Causa C-113/04 P

Technische Unie BV

contro

Commissione delle Comunità europee

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Intese — Mercato dei materiali elettrotecnici nei Paesi Bassi — Associazione nazionale di grossisti — Accordi e pratiche concordate aventi ad oggetto un regime collettivo di esclusiva e la fissazione dei prezzi — Ammende»

Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate l’8 dicembre 2005 

Sentenza della Corte (Prima Sezione) 21 settembre 2006 

Massime della sentenza

1.     Concorrenza — Procedimento amministrativo — Obblighi della Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 17)

2.     Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Motivi — Errata valutazione dei fatti — Irricevibilità — Controllo da parte della Corte della valutazione degli elementi probatori — Esclusione, salvo il caso di snaturamento

(Art. 225 CE; Statuto della Corte di giustizia , art. 58, primo comma)

3.     Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Motivi — Motivazione insufficiente o contraddittoria

4.     Concorrenza — Intese — Divieto — Infrazioni — Prova

5.     Concorrenza — Intese — Divieto — Infrazioni — Prova

(Art. 81, n. 1, CE)

6.     Concorrenza — Intese — Divieto — Infrazioni — Accordi e pratiche concordate idonei ad essere considerati costitutivi di un’infrazione unica

(Art. 81, n. 1, CE)

7.     Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Competenza della Corte

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15)

8.     Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Competenza della Corte

1.     L’osservanza di un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto comunitario, del quale il giudice comunitario assicura il rispetto.

Nondimeno, la constatazione della durata eccessiva del procedimento non imputabile alle imprese interessate può condurre all’annullamento, per violazione del detto principio, di una decisione che constata un’infrazione solo se tale durata, pregiudicando i diritti della difesa delle imprese, ha potuto incidere sull’esito del procedimento.

Nella sua analisi il giudice comunitario deve prendere in considerazione l’insieme del procedimento, dall’inizio delle indagini della Commissione fino all’adozione della decisione finale.

È importante infatti evitare che i diritti della difesa possano essere irrimediabilmente compromessi a motivo della durata eccessiva della fase istruttoria che precede l’invio della comunicazione degli addebiti e che tale durata possa ostacolare l’acquisizione di prove volte a confutare l’esistenza di comportamenti idonei a far sorgere la responsabilità delle imprese interessate. Per tale motivo, l’esame relativo a un eventuale ostacolo all’esercizio dei diritti della difesa per la durata eccessiva del procedimento amministrativo non deve essere limitato alla sola seconda fase di quest’ultimo, ma deve vertere anche sulla fase antecedente alla comunicazione degli addebiti e, in particolar modo, verificare se l’eccessiva durata abbia potuto pregiudicare le future possibilità di difesa delle imprese interessate.

(v. punti 40, 47-48, 54-56)

2.     Risulta dagli artt. 225 CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia che il Tribunale è competente in via esclusiva, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Quando il Tribunale ha constatato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’art. 225 CE, ad effettuare il controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto.

La Corte non è pertanto competente ad accertare i fatti, né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti stessi. Infatti, una volta che tali prove sono state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto e le norme di procedura in materia di onere e di assunzione della prova sono stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Questa valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte.

(v. punti 82-83)

3.     La questione se la motivazione di una sentenza del Tribunale sia contraddittoria o insufficiente costituisce una questione di diritto che può, in quanto tale, essere sollevata nell’ambito di un giudizio di impugnazione.

In proposito, l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni poste a fondamento della decisione e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo.

(v. punti 84-85)

4.     È sufficiente che la Commissione provi che un’impresa ha partecipato a riunioni nel corso delle quali sono stati conclusi accordi a carattere anticoncorrenziale, senza che essa si sia opposta a questi ultimi in forma manifesta, perché sia sufficientemente dimostrata la sua partecipazione ad un’intesa. Quando sia accertato che un’impresa ha preso parte a simili riunioni, spetta ad essa addurre indizi atti a dimostrare che la sua partecipazione a queste ultime era priva di qualunque spirito anticoncorrenziale, fornendo la prova di aver dichiarato ai propri concorrenti che partecipava alle riunioni in un’ottica diversa dalla loro.

(v. punto 114)

5.     Nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi, i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza.

Simili indizi e coincidenze consentono infatti di rivelare non soltanto l’esistenza di comportamenti o accordi anticoncorrenziali, ma anche la durata di un comportamento continuato contrario alle regole di concorrenza e il periodo di applicazione di un accordo concluso in violazione di tali regole.

Il Tribunale può quindi, senza commettere errori di diritto, fondare la propria valutazione dell’esistenza e della durata di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale su una valutazione complessiva di tutte le prove e gli indizi pertinenti. Tuttavia, la questione di quale valore probatorio sia stato attribuito dal Tribunale a ciascun elemento di tali prove e indizi forniti dalla Commissione costituisce una questione attinente alla valutazione dei fatti che esula, in quanto tale, dal controllo della Corte nell’ambito di un giudizio di impugnazione.

Il fatto che la prova dell’esistenza di un’infrazione continuata non sia stata fornita per alcuni periodi determinati non impedisce di ritenere che l’infrazione abbia abbracciato un periodo complessivo più esteso di tali periodi, qualora una constatazione siffatta si basi su indizi obiettivi e concordanti. Nell’ambito di un’infrazione di questo tipo, estesa su più anni, il fatto che le manifestazioni dell’intesa si verifichino in periodi differenti, eventualmente separati da intervalli di tempo più o meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza dell’intesa stessa, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e si inscrivano nel quadro di un’infrazione a carattere unitario e continuato.

(v. punti 165-167, 169)

6.     Una violazione dell’art. 81, n. 1, CE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti oppure da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contestata sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero altresì costituire di per sé e presi isolatamente una violazione della detta disposizione. Ove le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme.

A tal riguardo, è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di tali azioni, ove risulti che quest’ultime hanno ad oggetto impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune.

(v. punti 178, 183)

7.     Il Tribunale è competente in via esclusiva a controllare il modo in cui la Commissione ha valutato, in ciascun caso di specie, la gravità dei comportamenti illeciti alla luce delle regole di concorrenza del Trattato. Nell’ambito di un ricorso di impugnazione, il controllo della Corte è volto, da un lato, a verificare che il Tribunale abbia preso in considerazione in maniera giuridicamente corretta tutti i fattori essenziali per valutare la gravità di un determinato comportamento alla luce degli artt. 81 CE e 15 del regolamento n. 17 e, dall’altro, ad appurare se il Tribunale abbia risposto in termini giuridicamente sufficienti all’insieme degli argomenti invocati a sostengo della domanda di annullamento dell’ammenda o di riduzione dell’importo di quest’ultima.

(v. punto 196)

8.     Non spetta alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nell’ambito di un ricorso di impugnazione, sostituire, per motivi di equità, la propria valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza giurisdizionale anche di merito, sull’importo delle ammende inflitte ad imprese a causa della violazione, da parte di queste ultime, del diritto comunitario.

(v. punto 210)




SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

21 settembre 2006 (*)

Indice


Fatti all’origine della controversia

Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

Motivi di impugnazione

Sull’impugnazione

Sul primo motivo, relativo alla violazione del principio del termine ragionevole

Argomenti delle parti

– Sulla prima parte del primo motivo, relativa alla distinzione tra le due fasi del procedimento amministrativo

– Sulla seconda parte del primo motivo, relativa alla durata eccessiva del procedimento amministrativo

– Sulla terza parte del primo motivo, relativa alla violazione dei diritti della difesa

Giudizio della Corte

Sul secondo motivo, relativo alla presunta esclusione della prova a discarico successiva alla lettera di preavviso

Argomenti delle parti

Giudizio della Corte

– Osservazioni preliminari

– Esame del secondo motivo

Sul terzo motivo, relativo alla partecipazione della TU alle infrazioni constatate dalla Commissione

Sulla prima parte del terzo motivo, relativa alla partecipazione della TU al regime collettivo di esclusiva

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sulla seconda parte del terzo motivo, relativa alla partecipazione della TU all’estensione del regime collettivo di esclusiva

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sulla terza parte del terzo motivo, relativa alla partecipazione della TU all’infrazione in materia di prezzi

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sul quarto motivo, relativo alla determinazione della durata delle infrazioni imputate alla TU dalla Commissione

Sulla prima parte del quarto motivo, relativa alla durata del regime collettivo di esclusiva

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sulla seconda parte del quarto motivo, relativa alla durata dell’infrazione in materia di fissazione dei prezzi

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sulla terza parte del quarto motivo, relativa alla durata delle infrazioni imputate alla TU

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sul quinto motivo, relativo alla richiesta di riduzione dell’importo dell’ammenda

Sulla prima parte del quinto motivo, relativa alla riduzione dell’importo dell’ammenda in ragione della determinazione asseritamente erronea della durata delle infrazioni imputate alla TU

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sulla seconda parte del quinto motivo, relativa alla riduzione dell’importo dell’ammenda in ragione della durata eccessiva del procedimento amministrativo

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sulla terza parte del quinto motivo, relativa alla determinazione dell’importo dell’ammenda con riguardo alla partecipazione della TU alle infrazioni contemplate nella decisione controversa

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sulle spese

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Intese – Mercato dei materiali elettrotecnici nei Paesi Bassi – Associazione nazionale di grossisti – Accordi e pratiche concordate aventi ad oggetto un regime collettivo di esclusiva e la fissazione dei prezzi – Ammende»

Nel procedimento C‑113/04 P,

avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado, proposto, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, il 26 febbraio 2004,

Technische Unie BV, con sede in Amstelveen (Paesi Bassi), rappresentata dai sigg. P. Bos e C. Hubert, advocaten,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied, con sede a L’Aia (Paesi Bassi), rappresentata dal sig. E. Pijnacker Hordijk, advocaat,

ricorrente in primo grado,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. W. Wils, in qualità di agente, assistito dal sig. H. Gilliams, advocaat, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

CEF City Electrical Factors BV, con sede in Rotterdam (Paesi Bassi),

CEF Holdings Ltd, con sede in Kenilworth (Regno Unito),

rappresentate dai sigg. C. Vinken‑Geijselaers, J. Stuyck e M. Poelman, advocaten, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dal sig. K. Schiemann (relatore), dalla sig.ra N. Colneric, e dai sigg. E. Juhász e E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 settembre 2005,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 dicembre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       Con il suo ricorso di impugnazione, la Technische Unie BV (in prosieguo: la «TU») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 16 dicembre 2003, cause riunite T‑5/00 e T‑6/00, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied e Technische Unie/Commissione (Racc. pag. II‑5761; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), o, quanto meno, l’annullamento di tale sentenza nella parte relativa al procedimento T‑6/00, con la quale il Tribunale ha respinto il ricorso della detta ricorrente diretto all’annullamento della decisione della Commissione 26 ottobre 1999, 2000/117/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 del Trattato CE [Caso IV/33.884 – Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied e Technische Unie (FEG e TU)] (GU 2000, L 39, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Fatti all’origine della controversia

2       Il 18 marzo 1991, la società CEF Holdings Ltd, grossista di materiale elettrotecnico con sede nel Regno Unito, nonché la sua controllata CEF City Electrical Factors BV, creata dalla detta società per insediarsi nel mercato olandese (in prosieguo congiuntamente denominate: la «CEF»), hanno presentato alla Commissione delle Comunità europee una denuncia riguardante i problemi di approvvigionamento da esse incontrati nei Paesi Bassi.

3       Tale denuncia riguardava tre associazioni di imprese operanti sul mercato olandese dei materiali elettrotecnici. Oltre alla Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied (Associazione federativa olandese per il commercio all’ingrosso nel settore elettrotecnico; in prosieguo: la «FEG»), si trattava della Nederlandse Vereniging van Alleenvertegenwoordigers op Elektrotechnisch Gebied (Associazione olandese dei rappresentanti esclusivi nel settore elettrotecnico; in prosieguo: la «NAVEG») e della Unie van de Elektrotechnische Ondernemers (Unione delle imprese del settore elettrotecnico; in prosieguo: l’«UNETO»).

4       Nella denuncia suddetta, la CEF accusava le tre associazioni sopra indicate e i loro membri di aver concluso accordi collettivi di esclusiva reciproca a tutti i livelli della filiera di distribuzione del materiale elettrotecnico nei Paesi Bassi, ciò che avrebbe reso quasi impossibile l’insediamento nel mercato olandese di un grossista di materiale elettrotecnico che non fosse membro della FEG. Infatti, i fabbricanti e i loro agenti o importatori avrebbero fornito materiale elettrotecnico soltanto ai membri della FEG e gli installatori si sarebbero riforniti soltanto presso questi ultimi.

5       Successivamente, nel 1991 e nel 1992, la CEF ha esteso la portata della propria denuncia per contestare alcuni accordi intervenuti tra la FEG e i suoi membri in materia di prezzi e riduzioni di prezzi, taluni accordi diretti ad escludere la CEF dalla partecipazione a determinati progetti, nonché taluni accordi verticali sui prezzi tra alcuni fabbricanti di materiale elettrotecnico e i grossisti membri della FEG.

6       Dopo aver inviato, il 16 settembre 1991, una lettera di preavviso alla FEG e ai membri di quest’ultima (in prosieguo: la «lettera di preavviso»), nonché varie richieste di informazioni all’associazione suddetta, e dopo l’effettuazione di verifiche da parte dei suoi servizi in merito alle presunte concertazioni praticate dai membri della FEG, la Commissione, in data 3 luglio 1996, ha comunicato i propri addebiti a quest’ultima e a sette suoi membri, tra i quali figurava la TU. Il 19 novembre 1997 si è svolta un’audizione in presenza di tutti i destinatari della comunicazione degli addebiti nonché della CEF.

7       Il 26 ottobre 1999 la Commissione ha adottato la decisione controversa, nella quale si constata che:

–       la FEG ha violato l’art. 81, n. 1, CE istituendo, sulla base di un accordo con la NAVEG e di pratiche concordate con fornitori non rappresentati in quest’ultima associazione, un regime collettivo di esclusiva volto a impedire le forniture a imprese non aderenti alla FEG stessa (art. 1 della decisione controversa);

–       la FEG ha violato l’art. 81, n. 1, CE limitando, direttamente e indirettamente, la libertà dei suoi membri di fissare autonomamente i propri prezzi di vendita. A tal fine essa ha adottato la decisione vincolante sui prezzi fissi e la decisione vincolante sulle pubblicazioni, ha diffuso fra i suoi membri raccomandazioni sui prezzi lordi e netti, e ha fornito loro un forum per negoziare su prezzi e riduzioni (art. 2 della decisione controversa);

–       la TU ha violato l’art. 81, n. 1, CE partecipando attivamente alle infrazioni di cui agli artt. 1 e 2 della decisione controversa (art. 3 di tale decisione).

8       Per le infrazioni menzionate al punto precedente sono state inflitte alla FEG e alla TU ammende ammontanti, rispettivamente, a EUR 4,4 milioni ed EUR 2,15 milioni (art. 5 della decisione controversa).

9       Tuttavia, tenuto conto della considerevole durata del procedimento (102 mesi), la Commissione ha deciso, di propria iniziativa, di ridurre di EUR 100 000 l’importo delle ammende. La decisione controversa afferma al riguardo quanto segue:

«(152) (...) La Commissione riconosce che la durata del procedimento nel presente caso, avviato nel 1991, è notevole, e questo per ragioni di natura diversa, imputabili parzialmente alla Commissione ma anche alle parti stesse. La Commissione riconosce la propria responsabilità per i ritardi che possono esserle imputati.

(153)          Per tale motivo la Commissione riduce l’importo dell’ammenda [da 4,5 milioni ] a 4,4 milioni di EUR per FEG e [da 2,25 milioni a] 2,15 milioni di EUR per TU».

 Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

10     Con atto introduttivo depositato dinanzi al Tribunale il 14 gennaio 2000 (causa T‑6/00), la TU ha proposto un ricorso diretto ad ottenere, in via principale, l’annullamento della decisione controversa, in subordine, l’annullamento dell’art. 5, n. 2, di quest’ultima e, in ulteriore subordine, la riduzione a EUR 1 000 dell’importo dell’ammenda inflittale.

11     Con atto introduttivo depositato lo stesso giorno dinanzi al Tribunale (causa T‑5/00), la FEG ha proposto un ricorso avente il medesimo oggetto di quello presentato dalla TU.

12     Con ordinanza del presidente della Prima Sezione del Tribunale in data 16 ottobre 2000, la CEF è stata ammessa ad intervenire in giudizio a sostegno delle conclusioni della Commissione.

13     I ricorsi della FEG e della TU, che sono stati riuniti ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza, sono stati respinti dalla sentenza impugnata. Le dette ricorrenti sono state condannate a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione e dalle parti intervenute in primo grado in ciascuna delle cause da esse rispettivamente introdotte.

 Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

14     Nel suo ricorso di impugnazione, la TU conclude che la Corte voglia:

–       annullare la sentenza impugnata e statuire essa stessa sulla domanda di annullamento della decisione controversa; in subordine, annullare la detta sentenza e rinviare la causa dinanzi al Tribunale di primo grado;

–       annullare in tutto o in parte la decisione controversa nella parte riguardante la TU o, statuendo nuovamente, disporre una riduzione sostanziale dell’importo dell’ammenda inflittale;

–       condannare la Commissione alle spese del giudizio, ivi comprese quelle relative al procedimento dinanzi al Tribunale.

15     La Commissione conclude che la Corte voglia:

–       rigettare l’impugnazione nella sua interezza perché irricevibile o, quanto meno, perché infondata;

–       condannare la TU alle spese.

 Motivi di impugnazione

16     A sostegno della sua impugnazione la TU deduce cinque motivi, aventi ad oggetto:

–       la violazione del diritto comunitario e/o della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), o, quanto meno, l’incomprensibilità della motivazione della sentenza impugnata laddove il Tribunale ha statuito che il superamento del termine ragionevole non può giustificare l’annullamento della decisione controversa o un’ulteriore riduzione dell’ammenda;

–       la violazione dell’obbligo di motivazione, in quanto la sentenza impugnata sarebbe viziata da una contraddizione interna a causa dell’ambiguità che caratterizza l’importanza riconosciuta dal Tribunale alla data di notifica della lettera di preavviso;

–       un errore di diritto o una motivazione incomprensibile della sentenza impugnata laddove il Tribunale ha statuito che giustamente la Commissione ha ritenuto la TU responsabile delle infrazioni contemplate agli artt. 1 e 2 della decisione controversa;

–       un errore di diritto o una motivazione incomprensibile della sentenza impugnata laddove il Tribunale ha considerato entrambe le infrazioni contemplate agli artt. 1 e 2 della decisione controversa come infrazioni a carattere continuato commesse durante i periodi esaminati, e inoltre laddove ha preso a riferimento gli stessi periodi interessati dalle infrazioni sopra citate per calcolare la durata dell’infrazione di cui all’art. 3 della detta decisione;

–       un errore di diritto dovuto al fatto che, malgrado l’erronea valutazione della durata delle infrazioni e la violazione del principio del termine ragionevole, il Tribunale ha omesso di concedere un’ulteriore riduzione dell’ammenda o, quanto meno, ha motivato in modo insufficiente tale valutazione.

 Sull’impugnazione

 Sul primo motivo, relativo alla violazione del principio del termine ragionevole

 Argomenti delle parti

17     Nell’ambito del suo primo motivo, la TU addebita al Tribunale di aver violato il diritto comunitario e/o la CEDU o, quanto meno, di aver motivato la sentenza impugnata in modo incomprensibile statuendo che il superamento del termine ragionevole non poteva giustificare l’annullamento della decisione controversa o un’ulteriore riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla detta ricorrente. Tale motivo è articolato in tre parti.

–       Sulla prima parte del primo motivo, relativa alla distinzione tra le due fasi del procedimento amministrativo

18     La TU si duole che il Tribunale abbia statuito, ai punti 78 e 79 della sentenza impugnata, che il prolungamento della fase del procedimento amministrativo antecedente alla comunicazione degli addebiti non era idoneo a ledere i diritti della difesa in quanto, in un procedimento in materia di politica comunitaria della concorrenza, gli interessati non sono destinatari di alcuna accusa formale sino al ricevimento della detta comunicazione. Pertanto, nel valutare il carattere ragionevole del termine, il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di considerare 57 mesi del procedimento amministrativo.

19     La TU fa valere che, per stabilire se il principio del termine ragionevole sia stato rispettato, occorre considerare tanto la durata complessiva del procedimento amministrativo quanto le diverse fasi del medesimo. Essa ritiene che, operando una distinzione tra le due fasi del detto procedimento e ritenendo che la fase antecedente alla comunicazione degli addebiti fosse «non pertinente» per valutare il carattere ragionevole del termine, il Tribunale abbia agito in maniera incompatibile con il diritto comunitario.

20     Inoltre, il Tribunale avrebbe disatteso la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, rilevando, ai punti 79 e 80 della sentenza impugnata, che la data ufficiale di ricevimento della comunicazione degli addebiti doveva essere considerata come il momento a partire dal quale gli interessati costituiscono l’oggetto di un’accusa formale nonché come il momento di inizio del procedimento di cui all’art. 3 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204), e che, nei procedimenti sanzionatori come quello di cui al caso di specie, il termine ragionevole contemplato dall’art. 6, n. 1, della CEDU inizia a decorrere dal detto momento.

21     Orbene, la TU sostiene che, nelle specifiche circostanze del caso di specie, il «momento dell’accusa formale» coincide non con il ricevimento della comunicazione degli addebiti, bensì con quello della lettera di preavviso oppure con la prima richiesta di informazioni.

22     La Commissione fa valere per parte sua che la prima parte del primo motivo invocato dalla TU si basa su un’erronea lettura della sentenza impugnata. A suo avviso, al punto 77 di tale pronuncia, il Tribunale ha constatato che la prima fase del procedimento amministrativo aveva avuto una durata irragionevolmente lunga; il detto giudice ha dunque tenuto conto della prima fase suddetta nel valutare il carattere ragionevole o meno del tempo trascorso tra i primi atti del procedimento e l’adozione della decisione controversa.

23     La Commissione sostiene che il Tribunale – giudicando che tanto la prima quanto la seconda fase del procedimento amministrativo avevano richiesto un tempo eccessivo, e verificando poi se un tale superamento del termine ragionevole avesse pregiudicato i diritti della difesa della TU – si è comportato in modo conforme alla giurisprudenza della Corte, secondo cui una durata irragionevole delle diverse fasi dell’indagine non comporta automaticamente una violazione del principio del termine ragionevole. Sarebbe altresì necessario che le imprese interessate dimostrino che tale durata irragionevole ha arrecato pregiudizio ai diritti della difesa (sentenza 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punti 173‑178).

24     Nella presente causa, ad avviso della Commissione, la TU non ha fornito una prova convincente della sua affermazione secondo cui la durata eccessiva del procedimento amministrativo ha arrecato pregiudizio ai diritti della difesa.

25     La Commissione sottolinea altresì che dai punti 87‑92 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale, nell’esaminare la questione se la durata irragionevole del procedimento amministrativo da esso constatata avesse nuociuto ai diritti della difesa della TU, ha incentrato la propria analisi tanto sulla prima quanto sulla seconda fase del procedimento stesso.

26     In subordine, la Commissione fa osservare che la questione se sia la data della comunicazione degli addebiti oppure quella del ricevimento della lettera di preavviso a dover essere presa in considerazione ai fini della formulazione dell’incolpazione a carico della TU, ai sensi dell’art. 6 della CEDU, è priva di rilevanza, in quanto la semplice lettura dei punti 76‑85 della sentenza impugnata mostra chiaramente che il Tribunale ha esaminato la questione del rispetto del principio del termine ragionevole in rapporto tanto alla prima fase del procedimento amministrativo – iniziata con il ricevimento della lettera di preavviso – quanto alla seconda fase del procedimento stesso.

27     La Commissione propone dunque di respingere la prima parte del primo motivo perché infondata.

–       Sulla seconda parte del primo motivo, relativa alla durata eccessiva del procedimento amministrativo

28     La TU fa valere che il Tribunale ha omesso di constatare alcune violazioni commesse dalla Commissione. In particolare, la comunicazione degli addebiti sarebbe stata inviata alla FEG e ai suoi membri soltanto 57 mesi dopo l’invio della lettera di preavviso. In tal modo, secondo la TU, la Commissione ha lasciato a lungo le interessate in uno stato di incertezza quanto alle azioni che potevano essere intraprese nei loro confronti.

29     La lunghezza del procedimento amministrativo avrebbe dovuto portare il Tribunale a riconoscere prima facie l’esistenza di una violazione del principio del termine ragionevole. Indipendentemente dalla questione se i diritti della difesa della TU siano stati effettivamente violati, un superamento così notevole del termine suddetto avrebbe dovuto permettere al Tribunale di concludere che la decisione controversa non avrebbe dovuto essere adottata in questi termini, in quanto nessun interessato deve essere costretto a restare nell’incertezza per un periodo così lungo.

30     La Commissione ricorda che, secondo una costante giurisprudenza, la durata irragionevolmente lunga del procedimento amministrativo può dar luogo all’annullamento della decisione della detta istituzione soltanto se le imprese interessate dimostrino che il superamento del termine ragionevole ha leso i diritti della difesa. Tale questione sarebbe stata esaminata dal Tribunale ai punti 87‑93 della sentenza impugnata, dove il detto giudice ha concluso che non esisteva alcuna prova di una lesione degli interessi della TU.

31     La Commissione fa valere che l’affermazione secondo cui il Tribunale avrebbe omesso di constatare varie violazioni del termine ragionevole mira a rimettere in discussione una valutazione di fatto compiuta dal detto giudice ed è, pertanto, manifestamente irricevibile.

–       Sulla terza parte del primo motivo, relativa alla violazione dei diritti della difesa

32     La TU sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto o ha, quanto meno, motivato la sentenza impugnata in maniera incomprensibile laddove ha dichiarato che i diritti della difesa della TU non erano stati pregiudicati dalla durata irragionevolmente lunga del procedimento amministrativo (punto 79 della sentenza impugnata, letto in connessione con i successivi punti 93 e 94).

33     La ricorrente sostiene inoltre che i diritti della difesa sono stati pregiudicati nel corso della fase precedente al ricevimento della comunicazione degli addebiti. Essa fa riferimento in particolare alle conseguenze sfavorevoli che avrebbe incontrato sul piano della raccolta delle prove, a motivo della durata della fase suddetta.

34     La TU afferma di essere stata privata della possibilità di svolgere una ricerca fruttuosa delle prove. A causa del decorso di un lasso di tempo troppo lungo, sarebbe stato sempre più difficile raccogliere le prove a discarico che le si richiedevano, malgrado essa avesse agito rispettando il dovere generale di prudenza incombente a qualsiasi impresa, come sottolineato dal Tribunale al punto 87 della sentenza impugnata.

35     Per parte sua, la Commissione ritiene, in via principale, che la terza parte del primo motivo miri a rimettere in discussione la valutazione di fatto compiuta dal Tribunale ai punti 87‑93 della sentenza impugnata e sia dunque manifestamente irricevibile.

36     In subordine, la Commissione censura l’argomento della TU secondo cui la durata eccessivamente lunga dell’indagine non avrebbe consentito a tale società di svolgere convenientemente le proprie ricerche in materia di prove. Al riguardo, la Commissione ricorda che tali argomenti sono stati sottoposti dalla TU al Tribunale, il quale li ha respinti ai punti 87 e 88 della sentenza impugnata. Le conclusioni alle quali il Tribunale è giunto in tali punti non verrebbero in alcun modo confutate dalla TU.

37     Anche la CEF fa valere, nella sua risposta alla comunicazione del ricorso di impugnazione, che il primo motivo dedotto dalla TU si basa su un’erronea lettura della sentenza impugnata. Nell’ambito della valutazione del termine ragionevole, il Tribunale avrebbe giustamente incentrato il proprio esame sul periodo decorrente dalla data della richiesta di informazioni, vale a dire il 25 luglio 1991.

38     Per quanto riguarda il termine ragionevole e la violazione dei diritti della difesa, la CEF fa riferimento al punto 49 della sentenza 17 dicembre 1998, causa C‑185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione (Racc. pag. I‑8417), per sostenere che il Tribunale non ha applicato una nozione giuridica errata laddove ha ritenuto che, sebbene la prima fase del procedimento amministrativo avesse avuto una durata eccessiva, il principio del termine ragionevole non fosse stato violato in assenza della prova di una violazione dei diritti della difesa.

39     Ad ogni modo, la CEF ritiene che si tratti, nel caso di specie, di constatazioni di fatto del Tribunale che non possono essere oggetto di un riesame da parte della Corte. Il primo motivo dovrebbe dunque essere respinto perché irricevibile o, quanto meno, perché infondato.

 Giudizio della Corte

40     L’osservanza di un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto comunitario, del quale il giudice comunitario assicura il rispetto (sentenze 18 marzo 1997, causa C‑282/95 P, Guérin automobiles/Commissione, Racc. pag. I‑1503, punti 36 e 37, e Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., punti 167‑171).

41     Occorre verificare se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto respingendo gli argomenti relativi alla presunta violazione del detto principio da parte della Commissione.

42     Contrariamente a quanto asserito dalla TU, il Tribunale ha operato, ai fini dell’applicazione del principio del termine ragionevole, una distinzione tra le due fasi del procedimento amministrativo, vale a dire la fase istruttoria antecedente alla comunicazione degli addebiti e quella corrispondente al resto del procedimento (v. punto 78 della sentenza impugnata).

43     Tale modo di procedere è assolutamente conforme alla giurisprudenza della Corte. Infatti, ai punti 181‑183 della citata sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, la Corte ha statuito, in particolare, che il procedimento amministrativo può essere esaminato distinguendo due fasi temporali successive, ciascuna delle quali risponde ad una propria logica interna. La prima fase, che si estende fino alla comunicazione degli addebiti, ha come termine iniziale la data in cui la Commissione, facendo uso dei poteri conferitile dal legislatore comunitario, adotta misure che implicano l’addebito di una violazione, e deve consentire alla detta istituzione di prendere posizione circa il seguito del procedimento. La seconda fase si estende invece dalla comunicazione degli addebiti fino all’adozione della decisione finale. Essa deve consentire alla Commissione di pronunciarsi definitivamente sulla violazione contestata.

44     Dopo aver stabilito la distinzione tra le due fasi del procedimento amministrativo, il Tribunale ha proceduto ad esaminare il carattere eccessivo o meno della durata di ciascuna di esse.

45     Per quanto riguarda la prima fase, il Tribunale ha constatato, al punto 77 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva atteso più di tre anni dopo aver inviato una richiesta di informazioni alla TU il 25 luglio 1991, ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17, per effettuare le prime verifiche in loco. Il Tribunale ha riconosciuto che tale durata è eccessiva e deriva da un’inerzia imputabile alla Commissione.

46     Per quanto concerne la seconda fase del procedimento amministrativo, il Tribunale ha rilevato, al punto 85 della sentenza impugnata, che erano trascorsi circa 23 mesi tra l’audizione delle parti e la decisione controversa, e che tale durata doveva ritenersi considerevole, senza che fosse possibile imputarne la responsabilità alla TU e alla FEG. Il Tribunale ha da ciò concluso che la Commissione aveva ecceduto il termine normalmente necessario per l’adozione della detta decisione.

47     Posto che la constatazione della durata eccessiva del procedimento – per la quale non potevano essere considerate responsabili la TU o la FEG – non era di per sé sufficiente per affermare l’esistenza di una violazione del principio del termine ragionevole, il Tribunale ha valutato l’incidenza di tale durata sui diritti della difesa della TU. La premessa di un approccio siffatto emerge dal punto 74 della sentenza impugnata, nel quale il Tribunale ha statuito che il superamento del termine ragionevole può costituire un motivo di annullamento solo nel caso di una decisione che constati la commissione di infrazioni, qualora risulti provato che la violazione del detto principio ha pregiudicato i diritti della difesa delle imprese interessate. Al di fuori di tale specifica ipotesi, il mancato rispetto dell’obbligo di decidere entro un termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo ai sensi del regolamento n. 17.

48     Il ricorso a tale criterio, ai fini della constatazione di una violazione del principio del termine ragionevole, è assolutamente legittimo. Infatti, al punto 49 della citata sentenza Baustahlgewebe/Commissione, nel valutare la durata del procedimento dinanzi al Tribunale, la Corte ha statuito che la presenza di indizi comprovanti che la durata del procedimento ha influito sulla soluzione della controversia può determinare l’annullamento della sentenza impugnata. Il medesimo approccio si ritrova nel ragionamento seguito dal Tribunale allorché ha giudicato che la durata eccessiva del procedimento dinanzi alla Commissione doveva determinare l’annullamento della decisione controversa qualora i diritti della difesa della TU fossero stati compromessi, ipotesi questa nella quale sussiste necessariamente un possibile influsso sull’esito del procedimento.

49     Di conseguenza, occorre valutare l’analisi compiuta dal Tribunale in ordine alla presunta violazione, in tale contesto, dei diritti della difesa della TU.

50     Risulta dalla sentenza impugnata che tale analisi è limitata alla valutazione delle ripercussioni sull’esercizio dei diritti della difesa della TU determinate dalla durata eccessiva della seconda fase del procedimento amministrativo. In particolare, al punto 93 della detta sentenza, il Tribunale ha concluso che l’eccessivo prolungamento del procedimento amministrativo dopo l’audizione non aveva leso i diritti della difesa della TU e della FEG.

51     Quanto alla fase istruttoria antecedente alla comunicazione degli addebiti, il Tribunale ha rilevato, al punto 79 della sentenza impugnata, che il semplice prolungamento di tale fase del procedimento amministrativo non era di per sé idoneo a ledere i diritti della difesa, in quanto alla TU e alla FEG non era stata mossa alcuna accusa formale fino al ricevimento della comunicazione degli addebiti.

52     Tale conclusione è corretta nella misura in cui il Tribunale ha reputato che soltanto dopo l’invio della comunicazione degli addebiti la TU e la FEG fossero state ufficialmente informate delle infrazioni che la Commissione addebitava loro a seguito delle proprie investigazioni. Al ragionamento del Tribunale è sottesa l’idea che sia soltanto nella seconda fase del procedimento amministrativo che le imprese interessate possono far valere pienamente i diritti della difesa, ciò che non avviene durante la fase antecedente alla comunicazione degli addebiti a motivo dell’assenza di formulazione, da parte della Commissione, delle censure attinenti alle presunte infrazioni da essa constatate.

53     Tuttavia, la constatazione fatta dal Tribunale al punto 79 della sentenza impugnata non tiene conto dell’eventualità che la durata eccessiva della fase istruttoria possa aver influito sull’esercizio dei diritti della difesa da parte della TU nel corso della seconda fase del procedimento amministrativo, vale a dire dopo l’invio della comunicazione degli addebiti.

54     La durata eccessiva della prima fase del procedimento amministrativo può influire sulle future possibilità di difesa delle imprese interessate, in particolare riducendo l’efficacia dei diritti della difesa allorché questi vengono invocati nella seconda fase del procedimento. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 123 delle sue conclusioni, quanto più tempo trascorre tra una misura di indagine quale, nel caso di specie, l’invio della lettera di preavviso e la comunicazione degli addebiti, tanto più diviene probabile che eventuali prove a discarico riguardanti le infrazioni addebitate in tale comunicazione non possano più essere acquisite o possano esserlo soltanto con difficoltà, in particolare per quanto riguarda i testimoni a discarico, segnatamente a causa dei cambiamenti che possono intervenire nella composizione degli organi dirigenti delle imprese interessate e degli avvicendamenti riguardanti gli altri dipendenti di queste ultime. Nella sua analisi del principio del termine ragionevole, il Tribunale non ha sufficientemente preso in considerazione tale aspetto relativo all’attuazione del detto principio.

55     Posto che il rispetto dei diritti della difesa – principio il cui carattere fondamentale è stato sottolineato a più riprese dalla giurisprudenza della Corte (v., segnatamente, sentenza 9 novembre 1983, causa 322/81, Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 7) – riveste un’importanza capitale nei procedimenti come quello in questione nel presente caso, è importante evitare che tali diritti possano essere irrimediabilmente compromessi a motivo della durata eccessiva della fase istruttoria, e che tale durata possa ostacolare l’acquisizione di prove volte a confutare l’esistenza di comportamenti idonei a far sorgere la responsabilità delle imprese interessate. Per tale motivo, l’esame relativo a un eventuale ostacolo all’esercizio dei diritti della difesa non deve essere limitato alla fase stessa in cui tali diritti producono il loro pieno effetto, vale a dire la seconda fase del procedimento amministrativo. La valutazione relativa all’origine dell’eventuale riduzione dell’efficacia dei diritti della difesa deve estendersi all’insieme di tale procedimento avendo riguardo alla durata complessiva del medesimo.

56     Pertanto, il Tribunale è incorso in un errore di diritto nella misura in cui, nella sentenza impugnata, ha limitato la portata dell’esame della presunta violazione dei diritti della difesa a motivo della durata eccessiva del procedimento amministrativo alla sola seconda fase di quest’ultimo. Il detto giudice ha omesso di verificare se l’eccessiva durata, imputabile alla Commissione, dell’intero procedimento amministrativo – ivi compresa la fase antecedente alla comunicazione degli addebiti – fosse idonea a pregiudicare le future possibilità di difesa della FEG e della TU e se, in particolare, quest’ultima avesse dimostrato tale fatto in forma concludente.

57     Ne consegue che il primo motivo della TU deve essere accolto nella misura in cui con esso viene dedotto un errore di diritto nell’applicazione del principio del termine ragionevole. Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere parzialmente annullata, laddove ha statuito che il prolungamento della prima fase del procedimento amministrativo non era di per sé idoneo a ledere i diritti della difesa della TU.

58     In conformità dell’art. 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. Essa può allora statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

59     Nel caso di specie, posto che la questione della presunta violazione dei diritti della difesa, esaminata in rapporto alla durata eccessiva del procedimento amministrativo, è stata discussa in primo grado e che la TU ha così avuto modo di far valere i propri argomenti al riguardo, la Corte è in condizione di pronunciarsi nel merito.

60     Nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, la TU sostiene che la durata eccessiva del procedimento amministrativo ha avuto ripercussioni sull’esercizio dei diritti della difesa e dunque sull’esito del procedimento avviato nei suoi confronti. Essa sarebbe stata ostacolata nella propria difesa già all’epoca del ricevimento della comunicazione degli addebiti.

61     Occorre dunque verificare se la TU abbia sufficientemente dimostrato che, alla data della comunicazione degli addebiti, ossia il 3 luglio 1996, essa ha incontrato difficoltà per difendersi contro le allegazioni della Commissione, difficoltà che sarebbero state la conseguenza dell’eccessiva durata del procedimento amministrativo.

62     In primo luogo, la TU osserva come le infrazioni accertate dalla Commissione nella decisione controversa siano principalmente fondate su resoconti di discussioni tra rappresentanti della FEG, della NAVEG e della TU. Orbene, in un certo numero di casi, i dipendenti di quest’ultima che all’epoca parteciparono a tali discussioni non lavorerebbero più da molto tempo in tale impresa. Infatti, i partecipanti alle assemblee regionali della FEG, sigg. Van Hulten, de Beun, Romein e Van Wingen, avrebbero lasciato la TU da alcuni anni, o perché ritiratisi in pensione o perché caduti in malattia. Quanto al sig. Coppoolse, che viene preso in considerazione ai punti 65 e 69 del preambolo della detta decisione come presidente della FEG in seno alla quale rappresentava la TU, egli non lavorerebbe più presso tale società dal 1989, e nemmeno presso la Schotman, società madre della TU, dal 1° giugno 1992.

63     La TU sostiene che, in assenza di tali persone, non si può ragionevolmente pretendere che essa ricostruisca il contesto esatto delle discussioni svoltesi all’epoca, al fine di difendersi contro le censure formulate dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti.

64     A questo proposito, occorre rilevare che, nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, la TU ha omesso di precisare la data in cui le dette persone hanno cessato di lavorare presso di essa e le circostanze idonee a dimostrare che, il 3 luglio 1996, non era più possibile ottenere informazioni da tali persone. Altrettanto imprecisi sono gli argomenti invocati dalla TU per quanto riguarda le ragioni per le quali sarebbe stato cruciale contattare le dette persone ai fini dell’esercizio dei diritti della difesa. La TU non indica quali sono le specifiche censure formulate dalla Commissione nella decisione controversa che avrebbero potuto essere confutate grazie all’intervento di tali persone.

65     In secondo luogo, la TU fa valere undici resoconti di riunioni sui quali la Commissione si sarebbe fondata per constatare l’esistenza di un regime collettivo di esclusiva. Tre delle persone presenti ad alcune di queste riunioni, vale a dire i sigg. Vos (incontro tra la TU e l’impresa Holec), Van der Kaay (presente all’assemblea della regione «Zuid‑Nederland» della FEG del 14 febbraio 1990) e Van Nieuwenhof (presente all’assemblea della stessa regione del 28 maggio 1991), non potrebbero più fornire il loro contributo a favore della TU.

66     La TU sostiene che, anche se essa fosse in grado di sollecitare l’aiuto degli interessati, sarebbe comunque impossibile ricostruire discussioni a distanza di 5‑8 anni dal loro svolgimento.

67     A questo proposito, occorre ricordare che la comunicazione degli addebiti è stata inviata alla TU il 3 luglio 1996. Orbene, la detta ricorrente non indica la data di partenza delle tre persone in questione, né il motivo per cui il fatto di non poterle più interpellare sarebbe idoneo a compromettere la sua difesa di fronte agli addebiti della Commissione.

68     Inoltre, è pacifico che, almeno per quanto riguarda l’assemblea della regione «Zuid‑Nederland» della FEG del 14 febbraio 1990, la TU era rappresentata non soltanto dal sig. Van der Kaay, ma anche da altre persone, per le quali la TU non ha fatto valere alcuna causa di indisponibilità.

69     L’insieme delle considerazioni che precedono mostra come la TU non sia riuscita a dimostrare, sulla base di elementi di prova convincenti, che dalla durata eccessiva della fase del procedimento amministrativo antecedente alla comunicazione degli addebiti è potuta derivare una violazione dei diritti della difesa, e che, alla data in cui è intervenuta la detta comunicazione, le sue possibilità di difendersi efficacemente erano, per tale motivo, già compromesse.

70     Gli argomenti della TU non sono idonei a dimostrare l’effettiva esistenza di una violazione dei diritti della difesa, la quale va esaminata sulla base delle specifiche circostanze di ciascun caso di specie.

71     Pertanto, il motivo dedotto dalla TU a sostegno del suo ricorso dinanzi al Tribunale, relativo alla violazione del principio del termine ragionevole, è infondato e deve dunque essere respinto.

72     Di conseguenza, anche il ricorso della TU dinanzi al Tribunale, in quanto fondato sul detto motivo, deve essere respinto.

 Sul secondo motivo, relativo alla presunta esclusione della prova a discarico successiva alla lettera di preavviso

 Argomenti delle parti

73     La TU ritiene che esista una contraddizione interna nella motivazione della sentenza impugnata e, di conseguenza, un difetto di motivazione di quest’ultima a motivo dell’ambiguità che caratterizza l’importanza attribuita dal Tribunale alla data di notifica della lettera di preavviso.

74     Da un lato, il Tribunale avrebbe affermato, al punto 79 della sentenza impugnata, che la notifica della comunicazione degli addebiti ha costituito la data a partire dalla quale la TU è stata formalmente incolpata. Da tale considerazione risulterebbe che fino a questa data la TU non era tenuta a difendersi, in quanto non era stata ancora formulata nei suoi confronti un’accusa formale. Di conseguenza, il Tribunale non avrebbe preso in considerazione il periodo antecedente alla comunicazione degli addebiti per valutare se la Commissione avesse rispettato il principio del termine ragionevole prima di adottare la decisione controversa.

75     Dall’altro lato, risulterebbe dai punti 196 e 208 della sentenza impugnata che il Tribunale ha ritenuto che la TU fosse sostanzialmente nella posizione di accusata a partire dal ricevimento della lettera di preavviso o, quanto meno, dal ricevimento della prima richiesta di informazioni. Il Tribunale avrebbe dunque escluso, senza alcuna spiegazione, la prova a discarico corrispondente al periodo successivo al ricevimento della lettera suddetta.

76     Ad avviso della TU, la sentenza impugnata è viziata da una grave insufficienza di motivazione e il Tribunale ha commesso una violazione dei diritti della difesa.

77     Per parte sua, la Commissione fa valere che il secondo motivo dedotto dalla TU a sostegno della sua impugnazione si basa su due premesse inesatte.

78     In primo luogo, il Tribunale avrebbe preso in considerazione il periodo antecedente alla comunicazione degli addebiti nel valutare il carattere ragionevole del periodo di tempo trascorso tra i primi atti del procedimento amministrativo e l’adozione della decisione controversa.

79     In secondo luogo, la Commissione fa valere che il Tribunale ha esaminato i documenti e gli argomenti presentati dalla TU ed ha constatato che questi non avevano il valore probatorio ad essi attribuito dalla detta ricorrente. Ad avviso della detta istituzione, il Tribunale, nella sua valutazione, ha attribuito importanza anche alla circostanza che i documenti sui quali la TU si fondava erano stati redatti soltanto dopo che tutti gli interessati erano stati informati dell’avvio di un procedimento amministrativo da parte della Commissione.

80     Quest’ultima ritiene che tale motivo miri a sottoporre all’esame della Corte la valutazione di fatto compiuta dal Tribunale in ordine al valore probatorio dei documenti del fascicolo, e debba dunque essere respinto perché irricevibile.

 Giudizio della Corte

–       Osservazioni preliminari

81     Occorre ricordare i limiti del controllo giurisdizionale esercitato dalla Corte nell’ambito di un giudizio di impugnazione.

82     Risulta dagli artt. 225 CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia che il Tribunale è competente in via esclusiva, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Quando il Tribunale ha constatato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’art. 225 CE, ad effettuare il controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto (v., segnatamente, sentenze Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 23, e 6 aprile 2006, causa C‑551/03 P, General Motors/Commissione, Racc. pag. I‑3173, punto 51).

83     La Corte non è pertanto competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti stessi. Infatti, una volta che tali prove sono state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto e le norme di procedura in materia di onere e di assunzione della prova sono stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Questa valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte (sentenze Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 24, e General Motors/Commissione, cit., punto 52).

84     Inoltre, occorre rammentare che la questione se la motivazione di una sentenza del Tribunale sia contraddittoria o insufficiente costituisce una questione di diritto che può, in quanto tale, essere sollevata nell’ambito di un giudizio di impugnazione (sentenze 7 maggio 1998, causa C‑401/96 P, Somaco/Commissione, Racc. pag. I‑2587, punto 53, e 13 dicembre 2001, causa C‑446/00 P, Cubero Vermurie/Commissione, Racc. pag. I‑10315, punto 20).

85     Quanto all’obbligo di motivazione, risulta da una costante giurisprudenza che esso non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi e al giudice competente di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (v., in tal senso, sentenza 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 372).

–       Esame del secondo motivo

86     Il secondo motivo è ricevibile, nella misura in cui con esso la TU cerca di dimostrare che la motivazione della sentenza impugnata riguardo all’esclusione del valore probatorio di alcuni documenti è insufficiente o addirittura contraddittoria.

87     Nell’ambito del loro ricorso dinanzi al Tribunale, la TU e la FEG hanno contestato gli elementi presentati dalla Commissione, nella decisione controversa, quali esempi di attuazione di un gentlemen’s agreement concluso tra la NAVEG e la FEG in merito all’approvvigionamento dei membri di quest’ultima (in prosieguo: il «gentlemen’s agreement»). In tale contesto, sono state fatte valere, in particolare, due lettere della Spaanderman Licht, un’impresa affiliata alla NAVEG.

88     Ai punti 196 e 208 della sentenza impugnata, il Tribunale ha proceduto all’esame del valore probatorio di tali lettere.

89     Per quanto riguarda in particolare la lettera del 14 agosto 1991, il Tribunale, al detto punto 196, ne ha valutato il valore probatorio ponendo a confronto il suo tenore con il contesto nel quale essa era stata redatta. In primo luogo, il detto giudice ha rilevato che la lettera in questione era stata inviata alla NAVEG in risposta ad un quesito formulato da quest’ultima due giorni prima. Sarebbe stata dunque la NAVEG a prendere l’iniziativa di interrogare la Spaanderman Licht sui motivi che l’avevano indotta a non rifornire la CEF. In secondo luogo, il Tribunale ha evidenziato che tale lettera era successiva alle richieste di informazioni inviate dalla Commissione alla FEG e alla TU il 25 luglio 1991 ed era perciò priva di carattere persuasivo.

90     Quanto alla lettera inviata alla CEF il 22 maggio 1991 dalla Spaanderman Licht, il Tribunale ha constatato che quest’ultima si era limitata a comunicare che non intendeva ampliare la propria rete di rivenditori. Il Tribunale ha però rilevato che tale lettera era stata redatta quando l’indagine della Commissione era già in corso.

91     Pertanto, risulta dai punti 196 e 208 della sentenza impugnata che il Tribunale ha motivato in forma sufficiente il carattere non persuasivo delle lettere suddette e la loro esclusione quale prova a discarico.

92     Quanto alla presunta contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata asserita dalla TU, occorre constatare che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 27 delle sue conclusioni, mancando un qualsivoglia nesso logico tra la valutazione della ragionevolezza della durata del procedimento amministrativo e la valutazione del valore probatorio dei documenti sottoposti al Tribunale come prova, la detta sentenza non contiene alcuna contraddizione.

93     Inoltre, il valore probatorio – che spetta soltanto al Tribunale giudicare – dei documenti presentati a quest’ultimo dalle parti a titolo di prova non dipende necessariamente dalla fase del procedimento amministrativo nel corso della quale essi sono stati redatti. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 28 delle sue conclusioni, tale valore probatorio deve essere verificato tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto. Orbene, risulta dai punti 196 e 208 della sentenza impugnata che il fatto che la Commissione avesse già cominciato la propria indagine non è il solo fattore determinante per il quale il Tribunale ha respinto, in particolare, le lettere della Spaanderman Licht del 22 maggio e del 14 agosto 1991 in quanto inidonee a rimettere in discussione le prove fornite dalla Commissione in merito all’attuazione del gentlemen’s agreement. Pertanto, i detti punti 196 e 208 non possono essere interpretati nel senso che, per forza di cose, nessuna efficacia probatoria può essere attribuita a un documento redatto mentre l’indagine della Commissione è già in corso.

94     Alla luce di quanto precede, occorre respingere, perché infondato, il secondo motivo di impugnazione.

 Sul terzo motivo, relativo alla partecipazione della TU alle infrazioni constatate dalla Commissione

95     La TU afferma che il Tribunale ha commesso un errore di diritto o, quanto meno, ha motivato la sentenza impugnata in maniera incomprensibile laddove ha statuito, ai punti 367 e 379 della sentenza impugnata, che la Commissione era legittimata ad addebitare alla TU l’attiva partecipazione alle infrazioni riguardanti il regime collettivo di esclusiva e gli accordi sui prezzi della FEG. Il terzo motivo è articolato in tre parti.

 Sulla prima parte del terzo motivo, relativa alla partecipazione della TU al regime collettivo di esclusiva

–       Argomenti delle parti

96     Con tale parte del terzo motivo, la TU fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto o, quanto meno, ha motivato la sentenza impugnata in maniera incomprensibile laddove ha affermato che essa ricorrente aveva attivamente partecipato al regime collettivo di esclusiva, quale si presentava nella forma del gentlemen’s agreement.

97     In primo luogo, il Tribunale non avrebbe preso in considerazione le norme di funzionamento interno della FEG, e neppure la normativa olandese applicabile in materia di associazioni.

98     A questo proposito, la TU ricorda che ha sostenuto dinanzi al Tribunale che, dal punto di vista giuridico, essa non poteva esercitare alcun influsso sulle decisioni della FEG. Essa fa presente che, malgrado tale affermazione, il Tribunale ha statuito, al punto 352 della sentenza impugnata, che non erano pertinenti né le obiezioni da essa sollevate in merito alla tesi della Commissione secondo cui la TU aveva avuto un ruolo importante nel regime collettivo di esclusiva, né le obiezioni fondate sulle regole di funzionamento interno della FEG e sulla normativa olandese in materia di associazioni.

99     La valutazione del Tribunale in proposito sarebbe incomprensibile, in quanto tale giudice avrebbe affermato, al punto 356 della sentenza impugnata, che queste stesse regole di funzionamento interno della FEG erano effettivamente pertinenti ai fini della valutazione del ruolo della TU nella gestione degli affari della detta associazione.

100   A questo proposito, la Commissione fa valere che questa presunta contraddizione tra i punti 352 e 356 della sentenza impugnata si basa su un’erronea interpretazione di tale pronuncia.

101   Infatti, secondo la Commissione, il Tribunale avrebbe affermato, al punto 352 della sentenza impugnata, che la TU non poteva addurre a pretesto le disposizioni letterali delle regole di funzionamento interno della FEG o le disposizioni della normativa olandese in materia di associazioni per sostenere la propria estraneità alle infrazioni constatate. La Commissione fa valere che il Tribunale ha sottolineato che si doveva tener conto unicamente di ciò che era realmente avvenuto, e non di ciò che era astrattamente possibile o consentito.

102   Inoltre, al punto 356 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe giudicato, fondandosi proprio su una valutazione del ruolo effettivo svolto negli affari della FEG dalla TU, che quest’ultima aveva effettivamente partecipato al regime collettivo di esclusiva.

103   In secondo luogo, la TU qualifica come incomprensibile il ragionamento seguito dal Tribunale al punto 353 della sentenza impugnata, nel quale si trova confermato il criterio applicato dalla Commissione nella decisione controversa, vale a dire la coincidenza degli interessi della FEG e della TU. A suo avviso, il fatto che essa sia una delle più importanti imprese aderenti alla FEG non dimostra l’esistenza di «una naturale convergenza d’interessi» tra la TU stessa e tale associazione.

104   Non essendo pertinente nel caso di specie il criterio fondato sulla coincidenza degli interessi, il Tribunale avrebbe dovuto ricercare l’esistenza di una volontà comune tra la TU e la FEG.

105   A questo proposito, la Commissione sostiene che la constatazione del Tribunale relativa alla convergenza di interessi tra la FEG e la TU non è esclusivamente fondata sul fatto che quest’ultima era uno dei più grandi e importanti membri della FEG. A suo avviso, dal punto 356 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha preso in considerazione anche il fatto che, per più anni, un rappresentante della TU ha fatto parte del consiglio di amministrazione della FEG, ricoprendo peraltro per un certo periodo la presidenza di tale organo, e che la detta società era fortemente rappresentata in diversi comitati di prodotti.

106   La Commissione critica anche la tesi della TU secondo cui il Tribunale sarebbe stato tenuto a verificare l’esistenza di un «concorso di volontà» tra la TU e la FEG. A suo avviso, il Tribunale ha verificato se la TU avesse partecipato al regime collettivo di esclusiva ed è giunto ad una conclusione affermativa, ciò che è sufficiente per imputare un’infrazione alla detta società.

107   In terzo luogo, la TU fa riferimento alla constatazione effettuata dal Tribunale al punto 356 della sentenza impugnata, secondo cui essa «è una delle più importanti imprese aderenti alla FEG» e che «[è] a tale titolo che alcuni dei suoi dirigenti o dipendenti hanno seduto nel consiglio di amministrazione della FEG e partecipato alle deliberazioni degli organi di tale associazione tra il 1985 e il 1995», e ritiene che tale constatazione sia insufficiente per stabilire se essa abbia partecipato «attivamente» all’infrazione considerata all’art. 1 della decisione controversa.

108   Nel caso di specie, la Commissione avrebbe dovuto verificare se la TU avesse, in una qualche altra maniera, manifestato la propria approvazione del comportamento del «proprio» rappresentante nel consiglio di amministrazione della FEG e, dunque, la propria approvazione della politica di tale associazione e dell’esecuzione della medesima. La Commissione non si sarebbe attivata in tal senso e pertanto il Tribunale avrebbe effettuato una valutazione giuridica errata in ordine a tale punto.

109   La Commissione fa valere a questo proposito che la TU ignora manifestamente tutte le prove che il Tribunale ha analizzato ai punti 356‑361 della sentenza impugnata. Essa ricorda che il Tribunale ha constatato, ai detti punti, la partecipazione della TU al gentlemen’s agreement, tenendo conto che tale società non soltanto aveva assistito alle riunioni durante le quali questo accordo era stato discusso senza prendere le distanze dal medesimo, ma era stata altresì direttamente implicata nell’elaborazione e nell’attuazione dell’accordo stesso, in quanto membro del consiglio di amministrazione della FEG.

110   Ne risulterebbe che il Tribunale, nel valutare l’imputabilità alla TU della sua partecipazione al regime collettivo di esclusiva, ha applicato un criterio giuridico corretto.

–       Giudizio della Corte

111   Con questa prima parte del terzo motivo, la TU contesta, in sostanza, i criteri giuridici sui quali il Tribunale si è fondato per valutare gli elementi di prova forniti dalla Commissione al fine di dimostrare la partecipazione della detta società al regime collettivo di esclusiva. Posto che la valutazione dell’imputabilità dell’infrazione ad un’impresa costituisce una questione di diritto, spetta alla Corte verificare se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto affermando che la Commissione aveva legittimamente ritenuto che la TU avesse partecipato attivamente al detto comportamento anticoncorrenziale.

112   Inoltre, nell’ambito di tale parte del terzo motivo, la TU censura la presunta insufficienza di motivazione di vari punti della sentenza impugnata dedicati alla sua partecipazione al regime collettivo di esclusiva.

113   Ne consegue che la prima parte del terzo motivo è ricevibile.

114   Secondo la costante giurisprudenza della Corte, è sufficiente che la Commissione provi che l’impresa in questione ha partecipato a riunioni nel corso delle quali sono stati conclusi accordi a carattere anticoncorrenziale, senza che essa si sia opposta a questi ultimi in forma manifesta, perché sia sufficientemente dimostrata la sua partecipazione all’intesa. Quando sia accertato che un’impresa ha preso parte a simili riunioni, spetta ad essa addurre indizi atti a dimostrare che la sua partecipazione a queste ultime era priva di qualunque spirito anticoncorrenziale, fornendo la prova di aver dichiarato ai propri concorrenti che partecipava alle riunioni in un’ottica diversa dalla loro (v. sentenze 8 luglio 1999, causa C‑42/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I‑4125, punto 96, e causa C‑199/92 P, Hüls/Commissione, Racc. pag. I‑4287, punto 155).

115   Risulta dai punti 359‑361 della sentenza impugnata che tali principi sono serviti quale fondamento per la valutazione del Tribunale relativa alla prova fornita dalla Commissione a sostegno della sua constatazione della partecipazione della TU al regime collettivo di esclusiva. Nel suo esame, il Tribunale non è assolutamente partito dalla premessa secondo cui l’affiliazione di un’impresa ad un’associazione di categoria implicherebbe automaticamente che i vari comportamenti illeciti di quest’ultima devono essere imputati all’impresa in questione. A questo proposito, risulta chiaramente dal punto 355 della detta sentenza che il Tribunale ha applicato il criterio della partecipazione personale alla realizzazione dell’infrazione.

116   Il Tribunale ha constatato, al punto 357 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva raccolto indizi che provavano l’esistenza del gentlemen’s agreement. Secondo il Tribunale, la Commissione ha raccolto indizi documentali relativi a contatti tra la FEG e la NAVEG nel corso dei quali si era parlato del gentlemen’s agreement. Tali documenti coprono un periodo che prende inizio l’11 marzo 1986 con una riunione tra il consiglio di amministrazione della NAVEG e quello della FEG. La Commissione ha altresì preso in considerazione le discussioni svoltesi nel corso delle riunioni di questi stessi consigli di amministrazione in data 28 febbraio 1989 e 25 ottobre 1991, nonché una lettera della FEG alla NAVEG del 18 novembre 1991.

117   Per quanto riguarda la partecipazione personale della TU al gentlemen’s agreement, il Tribunale ha constatato, al punto 358 della sentenza impugnata, che, nell’ambito delle riunioni dei consigli di amministrazione della FEG e della NAVEG richiamate dalla Commissione, se è pur vero che la TU non era né presente né rappresentata a quella del 28 febbraio 1989, la FEG ne ha però redatto un resoconto. Il Tribunale ha inoltre rilevato che la presenza della TU ad altre riunioni (in data 11 marzo 1986 e 25 ottobre 1991) e la sua rappresentanza nel consiglio di amministrazione della FEG nel 1991 non erano contestate.

118   Al punto 360 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso che, in assenza di una prova di dissociazione e, a maggior ragione, in virtù della sua partecipazione in qualità di membro del consiglio di amministrazione della FEG, la TU doveva essere considerata parte attiva del gentlemen’s agreement.

119   Ne consegue che il Tribunale non ha commesso un errore di diritto nel valutare la partecipazione della TU al regime collettivo di esclusiva.

120   Occorre esaminare anche gli argomenti invocati dalla TU per sostenere che taluni punti della sentenza impugnata riguardanti la sua partecipazione al regime collettivo di esclusiva recano una motivazione insufficiente.

121   In primo luogo, quanto all’argomento della TU relativo alla presunta contraddittorietà tra i punti 352 e 356 della sentenza impugnata, risulta da un’attenta lettura di questi ultimi che essi non sono viziati da alcuna contraddizione.

122   Infatti, risulta dal punto 350 della sentenza impugnata che il Tribunale ha proceduto all’esame delle censure dedotte dalla TU per confutare le prove della propria partecipazione attiva alle infrazioni, e ciò al fine di risolvere la questione se la Commissione avesse sufficientemente dimostrato la partecipazione della detta società alle infrazioni contemplate agli artt. 1 e 2 della decisione controversa.

123   Per quanto riguarda la partecipazione della TU al regime collettivo di esclusiva, il Tribunale ha respinto, al punto 352 della sentenza impugnata, l’argomento secondo cui la detta società non poteva esercitare alcun influsso sulle decisioni della FEG. Il Tribunale ha constatato che gli argomenti della TU relativi alle regole di funzionamento interno della FEG e alla normativa olandese in materia di associazioni non erano pertinenti. A suo avviso, è importante stabilire se la TU abbia partecipato al gentlemen’s agreement, e non sapere se lo statuto della FEG o la detta normativa nazionale consentissero alla società ricorrente una partecipazione di questo tipo.

124   Tale ragionamento è giustamente fondato sulla necessità di stabilire se la partecipazione della TU al gentlemen’s agreement si sia effettivamente verificata, e non se tale partecipazione fosse semplicemente possibile.

125   Ed è proprio ricorrendo ad un tale ragionamento che il Tribunale, nell’esaminare la questione se la TU avesse effettivamente partecipato al regime collettivo di esclusiva, ha giudicato pertinente il fatto che taluni dirigenti e dipendenti di tale società avevano fatto parte del consiglio di amministrazione della FEG, ed ha fatto riferimento, al punto 356 della sentenza impugnata, allo statuto di questa associazione per ricordare che l’organo suddetto garantisce la direzione generale di quest’ultima.

126   Pertanto, la sentenza impugnata non è viziata da alcuna contraddittorietà della motivazione in ordine a tale punto.

127   In secondo luogo, per quanto riguarda la censura mossa contro il punto 353 della sentenza impugnata, occorre rilevare come la constatazione da parte del Tribunale della convergenza di interessi della FEG e della TU non sia esclusivamente fondata sul fatto che quest’ultima era una delle più importanti imprese aderenti alla FEG. Infatti, risulta dal punto 356 della detta sentenza che il Tribunale ha preso in considerazione anche il fatto che, per più anni, un rappresentante della TU aveva fatto parte del consiglio di amministrazione della detta associazione, che tale rappresentante aveva ricoperto per un certo tempo la presidenza di tale organo e che la TU era fortemente rappresentata in diversi comitati di prodotti.

128   Per quanto riguarda la presunta necessità che il Tribunale esaminasse l’esistenza di una volontà comune tra la TU e la FEG, occorre constatare che, avendo il detto giudice verificato se la TU avesse effettivamente partecipato al gentlemen’s agreement ed essendo pervenuto ad una conclusione affermativa, la condizione alla quale è subordinata l’imputazione di tale infrazione all’impresa suddetta risulta soddisfatta.

129   Alla luce di quanto precede, la prima parte del terzo motivo deve essere respinta perché infondata.

 Sulla seconda parte del terzo motivo, relativa alla partecipazione della TU all’estensione del regime collettivo di esclusiva

–       Argomenti delle parti

130   La TU fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto o, quanto meno, ha motivato la sentenza impugnata in maniera incomprensibile allorché ha esaminato se essa avesse attivamente partecipato – e, in caso affermativo, per quanto tempo – alle pratiche concordate della FEG o, almeno, dei membri di tale associazione, tenuto conto del fatto che tali pratiche erano volte ad ottenere l’adesione al gentlemen’s agreement di imprese non affiliate alla NAVEG.

131   Non sarebbe stato tenuto alcun conto del fatto che la TU aveva esercitato pressioni per l’ultima volta il 2 luglio 1991 su un fabbricante non aderente alla NAVEG affinché questi non fornisse materiale elettrotecnico ad imprese non affiliate alla FEG. Pertanto, la TU fa valere che è erroneo affermare implicitamente, come ha fatto il Tribunale, che essa ha attivamente contribuito all’infrazione contemplata all’art. 1 della decisione controversa dopo il 2 luglio 1991, o che, quanto meno, la sentenza impugnata è motivata insufficientemente su tale punto. Successivamente alla data suddetta, la Commissione non avrebbe accertato alcuna attività in tal senso da parte della TU.

132   A questo proposito, la Commissione fa valere che la TU cerca di rimettere in discussione la valutazione di fatto compiuta dal Tribunale in merito alla data del 2 luglio 1991, e che, secondo una costante giurisprudenza, un soggetto che partecipi a un accordo vietato è considerato come responsabile dell’accordo medesimo fino a che non si dissoci pubblicamente dal suo contenuto, ciò che la TU non ha mai fatto.

133   In via del tutto subordinata, la Commissione fa osservare come la TU ignori la constatazione compiuta dal Tribunale al punto 366 della sentenza impugnata, secondo la quale la detta ricorrente ha esercitato pressioni su imprese non appartenenti alla NAVEG, non soltanto individualmente, ma anche, successivamente, «assieme ad altri membri della FEG». Tale constatazione costituirebbe una ragione supplementare per considerare la TU responsabile dell’infrazione per tutto il periodo nel corso del quale questa è stata commessa.

–       Giudizio della Corte

134   La seconda parte del terzo motivo, in quanto diretta in sostanza a contestare i criteri giuridici sulla base dei quali il Tribunale ha esaminato le prove fornite dalla Commissione per dimostrare la partecipazione della TU all’estensione del regime collettivo di esclusiva, è ricevibile.

135   Tuttavia, la detta parte del terzo motivo ignora le conclusioni alle quali è giunto il Tribunale ai punti 365‑376 della sentenza impugnata.

136   Infatti, al punto 365 della detta sentenza, il Tribunale ha constatato che la TU era uno dei principali membri della FEG e che, a tale titolo, era stata costantemente rappresentata nel consiglio di amministrazione di quest’ultima tra il 1985 e il 1995, ad eccezione tuttavia dell’anno 1990. Il Tribunale ha rilevato inoltre che, in tale qualità, la TU aveva direttamente partecipato all’elaborazione della politica della FEG e/o era stata informata delle discussioni tra questa associazione e la NAVEG riguardanti il regime collettivo di esclusiva, senza avere mai cercato di dissociarsi pubblicamente da quest’ultimo.

137   Al punto 366 della sentenza impugnata, il Tribunale ha aggiunto che risultava in modo certo dalle prove esaminate dalla Commissione ai punti 53-70 del preambolo della decisione controversa che la TU aveva rivestito un ruolo particolarmente importante nella pratica concordata consistente nell’estendere il regime collettivo di esclusiva a taluni fornitori non appartenenti alla NAVEG. Il Tribunale ha constatato che la TU, sia individualmente sia assieme ad altri membri della FEG, aveva esercitato pressioni su queste imprese affinché non rifornissero i grossisti non affiliati alla FEG con i quali si trovavano in concorrenza.

138   Posto che la realizzazione di tali pressioni è stata constatata dal Tribunale nell’esercizio della sua insindacabile valutazione dei fatti, la quale non può costituire oggetto di riesame in sede di impugnazione e la cui esattezza materiale non viene contestata dalla TU, occorre concludere che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto laddove ha statuito che giustamente la Commissione aveva ritenuto provata la partecipazione della TU all’estensione del regime collettivo di esclusiva, dopo il 2 luglio 1991, tenendo presente che il detto giudice di primo grado, per giungere a tale conclusione, si è fondato sulla valutazione del ruolo personale svolto dalla detta società dell’ambito di tale infrazione. Inoltre, non è dato constatare alcun difetto di motivazione in ordine a tale punto.

139   Stanti tali premesse, occorre respingere la seconda parte del terzo motivo perché infondata.

 Sulla terza parte del terzo motivo, relativa alla partecipazione della TU all’infrazione in materia di prezzi

–       Argomenti delle parti

140   La TU fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto o, quanto meno, ha motivato la sentenza impugnata in maniera incomprensibile laddove ha affermato che giustamente la Commissione aveva ritenuto la detta società responsabile dell’infrazione di cui all’art. 2 della decisione controversa relativamente agli accordi sui prezzi, a motivo della sua attiva partecipazione a questi ultimi.

141   La ricorrente censura l’affermazione del Tribunale, contenuta al punto 371 della sentenza impugnata, secondo cui «la TU non può pretendere che, per sua natura, l’infrazione considerata nell’art. 2 della decisione [controversa] riguardi solo la FEG e non possa conseguentemente esserle imputata».

142   La TU addebita al Tribunale di aver implicitamente giudicato che essa aveva partecipato ad una pratica concordata applicando due decisioni vincolanti, una sui prezzi fissi e l’altra sulle pubblicazioni. Dal punto 376 della sentenza impugnata essa deduce che il Tribunale ha ritenuto che il semplice fatto, per la TU, di essere membro della FEG fosse sufficiente per renderla responsabile dell’infrazione.

143   La TU fa valere che il fatto di essere membro di un’associazione di imprese che agisce in violazione delle regole in materia di concorrenza non è di per sé sufficiente per imputare al detto membro tale infrazione. A suo avviso, occorre che sussista, nel caso di specie, un’attività individuale che sia comprovabile e dalla quale sia possibile dedurre che il membro dell’associazione in questione ha manifestato la propria volontà di partecipare all’infrazione di cui trattasi.

144   Omettendo di verificare in quale misura la TU fosse stata effettivamente implicata nell’infrazione contemplata all’art. 2 della decisione controversa, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto o, quanto meno, avrebbe motivato la sentenza impugnata in maniera incomprensibile in ordine a tale punto.

145   A questo proposito, la Commissione fa valere che la terza parte del terzo motivo si basa su un’erronea lettura del punto 371 della sentenza impugnata.

146   A suo avviso, il Tribunale ha ricordato, al detto punto 371, che l’art. 3 della decisione controversa riteneva la TU responsabile delle infrazioni a motivo, in particolare, della sua attiva partecipazione a queste ultime. La Commissione sottolinea che, al punto 349 della detta sentenza, il Tribunale ha rigettato l’argomento della TU secondo cui le infrazioni le venivano imputate per il solo fatto di essere affiliata alla FEG. Tale rigetto sarebbe stato esplicitato ai punti 351‑379 della detta pronuncia, nei quali il Tribunale avrebbe statuito, sulla base delle prove disponibili – e non già unicamente sulla scorta della semplice affiliazione della TU alla FEG – che le due infrazioni constatate nella detta decisione potevano essere imputate alla TU.

–       Giudizio della Corte

147   Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 51 delle sue conclusioni, il Tribunale non si è assolutamente basato sulla premessa secondo cui la TU avrebbe dovuto essere ritenuta automaticamente responsabile, in quanto membro della FEG, del comportamento illecito di quest’ultima.

148   Al contrario, i punti 375‑379 della sentenza impugnata sono dedicati all’esame, da parte del Tribunale, della partecipazione personale ed attiva della TU all’infrazione relativa alla fissazione dei prezzi.

149   Di conseguenza, nessun errore di diritto può essere addebitato al Tribunale. Inoltre, la sentenza impugnata è sufficientemente motivata sul punto.

150   Risulta da quanto precede che la terza parte del terzo motivo deve essere respinta perché infondata e, di conseguenza, occorre respingere nella sua interezza il terzo motivo.

 Sul quarto motivo, relativo alla determinazione della durata delle infrazioni imputate alla TU dalla Commissione

151   Col suo quarto motivo, articolato in tre parti, la TU sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto o, quanto meno, ha motivato in maniera insufficiente la sentenza impugnata per quanto riguarda la durata di ciascuna delle infrazioni continuate contemplate agli artt. 1 e 2 della decisione controversa. Gli stessi periodi sarebbero stati erroneamente presi in considerazione per calcolare la durata dell’infrazione di cui all’art. 3 della detta decisione.

152   La TU censura il punto 413 della sentenza impugnata, nel quale il Tribunale ha affermato «che gli elementi costitutivi delle infrazioni indicate negli artt. 1 e 2 della decisione [controversa] erano perdurati per otto, quindici, nove, quattro e sei anni».

 Sulla prima parte del quarto motivo, relativa alla durata del regime collettivo di esclusiva

–       Argomenti delle parti

153   La TU sostiene che il Tribunale ha erroneamente statuito che l’infrazione contemplata all’art. 1 della decisione controversa aveva, per sua natura, carattere continuato ed era perdurata dall’11 marzo 1986 al 25 febbraio 1994 compreso. A questo proposito, la TU rinvia al punto 406 della sentenza impugnata, nel quale il Tribunale ha statuito che le infrazioni di cui agli artt. 1 e 2 della decisione controversa avevano «per loro natura» carattere continuato, a motivo del fatto che «[g]li episodi relativi all’estensione dell’accordo collettivo di esclusiva e all’invio di raccomandazioni da parte della FEG in materia di prezzi non costituiscono infrazioni autonome; si tratta di elementi costitutivi delle infrazioni». Il Tribunale si sarebbe erroneamente fondato su «indizi», non disponendo di prove dirette in tal senso.

154   Inoltre, la TU ritiene che, al punto 408 della sentenza impugnata, il Tribunale non abbia chiarito il motivo per cui poteva nondimeno prospettarsi un regime collettivo di esclusiva concordato tra la FEG e la NAVEG nel periodo dall’11 marzo 1986 al 25 febbraio 1994, in assenza di prove dell’esistenza di tale regime durante alcuni periodi compresi tra queste due date. Infatti, non esisterebbe alcuna prova dell’esistenza di tale infrazione:

–       nel periodo compreso tra l’11 marzo 1986, data della riunione nel corso della quale la FEG e la NAVEG hanno parlato per la prima volta di «accordi tra le due associazioni», ed il 28 febbraio 1989, data in cui i consigli di amministrazione delle due associazioni hanno, per la prima volta dopo la detta riunione, menzionato il gentlemen’s agreement;

–       nel periodo compreso tra il 18 novembre 1991, data alla quale la FEG ha avuto per l’ultima volta uno scambio epistolare con la NAVEG, ed il 25 febbraio 1994, data in cui quest’ultima associazione ha sottolineato per l’ultima volta l’esistenza del regime collettivo di esclusiva tra la FEG e la NAVEG.

155   La TU ritiene che tale circostanza sia contraria alle regole disciplinanti l’assunzione della prova. A suo avviso, è possibile ritenere che un’infrazione perduri per un periodo di più anni qualora sia dimostrato che, in tale arco di tempo, le imprese interessate hanno continuato ad essere animate da una volontà comune riguardo all’oggetto dell’infrazione e che quest’ultima ha effettivamente continuato a sussistere o, quanto meno, ad essere messa in atto.

156   Il Tribunale avrebbe dunque applicato un criterio erroneo in materia di prova.

157   Per quanto riguarda il quarto motivo nella sua interezza, la Commissione ritiene che esso sia irricevibile nella misura in cui è diretto a contestare la valutazione di fatto del Tribunale secondo cui i constatati atti e comportamenti restrittivi della concorrenza avevano uno scopo comune e costituivano di conseguenza un’infrazione a carattere unitario.

158   In subordine, per quanto riguarda la prima parte del quarto motivo, la Commissione fa valere che il punto 406 della sentenza impugnata, censurato dalla TU, afferma chiaramente che la qualificazione delle pratiche constatate nella decisione controversa come «infrazioni continuate» non è in alcun modo motivata mediante un riferimento al rapporto tra i diversi atti restrittivi della concorrenza, bensì è fondata sulla natura delle infrazioni che si ricollegano ad accordi conclusi per una durata indeterminata e ad atti intesi all’attuazione o all’estensione di tali accordi.

159   Quanto all’argomento della TU relativo alla durata del regime collettivo di esclusiva e alla presunta mancanza di prove dell’esistenza di quest’ultimo nel corso di lunghi periodi, la Commissione fa riferimento ai punti 90, 406 e 411 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale ha statuito a più riprese che l’infrazione doveva essere qualificata come «continuata». Orbene, nel caso di un accordo concluso per una durata indeterminata, la Commissione non sarebbe tenuta, a motivo appunto della natura di tale accordo, a dimostrare la sua esistenza in qualsiasi momento considerato.

160   La Commissione, in considerazione del fatto che le infrazioni addebitate sono state qualificate come «continuate» dal Tribunale – ciò che costituisce una constatazione di fatto – e che nessun partecipante al regime collettivo di esclusiva si è espressamente dissociato da quest’ultimo, conclude che giustamente il Tribunale ha affermato che essa istituzione non era tenuta a produrre prove supplementari per dimostrare l’esistenza dell’accordo in un momento qualsivoglia dei periodi menzionati dalla TU.

–       Giudizio della Corte

161   Nell’ambito di questa prima parte del quarto motivo, la TU sostiene, in sostanza, che il Tribunale si è fondato su criteri giuridici erronei per valutare la prova fornita dalla Commissione a sostegno della propria constatazione relativa alla durata del regime collettivo di esclusiva, per la partecipazione al quale viene mosso addebito alla detta società. Entro questi limiti, tale parte del quarto motivo verte su una questione di diritto, che può essere sottoposta alla Corte nell’ambito di un giudizio di impugnazione, e va dunque considerata ricevibile.

162   Posto che l’esistenza del gentlemen’s agreement era stata contestata dalla FEG e dalla TU, il Tribunale ha affermato, al punto 141 della sentenza impugnata, che occorreva valutare se, nella decisione controversa, la Commissione avesse assolto l’onere della prova ad essa incombente allorché aveva concluso che vi erano prove dell’esistenza del detto gentlemen’s agreement a partire dall’11 marzo 1986. Il Tribunale ha dichiarato che tale valutazione poggiava su un’analisi complessiva di tutte le prove e gli indizi pertinenti.

163   Dopo aver esaminato la genesi e l’attuazione del detto gentlemen’s agreement, il Tribunale ha rilevato, al punto 210 della sentenza impugnata, che, al termine di un’analisi complessiva, la TU e la FEG non erano riuscite a rimettere in discussione il carattere convincente, obiettivo e concordante degli indizi presentati dalla Commissione nella decisione controversa.

164   Nell’ambito del presente giudizio di impugnazione, la TU contesta, in particolare, la congruità del riferimento agli «indizi» quale prova dell’esistenza e della durata del regime collettivo di esclusiva.

165   Tale argomento non può essere accolto. La Corte ha già statuito che, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit., punto 57).

166   Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 64 delle sue conclusioni, tali indizi e coincidenze consentono di rivelare non soltanto l’esistenza di comportamenti o accordi anticoncorrenziali, ma anche la durata di un comportamento anticoncorrenziale continuato e il periodo di applicazione di un accordo concluso in violazione delle regole di concorrenza.

167   Alla luce di tale giurisprudenza, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto laddove ha fondato il proprio giudizio in merito all’esistenza di un regime collettivo di esclusiva nonché alla durata di quest’ultimo su «una valutazione complessiva di tutte le prove e gli indizi pertinenti». Tuttavia, la questione di quale efficacia probatoria sia stata attribuita dal Tribunale a ciascun elemento di tali prove e indizi forniti dalla Commissione costituisce l’oggetto di una valutazione di fatto che esula, in quanto tale, dal controllo della Corte nell’ambito di un giudizio di impugnazione.

168   Nell’ambito di questa prima parte del quarto motivo, la TU addebita altresì al Tribunale di aver ignorato la mancanza di prove quanto all’esistenza di un regime collettivo di esclusiva nel corso di alcuni periodi determinati.

169   Occorre precisare al riguardo che, al punto 406 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che la Commissione aveva fornito la prova dell’esistenza di un’infrazione continuata nel periodo compreso tra il 1986 e il 1994. Il fatto che una simile prova non sia stata fornita per alcuni periodi determinati non impedisce di ritenere che l’infrazione sia stata perpetrata su un arco di tempo complessivo più esteso di tali periodi, qualora una constatazione siffatta si basi su indizi obiettivi e concordanti. Nell’ambito di un’infrazione estesa su più anni, il fatto che le manifestazioni dell’intesa intervengano in periodi differenti, eventualmente separati da intervalli di tempo più meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza dell’intesa stessa, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e si inscrivano nel quadro di un’infrazione a carattere unitario e continuato.

170   Orbene, al punto 342 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che il regime collettivo di esclusiva e le pratiche relative alla fissazione dei prezzi perseguivano uno stesso fine anticoncorrenziale diretto a mantenere i prezzi ad un livello superiore a quello risultante dal gioco della concorrenza, da un lato, diminuendo la competitività delle imprese che cercavano di operare sul mercato della distribuzione all’ingrosso di materiale elettrotecnico nei Paesi Bassi e di competere così con i membri della FEG, senza essere affiliate a tale associazione di imprese e, dall’altro, coordinando in parte le rispettive politiche dei prezzi.

171   Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 61 delle sue conclusioni, dalla suddetta constatazione del Tribunale risulta che ciascuna delle infrazioni di cui sopra, ossia il regime collettivo di esclusiva e le pratiche concordate in materia di prezzi, perseguiva tale unico obiettivo.

172   Inoltre, occorre sottolineare che, al punto 408 della sentenza impugnata, il Tribunale ha illustrato in modo dettagliato gli indizi che hanno consentito alla Commissione di determinare la durata del regime collettivo di esclusiva. Tale punto è così formulato:

«Con riferimento all’infrazione indicata nell’art. 1 della decisione [controversa], la Commissione non è stata in grado di determinare con precisione la data in cui è stato concluso l’accordo collettivo di esclusiva. Tuttavia essa ha potuto fornire la prova dell’esistenza di tale accordo a partire dalla riunione dell’11 marzo 1986, nel corso della quale i consigli di amministrazione della FEG e della NAVEG hanno richiamato il gentlemen’s agreement. La Commissione ha altresì considerato diversi [indizi] posteriori a tale riunione in base ai quali essa ha ritenuto che il gentlemen’s agreement continuava ad essere applicato dai membri della NAVEG (v., decisione [controversa], ‘considerando’ 47-49). La Commissione ha inoltre rilevato diversi [indizi] che dimostrano che i membri della NAVEG avevano seguito i consigli della propria associazione, in esecuzione del gentlemen’s agreement (decisione [controversa], ‘considerando’ 50-52). L’ultimo di tali [indizi] è il resoconto di una riunione interna della società Hemmink del 25 febbraio 1994, nel corso della quale tale membro della NAVEG ha indicato di aver rifiutato di rifornire un grossista non appartenente alla FEG. Quanto alle pressioni esercitate, in particolare dalla TU, su fabbricanti non appartenenti alla NAVEG affinché non rifornissero grossisti non appartenenti alla FEG, è altresì assodato che esse hanno avuto luogo nell’arco di dodici mesi a decorrere dal mese di luglio 1990».

173   Posto che la valutazione da parte del Tribunale della prova fornita dalla Commissione in merito alla durata del regime collettivo di esclusiva è fondata su criteri giuridici corretti e che i punti della sentenza impugnata relativi a tale questione sono sufficientemente motivati, la prima parte del quarto motivo deve essere respinta perché infondata.

 Sulla seconda parte del quarto motivo, relativa alla durata dell’infrazione in materia di fissazione dei prezzi

–       Argomenti delle parti

174   La TU sostiene che il Tribunale ha erroneamente statuito, al punto 406 della sentenza impugnata, che l’infrazione in materia di fissazione dei prezzi contemplata all’art. 2 della decisione controversa aveva, per sua natura, carattere continuato ed era durata dal 21 dicembre 1988 al 24 aprile 1994 compreso.

175   La TU critica in particolare il fatto che il Tribunale abbia considerato gli elementi che avevano condotto alla constatazione dell’infrazione di cui all’art. 2 della decisione controversa non già come costitutivi di infrazioni indipendenti, bensì come gli elementi di un’unica e medesima infrazione. La TU sottolinea che però, allo stesso tempo, il Tribunale ha dichiarato che tali elementi avevano avuto una durata assai differente, vale a dire quindici, nove, quattro e sei anni, come risulta dal punto 413 della sentenza impugnata.

176   La TU ritiene che un esame più attento di tali «elementi» riveli che essi hanno carattere assolutamente eterogeneo. Il Tribunale avrebbe dovuto esaminare ciascun elemento separatamente alla luce dei criteri di applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, e segnatamente tenendo conto del criterio dell’incidenza sugli scambi tra gli Stati membri.

177   Per parte sua, la Commissione ritiene che tale parte del quarto motivo sia fondata su un’erronea lettura della sentenza impugnata. Essa fa valere che la constatazione del Tribunale di cui al punto 406 della detta sentenza, relativa al carattere continuato dell’infrazione in materia di fissazione dei prezzi, si basa sulla natura dell’infrazione. Infatti, quest’ultima consiste in decisioni vincolanti adottate per una durata indeterminata, nonché in numerosi atti e comportamenti che tendevano tutti a mantenere artificialmente i prezzi sul mercato olandese ad un livello elevato, e ciò per un tempo indefinito.

–       Giudizio della Corte

178   Una violazione dell’art. 81, n. 1, CE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti oppure da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contestata sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero altresì costituire di per sé e presi isolatamente una violazione della detta disposizione. Ove le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (v. sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit., punto 258).

179   Risulta dalla sentenza impugnata che è proprio un ragionamento siffatto alla base della qualificazione, da parte del Tribunale, delle pratiche concordate in materia di prezzi come costitutive di un’unica infrazione continuata.

180   In particolare, al punto 342 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che il regime collettivo di esclusiva e le pratiche relative alla fissazione dei prezzi perseguivano uno stesso fine anticoncorrenziale diretto a mantenere i prezzi ad un livello superiore a quello risultante dal gioco della concorrenza, da un lato, diminuendo la competitività delle imprese che cercavano di operare sul mercato della distribuzione all’ingrosso di materiale elettrotecnico nei Paesi Bassi e di competere così con i membri della FEG, senza essere affiliate a tale associazione d’imprese, e, dall’altro, coordinando in parte le rispettive politiche dei prezzi.

181   Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 61 delle sue conclusioni, da una constatazione quale quella di cui sopra risulta anche che ciascuna delle infrazioni in sé considerata, ossia il regime collettivo di esclusiva e le pratiche concordate in materia di prezzi, perseguiva tale unico obiettivo.

182   Pertanto, il punto 406 della sentenza impugnata, letto alla luce della constatazione effettuata dal Tribunale al detto punto 342, non rivela alcun errore di diritto né alcun difetto di motivazione di tale pronuncia.

183   Inoltre, occorre ricordare che, ai fini dell’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di un accordo, ove risulti che quest’ultimo mira a impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit., punto 261) .

184   Pertanto, avendo constatato la finalità anticoncorrenziale delle pratiche concordate relative alla fissazione dei prezzi, il Tribunale non era affatto tenuto a procedere all’esame dei loro effetti concreti sul mercato.

185   Risulta da quanto precede che la seconda parte del quarto motivo deve essere respinta perché infondata.

 Sulla terza parte del quarto motivo, relativa alla durata delle infrazioni imputate alla TU

–       Argomenti delle parti

186   La TU fa valere che, qualora la prima e la seconda parte del quarto motivo dovessero essere accolte, la durata dell’infrazione di cui all’art. 3 della decisione controversa dovrebbe a fortiori essere ridotta di conseguenza.

187   La Commissione rinvia agli argomenti da essa sviluppati in ordine alle suddette parti del quarto motivo, e conclude che la terza parte di quest’ultimo nonché, insieme a questa, l’intero quarto motivo devono essere respinti perché irricevibili o, quanto meno, perché infondati.

–       Giudizio della Corte

188   Poiché la prima e la seconda parte del motivo sono state respinte, occorre concludere che la terza parte del quarto motivo non può essere accolta.

 Sul quinto motivo, relativo alla richiesta di riduzione dell’importo dell’ammenda

189   Ad avviso della TU, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nella misura in cui, malgrado l’erronea valutazione della durata delle infrazioni e la violazione del principio del termine ragionevole da parte della Commissione, ha rifiutato di concedere un’ulteriore riduzione dell’importo dell’ammenda, o, quanto meno, la sentenza impugnata è insufficientemente motivata in ordine a tale punto. Tale motivo è articolato in tre parti.

 Sulla prima parte del quinto motivo, relativa alla riduzione dell’importo dell’ammenda in ragione della determinazione asseritamente erronea della durata delle infrazioni imputate alla TU

–       Argomenti delle parti

190   La TU sostiene che, ai sensi dell’art. 15 del regolamento n. 17, per determinare l’importo dell’ammenda che la Commissione infligge ad un’impresa per una violazione dell’art. 81, n. 1, CE, occorre tener conto della gravità e della durata di tale infrazione. Essa fa valere che la comunicazione della Commissione relativa agli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 14 gennaio 1998 (GU C 9, pag. 3), prevede la possibilità di diminuire l’importo di base dell’ammenda qualora ciò sia giustificato da particolari circostanze attenuanti.

191   La TU ritiene che la Commissione e il Tribunale non abbiano tenuto conto di tali regole nel fissare l’importo dell’ammenda e che abbiano in tal modo violato il diritto comunitario o, quanto meno, il principio di motivazione e quello di proporzionalità per quanto riguarda la fissazione dell’importo suddetto. Infatti, la Commissione avrebbe assunto a fondamento per la determinazione dell’importo dell’ammenda un’erronea durata dell’infrazione, e il Tribunale avrebbe motivato in modo insufficiente il proprio rifiuto di concedere un’ulteriore riduzione di tale importo.

192   La TU afferma che, non potendo in realtà le presunte infrazioni da essa commesse essere considerate come costitutive di un’unica infrazione continuata, è impossibile sostenere che la durata dell’infrazione, sulla cui base le ammende sono state inflitte, abbia abbracciato un arco di tempo di otto anni. Contrariamente a quanto statuito dalla Corte al punto 258 della citata sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, non potrebbe configurarsi, nel caso di specie, un «piano d’insieme».

193   La Commissione fa valere, in via principale, che il quinto motivo è manifestamente irricevibile. Il Tribunale avrebbe affermato, ai punti 436‑438 della sentenza impugnata, che, alla luce delle specifiche circostanze della presente fattispecie, una nuova riduzione dell’importo dell’ammenda non era giustificata. Secondo la costante giurisprudenza della Corte (sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., punto 614), non spetterebbe a quest’ultima sostituire la propria valutazione a quella del Tribunale che statuisce sull’importo delle ammende.

194   In subordine, la Commissione rinvia, per quanto riguarda il «piano d’insieme» la cui esistenza viene contestata dalla TU, al punto 342 della sentenza impugnata, nel quale il Tribunale ha rilevato che le due infrazioni perseguivano una medesima finalità anticoncorrenziale.

195   La Commissione conclude dunque che la prima parte del quinto motivo è manifestamente infondata.

–       Giudizio della Corte

196   Occorre ricordare che il Tribunale è competente in via esclusiva a controllare il modo in cui la Commissione ha valutato, in ciascun caso di specie, la gravità dei comportamenti illeciti. Nell’ambito di un ricorso di impugnazione, il controllo della Corte è volto, da un lato, a verificare che il Tribunale abbia preso in considerazione in maniera giuridicamente corretta tutti i fattori essenziali per valutare la gravità di un determinato comportamento alla luce degli artt. 81 CE e 15 del regolamento n. 17 e, dall’altro, ad appurare se il Tribunale abbia risposto in termini giuridicamente sufficienti all’insieme degli argomenti invocati dalla ricorrente per ottenere l’annullamento o la riduzione dell’ammenda (v., segnatamente, sentenza Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 128).

197   Nel caso di specie è pacifico che la TU non ha fornito alcun elemento idoneo a dimostrare che il Tribunale non abbia preso in considerazione, in modo giuridicamente corretto, tutti i fattori essenziali per valutare la gravità del comportamento addebitato alla luce degli artt. 81 CE e 15 del regolamento n. 17. La detta società non sostiene neppure che il Tribunale non abbia risposto in termini giuridicamente sufficienti all’insieme dei suoi argomenti intesi ad ottenere l’annullamento dell’ammenda o la riduzione del suo ammontare.

198   Inoltre, è evidente che la prima parte del quinto motivo è direttamente connessa agli argomenti addotti dalla TU a sostegno del suo quarto motivo, secondo i quali il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto laddove ha reputato convincente la prova fornita dalla Commissione quanto alla durata delle infrazioni constatate nella decisione controversa. Dato che tali argomenti sono stati respinti nell’ambito dell’esame del detto quarto motivo, va conseguentemente respinta la prima parte del quinto motivo.

 Sulla seconda parte del quinto motivo, relativa alla riduzione dell’importo dell’ammenda in ragione della durata eccessiva del procedimento amministrativo

–       Argomenti delle parti

199   La TU fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nella determinazione dell’importo dell’ammenda inflittale o, quanto meno, ha motivato in maniera insufficiente la sentenza impugnata in ordine a tale punto, mentre invece avrebbe dovuto ridurre il detto importo in ragione della durata eccessiva del procedimento amministrativo.

200   La TU si duole che il Tribunale, pur avendo statuito, ai punti 77 e 85 della sentenza impugnata, che la Commissione era responsabile delle violazioni del principio del termine ragionevole, abbia nondimeno affermato, al punto 438 della detta pronuncia, che la FEG e la TU «non hanno prodotto alcun elemento che giustifichi la concessione da parte del Tribunale, nell’esercizio della sua competenza anche nel merito, di un’ulteriore riduzione dell’ammontare dell’ammenda». Tale valutazione sarebbe motivata in modo incomprensibile.

201   La Commissione fa valere che la sentenza impugnata è motivata in maniera chiara e circostanziata riguardo alla questione del rapporto tra la durata del procedimento amministrativo e la riduzione supplementare dell’importo dell’ammenda inflitta alla TU. Da un lato, la Commissione fa presente che il Tribunale ha constatato, ai punti 87‑93 della detta sentenza, che la TU non è stata ostacolata nella sua difesa a causa del superamento del termine ragionevole. Dall’altro lato, il Tribunale avrebbe esaminato se le particolari circostanze del caso di specie giustificassero un’ulteriore riduzione dell’importo dell’ammenda ed avrebbe constatato al riguardo, come risulta dal punto 438 della medesima sentenza, che la TU non aveva fornito alcun elemento idoneo a giustificare tale riduzione.

–       Giudizio della Corte

202   Come risulta dai punti 152 e 153 del preambolo della decisione controversa, citati al punto 9 della presente sentenza, la Commissione, riducendo l’importo delle ammende, ha preso in considerazione la durata eccessiva, ad essa stessa imputabile, del procedimento amministrativo.

203   Al punto 438 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che «la Commissione, di sua propria iniziativa, ha ridotto l’ammenda. La possibilità di accordare una tale riduzione rientra nell’ambito dell’esercizio delle prerogative della Commissione. Le ricorrenti non hanno prodotto alcun elemento che giustifichi la concessione da parte del Tribunale, nell’esercizio della sua competenza anche nel merito, di un’ulteriore riduzione dell’ammontare dell’ammenda. Di conseguenza, la domanda delle ricorrenti al riguardo non può essere accolta».

204   Tale constatazione non contiene alcun errore di diritto.

205   Inoltre, la presente parte del quinto motivo è direttamente connessa agli argomenti dedotti dalla TU a sostegno del suo primo motivo, secondo i quali il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto laddove ha affermato che il superamento del termine ragionevole non giustificava l’annullamento della decisione controversa. Non essendo stato accolto il motivo relativo alla violazione del principio del termine ragionevole – ciò che risulta, da un lato, dalla parte non annullata della sentenza impugnata e, dall’altro, dalla valutazione della Corte nel statuire sul detto motivo –, occorre respingere tale parte del quinto motivo.

 Sulla terza parte del quinto motivo, relativa alla determinazione dell’importo dell’ammenda con riguardo alla partecipazione della TU alle infrazioni contemplate nella decisione controversa

–       Argomenti delle parti

206   La TU fa valere che il Tribunale, nel determinare l’importo dell’ammenda inflitta ad essa ricorrente, ha motivato in modo insufficiente la propria valutazione secondo cui tale importo è ragionevole rispetto a quello dell’ammenda inflitta alla FEG (punti 431‑433 della sentenza impugnata).

207   La Commissione rinvia, al riguardo, ai punti 416‑438 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale ha esaminato e respinto in maniera motivata tutti gli argomenti intesi ad ottenere la riduzione dell’importo dell’ammenda.

208   La Commissione conclude che la terza parte del quinto motivo è irricevibile e, comunque, infondata, e che lo stesso vale per il quinto motivo nella sua interezza.

209   Anche la CEF fa valere che il quinto motivo non è ricevibile in quanto vengono in questione, nel caso di specie, constatazioni di fatto del Tribunale che non possono costituire l’oggetto di un riesame nell’ambito del presente giudizio di impugnazione.

–       Giudizio della Corte

210   Quanto al presunto carattere sproporzionato dell’importo dell’ammenda, è importante ricordare che non spetta alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nell’ambito di un ricorso di impugnazione, sostituire, per motivi di equità, la propria valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza giurisdizionale anche di merito, sull’importo delle ammende inflitte ad imprese a causa della violazione, da parte di queste ultime, del diritto comunitario (sentenze 17 luglio 1997, causa C‑219/95 P, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. I‑4411, punto 31, e Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 129).

211   Ne consegue che tale parte del quinto motivo deve essere dichiarata irricevibile nella misura in cui mira ad ottenere un riesame generale dell’importo delle ammende inflitte dalla Commissione (v. sentenza Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 129).

212   Inoltre, l’attenta lettura di tale parte del quinto motivo mostra come essa sia connessa agli argomenti invocati dalla TU a sostegno del suo terzo motivo, secondo i quali il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto laddove ha affermato che giustamente la Commissione aveva ritenuto tale impresa personalmente responsabile delle infrazioni di cui agli artt. 1 e 2 della decisione controversa. Poiché il terzo motivo è stato respinto, occorre in ogni caso respingere la terza parte del quinto motivo perché infondata.

213   Risulta da quanto precede che il quinto motivo deve essere interamente respinto, in parte perché irricevibile e in parte perché infondato.

 Sulle spese

214   A norma dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, o quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del successivo art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Essendo rimasta soccombente nei motivi proposti, ad eccezione di quello relativo alla violazione del principio del termine ragionevole, che viene nondimeno respinto dalla Corte, la TU va condannata alle spese del presente procedimento. Quanto alle spese connesse ai procedimenti di primo grado definiti dalla sentenza impugnata, occorre statuire che, malgrado il parziale annullamento di quest’ultima, esse vengono mantenute a carico della TU secondo le modalità stabilite al punto 3 del dispositivo della detta sentenza.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 16 dicembre 2003, cause riunite T‑5/00 e T‑6/00, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied e Technische Unie/Commissione, è annullata soltanto nella parte in cui il Tribunale, nell’esaminare il motivo relativo alla violazione del principio del termine ragionevole, ha omesso di verificare se l’eccessiva durata, imputabile alla Commissione delle Comunità europee, dell’intero procedimento amministrativo – ivi compresa la fase antecedente alla comunicazione degli addebiti – fosse idonea a pregiudicare le future possibilità di difesa della Technische Unie BV.

2)      L’impugnazione è respinta per il resto.

3)      Il ricorso proposto dalla Technische Unie BV dinanzi al Tribunale di primo grado, in quanto parzialmente fondato sul motivo relativo ad una violazione del principio del termine ragionevole, è respinto.

4)      La Technische Unie BV è condannata alle spese del presente procedimento. Le spese connesse ai procedimenti di primo grado definiti dalla sentenza del Tribunale 16 dicembre 2003, cause riunite T‑5/00 e T‑6/00, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied e Technische Unie/Commissione, sono mantenute a carico della Technische Unie BV secondo le modalità stabilite al punto 3 del dispositivo della sentenza stessa.

Firme


* Lingua processuale: l'olandese.