno 1997 affinché l’attività professionale da loro svolta durante il periodo compreso tra il 1° gennaio 1964 e il 31 dicembre 1980 sia presa in considerazione allo stesso modo di quella degli steward di volo, e cioè il pagamento di una somma consistente nella differenza tra i contributi da esse pagati nel periodo di cui trattasi e i contributi più elevati pagati dagli steward di volo nello stesso periodo, non è di per sé discriminatoria.

22. Tale tesi è corretta. Come la Corte ha già giudicato nell’ambito di controversie riguardanti regimi pensionistici aziendali, il fatto che un lavoratore possa reclamare l’iscrizione, con effetti retroattivi, a un regime pensionistico aziendale non consente allo stesso di esimersi dal versamento dei contributi concernenti il periodo d’iscrizione di cui trattasi (sentenze 28 settembre 1994, causa C‑128/93, Fisscher, Racc. pag. I‑4583, punto 37; 24 ottobre 1996, causa C‑435/93, Dietz, Racc. pag. I‑5223, punto 34, e 16 maggio 2000, causa C‑78/98, Preston e a., Racc. pag. I‑3201, punto 39).

23. Infatti, nel caso in cui sia stata subita una discriminazione, il ristabilimento della parità di trattamento deve porre di nuovo il lavoratore discriminato in una situazione identica a quella dei lavoratori dell’altro sesso. Conseguentemente il suddetto lavoratore non può pretendere, in particolare sul piano finanziario, un trattamento più favorevole di quello di cui avrebbe goduto se fosse stato regolarmente iscritto (citate sentenze Fissher, punti 35 e 36, e Preston e a., punto 38).

24. È necessario constatare che tale giurisprudenza si applica per analogia ad un regime legale di pensione. Ne consegue che uno Stato membro, nell’adottare una normativa che consente a una categoria di persone di un determinato sesso, in origine discriminata, di beneficiare del regime di pensione applicabile alla categoria di persone dell’altro sesso, può scegliere di ristabilire la p arità di trattamento esigendo il pagamento di una somma costituita dalla differenza tra i contributi pagati dalle persone in origine discriminate nel periodo durante il quale la discriminazione è avvenuta e i contributi più elevati pagati dall’altra categoria di persone nello stesso periodo. La circostanza che quest’ultima categoria di persone benefici nel frattempo della prescrizione dell’azione per il pagamento dei suoi contributi non può impedire una regolarizzazione come quella precedentemente descritta, a condizione tuttavia, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 70 delle sue conclusioni, che siano fissati termini di prescrizione identici per i nuovi iscritti.

25. Inoltre, per evitare qualsiasi discriminazione alla rovescia, i contributi di regolarizzazione possono essere maggiorati di interessi diretti a compensare la svalutazione monetaria. Infatti, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 38 delle sue conclusioni, e con la riserva formulata al paragrafo 39 di esse, siffatta maggiorazione garantisce che i contributi versati dai nuovi iscritti non siano in realtà meno elevati di quelli versati dai lavoratori iscritti dal momento dell’introduzione del regime pensionistico.

26. Per i motivi enunciati dall’avvocato generale ai paragrafi 64 e 65 delle sue conclusioni, le considerazioni precedenti si limitano all’ipotesi in cui la regolarizzazione dei diritti a pensione produca i suoi effetti a partire dalla data in cui si comincia a beneficiare della pensione. Infatti, una regolarizzazione offerta a persone che sono già in pensione e che necessita il pagamento di una somma che rappresenta la differenza tra i contributi da esse pagati nel periodo durante il quale sono state discriminate e i contributi più elevati pagati dall’altra categoria di persone nello stesso periodo, mette fine al trattamento discriminatorio solo se dà luogo allo stesso calcolo dei diritti a pensione per tutta la durata della pensione di ciascuno degli interessati.

27. Da quanto precede risulta che la direttiva 79/7 non osta a che uno Stato membro, qualora adotti una normativa che consente alle persone di un determinato sesso, in origine discriminate, di beneficiare, per tutta la durata della loro pensione, del regime di pensione applicabile alle persone dell’altro sesso, faccia dipendere tale iscrizione dal pagamento di contributi di regolarizzazione costituiti dalla differenza tra i contributi pagati dalle persone in origine discriminate nel periodo durante il quale la discriminazione è avvenuta e i contributi più elevati pagati dall’altra categoria di persone nel medesimo periodo, maggiorati di interessi che compensano la svalutazione monetaria.

Sulle modalità di pagamento dei contributi di regolarizzazione

28. Poiché il giudice del rinvio desidera sapere se lo Stato membro può esigere che il pagamento dei contributi di regolarizzazione sia effettuato in un’unica soluzione e sia maggiorato di un interesse al tasso del 10% annuo, occorre rilevare che qualsiasi misura adottata da uno Stato membro per conformarsi alle norme di diritto comunitario, come il principio di parità di trattamento tra uomini e donne, dev’essere effettiva (v., in tal senso, sentenze Fisscher, cit., punto 31; Preston e a., cit., punti 40-42; 20 marzo 2003, causa C‑187/00, Kutz-Bauer, Racc. pag. I‑2741, punto 57, e 4 luglio 2006, causa C‑212/04, Adeneler e a., Racc. pag. I‑6057, punto 95). Di conseguenza, il legislatore belga doveva, al momento in cui ha adottato il regio decreto 25 giugno 1997 per porre nuovamente le hostess di volo nella stessa situazione di quella degli steward, stabilire le modalità della regolarizzazione in modo da non renderla praticamente impossibile o eccessivamente difficile.

29. Orbene, dalle osservazioni presentate alla Corte risulta che, alla luce della lunga durata del periodo di discriminazione, che si è protratto dal 1° gennaio 1964 al 31 dicembre 1980, e dei numerosi anni trascorsi tra la fine di questo periodo e l’adozione del regio decreto 25 giugno 1997 che ha introdotto una regolarizzazione (dal 1981 al 1997), i contributi di regolarizzazione rappresentano una somma particolarmente elevata. Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 49 delle sue conclusioni, tale somma potrebbe addirittura superare la pensione annuale delle persone cui è stata proposta la regolarizzazione. Come hanno rilevato le sig.re Jonkman, Vercheval e Permesaen, senza essere contraddette sul punto dall’ONP, il pagamento in un’unica soluzione di una somma così elevata può rivelarsi impossibile, oppure rendere necessario un prestito presso un organismo finanziario che, a sua volta, richiederà il pagamento di interessi.

30. D’altronde, dal regio decreto 25 giugno 1997 risulta che esso prevede in casi eccezionali, non applicabili alla fattispecie in esame, lo scaglionamento del pagamento dei contributi, in forma di pagamento di rate annue.

31. Alla luce degli elementi precedentemente illustrati, occorre considerare che l’obbligo imposto agli interessati di pagare i contributi di regolarizzazione in un’unica soluzione ha avuto l’effetto di rendere eccessivamente difficile la regolarizzazione dei diritti delle hostess di volo.

32. Per quanto riguarda l’interesse del 10% annuo, le parti della causa principale, la Commissione e il governo italiano hanno tutti dichiarato o riconosciuto che il tasso è notevolmente elevato. Interrogato a tale proposito nel corso dell’udienza, l’ONP non è stato in grado di precisare la ragione per cui il regio decreto 25 giugno 1997 aveva stabilito un tasso di interesse superiore al tasso d’inflazione.

33. In ogni caso è pacifico che la fissazione di un tasso d’interesse superiore a quello necessario a compensare la svalutazione monetaria comporta la conseguenza che i contributi versati dai nuovi iscritti sono in realtà più elevati di quelli versati dai lavoratori iscritti dal momento in cui è stato istituito il regime pensionistico. Quindi, lungi dal rimettere le hostess di volo nella stessa situazione di quella degli steward di volo, tale tasso di interesse ha contribuito al perpetuarsi del trattamento discriminatorio delle hostess di volo.

34. Tuttavia, spetta al giudice del rinvio, il quale è l’unico ad avere una conoscenza completa del diritto nazionale, determinare se il tasso d’interesse del 10% annuo previsto dal regio decreto 25 giugno 1997 potrebbe contenere una percentuale di interessi diretta a compensare la svalutazione monetaria.

35. Da tutte le considerazioni che precedono risulta che la direttiva 79/7 osta a che uno Stato membro, qualora adotti una normativa che consente alle persone di un determinato sesso, in origine discriminate, di beneficiare del regime di pensione applicabile alla categoria di persone dell’altro sesso, esiga che il pagamento dei contributi di regolarizzazione sia maggiorato di interessi diversi da quelli diretti a compensare la svalutazione monetaria. Tale direttiva osta parimenti a che si esiga che il suddetto pagamento avvenga in un’unica soluzione, qualora la detta condizione renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile la regolarizzazione perseguita. Ciò avviene, in particolare, laddove la somma da pagare superi la pensione annuale dell’interessato.

Sugli obblighi di uno Stato membro derivanti da una sentenza pronunciata a seguito di una domanda di pronuncia pregiudiziale

36. Con la seconda parte delle sue questioni, da intendersi nel contesto delle controversie di cui alle cause principali, il giudice del rinvio chiede in sostanza se uno Stato membro abbia l’obbligo di adeguare la sua normativa a seguito di una sentenza pronunciata dalla Corte su domanda di pronuncia pregiudiziale da cui deriva l’incompatibilità di tale normativa con il diritto comunitario.

37. A tale proposito occorre ricordare che, ai sensi del principio di leale collaborazione previsto dall’art. 10 CE, gli Stati membri hanno l’obbligo di eliminare le conseguenze illecite di una violazione del diritto comunitario (sentenza 7 gennaio 2004, causa C‑201/02, Wells, Racc. pag. I‑723, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

38. Pertanto, a seguito di una sentenza emessa su domanda di pronuncia pregiudiziale da cui risulti l’incompatibilità di una normativa nazionale con il diritto comunitario, è compito delle autorità dello Stato membro interessato adottare i provvedimenti generali o particolari idonei a garantire il rispetto del diritto comunitario sul loro territorio (v., in tal senso, sentenza Wells, cit., punti 64 e 65, e sentenza 25 marzo 2004, causa C‑495/00, Azienda Agricola Giorgio, Giovanni e Luciano Visentin e a., Racc. pag. I‑2993, punto 39). Pur mantenendo un potere discrezionale quanto alle misure da adottare, tali autorità devono vigilare in particolare affinché il diritto nazionale sia rapidamente adeguato al diritto comunitario e affinché sia data piena attuazione ai diritti che sono attribuiti ai singoli dall’ordinamento comunitario.

39. D’altronde, come la Corte ha ripetutamente dichiarato nei casi di discriminazioni incompatibili col diritto comunitario, finché non siano adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, l’osservanza del principio di uguaglianza può essere garantita solo mediante la concessione alle persone appartenenti alla categoria sfavorita degli stessi vantaggi di cui beneficiano le persone della categoria privilegiata. In tale ipotesi, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare qualsiasi disposizione nazionale discriminatoria, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione da parte del legislatore, e deve applicare ai componenti del gruppo sfavorito lo stesso regime che viene riservato alle persone dell’altra categoria (sentenze 28 settembre 1994, causa C‑408/92, Avdel Systems, Racc. pag. I‑4435, punti 16 e 17; 12 dicembre 2002, causa C‑442/00, Rodríguez Caballero, Racc. pag. I‑11915, punti 42 e 43, e 7 settembre 2006, causa C‑81/05, Cordero Alonso, Racc. pag. I-7569, punti 45 e 46).

40. Del resto, uno Stato membro è tenuto a risarcire i danni cagionati a singoli dalla violazione del diritto comunitario. Spetta al giudice nazionale, nel caso in cui ricorrano i presupposti di un tale obbligo, trarre le conseguenze da questo principio (v., in particolare, sentenze 22 aprile 1997, causa C‑66/95, Sutton, Racc. pag. I‑2163, punti 35, e 30 settembre 2003, causa C‑224/01, Köbler, Racc. pag. I‑10239, punti 51 e 52).

41. Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la seconda parte delle questioni pregiudiziali dichiarando che, a seguito di una sentenza emessa su domanda di pronuncia pregiudiziale da cui risulti l’incompatibilità di una normativa nazionale con il diritto comunitario, è compito delle autorità dello Stato membro interessato adottare i provvedimenti generali o particolari idonei a garantire il rispetto del diritto comunitario sul loro territorio, vigilando in particolare affinché il diritto nazionale sia rapidamente adeguato al diritto comunitario e sia data piena attuazione ai diritti che sono attribuiti ai singoli dall’ordinamento comunitario. Nei casi in cui è stata constatata una discriminazione incompatibile con il diritto comunitario, finché non siano adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare qualsiasi disposizione nazionale discriminatoria, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione da parte del legislatore, e deve applicare ai componenti del gruppo sfavorito lo stesso regime che viene riservato alle persone dell’altra categoria.

Sulle spese

42. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Dispositivo

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1) La direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, qualora uno Stato membro adotti una normativa che consente alle persone di un determinato sesso, in origine discriminate, di beneficiare per tutta la durata della loro pensione del regime di pensione applicabile alle persone dell’altro sesso,

– non osta a che il detto Stato membro faccia dipendere tale iscrizione dal pagamento di contributi di regolarizzazione costituiti dalla differenza tra i contributi pagati dalle persone in origine discriminate nel periodo durante il quale la discriminazione è avvenuta e i contributi più elevati pagati dall’altra categoria di persone nello stesso periodo, maggiorati di interessi che compensano la svalutazione monetaria;

– osta, invece, a che il detto Stato membro esiga che il suddetto pagamento dei contributi di regolarizzazione sia maggiorato di interessi diversi da quelli diretti a compensare la svalutazione monetaria;

– osta parimenti a che si esiga che tale pagamento avvenga in un’unica soluzione, qualora la detta condizione renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile la regolarizzazione perseguita. Ciò avviene, in particolare, laddove la somma da pagare superi la pensione annuale dell’interessato.

2) A seguito di una sentenza emessa su domanda di pronuncia pregiudiziale da cui risulti l’incompatibilità di una normativa nazionale con il diritto comunitario, è compito delle autorità dello Stato membro interessato adottare i provvedimenti generali o particolari idonei a garantire il rispetto del diritto comunitario sul loro territorio, vigilando in particolare affinché il diritto nazionale sia rapidamente adeguato al diritto comunitario e affinché sia data piena attuazione ai diritti che sono attribuiti ai singoli dall’ordinamento comunitario.

Nei casi in cui è stata constatata una discriminazione incompatibile con il diritto comunitario, finché non siano adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare qualsiasi disposizione nazionale discriminatoria, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione da parte del legislatore, e deve applicare ai componenti del gruppo sfavorito lo stesso regime che viene riservato alle persone dell’altra categoria.