Causa C-52/04

Personalrat der Feuerwehr Hamburg

contro

Leiter der Feuerwehr Hamburg

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesverwaltungsgericht)

«Art. 104, n. 3, del regolamento di procedura — Politica sociale — Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori — Direttive 89/391/CEE e 93/104/CE — Ambito d’applicazione — Forze di pronto intervento di un servizio pubblico di vigili del fuoco — Inclusione — Presupposti»

Ordinanza della Corte (Seconda Sezione) 14 luglio 2005 

Massime dell’ordinanza

Politica sociale — Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori — Direttiva 89/391 concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro — Direttiva 93/104 concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro — Ambito di applicazione — Forze di pronto intervento di un servizio pubblico di vigili del fuoco — Inclusione — Applicazione della norma che stabilisce la durata massima dell’orario lavorativo settimanale — Deroga in caso di circostanze eccezionali

(Direttive del Consiglio 89/391/CEE, art. 2, e 93/104/CE, artt. 1, n. 3, e 6, punto 2)

L’art. 2 della direttiva 89/391, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, e l’art. 1, n. 3, della direttiva 93/104, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, vanno interpretati nel senso che:

–      le attività svolte dalle forze d’intervento di un servizio pubblico di vigili del fuoco sono ricomprese, di norma, nella sfera di applicazione delle dette direttive, sicché, in linea di principio, l’art. 6, punto 2, della direttiva 93/104 osta al superamento della soglia di 48 ore prevista per la durata massima dell’orario lavorativo settimanale, ivi compresi i servizi di guardia;

–      tale superamento è possibile, tuttavia, nell’ipotesi di circostanze eccezionali di gravità e dimensioni tali che l’obiettivo di garantire il buon funzionamento di servizi indispensabili alla tutela di interessi pubblici quali l’ordine, la salute e la sicurezza pubblici deve provvisoriamente prevalere su quello di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori addetti a squadre di intervento e di soccorso; tuttavia, anche in una siffatta situazione eccezionale, gli obiettivi della direttiva 89/391 devono quanto più possibile essere tutelati.

(v. punti 53, 55-57, 61 e dispositivo)




ORDINANZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

14 luglio 2005 (*)

«Art. 104, n. 3, del regolamento di procedura – Politica sociale – Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori – Direttive 89/391/CEE e 93/104/CE – Sfera d’applicazione – Forze di pronto intervento di un corpo statale di vigili del fuoco – Inclusione − Requisiti»

Nel procedimento C-52/04,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesverwaltungsgericht (Germania) con decisione 17 dicembre 2003, pervenuta in cancelleria il 10 febbraio 2004, nella causa tra

Personalrat der Feuerwehr Hamburg

e

Leiter der Feuerwehr Hamburg,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. C. Gulmann, R. Schintgen (relatore), J. Makarczyk e J. Klučka, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig. R. Grass

informato il giudice del rinvio dell’intenzione della Corte di statuire con ordinanza motivata in conformità all’art. 104, n. 3, del regolamento di procedura,

invitati gli interessati di cui all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia a presentare le loro eventuali osservazioni in merito,

sentito l’avvocato generale,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 2 della direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1), nonché dell’art. 1, n. 3, della direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 307, pag. 18).

2       Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra il Personalrat der Feuerwehr Hamburg (Comitato del personale del Corpo dei vigili del fuoco di Amburgo; in prosieguo: il «Personalrat») e il Leiter der Feuerwehr Hamburg (direttore del Corpo dei vigili del fuoco; in prosieguo: il «Leiter») riguardo alla normativa tedesca che prevede un orario settimanale di lavoro di 48 ore per le forze di pronto intervento di detto servizio.

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

3       Le direttive 89/391 e 93/104 sono state adottate sulla base dell’art. 118 A del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE - 143 CE).

4       La direttiva 89/391 costituisce la direttiva‑quadro che stabilisce i principi generali in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori. Tali principi sono stati successivamente sviluppati da una serie di singole direttive, tra cui la direttiva 93/104.

5       L’art. 2 della direttiva 89/391 definisce la propria sfera di applicazione nei seguenti termini:

«1. La presente direttiva concerne tutti i settori d’attività privati o pubblici (attività industriali, agricole, commerciali, amministrative, di servizi, educative, culturali, ricreative, ecc.).

2. La presente direttiva non è applicabile quando particolarità inerenti ad alcune attività specifiche nel pubblico impiego, per esempio nelle forze armate o nella polizia, o ad alcune attività specifiche nei servizi di protezione civile vi si oppongono in modo imperativo.

In questo caso, si deve vigilare affinché la sicurezza e la salute dei lavoratori siano, per quanto possibile, assicurate, tenendo conto degli obiettivi della presente direttiva».

6       A termini dell’art. 1 della direttiva 93/104, intitolato «Oggetto e campo di applicazione»:

«1.      La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro.

2.      La presente direttiva si applica:

a)      ai periodi minimi di riposo giornaliero, riposo settimanale e ferie annuali nonché alla pausa ed alla durata massima settimanale del lavoro;

e

b)      a taluni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro.

3.      La presente direttiva si applica a tutti i settori di attività, privati o pubblici, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 89/391/CEE, fatto salvo l’articolo 17 della presente direttiva, ad eccezione dei trasporti aerei, ferroviari, stradali e marittimi, della navigazione interna, della pesca in mare, delle altre attività in mare, nonché delle attività dei medici in formazione.

4.      Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano pienamente alle materie contemplate al paragrafo 2, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva».

7       L’art. 2 della direttiva 93/104, intitolato «Definizioni», dispone quanto segue:

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

1)      “orario di lavoro”: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;

2)      “periodo di riposo”: qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro;

(…)».

8       La sezione II della detta direttiva prevede le misure che gli Stati membri sono tenuti a prendere affinché ogni lavoratore benefici, segnatamente, di periodi minimi di riposo giornalieri nonché di riposo settimanale e disciplina, del pari, la durata settimanale massima del lavoro.

9       Riguardo alla durata massima settimanale del lavoro, l’art. 6 della medesima direttiva così recita:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori:

(…)

2)      la durata media dell’orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario».

10     L’art. 15 della direttiva 93/104 prevede quanto segue:

«La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare od introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori o di favorire o consentire l’applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori».

11     Ai termini dell’art. 16 della detta direttiva:

«Gli Stati membri possono prevedere:

(…)

2)      per l’applicazione dell’articolo 6 (durata massima settimanale del lavoro), un periodo di riferimento non superiore a quattro mesi.

(…)».

12     La direttiva medesima prevede una serie di deroghe a diverse norme di base, in considerazione delle peculiarità di talune attività e con riserva che siano soddisfatti determinati requisiti. A tale riguardo, l’art. 17 così dispone:

«1.      Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, gli Stati membri possono derogare agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16 quando la durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:

a)      di dirigenti o di altre persone aventi potere di decisione autonomo;

b)      di manodopera familiare; o

c)      di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose.

2.      Si può derogare per via legislativa, regolamentare o amministrativa o mediante contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo oppure, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata:

2.1. agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16:

(…)

c)      per le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta:

i)      di servizi relativi all’accettazione, al trattamento e/o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, da case di riposo e da carceri;

(…)

iii)      di servizi stampa, radiofonici, televisivi, di produzione cinematografica, postali o delle telecomunicazioni, di servizi di ambulanza, di vigili del fuoco o di protezione civile;

(…)

3.      Si può derogare agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle regole fissate da dette parti sociali, mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello inferiore.

(…)

Le deroghe previste al primo e secondo comma sono ammesse soltanto a condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata.

(…)

4.      La facoltà di derogare all’articolo 16, punto 2, prevista al paragrafo 2, punti 2.1 e 2.2 e al paragrafo 3 del presente articolo, non può avere come conseguenza la fissazione di un periodo di riferimento superiore a sei mesi.

Tuttavia gli Stati membri hanno la facoltà, nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, di consentire che, per ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, i contratti collettivi o gli accordi conclusi tra le parti sociali fissino periodi di riferimento che non superino in alcun caso i dodici mesi.

(…)».

 La normativa nazionale

13     Il diritto del lavoro tedesco opera una distinzione tra il servizio di permanenza obbligatoria («Arbeitsbereitschaft»), il servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») e il servizio di reperibilità («Rufbereitschaft»).

14     Tali tre nozioni non sono definite dalla normativa nazionale, ma le loro caratteristiche emergono dalla giurisprudenza.

15     Il servizio di permanenza obbligatoria («Arbeitsbereitschaft») riguarda la situazione in cui il lavoratore deve tenersi a disposizione del datore di lavoro sul luogo di lavoro ed è tenuto, inoltre, ad essere costantemente vigile per poter intervenire immediatamente in caso di necessità.

16     Durante il servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») il lavoratore ha l’obbligo di essere presente in un luogo determinato dal datore di lavoro, all’interno o all’esterno dell’azienda di quest’ultimo, nonché di tenersi pronto a prendere servizio su richiesta del datore di lavoro, ma gli è consentito riposarsi o occupare liberamente il tempo quando la sua opera professionale non sia richiesta.

17     Il servizio di reperibilità («Rufbereitschaft») è caratterizzato dal fatto che il lavoratore non è obbligato a restare in attesa in un luogo indicato dal datore di lavoro, ma è sufficiente che sia raggiungibile in qualsiasi momento per poter svolgere entro breve tempo i propri compiti professionali su chiamata del datore di lavoro.

18     Nel diritto del lavoro tedesco vigente all’epoca dei fatti di cui alla causa principale, solamente il servizio di permanenza obbligatoria («Arbeitsbereitschaft») era considerato, in linea di principio, costitutivo, in toto, dell’orario di lavoro. Per contro, sia il servizio di guardia («Bereitschaftsdienst»), sia il servizio di reperibilità («Rufbereitschaft») erano qualificati come riposo, salvo per la parte del servizio durante la quale il lavoratore avesse effettivamente svolto i suoi compiti professionali.

19     L’art. 76 della legge del Land di Amburgo sul pubblico impiego (Hamburgisches Beamtengesetz), nella versione del 29 novembre 1977, come modificata dalla legge 11 giugno 1997 (in prosieguo: la «HmbBG»), così recita:

«(1) L’orario di lavoro regolare dei pubblici dipendenti è disciplinato con decreto legge del ‘Senat’ [Governo della città di Amburgo], secondo le modalità fissate nei periodi 2 e 3. Esso non può superare le 40 ore settimanali. Per il servizio di guardia, l’orario di lavoro regolare può essere prolungato per le esigenze del servizio; esso non può comunque superare, in media, le 50 ore settimanali

(…)».

20     A termini dell’art. 1 del regolamento 12 agosto 1997, relativo all’orario di lavoro dei pubblici dipendenti (Verordnung über die Arbeitszeit der Beamtinnen und Beamten) (in prosieguo: l’«ArbzVO»):

«(1) L’orario regolare settimanale di lavoro dei pubblici dipendenti è, in media, di 40 ore. Riguardo alla giornata lavorativa, l’orario di lavoro normale o consueto per il servizio è fissato sulla base della corrispondente frazione dell’orario settimanale normale.

(2) In deroga al n. 1, l’orario normale settimanale di lavoro può essere prolungato sino a 50 ore in media, in funzione delle esigenze del servizio, qualora il detto servizio comprenda turni di guardia. L’orario normale settimanale di lavoro, compresi i turni di guardia, del personale di servizio dei vigili del fuoco destinato agli interventi in loco è, in media, di 48 ore».

21     La detta disposizione dell’ArbzVO è stata modificata come segue con un regolamento del 15 dicembre 1998:

«All’art. 1, n. 2, secondo periodo, del regolamento 12 agosto 1997, relativo all’orario di lavoro dei pubblici dipendenti (…), il numero “48” è sostituito con il numero “50”».

 Causa principale e questione pregiudiziale

22     Dagli atti di causa di cui dispone la Corte risulta che il 18 luglio 1991 le parti della causa principale stipulavano un contratto collettivo, applicabile a decorrere dal 1° aprile 1990, in merito all’orario di lavoro per i dipendenti addetti al pronto intervento in loco tenuti a garantire un «servizio a turni» nei luoghi degli incendi. Tale contratto collettivo fissava un orario settimanale di lavoro di 48 ore in media, comprensive dei servizi di guardia.

23     All’inizio del 1999 il Leiter presentava un progetto di nuovo contratto collettivo, al fine di sostituire quello del 18 luglio 1991 a decorrere dal 1° gennaio 1999, che prevedeva un aumento dell’orario di lavoro settimanale regolare, comprensivo dei servizi di guardia, da 48 a 50 ore.

24     Il Personalrat negava il proprio consenso a tale progetto. Fallito un tentativo di composizione tra le parti della causa principale, il Leiter adiva l’organo di conciliazione, il quale, in data 25 ottobre 1999, approvava il nuovo contratto collettivo in luogo e per conto del Personalrat (in prosieguo: il «contratto collettivo di cui trattasi»).

25     Il 12 dicembre 2000 il Personalrat denunciava il contratto collettivo con efficacia immediata, sulla base del rilievo che, a suo avviso, sarebbe stato incompatibile con le direttive 89/391 e 93/104.

26     Il Personalrat adiva quindi il Verwaltungsgericht Hamburg, che respingeva il ricorso con ordinanza.

27     Il Personalrat interponeva appello dinanzi all’Oberverwaltungsgericht Hamburg, che respingeva la domanda principale, con cui si chiedeva di dichiarare inapplicabile il contratto collettivo di cui trattasi, accogliendo peraltro la domanda in subordine, con cui si chiedeva di dichiarare l’illegittimità della decisione 25 ottobre 1999 dell’organo di conciliazione.

28     Avverso tale decisione dell’Oberverwaltungsgericht sia il Personalrat sia il Leiter proponevano ricorso dinanzi al Bundesverwaltungsgericht.

29     A parere di quest’ultimo giudice, l’esito della controversia dipende dalla soluzione di una questione di diritto comunitario che non sarebbe stata ancora chiarita dalla giurisprudenza della Corte.

30     Infatti, se è pur vero che il contratto collettivo di cui trattasi trova il proprio fondamento normativo nella HmbBG e nell’ArbzVO, come modificato il 15 dicembre 1998, tale normativa nazionale, che consente un orario di lavoro settimanale regolare sino ad un massimo di 50 ore in funzione delle esigenze del servizio, non potrebbe trovare applicazione qualora risultasse in contrasto con l’art. 6, n. 2, della direttiva 93/104, che fissa l’orario settimanale massimo di lavoro a 48 ore. Orbene, a tal riguardo si porrebbe la questione se tale direttiva si applichi ai pubblici dipendenti addetti al pronto intervento nel contesto di un’attività lavorativa di vigili del fuoco.

31     In considerazione del fatto che, da un canto, l’art. 1, n. 3, della direttiva 93/104 definisce la sfera di applicazione della direttiva medesima riferendosi espressamente all’art. 2 della direttiva 89/391 e che, d’altro canto, conformemente al n. 2, primo comma, del detto art. 2, quest’ultima direttiva non è applicabile quando particolarità inerenti ad alcune attività specifiche nel pubblico impiego, per esempio nelle forze armate o nella polizia, o ad alcune attività specifiche nei servizi di protezione civile vi si oppongano in modo imperativo, occorre accertare se i vigili del fuoco non possano essere interessati da una di tali deroghe.

32     In tal senso, si potrebbe ritenere che i vigili del fuoco, dedicandosi essenzialmente alla lotta agli incendi, ove la legge impone loro peraltro di prestare la propria opera in caso di incidenti o di altre situazioni di emergenza, costituiscano un elemento del sistema di sicurezza organizzato dallo Stato, cui appartengono, del pari, le forze armate e la polizia, citate a titolo di esempio all’art. 2, n. 2, della direttiva 89/391, o appartengano ai servizi di protezione civile, sicché non può escludersi che, per una ragione o per l’altra, tali soggetti esulino, in termini generali, dalla sfera di applicazione della detta direttiva e, conseguentemente, da quella della direttiva 93/104.

33     Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, è parimenti concepibile interpretare l’art. 2, n. 2, primo comma, della direttiva 89/391 nel senso che, quantomeno, l’orario massimo settimanale di lavoro previsto dall’art. 6, n. 2, della direttiva 93/104 si applica anche ai pubblici dipendenti del Corpo dei vigili del fuoco addetti agli interventi in loco. Infatti, sia il tenore letterale sia il senso e la finalità della prima di tali disposizioni deporrebbero a favore di tale interpretazione.

34     Ciò premesso, ritenendo che la soluzione della controversia principale dipenda dall’interpretazione del diritto comunitario, il Bundesverwaltungsgericht decideva di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 1, n. 3, della direttiva 93/104 (…) in combinato disposto con l’art. 2, n. 2, della direttiva 89/391 (…) debba essere interpretato nel senso che la prima delle dette direttive non è applicabile all’orario di lavoro delle forze di pronto intervento di un corpo statale di vigili del fuoco».

 Sulla questione pregiudiziale

35     Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 2 della direttiva 89/391 e l’art. 1, n. 3, della direttiva 93/104 vadano interpretati nel senso che le attività esercitate dalle forze d’intervento di un servizio pubblico di vigili del fuoco come quello di cui alla causa principale siano ricomprese nella sfera di applicazione delle dette direttive, per cui l’art. 6, n. 2, della direttiva 93/104 osta al superamento della soglia di 48 ore prevista per l’orario massimo settimanale di lavoro, ivi compresi i servizi di guardia.

36     Ritenendo che, alla luce della giurisprudenza della Corte, la soluzione del quesito non lasci adito ad alcun dubbio ragionevole, la Corte, in conformità all’art. 104, n. 3, del regolamento di procedura, ha informato il giudice del rinvio del proprio intendimento di statuire con ordinanza motivata e ha invitato gli interessati di cui all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia a presentare le loro eventuali osservazioni in merito.

37     Il Personalrat e la Commissione delle Comunità europee, rispondendo all’invito della Corte, hanno reiterato la posizione già sostenuta durante la fase scritta del procedimento, sostenendo che, alla luce, segnatamente, della sentenza 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (cause riunite da C-397/01 a C‑403/01, Racc. pag. I-8835), la soluzione al quesito posto può essere chiaramente dedotta dalla giurisprudenza della Corte e che, pertanto, il ricorso all’ordinanza motivata risulta giustificato. Per contro, il Leiter e il governo olandese hanno espresso parere contrario. Tuttavia, gli elementi addotti da questi ultimi non possono indurre la Corte a rinunciare alla scelta procedurale adottata.

38     Al fine di risolvere la questione sollevata, come riformulata al punto 35 della presente ordinanza, occorre rilevare, in limine, che l’art. 1, n. 3, della direttiva 93/104 definisce la sfera di applicazione della direttiva medesima facendo riferimento espresso all’art. 2 della direttiva 89/391. Pertanto, per determinare se un’attività come quella delle forze di intervento di un servizio pubblico di vigili del fuoco rientri nel campo di applicazione della direttiva 93/104, occorre anzitutto esaminare se tale attività rientri nel campo di applicazione della direttiva 89/391 (v. sentenza 3 ottobre 2000, causa C-303/98, Simap, Racc. pag. I-7963, punti 30 e 31).

39     La direttiva 89/391, a termini dell’art. 2, n. 1, si applica a «tutti i settori d’attività privati o pubblici», tra i quali rientrano segnatamente, in termini generali, le attività amministrative e di servizio.

40     Tuttavia, come risulta dal n. 2, primo comma, del medesimo articolo, la detta direttiva non è applicabile quando particolarità inerenti ad alcune attività specifiche nel pubblico impiego, per esempio nelle forze armate o nella polizia, o ad alcune attività specifiche nei servizi di protezione civile vi si oppongano in modo imperativo.

41     A tale riguardo, la Corte ha già affermato che l’attività di operatori del soccorso che accompagnano un’ambulanza o un veicolo di intervento medico d’urgenza, nell’ambito di un servizio di soccorso ai feriti o ai malati organizzato da un’associazione come il Deutsches Rotes Kreuz (Croce Rossa tedesca), non è tale da rientrare nell’esclusione menzionata al precedente punto (sentenza Pfeiffer e a., cit., punto 51).

42     La Corte ha ritenuto, infatti, che risulta sia dallo scopo della direttiva 89/391, che consiste nella promozione del miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, sia dal tenore letterale dell’art. 2, n. 1, che la sfera di applicazione di tale direttiva dev’essere intesa in senso ampio, deducendone che le deroghe al medesimo, previste al n. 2, primo comma, dello stesso articolo, devono essere interpretate in senso restrittivo (v. sentenza Pfeiffer e a., cit., punto 52).

43     Al punto 53 della sentenza Pfeiffer e a., cit., la Corte ha precisato che l’art. 2, n. 2, primo comma, della direttiva 89/391 esclude dalla sfera di applicazione della stessa non già i servizi di protezione civile di per sé, ma solamente «alcune attività specifiche» di tali servizi, le cui particolarità sono tali da ostare imperativamente all’applicazione delle norme enunciate dalla detta direttiva.

44     La Corte ne ha dedotto, al punto 54 della medesima sentenza Pfeiffer e a., cit., che tale deroga alla sfera di applicazione della direttiva 89/191, definita in maniera ampia, deve quindi ricevere un’interpretazione che ne limiti la portata a quanto strettamente necessario alla tutela degli interessi che essa consente agli Stati membri di proteggere.

45     Al punto 55 della sentenza Pfeiffer e a., cit., la Corte ha rilevato, a tale riguardo, che l’esclusione di cui all’art. 2, n. 2, primo comma, della direttiva 89/391 è stata adottata al solo fine di garantire il buon funzionamento dei servizi indispensabili alla tutela della sicurezza, della salute e dell’ordine pubblico in circostanze di gravità e ampiezza eccezionali – per esempio una catastrofe – che si caratterizzano, segnatamente, per il fatto di esporre i lavoratori a rischi non trascurabili quanto alla loro sicurezza e/o alla loro salute e di non prestarsi, per loro natura, a una pianificazione dell’orario di lavoro delle squadre di intervento e di soccorso.

46     Tuttavia, secondo la Corte, il servizio di protezione civile in senso stretto così circoscritto, oggetto della detta disposizione, si distingue nettamente dall’attività di soccorso alle persone ferite o malate di cui trattasi nelle cause sfociate nella sentenza Pfeiffer e a., cit. Infatti, benché un servizio come quello esaminato in tali cause debba affrontare eventi che, per definizione, non sono prevedibili, le attività cui dà luogo in condizioni normali – e che corrispondono, del resto, esattamente alla missione che è stata impartita a un servizio del genere – possono comunque essere organizzate preventivamente, anche per quanto riguarda la prevenzione dei rischi per la sicurezza e/o per la salute, nonché gli orari di lavoro del personale (v. sentenza Pfeiffer e a., cit., punti 56 e 57).

47     La Corte ha dunque tratto la conclusione, al punto 58 della sentenza Pfeiffer e a., cit., che tale servizio non presenta, quindi, alcuna particolarità che osti in maniera imperativa all’applicazione delle norme comunitarie in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, cosicché non rientra nell’esclusione di cui all’art. 2, n. 2, primo comma, della direttiva 89/391, anzi la detta direttiva deve applicarsi a tale servizio.

48     Orbene, le attività esercitate dalle forze d’intervento di un servizio pubblico di vigili del fuoco come quello di cui alla causa principale non comportano differenze pertinenti, riguardo sia al contesto dell’esercizio di tali attività sia alla loro natura, rispetto a quelle delle cause sfociate nella sentenza Pfeiffer e a., e, pertanto, l’interpretazione data dalla Corte alla direttiva 89/391 in tale sentenza può trasporsi alla causa in esame.

49     A tale riguardo, deve infatti sottolinearsi che, in considerazione non solo del tenore letterale dell’art. 2, n. 2, primo comma, della direttiva 89/391 – che esclude dalla sfera di applicazione della direttiva medesima solo talune specifiche attività nel pubblico impiego o nei servizi di protezione civile sulla base del rilievo che particolarità inerenti a tali attività si oppongono in modo imperativo all’applicazione di tale direttiva – ma anche della ratio di tale deroga, come risulta, segnatamente, dai punti 55-57 della sentenza Pfeiffer e a., cit., la detta disposizione non può giustificare che uno Stato membro ritenga ricomprese in tale deroga, in genere, tutte le attività esercitate nell’ambito dei settori interessati.

50     Al contrario, sia dal tenore letterale sia dall’economia dell’art. 2, n. 2, primo comma, della direttiva 89/391 risulta che tale disposizione riguarda unicamente talune particolari attività dei servizi interessati, la cui continuità è indispensabile per assicurare la tutela dell’integrità delle persone e dei beni e che, alla luce di tale esigenza di continuità, sono tali da rendere effettivamente impossibile l’applicazione integrale della normativa comunitaria relativa alla tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.

51     Infatti, il criterio utilizzato dal legislatore comunitario per definire la sfera di applicazione della direttiva 89/391 si fonda non sull’appartenenza dei lavoratori ai diversi settori di attività di cui all’art. 2, n. 2, primo comma, della detta direttiva, globalmente considerati, quali le forze armate, la polizia e la protezione civile, bensì esclusivamente sulla natura specifica di taluni specifici incarichi esercitati dai dipendenti nell’ambito di tali settori, il che giustifica una deroga alle regole previste dalla detta direttiva a causa della necessità assoluta di garantire un’efficace tutela della collettività. Conseguentemente, le attività svolte in condizioni normali nell’ambito delle forze della protezione civile e di pronto soccorso, ai sensi della detta disposizione, sono incluse nella sfera di applicazione della direttiva 89/391.

52     Nella specie, la detta direttiva deve quindi applicarsi alle attività dei vigili del fuoco, anche se esercitate dalle forze d’intervento in loco e indipendentemente dal fatto che esse abbiano ad oggetto lo spegnimento di un incendio o la prestazione di soccorso in altri modi, quando tali attività vengono svolte in condizioni abituali, conformemente agli incarichi impartiti al servizio interessato, e ciò nonostante il fatto che gli interventi ai quali tali attività possono dar luogo siano, per loro natura, non prevedibili e tali da esporre i lavoratori che le svolgono a taluni rischi relativi alla loro sicurezza e/o alla loro salute.

53     Ad una tale interpretazione dell’art. 2, n. 2, primo comma, della direttiva 89/391 può derogarsi solo nell’ipotesi di eventi eccezionali, in occasione dei quali il corretto svolgimento delle misure volte a garantire la tutela della popolazione in situazioni di rischio collettivo grave esige che il personale tenuto ad affrontare un siffatto avvenimento dia priorità assoluta all’obiettivo perseguito da tali misure affinché possa essere conseguito.

54     Ciò avviene nel caso di catastrofi naturali o tecnologiche, di attentati, di incidenti importanti o di altri avvenimenti della medesima natura, la cui gravità e le cui dimensioni richiedono l’adozione di provvedimenti indispensabili alla tutela della vita, della salute nonché della sicurezza della collettività e la cui buona esecuzione verrebbe compromessa se dovessero osservarsi tutte le norme previste dalle direttive 89/391 e 93/104.

55     In situazioni che presentino tali caratteristiche, la necessità di non mettere in pericolo le esigenze imperative di tutela della sicurezza e dell’integrità della collettività deve, alla luce delle peculiarità relative a talune specifiche attività, prevalere provvisoriamente sull’obiettivo delle dette direttive, che consiste nella tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. In particolare, non possono dunque essere ragionevolmente imposte ai datori di lavoro una prevenzione effettiva dei rischi professionali, nonché una pianificazione dell’orario di lavoro del personale di soccorso.

56     Tuttavia, anche in una siffatta situazione eccezionale, l’art. 2, n. 2, secondo comma, della direttiva 89/391 impone che le autorità competenti garantiscano la sicurezza e la salute dei lavoratori «per quanto possibile».

57     Alla luce delle suesposte considerazioni, deve ritenersi che le attività di un servizio pubblico d’intervento di vigili del fuoco, in linea di principio, non siano ricomprese nella deroga di cui all’art. 2, n. 2, primo comma, della direttiva 89/391, ma rientrino, al contrario, nella sfera di applicazione della direttiva medesima quando siano svolte in condizioni normali.

58     Per quanto riguarda, più specificamente, la direttiva 93/104, dallo stesso tenore letterale del suo art. 1, n. 3, risulta che essa si applica a tutti i settori di attività, privati o pubblici, ai sensi dell’art. 2 della direttiva 89/391, ad eccezione di talune attività particolari tassativamente elencate.

59     Nessuna di tali attività, tuttavia, è pertinente con riferimento ad un servizio come quello di cui alla causa principale, sicché anche un’attività come quella presa in considerazione dal giudice del rinvio è ricompresa nella sfera di applicazione della direttiva 93/104.

60     Come correttamente sottolineato dalla Commissione, tale conclusione è confortata altresì dal fatto che l’art. 17, n. 2, punto 2.1, lett. c), sub iii), della direttiva 93/104 menziona espressamente, in particolare, i servizi dei vigili del fuoco. Tale menzione sarebbe infatti priva di qualsiasi utilità se l’attività considerata fosse già del tutto esclusa dal campo di applicazione della direttiva 93/104 in virtù dell’art. 1, n. 3, della stessa. Al contrario, tale riferimento dimostra che il legislatore comunitario ha voluto sancire il principio dell’applicabilità della detta direttiva ad attività di tale natura, pur prevedendo la facoltà, in circostanze eccezionali, di derogare a talune determinate disposizioni particolari della direttiva medesima (v., in tal senso, sentenza Pfeiffer e a., cit., punto 62).

61     Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la questione sollevata deve essere risolta nel senso che l’art. 2 della direttiva 89/391 e l’art. 1, n. 3, della direttiva 93/104 vanno interpretati nel senso che:

–       le attività svolte dalle forze d’intervento di un servizio pubblico di vigili del fuoco come quello di cui alla causa principale sono ricomprese, di norma, nella sfera di applicazione delle dette direttive, sicché, in linea di principio, l’art. 6, punto 2, della direttiva 93/104 osta al superamento della soglia di 48 ore prevista per la durata settimanale massima di lavoro, ivi compresi i servizi di guardia;

–       tale superamento è possibile, tuttavia, nell’ipotesi di circostanze eccezionali di gravità e dimensioni tali che l’obiettivo di garantire il buon funzionamento di servizi indispensabili alla tutela di interessi pubblici quali l’ordine, la salute e la sicurezza pubblici deve provvisoriamente prevalere su quello di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori addetti a squadre di intervento e di soccorso; tuttavia, anche in una siffatta situazione eccezionale, gli obiettivi della direttiva 89/391 devono essere quanto più possibile tutelati.

 Sulle spese

62     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

L’art. 2 della direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, e l’art. 1, n. 3, della direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, vanno interpretati nel senso che:

–       le attività svolte dalle forze d’intervento di un servizio pubblico di vigili del fuoco come quello di cui alla causa principale sono ricomprese, di norma, nella sfera di applicazione delle dette direttive, sicché, in linea di principio, l’art. 6, punto 2, della direttiva 93/104 osta al superamento della soglia di 48 ore prevista per la durata settimanale massima di lavoro, ivi compresi i servizi di guardia;

–       tale superamento è possibile, tuttavia, nell’ipotesi di circostanze eccezionali di gravità e dimensioni tali che l’obiettivo di garantire il buon funzionamento di servizi indispensabili alla tutela di interessi pubblici quali l’ordine, la salute e la sicurezza pubblici deve provvisoriamente prevalere su quello di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori addetti a squadre di intervento e di soccorso; tuttavia, anche in una siffatta situazione eccezionale, gli obiettivi della direttiva 89/391 devono quanto più possibile essere tutelati.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.