Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nel procedimento C‑307/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Juzgado de lo Social n. 1 de San Sebastián (Spagna), con decisione 6 luglio 2005, pervenuta in cancelleria il 4 agosto 2005, nella causa tra

Yolanda Del Cerro Alonso

e

Osakidetza-Servicio Vasco de Salud,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. R. Schintgen (relatore), J. Klučka, J. Makarczyk e G. Arestis, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 21 settembre 2006,

considerate le osservazioni presentate:

– per la sig.ra Del Cerro Alonso, dal sig. A. Angoitia López, abogado;

– per l’Osakidetza-Servicio Vasco de Salud, dal sig. R. Navajas Cardenal, abogado;

– per il governo spagnolo, dal sig. J. Rodríguez Cárcamo, in qualità di agente;

– per l’Irlanda, dal sig. D.J. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dai sigg. A. Collins, SC, A. Kerr, BL, F. O’Dubhghaill, BL, M. Heneghan, state’s solicitor, e J. Gormley, advisory counsel;

– per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Massella Ducci Teri, avvocato dello Stato;

– per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra T. Harris, in qualità di agente, assistita dal sig. T. Ward e dalla sig.ra K. Smith, barristers;

– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. M. van Beek e R. Vidal Puig, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 gennaio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), contenuto in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43).

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Del Cerro Alonso ed il suo datore di lavoro, l’Osakidetza-Servicio Vasco de Salud (ospedale pubblico convenzionato della comunità basca di Spagna; in prosieguo: l’«Osakidetza»), in merito alla concessione di scatti di anzianità.

Contesto normativo

Normativa comunitaria

3. Ai sensi della clausola 1 dell’accordo quadro, «l’obiettivo [di quest’ultimo] è:

a) migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;

b) creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».

4. La clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro così dispone:

«Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro».

5. A norma della clausola 3 dell’accordo quadro:

«1. Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro [di durata determinata] definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.

2. Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo indeterminato comparabile” indica un lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a [un] lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze. (…)».

6. La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro  dispone quanto segue:

«Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive».

Normativa nazionale

7. La disciplina di base applicabile al personale di ruolo del sistema sanitario spagnolo è contenuta nella legge 16 dicembre 2003, n. 55, recante lo statuto quadro del personale di ruolo dei servizi sanitari (Ley n. 55/2003 del Estatuto Marco del personal estatutario de los servicios de salud) (BOE n. 301 del 17 dicembre 2003, pag. 44742).

8. Come emerge dall’art. 1 della legge n. 55/2003, quest’ultima mira a stabilire le norme fondamentali del regime speciale relativo al pubblico impiego che disciplinano il personale di ruolo dei servizi costituenti il sistema sanitario nazionale.

9. L’art. 2, n. 1, della legge n. 55/2003 stabilisce quanto segue:

«La presente legge è applicabile al personale di ruolo impiegato presso i centri o le istituzioni ospedaliere dei servizi sanitari delle comunità autonome, o presso i centri e i servizi sanitari dell’amministrazione generale dello Stato».

10. Gli artt. 8 e 9 della legge n. 55/2003 operano una distinzione tra «personale di ruolo a tempo indeterminato» e «personale di ruolo a tempo determinato».

11. L’art. 41, n. 1, della legge n. 55/2003 prevede che «il sistema di retribuzione del personale di ruolo si compone di retribuzioni di base e di retribuzioni complementari». Ai sensi dell’art. 42, n. 1, della medesima legge, le retribuzioni di base comprendono il trattamento, le gratifiche e gli scatti triennali; questi ultimi sono attribuiti per ogni triennio di servizio.

12. L’art. 44 della legge n. 55/2003 così recita:

«Il personale di ruolo a tempo determinato percepisce tutte le retribuzioni di base e complementari corrispondenti alla sua nomina nel servizio sanitario interessato, ad eccezione degli scatti triennali».

13. Nella Comunità autonoma dei Paesi Baschi, la normativa di base applicabile al personale di ruolo è stata attuata con decreto 21 novembre 2000, n. 231, relativo all’approvazione dell’accordo che disciplina le condizioni di lavoro del personale dell’Osakidetza‑Servicio Vasco de Salud (Decreto 231/2000, de 21 de noviembre por el que se aprueba el Acuerdo regulador de las condiciones de trabajo del personal de Osakidetza‑Servicio Vasco de Salud; BOPV n. 234, del 7 dicembre 2000, pag. 21912). L’art. 74 dell’accordo che disciplina le condizioni di lavoro del personale dell’Osakidetza, allegato a tale decreto, prevede che per percepire gli scatti triennali è necessario appartenere alla categoria del «personale di ruolo a tempo indeterminato».

Controversia principale e questioni pregiudiziali

14. Dal fascicolo trasmesso alla Corte dal giudice del rinvio emerge che, tra il 1° febbraio 1990 e il 30 giugno 2004, la sig.ra Del Cerro Alonso ha lavorato per più di dodici anni come assistente amministrativa in vari ospedali del sistema sanitario pubblico dei Paesi Baschi e che, durante tutto questo periodo, essa ha fatto parte del «personale di ruolo a tempo determinato».

15. Avendo superato le relative prove di selezione, la sig.ra Del Cerro Alonso, dal 1° luglio 2004, occupa un posto di assistente amministrativa in un ospedale del sistema sanitario pubblico dei Paesi Baschi come membro del «personale di ruolo a tempo indeterminato».

16. Il 7 luglio 2004, l’interessata ha chiesto il riconoscimento dei dodici anni di servizio anteriormente prestati, che rappresentano l’equivalente di quattro scatti triennali. Il suo datore di lavoro, l’Osakidetza, ha accolto la sua domanda e ha fissato la sua anzianità al 17 aprile 1992. La retribuzione della sig.ra Del Cerro Alonso è stata conseguentemente aumentata di quattro scatti triennali a partire dal 1 luglio 2004, data del suo passaggio di ruolo.

17. Il 12 novembre 2004, la sig.ra Del Cerro Alonso ha presentato una nuova domanda al fine di ottenere il pagamento degli scatti triennali maturati nel corso dell’anno precedente al suo passaggio di ruolo, scatti di importo pari a EUR 1 167,94. A tal riguardo, essa si basa sulla terza disposizione supplementare del regio decreto 29 settembre 1989, n. 1181, recante norme per l’applicazione della legge 26 dicembre 1978, n. 70, in materia di riconoscimento di servizi pregressi effettuati presso l’amministrazione pubblica a favore del personale dell’Istituto sanitario nazionale (Real Decreto n. 1181/1989, por el que se dictan normas de aplicación de la Ley 70/1978, de 26 de diciembre, de Reconocimiento de servicios previos en la Administración Pública al personal estatutario del Instituto Nacional de la Salud) (BOE n. 237 del 3 ottobre 1989, pag. 30952), la quale prevede che gli effetti economici derivanti dal riconoscimento dell’anzianità di servizio possono estendersi retroattivamente al periodo precedente la domanda di riconoscimento di servizi pregressi, fino al massimo di un anno.

18. Poiché tale domanda è rimasta priva di risposta, l’interessata ha adito il giudice del rinvio, facendo valere, in sostanza, che il rifiuto di concederle retroattivamente gli effetti economici risultanti dal riconoscimento dell’anzianità di servizio costituisce una discriminazione del «personale di ruolo a tempo determinato» rispetto al «personale di ruolo a tempo indeterminato».

19. L’Osakidetza si oppone a tale pretesa in quanto il decreto n. 231/2000 prevede, come condizione indispensabile per l’attribuzione di scatti triennali, che l’interessato abbia lo status di membro del «personale di ruolo a tempo indeterminato». Poiché la sig.ra Del Cerro Alonso ha acquisito tale status solo il 1° luglio 2004, essa potrebbe fruire di detti scatti solo a decorrere da tale data.

20. Il giudice del rinvio si domanda se, in base al divieto di discriminazione enunciato dalla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, la ricorrente nella causa principale possa usufruire di una soluzione più favorevole di quella derivante dall’applicazione del diritto interno.

21. A tal proposito, sarebbe però importante determinare se la nozione di «condizioni di impiego», ai sensi della suddetta clausola, includa la remunerazione percepita da un lavoratore.

22. Il giudice del rinvio nutre inoltre dubbi circa il fatto che una differenza di trattamento tra il «personale di ruolo a tempo determinato» ed il «personale di ruolo a tempo indeterminato», essendo prevista da un testo legislativo o da un accordo tra le parti sociali, costituisca una «ragione oggettiva» ai sensi di questa stessa clausola dell’accordo quadro.

23. È in tale contesto che lo Juzgado de lo Social (Tribunale spagnolo, competente per le controversie di lavoro e previdenziali) n. 1 de San Sebastián ha deciso di sospendere il giudizio e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la direttiva 1999/70/CE, quando dispone che i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato, si riferisca anche alle condizioni economiche.

In caso di soluzione affermativa:

2) Se costituisca una ragione oggettiva sufficiente per non riconoscere il supplemento economico concesso, a titolo di anzianità, ai lavoratori a tempo indeterminato, il fatto che l’art. 44 della legge n. 55/2003 (…) stabilisca l’impossibilità di percepirlo.

3) Se gli accordi sottoscritti tra la rappresentanza sindacale del personale e l’amministrazione costituiscano ragioni oggettive sufficienti per non concedere il supplemento a titolo di anzianità al personale a tempo determinato».

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazioni preliminari

24. Al fine di rispondere utilmente alle questioni poste dal giudice del rinvio occorre verificare in via preliminare se un lavoratore, quale la ricorrente nella causa principale, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 1990/70 e di quello dell’accordo quadro.

25. La Corte ha già statuito, a tal riguardo, che risulta tanto dalla formulazione della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro, quanto dal loro sistema generale nonché dalla loro finalità che le prescrizioni ivi enunciate sono applicabili ai contratti e ai rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi con le amministrazioni e con altri enti del settore pubblico (sentenze 4 luglio 2006, causa C‑212/04, Adeneler e a., Racc. pag. I‑6057, punti 54‑57, nonché 7 settembre 2006, causa C‑53/04, Marrosu e Sardino, Racc. pag. I‑7213, punti 40‑43, e causa C‑180/04, Vassallo, Racc. pag. I‑7251, punti 32‑35).

26. Occorre aggiungere che, come emerge dalla clausola 1 dell’accordo quadro, lo scopo di questo è non solo di stabilire un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, ma anche di garantire il rispetto del divieto di discriminazione per quanto riguarda il lavoro a tempo determinato.

27. Orbene, tenuto conto dell’importanza del principio della parità di trattamento e del divieto di discriminazione, che fanno parte dei principi generali del diritto comunitario, alle disposizioni previste dalla direttiva 1999/70 e dall’accordo quadro al fine di garantire ai lavoratori a tempo determinato di beneficiare degli stessi vantaggi riservati ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili, a meno che un trattamento differenziato non si giustifichi per ragioni oggettive, dev’essere riconosciuta una portata generale, in quanto costituiscono norme di diritto sociale comunitario di particolare importanza, di cui ogni lavoratore deve usufruire in quanto prescrizioni minime di tutela.

28. Di conseguenza, la direttiva 1999/70 nonché l’accordo quadro trovano applicazione nei confront i di tutti i lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nell’ambito di un rapporto di impiego a tempo determinato che li vincola al loro datore di lavoro.

29. La mera circostanza che un impiego sia qualificato come «di ruolo» in base all’ordinamento interno e presenti taluni aspetti caratterizzanti il pubblico impiego dello Stato membro interessato è priva di rilevanza sotto questo aspetto, pena rimettere seriamente in questione l’efficacia pratica della direttiva 1999/70 e quella dell’accordo quadro nonché la loro applicazione uniforme negli Stati membri, riservando a questi ultimi la possibilità di escludere, a loro discrezione, talune categorie di persone dal beneficio della tutela voluta da tali strumenti comunitari (v., per analogia, sentenze 9 settembre 2003, causa C‑151/02, Jaeger, Racc. pag.I‑8389, punti 58 e 59, nonché 5 ottobre 2004, cause riunite da C‑397/01 a C‑403/01, Pfeiffer e a., Racc. pag. I‑8835, punto 99). In effetti, come si evince non soltanto dall’art. 249, terzo comma, CE, ma parimenti dall’art. 2, primo comma, della direttiva 1999/70, letto alla luce del suo diciassettesimo ‘considerando’, gli Stati membri infatti sono tenuti a garantire il risultato imposto dal diritto comunitario (v. sentenza Adeneler e a., citata, punto 68).

30. Poiché è pacifico che la sig.ra Del Cerro Alonso ha lavorato per più di dodici anni in diversi ospedali del sistema sanitario pubblico dei Paesi Baschi in qualità di membro del personale a tempo determinato e che, d’altronde, la causa principale verte sul confronto tra un membro del personale di ruolo a tempo determinato ed un membro del personale di ruolo a tempo indeterminato, la ricorrente nella causa principale rientra nel campo di applicazione della direttiva 1999/70 e in quello dell’accordo quadro.

Sulla prima questione

31. Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la nozione di «condizioni di impiego» di cui alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso che essa possa servire da fondamento ad una pretesa come quella in esame nella causa principale, che mira ad attribuire ad un lavoratore a tempo determinato scatti di anzianità che l’ordinamento interno riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato.

32. Il governo spagnolo, l’Irlanda e il governo del Regno Unito hanno fatto valere che una soluzione negativa a tale questione s’impone a causa della formulazione dell’art. 137, n. 5, CE, quale interpretata nella sentenza 1° dicembre 2005, causa C-14/04, Dellas e a. (Racc. pag. I‑10253, punto 39).

33. Occorre subito rilevare che il Consiglio dell’Unione europea, nell’adottare la direttiva 1999/70 finalizzata all’attuazione dell’accordo quadro, si è fondato sull’art. 139, n. 2, CE, il quale dispone che gli accordi conclusi a livello comunitario sono attuati nell’ambito dei settori contemplati dall’art. 137 CE.

34. Tra i settori per cui l’art. 137, n. 2, CE abilita il Consiglio ad emanare, mediante direttive, prescrizioni minime al fine di realizzare gli obiettivi previsti dall’art. 136 CE, tra cui figura il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nonché una protezione sociale adeguata degli stessi, l’art. 137, n. 1, lett. b), CE enumera le «condizioni di lavoro».

35. Tuttavia, ai sensi dell’art. 137, n. 5, CE le disposizioni del detto articolo «non si applicano alle retribuzioni, al diritto di associazione, al diritto di sciopero né al diritto di serrata».

36. A tal proposito occorre rammentare in primo luogo che, ai sensi della clausola 1, lett. a), dell’accordo quadro, l’obiettivo di quest’ultimo è di «migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione». Del pari, il preambolo dell’accordo quadro precisa che esso «indica la volontà delle parti sociali di stabilire un quadro generale che garantisca la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni». Il quattordicesimo ‘considerando’ della direttiva 1999/70 precisa, a tal fine, che l’obiettivo dell’accordo quadro consiste, in particolare, nel miglioramento della qualità del lavoro a tempo determinato, fissando requisiti minimi atti a garantire l’applicazione del divieto di discriminazione.

37. Ne consegue che l’accordo quadro mira a dare applicazione al divieto di discriminazione nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, al fine di impedire che un rapporto di impiego di tale natura venga utilizzato da un datore di lavoro per privare questi lavoratori di diritti riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato.

38. Orbene, tale principio di diritto sociale comunitario non può essere interpretato in modo restrittivo.

39. In secondo luogo, poiché l’art. 137, n. 5, CE introduce una deroga alle norme di cui ai nn. 1‑4 dello stesso articolo, le materie per le quali il detto numero introduce una riserva devono formare oggetto di interpretazione restrittiva, in modo da non incidere indebitamente sulla portata dei suddetti nn.1‑4, né rimettere in causa gli obiettivi perseguiti dall’art. 136 CE.

40. Per quanto riguarda in particolare l’eccezione relativa alle «retribuzioni», di cui all’art. 137, n. 5, CE, essa trova la sua ragion d’essere nel fatto che la determinazione del livello degli stipendi rientra nell’autonomia contrattuale delle parti sociali su scala nazionale, nonché nella competenza degli Stati membri in materia. Ciò posto, è stato giudicato appropriato, allo stato attuale del diritto comunitario, escludere la determinazione del livello delle retribuzioni da un’armonizzazione in base agli artt. 136 CE e seguenti.

41. Tuttavia, la detta eccezione non può essere estesa a ogni questione avente un nesso qualsiasi con la retribuzione, pena svuotare taluni settori contemplati dall’art. 137, n. 1, CE, di gran parte dei loro contenuti.

42. Ne consegue che la riserva di cui all’art. 137, n. 5, CE, non può impedire ad un lavoratore a tempo determinato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorché proprio l’applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione.

43. Contrariamente a quanto sostenuto dal governo spagnolo, dall’Irlanda e dal governo del Regno Unito, l’interpretazione prima illustrata non è rimessa in questione dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui non possono applicarsi alle retribuzioni le prescrizioni minime che il Consiglio può adottare mediante direttive in base all’art. 137 CE (v. sentenza Dellas e a., citata, punto 39), sicché la direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 307, pag. 18) non trova applicazione alla retribuzione dei lavoratori (v. sentenza Dellas e a., citata, punto 38, e ordinanza 11 gennaio 2007, causa C‑437/05, Vorel, Racc. pag. I‑0000, punto 32).

44. Dal contesto in cui s’inscrive la motivazione della citata sentenza Dellas e a., nonché quella della citata ordinanza Vorel, emerge infatti senza ambiguità che, nelle cause che hanno dato luogo a tali decisioni, è sorta la questione dell’incidenza che l’interpretazione delle nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo», ai sensi della direttiva 93/104, possono avere sul «livello» delle retribuzioni percepite dai lavoratori svolgenti servizi di guardia (v. sentenza Dellas e a., citata, punti 37 e 38, nonché ordinanza Vorel, citata, punto 32).

45. È dunque in piena conformità all’interpretazione relativa alla riserva di cui all’art. 137, n. 5, CE, sancita ai punti 41 e 42 della presente sentenza, che la Corte ha ritenuto, a tal riguardo, che le modalità di retribuzione dei servizi di guardia non possono formare oggetto di armonizzazione allo stato attuale di sviluppo del diritto comunitario. Infatti, solo le istituzioni nazionali rimangono competenti a provvedere alla determinazione dell’importo delle retribuzioni e trattamenti dovuti a tale titolo a ciascun lavoratore, poiché in linea di principio la direttiva 93/104 non osta all’applicazione, da parte degli Stati membri, di una disciplina che, rispetto ai servizi di guardia effettuati dal lavoratore sul suo luogo di lavoro, preveda una retribuzione differenziata dei periodi nel corso dei quali siano state realmente effettuate prestazioni di lavoro e di quelli in cui non sia stato svolto alcun lavoro effettivo (v. ordinanza Vorel, citata, punti 35 e 36).

46. Orbene, per questi stessi motivi, la determinazione del livello dei diversi elementi costitutivi della retribuzione di un lavoratore, quale la ricorrente nella causa principale, rimane incontestabilmente di competenza delle istituzioni competenti nei vari Stati membri. Tuttavia, tale non è l’oggetto della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio.

47. Come già precisato ai punti 44 e 45 della presente sentenza, rientra invece nel campo di applicazione dell’art. 137, n. 1, lett. b), CE, e dunque della direttiva 1999/70 nonché dell’accordo quadro adottato su tale base, decidere se in applicazione del divieto di discriminazione previsto dalla clausola 4, punto 1, di tale accordo quadro un elemento della retribuzione debba essere concesso, a titolo di condizione di impiego, ad un lavoratore a tempo determinato nella stessa misura riconosciuta ad un lavoratore a tempo indeterminato.

48. In siffatte circostanze, occorre risolvere la prima questione sollevata dichiarando che la nozione di «condizioni di impiego» di cui alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro dev’essere interpretata nel senso che essa può servire da fondamento ad una pretesa come quella in esame nella causa principale, che mira ad attribuire ad un lavoratore a tempo determinato scatti di anzianità che l’ordinamento interno riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato.

Sulla seconda e terza questione

49. In sostanza, tali questioni vertono sull’interpretazione della nozione di «ragioni oggettive» che, secondo la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, possono legittimare un trattamento diverso dei lavoratori a tempo determinato rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato.

50. Il giudice del rinvio domanda, in particolare, se possa costituire una ragione oggettiva di tal genere la mera circostanza che la differenza di trattamento, nella specie esistente tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato in ordine agli scatti di anzianità, sia prevista dalla legge o da un accordo sottoscritto dai rappresentanti sindacali del personale e dell’amministrazione.

51. In siffatte circostanze, occorre esaminare congiuntamente la seconda e terza questione.

52. È utile ricordare, a tal riguardo, che la Corte ha già dovuto statuire su una questione analoga per quanto riguarda la stessa nozione di «ragioni oggettive» che, secondo la clausola 5, punto 1, lett. a), dell’accordo quadro, giustificano il rinnovo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione.

53. In effetti, la Corte ha dichiarato che la nozione di «ragioni oggettive», dev’essere intesa nel senso che essa si riferisce a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività e, pertanto, tali da giustificare, in un simile contesto particolare, l’utilizzo di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione. Dette circostanze possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali siffatti contratti sono stati conclusi e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (v. sentenza Adeneler e a., citata, punti 69 e 70).

54. Per contro, una disposizione nazionale che si limiti ad autorizzare, in modo generale ed astratto attraverso una norma legislativa o regolamentare, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione, non soddisferebbe i criteri precisati al punto precedente (v. sentenza Adeneler e a., citata, punto 71).

55. In particolare, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato sulla sola base di una tale disposizione generale, senza relazione con il contenuto concreto dell’attività considerata, non consente di stabilire criteri oggettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di siffatti contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tale effetto (v. sentenza Adeneler e a., citata, punto 74).

56. Orbene, la stessa interpretazione si impone, per analogia, in relazione all’identica nozione di «ragioni oggettive» ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro.

57. Ciò premesso, tale nozione dev’essere intesa nel senso che essa non autorizza a giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato per il fatto che quest’ultima sia prevista da una norma interna generale ed astratta, quale una legge o un contratto collettivo.

58. Tale nozione richiede, al contrario, che la disparità di trattamento in causa sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s’inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria.

59. Conseguentemente, occorre risolvere la seconda e terza questione sollevata dichiarando che la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro dev’essere interpretata nel senso che essa osta all’introduzione di una disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, giustificata dalla mera circostanza che essa sia prevista da una disposizione legislativa o regolamentare di uno Stato membro ovvero da un contratto collettivo concluso tra i rappresentanti sindacali del personale e il datore di lavoro interessato.

Sulle spese

60. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Dispositivo

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1) La nozione di «condizioni di impiego» di cui alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, contenuto in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretata nel senso che essa può servire da fondamento ad una pretesa come quella in esame nella causa principale che mira ad attribuire ad un lavoratore a tempo determinato scatti di anzianità che l’ordinamento nazionale riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato.

2) La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro dev’essere interpretata nel senso che osta all’introduzione di una disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato giustificata dalla mera circostanza di essere prevista da una disposizione legislativa o regolamentare di uno Stato membro ovvero da un contratto collettivo concluso tra i rappresentanti sindacali del personale e il datore di lavoro interessato.