61997C0001

Conclusioni dell'avvocato generale Fennelly del 28 maggio 1998. - Mehmet Birden contro Stadtgemeinde Bremen. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgericht der Freien Hansestadt Bremen - Germania. - Accordo di associazione CEE-Turchia - Libera circolazione dei lavoratori - Art. 6, n. 1, della decisione n. 1/80 del consiglio d'associazione - Ambito d'applicazione - Cittadino turco che fruisce di un contratto di lavoro a tempo determinato nell'ambito di un programma, finanziato dalle pubbliche autorità, finalizzato a consentire l'integrazione nel mercato del lavoro a persone che dipendono dall'aiuto sociale. - Causa C-1/97.

raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-07747


Conclusioni dell avvocato generale


1 Un lavoratore turco assunto e regolarmente retribuito nell'ambito di un programma, sovvenzionato con fondi pubblici, di lavori complementari di pubblica utilità inteso a consentire ai soggetti interessati di svolgere un'attività regolarmente coperta da contributi previdenziali e di accrescere le loro prospettive di trovare altri posti di lavoro, è inserito nel regolare mercato del lavoro dello Stato membro che finanzia il suddetto programma? Questa è, in sostanza, la questione posta dal Verwaltungsgericht della Libera Città Anseatica di Brema). La soluzione di tale questione richiede, in particolare, di prendere in esame la sentenza della Corte, relativamente recente, nella causa Günaydin (1).

2 Gli artt. 48, 49 e 50 del Trattato che istituisce la Comunità europea devono guidare le parti contraenti (gli Stati membri e la Comunità) dell'accordo di associazione con la Turchia (2) a «realizzare gradualmente tra di loro la libera circolazione dei lavoratori» (3). Ciò non significa, ovviamente, che i cittadini turchi abbiano il diritto di circolare liberamente all'interno della Comunità, bensì soltanto ch'essi possono fruire di determinati diritti nello Stato membro ospitante (4).

3 Il terzo `considerando' della decisione 19 settembre 1980, n. 1/80, del consiglio di associazione sullo sviluppo dell'associazione (5) (in prosieguo: la «decisione») afferma che è necessario, «migliorare, nel settore sociale, il regime di cui beneficiano i lavoratori e i loro familiari rispetto al regime previsto dalla decisione n. 2/76» (6). La sezione 1 del capitolo II della decisione riguarda questioni relative all'attività lavorativa e alla libera circolazione dei lavoratori. In tale sezione, l'art. 6 della decisione dispone, nella parte qui di rilievo:

«1 Fatte salve le disposizioni dell'articolo 7, relativo al libero accesso dei familiari all'occupazione, il lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro ha i seguenti diritti (7):

- rinnovo, in tale Stato membro, dopo un anno di regolare impiego (8), del permesso di lavoro presso lo stesso datore di lavoro, se dispone di un impiego;

- candidatura, in tale Stato membro, ad un altro posto di lavoro, la cui regolare offerta sia registrata presso gli uffici di collocamento dello Stato membro, nella stessa professione, presso un datore di lavoro di suo gradimento, dopo tre anni di regolare impiego, fatta salva la precedenza da accordare ai lavoratori degli Stati membri della Comunità;

- libero accesso, in tale Stato membro, a qualsiasi attività salariata di suo gradimento, dopo quattro anni di regolare impiego.

2) Le ferie annuali e le assenze per maternità, infortunio sul lavoro o malattia di breve durata sono assimilate ai periodi di regolare impiego. I periodi di involontaria disoccupazione, debitamente constatati dalle autorità competenti, e le assenze provocate da malattia di lunga durata, pur senza essere assimilate a periodi di regolare impiego, non pregiudicano i diritti acquisiti in virtù del periodo di impiego anteriore.

(...)».

4 Tra le altre disposizioni inserite in questa sezione della decisione, l'art. 8, n. 1, stabilisce che ai lavoratori comunitari va accordata precedenza rispetto ai lavoratori turchi nel caso in cui le autorità dello Stato membro autorizzino cittadini non comunitari ad accogliere un'offerta di lavoro che non possa essere accolta «ricorrendo alla forza lavoro disponibile sul mercato del lavoro dello Stato membro». L'art. 8, n. 2, dispone:

«Gli uffici di collocamento degli Stati membri si impegnano a coprire i posti di lavoro vacanti registrati, che la forza lavoro comunitaria regolarmente iscritta non ha potuto coprire, mediante lavoratori turchi iscritti al collocamento regolarmente residenti nel territorio del detto Stato membro».

Vengono altresì richiamati gli artt. 7 e 10 della decisione per i lavoratori turchi inseriti nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro, riguardo, rispettivamente, al diritto al lavoro dei familiari ed al principio di non discriminazione, mentre l'art. 11 attribuisce diritti equivalenti ai cittadini degli Stati membri inseriti nel regolare mercato del lavoro turco.

5 Il § 1 del Bundessozialhilfegesetz tedesco (legge federale sull'aiuto sociale, in prosieguo: il «BSHG») definisce l'aiuto sociale come concessione di un sussidio di sostentamento (Lebensunterhalt) e di assistenza ai soggetti che si trovano in situazioni particolari. Lo scopo dichiarato è consentire ai beneficiari di condurre un'esistenza dignitosa. Il § 19 dispone, nella parte qui di rilievo, quanto segue:

1. Per coloro che richiedono l'aiuto, in particolare per i giovani che non riescono a trovare lavoro, vengono create opportunità di lavoro. Possono essere prese a carico anche le spese per la creazione e la conservazione di tali opportunità. Queste devono avere di regola durata temporanea e devono essere idonee a far ottenere un migliore inserimento degli assistiti nella vita lavorativa.

2. Se per coloro che richiedono l'aiuto viene creata l'opportunità di svolgere lavori di pubblica utilità e complementari, può essere loro erogata o l'abituale retribuzione o il sussidio per il sostentamento, compresa un'adeguata indennità per spese supplementari; complementare è soltanto il lavoro che in altre circostanze non sarebbe stato eseguito in tale misura né in tale momento. Si può prescindere dal requisito della complementarità in casi particolari, se in questo modo viene favorito il miglior inserimento nella vita lavorativa o se ciò è necessario in ragione della particolare situazione del beneficiario e della sua famiglia.

3. Se nell'ipotesi di cui al n. 2 viene erogato il sussidio per il sostentamento, non viene instaurato alcun rapporto di lavoro ai sensi del diritto del lavoro e alcun rapporto di impiego ai sensi del regime di assicurazione malattia o vecchiaia obbligatoria. Si applicano però le norme sulla tutela del lavoro.

Il § 25 del BSHG, nel testo in vigore fino al 1_ agosto 1996, escludeva il diritto al sussidio di sostentamento per tutti i soggetti che avessero rifiutato di svolgere un lavoro idoneo o di accettare un'attività idonea.

6 Il signor Mehmet Birden (in prosieguo: il «ricorrente nel procedimento a quo») è un cittadino turco, emigrato in Germania nel 1990. Nel gennaio 1992 egli sposava una cittadina tedesca e otteneva per tale motivo un permesso di soggiorno temporaneo, valido fino al 29 giugno 1995, ed un permesso di lavoro illimitato e a tempo indeterminato. Non avendo trovato da svolgere alcuna attività lavorativa, egli fruiva dell'aiuto sociale. Il 3 gennaio 1994 egli veniva assunto con un contratto di lavoro della durata di un anno come operaio qualificato dal Kulturzentrum (Centro culturale) Lagerhaus Bremen-Ostertor eV. Tale contratto veniva prorogato il 2 gennaio 1995 fino al 31 dicembre 1995. L'orario di lavoro settimanale era di 38,5 ore. La sua retribuzione era pari a quella prevista per una particolare categoria di lavoratori (categoria retributiva 2a, livello 1), stabilita in conformità del Manteltarifvertrag für Arbeiter der Länder (contratto collettivo dei di lavoro Länder della Repubblica federale di Germania), ovvero, dedotti l'imposta sul reddito da lavoro, la soprattassa di solidarietà ed i contributi alle assicurazioni malattia, vecchiaia e disoccupazione, a DM 2 155,70 netti mensili. Nel corso di questo rapporto contrattuale il ricorrente non nel procedimento a quo fruiva di alcun aiuto sociale sotto forma di sussidio per il sostentamento.

7 I contratti di lavoro in questione venivano procurati e sostenuti finanziariamente dall'ufficio di assistenza sociale (Sozialamt) della Libera Città Anseatica di Brema nell'ambito di un programma denominato «Werkstatt Bremen» («Laboratorio Brema»). Il Werkstatt Bremen è finalizzato, in conformità del § 19, n. 2, del BSHG, a procurare lavoro per un periodo fino a due anni ai beneficiari dell'assistenza sociale che non possono far valere alcun diritto a prestazioni nei confronti del Bundesanstalt für Arbeit (Ufficio federale del lavoro), per favorirne il primo ingresso o il reingresso nel mercato del lavoro. Il versamento dei contributi per l'assistenza sociale attribuisce agli interessati il diritto di percepire il sussidio di disoccupazione o l'assistenza sociale ai sensi dell'Arbeitsförderungsgesetz (legge sulla promozione del lavoro). Il Werkstatt Bremen può coprire fino al 100% delle spese di personale sostenute dai datori di lavoro. Risulta che i posti di lavoro possono anche essere finanziati congiuntamente dal Werkstatt Bremen e dai datori di lavoro (9). I datori di lavoro sono generalmente enti pubblici o di pubblico interesse, sebbene questi ultimi possano, a quanto pare, essere formati da associazioni di privati cittadini (10).

8 Il 10 giugno 1995 veniva dichiarato lo scioglimento del matrimonio del ricorrente. Il 14 giugno 1995 egli presentava all'Ufficio stranieri della resistente nel procedimento a quo, la Stadtgemeinde Bremen (Comune di Brema, in prosieguo: la «resistente nel procedimento a quo»), una domanda di proroga del permesso di soggiorno, respinta con decisione 15 agosto 1995 a causa del divorzio. In base alle norme del diritto nazionale, il ricorrente nel procedimento a quo non poteva rimanere in Germania (11). L'art 6, n. 1, della decisione veniva ritenuto inapplicabile nei confronti del ricorrente nel procedimento a quo in quanto il suo rapporto di lavoro non sarebbe rientrato nel regolare mercato del lavoro. All'inizio del 1996 il Centro culturale offriva al ricorrente nel procedimento a quo un ulteriore contratto di lavoro a tempo indeterminato, che prevedeva un orario di lavoro settimanale di 12 ore, non più nell'ambito del programma Werkstatt Bremen. Il ricorrente nel procedimento a quo non poteva stipulare detto contratto in quanto era privo di permesso di soggiorno. Il suo reclamo amministrativo veniva respinto il 28 marzo 1996, con la medesima motivazione posta alla base del rigetto della sua prima domanda.

9 Il 9 aprile 1996 il ricorrente promuoveva il presente procedimento dinanzi al Verwaltungsgericht der Freien Hansestadt Bremen (in prosieguo: il «giudice nazionale»), chiedendo l'annullamento delle decisioni 15 agosto 1995 e 28 marzo 1996 e la proroga del permesso di soggiorno ai sensi dell'art. 6, n. 1, della decisione. La resistente nel procedimento a quo ribatteva che i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in forza del § 19 del BSHG sono accessibili soltanto ai beneficiari dell'aiuto sociale che non hanno diritto al sussidio di disoccupazione e presentano notevoli carenze di formazione. Tali rapporti di lavoro non sarebbero quindi paragonabili a quelli del regolare mercato del lavoro.

10 Il giudice nazionale ritiene che il momento rilevante al fine di valutare i diritti del ricorrente vada collocato nell'estate del 1995 (14 giugno, 29 giugno o 15 agosto); in ogni caso, egli non ritiene rilevante l'offerta di un lavoro che avrebbe dovuto iniziare nel 1996. Egli ha sospeso il procedimento e ha deferito la seguente questione pregiudiziale in forza dell'art. 177 del Trattato che istituisce la Comunità europea (in prosieguo: il «Trattato»):

«Se un lavoratore turco sia inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro ai sensi dell'art. 6, n. 1, della decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione CEE/Turchia sullo sviluppo dell'associazione, nel caso in cui eserciti un'attività lavorativa, soggetta all'assicurazione sociale obbligatoria, promossa in via straordinaria dal detto Stato con fondi pubblici e destinata ad agevolare l'ingresso o il reingresso nella vita lavorativa e alla quale abbia accesso, dato lo scopo della misura nazionale di promozione dell'occupazione, soltanto una cerchia limitata di persone [nella fattispecie: conformemente all'art. 19, n. 2, del Bundessozialhilfegesetz (legge federale sull'assistenza sociale)]».

11 Il ricorrente nel procedimento a quo, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte e orali. Osservazioni scritte sono state presentate anche dalla Repubblica francese.

12 Il ricorrente nel procedimento a quo ripropone l'argomento già avanzato dinanzi al giudice nazionale, vale a dire che un soggetto è inserito nel mercato del lavoro di uno Stato membro ai sensi dell'art. 6, n. 1, della decisione in virtù della sua regolare partecipazione alla vita economica mediante l'esercizio di un'attività lavorativa retribuita soggetta alle detrazioni fiscali e contributive applicabili nei confronti di tutti i lavoratori. Affinché tale inserimento sia «regolare», occorrebbe soltanto che l'impiego non sia illegale né fittizio. Sarebbe irrilevante che esso sia sostenuto finanziariamente con fondi pubblici al fine di favorire l'integrazione nel mercato del lavoro di un numero limitato di beneficiari dell'aiuto sociale.

13 La Francia sostiene che l'attività del ricorrente ha natura complementare e non commerciale e che, consistendo nello svolgimento di lavori di pubblica utilità finanziati con fondi pubblici a scopi sociali, non costituisce inserimento nel regolare mercato del lavoro. Essa si richiama all'affermazione contenuta nella sentenza Bozkurt secondo cui la regolarità di un'attività lavorativa «va valutata ai sensi della normativa dello Stato ospite, che disciplina le condizioni d'ingresso del cittadino turco nel territorio nazionale e di espletamento nel medesimo di un'attività lavorativa» (12) e aggiunge che dal § 19, n. 3, del BSHG si evince che, in forza del diritto tedesco, non esiste alcun rapporto di lavoro ai sensi del diritto del lavoro e del regime di assicurazione malattia e vecchiaia obbligatoria (13). In Francia, programmi analoghi verrebbero più propriamente qualificati come programmi di formazione, nonostante la struttura di contratti di lavoro.

14 La Germania sostiene che i programmi di collocamento sociale intesi a favorire l'integrazione di una ristretta cerchia di persone nel mercato del lavoro non conferiscono lo status di lavoratore ai sensi del diritto comunitario (14). Tuttavia, la vera questione non sarebbe se il ricorrente nel procedimento a quo sia un lavoratore, bensì se egli sia inserito nel regolare mercato del lavoro. L'art. 6, n. 1, della decisione andrebbe interpretato come riferito al mercato generale del lavoro, in cui possono essere inseriti tutti i normali lavoratori, senza alcun limite. Indipendentemente dallo status del ricorrente nel procedimento a quo ai sensi del diritto del lavoro tedesco e dal tentativo di creare posti di lavoro, in forza del programma, quanto più possibile simili ad un impiego «normale», la sua attività lavorativa avrebbe avuto natura essenzialmente sociale e «artificiale». La sentenza Bozkurt affermerebbe che la situazione del lavoratore turco va valutata alla luce della normativa nazionale concernente le sue condizioni di impiego, e che la sua situazione sul mercato del lavoro, ai sensi dell'art. 6, n. 1, deve essere stabile e non precaria (15). Questo requisito non sarebbe soddisfatto da un contratto di lavoro a termine. Inoltre, l'attività lavorativa del ricorrente nel procedimento a quo sarebbe consistita in compiti meramente marginali, per i quali non vi era domanda e che non avrebbero potuto essere svolti altrimenti, e la cui retribuzione, quindi, avrebbe dovuto essere pagata con fondi pubblici. Il suo datore di lavoro non sarebbe stato in concorrenza con altri operatori, in quanto non era consentita la creazione di un mercato del lavoro parallelo a quello generale.

15 La Repubblica ellenica sostiene che è necessario esaminare, per ciascun caso, se lo Stato membro ospite intendesse inizialmente integrare un lavoratore turco nel proprio mercato del lavoro (16). L'attività lavorativa svolta in forza del BSHG non sarebbe stata intesa a consentire l'ingresso diretto del ricorrente nel procedimento a quo nel mercato del lavoro tedesco, quanto piuttosto a garantire che egli non dipendesse dall'aiuto sociale e ad integrarlo infine nel normale mercato del lavoro. All'udienza, il rappresentante della Repubblica ellenica ha sostenuto anche che il lavoro del ricorrente nel procedimento a quo non aveva un reale valore economico, era instabile e precario in quanto meramente temporaneo e non soddisfaceva le condizioni indicate dalla Corte nella sentenza Günaydin (17), che ha distinto il normale rapporto di lavoro da un programma di formazione finanziato con fondi pubblici.

16 La Commissione propone un esame di tre presupposti per l'applicazione dell'art. 6, n. 1, della decisione. Uno di essi costituirebbe l'oggetto della questione deferita e la Commissione non ritiene che il ricorrente nel procedimento a quo la soddisfi. Riguardo all'esame del primo presupposto, relativo al punto se il ricorrente nel procedimento a quo sia un lavoratore, la Commissione sostiene che va applicato analogicamente, nei limiti del possibile, l'art. 48 del Trattato (18) e propugna un'interpretazione restrittiva della sentenza Bettray, date le circostanze particolari di quella causa (un tossicodipendente che partecipava ad un programma di lavoro specificamente istituito per soggetti che non erano in grado di lavorare in condizioni normali). Il ricorrente nel procedimento a quo soddisfaceva le normali condizioni, previste dall'art. 48, di subordinazione e di retribuzione da parte di un datore di lavoro, il suo lavoro aveva un certo valore economico ed era più che meramente marginale.

17 Nel caso in esame, anche il terzo presupposto, relativo ai requisiti di cui ai capoversi dell'art. 6, n. 1, secondo cui un cittadino turco dev'essere stato regolarmente assunto per uno dei tre periodi specificati, è soddisfatto.

18 A parere della Commissione, tuttavia, il secondo presupposto, il più importante tra quelli enunciati dall'art. 6, n. 1, della decisione, relativo all'inserimento nel mercato del lavoro, non è soddisfatto. Esso non potrebbe far riferimento al requisito secondo il quale l'inserimento nel mercato del lavoro deve semplicemente essere regolare, in quanto tale inserimento presupporrebbe l'esistenza di un'occupazione regolare. La condizione dovrebbe pertanto essere intesa come riferita ad una reale attività economica, contrapposta ad un'attività artificiale interamente finanziata con fondi pubblici per fini sociali e non soggetta a concorrenza economica. La Commissione osserva che tale condizione non era prevista dalla decisione n. 2/76 ed è stata omessa da accordi più recenti con i paesi dell'Europa centrale ed orientale, che attribuiscono ai lavoratori diritti di libera circolazione più limitati di quelli conferiti dall'accordo e dalla decisione.

Analisi

19 E' opportuno ribadire anzitutto l'impostazione generale adottata dalla Corte nell'interpretazione e nell'applicazione dell'art. 6 della decisione. La Corte ha costantemente dichiarato che l'art. 6, n. 1, della decisione è direttamente efficace negli Stati membri e pertanto i cittadini turchi che rispondano ai requisiti ivi indicati possono far valere direttamente i diritti loro attribuiti dai singoli capoversi di tale disposizione (19).

20 Alla luce dell'affermazione contenuta nel suo terzo `considerando', secondo cui la decisione è volta a migliorare, nel settore sociale, il regime di cui beneficiano i lavoratori e i loro familiari, le disposizioni del capitolo II, sezione 1, della decisione, in cui è inserito l'art. 6, costituiscono una tappa supplementare verso la realizzazione della libera circolazione dei lavoratori, ispirandosi agli artt. 48, 49 e 50 del Trattato. La Corte ha pertanto ritenuto indispensabile applicare, nei limiti del possibile, ai lavoratori turchi che fruiscono dei diritti conferiti dalla decisione, i principi sanciti nell'ambito dei detti articoli del Trattato (20). Tuttavia, la decisione non incide sul potere degli Stati membri di disciplinare tanto l'ingresso sul proprio territorio dei cittadini turchi quanto le condizioni della loro prima occupazione, bensì si limita a disciplinare, segnatamente all'art. 6, la posizione dei lavoratori turchi già regolarmente inseriti nel mercato del lavoro degli Stati membri (21).

21 Rivolgerò ora l'attenzione ai requisiti che un cittadino turco deve soddisfare per potersi avvalere dell'art. 6, n. 1, della decisione. Sulla base della semplice lettura della disposizione, tali requisiti sono tre, sostanzialmente quelli proposti dalla Commissione (22). In primo luogo, il cittadino turco deve essere un «lavoratore». In secondo luogo, dev'essere «regolarmente inserito nel mercato del lavoro dello Stato membro ospitante». Traducendo liberamente dalle versioni francese, tedesca e italiana della decisione, egli deve essere inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro o, se si considerano le versioni danese e olandese, nel mercato del lavoro legale. In terzo luogo, egli dev'essere regolarmente assunto per uno dei tre periodi previsti, ciascuno dei quali dà origine a taluni diritti di accesso ad ulteriori impieghi. Nella presente causa, il ricorrente nel procedimento a quo fa valere un anno di occupazione regolare, che gli darebbe diritto al rinnovo del permesso di lavoro per lo stesso datore, sempreché sia soddisfatto il secondo requisito.

22 Tutti e tre questi requisiti, semanticamente distinti, presentano un nesso con il lavoro o l'impiego. Non sorprende pertanto, che, nella pratica, la Corte abbia talora ritenuto simultaneamente soddisfatti più di uno dei suddetti requisiti, o ne abbia interpretato uno alla luce dell'altro. Così, nella sentenza Sevince, la Corte ha affermato che la regolarità dell'occupazione «presuppone una situazione stabile e non precaria sul mercato del lavoro in uno Stato membro» (23), il che risulta, in parte, un doppione del secondo requisito (24). La Corte, probabilmente, ha analizzato la questione come se fosse riferita alla regolarità dell'occupazione in quanto, per attribuire diritti in forza dell'art. 6, n. 1, era necessario stabilire se fosse possibile conteggiare i periodi di occupazione nei quali la situazione del lavoratore sul mercato del lavoro era instabile e precaria. Il requisito consistente nell'esistenza di una situazione stabile e non precaria non è soddisfatto qualora il diritto di soggiorno sia meramente provvisorio, in pendenza di una decisione finale su un iniziale diniego di un permesso di soggiorno (25), o qualora il permesso di soggiorno sia stato ottenuto con la frode (26).

23 Gli elementi in base ai quali la Corte decide che un cittadino turco è un lavoratore saranno spesso sufficienti, in mancanza di circostanze particolari, anche perché siano soddisfatti il secondo e il terzo requisito. Così, nelle sentenze Günaydin e Ertanir, non vi era alcun dubbio sul fatto che i cittadini turchi in questione fossero lavoratori, ma la Corte ha fatto ricorso a un esame molto simile a quello utilizzato per definire un lavoratore ai sensi dell'art. 48 del Trattato, elaborata in cause quali Lawrie-Blum (27) e Le Manoir (28) per valutare il secondo requisito di cui all'art. 6, n. 1, quello riguardante l'inserimento nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro. Essa ha affermato che «si deve poi stabilire se il lavoratore sia vincolato da un rapporto di lavoro che implica l'esercizio, nell'interesse di un'altra persona e sotto la direzione di quest'ultima, di un'attività economica reale ed effettiva, in contropartita della quale egli percepisce una retribuzione» (29).

24 Tuttavia, ciascuno dei tre requisiti di cui all'art. 6, n. 1, della decisione ha, a mio parere, contenuto diverso, come tenterò ora di spiegare in termini generali prima di rivolgere l'attenzione alle circostanze peculiari del caso in esame. In senso ampio, l'esame effettuato alla luce dell'art. 48 del Trattato serve a stabilire se un cittadino turco sia un lavoratore. Ciò è coerente con il criterio secondo cui, ai sensi dell'art. 12 dell'accordo, la decisione va interpretata, per quanto possibile, sulla base delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di circolazione dei lavoratori. Ciò, ovviamente, implica anche la definizione della questione relativa all'effetto delle sentenze relative all'art. 48, quale la sentenza Bettray (30), nel contesto della decisione.

25 La sentenza Bettray riguardava un tossicodipendente che aveva preso parte ad un programma previsto dalla legge olandese sul collocamento sociale per soggetti «che, per una durata indeterminata, non [erano] in grado di lavorare in condizioni normali per fattori dipendenti dalle loro condizioni» (31). La Corte ha affermato che «né una maggiore o minore produttività né l'origine finanziaria della retribuzione possono in qualche modo condizionare il riconoscimento ad una persona dello status di lavoratore» (32). Tuttavia, nel caso in cui imprese o associazioni di lavoro siano state istituite soltanto per svolgere un'attività che serva come «strumento per la rieducazione o il reinserimento degli interessati», e qualora tale attività sia stata «modellat[a] sulle capacità fisiche e psichiche del singolo» al fine di mantenere, recuperare o promuovere la sua abilità al lavoro, a differenza di quanto avviene per i soggetti «selezionati in base alla capacità di svolgere una data attività lavorativa», non si può affermare che esista un'attività economica reale ed effettiva (33). Poiché il presupposto dell'inserimento nel mercato del lavoro nella sentenza Günaydin è per lo più identica alla definizione comunitaria di lavoratore, e poiché in quella causa la Corte ha strutturato l'esame di tale presupposto mediante richiamo alla formazione professionale e a programmi d'integrazione nella forza lavoro, è più appropriato considerare l'applicazione concreta della sentenza Bettray nell'analisi della prima sentenza che svolgerò più avanti, in relazione al secondo requisito.

26 Considerando brevemente il terzo requisito, quello della regolare occupazione, e sempre che sia stato soddisfatto il secondo requisito, che nel caso in esame è cruciale, esso pare richiedere, in aggiunta, soltanto che l'impiego per uno dei periodi specificati non sia stato irregolare, nel senso che non sia stato illecito, contrario ad alcuna delle condizioni relative al permesso di soggiorno o altrimenti illegittimo (34). Non vi è alcuna indicazione che il ricorrente nel procedimento a quo non soddisfi tale requisito.

27 La questione, nel caso in esame, è incentrata sul secondo requisito di cui all'art. 6, n. 1, della decisione, quello dell'inserimento nel (regolare o legale) mercato del lavoro di uno Stato membro (35). Alcuni degli elementi necessari per soddisfare questo requisito sono già stati individuati dalla giurisprudenza. Naturalmente, rientra sempre nella competenza del giudice nazionale stabilire, alla luce della giurisprudenza della Corte e dell'interpretazione fornita nelle relative pronunce pregiudiziali, se uno specifico caso soddisfi questo requisito. Si deve anzitutto stabilire se il rapporto giuridico di lavoro dell'interessato possa essere ubicato nel territorio di uno Stato membro o se conservi un nesso abbastanza stretto col detto territorio (36). Come abbiamo visto, la situazione del lavoratore in quanto membro del mercato del lavoro deve essere anche stabile e non precaria, in particolare per quanto riguarda il permesso di soggiorno nello Stato membro in questione, prima di acquisire i diritti di soggiorno complementari ai diritti di cui all'art. 6, n. 1 (37). Nessuna di tali condizioni costituisce un problema nel caso in esame. A mio parere, non si deve ritenere che il carattere temporaneo del contratto stipulato dal ricorrente nel procedimento a quo indichi che la sua situazione sul mercato del lavoro era instabile o precaria. Questo requisito, come delineato dalla giurisprudenza, riguarda la situazione del lavoratore sul mercato del lavoro considerata nel suo complesso, avuto riguardo, in particolare, a difficoltà relative al permesso di soggiorno, piuttosto che alla natura di uno specifico contratto di lavoro.

28 Si è sostenuto, soprattutto alla luce di una possibile interpretazione dei testi francese e tedesco dell'art. 6, n. 1, della decisione, che il requisito secondo cui i lavoratori debbono essere inseriti nel «regolare» mercato del lavoro (38) va inteso come riferito ad un presunto mercato «normale» o «generale» del lavoro, piuttosto che ad uno «artificiale» e, in particolare, che il carattere normale di un dato posto di lavoro va stabilito avendo riguardo al punto se esso sia finanziato con fondi pubblici, se abbia obiettivi essenzialmente sociali, quali l'integrazione dei lavoratori nel mercato, se le mansioni di cui trattasi siano marginali o complementari, se siano svolte nel pubblico interesse, se non sarebbero svolte normalmente secondo i principi del libero mercato di offerta e domanda, se si pongano al di fuori dell'ambito della normale concorrenza tra imprese e tra lavoratori e se abbiano carattere meramente temporaneo.

29 Un esame effettuato con alcune di queste caratteristiche precise, che analizzerò più avanti, è stato elaborato nella sentenza Günaydin, in cui la Corte ha considerato l'esistenza di un «normale rapporto di lavoro» (39). Come si vedrà, non penso che un normale rapporto di lavoro possa essere automaticamente equiparato a ciò che si è ritenuto costituire il normale mercato del lavoro. Tuttavia, è importante individuare la ragione per la quale è stato elaborato questo criterio di valutazione. Alla luce della struttura della decisione e della giurisprudenza, l'elemento fondamentale del requisito dell'essere «inserito nel [regolare o legale] mercato del lavoro» è, a mio parere, che il lavoratore in questione sia assunto o disponibile all'assunzione e che abbia assolto le formalità all'uopo prescritte dal diritto nazionale (40).

30 Il requisito per il quale il lavoratore turco deve essere in regola con tali formalità riflette il requisito espresso dell'inserimento di cui alla versione in lingua inglese dell'art. 6, n. 1, e fornisce anche una persuasiva interpretazione alternativa del termine «regolare», che compare in alcune altre versioni linguistiche. Una lettura dell'art. 6, n. 1, della decisione alla luce dell'art. 8 dimostra che il requisito dell'iscrizione forma parte integrante di un programma generale di supervisione e coordinamento dell'offerta di lavoro disponibile. Tale impressione è rafforzata dal riferimento, contenuto nel secondo trattino dell'art. 6, n. 1, alla candidatura dei lavoratori turchi, dopo tre anni di regolare impiego e fatta salva la precedenza da accordare ai lavoratori comunitari, ad un altro posto di lavoro la cui offerta «sia registrata presso gli uffici di collocamento dello Stato membro». Anche l'applicazione della disposizione di cui all'art. 10, relativo alla parità di trattamento per quanto riguarda la retribuzione e le altre condizioni di lavoro, è facilitata dalla registrazione dei lavoratori turchi. L'art. 6, n. 2, della decisione presuppone che un lavoratore turco involontariamente disoccupato, il cui periodo di disoccupazione sia «debitamente constatato dalla autorità competenti», rimanga, almeno per un periodo, regolarmente inserito nel mercato del lavoro di uno Stato membro, in quanto ciò gli consente di conservare i diritti acquisiti nel precedente periodo di occupazione. Un'interpretazione del termine «régulier», che appare nella versione in lingua francese, come riferita all'assolvimento delle formalità imposte per legge o per regolamento è corroborata dall'impiego del medesimo termine in relazione al terzo requisito, «emploi régulier», reso in inglese con «legal employment». La versione in lingua francese dell'art. 8 della decisione fa riferimento anche a «chômage régulier». Qualunque sia la distinzione che è possibile formulare tra soggetti occupati in lavori «regolari» sul libero mercato e soggetti che svolgono altre attività, nessuna distinzione del genere può essere formulata in relazione ai disoccupati. Inoltre, i riferimenti al regolare mercato del lavoro nelle versioni danese e olandese dell'art. 6, n. 1, della decisione implicano che tale condizione riguardi la conformità a requisiti formali previsti dalla legge, piuttosto che alle «leggi» del mercato.

31 Quest'impostazione trova riscontro anche nella giurisprudenza della Corte. Nella sentenza Bozkurt, la Corte ha affermato che l'art. 6, n. 2, della decisione «presuppon[e] necessariamente l'idoneità [al lavoro]» (41) e che, «in caso di inabilità al lavoro duratura, il lavoratore non sarebbe più disponibile sul mercato del lavoro e non sussisterebbe nessun interesse oggettivamente giustificato a garantirgli il diritto di accesso al mercato del lavoro e il diritto di soggiorno accessorio» (42). In caso di inabilità totale e permanente al lavoro, o di altri fattori quali il collocamento a riposo, l'art. 6 della decisione «non riguarda la situazione del cittadino turco che abbia definitivamente abbandonato il mercato del lavoro» (43).

32 Nella sentenza Tetik la Corte ha affermato che qualora un lavoratore turco, dopo avere svolto un lavoro per quattro anni, abbandoni volontariamente la sua attività lavorativa per cercarne un'altra nello stesso Stato membro, «non si può desumere automaticamente che tale lavoratore abbia abbandonato definitivamente il mercato del lavoro di tale Stato, a condizione, però, che continui ad esservi inserito nel regolare mercato del lavoro, ai sensi dell'art. 6, n. 1, initio» (44). La Corte ha inoltre affermato:

«Ora, in una situazione come quella della causa principale, in cui il lavoratore turco non riesce ad avviare un nuovo rapporto di lavoro subito dopo aver abbandonato il suo impiego precedente, tale condizione continua in linea di principio ad essere soddisfatta solo se l'interessato, che si ritrova disoccupato, assolva tutte le formalità eventualmente richieste nello Stato membro interessato, ad esempio iscrivendosi nel detto Stato all'ufficio di collocamento e rimanendo a disposizione di quest'ultimo durante il periodo stabilito.

Tale condizione consente del resto di garantire che, durante il termine ragionevole che deve essergli concesso affinché possa impegnarsi in un nuovo rapporto di lavoro, il cittadino turco non abusi del diritto di soggiorno nello Stato membro di cui trattasi, ma si ponga effettivamente alla ricerca di una nuova occupazione» (45).

33 Da questa giurisprudenza e dalla lettura contestuale dell'art. 6, n. 1, emerge che il requisito per il quale i lavoratore turco dev'essere inserito nel regolare mercato del lavoro comprende elementi collegati formali e sostanziali. Il lavoratore dev'essere in regola con tutte le formalità relative all'iscrizione come soggetto occupato o (per un periodo di tempo ragionevole) disoccupato, e dev'essere disponibile e alla ricerca di occupazione nel caso in cui sia temporaneamente disoccupato.

34 Ciò mi induce a prendere in considerazione la sentenza Günaydin. In essa, la Corte ha individuato criteri che, apparentemente, risultano in parte più importanti in relazione ai fatti, assai diversi, del caso in esame rispetto al risultato raggiunto in quella causa. La sentenza Günaydin riguardava il diniego di un permesso di soggiorno illimitato ad un lavoratore turco cui era stato consentito di entrare in Germania per motivi di studio e più tardi di rimanervi unicamente per addestrarsi ed acquisire esperienza presso lo stabilimento di un'impresa tedesca. Durante i suoi quattro anni di lavoro, egli era divenuto un collaboratore prezioso dell'impresa, un elemento che sarebbe stato impossibile sostituire.

35 L'avvocato generale Elmer ha sostenuto che occorreva compiere una distinzione tra, da un lato, un'occupazione lavorativa e, dall'altro, la formazione di carattere teorico o scolastico, argomentando che coloro che erano impegnati nella seconda non potevano essere considerati inseriti nel mercato del lavoro (46). La nozione del regolare inserimento nel mercato del lavoro di uno Stato membro doveva, a suo parere, essere abbastanza ampia da includere un'attività comprendente elementi di formazione. Egli ha ritenuto che un impiego retribuito non rientrasse nella suddetta nozione soltanto quando si trattava di un lavoro pratico facente parte di un ciclo di formazione in senso stretto (47). Tutto indicava che il signor Günaydin svolgesse un lavoro normale, piuttosto che, ad esempio, un apprendistato, in quanto egli era stato assunto in base a condizioni normali, percepiva una retribuzione normale, non riceveva alcun tipo di sostegno allo studio da parte dello Stato ed era stato assunto per una durata di diversi anni (48).

36 Ho già osservato che nella sentenza Günaydin la Corte ha applicato, quale criterio per stabilire se un lavoratore fosse inserito nel mercato del lavoro di uno Stato membro, quello del «se il lavoratore sia vincolato da un rapporto di lavoro che implica l'esercizio, nell'interesse di un'altra persona e sotto la direzione di quest'ultima, di un'attività economica reale ed effettiva, in contropartita della quale egli percepisce una retribuzione» (49). E' nel contesto di una distinzione tra formazione professionale (50) e inserimento di un lavoratore turco nel mercato del lavoro che la Corte ha affermato:

«Ciò nondimeno, in un caso come quello in esame nel procedimento nazionale, il lavoratore turco che, al termine della sua formazione professionale, svolge un'attività di lavoro subordinato al solo scopo di addestrarsi e prepararsi ad assumere funzioni direttive in una società controllata dall'impresa che lo ha assunto va considerato vincolato da un normale rapporto di lavoro quando, nell'esercizio delle attività economiche che egli svolge in modo reale ed effettivo nell'interesse e sotto la direzione del suo datore di lavoro, fruisce delle medesime condizioni lavorative e retributive di quelle spettanti ai lavoratori che esercitano, nell'impresa di cui trattasi, attività economiche identiche o simili e quando, di conseguenza, la sua situazione non si differenzia oggettivamente da quella di questi ultimi lavoratori» (51).

37 In altre parole, il semplice fatto che l'impiego sia inteso unicamente a qualificare il lavoratore per svolgere un'attività all'interno dell'impresa non priva detto impiego del carattere di «rapporto di lavoro». Tuttavia, l'intendimento della Corte restringe chiaramente la semplice applicazione della definizione di lavoratori ai sensi del diritto comunitario al secondo dei requisiti di cui all'art. 6, n. 1, della decisione, in quanto i livelli retributivi e le condizioni di lavoro sono considerati fattori importanti per valutare l'esistenza di un rapporto di lavoro. L'importanza dei livelli retributivi è stata esplicitamente esclusa dalla Corte, in relazione all'art. 48, nella sentenza Lawrie-Blum (52). La divergenza può essere spiegata dal fatto che, contrariamente alla posizione assunta in quest'ultima causa, nella sentenza Günaydin la Corte ha apparentemente escluso la possibilità dell'inserimento nel mercato (regolare o legale) del lavoro ai sensi dell'art. 6, n. 1 della decisione, nel caso di un'attività atta a consentire alla persona interessata di essere ritenuta un lavoratore nel contesto comunitario, se tale attività veniva svolta nell'ambito di un «programma di formazione professionale specifica» (53).

38 Si deve inoltre osservare che il concetto di «normale rapporto di lavoro» espresso dalla Corte nella sentenza Günaydin non è in alcun modo connesso all'effettivo valore economico del lavoro in questione, se non in quanto si riflette sulla retribuzione versata per esso. Non è stato fatto alcun tentativo di distinguere tra mansioni svolte in risposta al libero gioco della domanda e dell'offerta e quelle che comprendono un elemento di utilità sociale. L'intendimento proposto dalla Commissione e dagli Stati membri che hanno presentato osservazioni, andando al di là della semplice constatazione dell'esistenza di un'attività economica e di un rapporto di lavoro subordinato e retribuito con uno specifico datore di lavoro, verificabile caso per caso, nell'intento di prendere in esame la possibilità di conservare il rapporto di lavoro in condizioni del libero mercato nel presunto normale mercato del lavoro, non sarebbe attuabile in concreto. Esso trascura il fatto che, a parte l'impegno pubblico e filantropico in quanto tale, buona parte dell'attività economica apparentemente retta dalle leggi di mercato dipende da sovvenzioni o da appalti pubblici, dalla fornitura di infrastrutture pubbliche, dal collocamento di forza lavoro addestrata, e così via, così che le «normali» condizioni del mercato, lato sensu, non sono facilmente identificabili nel contesto di un singolo caso. In ogni modo, l'intendimento propugnato non mi pare rifletta i testi danese, inglese e olandese della decisione.

39 Nella sentenza Günaydin la Corte ha inoltre affermato:

«A tale riguardo, spetta al giudice nazionale stabilire se ricorra tale presupposto, accertando in particolare se il lavoratore non sia stato assunto in base ad una normativa nazionale in deroga al diritto comune, mirante specificamente al suo inserimento nella vita lavorativa, e se egli percepisca, come corrispettivo delle sue prestazioni, una retribuzione che corrisponde per importo a quella generalmente versata dal datore di lavoro di cui trattasi o nel settore in questione alle persone che esercitano attività economiche identiche o comparabili e che non è finanziata in misura prevalente mediante fondi pubblici nell'ambito di un programma specifico finalizzato all'inserimento dell'interessato nella vita attiva» (54).

40 Il riferimento alla normativa nazionale in deroga pare attribuire qualche rilevanza allo status di un rapporto di lavoro in base al diritto nazionale del lavoro (55). I richiami alla normativa «mirante specificamente al suo inserimento nella vita lavorativa» e, soprattutto, alla retribuzione «che non è finanziata in misura prevalente mediante fondi pubblici nell'ambito di un programma specifico finalizzato all'inserimento dell'interessato nella vita attiva», pare estraneo alle circostanze della causa Günaydin. Non risultava che il signor Günaydin fosse stato assunto in forza di una siffatta normativa o nel contesto di un tale programma.

41 Nel dispositivo della sentenza Günaydin la Corte ha affermato che l'art. 6, n. 1, della decisione «dev'essere interpretato nel senso che il cittadino turco che abbia legalmente svolto in uno Stato membro, per un periodo ininterrotto di più di tre anni, un'attività economica reale ed effettiva alle dipendenze di un solo e medesimo datore di lavoro e la cui situazione professionale non si differenzi oggettivamente da quella degli altri lavoratori dipendenti occupati presso lo stesso datore di lavoro o nel settore di cui trattasi e che esercitano mansioni identiche o comparabili, è inserito nel regolare mercato del lavoro di tale Stato ed esercita un regolare impiego, ai sensi della detta disposizione».

42 L'elemento centrale del criterio seguito nella sentenza Günaydin è, quindi, relativo al punto se il rapporto di lavoro in discussione debba riguardare «un'attività economica reale ed effettiva», lo stesso utilizzato dalla Corte nella sentenza Bettray. La sua applicazione in quest'ultima causa escludeva dalla categoria dei lavoratori ai sensi del diritto comunitario i soggetti che, per una durata indeterminata, non erano in grado di lavorare in condizioni normali ed erano stati assunti in forza della legge sul collocamento sociale. In quella causa, come nella presente, il programma di collocamento era finanziato con fondi pubblici (sebbene nella sentenza Bettray la Corte abbia affermato che ciò è normalmente irrilevante).

43 Spetta al giudice nazionale valutare se il lavoro svolto dal ricorrente presso il Centro culturale costituisca «un'attività economica reale ed effettiva», avuto riguardo alle questioni se il lavoro avesse funzione essenzialmente riabilitativa, come nella causa Bettray, o se costituisse semplicemente una forma di «formazione professionale specifica». Nessuno degli indizi menzionati dalla Corte al punto 34 della sentenza Günaydin è di per sé decisivo, né essi debbono essere necessariamente considerati esaustivi. Pertanto, se l'elemento del finanziamento pubblico costituisce un elemento importante, il giudice nazionale dovrebbe anche valutare se l'attività svolta procuri un effettivo vantaggio al datore di lavoro e, come la Corte ha indicato nella sentenza Günaydin, se le condizioni retributive, comprese quelle relative alle detrazioni per i contributi sociali e gli altri contributi, siano uguali o simili a quelle gravanti sui lavoratori dello stesso settore. Il fatto che l'accesso al programma Werkstatt Bremen sia ristretto ad un numero limitato di persone non è, a mio parere, rilevante laddove le caratteristiche oggettive dell'attività da esse svolta siano analoghe a quelle delle attività di altri lavoratori (56). Ritengo importante che il ricorrente fosse retribuito con uno stipendio stabilito in conformità del contratto collettivo per i lavoratori del settore pubblico e che la sua retribuzione fosse soggetta alle detrazioni per l'imposta sul reddito da lavoro, la soprattassa di solidarietà ed i contributi alle assicurazioni malattia, vecchiaia e disoccupazione. Risulta, inoltre, che il ricorrente beneficiava dello status di lavoratore subordinato ai sensi del diritto del lavoro nazionale in quanto la deroga in forza del § 19, n. 3, del BSHG pare applicabile soltanto ai soggetti cui viene erogato il sussidio per il sostentamento.

44 Non ritengo si debba attribuire importanza decisiva al fatto che l'attività lavorativa rientrante nel programma potesse considerarsi complementare, vale a dire che essa non potrebbe essere svolta al di fuori del programma, in quanto ciò, come ho rilevato, estende il campo d'analisi dal carattere del singolo rapporto di lavoro ad una valutazione della possibilità di conservare un rapporto di lavoro nel libero mercato, il che non è consentito né dal testo o dalla struttura generale della decisione, né dalla giurisprudenza. Non si può ritenere, in linea di principio, che un lavoratore generico o un sorvegliante non svolga un'attività utile e di valore. Analogamente, nonostante il fatto che un programma di collocamento che abbia l'obiettivo di integrare i partecipanti nel mercato del lavoro possa far sì che un lavoratore non sia ancora disponibile al lavoro o in grado di esercitare un'attività economica reale ed effettiva, o sia semplicemente impegnato in un tipo di formazione professionale, l'obiettivo della riabilitazione e dell'integrazione sarebbe decisivo, a mio parere, solo qualora i fatti fossero analoghi a quelli di cui alla causa Bettray.

45 Vi sono numerose differenze rispetto al programma di riabilitazione in discussione nella causa Bettray. Sebbene il ricorrente nel procedimento a quo sia carente di qualifiche formali, non vi è alcuna indicazione nel senso che egli sia, a tempo indeterminato, inabile al lavoro, che il suo datore di lavoro abbia intrapreso l'attività al solo scopo di assumere soggetti nella sua situazione, né che l'impiego presso il Centro culturale fosse stato ideato avendo riguardo più alle sue capacità che alle esigenze del Centro. Benché il progetto cui egli ha preso parte comprendesse un programma volto a tutelare i soggetti coinvolti e soprattutto a consentire loro di beneficiare del sussidio di sostentamento, egli è stato invece inserito in un programma di apprendistato più generale, retribuito normalmente, con lo scopo di permettergli di trovare un altro posto di lavoro subito dopo la cessazione del programma. Ha rilevanza anche il fatto che al ricorrente nel procedimento a quo sia stato offerto un altro impiego analogo dal Centro culturale stesso al termine del programma Werkstatt Bremen, nonostante il fatto che, all'apparenza, il Centro non fosse originariamente in grado di assumerlo a tempo pieno al di fuori dell'ambito di quel progetto.

46 Riguardo alla questione se l'attività svolta dal ricorrente nel procedimento a quo vada considerata semplicemente come un tipo di formazione professionale con un elemento pratico, è degno di nota il fatto che egli svolgeva mansioni che per il suo datore di lavoro rivestivano presumibilmente un valore economico. Non risulta vi fosse alcun elemento formativo di tipo scolastico o teorico (57). Lo strumento principale per perseguire lo scopo dell'inserimento nel mercato del lavoro risulta essere l'esperienza acquisita sul posto di lavoro. Inoltre, la Germania ha affermato che le attività comprese nel programma Werkstatt Bremen, nell'ambito di quanto previsto dal § 19 del BSHG, erano state ideate per riprodurre il più possibile le normali condizioni di lavoro, così che in pratica potrebbe non esservi stata alcuna differenza apparente tra la situazione del ricorrente e quella di altri lavoratori.

47 In breve, risolverei la questione deferita dal giudice nazionale nel senso che un lavoratore turco, quale il ricorrente nel procedimento a quo, che sia stato legalmente assunto come lavoratore generico in forza di un programma istituito ai sensi del § 19 del BSHG finanziato prevalentemente con fondi pubblici deve essere considerato inserito nel regolare mercato del lavoro dello Stato membro in questione qualora il suo lavoro abbia costituito un'attività economica reale ed effettiva, abbia procurato al datore di lavoro un vantaggio effettivo, equiparabile a quello prodotto da altri lavoratori che esercitano mansioni analoghe o comparabili e la retribuzione e le altre condizioni fossero paragonabili a quelle spettanti ai lavoratori occupati presso lo stesso datore di lavoro o nel medesimo settore.

Conclusione

48 Pertanto, propongo alla Corte di risolvere la questione deferita dal Verwaltungsgericht della Libera Città Anseatica di Brema nel modo seguente:

Un lavoratore turco regolarmente assunto nell'ambito di un programma istituito al fine di migliorare l'inserimento dei partecipanti alla vita lavorativa e finanziato prevalentemente con fondi pubblici va considerato regolarmente inserito nel mercato del lavoro dello Stato membro in questione ai sensi dell'art. 6, n. 1, della decisione 19 settembre 1980, n. 1/80, relativa allo sviluppo dell'associazione, adottata dal Consiglio di associazione, qualora il suo lavoro costituisca un'attività economica reale ed effettiva, procuri un effettivo vantaggio al datore di lavoro, equiparabile a quello degli altri lavoratori che svolgono mansioni analoghe o comparabili e la retribuzione e le altre condizioni di lavoro siano paragonabili a quelle spettanti ai lavoratori occupati presso lo stesso datore di lavoro o nel medesimo settore.

(1) - Sentenza 30 settembre 1997, causa 36/96, Günaydin (Racc. pag. I-5143).

(2) - Art. 12 dell'accordo che crea un'associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia sottoscritto ad Ankara il 12 settembre 1963 dalla Repubblica di Turchia, dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, e concluso, approvato e confermato a nome della Comunità con decisione del Consiglio 23 dicembre 1963, 64/732/CEE (GU 1964, n. 217, pagg. 3685), in prosieguo: l'«accordo»).

(3) - Il Consiglio di associazione è stato istituito dall'art. 6 dell'accordo; l'art. 22, n. 1, dell'accordo conferisce ad esso il potere di adottare decisioni nei casi previsti dall'accordo. L'art. 12 dell'accordo è integrato dall'art. 36 del protocollo addizionale, sottoscritto il 23 novembre 1970, allegato all'accordo e formalizzato con regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 2760 (GU L 293, pag. 1), che prevede la graduale realizzazione della libera circolazione dei lavoratori fra gli Stati membri della Comunità e la Turchia, e dispone che «il Consiglio di associazione stabilirà le modalità all'uopo necessarie».

(4) - Sentenza Günaydin, citata, punto 22.

(5) - Consiglio delle Comunità europee, «Accordo d'associazione CEE-Turchia e protocolli e altri testi di base (Ufficio pubblicazioni delle Comunità europee, Bruxelles e Lussemburgo, 1992), pag. 327.

(6) - Sentenza 6 giugno 1995, causa C-434/93, Bozkurt (Racc. pag. I-1475, in prosieguo: la «causa Bozkurt») l'avvocato generale Elmer ha osservato, al paragrafo 9 delle sue conclusioni, che le differenze tra la decisione n. 2/76 e la decisione «sono di ordine meramente redazionale», sebbene le disposizioni della seconda siano «formulate in modo più chiaro».

(7) - Danese: «med tilknytning til det lovlige arbejdsmarked i en bestemt medlemsstat»; tedesco: «der dem regulären Arbeitsmarkt eines Mitgliedstaats angehört»; francese: «appartenant au marché régulier de l'emploi d'un État membre»; inglese: «duly registered as belonging to the labour force of a Member State»; olandese «die tot de legale arbeidsmarkt van een Lid-Staat behoort». La decisione non è stata ancora pubblicata nelle altre lingue ufficiali della Comunità.

(8) - Danese: «lovlig beskæftigelse»; tedesco: «ordnungsgemäße Beschäftigung»; francese: «emploi régulier»; inglese: «legal employment»; olandese: «legale arbeid».

(9) - Affermazione formulata all'udienza dal rappresentante della Germania.

(10) - Ibid.

(11) - In particolare, l'Ausländergesetz (legge sugli stranieri) e l'Arbeitsaufenthaltsverordnung (regolamento in materia di soggiorno per motivi di lavoro).

(12) - Loc. cit., punto 27.

(13) - Da una lettura delle osservazioni formulate dalla Germania risulta che tale affermazione è fondata su un'errata interpretazione del BSHG, in quanto questo status viene negato soltanto se colui che partecipa al programma di collocamento continua in questo periodo a ricevere l'assistenza sociale, il che non avviene nel caso in esame.

(14) - Sentenza 31 maggio 1989, causa 344/87, Bettray (Racc. pag. 1621, punti 17-19, in prosieguo: la «sentenza Bettray»).

(15) - Ibid., punti 26 e 27.

(16) - Essa richiama il fatto che gli Stati membri possono definire le condizioni alle quali i cittadini turchi entrano nel loro mercato del lavoro: v. sentenza 16 dicembre 1992, causa C-237/91, Kus (Racc. pag. I-6781, punto 25, in prosieguo: la «sentenza Kus»).

(17) - Loc. cit., punti 33 e 34.

(18) - Sentenze Bozkurt, citata, punto 20; 23 gennaio 1997, causa C-171/95, Tetik (Racc. pag. I-329, punto 28, in prosieguo: la «sentenza Tetik»).

(19) - Sentenze 20 settembre 1990, causa C-192/89, Sevince (Racc. pag. I-3461, punto 26); 5 ottobre 1994, causa C-355/93, Eroglu (Racc. pag. I-5113, punto 11, in prosieguo: la «sentenza Eroglu»); Günaydin, citata, punto 24; 30 settembre 1997, causa C-98/96, Ertanir (Racc. pag. I-5179, punto 24).

(20) - Sentenze Bozkurt, citata, punti 14, 19 e 20; Tetik, citata, punto 20; Günaydin, citata, punti 20 e 21; Ertanir, citata alla nota precedente, punti 20 e 21.

(21) - Sentenze Kus, citata, punto 25; Günaydin, citata, punto 23; Ertanir, citata, punto 23.

(22) - V. altresì conclusioni dell'avvocato generale Darmon nella causa Eroglu, citata, paragrafo 19.

(23) - Loc. cit., punto 30; v. altresì sentenza Bozkurt, citata, punto 26.

(24) - In un ulteriore esempio, nella causa Eroglu l'avvocato generale Darmon sembra aver fuso il secondo e il terzo requisito, affermando che per stabilire se un lavoratore sia regolarmente inserito nel mercato del lavoro è importante che «il lavoratore sia `in regola' con le leggi dello Stato membro ospitante», parendo così fare riferimento al testo tedesco dell'art. 6, n. 1, relativo alla regolarità dell'occupazione («ordnungsgemäße Beschäftigung», il corsivo è mio in entrambi i casi).

(25) - Ibid., punto 31.

(26) - Sentenza 5 giugno 1997, causa C-285/95, Kol (Racc. pag. I-3069).

(27) - Sentenza 3 luglio 1986, causa C-66/85 (Racc. pag. 2121).

(28) - Sentenza 21 novembre 1991, causa C-27/91 (Racc. pag. I-5531, punto 7).

(29) - Sentenza Günaydin, citata, punto 31; v. altresì sentenza Ertanir, citata, punto 43. V., inoltre, le conclusioni dell'avvocato generale Darmon nella causa Eroglu, citata, paragrafo 30, in cui egli utilizza sostanzialmente la stessa prova per stabilire se un cittadino turco sia un lavoratore.

(30) - Loc. cit.

(31) - Ibid., punto 5.

(32) - Ibid., punto 15.

(33) - Ibid., punti 17 e 19.

(34) - V. conclusioni dell'avvocato generale Elmer nelle cause Bozkurt, citata, paragrafo 21, e Günaydin, citata, paragrafo 24.

(35) - In vari passaggi del testo inglese originale delle presenti conclusioni, inserisco, tra parentesi, dei riferimenti al regolare o legale mercato del lavoro, onde mantenere le varie sfumature delle diverse versioni linguistiche della decisione.

(36) - Sentenze Bozkurt, citata, punti 22 e 23; Günaydin, citata, punto 29, e Ertanir, citata, punto 39.

(37) - Sentenza Sevince, citata e analizzata supra, punto 30.

(38) - Tale qualificazione è riscontrabile anche nella versione italiana della decisione.

(39) - Loc. cit., punto 33.

(40) - V. passaggio della sentenza Tetik, citata, richiamato infra, al paragrafo 32 delle presenti conclusioni.

(41) - Loc. cit., punto 38.

(42) - Ibid., punto 36, da intendere alla luce del punto 37, che accoglie l'argomento avanzato dalla Germania.

(43) - Ibid., punto 39.

(44) - Loc. cit., punto 40.

(45) - Ibid., punti 41 e 42; v. anche punto 46.

(46) - Loc. cit., paragrafi 17 e 18 delle sue conclusioni.

(47) - Ibid., paragrafo 22.

(48) - Ibid., paragrafo 23.

(49) - Ibid., punto 31. E' chiaro che questa non pretende di essere un'enunciazione completa della prova dell'essere inserito nel regolare mercato del lavoro, in quanto, in circostanze particolari, per un cittadino turco può essere sufficiente essere in cerca di lavoro, pur essendo momentaneamente disoccupato.

(50) - V. prima frase del punto 33, nonché l'affermazione contenuta al punto 32 secondo cui gli Stati membri possono limitare i diritti dei cittadini turchi all'ingresso ed al soggiorno nel loro territorio per seguire un programma di formazione professionale specifica, in particolare nell'ambito di un contratto di apprendistato.

(51) - Ibid., punto 33.

(52) - Loc. cit., punto 21. L'apprendista di cui trattavasi nella causa Le Manoir, citata, era considerata una lavoratrice anche se non percepiva la retribuzione indicizzata minima.

(53) - Sentenza Günaydin, citata, punto 32.

(54) - Ibid., punto 34.

(55) - Il riferimento, contenuto nella versione inglese della sentenza, all'occupazione «on the basis of national legislation derogating from Community law» risulta essere una traduzione errata del riferimento originale tedesco ai soggetti disoccupati «aufgrund einer nationalen Sonderregelung», che è stato reso in francese come impiego «sur la base d'une réglementation nationale dérogatoire au droit commun».

(56) - Sentenza Ertanir, citata, punti 42-44.

(57) - V. conclusioni presentate dall'avvocato generale Elmer nella causa Günaydin, citata, paragrafo 18.