CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JEAN MISCHO

presentate il 26 giugno 2003 (1)

Causa C-496/01

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica francese

«Inadempimento di uno Stato – Libera prestazione dei servizi – Diritto di stabilimento – Regime dei laboratori di analisi di biologia medica – Condizioni per il rilascio delle autorizzazioni amministrative di funzionamento – Sede in territorio francese»





1.        Nella causa in oggetto la Commissione chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica francese, avendo imposto ai laboratori di analisi di biologia medica stabiliti in altri Stati membri la condizione di avere una loro sede in territorio francese al fine di ottenere il rilascio della necessaria autorizzazione, e avendo escluso ogni forma di rimborso delle spese relative ad analisi di biologia medica effettuate in laboratori di analisi di biologia medica stabiliti in un altro Stato membro, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 43 CE e 49 CE.

I –    Normativa francese

A –    Normativa nazionale in materia di sanità pubblica

2.        Ai sensi dell’art. L. 6211-1 del code de la santé publique (codice della sanità pubblica), le analisi di biologia medica sono gli esami biologici che concorrono alla diagnosi, alla cura o alla prevenzione delle malattie degli esseri umani o dai quali risulti qualsiasi diversa alterazione dello stato fisiologico. I laboratori possono svolgere le loro attività soltanto sotto la responsabilità dei loro direttori o vicedirettori.

3.        L’art. L. 6221-1 prescrive che i direttori dei laboratori e i loro sostituti siano in possesso di uno dei titoli statali di dottore in medicina, farmacista o medico veterinario, che siano iscritti all’albo dell’ordine professionale di appartenenza e che abbiano ricevuto una formazione specialistica. Quest’ultima può essere dimostrata da certificati di studi specialistici, dispense o titoli equipollenti o diplomi di studi specialistici in biologia medica. Anche gli stranieri possono essere autorizzati all’esercizio della funzione di direttore in esito ad una procedura particolare prevista dagli artt. L. 4221-1 e L. 4221-2 del code de la santé publique.

4.        L’art. L. 6122-1 del code de la santé publique stabilisce quanto segue:

«Nessun laboratorio di analisi biologica medica può funzionare in assenza di autorizzazione amministrativa.

Fatto salvo quanto disposto dall’art. L. 6122-1 in merito alle attrezzature mediche pesanti, detta autorizzazione viene rilasciata in presenza delle condizioni stabilite dal presente libro e dal decreto di cui all’art. L. 6211-9, il quale determina il numero e la qualifica del personale tecnico, nonché le norme applicabili all’installazione e all’attrezzatura dei laboratori.

Il suddetto decreto può stabilire condizioni particolari applicabili ai laboratori la cui attività sia limitata a determinati atti da esso indicati. Nell’autorizzazione rilasciata a detti laboratori tale limitazione viene menzionata.

(...)

L’autorizzazione è revocata quando vengono meno le condizioni prescritte dalla legge o da un regolamento».

5.        La procedura per il rilascio dell’autorizzazione è descritta negli artt. 15-17 del decreto 4 novembre 1976, n. 76-1004 (2), il quale stabilisce le condizioni per l’autorizzazione dei laboratori di analisi di biologia medica.

6.        L’art. 15 di tale decreto stabilisce quanto segue:

«La domanda di autorizzazione di cui all’art. L. 757 (L. 6211-2) del Code de la santé publique viene inviata, tramite lettera raccomandata con avviso di ricevimento, al prefetto del dipartimento in cui il laboratorio dev’essere gestito.

La domanda precisa le condizioni di esercizio, indica il volume di attività previsto per il primo anno ed è accompagnata da documenti giustificativi, e in particolare:

dalla descrizione e dalla pianta dei locali;

dall’elenco completo del materiale;

dall’elenco dei direttori, vicedirettori e tecnici, nonché dei loro titoli e diplomi;

dallo statuto delle società, se del caso.

Se il gestore non è proprietario del materiale o dei locali, deve indicare a quale titolo ne fa uso (...)».

7.        In presenza delle condizioni prescritte, l’autorizzazione al funzionamento viene rilasciata di diritto al richiedente. È inoltre prevista un’indagine in loco effettuata da un medico o da un farmacista ispettore di pubblica sanità.

8.        L’art. 24 del decreto n. 76-1004 definisce le condizioni e le procedure relative alla revoca o alla sospensione dell’autorizzazione da parte del prefetto.

9.        La normativa francese prevede regole precise per la realizzazione di determinate analisi, come l’individuazione degli anticorpi anti HIV e l’analisi immuno-ematologica.

10.      Inoltre, il funzionamento dei laboratori deve seguire le regole stabilite nella Guide de bonne exécution des analyses (guida per la corretta esecuzione delle analisi; in prosieguo: la «GBEA»). Detta guida è allegata al decreto 26 novembre 1999 relativo alla corretta esecuzione delle analisi di biologia medica (3).

11.      Si tratta di un complesso di regole tecniche che definiscono l’analisi biologica in tutte le sue fasi, vale a dire dal prelievo del campione alla consegna dei risultati convalidati.

12.      La GBEA ha carattere regolamentare ed è di conseguenza vincolante per i laboratori. Pertanto, essa si applica ai biologi. Il mancato rispetto delle sue disposizioni può infatti comportare la revoca dell’autorizzazione al funzionamento.

13.      La normativa francese pone altresì dei vincoli nella redazione del rendiconto dei risultati. Per un certo numero di analisi, quest’ultimo deve contenere un’interpretazione dei risultati da parte del biologo, così da fornire un aiuto per la diagnosi del medico che ha effettuato la prescrizione.

14.      Il rispetto della normativa francese relativa all’apertura e al funzionamento di tali laboratori è oggetto di controlli da parte dell’amministrazione, finalizzati a garantire la protezione della sanità pubblica. Esistono due tipi di controllo: le ispezioni e i controlli di qualità delle analisi.

15.      Le ispezioni sono garantite dai medici e dai farmacisti ispettori di sanità pubblica e dall’ispezione generale degli affari sociali (art. L. 6213-1 del Code de la santé publique).

16.      Tali ispezioni mirano in sostanza a verificare il rispetto delle condizioni di funzionamento dei laboratori: i locali, il materiale, il numero dei direttori e dei vicedirettori, la qualifica dei tecnici e il loro organico, l’organizzazione del laboratorio, l’esecuzione delle analisi e le garanzie di qualità nonché, in via generale, il rispetto del complesso di disposizioni legislative e regolamentari, in particolare del GBEA.

17.      Inoltre, le ispezioni hanno lo scopo di garantire l’adozione di misure correttive nel caso in cui dai risultati del controllo di qualità di un laboratorio emergano anomalie ripetute o notevoli in merito al loro utilizzo medico. L’art. 9 del decreto 2 dicembre 1994, n. 94-1049, relativo al controllo di qualità delle analisi di biologia medica (4), precisa al riguardo:

«Quando dall’esito del controllo di qualità di un laboratorio emergano anomalie ripetute o notevoli riguardo al loro utilizzo medico, il caso di tale laboratorio viene sottomesso in modo anonimo alla commissione di controllo della qualità che si pronuncia sulla gravità di tali anomalie. Se queste ultime vengono giudicate gravi, il laboratorio viene obbligatoriamente segnalato dal direttore generale dell’Agence du médicament (Commissione sui farmaci) al Ministro della Sanità, al quale comunica i risultati, al fine di realizzare un controllo previsto dall’art. L. 761-13 del Code de la santé publique teso, in particolare, a verificare le misure adottate dal laboratorio per migliorare la qualità delle analisi».

18.      Quanto ai controlli di qualità delle analisi, in forza dell’art. L. 6213-3 del Code de la santé publique essi vengono eseguiti, secondo modalità stabilite con decreto, dall’Agence française de sécurité sanitaire des produits de santé (Commissione francese per la sicurezza sanitaria dei prodotti curativi).

19.      I controlli di qualità hanno lo scopo di garantire la qualità dei risultati delle analisi effettuate da ciascun laboratorio. Essi mirano, da un lato, a garantire l’affidabilità e il perfezionamento delle analisi di biologia medica e, dall’altro, a consentire a ciascun laboratorio di verificare il valore dei propri metodi e il suo buon funzionamento.

B –    Normativa nazionale in tema di previdenza sociale

20.      Le condizioni per la remunerazione delle attività dei laboratori sono disciplinate dalla normativa in tema di previdenza sociale.

21.      L’art. L. 162-13 del Code de la sécurité sociale (Codice della previdenza sociale) dispone quanto segue:

«Per quanto riguarda le analisi e gli esami di laboratorio, l’assicurato può scegliere liberamente tra i laboratori autorizzati, per ogni categoria di analisi, indipendentemente dalla qualità del gestore. Le condizioni di autorizzazione sono fissate con decreto interministeriale».

22.      L’importo complessivo delle spese delle analisi e degli esami di laboratorio posti a carico dei regimi di assicurazione malattia nonché la partecipazione dell’assicurato sono fissati, in forza dell’art. L. 162-14 del Code de la sécurité sociale, da una convenzione nazionale tra la Caisse nationale de l’assurance maladie des travailleurs salariés (Cassa nazionale dell’assicurazione malattia dei lavoratori dipendenti) e almeno un’altra cassa nazionale d’assicurazione malattia, da un lato, e i sindacati dei direttori di laboratori riconosciuti come maggiormente rappresentativi a livello nazionale, dall’altro lato.

23.      In forza dell’art. 2 della convenzione nazionale 26 luglio 1994, le casse d’assicurazione malattia non possono derogare al principio della libera scelta del laboratorio sancito dall’art. L. 162-13 del Code de la sécurité sociale. Esse possono rifiutare unicamente il pagamento delle spese supplementari derivanti dalla scelta di un laboratorio diverso da uno di quelli che si trovano nell’agglomerato in cui l’assicurato risiede o, in mancanza, nell’agglomerato più vicino.

24.      Fatto salvo il caso in cui il direttore di un laboratorio notifichi espressamente la propria intenzione di non aderire al regime convenzionale vigente, i laboratori francesi che rispondono alle condizioni poste dalla normativa nazionale in materia di sanità pubblica si presumono convenzionati e le analisi ivi effettuate vengono prese a carico sulla base delle tariffe fissate dalla convenzione e della quotazione prevista dalla nomenclatura degli atti di biologia medica.

25.      Tuttavia, l’art. L. 332-2 del Code de la sécurité sociale vieta le prestazioni delle assicurazioni malattia e maternità se le cure vengono prestate fuori del territorio francese agli assicurati e ai loro aventi diritto.

26.      L’art. L. 332-2 del Code de la sécurité sociale stabilisce deroghe a tale principio. Esso non prevede la possibilità di una convenzione tra le casse malattia e i laboratori stranieri. Per quanto riguarda le prestazioni mediche all’estero, l’ultimo comma del suddetto articolo dispone quanto segue:

«(...) le casse di assicurazione malattia, a titolo eccezionale e previo parere conforme del medico di controllo, potranno accordare ad un assicurato o a un suo avente diritto il rimborso forfettario [delle spese] per le cure somministrategli all’estero, ove l’interessato dimostri che non poteva ricevere nel territorio francese le cure adeguate al suo stato».

II – Il diritto comunitario

27.      L’art. 43 CE così dispone:

«Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di uno Stato membro.

La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 48, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali».

28.      L’art. 46 CE dispone quanto segue:

«1. Le prescrizioni del presente capo e le misure adottate in virtù di queste ultime lasciano impregiudicata l’applicabilità delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini stranieri e che siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica.

2. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251, stabilisce direttive per il coordinamento delle suddette disposizioni».

29.      L’art. 47 CE prescrive, in particolare, che:

«(...)

3. Per quanto riguarda le professioni mediche, paramediche e farmaceutiche, la graduale soppressione delle restrizioni sarà subordinata al coordinamento delle condizioni richieste per il loro esercizio nei singoli Stati membri».

30.      Il terzo comma dell’art. 50 CE è del seguente tenore:

«Senza pregiudizio delle disposizioni del capo relativo al diritto di stabilimento, il prestatore può, per l’esecuzione della sua prestazione, esercitare, a titolo temporaneo, la sua attività nel paese ove la prestazione è fornita, alle stesse condizioni imposte dal paese stesso ai propri cittadini».

III – Procedura

31.      In seguito alla denuncia presentata da un laboratorio tedesco contro la normativa francese in oggetto, i servizi della Commissione, con lettera datata 18 marzo 1999, chiedevano informazioni alle autorità francesi, che rispondevano con lettera in data 21 settembre 1999.

32.      Con lettera di diffida 1° febbraio 2000, la Commissione spiegava al governo francese che alcune disposizioni della normativa francese relativa ai laboratori di analisi di biologia medica ponevano, a suo giudizio, problemi di compatibilità con il diritto di stabilimento e la libera prestazione dei servizi di cui agli artt. 43 CE e 49 CE.

33.      Non avendo ricevuto risposta a detta lettera da parte delle autorità francesi, il 24 gennaio 2001 la Commissione inviava alla Repubblica francese un parere motivato.

34.      Le autorità francesi rispondevano al parere motivato con lettera del 6 giugno 2001, respingendo gli addebiti della Commissione.

35.      Ritenendo tale risposta insoddisfacente, con atto introduttivo 17 dicembre 2001 la Commissione proponeva contro la Repubblica francese un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE.

36.      La Commissione chiede che la Corte voglia:

a)      dichiarare che la Repubblica francese

–        avendo imposto ai laboratori di analisi di biologia medica stabiliti in altri Stati membri la condizione di avere una loro sede in territorio francese al fine di ottenere il rilascio della necessaria autorizzazione,

e

–        avendo escluso ogni forma di rimborso delle spese relative ad analisi di biologia medica effettuate in laboratori di analisi di biologia medica stabiliti in altri Stati membri,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 43 CE e 49 CE;

b)      condannare la Repubblica francese alle spese.

37.      La Repubblica francese chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso nel suo complesso, e

–        condannare la Commissione alle spese.

IV – Sul primo motivo, attinente al requisito relativo ad una sede in territorio francese

38.      Poiché, secondo la Commissione, la Repubblica francese viola tanto l’art. 43 CE (libertà di stabilimento) quanto l’art. 49 CE (libera prestazione dei servizi), esamineremo il problema innanzi tutto sotto il profilo dell’art. 43 CE.

A –    Sulla violazione del principio della libertà di stabilimento

39.      La Commissione sostiene che la Repubblica francese nega ad un laboratorio avente la propria sede in un altro Stato membro la possibilità di istituire uno stabilimento secondario in Francia ai sensi dell’art. 43, secondo comma.

40.      Ho qualche difficoltà a capire che cosa la Commissione intenda. La Commissione non sembra sostenere, né comunque dimostrare, che la normativa francese impedirebbe ad un laboratorio straniero di stabilire in Francia una succursale o una filiale in cui effettuare il complesso delle operazioni tradizionalmente svolte da un laboratorio di analisi.

41.      La Commissione non dimostra neppure che tale legislazione imporrebbe ad un laboratorio stabilito in un altro Stato membro di trasferire tutte le sue attività in Francia in modo che lo stabilimento situato in tale paese non sia più una sede secondaria ma diventi l’unica sede della società di cui trattasi.

42.      Suppongo allora che la Commissione faccia riferimento piuttosto all’ipotesi in cui un laboratorio straniero di analisi possieda o prenda in locazione in territorio francese un locale, in cui vengano effettuati prelievi di sangue che poi siano spediti, ai fini dell’analisi, in un altro Stato membro.

43.      Questa ipotesi può essere intesa in due modi diversi.

44.      In primo luogo, si potrebbe considerare (in teoria) che l’attività consistente unicamente nel prelievo di sangue costituisca di per sé un’attività economica. Questo però implicherebbe che la «sede» del «laboratorio di prelievo di sangue» di cui trattasi si trovi, per definizione, in Francia, e in tal modo l’addebito sopra menzionato cadrebbe.

45.      In secondo luogo, va rilevato che se il prelievo di sangue non costituisce di per sé un’attività completa, tale operazione costituisce allora una fase della più ampia attività consistente nell’analisi del sangue.

46.      Evidentemente, è questo il caso. Tuttavia, poiché la parte principale di tale attività si svolge all’estero, nell’interesse di un paziente che risiede in Francia, è necessario concludere che si è in presenza di una prestazione di servizi internazionale. In altri termini, il prelievo di sangue effettuato in Francia e l’analisi di tale campione di sangue operata in un paese vicino fanno parte di una sola ed unica prestazione di servizi.

47.      Il laboratorio che si dedica unicamente al prelievo di sangue, quindi, non è uno stabilimento secondario (5) del laboratorio di analisi, bensì un’infrastruttura destinata ad agevolare quest’ultimo nelle sue prestazioni, avvicinandolo agli utenti dei suoi servizi.

48.      Infatti, nella sentenza Gebhard (6), la Corte ha ammesso che «il carattere temporaneo della prestazione [di servizi] non esclude la possibilità per il prestatore di servizi, ai sensi del Trattato, di dotarsi nello Stato membro ospitante di una determinata infrastruttura (ivi compreso un ufficio o uno studio), se questa infrastruttura è necessaria al compimento della prestazione di cui trattasi».

49.      Ritengo pertanto che il requisito francese di una sede situata in Francia non abbia per effetto di sottrarre un intero settore economico all’applicazione del principio della libertà di stabilimento (art. 43 CE), come sostenuto dalla Commissione. Esso dev’essere invece esaminato sotto il profilo del principio della libera prestazione di servizi (artt. 49 CE e 50 CE).

B –    Sulla violazione del principio della libera prestazione dei servizi

1.      Argomenti presentati alla Corte

50.      La Commissione accusa la Repubblica francese di negare ad un laboratorio avente la propria sede in un altro Stato membro la possibilità di rispondere a richieste di assicurati francesi dalla propria sede all’estero.

51.      La Commissione non contesta la possibilità che uno Stato membro preveda un regime di autorizzazione per alcune attività di un laboratorio. Essa però ritiene che tali regimi debbano tenere conto delle prescrizioni e delle garanzie che vengono già rispettate nello Stato membro di stabilimento. Nell’ipotesi contraria, la situazione sarebbe incompatibile con il principio di proporzionalità.

52.      La Commissione ritiene che non vi sia giustificazione al requisito che impone che la sede si trovi in Francia. Se fosse ipotizzabile una discriminazione, l’art. 46, n. 1, CE, in combinato disposto con l’art. 55 CE, in tema di libera prestazione dei servizi, non consentirebbe di sottrarre un intero settore economico come quello in oggetto all’applicazione dei principi del diritto di stabilimento e della libera prestazione dei servizi (7). Se in ciò si dovessero riscontrare restrizioni non discriminatorie, occorrerebbe, secondo la Commissione, respingere tutte le giustificazioni invocate dalle autorità francesi.

53.      Riguardo alla qualità dei servizi medici, la Commissione osserva, da un lato, che la qualità dei servizi medici è garantita in forza di numerose direttive di coordinamento e di riconoscimento riguardanti la qualifica dei medici, dei farmacisti o dei veterinari. Dall’altro, le condizioni di accesso e di esercizio relative a qualifiche specialistiche potrebbero rientrare direttamente nell’ambito di applicazione degli artt. 43 CE e 49 CE, così come i sistemi generali di riconoscimento professionale dei diplomi. Le differenti direttive in tema di «mutuo riconoscimento» renderebbero più agevole lo svolgimento di una parte dei controlli, il che dimostrerebbe che la necessità dei controlli non può costituire un motivo sufficiente a giustificare il requisito attinente alla ubicazione della sede.

54.      Quanto ai controlli, la Commissione sottolinea che il requisito di una sede stabile può essere giustificato solo in via del tutto eccezionale, qualora le autorità dimostrino che la loro missione di controllo non potrebbe essere svolta altrimenti. Ciò non avverrebbe nella causa in oggetto. Il requisito dell’ubicazione relativo alla sede in territorio francese non sarebbe indispensabile se il laboratorio straniero interessato potesse ottenere l’autorizzazione amministrativa di funzionamento a condizione di consentire che tutti i controlli necessari per l’assolvimento della missione delle autorità francesi vengano effettuati nei propri locali. Gli obiettivi di controllo potrebbero essere soddisfatti da misure di organizzazione adeguate, tra cui un’autorizzazione limitata nel tempo.

55.      Inoltre, affinché le analisi effettuate fuori della Francia possano essere valutate secondo i criteri francesi, i laboratori stabiliti in un altro Stato membro potrebbero convenire volontariamente di aderire ai criteri francesi al momento della richiesta di autorizzazione.

56.      La Commissione precisa in dettaglio che le disposizioni della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 ottobre 1998, 98/79/CE, relativa ai dispositivi medico-diagnostici in vitro (8), contengono un utile parametro di valutazione e possono essere utilizzate come esempi autorevoli di misure appropriate rispetto allo scopo perseguito.

57.      La Commissione contesta alla Repubblica francese di non avere spiegato se e perché il proprio sistema assicuri un livello più elevato di controllo di qualità e perché non siano possibili controlli a caso su campioni provenienti da laboratori aventi sede in altri Stati membri.

58.      La Commissione spiega e chiarisce che l’efficacia delle sanzioni nei confronti dei laboratori e la conservazione di una competenza medica possono altresì essere garantite da misure meno vincolanti rispetto al requisito che impone di possedere una sede in territorio francese. A proposito della conservazione di una competenza medica in territorio nazionale, essa rileva come la Repubblica francese non abbia fornito, conformemente alla sentenza Kohll (9), la prova del fatto che un servizio medico equilibrato ed accessibile a tutti non possa essere garantito altrimenti.

59.      La Repubblica francese riconosce che il requisito della sede in territorio francese può essere considerato un ostacolo. Esso sarebbe però giustificato da un motivo imperativo di interesse generale, vale a dire l’obiettivo della tutela della sanità pubblica, e sarebbe proporzionato allo scopo perseguito.

60.      La Repubblica francese sottolinea l’assenza di norme di armonizzazione in tema di funzionamento dei laboratori di analisi di biologia medica. Spetterebbe infatti agli Stati membri decidere il livello al quale intendono garantire la tutela della salute e della vita degli esseri umani.

61.      Essa sostiene che le direttive in tema di mutuo riconoscimento dei diplomi di medici, farmacisti e veterinari vertono su un unico aspetto delle norme imposte ai laboratori di analisi di biologia medica in Francia.

62.      La Repubblica francese osserva di non essere in grado di giudicare il livello dei controlli negli altri Stati membri. Spetterebbe alla Commissione dimostrare che i criteri di qualità e le modalità di controllo equivarrebbero ai criteri e ai controlli in vigore in Francia. Essa sostiene inoltre che non è possibile paragonare il regime dei dispositivi medico-diagnostici in vitro, come definiti dalla direttiva 98/79, e la situazione dei laboratori di analisi di biologia medica.

63.      Quanto al rispetto della proporzionalità, la Repubblica francese riconosce che la sua normativa osta a qualunque prestazione di servizi di un laboratorio di un altro Stato membro. Tuttavia, essa sostiene che, conformemente alle sentenze 4 dicembre1986 (10) e 9 marzo 2000 (11), sono presenti le condizioni per esigere una sede stabile in territorio francese. La Commissione non ha dimostrato come la missione di controllo delle autorità francesi possa essere effettuata in modo più proporzionato in questo settore di attività in assenza di armonizzazione comunitaria o di accordi bilaterali. Gli ispettori non possono effettuare controlli nei laboratori stranieri. Gli altri Stati membri non possono effettuare questi controlli al posto delle autorità francesi e queste ultime non possono riconoscere a priori come equivalenti i controlli effettuati in altri Stati membri.

64.      La Repubblica francese descrive nei particolari la portata e le modalità dei controlli effettuati dalle proprie autorità e osserva che detti controlli sono strettamente legati ai vincoli di esercizio imposti dalla normativa francese in vista della protezione della sanità pubblica. Per alcune analisi vengono imposti metodi specifici e un’interpretazione dei risultati. Se determinate analisi venissero effettuate in un altro Stato membro, vi sarebbe un rischio più elevato di errata interpretazione dei risultati, il che comporterebbe un serio pericolo per la salute dei pazienti.

2.      Valutazione

65.      Non si può negare che la disposizione controversa impedisce a qualunque laboratorio di analisi straniero di fornire le sue prestazioni in Francia, cosa che del resto non viene contestata dal governo francese.

66.      È altresì pacifico che nessuna direttiva è stata adottata dalle istituzioni comunitarie al fine di coordinare le condizioni di stabilimento e di funzionamento dei laboratori di biologia medica.

67.      Dall’art. 47, n. 3, deriva che «per quanto riguarda le professioni mediche, paramediche e farmaceutiche, la graduale soppressione delle restrizioni sarà subordinata al coordinamento delle condizioni richieste per il loro esercizio nei singoli Stati membri».

68.      In forza dell’art. 55 CE, detta disposizione si applica altresì in materia di prestazioni di servizi.

69.      A mio avviso, i laboratori di analisi mediche rientrano nel settore delle professioni paramediche.

70.      Nelle conclusioni da me presentate il 13 dicembre 2001 nella causa Gräbner (12), avevo sostenuto che tali settori erano infatti soggetti ad una condizione che non èprevista per nessun altro settore di attività professionale. Per gli altri settori, il divieto di restrizioni alla libera prestazione di servizi all’interno della Comunità, definito all’art. 49 CE, va considerato come un «preciso obbligo di risultato, il cui adempimento [dovrebbe] essere facilitato, ma non (...) condizionato, dall’attuazione di un programma di provvedimenti graduali. Pertanto, gli imperativi dell’art. 59 del Trattato [divenuto, in seguito a modifica, art. 49 CE] hanno acquistato efficacia diretta e incondizionata alla scadenza [del periodo transitorio]» (13).

71.      Nella sentenza Gräbner, peraltro, la Corte non ha prestato attenzione a detto argomento.

72.      La Corte ha infatti dichiarato quanto segue (14): «Si deve anzitutto rilevare come da una giurisprudenza costante risulti che, in assenza di armonizzazione di un’attività professionale, gli Stati membri restano, in linea di principio, competenti a definire l’esercizio di tale attività, ma devono esercitare i loro poteri in tale settore nel rispetto delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (v., in particolare, sentenze 3 ottobre 2000, causa C-58/98, Corsten, Racc. pag. I-7919, punto 31, e 1° febbraio 2001, causa C-108/96, Mac Quen e a., Racc. pag. I-837, punto 24)». Essa ha poi aggiunto: «Per risolvere la prima questione occorre quindi determinare in primo luogo se, in una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale, l’esercizio dell’attività di Heilpraktiker, ai sensi della normativa tedesca, sia disciplinato da una misura di armonizzazione adottata a livello comunitario e, in caso contrario, esaminare, in secondo luogo, se gli artt. 52 e 59 del Trattato, rilevanti nel caso di specie, ostino a che uno Stato membro riservi l’esercizio di una tale attività ai titolari di un diploma di laurea in medicina» (15).

73.      Da tale ragionamento deriva che, secondo l’interpretazione della Corte, anche nei settori medico, paramedico e veterinario, le direttive mirano unicamente a facilitare la libera prestazione dei servizi. In tal modo pertanto, una volta trascorso il periodo transitorio, la libera circolazione dei medici sarebbe stata la regola, anche senza l’adozione delle direttive pertinenti. Non ritengo che sia stata questa la concezione degli autori del Trattato, ma non insisterò oltre sul punto.

74.      Come base per la mia analisi assumerò quindi la giurisprudenza costante elaborata dalla Corte a proposito del complesso dei settori di attività e che è stata applicata altresì al settore paramedico nelle sentenze Mac Quen (16) e Gräbner (17).

75.      Da tale giurisprudenza deriva che devono essere considerate come restrizioni alla libera prestazione dei servizi tutte le misure che vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio di tale libertà.

76.      Dette misure devono soddisfare quattro condizioni per poter risultare giustificate: applicarsi in modo non discriminatorio, rispondere a motivi imperativi di interesse pubblico, essere idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (18).

77.      È evidente che una normativa in base alla quale un’autorizzazione all’attività di un laboratorio di analisi può essere accordata solo ad un laboratorio che abbia la propria sede in Francia costituisce una restrizione all’esercizio della libera prestazione dei servizi. Occorre pertanto esaminare se tale normativa possa essere giustificata alla luce delle quattro condizioni individuate dalla giurisprudenza della Corte.

78.      A tal riguardo va rilevato che, sebbene la disposizione di cui trattasi non contenga alcun riferimento alla cittadinanza delle società o dei soggetti che intendono effettuare una prestazione di servizi in Francia, è nondimeno evidente che ai laboratori stabiliti in un altro Stato viene impedito, per questo semplice fatto, di fornire servizi in Francia. È pertanto necessario considerare che si tratta di una discriminazione indiretta.

79.      Sorge il problema, se da questo si debba dedurre che, dal momento che la prima delle quattro condizioni individuate dalla giurisprudenza della Corte non è soddisfatta, la restrizione in oggetto è necessariamente incompatibile con il diritto comunitario.

80.      La risposta è no. Si deve ricordare infatti che la tutela della pubblica sanità figura tra i motivi che, ai sensi dell’art. 46, n. 1, CE, possono giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento risultanti dall’applicabilità di disposizioni che prevedono un regime particolare per i cittadini stranieri. La tutela della pubblica sanità è quindi idonea, in linea di principio, a giustificare parimenti provvedimenti che costituiscono una discriminazione indiretta o provvedimenti indistintamente applicabili (19). Le disposizioni di tale numero sono applicabili alla prestazione dei servizi in forza dell’art. 55 CE.

81.      Certamente, la scelta di uno Stato membro di riservare a laboratori che abbiano una sede in Francia il diritto di effettuare analisi di biologia medica per quanto riguarda i residenti in tale paese può essere considerato come un mezzo idoneo a raggiungere l’obiettivo di tutela della salute pubblica perseguito. Esso infatti consente non solo di garantire la qualifica dei dirigenti e del personale di tali laboratori, ma altresì di controllare, attraverso ispezioni periodiche, che lo svolgimento delle analisi sia permanentemente conforme alle regole dettate dallo Stato membro in questione.

82.      Tuttavia, resta ancora da esaminare se il provvedimento in questione non vada oltre quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito.

83.      Si deve ricordare, al riguardo, che il fatto che altri Stati membri possano imporre norme meno severe di quelle imposte in Francia non significa che queste ultime siano sproporzionate e perciò incompatibili con il diritto comunitario (20).

84.      Infatti, la sola circostanza che uno Stato membro abbia scelto un sistema di tutela diverso da quello adottato da un altro Stato membro non può incidere sulla valutazione della necessità e della proporzionalità delle disposizioni adottate in materia (21).

85.      La Commissione, pur riconoscendo il diritto degli Stati membri di prevedere un sistema di autorizzazioni per le attività dei laboratori, ritiene però che il requisito di una sede situata in territorio francese non sia indispensabile per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito.

86.      Da parte sua, il governo francese sostiene che la Corte ha già riconosciuto che uno Stato membro può imporre un obbligo di stabilimento qualora le proprie autorità non possano adempiere alla loro missione di controllo in modo efficace senza che l’impresa disponga, nel suddetto Stato membro, di una sede stabile. Essa fa riferimento al riguardo in primo luogo alla sentenza Commissione/Germania (22), relativa al settore assicurativo.

87.      Da questa sentenza deriva peraltro che la Corte ha assunto una posizione più attenuata rispetto a quanto asserito dalla convenuta.

88.      La Corte ha infatti dichiarato che «se è vero che il requisito relativo all’autorizzazione costituisce una restrizione della libera prestazione di servizi, il requisito relativo allo stabilimento è di fatto la negazione stessa di tale libertà. Esso ha la conseguenza di privare di ogni efficacia pratica l’art. 59 del Trattato, il cui scopo consiste per l’appunto nell’eliminare le restrizioni della libera prestazione di servizi da parte di persone non stabilite nello Stato nel cui territorio dev’essere fornita la prestazione (...). Tale requisito può essere ammissibile soltanto qualora sia provato ch’esso costituisce una condizione indispensabile per raggiungere lo scopo perseguito» (punto 52).

89.      La Corte ha poi precisato che spettava alle autorità competenti dimostrare «che, anche nell’ambito di un regime di autorizzazione, queste non potrebbero adempiere in modo efficace il loro compito di controllo senza che l’impresa abbia, nel suddetto Stato membro, una sede stabile ove siano disponibili tutti i documenti necessari» (punto 54, in fine). Essa ha peraltro sostenuto che tale prova non era stata fornita in merito ai bilanci, resoconti e documenti commerciali, ivi comprese le condizioni d’assicurazione e le attività programmate. Alcune copie di tali documenti potevano, infatti, essere inviate a partire dallo Stato di stabilimento e debitamente autenticate dalle autorità di questo Stato membro. La Corte ha concluso che «nell’ambito di un regime di autorizzazione, è possibile sottoporre l’impresa a siffatte condizioni di controllo nell’atto di autorizzazione e garantire il rispetto delle condizioni stesse, eventualmente, mediante la revoca di tale atto» (punto 55).

90.      A sostegno del suo punto di vista, il governo francese invoca altresì la sentenza Commissione/Belgio (23). Non capisco però sotto quale profilo la sua tesi verrebbe ad essere corroborata da tale sentenza, dal momento che la Corte in essa ha dichiarato che, subordinando le imprese di sorveglianza e le imprese di sicurezza all’obbligo di avere una sede in Belgio, tale Stato era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti, in particolare, in forza dell’art. 59 del Trattato.

91.      Detto questo, vorrei tornare nuovamente sulla sentenza «assicurazioni» appena menzionata, poiché contiene altre indicazioni applicabili al caso in oggetto.

92.      Come già segnalato, la Commissione riconosce che la Repubblica francese possa altresì applicare il suo regime di autorizzazione a laboratori di analisi stranieri, e su questo punto concordo pienamente.

93.      Anche nella sentenza Commissione/Germania si discuteva un regime di questo tipo, denominato «autorizzazione», e la trattazione che ha svolto la Corte a tale riguardo è rilevante nel caso di specie.

94.      La Corte ha dichiarato innanzi tutto che «non può essere disatteso l’argomento del governo tedesco secondo cui soltanto l’imposizione del requisito dell’autorizzazione può garantire, in modo efficace, il controllo che (...) è giustificato da ragioni attinenti alla tutela dei consumatori, in quanto contraenti dell’assicurazione e assicurati. Poiché un sistema come quello proposto nel progetto di seconda direttiva, in base al quale l’applicazione del regime di autorizzazione è affidata allo Stato membro di stabilimento in stretta collaborazione con lo Stato destinatario, non può essere instaurato se non per via legislativa, si deve altresì ammettere che, allo stato attuale del diritto comunitario, spetta allo Stato destinatario concedere e revocare tale autorizzazione» (punto 46).

95.      La Corte ha aggiunto che «si deve tuttavia sottolineare che l’autorizzazione dev’essere concessa a qualsiasi impresa stabilita in un altro Stato membro, che ne faccia domanda e soddisfi le condizioni imposte dalla legislazione dello Stato destinatario, come pure che tali condizioni non possono aggiungersi a condizioni legali equivalenti già soddisfatte nello Stato di stabilimento e che l’autorità di controllo dello Stato destinatario deve tener conto degli esami e delle verifiche già effettuati nello Stato membro di stabilimento» (punto 47).

96.      Se un regime di autorizzazione è giustificato in materia di assicurazioni, lo è a maggior ragione per i laboratori di analisi, il cui eventuale cattivo funzionamento potrebbe comportare conseguenze negative per la salute dei soggetti interessati. Un tale regime, però, deve soddisfare anche le condizioni sopra ricordate.

97.      Suggerisco, pertanto, di accogliere il primo motivo della Commissione e di dichiarare che gli artt. 49 CE e 50 CE ostano a che le prestazioni di servizi effettuate da laboratori di analisi medica aventi sede in altri Stati membri siano subordinate all’esistenza di una sede nel paese ospitante. Tuttavia, tali prestazioni possono essere assoggettate ad un regime di autorizzazione.

98.      Ciò significa quindi che i laboratori situati negli altri Stati membri non possono rivendicare il diritto di esercitare le proprie attività nei confronti di soggetti residenti in Francia sulla base del semplice fatto che essi soddisfano le condizioni in vigore nel loro paese di stabilimento.

99.      Da parte loro, le autorità francesi sono tenute a verificare se gli interessi che il regime di autorizzazione francese mira a salvaguardare non lo siano già per opera delle regole cui il prestatario è soggetto nello Stato membro in cui si è stabilito (24). Spetta al laboratorio che vuole ottenere l’autorizzazione fornire tutti gli elementi di prova pertinenti al riguardo.

100. Per quanto riguarda i controlli in loco, però, non condivido l’ottimismo della Commissione, secondo la quale sarebbe sufficiente che i laboratori stranieri stessi acconsentano a controlli effettuati da ispettori francesi per rendere possibili i controlli stessi. Dubito infatti che i governi dei paesi di stabilimento accettino simili intrusioni nel proprio territorio, e dubito altresì del fatto che gli ispettori francesi siano disposti ad effettuare tali «sopralluoghi».

101. Non penso, inoltre, che si possa imporre al governo francese di avviare negoziati con gli Stati vicini al fine di far autorizzare tali controlli o di farli compiere da parte delle autorità locali competenti, secondo il criterio francese.

102. Spettava infatti alla Commissione proporre una direttiva di armonizzazione che avrebbe consentito, tra l’altro, di stabilire il principio del controllo da parte delle sole autorità del paese dell’attività principale (home control), come avvenuto nel settore delle assicurazioni e in quello bancario. Non sarebbe giusto pretendere che gli Stati membri conducano negoziati con i loro vicini e istituiscano una serie di sistemi bilaterali di riconoscimento semplicemente perché, a 45 anni dall’entrata in vigore del Trattato CEE, non sono state adottate direttive di armonizzazione.

103. A mio avviso, la soluzione a questo problema dei controlli dovrebbe consistere nel fatto che i laboratori stranieri dimostrino in modo soddisfacente alle autorità francesi che i controlli cui sono sottoposti non sono meno rigorosi di quelli in vigore in Francia.

104. Spetta inoltre a tali laboratori fare in modo che i referti delle loro analisi possano essere compresi dai medici francesi. Ciò vale in particolare per l’interpretazione dei risultati da parte del biologo che, in certi casi, viene richiesta dalla normativa francese al fine di coadiuvare la diagnosi del medico che ha effettuato la prescrizione.

105. Sulla base degli argomenti che precedono, in merito al primo motivo la mia conclusione è che la Repubblica francese, avendo imposto ai laboratori di analisi di biologia medica stabiliti in altri Stati membri la condizione di avere una loro sede in territorio francese per essere ammessi al regime di autorizzazione francese, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 49 CE e 50 CE.

V –    Secondo motivo, attinente al diniego di rimborso delle spese per le analisi di biologia medica effettuate in un altro Stato membro

A –    Argomenti presentati alla Corte

106. La Commissione accusa la Repubblica francese di aver escluso di fatto il rimborso delle spese relative ad analisi mediche effettuate in un laboratorio stabilito in un altro Stato membro. Tale esclusione deriverebbe indirettamente dall’art. L. 332-2 del code de la sécurité sociale, dal momento che non vi sarebbero analisi che i laboratori francesi non possano effettuare. Per la Commissione, si tratta di un ostacolo e di una discriminazione.

107. La Commissione respinge l’argomento dedotto dalla Repubblica francese secondo il quale le norme previdenziali non comporterebbero effetti restrittivi a detrimento del diritto di stabilimento o della libera prestazione di servizi, dal momento che l’ottenimento dell’autorizzazione sarebbe condizione necessaria affinché i direttori dei laboratori possano essere convenzionati, ma un laboratorio che abbia ottenuto l’autorizzazione al funzionamento non dovrebbe necessariamente stipulare una convenzione con la previdenza sociale. Secondo la Commissione, un laboratorio straniero che voglia offrire servizi in Francia potrebbe farlo, in pratica, solo rispettando la convenzione nazionale 26 luglio 1994.

108. Sulla base del punto 41 della citata sentenza Kohll, la Commissione sostiene che il rischio di grave alterazione dell’equilibrio finanziario del sistema previdenziale è la sola ragione che possa giustificare una restrizione al principio della libera circolazione dei servizi, ma non è dimostrato che il rimborso delle analisi di biologia medica effettuate in un altro Stato membro, secondo le tariffe previdenziali francesi, abbia una incidenza significativa sul finanziamento del sistema di previdenza sociale. In tale ambito, la Commissione ricorda, in particolare, che le casse di assicurazione malattia sono autorizzate a rifiutare il pagamento delle spese supplementari derivanti dalla scelta di un laboratorio diverso da uno di quelli dell’agglomerato in cui l’assicurato risiede. Se tale principio fosse seguito anche per i laboratori stabiliti all’estero, tale misura, secondo la Commissione, sarebbe in ogni caso meno restrittiva della normativa attuale.

109. La Repubblica francese ribatte nel merito che la conclusione cui la Corte è giunta nella sentenza Kohll si basa sul fatto che le condizioni per l’accesso e l’esercizio delle professioni mediche e dentistiche hanno costituito oggetto di numerose direttive di coordinamento e di armonizzazione. Essa vede nell’assenza di armonizzazione a proposito dei laboratori di analisi di biologia medica la differenza decisiva rispetto alla causa Kohll.

110. La Commissione risponde sottolineando che, se la mancanza di armonizzazione potesse giustificare un sistema di autorizzazione per ragioni di tutela della sanità pubblica, l’esclusione di ogni possibilità di ottenere tale autorizzazione, per quel che riguarda analisi di laboratorio, sulla base del criterio della loro ubicazione al di fuori del territorio francese, risulterebbe sproporzionata, poiché andrebbe oltre le preoccupazioni relative alla tutela della salute.

111. Ritenendo che con tale argomentazione la Commissione non respinga del tutto il sistema attuato dalla normativa francese, la Repubblica francese chiede alla Corte, in subordine, di stabilire i criteri che consentano di individuare le ipotesi di rimborso senza autorizzazione preliminare di talune analisi effettuate da un laboratorio. Al riguardo, si potrebbe prevedere di effettuare una distinzione tra le analisi «automatiche», vale a dire le analisi realizzate in maniera generalizzata con apparecchiature e per le quali non esistono norme francesi specifiche, da un lato, e, dall’altro, le analisi più tecniche che richiedono una competenza specifica. Il governo francese propone il rimborso delle analisi «automatiche» sulla base delle tariffe stabilite nella convenzione francese. Per quanto riguarda le analisi più tecniche, il loro rimborso dovrebbe essere sempre collegato al rispetto delle norme francesi relative alla qualità.

B –    Valutazione

112. Quest’ultima proposta indica che la questione delle norme francesi più rigorose non ha tutta l’ampiezza che le prime osservazioni del governo francese hanno potuto lasciar pensare.

113. Essa mostra altresì che la convenzione non pone un problema vero e proprio, anche se i laboratori francesi non sono tutti espressamente convenzionati. La Commissione ha infatti segnalato, senza essere contraddetta, che salvo che il direttore di un laboratorio abbia espressamente notificato la propria intenzione di non aderire al regime della convenzione, i laboratori francesi che soddisfano i requisiti francesi della normativa in tema di sanità pubblica si presumono convenzionati e le analisi ivi effettuate vengono poste a carico sulla base delle tariffe fissate dalla convenzione. Sarà quindi sufficiente che le casse malattia trattino allo stesso modo le fatture provenienti da laboratori stranieri. Esse hanno, beninteso, il diritto di negare gli oneri supplementari derivanti dalla scelta di un laboratorio diverso da uno di quelli che si trovano nell’agglomerato in cui l’assicurato risiede.

114. Quanto alla valutazione del secondo motivo, è sufficiente osservare che il mancato rimborso, da parte delle casse malattia francesi, delle fatture emesse da un laboratorio stabilito in un altro Stato membro, costituisce una restrizione che può essere giustificata solo in presenza delle quattro condizioni precedentemente citate.

115. In proposito, deve applicarsi lo stesso ragionamento seguito nell’ambito del primo motivo sollevato dalla Commissione. Ne consegue che la restrizione può essere giustificata solo se il laboratorio di cui trattasi non ha ottenuto un’autorizzazione come quella auspicata nell’ambito dell’esame del presente motivo.

116. Poiché attualmente una simile autorizzazione non può essere ottenuta in nessun caso, il secondo motivo della Commissione va accolto.

117. Aggiungo che, quando il sistema di autorizzazione francese sarà aperto ai laboratori stabiliti negli altri Stati membri, non potrà derivarne un rischio di grave alterazione dell’equilibrio finanziario del sistema previdenziale francese. Le prestazioni di tali laboratori, infatti, saranno rimborsate unicamente nei limiti previsti dalla convenzione sopra menzionata.

118. Peraltro, non convince neppure il motivo attinente ad un aumento del numero delle analisi, dato che queste vengono prescritte da medici francesi che sono in ogni caso tenuti a prescrivere soltanto quelle strettamente necessarie.

119. Posso quindi concludere, per quel che riguarda il secondo motivo, che la Repubblica francese, avendo escluso ogni forma di rimborso delle spese relative ad analisi di biologia medica effettuate in un laboratorio stabilito in un altro Stato membro, è venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 49 CE e 50 CE.

VI – Conclusione

120. Suggerisco pertanto che la Corte voglia:

1)      dichiarare che la Repubblica francese

–        avendo imposto ai laboratori di analisi mediche stabiliti in altri Stati membri la condizione di avere una loro sede in territorio francese per essere ammessi al regime di autorizzazione francese, e

–        avendo escluso ogni forma di rimborso delle spese relative ad analisi di biologia medica effettuate da un laboratorio stabilito in un altro Stato membro,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 49 CE e 50 CE;

2)      condannare la Repubblica francese alle spese.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – JORF del 6 novembre 1976, pag. 6449.


3 – JORF dell'11 dicembre 1999, pag. 18441.


4 – JORF 8 dicembre 1994, pag. 17382.


5 – Contrariamente al caso del secondo studio di un avvocato: sentenza 12 luglio 1984, causa 107/83, Klopp (Racc. pag. 2971).


6 – Sentenza 30 novembre 1995, causa C-55/94 (Racc. pag. I-4165, punto 27); il corsivo è mio.


7 – Sentenza 28 aprile 1998, causa C-158/96, Kohll (Racc. pag. I-1931).


8 – GU L 331, pag. 1.


9 – Cit. alla nota 7, punto 51.


10 – Causa 205/84, Commissione/Germania (Racc. pag. 3755, punto 52).


11 – Causa C-355/98, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-1221, punto 27).


12 – Sentenza 12 luglio 2002, causa C-294/00 (Racc. pag. I-6515, punti 29 e 30).


13 – Sentenza 17 dicembre 1981, causa 279/80, Webb (Racc. pag. 3305, punto 13).


14 – Cit. alla nota 12, punto 26.


15 – Ibidem, punto 27.


16 – Sentenza 1° febbraio 2001, causa C-108/96 (Racc. pag. I-837).


17 – Cit. alla nota 12.


18 – V. sentenze Gräbner, punto 39; Gebhard, cit. alla nota 6, punto 3; sentenza 4 luglio 2000, causa C-424/97, Haim (Racc. pag. I-5123, punto 57), e Mac Quen e a., cit. alla nota 16, punto 26.


19 – V., per esempio, punto 28 della sentenza Mac Quen.


20 – V. sentenza Gräbner, punto 46; sentenza 12 dicembre 1996, causa C-3/95, Reisebüro Broede (Racc. pag. I-6511, punto 42); Mac Quen e a., punto 33, e sentenza 19 febbraio 2002, causa C‑309/99, Wouters e a. (Racc. pag. I-1577, punto 108).


21 – Sentenze Gräbner, punto 47; Mac Quen e a., punto 34, e 21 ottobre 1999, causa C-67/98, Zenatti (Racc. pag. I-7289, punto 34).


22 – Cit. alla nota 10, punto 55.


23 – Cit. alla nota 11.


24 – V., in particolare, sentenza 23 novembre 1999, cause riunite C-369/96 e C-376/96 (Racc. pag. I‑8453, punto 34, nonché giurisprudenza ivi cit.).