Causa C‑27/05

Elfering Export GmbH

contro

Hauptzollamt Hamburg-Jonas

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Hamburg)

«Restituzioni all’esportazione — Condizione sostanziale — Regolamento (CE) n. 800/1999 — Carne bovina — Assenza di prova dell’origine dei prodotti — Applicabilità delle sanzioni»

Sentenza della Corte (Prima Sezione) 27 aprile 2006 

Massime della sentenza

Agricoltura — Organizzazione comune dei mercati — Restituzioni all’esportazione

(Regolamento della Commissione n. 800/1999, artt. 5, n. 4, e 51, n. 2)

La dichiarazione dell’origine comunitaria di un prodotto che costituisce oggetto di una domanda di restituzione, contenuta nella dichiarazione di esportazione, rientra nelle informazioni che devono essere fornite sotto pena di sanzione in forza del combinato disposto degli artt. 51, n. 2, e 5, n. 4, del regolamento n. 800/1999, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli.

(v. punto 35 e dispositivo)





SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

27 aprile 2006 (*)

«Restituzioni all’esportazione – Condizione sostanziale – Regolamento (CE) n. 800/1999 – Carne bovina – Assenza di prova dell’origine dei prodotti – Applicabilità delle sanzioni»

Nel procedimento C-27/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Finanzgericht Hamburg (Germania), con decisione 5 gennaio 2005, pervenuta in cancelleria il 27 gennaio 2005, nella causa tra

Elfering Export GmbH

e

Hauptzollamt Hamburg‑Jonas,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. K. Schiemann, K. Lenaerts, E. Juhász (relatore) ed E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl,

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 gennaio 2006,

considerate le osservazioni presentate:

–       per la Elfering Export GmbH, dai sigg. O. Wenzlaff e U. Schrömbges, Rechtsanwälte;

–       per lo Hauptzollamt Hamburg-Jonas, dalla sig.ra S. Plenter, in qualità di agente;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. J.C. Schieferer, in qualità di agente,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La demanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 5, n. 4, e 51, n. 2, del regolamento (CE) della Commissione 15 aprile 1999, n. 800, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli (GU L 102, pag. 11, e, rettifica, GU 1999, L 180, pag. 53; in prosieguo: il «regolamento n. 800/1999»).

2       Questa domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Elfering Export GmbH (in prosieguo: la «Elfering Export») e lo Hauptzollamt Hamburg‑Jonas (autorità doganale tedesca; in prosieguo: lo «Hauptzollamt») relativamente ad una sanzione che quest’ultimo le ha inflitto in seguito a una domanda di restituzione all’esportazione.

 L’ambito normativo comunitario

3       Il quarto, il dodicesimo, il sessantatreesimo e il sessantaquattresimo ‘considerando’ del regolamento n. 800/1999 enunciano:

«considerando che il giorno dell’esportazione deve essere il giorno in cui il servizio doganale accetta l’atto mediante il quale il dichiarante esprime la volontà di procedere all’esportazione dei prodotti in causa, beneficiando di una restituzione; che tale atto è destinato, in particolare, a richiamare l’attenzione delle autorità doganali sul fatto che l’operazione di cui trattasi è sovvenzionata con fondi comunitari, in modo che le medesime autorità procedano ai pertinenti controlli; che, al momento dell’accettazione dell’atto, i prodotti sono posti sotto controllo doganale fino al momento della loro effettiva esportazione; che la data in questione serve di riferimento per determinare la quantità, la natura e le caratteristiche del prodotto esportato;

(...)

considerando che soltanto i prodotti in libera pratica e, eventualmente, originari della Comunità possono beneficiare del regime contemplato nel presente regolamento;

(...)

considerando che la normativa comunitaria in vigore prevede la concessione di restituzioni all’esportazione unicamente sulla base di criteri obiettivi, in particolare per quanto riguarda la quantità, la natura e le caratteristiche del prodotto esportato, nonché la destinazione geografica dello stesso; che, ai fini della lotta contro le irregolarità, ed in particolare contro le frodi a danno del bilancio comunitario, e alla luce dell’esperienza acquisita, è necessario adottare disposizioni per il recupero degli importi indebitamente versati, nonché sanzioni tali da indurre gli esportatori a rispettare le norme comunitarie;

(...)

considerando che, per garantire la corretta applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione, è opportuno che le sanzioni siano applicate indipendentemente dall’elemento soggettivo colposo; che, tuttavia, è indicato rinunciare all’irrogazione di sanzioni in determinati casi, in particolare se vi è errore manifesto accertato dalla competente autorità, ed infliggere sanzioni più severe in caso di dolo; considerando che queste misure sono necessarie e devono essere proporzionate e sufficientemente dissuasive ed uniformemente applicate in tutti gli Stati membri».

4       L’art. 5 dello stesso regolamento prevede:

«1.      Per giorno dell’esportazione si intende il giorno in cui il servizio doganale accetta la dichiarazione di esportazione nella quale è indicato che verrà richiesta una restituzione.

2.      La data di accettazione della dichiarazione di esportazione è determinante per stabilire:

a)      il tasso della restituzione applicabile se la restituzione non è stata fissata in anticipo;

b)      gli adeguamenti del tasso della restituzione eventualmente necessari se la restituzione è stata fissata in anticipo;

c)      la quantità, la natura e le caratteristiche del prodotto esportato.

3.      È assimilato all’accettazione della dichiarazione di esportazione qualsiasi altro atto avente effetti giuridici equivalenti a tale accettazione.

4.      Il documento utilizzato all’atto dell’esportazione per beneficiare di una restituzione reca tutti i dati necessari per il calcolo dell’importo della restituzione, in particolare:

a)      per i prodotti:

–       la designazione, eventualmente semplificata, dei prodotti secondo la nomenclatura per le restituzioni all’esportazione e il codice della nomenclatura delle restituzioni e, qualora risulti necessario per il calcolo della restituzione, la composizione dei prodotti in causa o un riferimento a tale composizione;

–       la massa netta dei prodotti o, eventualmente, la quantità espressa nell’unità di misura da prendere in considerazione per calcolare la restituzione;

b)      per le merci, si applicano le disposizioni del regolamento (CE) n. 1222/94.

(...)».

5       L’art. 11 di questo regolamento è così formulato:

«1.      La restituzione è concessa soltanto per i prodotti seguenti, indipendentemente dalla situazione doganale degli imballaggi,

–       originari della Comunità e in libera pratica nella stessa, oppure

–       in libera pratica nella Comunità, oppure

–       in libera pratica nella Comunità, ma con una restituzione limitata all’importo dei diritti riscossi al momento della loro importazione.

I regolamenti relativi alle singole organizzazioni comuni di mercato determinano la situazione in cui viene a trovarsi ciascun prodotto con riguardo alle disposizioni del primo comma.

2.      Se la restituzione è subordinata all’origine comunitaria del prodotto, l’esportatore è tenuto a dichiararla quale è definita al secondo e terzo comma, conformemente alle regole comunitarie in vigore.

Ai fini della concessione della restituzione, un prodotto è originario della Comunità se è interamente ottenuto nella Comunità o se l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale sono avvenute nella Comunità conformemente agli articoli 23 o 24 del regolamento (CEE) n. 2913/92.

Salvo il disposto del paragrafo 5, non soddisfano le condizioni per la restituzione i prodotti ottenuti dalle seguenti materie:

–       materie originarie della Comunità e

–       materie agricole disciplinate dai regolamenti di cui all’articolo 1 e importate da paesi terzi, che non hanno subito una trasformazione sostanziale nella Comunità.

(...)

4.      Le dichiarazioni di cui ai paragrafi 2 e 3 sono verificate con le stesse modalità con cui sono stati verificati gli altri elementi della dichiarazione di esportazione.

(...)».

6       L’art. 51 del regolamento n. 800/1999 stabilisce:

«1.      Qualora si constati che, ai fini della concessione di una restituzione all’esportazione, un esportatore ha chiesto una restituzione superiore a quella spettante, la restituzione dovuta per tale esportazione è quella relativa all’esportazione effettivamente realizzata, ridotta di un importo pari a quanto segue:

a)      alla metà della differenza tra la restituzione richiesta e la restituzione relativa all’effettiva esportazione;

b)      al doppio della differenza tra la restituzione richiesta e la restituzione dovuta, qualora l’esportatore abbia fornito deliberatamente false informazioni.

2.      Si considera restituzione richiesta l’importo calcolato in funzione delle informazioni fornite a norma dell’articolo 5 o dell’articolo 26, paragrafo 2. Qualora il tasso di restituzione vari in funzione della destinazione, la parte differenziata della restituzione si calcola in base alle informazioni concernenti la quantità, il peso e la destinazione, fornite a norma dell’articolo 49.

3.      La sanzione di cui al paragrafo 1, lettera a), non si applica nei casi seguenti:

a)      forza maggiore;

b)      nei casi eccezionali in cui l’esportatore, dopo aver constatato di aver chiesto una restituzione eccessiva, ne informi immediatamente e per iscritto, di propria iniziativa, le competenti autorità, salvo che queste ultime gli abbiano comunicato l’intenzione di esaminare la sua domanda o che egli sia venuto altrimenti a conoscenza di tale intenzione o che dette autorità abbiano già accertato l’inesattezza della restituzione richiesta;

c)      errore manifesto circa la restituzione richiesta, accertato dalla competente autorità;

d)      domanda di restituzione conforme al regolamento (CE) n. 1222/94, in particolare all’articolo 3, paragrafo 2, e sia stata calcolata in base alla media dei quantitativi utilizzati nel corso di un dato periodo;

e)      adeguamento del peso, purché la differenza di peso sia dovuta a un diverso metodo di pesatura.

4.      Qualora la riduzione di cui al paragrafo 1, lettere a) o b) dia luogo a un importo negativo, questo viene pagato dall’esportatore.

5.      Se le competenti autorità accertano che la restituzione richiesta era inesatta, che l’esportazione non è stata eseguita e che, di conseguenza, non è possibile ridurre la restituzione, l’esportatore paga l’importo equivalente alla sanzione di cui al paragrafo 1, lettere a) o b), che sarebbe stata applicata qualora avesse avuto luogo l’esportazione. Qualora il tasso della restituzione vari in funzione della destinazione, ai fini del calcolo della restituzione richiesta e della restituzione dovuta si tiene conto, salvo in caso di destinazione obbligatoria, del tasso positivo più basso oppure, se superiore, del tasso risultante dall’indicazione della destinazione menzionata a norma dell’articolo 24, paragrafo 2, o dell’articolo 26, paragrafo 4.

6.      Il pagamento di cui ai paragrafi 4 e 5 è effettuato entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di pagamento. In caso di inosservanza di tale termine, l’esportatore versa i relativi interessi, al tasso di cui all’articolo 52, paragrafo 1, per il periodo che inizia trenta giorni dopo la data del ricevimento della domanda di pagamento e termina il giorno precedente la data del pagamento dell’importo richiesto.

7.      Le sanzioni non si applicano se la restituzione richiesta è superiore alla restituzione dovuta a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, dell’articolo 18, paragrafo 3, dell’articolo 35, paragrafo 2, e/o dell’articolo 50.

8.      Le sanzioni si applicano fatte salve le ulteriori sanzioni previste dal diritto nazionale.

9.      Gli Stati membri possono rinunciare ad applicare le sanzioni di importo pari o inferiore a 60 EUR per dichiarazione di esportazione.

10.      Qualora il titolo non sia stato rilasciato per il prodotto indicato nella dichiarazione di esportazione o nella dichiarazione di pagamento, non è dovuta alcuna restituzione e non si applica il paragrafo 1.

11.      Qualora la restituzione sia stata fissata anticipatamente, il calcolo della sanzione viene basato sui tassi di restituzione vigenti il giorno della presentazione della domanda di titolo e senza tener conto della perdita della restituzione a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, o della riduzione della restituzione a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, o dell’articolo 18, paragrafo 3. Se del caso, tali tassi vengono adeguati in base alla data di accettazione della dichiarazione di esportazione o della dichiarazione di pagamento».

7       L’art. 33 del regolamento del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1254, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine (GU L 160, pag. 21) stabilisce:

«(...)

6.      La restituzione viene concessa unicamente a richiesta e su presentazione del relativo titolo di esportazione.

(...)

9.      La restituzione è pagata allorché è fornita la prova che i prodotti:

–       sono di origine comunitaria,

–       sono stati esportati fuori della Comunità

(...)

10      Fatto salvo il paragrafo 9, primo trattino, in assenza di deroghe concesse secondo la procedura di cui all’articolo 43, non viene erogata alcuna restituzione per i prodotti importati da paesi terzi e riesportati verso paesi terzi.

(...)».

 I fatti della causa principale e la questione pregiudiziale

8       Con dichiarazione di esportazione 30 agosto 2000, la Elfering Export ha dichiarato allo Hauptzollamt Münster – Zollamt Coesfeld – 6 090,50 kg di carne bovina congelata, al fine della sua esportazione verso la Russia, e per la quale ha chiesto la concessione di una restituzione all’esportazione. Nella sua dichiarazione di esportazione, la Elfering Export ha fornito informazioni secondo cui la merce che costituiva oggetto della domanda di restituzione sarebbe originaria della Germania.

9       Lo Hauptzollamt, con decisione 24 gennaio 2001, ha rifiutato la concessione delle restituzioni richieste, poiché la merce esportata non era di «qualità sana, leale e mercantile» ai sensi dell’art. 21, n. 1, del regolamento n. 800/1999. Infatti, l’istituto di collaudo tecnico doganale presso l’Oberfinanzdirektion Hamburg (Direzione regionale delle finanze di Amburgo) ha constatato bruciature da congelamento nettamente visibili sui campioni prelevati sulla merce dichiarata.

10     Con un’altra decisione del 20 marzo 2001, lo Hauptzollamt ha inflitto alla Elfering Export una sanzione per un importo di DEM 1 910,41 sulla base dell’art. 51, n. 1, lett. a), del regolamento n. 800/1999, poiché questa società aveva chiesto una restituzione superiore a quella spettante.

11     Dopo un procedimento di opposizione risultato infruttuoso, la Elfering Export, il 13 marzo 2003, ha presentato un ricorso mirante a che fosse ordinato allo Hauptzollamt di concederle la restituzione e a che fosse annullata la decisione 20 marzo 2001 con cui le è stata inflitta una sanzione.

12     Nel corso del procedimento, lo Hauptzollamt ha sostenuto che il fatto che la Elfering Export non abbia provato l’origine comunitaria della merce oggetto della domanda di restituzione all’esportazione costituiva anch’esso un ostacolo a tale domanda. In tale contesto, il giudice del rinvio, con decisione 20 dicembre 2004, ha pronunciato la scissione della causa.

13     Nell’ambito della prima causa, il ricorso è stato respinto laddove mirava a che fosse ordinata allo Hauptzollamt la concessione di restituzioni all’esportazione. Il giudice del rinvio, nella sua sentenza 20 dicembre 2004, ha ritenuto che, se la constatazione delle bruciature da congelamento nei campioni prelevati sulla merce dichiarata non costituiva un ostacolo alla domanda di restituzione in quanto tale constatazione non portava nella fattispecie a negare alla merce di cui trattasi una «qualità [sana,] leale e mercantile», per contro, il ricorso doveva essere respinto non avendo la Elfering Export provato che i prodotti che aveva esportato fossero di origine comunitaria.

14     Per quanto riguarda la seconda causa relativa alla sanzione, che è ancora pendente dinanzi al giudice del rinvio, la Elfering Export chiede l’annullamento della detta decisione con cui viene inflitta la sanzione, mentre lo Hauptzollamt chiede il rigetto del ricorso.

15     Ritenendo che la soluzione della controversia dinanzi ad esso pendente richieda un’interpretazione del diritto comunitario, il Finanzgericht di Amburgo ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la dichiarazione di origine comunitaria del prodotto che costituisce oggetto di una domanda di restituzione, contenuta nella dichiarazione di esportazione, sia ricompresa tra le informazioni che devono essere fornite sotto pena di sanzione in forza del combinato disposto degli artt. 51, n. 2, e 5, n. 4, del regolamento (CE) n. 800/1999».

 Sulla questione pregiudiziale

16     Dalla formulazione dell’art. 11 del regolamento n. 800/1999 e dell’art. 33, n. 9, del regolamento n. 1254/1999 deriva che, nel settore della carne bovina, l’origine comunitaria è una condizione sostanziale delle restituzioni all’esportazione.

17     Questa conclusione risulta anche dall’analisi sistematica del regolamento n. 800/1999, poiché il suo art. 11 è contenuto nel capo I del titolo II di questo regolamento, intitolato «Diritto alla restituzione». È questo capo che definisce le condizioni sostanziali del diritto alla restituzione.

18     Per soddisfare tale obbligo sostanziale, l’origine comunitaria dev’essere dichiarata e provata. In base all’art. 33, n. 9, del regolamento n. 1254/1999, la restituzione è pagata allorché è fornita la prova che i prodotti sono di origine comunitaria. Come la Corte ha già dichiarato nel contesto dell’art. 13 del regolamento del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine (GU L 148, pag. 24), come modificato da ultimo dal regolamento del Consiglio 20 luglio 1998, n. 1633, rimanendo questo contesto analogo per l’applicazione del regolamento n. 1254/1999, il quale, conformemente al suo trentottesimo ‘considerando’ e al suo art. 49, consolida e abroga il regolamento n. 805/68, come modificato, non vi è dubbio che questa prova dev’essere fornita dall’esportatore (v., in tal senso, sentenza 1° dicembre 2005, causa C‑309/04, Fleisch‑Winter, Racc. pag. I‑10349, punto 26).

19     La procedura di verifica delle dichiarazioni di esportazione da parte dell’amministrazione nazionale, prevista all’art. 11, n. 4, del regolamento n. 800/1999, non esonera l’esportatore dall’obbligo di provare l’origine comunitaria dei prodotti. Per contro, da questa procedura risulta, in generale, la necessità di chiedere una tale prova all’esportatore.

20     Poiché l’obbligo dell’esportatore di provare l’origine comunitaria è chiaro e univoco, occorre esaminare se l’inadempimento di questo obbligo comporti o meno la sanzione prevista dall’art. 51 del regolamento n. 800/1999.

21     È pacifico che la Elfering Export ha indicato che i prodotti che costituiscono oggetto della sua domanda di restituzione erano originari della Germania e che il giudice del rinvio ha già constatato, con una decisione separata, che la Elfering Export non aveva provato che i prodotti in questione fossero originari di tale Stato membro o avessero un’origine comunitaria.

22     Ai sensi dell’art. 51, n. 1, del regolamento n. 800/1999, all’esportatore viene inflitta una sanzione se «ha chiesto una restituzione superiore a quella spettante». In base al n. 2 di tale articolo «si considera restituzione richiesta l’importo calcolato in funzione delle informazioni fornite a norma dell’art. 5 o dell’art. 26, paragrafo 2».

23     Uno degli argomenti principali della Elfering Export consiste nel rilevare che l’art. 51, n. 2, del regolamento n. 800/1999 rinvia solo all’art. 5 di questo stesso regolamento, non essendo l’art. 26 di quest’ultimo pertinente per la causa principale, e non all’art. 11, che prevede obblighi relativi all’origine del prodotto che costituisce oggetto della domanda di restituzione. Essa sostiene la tesi secondo cui solo le inesattezze delle indicazioni elencate all’art. 5, n. 4, lett. a), del detto regolamento o, comunque, solo le inesattezze delle informazioni relative alle caratteristiche fisiche del prodotto possono dar luogo ad una sanzione, e non l’informazione erronea relativa all’origine del prodotto.

24     Questa tesi non può essere accolta.

25     Occorre innanzi tutto constatare, unitamente al giudice del rinvio e alla Commissione delle Comunità europee, che l’elencazione delle informazioni all’art. 5, n. 4, lett. a), del regolamento n. 800/1999 non ha carattere tassativo. Questa constatazione è stata fatta dalla Corte anche nel contesto del regolamento (CEE) della Commissione 27 novembre 1987, n. 3665, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli (GU L 351, pag. 1), contesto che è rimasto simile per l’applicazione del regolamento n. 800/1999 che ha sostituito e abrogato il regolamento n. 3665/87 (v. sentenza Fleisch‑Winter, cit., punto 29).

26     L’art. 5, n. 4, lett. a), del regolamento n. 800/1999 richiede che l’esportatore fornisca tutti i dati necessari per il calcolo dell’importo della restituzione e il termine «in particolare» significa che il legislatore comunitario indica esplicitamente solo alcuni di questi dati. Il contenuto dell’espressione «tutti i dati» non deve essere limitato alle caratteristiche fisiche del prodotto, ma deve comprendere tutte le informazioni relative alle condizioni di concessione della restituzione all’esportazione.

27     Come ha rilevato giustamente la Commissione, le informazioni cui si riferisce questa disposizione non servono unicamente al calcolo matematico dell’importo esatto della restituzione, ma piuttosto, e innanzitutto, ad accertare l’esistenza o meno del diritto a tale restituzione. Pertanto, l’art. 51, n. 1, del regolamento n. 800/1999, in base al quale viene inflitta una sanzione quando «un esportatore ha chiesto una restituzione superiore a quella spettante», deve essere interpretato nel senso che si ritiene che tale esportatore abbia chiesto una restituzione superiore a quella spettante non solo nel caso in cui una differenza non dovuta risulti dalla presa in conto dei dati da esso forniti, ma anche nel caso in cui risulti che il suo diritto alla restituzione non sussiste, ossia che l’importo della restituzione è pari a zero.

28     Occorre ancora sottolineare che, ai sensi dell’art. 11, n. 4, del regolamento n. 800/1999, le dichiarazioni di cui ai nn. 2 e 3 di questo articolo, in particolare la dichiarazione dell’origine comunitaria, sono verificate con le stesse modalità con cui sono stati verificati gli altri elementi della dichiarazione di esportazione. Questa disposizione conferma che la dichiarazione dell’origine comunitaria è soggetta allo stesso regime giuridico di questi elementi e che di conseguenza un inadempimento del dovere d’informazione circa l’origine comunitaria del prodotto di cui trattasi può essere assoggettato allo stesso regime sanzionatorio che si applica a un inadempimento di questo dovere relativamente ad un elemento menzionato all’art. 5, n. 4, del detto regolamento.

29     Ingiustamente la Elfering Export fa riferimento al requisito della qualità «sana, leale e mercantile» previsto all’art. 21 del regolamento n. 800/1999 suggerendo che nemmeno il mancato rispetto dello stesso comporterebbe l’imposizione di una sanzione. Infatti, tale requisito e quello di provare l’origine comunitaria del prodotto hanno un ruolo simile nel sistema del regolamento n. 800/1999 ed il loro mancato rispetto comporta, in generale, le stesse conseguenze sia per il diritto alla restituzione sia per l’applicazione della sanzione.

30     Nella sentenza Fleisch‑Winter, sopra menzionata, la Corte ha già esaminato congiuntamente la questione del diritto alla restituzione e quella della sanzione relativamente al requisito della qualità «sana, leale e mercantile» ed è pervenuta a conclusioni che sono uniformemente valide per queste due questioni. Benché, in tale sentenza, la Corte non sia stata invitata a pronunciarsi sulla fondatezza di un diritto concreto alla restituzione o di una sanzione inflitta, occorre interpretare la detta sentenza nel senso che l’esportatore, se non ha diritto alla restituzione a causa del mancato rispetto del requisito della «qualità sana, leale e mercantile», viene assoggettato ad una sanzione, a meno che la normativa comunitaria non preveda casi di esenzione.

31     Infine, per valutare la portata delle disposizioni di cui trattasi, l’obiettivo del regolamento n. 800/1999 è di importanza fondamentale. In base al sessantatreesimo ‘considerando’ di questo regolamento, le dette disposizioni hanno per oggetto la lotta contro le irregolarità, e soprattutto contro le frodi, a danno del bilancio comunitario e le sanzioni mirano a indurre gli esportatori a rispettare le norme comunitarie.

32     Occorre rilevare che le norme relative alla sanzione hanno come scopo di far rispettare «le norme comunitarie», in generale, e non solo una parte o disposizioni specifiche di queste.

33     Le sanzioni che devono essere inflitte in seguito a un comportamento non colposo o a un’azione intenzionale dell’esportatore sono definite congiuntamente all’art. 51, n. 1, del regolamento n. 800/1999. Questo significa che la tesi secondo cui gli inadempimenti dell’esportatore ai requisiti del diritto comunitario non esplicitamente previsti all’art. 5, n. 4, lett. a), del regolamento n. 800/1999, ma derivanti dagli artt. 11 (assenza di origine comunitaria) o 21 (mancanza di qualità sana, leale e mercantile) di questo regolamento non comporterebbero l’applicazione dell’art. 51 del detto regolamento non può essere accolta, poiché perverrebbe al risultato inaccettabile che, anche se l’azione dell’esportatore fosse intenzionale, quest’ultimo sfuggirebbe alla sanzione.

34     In tale contesto, una tesi secondo cui solo l’inesattezza delle informazioni esplicitamente indicate all’art. 5, n. 4, lett. a), del regolamento n. 800/1999 comporterebbe una sanzione, mentre il mancato rispetto delle condizioni sostanziali previste al capo I del titolo II di questo regolamento non comporterebbe una tale conseguenza, non terrebbe conto dell’obiettivo del detto regolamento e nuocerebbe gravemente all’efficacia della politica agricola comune. Seguendo questa tesi, non solo irregolarità, ma anche frodi rimarrebbero senza conseguenze in diritto comunitario.

35     Sulla base delle considerazioni che precedono, occorre quindi risolvere la questione posta statuendo che la dichiarazione dell’origine comunitaria del prodotto che costituisce oggetto di una domanda di restituzione, contenuta nella dichiarazione di esportazione, rientra nelle informazioni che devono essere fornite sotto pena di sanzione in forza del combinato disposto degli artt. 51, n. 2, e 5, n. 4, del regolamento n. 800/1999.

 Sulle spese

36     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

La dichiarazione dell’origine comunitaria di un prodotto che costituisce oggetto di una domanda di restituzione, contenuta nella dichiarazione di esportazione, rientra nelle informazioni che devono essere fornite sotto pena di sanzione in forza del combinato disposto degli artt. 51, n. 2, e 5, n. 4, del regolamento della Commissione 15 aprile 1999, n. 800, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.