CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

MICHEAL B. ELMER

presentate il 26 marzo 1996 ( *1 )

1. 

Nella presente causa la sezione del contenzioso amministrativo del Raad van State dei Paesi Bassi ha sottoposto alla Corte di giustizia delle Comunità europee una serie di questioni pregiudiziali aventi ad oggetto l'interpretazione della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati ( 1 ) (in prosieguo: la «direttiva»), in relazione a una decisione di un'autorità amministrativa di dare corso a un progetto di consolidamento delle dighe in varie zone nei pressi del comune di Sliedrecht, in Olanda.

La direttiva sulla valutazione dell'impatto ambientale

2.

La direttiva, emanata sulla base degli artt. 100 e 235 del Trattato, ha, conformemente al primo ‘considerando’, l'obiettivo di promuovere una politica ambientale, che consiste nell'evitare fin dall'inizio l'inquinamento e altre perturbazioni, anziché combatterne successivamente gli effetti. A tal fine essa prevede l'istituzione di una procedura per la valutazione, la più tempestiva possibile, dell'impatto ambientale in tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione.

Inoltre, dal secondo ‘considerando’ della direttiva emerge che l'obiettivo che essa si propone è anche quello di procedere al ravvicinamento delle legislazioni, poiché le disparità tra le legislazioni vigenti negli Stati membri in materia di valutazione dell'impatto ambientale possono creare condizioni di concorrenza ineguali e avere perciò un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato comune.

3.

Sulla scia di quanto sopra, nel sesto ‘considerando’ della direttiva viene precisato che l'autorizzazione di progetti pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull'ambiente va concessa solo previa valutazione delle conseguenze rilevanti che i detti progetti possono produrre sull'ambiente.

In questo contesto, in base all'ottavo e al nono ‘considerando’, viene operata una distinzione tra progetti di determinate categorie, che possono avere ripercussioni di rilievo sull'ambiente e che per principio debbono essere sottoposti ad una valutazione sistematica, e progetti di altre categorie, che non producono, necessariamente, in ogni caso, simili ripercussioni e che perciò devono essere sottoposti ad una valutazione quando gli Stati membri ritengono che le loro caratteristiche lo esigano.

4.

La direttiva contiene le seguenti disposizioni, rilevanti ai fini della presente causa:

«Articolo 1

1.   La presente direttiva si applica alla valutazione dell'impatto ambientale dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto ambientale importante.

2.   Ai sensi della presente direttiva si intende per:

progetto:

la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere,

altri interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;

(...)

Articolo 2

1.   Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell'autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto.

Detti progetti sono definiti nell'articolo 4.

   (...)

3.   Gli Stati membri, in casi eccezionali, possono esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni della presente direttiva.

In questi casi gli Stati membri:

a)

esaminano se sia opportuna un'altra forma di valutazione e se si debbano mettere a disposizione del pubblico le informazioni così raccolte;

b)

mettono a disposizione del pubblico interessato le informazioni relative a tale esenzione e le ragioni per cui è stata concessa;

e)

informano la Commissione, prima del rilascio dell'autorizzazione, dei motivi che giustificano l'esenzione accordata e le forniscono le informazioni che mettono eventualmente a disposizione dei propri cittadini.

(...)

Articolo 3

La valutazione dell'impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e conformemente agli articoli da 4 a 11, gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:

l'uomo, la fauna e la flora;

il suolo, l'acqua, l'aria, il clima e il paesaggio;

l'interazione tra i fattori di cui al primo e secondo trattino;

i beni materiali ed il patrimonio culturale. Articolo 4

1.

Fatto salvo l'articolo 2, paragrafo 3, i progetti appartenenti alle classi elencate nell'allegato I formano oggetto di valutazione ai sensi degli articoli da 5 a 10.   2.

I progetti appartenenti alle classi elencate nell'allegato II formano oggetto di una valutazione ai sensi degli articoli da 5 a 10 quando gli Stati membri ritengono che le loro caratteristiche lo richiedano.   A tal fine, gli Stati membri possono, tra l'altro, specificare alcuni tipi di progetti da sottoporre ad una valutazione d'impatto o fissare criteri e/o soglie limite per determinare quali dei progetti appartenenti alle classi elencate nell'allegato II debbano formare oggetto di una valutazione ai sensi degli articoli da 5 a 10.

(...)

Articolo 6

   (...)

2.   Gli Stati membri vigilano affinché:

qualsiasi domanda di autorizzazione nonché le informazioni raccolte ai sensi dell'articolo 5 siano messe a disposizione del pubblico;

al pubblico interessato sia data la possibilità di esprimere il parere prima dell'avvio del progetto.

(...)»

5.

Negli allegati I e II alla direttiva vengono elencate le categorie di progetti che rientrano nella sfera di applicazione della direttiva. L'allegato II, intitolato «progetti di cui all'art. 4, paragrafo 2», contiene le seguenti disposizioni, rilevanti ai fini della presente fattispecie:

«10.

Progetti d'infrastruttura

(...)

e)

Opere di canalizzazione e regolazione di corsi d'acqua

f)

Dighe e altri impianti destinati a trattenere le acque o ad accumularle in modo durevole.

(...)

12.

Modifica dei progetti che figurano nell'allegato I (...)»

La normativa nazionale pertinente

6.

Nei Paesi Bassi la direttiva è stata trasposta, da un lato, dalla Wet algemene bepalingen milieuhygiëne (in prosieguo: la «legge sull'igiene dell'ambiente»), e, dall'altro, dal Besluit milieu-effectrapportage del 20 maggio 1987 ( 2 ) (decreto sulla valutazione dell'impatto ambientale, in prosieguo: il «decreto»).

7.

L'art. 41, lett. b), primo comma, della «legge sull'igiene dell'ambiente» stabilisce quanto segue: «Con un provvedimento amministrativo generale vengono indicate le attività che possono avere conseguenze rilevanti, pregiudizievoli per l'ambiente. Con tale strumento verranno designate la o le categorie di decisioni che le autorità adottano in merito alle menzionate attività, per il cui espletamento si rende necessaria una valutazione dell'impatto ambientale».

8.

Nell'art. 2 del decreto e nel relativo allegato, alla sezione A, sub 1), la «diga» viene definita come un'«opera di contenimento delle acque costruita al di sopra del suolo».

In base alla lett. A, sub 2), del detto allegato si intende per «costruzione» anche il riutilizzo, la ricostruzione, l'ampliamento o altre modifiche.

Ai sensi della sezione C, sub 12), punto 1), del detto allegato, la costruzione di una diga viene definita come un'attività rientrante nel citato art. 41, lett. b), quando si tratta di una diga con una lunghezza di almeno 5 km e una sezione trasversale di almeno 250 m2 ( 3 ).

I fatti

9.

Ai sensi dell'art. 1, parte II, lett. d), della Deltawet ( 4 ) (la legge sul delta), per proteggere la terraferma dalle grandi maree debbono essere espletati lavori di consolidamento delle dighe di contenimento delle grandi maree lungo il canale «Rotterdamse Waterweg» e i corsi d'acqua con esso comunicanti.

10.

Con decisione 26 aprile 1990 il minister van Verkeer en Waterstaat (ministro dei trasporti e dei lavori pubblici) approvò un progetto di consolidamento delle dighe nei settori Sliedrecht-Ovest, Sliedrecht-Centro e Sliedrecht-Est. Detto progetto prevedeva, tra l'altro, la costruzione di una nuova diga, destinata a sostituire la esistente diga del Molen, su terreni di proprietà degli appellanti nella causa a quo, cioè la BV Aannemersbedrijf P.K. Kraaijeveld, la Fa. Gebroeders Kraaijeveld, J.A. Kraaijeveld, J. Kraaijeveld sr, J. Kraaijeveld jr, W. Kraaijeveld e P.K. Kraaijeveld (in prosieguo congiuntamente indicati: i «Kraaijeveld»).

11.

Nel corso della pubblica seduta del 23 novembre 1992, il Consiglio comunale di Sliedrecht adottava il piano di destinazione «Rettifica parziale dei piani di destinazione nell'ambito del consolidamento delle dighe». Il piano di rettifica ha lo scopo di rendere possibili i lavori di consolidamento delle dighe lungo la Merwede nel territorio del comune di Sliedrecht. Le rettifiche riguardano, tra l'altro, i terreni dove i Kraaijeveld svolgono la loro attività e con esse viene tolto all'azienda dei Kraaijeveld l'accesso alla via navigabile.

12.

Il 18 maggio 1993, il piano di destinazione adottato dal comune veniva approvato dalla Gedeputeerde Staten van de provincie Zuid-Holland (governo provinciale dell'Olanda meridionale).

13.

Le dette autorizzazioni venivano accordate senza che si fosse proceduto alla valutazione dell'impatto ambientale dei lavori oggetto del piano di destinazione.

L'ordinanza di rinvio

14.

Il 20 luglio 1993 i Kraaijeveld proponevano ricorso avverso la decisione dei Gedeputeerde Staten presso il Raad van State dei Paesi Bassi, affermando che nell'iter di formazione della decisione che dispone un nuovo tracciato della diga non erano stati rispettati tutti i necessari adempimenti.

15.

Con ordinanza 8 marzo 1995, la sezione del contenzioso amministrativo del Raad van State dei Paesi Bassi ha sospeso il procedimento e, ai sensi dell'art. 177 del Trattato, ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la nozione ”opere di canalizzazione e regolazione di corsi d'acqua” di cui all'allegato II della direttiva debba essere interpretata nel senso che in essa rientrano anche determinati tipi di attività che riguardano una diga lungo corsi d'acqua.

2)

Se, in considerazione delle nozioni ”progetti” e ”modifiche di progetti” utilizzate nella direttiva, la soluzione della questione 1) possa variare secondo che si tratti di:

a)

costruzione di una nuova diga,

b)

spostamento di una diga già esistente,

e)

rafforzamento e/o ampliamento di una diga già esistente,

d)

sostituzione di una diga, in loco, indipendentemente dal fatto che la nuova diga sia più solida e/o più larga della precedente;

o

e)

una combinazione di diverse delle possibilità sopra enumerate.

3)

Se gli artt. 2, n. 1, e 4, n. 2, della direttiva debbano pertanto essere interpretati nel senso che — qualora uno Stato membro nella sua normativa nazionale di attuazione abbia previsto, ai sensi del soprammenzionato art. 4, n. 2, per un determinato progetto menzionato nell'allegato II, specificazioni e criteri e/o soglie limite che risultino inesatti — sussista un obbligo in base al sopra menzionato art. 2, n. 1, di sottoporre tale progetto ad una valutazione sul suo impatto ambientale, qualora tale progetto possa avere un ”impatto ambientale importante, segnatamente per la sua natura, le sue dimensioni o la sua ubicazione” come indicato in tale n. 1.

4)

In caso di soluzione affermativa della questione 3), se tale obbligo abbia effetto diretto, ossia se esso possa essere fatto valere da un singolo dinanzi a un giudice nazionale e se debba essere applicato dal giudice, anche qualora non sia stato di fatto invocato nella controversia pendente dinanzi a tale giudice».

Sulla prima questione

16.

Con la prima questione, il giudice a quo vuol sapere se il punto 10, lett. e), dell'allegato II alla direttiva deve essere interpretato nel senso che le dighe quali quelle qui considerate sono «opere di canalizzazione e regolazione di corsi d'acqua».

17.

Nell'ordinanza di rinvio il giudice a quo ha sostenuto la tesi che i progetti che, come le dighe lungo le vie d'acqua, hanno lo scopo di contenere le acque in un ambito determinato o di immettervele per poi mantenervele, debbono essere ricompresi nel punto 10, lett. e), dell'allegato II della direttiva. Determinante non sarebbe lo scopo del progetto, bensì il suo impatto sull'ambiente.

18.

Il governo dei Paesi Bassi, cui si affianca su questo punto il governo italiano, sottolinea che la costruzione di una diga lungo una via d'acqua non rientra nel concetto di «opere di canalizzazione e regolazione di corsi d'acqua». Con tale espressione si intenderebbero solo i lavori di canalizzazione che modificano il carattere della via d'acqua in quanto tale, in particolare la quantità o la qualità dell'acqua per effetto, ad esempio, del cambiamento dell'alveo, della profondità del canale o del deflusso. Siffatti cambiamenti potrebbero produrre effetti notevoli sulla flora e la fauna acquatiche. Le attività relative alle dighe lungo le vie d'acqua non avrebbero invece, di per sé, alcun effetto sulle acque lungo il cui corso vengono svolti i lavori, e non avrebbero, pertanto, alcuna influenza sulla flora e sulla fauna acquatiche.

19.

I Kraaijeveld e la Commissione condividono l'opinione del giudice a quo. I Kraaijeveld sostengono inoltre che le autorità dei Paesi Bassi, fissando nel decreto di trasposizione della direttiva i limiti oltre i quali lavori di costruzione aventi ad oggetto dighe debbono essere sottoposti ad una valutazione dell'impatto ambientale, hanno indirettamente riconosciuto che i progetti di dighe appartengono alle categorie di progetti contemplate nell'allegato II.

20.

Mi preme rilevare che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, deve essere perseguita una interpretazione comune e uniforme degli atti della Comunità e che una singola norma non va solo interpretata in base al suo tenore letterale, ma anche in base al suo obiettivo ed al contesto nel quale è inserita ( 5 ).

21.

Secondo il suo sesto ‘considerando’, la direttiva ha l'obiettivo di assicurare che i progetti che possono avere un sensibile impatto ambientale siano sottoposti a una previa valutazione dell'impatto ambientale. Secondo l'art. 3, gli Stati membri debbono procedere ad una valutazione degli effetti diretti e indiretti che il progetto produce sull'uomo, sulla fauna e la flora, sul suolo, l'acqua, l'aria, il clima, il paesaggio, i beni materiali e sul patrimonio culturale. Tale obiettivo, congiuntamente all'ampio numero di fattori da prendere in considerazione, comporta, a mio avviso, che nell'interpretare l'allegato II, in caso di dubbio, deve attribuirsi molta importanza all'impatto ambientale che in concreto può ritenersi connesso con determinati tipi di progetti.

22.

Il contenuto del punto 10, lett. e), dell'allegato II della direttiva è più o meno identico nelle diverse versioni linguistiche. In questo contesto si può fare riferimento alle versioni francese, italiana e tedesca, che hanno come connotato comune che deve trattarsi di lavori aventi ad oggetto la canalizzazione e la regolarizzazione delle vie d'acqua. La formulazione letterale della versione olandese «Werken inzake kanalisering en regulering van waterwegen» è del tutto in linea con le dette versioni.

23.

Il termine «canalizzazione» sembra, dal punto di vista linguistico, indicare lavori con i quali si interviene nel letto naturale del corso d'acqua, ad esempio scavando un canale per cui le acque fluviali vengono deviate in tutto o in parte dal loro letto naturale. Anche gli interventi per effetto dei quali un corso d'acqua viene raddrizzato o approfondito al fine di renderlo navigabile possono, secondo le circostanze, costituire una canalizzazione. L'erezione di una diga lungo un corso d'acqua non implica, invece necessariamente che si intervenga sull'alveo del corso d'acqua e può, in determinati casi, non essere considerata come un lavoro di canalizzazione.

24.

Più difficile è fornire una definizione precisa dell'espressione «regolazione di corsi d'acqua». Una delimitazione per esclusione può tuttavia ricavarsi dal punto 10, lett. f), avente ad oggetto «dighe e altri impianti destinati a trattenere le acque o ad accumularle in modo durevole». Con l'espressione «regolazione di corsi d'acqua» deve quindi intendersi qualcosa d'altro e di più che siffatte installazioni. Il termine «trattenere» sembra fare intendere che laddove l'installazione viene costruita in congiunzione con un corso d'acqua, si opera un intervento duraturo sul deflusso delle acque. Presumibilmente ciò si verifica mediante la costruzione di uno sbarramento trasversale al corso d'acqua, che di norma produce la conseguenza di creare un dislivello tra il pelo delle acque prima e dopo lo sbarramento. Tali acque vengono trattenute primo dello sbarramento e possono quindi essere lasciate defluire in quantitativi controllati, ad esempio per produrre elettricità, per rendere navigabile il corso d'acqua (con l'ausilio di chiuse) o per proteggere dalle inondazioni territori sottostanti. Si può ritenere che nel punto 10, lett. f), rientrino anche installazioni che, senza bloccare il corso d'acqua, lo restringano, poiché anche tali installazioni possono implicare che le acque vengano trattenute in una certa misura.

25.

Il termine «regolazione» sta ad indicare che deve trattarsi di lavori che, in un modo o in un altro, incidano sul corso naturale delle acque. Chiaramente sotto questo concetto rientrano le opere per effetto delle quali il corso d'acqua viene raddrizzato o viene reso più profondo. Tale disposizione, tuttavia, a mio avviso non può essere limitata a questa ipotesi.

26.

L'obiettivo e la funzione di una diga è quello di contenere le acque fluviali ( 6 ) e di impedire così che il corso d'acqua, durante i periodi di piena, inondi il territorio sottostante. Una diga eretta lungo un corso d'acqua, pertanto, impedisce, se risponde alla sua funzione, al corso d'acqua di defluire naturalmente. La diga costituisce così un intervento nel naturale deflusso del corso d'acqua, il che implica una regolazione del corso d'acqua.

27.

Il tenore delle restanti espressioni e gli obiettivi della direttiva depongono anche nel senso che le dighe lungo il corso dei fiumi rientrino nella sfera di applicazione della direttiva. La caratteristica di siffatte dighe è che esse sono erette ammassando grandi quantitativi di terra e altro materiale ai lati del corso d'acqua. Una diga eretta lungo un corso d'acqua è quindi idonea a produrre di per sé conseguenze sul paesaggio naturale. Va ricordato che il concetto di «progetto», secondo l'art. 1, n. 2, comprende, tra l'altro, gli interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio. Le dighe lungo i corsi d'acqua possono, inoltre, produrre effetti sia sulla fauna sia sulla flora, considerato, ad esempio che possono avere come conseguenza il prosciugamento dei banchi di terra umida contigui al letto dei fiumi, danneggiando la fauna e la flora. Questo pericolo esiste, indipendentemente dal fatto che la diga svolga la propria funzione più volte all'anno o con intervalli di anni, poiché anche l'apporto di masse d'acqua e di materiali organici o di altra natura che si verifica in occasione di piene ricorrenti con intervalli di anni può essere importante — persino vitale — per la flora e la fauna del posto. Non si può dunque in alcun modo escludere che le dighe lungo un corso d'acqua possano produrre un sensibile effetto sull'ambiente. Si deve pertanto riconoscere che, conformemente agli obiettivi della direttiva, siffatti progetti rientrano nella sfera operativa della stessa.

28.

Considerato quanto sopra, ritengo quindi che la prima questione vada risolta nel senso che l'espressione «opere di canalizzazione e regolazione di corsi d'acqua», di cui al punto 10, lett. e), dell'allegato II della direttiva, deve essere interpretata come comprensiva delle dighe lungo un corso d'acqua.

La seconda questione

29.

Con la seconda questione, il giudice a quo vuol sapere se il concetto di «progetto» di cui all'art. 1, n. 1, della direttiva deve essere interpretato nel senso che esso può comprendere le seguenti ipotesi:

«a)

costruzione di una nuova diga,

b)

spostamento di una diga già esistente,

e)

rafforzamento e/o ampliamento di una diga già esistente,

d)

sostituzione di una diga, in loco, indipendentemente dal fatto che la nuova diga sia più solida e/o più larga di quella eliminata

e)

una combinazione di diverse delle possibilità sopra enumerate».

30.

Il giudice a quo ha precisato nell'ordinanza di rinvio perché, a suo avviso, l'espressione «opere di canalizzazione e regolazione di corsi d'acqua» copre tutti i lavori il cui obiettivo è sia di mantenere un corso d'acqua in un determinato ambito, sia di condurvelo per poi ivi contenerlo, e che possono avere un considerevole impatto ambientale, senza tener conto del fatto che si tratti dell'ampliamento oppure della sostituzione di opere già esistenti. La direttiva si applicherebbe ad esempio, al prolungamento di una piccola diga già esistente o allo spostamento di una diga preesistente di alcuni chilometri verso l'interno. I Kraaijeveld fanno propria l'opinione del giudice a quo.

31.

Il governo dei Paesi Bassi e quello italiano ritengono che, nella fattispecie, si tratti solo di modificare una diga esistente. Nel caso in esame, ciò dovrebbe essere considerato come modifica di un progetto e la direttiva non si applicherebbe a modifiche di progetti contemplati dall'allegato II (v. allegato II, punto 12), dove si fa solo menzione di cambiamenti in progetti contemplati nell'allegato I. L'art. 4 della direttiva distinguerebbe tra progetti dell'allegato I, che comportano sempre una valutazione dell'impatto ambientale, e progetti dell'allegato II, per i quali agli Stati membri viene lasciato un margine di valutazione discrezionale. Tale distinzione si giustificherebbe col maggiore impatto ambientale dei progetti di cui all'allegato I rispetto a quelli contemplati nell'allegato II. Corrispondentemente l'esecuzione del progetto iniziale produrrebbe, di norma, un impatto ambientale maggiore che la sua successiva modifica. A titolo di esempio, la costruzione di una diga potrebbe avere per l'ambiente conseguenze maggiori di un suo successivo spostamento, rafforzamento o restauro. Il legislatore comunitario avrebbe considerato necessario fare rientrare nella sfera di applicazione della direttiva soltanto le modifiche ai progetti di cui all'allegato I, che sono normalmente i progetti di più forte impatto ambientale.

32.

Anche la Commissione ritiene che una modifica delle opere di canalizzazione e regolazione di corsi d'acqua o altri progetti contemplati nell'allegato II non rientri nella direttiva. Una successiva modifica potrebbe tuttavia essere così importante da costituire in realtà un nuovo progetto. Ciò andrebbe verificato di volta in volta. Se così non fosse, non occorrerebbe sottoporre a valutazione, ai sensi dell'art. 4, n. 2, una successiva modifica di un progetto già esistente.

33.

Il Regno Unito è del parere che il termine «progetto» includa anche una modifica di progetti già attuati e ha inoltre affermato che il punto 12 dell'allegato II intende ricondurre sotto l'art. 4, n. 2, progetti che altrimenti ricadrebbero sotto l'art. 4, n. 1, e l'allegato I. Dal punto 12 non si dovrebbe pertanto desumere che la modifica di progetti non sia per il resto compresa nella sfera di applicazione della direttiva. La definizione del termine «progetto» contenuta nella direttiva sarebbe abbastanza lata da ricomprendere anche le modifiche di opere esistenti. Anche la preoccupazione di garantire alla direttiva un effetto concreto depone per una siffatta interpretazione, poiché successive modifiche possono, di per sé, avere impatti ambientali considerevoli.

34.

Il termine «progetto» lascia intendere, a mio avviso, dal punto di vista strettamente letterale, che deve trattarsi di una cosa non ancora terminata ( 7 ). Nell'art. 1, n. 2, «il progetto» viene inoltre definito anche come realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti o di opere (il corsivo è mio). La direttiva deve quindi essere intesa nel senso che, una volta terminata l'opera, non sussiste più alcun progetto. Sarebbe in effetti artificioso intendere come modifica di un progetto lavori progettati per una diga già esistente le cui fondamenta siano state gettate poco dopo l'era dei vichinghi ( 8 ). Per di più sarebbe privo di senso ricercare se un progetto, ormai realizzato, sia stato in origine sottoposto o meno ad una valutazione dell'impatto ambientale ai sensi della direttiva.

35.

A mio avviso, devono quindi intendersi per «progetti» opere pianificate o altri interventi nell'ambiente non ancora eseguiti e la cui esecuzione comporterà una modifica dello status quo senza che occorra accertare se essi si ricolleghino in un modo o nell'altro a qualche realizzazione già esistente. Il termine «modifica dei progetti» può così riferirsi solo ai casi in cui un progetto sia modificato prima di essere realizzato.

36.

Tale interpretazione trova, a mio avviso, conforto nella sentenza della Corte 11 agosto 1995, causa C-431/92, Commissione/Germania ( 9 ). La causa aveva ad oggetto la costruzione di un nuovo lotto, della potenza termica di 500 MW, della centrale elettrotermica di Großkrotzenburg e, tra l'altro, poneva la questione se si trattasse di un progetto di costruzione di impianti contemplato dall'allegato I, nel quale, tra l'altro, sono comprese le centrali con una potenza termica di almeno 300 MW, o di una modifica di un progetto contemplato nell'allegato I, che, come detto, rientra nell'allegato II della medesima direttiva.

Nel punto 35 della motivazione, la Corte ha affermato:

«Occorre notare che, ai sensi dell'allegato I, punto 2, della direttiva, i progetti di centrali termiche con potenza termica di almeno 300 MW devono essere sottoposti ad una valutazione sistematica. Ai sensi di tale disposizione essi devono esserlo indipendentemente dal fatto se siano realizzati in modo autonomo, se siano aggiunti ad una costruzione preesistente o anche se abbiano con questa stretti legami funzionali. I legami con una costruzione esistente non privano il progetto del proprio carattere di ”centrale termica con potenza termica di almeno 300 MW” per farlo passare nella categoria ”modifica dei progetti che figurano nell'allegato I”, menzionata nell'allegato II, punto 12».

Un progetto è pertanto un progetto, indipendentemente dalla circostanza che venga integrato in un impianto esistente.

37.

La delimitazione dei progetti che rientrano nel campo di applicazione della direttiva deve essere effettuata interpretando l'esatto contenuto degli allegati I e II della direttiva. Il termine «anlæg» (opere), figurante nella versione danese del punto 10, lett. e), dell'allegato II, che, come detto, contempla le «opere di regolazione di corsi d'acqua», può dare l'impressione che si tratti di qualcosa di più di una semplice sostituzione di qualcosa che già esiste. Molte altre versioni linguistiche utilizzano però l'espressione più ampia di «lavori» ( 10 ). A mio avviso nel punto 10, lett. e), non è dato di leggere nel termine «opere» alcuna particolare delimitazione quantitativa. La circostanza che sia stato ritenuto necessario, per esempio, sostituire una diga già esistente con una nuova depone già nel senso che di fatto è avvenuta una modifica dello status quo. Una nuova diga in sostituzione di una precedente implica forse altri materiali o è disegnata in modo diverso dalla vecchia. Non si costruisce una nuova diga in sostituzione di una precedente se i relativi costi non trovano contrappeso in talune modifiche rispetto alla situazione precedente che in un modo o nell'altro comportano dei vantaggi. Ad ogni modo una nuova diga deve poter resistere più a lungo di una vecchia, se le restanti circostanze restano invariate. Si aggiunga che i lavori di costruzione di una diga producono di per sé effetti considerevoli sull'ambiente. L'atteggiamento più conforme alle finalità della direttiva è dunque quello di esaminare, con riferimento a tutte le situazioni menzionate dal giudice a quo, se debba procedersi a una valutazione dell'impatto ambientale del progetto considerato.

38.

Per motivi di completezza, voglio ancora svolgere qualche osservazione in merito alla questione se le modifiche di progetti di cui all'allegato II rientrino nell'ambito di applicazione della direttiva.

39.

Dall'art. 2, n. 1, della direttiva emerge che i progetti considerati dalla direttiva sono definiti nell'art. 4. Se è vero che l'art. 4, n. 2, parla di «progetti appartenenti alle classi elencate nell'allegato II» e l'allegato II, al punto 12, parla di «modifica di progetti che figurano all'allegato I» ne consegue che le modifiche dei progetti sono, secondo l'accezione della direttiva, di per sé progetti. Così si crea conformità tra l'art. 1, n. 2, e l'art. 2, n. 1, della direttiva, che parlano solo di progetti, e l'allegato II, che specifica ulteriormente tali progetti. Il punto 12 dell'allegato II è, a mio avviso, inteso a stabilire che le modifiche a progetti di cui all'allegato I non ancora eseguiti debbono essere trattate sulla base dell'art. 4, n. 2, della direttiva, cioè che le modifiche ai progetti rientranti nell'allegato I sono assoggettate ad una valutazione dell'impatto ambientale, non soltanto se la modifica di per sé eccede i limiti di cui all'allegato I. La conclusione opposta non è invece consentita dall'allegato II, punto 12. Sia per le modifiche di progetti rientranti nell'allegato I, sia per quelle di progetti rientranti nell'allegato II, occorre pertanto valutare in concreto se tali modifiche possano avere sensibili ripercussioni sull'ambiente, in modo che, se del caso, debba farsi luogo ad una valutazione dell'impatto ambientale, ai sensi degli artt. 5-10 della direttiva.

40.

L'obiettivo della direttiva, che è quello di sottoporre ad una previa valutazione dell'impatto ambientale i progetti che possono avere ripercussioni rilevanti sull'ambiente, depone in maniera concludente per la detta interpretazione. Si può ben pensare che modifiche a un progetto ai sensi dell'allegato I o II, non ancora completato, siano in grado di produrre ripercussioni importanti sull'ambiente. Se ciò avvenga nel caso in esame deve però essere valutato in concreto. Una normativa basata su valori limite, come quella di cui all'allegato I, non è tuttavia la più adatta a essere utilizzata direttamente come fondamento della valutazione dell'impatto ambientale delle modifiche di un progetto. Ad esempio, l'aumento della capacità di una centrale termica da 300 MW a 500 MW potrà avere importanti ripercussioni sull'ambiente. L'aumento non è tuttavia di almeno 300 MW e per questo non costituisce, di per sé, un progetto ai sensi dell'allegato I. Il punto 12 dell'allegato II garantisce, in tale situazione, che siano concretamente esaminate le modifiche al progetto e la necessità di una nuova valutazione dell'impatto ambientale.

41.

Un'interpretazione secondo la quale le modifiche di progetti sono in linea generale ricomprese nell'ambito di applicazione della direttiva impedisce inoltre che la direttiva sia elusa mediante la preparazione di un progetto di minore portata, che non produce sensibili effetti sull'ambiente e che perciò non deve essere oggetto di una valutazione dell'impatto ambientale, ma che viene però successivamente trasformato in un qualcosa che produrrà senz'altro ripercussioni sull'ambiente ( 11 ).

42.

Concludendo, la mia opinione è che la seconda questione deve essere risolta dichiarando che il punto 10, lett. e), dell'allegato II della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, va interpretato nel senso che in essa rientrano tutti i tipi di lavori progettati aventi ad oggetto dighe lungo corsi d'acqua, a prescindere dal fatto che si tratti della costruzione di una nuova diga, dello spostamento di una diga esistente, del consolidamento e/o ampliamento di una diga esistente, della sostituzione di una diga, in loco, indipendentemente dal fatto che la nuova diga sia più solida e/o più larga della precedente, o di una combinazione tra detti lavori.

La terza questione

43.

Con la terza questione, il giudice a quo vuole, in realtà, sapere se l'art. 2, n. 1, e l'art. 4, n. 2, della direttiva debbono essere interpretati nel senso che gli Stati membri sono obbligati a effettuare una valutazione dell'impatto ambientale in merito a un dato progetto, qualora, alla luce di una valutazione in concreto, si debba ritenere che il detto progetto possa produrre un considerevole impatto ambientale e che, pertanto, uno Stato membro viene meno agli obblighi derivantigli dalla direttiva, qualora fissi soglie limite che implicano che, in un siffatto caso, non viene dato corso a una valutazione dell'impatto ambientale.

44.

Secondo il parere del giudice a quo, dalla direttiva emerge che i progetti di cui all'allegato II che, in considerazione della loro natura, dimensione, ubicazione, possono produrre considerevoli impatti ambientali, debbono essere sottoposti a una valutazione del loro impatto ambientale. I Kraaijeveld si riallacciano a tale punto di vista.

45.

Il governo dei Paesi Bassi, sostenuto dal governo italiano, rileva che l'art. 4, n. 2, della direttiva lascia agli Stati membri un margine di valutazione discrezionale per determinare le circostanze in presenza delle quali debba darsi corso alla valutazione dell'impatto ambientale dei progetti rientranti nell'allegato II. La direttiva non pone al riguardo alcun ulteriore limite. Le soglie limite figuranti nel decreto avente ad oggetto dighe lungo i corsi d'acqua sono state fissate sulla base della convinzione che vi è uno stretto rapporto tra la lunghezza e la sezione di una diga, da un lato, e gli effetti sull'ambiente, dall'altro. Prima di fissare tali soglie limite, le autorità hanno esaminato in che modo le dighe lungo i corsi d'acqua possono produrre conseguenze sull'ambiente. Il governo dei Paesi Bassi è pertanto del parere che i margini di discrezionalità concessi dalla direttiva non sono stati superati.

46.

La Commissione ha dedotto che l'art. 2, n. 1, della direttiva contiene un obbligo generale di espletare una valutazione delle ripercussioni dei progetti che possono avere considerevole impatto ambientale. L'art. 4, nn. 1 e 2, precisa tale obbligo. I progetti di cui all'allegato I hanno sempre rilevanti ripercussioni e debbono pertanto sempre essere oggetto di una valutazione dell'impatto ambientale. I progetti di cui all'allegato II debbono, invece, essere oggetto di una valutazione in concreto, sulla base delle loro caratteristiche individuali. L'art. 4, n. 2, affida agli Stati membri il potere di fissare i criteri e le soglie limite, al fine di rendere praticabile tale valutazione. Nel procedere alla fissazione di tali criteri, gli Stati membri sono tuttavia vincolati dall'obbligo di cui all'art. 2, n. 1, e non sono quindi autorizzati a fissare criteri e soglie limite per effetto dei quali non vengono sottoposti a valutazione dell'impatto ambientale i progetti atti a causare conseguenze ecologiche rilevanti. A parere della Commissione, molti elementi inducono a ritenere che le soglie limite fissate dalle autorità dei Paesi Bassi, secondo le quali solo le dighe fluviali lunghe almeno cinque km e aventi almeno 250 m2 di sezione sono oggetto di valutazione dell'impatto ambientale, hanno come conseguenza che i progetti relativi a dighe lungo i corsi dei fiumi restano in linea generale sottratti al campo di applicazione della direttiva.

47.

Voglio fare rinvio al primo ‘considerando’ della direttiva, in cui si legge che la migliore politica ecologica consiste nell'evitare fin dall'inizio inquinamenti e altre perturbazioni, anziché combatterne successivamente gli effetti. In tale ottica la direttiva appresta una procedura il cui obiettivo è quello di assicurare che progetti atti a produrre conseguenze considerevoli sull'ambiente siano sottoposti a una previa valutazione dell'impatto ambientale, conformemente al sesto ‘considerando’ e all'art. 1, n. 1, della direttiva. Tale obiettivo è anche a fondamento dell'art. 2, n. 1, secondo il quale gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per assicurare che, prima del rilascio dell'autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, dimensione o ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto.

48.

La direttiva si riferisce all'impatto ambientale in senso lato. L'art. 3 verte sugli effetti diretti e indiretti di un progetto sull'uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sul clima, sul paesaggio e sull'interazione tra detti fattori, come pure sui beni materiali e sul patrimonio culturale. Si tratta pertanto di un'ampia serie di fattori che debbono essere analizzati quando si deve valutare se un determinato progetto possa produrre conseguenze rilevanti sull'ambiente.

49.

Nei punti 39 e 40 della motivazione della menzionata sentenza 11 agosto 1995, relativa alla centrale termica di Großkrotzenburg, la Corte ha constatato che l'art. 2 della direttiva pone a carico dell'autorità di ciascuno Stato membro competente in materia di approvazione dei progetti un obbligo inequivoco di provvedere affinché taluni determinati progetti siano sottoposti ad una valutazione dell'impatto ambientale. Nei detti punti la Corte ha altresì dichiarato che l'art. 3, che stabilisce il contenuto della valutazione ed elenca i fattori di cui deve tenersi conto nel corso di detta valutazione, pone pure un indubbio obbligo a carico delle autorità nazionali.

50.

L'art. 4, n. 2, secondo il quale i progetti di cui all'allegato II debbono essere sottoposti a valutazione qualora gli Stati membri siano del parere che le loro caratteristiche lo richiedano e secondo il quale gli Stati membri possono specificare determinati tipi di progetti da sottoporre a valutazione o fissare i criteri e/o le soglie limite che sono necessari per determinare quali progetti debbono essere assoggettati ad una valutazione, va interpretato alla luce di questi obblighi.

51.

A mio avviso sarebbe inconciliabile con tali obblighi interpretare l'art. 4, n. 2, nel senso che esso conferisca agli Stati membri un potere discrezionale per fissare le condizioni in presenza delle quali i progetti di cui all'allegato II debbono essere sottoposti alla valutazione del loro impatto ambientale. In questo modo, l'art. 2, n. 1, ai sensi del quale gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell'autorizzazione, i progetti atti a produrre un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto, sarebbe privato di qualsiasi contenuto autonomo e, di fatto, verrebbe interpretato al di fuori del contesto della direttiva. Tale interpretazione non sarebbe in armonia colla circostanza che, alla luce dell'art. 1, n. 1, e del sesto ‘considerando’ della direttiva, l'art. 2, n. 1, sembra assumere un ruolo centrale ai fini della delimitazione della sfera operativa della direttiva. Secondo tali disposizioni, la direttiva si applica proprio a progetti che possono avere un impatto ambientale importante. Una simile interpretazione sarebbe anche incompatibile con il fatto che la direttiva, a tenore del suo secondo ‘considerando’, oltre a favorire la protezione dell'ambiente, è anche intesa ad armonizzare le legislazioni degli Stati membri. Se agli Stati membri fosse lasciato un potere discrezionale, allora potrebbero sorgere grosse differenze tra di loro per quanto riguarda i progetti che debbono essere assoggettati ad una valutazione dell'impatto ambientale.

52.

Sulla base dei motivi sopra esposti, sono del parere che l'art. 2, n. 1, della direttiva contenga i criteri di base per stabilire quando un progetto deve essere valutato per i suoi effetti sull'ambiente e comprenda quindi un obbligo a sé stante per gli Stati membri ( 12 ). Tale obbligo implica che gli Stati membri, nel valutare se un progetto sia suscettibile di produrre un impatto ambientale considerevole, debbono esaminare in concreto se un progetto possa produrre un siffatto impatto e, se del caso, procedere alla valutazione del suo impatto ambientale.

53.

Il tenore dell'art. 4, n. 2, secondo comma, è, a mio avviso, del tutto in linea con questa interpretazione. Tale disposizione prevede, come detto, da un lato, la possibilità per gli Stati membri di specificare alcuni tipi di progetti, che devono essere sottoposti ad una valutazione d'impatto, e, dall'altro, la possibilità di fissare criteri e/o soglie limite per determinare quali dei progetti appartenenti alle classi elencate nell'allegato II debbano formare oggetto di una valutazione. Gli Stati membri possono così fissare delle norme al fine di rendere più semplice valutare quali progetti siano atti a produrre impatti ambientali considerevoli. Se è vero che è generalmente riconosciuto, ad esempio, che la fuoriuscita di cadmio, oltre un determinato livello, può produrre un effetto siffatto, allora gli Stati membri possono disporre che i progetti di cui all'allegato II, dai quali potrebbe derivare la conseguenza che detto elemento fuoriesca oltre una tale soglia limite, debbono essere assoggettati ad una valutazione dell'impatto ambientale.

54.

Da ciò, però, non consegue che una fuoriuscita inferiore a una soglia limite così fissata non debba mai produrre un impatto ambientale importante. Questo dipende dalla vulnerabilità, in concreto, dell'ambiente e, pertanto, occorre valutare in concreto se si sia in presenza di un impatto ambientale rilevante, tale da giustificare una valutazione dell'impatto ambientale, conformemente alle disposizioni della direttiva. L'art. 4, n. 2, secondo ‘considerando’, non è neppure formulato in maniera da riconoscere agli Stati membri il diritto di prescindere dall'espletamento di un siffatto esame in tutti i casi in cui non viene superata una soglia limite stabilita. Se è vero che gli Stati membri possono fissare criteri e soglie limite per stabilire quando i progetti debbano essere assoggettati ad una valutazione dell'impatto ambientale, conformemente alle disposizioni contenute nella direttiva, da tale disposizione, però, non risulta che gli Stati membri possano fissare criteri e soglie limite sulla cui base non debba farsi luogo a una siffatta valutazione dell'impatto. Non si può quindi ritenere che l'obiettivo perseguito dalla direttiva sia quello di esonerare gli Stati membri dall'espletare una valutazione in concreto, bensì si deve pensare che sia quello di autorizzarli a fissare criteri e soglie limite al fine di definire i progetti che, in base all'esperienza maturata, possono nello Stato membro interessato produrre — come avviene sempre per i progetti rientranti nell'allegato I — un considerevole impatto ambientale, risparmiando così agli Stati membri l'onere amministrativo di esaminare tale questione in ciascun singolo caso.

55.

Una soglia limite ai sensi della direttiva viene così ad essere, di norma, una cifra, ad esempio un tasso di concentrazione di metalli pesanti o una data emissione solforosa nell'aria, che, qualora venga superata, genera l'obbligo di procedere alla valutazione dell'impatto ambientale. Il termine «criteri», da parte sua, va inteso nel senso che con esso viene fatto riferimento ad altri parametri, come la capacità o la dimensione di un impianto, per esempio il numero dei capi di bestiame per i quali una porcilaia è stata allestita, il quale numero può anche costituire una cifra determinante ai fini della questione se, in generale, debba essere espletata una valutazione dell'impatto ambientale.

56.

Tale interpretazione viene confermata dal contenuto dell'art. 2, n. 3, della direttiva, secondo cui gli Stati membri in casi particolari possono esonerare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni contenute nella direttiva purché siano strettamente osservate le condizioni estremamente rigide poste nella detta disposizione. Gli Stati membri non possono per contro esentare in via generale dalla procedura di valutazione dell'impatto ambientale gruppi di progetti o intere categorie di progetti.

57.

Alla luce di quanto sopra considerato, sono pertanto del parere che l'art. 4 adempie le seguenti tre funzioni:

fissare quali categorie di progetti rientrano nel campo di applicazione della direttiva;

specificare una serie di progetti (i progetti contemplati nell'allegato I) che, secondo il legislatore, sono, in linea generale, atti a produrre un importante impatto ambientale, per cui deve in ogni caso aver luogo la valutazione dell'impatto;

fare un compendio dei progetti (progetti contemplati nell'allegato II) con riferimento ai quali, secondo il parere del legislatore, non è possibile stabilire a priori, in linea generale, se possano produrre conseguenze rilevanti sull'ambiente e che, pertanto, debbono essere sotto questo aspetto valutati in concreto, fermo restando che ciascuno Stato membro può specificare determinati tipi di progetti per i quali, nel detto Stato membro, si deve procedere alla valutazione e può fissare criteri o soglie limite che determinano nel detto Stato membro l'obbligo di assoggettare i progetti alla valutazione dell'impatto.

58.

Tale ripartizione può essere meglio chiarita ricorrendo a un esempio. Una centrale termoelettrica convenzionale, con una capacità termica di 300 MW c oltre, è in genere considerata una considerevole fonte di inquinamento. Una centrale siffatta emette tra altro C02 e sostanze acide che producono conseguenze immediate sul suolo, sull'acqua, sulla luce, sulla fauna, sulla flora ed eventualmente anche sul clima. È pertanto conforme all'obiettivo principale della direttiva assicurare che nei confronti di tali impianti abbia sempre luogo una valutazione dell'impatto ambientale, conformemente all'art. 4, n. 1, della direttiva.

59.

Se, per contro, si tratta, ad esempio, della costruzione di una diga lungo un fiume, non è allora per niente sicuro che tali opere possano produrre un impatto ambientale rilevante. Ciò dipenderà solo dalla dimensione e dall'ubicazione della diga. La costruzione di una diga di modeste dimensioni in un ambiente naturale intatto può avere su paesaggio, flora e fauna impatto maggiore di una diga di grandi dimensioni che rimpiazzi una diga, più piccola, già esistente. Oltre che modificare il paesaggio naturale, la nuova diga — anche se di modeste dimensioni —, eretta in un ambiente naturale incontaminato, potrebbe, ad esempio, distruggere l'habitat delle rane e di altre specie di animali.

60.

Analogamente, l'ampliamento di una diga già esistente può, come conseguenza della sua ubicazione, avere un impatto ambientale maggiore della costruzione di una nuova diga. Se una diga esistente viene ampliata in un ambiente naturale, i banchi di terra umida che ancora restano potrebbero essere distrutti con conseguenti ripercussioni sull'habitat di eventuali specie rare di animali o di vegetali. Se, per contro, si costruisce una nuova diga in una zona industriale, dove non vi sono piante o animali rari, si può ben ritenere che essa non avrà di per sé un sostanziale impatto ambientale, poiché nulla di rilevante va ad aggiungersi all'effetto negativo che la presenza di un'industria in quel territorio ha già prodotto sull'ambiente locale.

Tali esempi illustrano perché, se si vogliono perseguire le finalità della direttiva, è necessario esaminare in concreto i progetti contemplati nell'allegato IL

61.

Riassumendo, sono del parere che l'art. 4, n. 2, secondo comma, della direttiva non conferisca agli Stati membri alcun potere di valutazione discrezionale per determinare quali siano i progetti contemplati dall'allegato II da sottoporre ad una valutazione dell'impatto ambientale, né li autorizzi a sostituire l'esame concreto di un caso con una regola fissa secondo la quale non occorre procedere ad una valutazione dell'impatto ambientale ( 13 ). Gli Stati membri, qualora fissino criteri e soglie limite tali da implicare che progetti idonei a produrre un importante impatto sull'ambiente non vengono sottoposti alla valutazione del loro impatto ovvero che le autorità competenti non tengano conto di tutti i fattori rilevanti in relazione a un determinato progetto, operano, a mio avviso, in violazione degli obblighi loro derivanti dall'art. 2, n. 1, e dall'art. 3.

62.

Sulla base di quanto sopra esposto, suggerisco alla Corte di risolvere la terza questione nel senso che le disposizioni di cui agli artt. 2, n. 1, e 4, n. 2, della direttiva devono essere interpretate nel senso che gli Stati membri hanno l'obbligo di valutare se i progetti contemplati nell'allegato II della direttiva possono produrre un impatto ambientale rilevante e, se ne ricorre il caso, debbono garantire che abbia luogo una valutazione dei detti effetti, conformemente agli artt. 5-10 della direttiva.

La quarta questione

63.

La quarta questione sollevata dal giudice a quo si articola, in realtà, in due parti distinte. Il giudice a quo vuol sapere in quale misura l'art. 2, n. 1, della direttiva produca effetti diretti e in quale misura tale disposizione, se del caso, debba essere applicata dal giudice nazionale, anche se di fatto non è stata invocata nella controversia pendente dinanzi a tale giudice. Mi pare utile trattare tali questioni separatamente.

Effetti diretti?

64.

Il giudice a quo è del parere che, in caso di soluzione affermativa della terza questione, si sia in presenza di una disposizione chiara e precisa di una direttiva. Anche su questo punto i Kraaijeveld si riallacciano all'opinione del giudice a quo.

65.

I governi dei Paesi Bassi, del Regno Unito e della Repubblica italiana sottolineano che l'art. 2, n. 1, della direttiva non produce effetti diretti. Secondo il governo olandese e quello italiano, dal rinvio all'art. 4, contenuto nell'art. 2, n. 1, emerge che la disposizione non ha un contenuto autonomo. L'art. 4, n. 2, lascerebbe gli Stati membri liberi di decidere se sia necessario sottoporre a una valutazione dell'impatto ambientale i progetti di cui all'allegato II. Il governo del Regno Unito sottolinea che la direttiva non identifica i privati legittimati ad avvalersi dei diritti che nascerebbero dalla direttiva né l'autorità dinanzi alla quale siffatti diritti possono essere fatti valere.

66.

La Commissione osserva che l'art. 2, n. 1, della direttiva contiene un obbligo chiaro e non lascia, inoltre, agli Stati membri alcun margine di valutazione discrezionale per quanto riguarda il risultato da raggiungere. A suo parere, la disposizione produce, pertanto, effetti diretti.

67.

Per cominciare, voglio ricordare, che, come la Corte ha dichiarato nella sentenza 14 luglio 1994, causa C-91/92, Faccini Dori ( 14 ), sarebbe «inaccettabile che lo Stato al quale il legislatore comunitario prescrive l'adozione di talune norme volte a disciplinare i suoi rapporti — o quelli degli enti statali — con i privati e a riconoscere a questi ultimi il godimento di taluni diritti potesse far valere la mancata esecuzione dei suoi obblighi al fine di privare i singoli del godimento di detti diritti».

La Corte ha quindi affermato nella sua giurisprudenza che, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise e non sono stati adottati provvedimenti d'attuazione entro i termini, i singoli possono richiamarsi alle dette disposizioni per opporsi a qualsiasi disposizione di diritto interno non conforme alla direttiva e che altrettanto vale nei casi in cui le dette disposizioni definiscono diritti che i singoli possono fare valere nei confronti dello Stato ( 15 ).

68.

I singoli possono pertanto avvalersi nei confronti delle autorità di disposizioni precise e incondizionate di una direttiva, sia per evitare l'applicazione di norme nazionali con essa in contrasto, sia per far valere diritti che possono derivare dalle dette disposizioni ( 16 ).

69.

Nella specie, non si tratta di una situazione in cui le autorità cercano di applicare ad un cittadino una norma nazionale contrastante con una direttiva. Al contrario, la questione è se lo Stato membro ha soddisfatto gli obblighi che derivano dalle direttive. Si deve pertanto esaminare se da tali obblighi possano essere fatti derivare dei diritti per i singoli.

70.

Secondo l'art. 6, n. 2, della direttiva, gli Stati membri vigilano affinché qualsiasi domanda di autorizzazione nonché le informazioni raccolte siano messe a disposizione del pubblico e affinché al pubblico interessato sia data la possibilità di esprimere un parere prima dell'avvio del progetto. La direttiva impone pertanto agli Stati membri di istituire una procedura di audizione, che attribuisce ai privati il diritto di essere sentiti. Se l'attuazione della direttiva da parte di uno Stato membro ha come conseguenza che un progetto che può avere rilevanti ripercussioni sull'ambiente non venga sottoposto ad una valutazione dell'impatto ambientale, al cittadino resta precluso l'esercizio del suo diritto di essere sentito. La lacunosa trasposizione di una direttiva da parte dello Stato membro priva così il cittadino di un diritto attribuitogli dalla direttiva. Va osservato che, quasi certamente, i Kraaijeveld rientrano tra il pubblico interessato, poiché, secondo le informazioni disponibili, il progetto ha conseguenze serie sulla loro attività economica. Alla luce di tali considerazioni, ritengo che il combinato disposto degli artt. 2, n. 1, 4, n. 2, e 6, n. 2, della direttiva conferisca dei diritti ai singoli.

71.

Secondo la giurisprudenza della Corte, una disposizione è incondizionata e sufficientemente precisa perché possa essere invocata dai singoli, se sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione né subordinato all'emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni della Comunità o degli Stati membri ( 17 ).

72.

Ho già detto che, a mio parere, l'art. 2, n. 1, della direttiva comprende un obbligo specifico per gli Stati membri di procedere ad una valutazione dell'impatto ambientale in relazione a progetti che possono avere ripercussioni rilevanti sull'ambiente. Come è stato ricordato, nella sentenza Commissione/Germania, relativa alla centrale termica di Großkrotzenburg, la Corte ha constatato che l'art. 2 sancisce un obbligo univoco di vigilare a che taluni tipi di progetti siano soggetti ad una valutazione del loro impatto sull'ambiente. A mio avviso, anche da tale constatazione emerge che l'obbligo sancito dall'art. 2, n. 1, è sufficientemente preciso.

73.

È una questione di valutazione stabilire i limiti a partire dai quali un impatto può essere considerato notevole. Non si tratta tuttavia di una valutazione discrezionale né di una valutazione il cui esercizio sia subordinato al compimento di ulteriori atti giuridici da parte degli Stati. Si tratta, per contro, di una valutazione ugualmente circoscritta, che si presta perfettamente a un controllo giurisdizionale alla luce dell'insieme delle circostanze concrete relative a un determinato progetto. Al contrario, dall'obbligo previsto dall'art. 2, n. 1, di dare luogo ad una valutazione in concreto emerge che gli Stati membri non hanno il diritto di attuare tale disposizione in modo che tale valutazione dipenda dall'applicazione di una regola fissa che escluda in maniera generale la valutazione di taluni progetti dal punto di vista del loro impatto ambientale. Gli Stati membri possono, certamente, fissare ulteriori criteri, ma non sopprimere l'obbligo di effettuare la valutazione previsto dalla detta disposizione.

74.

Alla luce delle considerazioni che precedono sono del parere che l'art. 2, n. 1, della direttiva abbia effetto diretto.

Applicazione d'uffiao?

75.

Come è stato detto, il giudice a quo vuole infine sapere se l'art. 2, n. 1, debba stare alla base del ragionamento del giudice nazionale, anche se tale disposizione non sia stata invocata nel contesto della controversia pendente dinanzi a detto giudice.

76.

Il giudice a quo è del parere che tale questione vada risolta in senso affermativo. In caso contrario, ciò potrebbe significare che il diritto comunitario (cioè una parte di esso), diritto di rango superiore, resterebbe estraneo alla valutazione del giudice.

77.

I Kraaijeveld osservano che essi hanno sollevato, nel contesto della causa a quo, la questione della compatibilità con il diritto comunitario.

78.

I governi dei Paesi Bassi, del Regno Unito, della Repubblica italiana e la Commissione fanno rinvio all'attuale giurisprudenza della Corte. La Commissione inoltre osserva che il diritto olandese apparentemente non osta a che il giudice a quo applichi d'ufficio, in una causa come quella qui in esame, il diritto comunitario. Il Raad van State dei Paesi Bassi è un giudice amministrativo che non è vincolato dai principi normalmente applicabili in diritto civile, secondo i quali il giudice lascia alle parti la definizione dei termini della causa.

79.

Nella sentenza 14 dicembre 1995, cause riunite C-430/93 e C-431/93, Van Schijndel e Van Veen ( 18 ), la Corte ha dichiarato che un giudice nazionale che ha la facoltà di applicare norme di legge che non sono state invocate dalle parti è tenuto ad applicare una disposizione di diritto comunitario, anche quando la parte che ha interesse all'applicazione della detta disposizione non l'abbia invocata.

80.

Dalla sentenza della Corte 14 dicembre 1995, causa C-312/93, Peterbroeck ( 19 ), emerge inoltre che il diritto comunitario può ostare all'applicazione di una norma di procedura che impedisce al giudice nazionale di valutare d'ufficio la compatibilità di un atto di diritto nazionale con una disposizione comunitaria, qualora quest'ultima non sia stata invocata dall'interessato. Ciò accade se la norma processuale nazionale rende impossibile o eccessivamente difficile l'applicazione del diritto comunitario. Per determinare se tale è il caso, occorre, secondo il punto 14 della motivazione, analizzare in concreto la disposizione considerata, tenendo conto del contesto nel quale essa si inserisce come pure del suo rapporto con i principi che stanno alla base del sistema giurisdizionale nazionale. Come osservato dalla Commissione, non si dispone tuttavia di informazioni sulla questione se il diritto processuale dei Paesi Bassi osti a che il giudice a quo applichi d'ufficio il diritto comunitario o sul contesto entro il quale una siffatta regola dovrebbe inserirsi. Non si hanno, a mio avviso, a disposizione gli elementi per dare un'approfondita soluzione a tale questione.

81.

Considerato quanto precede, sono del parere che la quarta questione pregiudiziale sollevata dal giudice a quo debba essere risolta nel senso che l'art. 2, n. 1, della direttiva produce effetti diretti e che un giudice nazionale che, secondo il diritto nazionale, ha la possibilità di applicare d'ufficio norme di diritto non invocate dalle parti deve applicare tale disposizione, anche se non è stata invocata dalla parte che ha interesse alla sua applicazione.

Conclusione

82.

Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di risolvere come segue le questioni sollevate dalla sezione amministrativa del Raad van State dei Paesi Bassi:

«1)

L'espressione ”opere di canalizzazione e regolazione di corsi d'acqua” di cui al punto 10, lett. e), dell'allegato II della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, dev'essere interpretata nel senso che è comprensiva delle dighe lungo i corsi d'acqua.

2)

Il punto 10, lett. e), dell'allegato II della direttiva 85/337 dev'essere interpretato nel senso che in esso rientrano tutti i tipi di lavori progettati che riguardano dighe lungo i bordi di un corso d'acqua, sia che si tratti della costruzione di una nuova diga, dello spostamento di una diga esistente, del consolidamento e/o dell'ampliamento di una diga esistente, della sostituzione, in loco, di una diga con un'altra, indipendentemente dal fatto che la nuova diga sia più solida e/o più larga della precedente, o della combinazione di detti lavori.

3)

Gli artt. 2, n. 1, e 4, n. 2, della direttiva 85/337 debbono essere interpretati nel senso che gli Stati membri hanno l'obbligo di esaminare se i progetti menzionati nell'allegato II della direttiva possono avere un impatto ambientale importante e, se del caso, di fare in modo che venga effettuata una valutazione dell'impatto ambientale, conformemente agli artt. 5-10 della direttiva.

4)

L'art. 2, n. 1, della direttiva 85/337 produce effetti diretti e un giudice nazionale che, secondo il diritto nazionale, ha la possibilità di applicare d'ufficio norme di diritto non invocate dalle parti deve applicare tale disposizione, anche se non è stata invocata dalla parte che ha interesse alla sua applicazione».


( *1 ) Lingua originale: il danese.

( 1 ) GU L 175, pag. 40.

( 2 ) Stb. 1987, pag. 278.

( 3 ) Il decreto 4 luglio 1994 in materia di valutazione dei progetti aventi impatto ambientale, che sostituisce il precedente decreto, ha rimosso le menzionate soglie-limite per l'espletamento della valutazione dell'impatto ambientale avente ad oggetto dighe fluviali. Tale nuova normativa non è tuttavia di applicazione alla presente fattispecie, poiché il provvedimento dell'autorità amministrativa, che è suto impugnato dinanzi al giudice a quo, e stato adottato il 18 maggio 1993.

( 4 ) Stb. 1958, pag. 246.

( 5 ) V., ad esempio, sentenze 13 luglio 1989, causa 173/88, Henriksen (Race. pag. 2763, punto 11), 29 giugno 1988, causa 300/86, Van Landschoot (Race. pag. 3443, punto 18), c 22 maggio 1985, causa 13/83, Parlamento/Consiglio (Race, pag. 1513, punto 34).

( 6 ) Il Petit Robert, 1987, pag. 542, definisce il termine «digue» come «longue construction destinée à contenir les eaux».

( 7 ) Il Petit Robert, 1987, pag. 1542, definisce la parola francese «projet» come «image d'une situation, d'un eut que l'on pense atteindre», mentre in The Shorter Oxford English Dictionary, 1977, la corrispondente parola inglese «project» viene definita come «a plan, draft, scheme or table of something; a mental conception or idea».

( 8 ) Secondo quanto fatto sapere alla Corte, la maggior parte delle dighe dei Paesi Bassi risale all'anno 1100.

( 9 ) Race. pag. I-2189.

( 10 ) Nella versione francese viene così usata la parola «ouvrages» in quella italiana «opere» e in quella tedesca «Arbeiten».

( 11 ) V. pag. 26 delle mie conclusioni presentate il 21 febbraio 1995, causa C-431/92, Commissione/Germania (Race, pag. I-2192).

( 12 ) Come dichiarato dalla Commissione nella sua relazione sulla direttiva COM(93)28, pag. 5, la direttiva, sotto detcrminati aspetti, ha il carattere di una legge quadro. Agli Stati membri vengono concessi ampi margini per esercitare un loro proprio potere di valutazione allorché traspongono la direttiva nella normativa nazionale. Con ciò non viene loro attribuito sotto nessun aspetto un potere discrezionale. Come la Commissione ha ivi affermato, il rispetto dei principi fondamentali costituisce a tal riguardo un presupposto.

( 13 ) V. altresì le conclusioni dell'avvocato generale Léger presentate I'11 gennaio 1996 nella causa C-133/94, Commissione/Belgio, paragrafo 50 (Race. pag. I-2323).

( 14 ) Race. pag. I-3325, punto 23.

( 15 ) V, ad esempio, sentenze 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e a. (Race. pag. I-5357, punto 11), e 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker (Race. pag. 53, punto 25).

( 16 ) V. Járass, H.: «Folgen der innerstaatlichen Wirkung von EG-Richtlinien», NJW, 1991, pag. 2665, sezione II. Quale esempio della situazione dapprima considerata si può menzionare la sentenza 19 gennaio 1982, Becker, già ciuta alla nota 15. Quale esempio della situazione per ultimo considerata si può fare rinvio alla sentenza 13 luglio 1989, causa 380/87, Enichcm Base e a. (Race. pag. 2491), in cui tuttavia la Corte si è pronunciata nel senso che la pertinente disposizione della direttiva non conferiva alcun diritto soggettivo.

( 17 ) V. ad esempio, sentenza 23 febbraio 1994, causa C-236/92, Cava e a. (Race. pag. I-483, punti 9 e 10).

( 18 ) Race. pag. I-4705, punti 14 c 15.

( 19 ) Rice. pag. I-4599.