Causa C-49/02

Procedimento promosso da Heidelberger Bauchemie GmbH

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundespatentgericht)

«Marchi — Ravvicinamento delle legislazioni — Direttiva 89/104/CEE — Segni suscettibili di costituire un marchio — Combinazioni cromatiche — Colori blu e giallo per taluni prodotti dell’edilizia»

Massime della sentenza

Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Segni suscettibili di costituire un marchio — Colori o combinazioni cromatiche — Presupposti — Obbligo dell’autorità competente di esaminare gli altri presupposti per la registrazione — Portata dell’esame

(Direttiva del Consiglio 89/104/CEE, artt. 2 e 3)

Colori o combinazioni cromatiche, designati astrattamente e senza contorno in una domanda di registrazione, e le cui tonalità siano enunciate con riferimento a un campione di colore e precisate secondo una classificazione di colori internazionalmente riconosciuta, possono costituire un marchio ai sensi dell’art. 2 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa se e in quanto:

–        sia stabilito che, nel contesto nel quale sono impiegati, questi colori o combinazioni cromatiche si presentano effettivamente come un segno;

–        la domanda di registrazione contenga una disposizione sistematica che associ i colori considerati in modo predeterminato e costante, fermo restando che la semplice giustapposizione di due o più colori senza forma né contorno o la menzione di due o più colori «in tutte le forme immaginabili» non presentano i caratteri di precisione e di costanza richiesti dall’art. 2 della direttiva, e

–        i colori o le combinazioni cromatiche siano in concreto idonei a trasmettere informazioni precise, in particolare quanto all’origine di un prodotto o di un servizio.

Anche se una combinazione cromatica soddisfa le condizioni per poter costituire un marchio ai sensi dell’art. 2 della detta direttiva, occorre anche che l’autorità competente in materia di registrazione dei marchi valuti se la combinazione richiesta soddisfi le altre condizioni previste, in particolare dall’art. 3 della stessa direttiva, per essere registrata come marchio per i prodotti o servizi dell’impresa che ne richiede la registrazione. Tale esame deve prendere in considerazione tutte le circostanze pertinenti del caso di specie, ivi compreso, eventualmente, l’uso che sia stato fatto del segno oggetto della richiesta di registrazione a titolo di marchio. Siffatto esame deve anche tener conto dell’interesse generale a non restringere indebitamente la disponibilità dei colori per gli altri operatori che offrano prodotti o servizi del genere di quelli oggetto della domanda di registrazione.

(v. punti 34, 37, 42 e dispositivo)




SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
24 giugno 2004(1)

«Marchi – Ravvicinamento delle legislazioni – Direttiva 89/104/CEE – Segni suscettibili di costituire un marchio – Combinazioni cromatiche – Colori blu e giallo per taluni prodotti dell'edilizia»

Nel procedimento C-49/02,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dal Bundespatentgericht (Germania) nel procedimento promosso da

Heidelberger Bauchemie GmbH,

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 2 della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (GU 1989, L 40, pag. 1),

LA CORTE (Seconda Sezione),,



composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di Sezione, dai sigg.  J.-P. Puissochet, J.N. Cunha Rodrigues (relatore) e R. Schintgen, e dalla sig.ra N. Colneric, giudici,

avvocato generale: sig. P. Léger
cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto

viste le osservazioni scritte presentate:

per la Heidelberger Bauchemie GmbH, dall'avv. V. Schmitz, Rechtsanwalt;

per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra H.G. Sevenster, in qualità di agente;

per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra P. Ormond, in qualità di agente, assistita dal sig. D. Alexander, barrister;

per la Commissione delle Communità europee, dai sigg. N.B. Rasmussen e T. Jürgensen, in qualità di agenti,

sentite le osservazioni orali della Heidelberger Bauchemie GmbH e della Commissione, all'udienza del 6 novembre 2003,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 15 gennaio 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
Con ordinanza 22 gennaio 2002, pervenuta alla Corte il 20 febbraio successivo, il Bundespatentgericht (Tribunale tedesco dei brevetti e marchi) ha proposto, ai sensi dell’art. 234 CE, due questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione dell’art. 2 della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»).

2
Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di un ricorso proposto dalla Heidelberger Bauchemie GmbH (in prosieguo: la «Heidelberger Bauchemie») contro il rifiuto, da parte del Deutsches Patentamt (Ufficio tedesco dei brevetti; in prosieguo: l’«Ufficio dei brevetti»), di registrare come marchio alcuni colori blu e giallo per taluni prodotti edili.


Ambito normativo

L’accordo TRIPs

3
L’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (in prosieguo: l’«accordo TRIPs»), figurante nell’allegato dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio 15 aprile 1994, è stato approvato in nome della Comunità europea, per quanto concerne le materie rientranti nelle sue competenze, con la decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE (GU L 336, pagg. 1, 214). Esso è entrato in vigore il 1° gennaio 1995. Tuttavia, ai sensi dell’art. 65, n. 1, del TRIPs, i membri non erano obbligati ad applicare le disposizioni di detto accordo prima della scadenza di un periodo generale di un anno, vale a dire prima del 1° gennaio 1996.

4
L’art. 15, n. 1, dell’accordo TRIPs dispone:

«Qualsiasi segno, o combinazione di segni, che consenta di contraddistinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese, può costituire un marchio d’impresa. Tali segni, in particolare parole, compresi i nomi di persone, lettere, cifre, elementi figurativi e combinazioni cromatiche, nonché qualsiasi combinazione di tali segni, sono idonei ad essere registrati come marchi d’impresa. Qualora i segni non siano intrinsecamente atti a distinguere i corrispondenti beni o servizi, i membri possono condizionare la registrabilità al carattere distintivo conseguito con l’uso. Essi inoltre possono prescrivere, come condizione per la registrazione, che i segni siano visivamente percettibili».

La normativa comunitaria

5
L’art. 2 della direttiva, intitolato «Segni suscettibili di costituire un marchio d’impresa», è redatto come segue:

«Possono costituire marchi di impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del prodotto o il suo confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese».

6
L’art. 3 della direttiva, intitolato «Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità», prevede:

«Sono esclusi dalla registrazione, o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:

a)
i segni che non possono costituire un marchio di impresa;

b)
i marchi di impresa privi di carattere distintivo;

c)
i marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;

d)
di marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi leali e costanti del commercio;

(…)

3.       Un marchio di impresa non è escluso dalla registrazione o, se registrato, non può essere dichiarato nullo ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o d), se prima della domanda di registrazione o a seguito dell’uso che ne è stato fatto esso ha acquisito un carattere distintivo. Gli Stati membri possono inoltre disporre che la presente disposizione sia anche applicabile quando il carattere distintivo è stato acquisito dopo la domanda di registrazione o dopo la registrazione stessa.

(…)».

La normativa tedesca

7
Il Gesetz über den Schutz von Marken und sonstigen Kennzeichen (legge tedesca sulla tutela dei marchi d’impresa e di altri contrassegni) del 25 ottobre 1994 (BGBl. 1994 I, pag. 3082; in prosieguo: il «Markengesetz»), contenuto nell’art. 1 del Gesetz zur Reform des Markenrechts und zur Umsetzung der Ersten Richtlinien (legge di riforma del diritto dei marchi d’impresa e di recepimento della prima direttiva), entrato in vigore il 1° gennaio 1995, mira ad attuare la direttiva nel diritto nazionale tedesco.

8
L’art. 3, n. 1, del Markengesetz recita:

«Possono essere tutelati come marchi d’impresa tutti i segni, in particolare le parole, compresi i nomi di persona, i disegni, le lettere, le cifre, i segnali acustici, le raffigurazioni tridimensionali, nonché la forma di un prodotto o il suo confezionamento, al pari di altre presentazioni, nonché i colori e le combinazioni di colori, che siano atti a distinguere i prodotti e i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese».

9
L’art. 8 del Markengesetz dispone:

«(1)   Sono esclusi dalla registrazione i segni idonei ad essere protetti come marchi ai sensi dell’art. 3 che non possono essere riprodotti graficamente.

(2)     Sono esclusi dalla registrazione i marchi

1.
privi di qualsiasi carattere distintivo per i prodotti o i servizi,

(…)

(3)     I punti 1, 2 e 3 del n. 2 non si applicano quando, al momento della decisione sulla registrazione, il marchio si è affermato presso il pubblico interessato per effetto del suo uso per i prodotti e i servizi designati nella domanda».


Causa principale e questioni pregiudiziali

10
Il 22 marzo 1995 la Heidelberger Bauchemie ha presentato all’Ufficio dei brevetti una domanda di registrazione come marchio dei colori blu e giallo. Sotto il titolo «riproduzione del marchio» figurava un pezzo di carta rettangolare la cui metà superiore era di colore blu e quella inferiore di colore giallo. La domanda era corredata della seguente descrizione del marchio:

«Il marchio depositato raffigura i colori aziendali della richiedente, che vengono utilizzati in tutte le forme possibili e immaginabili, in particolare sugli imballaggi e sulle etichette.

Si tratta precisamente dei colori:

RAL 5015/HKS 47 – blu

RAL 1016/HKS 3 – giallo».

11
La registrazione del marchio veniva richiesta per un elenco di vari prodotti per l’edilizia fra cui in particolare le colle, i solventi, le vernici, le tinte, i lubrificanti e le materie isolanti.

12
L’Ufficio dei brevetti respingeva detta domanda con decisione 18 settembre 1996 poiché, da un lato, il segno la cui registrazione veniva richiesta non era idoneo a costituire un marchio e non poteva essere rappresentato graficamente e, inoltre, per mancanza di carattere distintivo. Tuttavia, a seguito della decisione «marchio di colori nero/giallo» del Bundesgerichtshof (Germania) del 10 dicembre 1998, l’Ufficio dei brevetti riesaminava il suo punto di vista. Con decisione 2 maggio 2000, esso accettava che i colori in via di principio sono idonei a costituire un marchio, ma respingeva la domanda per mancanza di qualsiasi carattere distintivo. La Heidelberger Bauchemie ha proposto un ricorso contro detta decisione dinanzi al Bundespatentgericht.

13
Il Bundespatentgericht ha osservato come non sia certo che marchi di colore astratto e senza contorno possano essere considerati come «segni» che possono essere rappresentati graficamente ai sensi dell’art. 2 della direttiva. Tale disposizione riguarderebbe segni chiaramente definiti e concreti, direttamente visibili e che possono essere rappresentati graficamente. L’idoneità di un segno ad essere rappresentato graficamente prevista dall’art. 2 della direttiva consentirebbe di prendere in considerazione il principio di determinatezza richiesto dal diritto dei marchi per consentire la registrazione. Sarebbe dubbio che un marchio di colore astratto possa conformarsi a tale principio. L’art. 2 della direttiva richiederebbe quindi un’interpretazione per precisare se colori o combinazioni cromatiche astratte rientrino nella nozione di segni idonei a costituire un marchio. Occorrerebbe anche stabilire fino a che punto l’ambito della tutela dei «marchi di colore astratto» si concili con la certezza del diritto necessaria per tutti gli operatori del mercato o se esso ostacoli la libera circolazione delle merci e dei servizi conferendo ai titolari dei marchi diritti di monopolio troppo estesi irragionevoli nei confronti dei concorrenti.

14
Stando così le cose, il Bundespatentgericht ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«Se colori o combinazioni cromatiche depositati ai fini della loro registrazione come marchi in maniera astratta, senza una forma precisa, le cui tonalità siano precisate facendo riferimento a un campione di colore (prova di colore) e a un sistema di classificazione di colori internazionalmente riconosciuto, integrino i requisiti previsti per costituire un marchio d’impresa ai sensi dell’art. 2 della [direttiva].

Se in particolare un siffatto “marchio di colore (astratto)” costituisca, ai sensi dell’art. 2 della direttiva,

a)
un segno,

b)
idoneo a contraddistinguere la provenienza,

c)
che può essere riprodotto graficamente».


Sulle questioni pregiudiziali

15
Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice a quo chiede in sostanza se e, in caso affermativo, in quali condizioni, colori o combinazioni cromatiche designati in modo astratto e senza contorno possano costituire un marchio ai sensi dell’art. 2 della direttiva.

16
A questo proposito la Corte ha ricordato, ai punti 24‑26 della sua sentenza 6 maggio 2003, causa C‑104/01, Libertel (Racc. pag. I‑3793), che il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione hanno effettuato una dichiarazione congiunta, riportata nel processo verbale del Consiglio all’atto dell’adozione della direttiva, a termini della quale essi «ritengono che l’art. 2 non escluda la possibilità (...) di registrare come marchio una combinazione di colori o un colore unico (...), sempreché tali segni siano idonei a distinguere i prodotti o i servizi di una determinata impresa da quelli di altre imprese» (GU UAMI n. 5/96, pag. 607).

17
Una dichiarazione di tal genere non può essere presa in considerazione per interpretare una disposizione di diritto derivato quando, come nella specie, il contenuto di tale dichiarazione non trova alcun riscontro nel testo della disposizione di cui trattasi e non possiede, pertanto, portata giuridica (sentenze 26 febbraio 1991, causa C-292/89, Antonissen, Racc. pag. I-745, punto 18, e 29 maggio 1997, causa C-329/95, VAG Sverige, Racc. pag. I-2675, punto 23). Il Consiglio e la Commissione hanno d’altronde espressamente riconosciuto tale limite nel preambolo della loro dichiarazione, a termini del quale «le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione riportate in prosieguo non costituiscono parte integrante del testo legislativo, non pregiudicandone l’interpretazione da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee».

18
Spetta, conseguentemente, alla Corte stabilire se e, in caso affermativo, in quali condizioni l’art. 2 della direttiva debba essere interpretato nel senso che colori o combinazioni cromatiche designati senza delimitazione nello spazio siano idonei a costituire un marchio.

19
L’art. 15, n. 1, dell’accordo TRIPs prevede che «combinazioni cromatiche di colori (...) sono idone[e] ad essere registrat[e] come marchi». Tuttavia, detto accordo non definisce la nozione di «combinazione cromatica».

20
Poiché la Comunità è parte contraente dell’accordo TRIPs, essa è tenuta ad interpretare la sua legislazione sui marchi, nella misura del possibile, alla luce della lettera e della finalità di detto accordo (v., in tal senso, sentenza 16 giugno 1998, causa C-53/96, Hermès, Racc. pag. I‑3603, punto 28).

21
Si deve pertanto accertare se l’art. 2 della direttiva possa essere interpretato nel senso che le «combinazioni cromatiche» siano idonee a costituire marchi.

22
Per costituire un marchio ai sensi dell’art. 2 della direttiva, colori o combinazioni cromatiche devono rispondere a tre requisiti. In primo luogo, essi devono costituire un segno. In secondo luogo, tale segno deve poter essere oggetto di rappresentazione grafica. In terzo luogo, il segno medesimo dev’essere idoneo a distinguere i prodotti o i servizi di una determinata impresa da quelli di altre imprese (v., in tal senso, sentenza Libertel, cit., punto 23).

23
Come già affermato dalla Corte, i colori rappresentano di regola una semplice proprietà delle cose (sentenza Libertel, cit., punto 27). Anche nel settore specifico del commercio, i colori e le combinazioni cromatiche sono usati in genere per il loro potere di attrazione o decorativo, senza trasmettere un qualsivoglia significato. Non si può tuttavia escludere che i colori o combinazioni cromatiche siano idonei, in relazione a un prodotto o a un servizio, a costituire un segno.

24
Ai fini dell’applicazione dell’art. 2 della direttiva, si deve stabilire se, nel contesto nel quale essi sono impiegati, i colori o le combinazioni cromatiche la cui registrazione è richiesta si presentino effettivamente come un segno. Ciò è richiesto in particolare per impedire che il diritto dei marchi sia usato per uno scopo ad esso estraneo, al fine di ottenere un indebito vantaggio concorrenziale.

25
Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte (sentenze 12 dicembre 2002, causa C‑273/00, Sieckmann, Racc. pag. I‑11737, punti 46‑55, e Libertel, cit., punti 28 e 29) discende che una rappresentazione grafica, ai sensi dell’art. 2 della direttiva, deve consentire al segno di essere rappresentato visivamente, in particolare attraverso immagini, linee o caratteri, in modo da poter essere individuato con esattezza.

26
Una tale interpretazione è d’obbligo per il buon funzionamento del sistema di registrazione dei marchi d’impresa.

27
Il requisito della rappresentazione grafica ha lo scopo specifico di definire il marchio stesso, al fine di individuare l’esatto oggetto della tutela conferita attraverso il marchio d’impresa registrato al suo titolare.

28
In effetti, la registrazione del marchio d’impresa in un pubblico registro ha il fine di renderlo consultabile dalle autorità competenti e dal pubblico, in particolare dagli operatori economici.

29
Da un lato, le autorità competenti devono conoscere con chiarezza e precisione la natura dei segni che costituiscono un marchio d’impresa, al fine di essere in grado di adempiere i propri obblighi relativi all’esame preliminare delle domande di registrazione, alla pubblicazione e alla tenuta di un registro dei marchi adeguato e preciso.

30
Dall’altro, gli operatori economici devono poter accertare con chiarezza e precisione le registrazioni effettuate o le domande di registrazione formulate dai loro concorrenti attuali o potenziali e beneficiare in tal modo di informazioni pertinenti riguardanti i diritti dei terzi.

31
Pertanto, per svolgere la sua funzione di marchio registrato, un segno deve poter essere percepito in modo costante e certo, così da garantire la funzione d’origine di detto marchio. Considerata la durata della registrazione di un marchio d’impresa ed il fatto che quest’ultima può essere rinnovata per periodi più o meno lunghi, come previsto dalla direttiva, anche la rappresentazione dev’essere durevole.

32
Ne consegue che una rappresentazione grafica ai sensi dell’art. 2 della direttiva dev’essere, in particolare, precisa e durevole.

33
A tale scopo, una rappresentazione grafica di due o più colori che sono designati in modo astratto e senza contorno deve comportare una disposizione sistematica che associ i colori considerati in modo predeterminato e costante.

34
La semplice giustapposizione di due o più colori senza forma né contorno o la menzione di due o più colori «in tutte le forme immaginabili», come quella che costituisce oggetto della causa principale, non presentano i caratteri di precisione e di costanza richiesti dall’art. 2 della direttiva come interpretato ai punti 25‑32 della presente sentenza.

35
Infatti, tali presentazioni autorizzerebbero numerose combinazioni diverse che non consentirebbero al consumatore di percepire e di memorizzare una combinazione particolare ch’egli potrebbe utilizzare per reiterare, con certezza, un’esperienza di acquisto, così come esse non consentirebbero alle autorità competenti e agli operatori economici di conoscere la portata dei diritti tutelati del titolare del marchio.

36
Per quanto attiene al modo di rappresentare ciascuno dei colori considerati, dai punti 33, 34, 37, 38 e 68 della citata sentenza Libertel emerge che un campione del colore di cui trattasi corredato della designazione di quest’ultimo mediante un codice di identificazione internazionalmente riconosciuto può costituire una rappresentazione grafica ai sensi dell’art. 2 della direttiva.

37
Quanto alla questione se, ai sensi di tale disposizione, i colori o le combinazioni cromatiche siano idonei a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese, occorre valutare se detti colori o combinazioni cromatiche siano idonei o meno a trasmettere informazioni precise, in particolare quanto all’origine di un prodotto o di un servizio.

38
Dai punti 40, 41 e 65‑67 della citata sentenza Libertel discende che i colori, se è vero che ben possono trasmettere talune associazioni di idee e suscitare sentimenti, per contro risultano poco idonei, per loro natura, a comunicare informazioni precise, tanto più in quanto vengono abitualmente e ampiamente utilizzati nella pubblicità e nella commercializzazione dei prodotti e dei servizi per il loro potere attrattivo, al di fuori di qualsiasi messaggio preciso.

39
Salvo in circostanze eccezionali, i colori non hanno un carattere distintivo ab initio, ma possono eventualmente acquisirlo in seguito a un uso in relazione ai prodotti o ai servizi richiesti.

40
Entro detti limiti, va ammesso che, ai sensi dell’art. 2 della direttiva, i colori e le combinazioni cromatiche, designati astrattamente e senza contorno, possono essere idonei a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.

41
Occorre aggiungere che, anche se una combinazione cromatica la cui registrazione come marchio è richiesta soddisfa i requisiti per poter costituire un marchio ai sensi dell’art. 2 della direttiva, occorre anche che l’autorità competente in materia di registrazione dei marchi valuti se la combinazione richiesta soddisfi gli altri requisiti previsti, in particolare all’art. 3 della direttiva, per essere registrata come marchio per i prodotti o i servizi dell’impresa che ne richiede la registrazione. Tale esame deve prendere in considerazione tutte le circostanze pertinenti del caso di specie, ivi compreso, eventualmente, l’uso che sia stato fatto del segno oggetto della richiesta di registrazione a titolo di marchio (sentenze Libertel, cit., punto 76, e 12 febbraio 2004, causa C‑363/99, Koninklijke KPN Nederland, Racc. pag. I‑1619, punto 37). Siffatto esame deve tener conto anche dell’interesse generale a non restringere indebitamente la disponibilità dei colori per gli altri operatori che offrano prodotti o servizi del genere di quelli oggetto della domanda di registrazione (sentenza Libertel, cit., punti 52‑56).

42
Alla luce di quanto precede, occorre risolvere le questioni sollevate nel senso che colori o combinazioni cromatiche, designati astrattamente e senza contorno in una domanda di registrazione, e le cui tonalità siano enunciate con riferimento a un campione di colore e precisate secondo una classificazione di colori internazionalmente riconosciuta, possono costituire un marchio ai sensi dell’art. 2 della direttiva se e in quanto:

sia stabilito che, nel contesto nel quale sono impiegati, colori o combinazioni cromatiche si presentano effettivamente come un segno e

la domanda di registrazione contenga una disposizione sistematica che associ i colori considerati in modo predeterminato e costante.

Anche se una combinazione cromatica soddisfa le condizioni per poter costituire un marchio ai sensi dell’art. 2 della detta direttiva, occorre anche che l’autorità competente in materia di registrazione dei marchi valuti se la combinazione richiesta soddisfi le altre condizioni previste, in particolare all’art. 3 della stessa direttiva, per essere registrata come marchio per i prodotti o servizi dell’impresa che ne richiede la registrazione. Tale esame deve prendere in considerazione tutte le circostanze pertinenti del caso di specie, ivi compreso, eventualmente, l’uso che sia stato fatto del segno oggetto della richiesta di registrazione a titolo di marchio. Siffatto esame deve anche tener conto dell’interesse generale a non restringere indebitamente la disponibilità dei colori per gli altri operatori che offrano prodotti o servizi del genere di quelli oggetto della domanda di registrazione.


Sulle spese

43
Le spese sostenute dai governi dei Paesi Bassi e del Regno Unito, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Seconda Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Bundespatentgericht con ordinanza 22 gennaio 2002, dichiara:

Colori o combinazioni cromatiche, designati astrattamente e senza contorno in una domanda di registrazione, e le cui tonalità siano enunciate con riferimento a un campione di colore e precisate secondo una classificazione di colori internazionalmente riconosciuta, possono costituire un marchio ai sensi dell’art. 2 della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, se e in quanto:

sia stabilito che, nel contesto nel quale sono impiegati, colori o combinazioni cromatiche si presentano effettivamente come un segno e

la domanda di registrazione contenga una disposizione sistematica che associ i colori considerati in modo predeterminato e costante.

Anche se una combinazione cromatica soddisfa le condizioni per poter costituire un marchio ai sensi dell’art. 2 della detta direttiva, occorre anche che l’autorità competente in materia di registrazione dei marchi valuti se la combinazione richiesta soddisfi le altre condizioni previste, in particolare all’art. 3 della stessa direttiva, per essere registrata come marchio per i prodotti o servizi dell’impresa che ne richiede la registrazione. Tale esame deve prendere in considerazione tutte le circostanze pertinenti del caso di specie, ivi compreso, eventualmente, l’uso che sia stato fatto del segno oggetto della richiesta di registrazione a titolo di marchio. Siffatto esame deve anche tener conto dell’interesse generale a non restringere indebitamente la disponibilità dei colori per gli altri operatori che offrano prodotti o servizi del genere di quelli oggetto della domanda di registrazione.

Timmermans

Puissochet

Cunha Rodrigues

Schintgen

Colneric

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 giugno 2004.

Il cancelliere

Il presidente della Seconda Sezione

R. Grass

C.W.A. Timmermans


1
Lingua processuale: il tedesco.